29, 2 E 54, 32
Author(s): Maurizio Fiorilla
Source: Aevum , Settembre-Dicembre 1999, Anno 73, Fasc. 3 (Settembre-Dicembre 1999),
pp. 635-668
Published by: Vita e Pensiero – Pubblicazioni dell’Università Cattolica del Sacro Cuore
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Introduzione
Da quasi un secolo si discute dei codici sui quali Boccaccio studio le opere
di Apuleio. La maggior parte degli studiosi ha fatto riferimento al Laur. 54, 32
(LI), il manoscritto apuleiano di mano del Boccaccio stesso, databile tuttavia ?
anche per ragioni grafiche ? ad un'epoca tarda1, o al Laur. 68, 2 (F), il codice
che per lungo tempo ? ed erroneamente ? si e ritenuto fosse stato da lui asportato
da Montecassino2. Casamassima e Vio hanno invece identificato in un'altra copia
* Ringrazio i proff. Silvia Rizzo e Achille Tartaro per aver seguito questo lavoro. Sono grato
inoltre per preziosi suggerimenti alia dott. Patrizia Rafti, alia dott. Alda Spotti e ai proff. Stefano
Asperti, Guglielmo Cavallo, Albinia de la Mare, Vincenzo Fera, Mirella Ferrari, Marina Passalacqua.
1 II codice, che si identifica con il manoscritto che nella parva libraria di S. Spirito aveva la
segnatura VI2, fu copiato e annotato dal Boccaccio dopo la meta del Trecento (O. Hecker, Boccaccio
Funde, Braunschweig 1902, 34-35; A. Mazza, L'inventario della ?parva libraria? di Santo Spirito
e la biblioteca del Boccaccio, ?Italia medioevale e umanistica?, 9, 1966, 47); per la datazione: P.G.
Ricci, Svolgimento della grafia del Boccaccio e datazione del codice, in V. Branca - P.G. Ricci,
Un autografo del ?Decameron?, Padova 1962, 61 e P.G. Ricci, Evoluzione nella scrittura del Boccaccio
e datazione degli autografi, in Id., Studi sulla vita e le opere del Boccaccio, Milano-Napoli 1985,
295; A.C. de la Mare, The Handwriting of Italian Humanists, I, 1, Oxford 1973, 22; E. Casamassima,
Dentro lo scrittoio del Boccaccio. I codici della tradizione, in A. Rossi, // ?Decameron?. Pratiche
testuali e interpretative, Bologna 1982, 253-60 (in particolare 256) = ?I1 Ponte?, 34 (1978), 730-39;
per il De deo Socratis si veda V.R. Klibansky - F. Regen, Die Handschriften der philosophischen
Werke des Apuleius, Gottingen 1993, 176-95. Si tenga presente che LI appartiene alia famiglia
deU'Ambrosiano N 180 sup. (A) e non dipende direttamente dagli altri due codici apuleiani cui
faremo riferimento in questo articolo, il Laur. 29, 2 (q>) e il Laur. 68, 2 (F): C. Marchesi, Per il
testo del ?De magia? di Apuleio, ?Studi italiani di filologia classica?, 19 (1912), 294-304, ora in
Id., Scritti minori di filologia e letteratura, III, Firenze 1978, 1075-84; D.S. Robertson, The
Manuscripts of the ?Metamorphoses? of Apuleius, ?The Classical Quarterly*, 18 (1924), 27-42 e 85
99; per una descrizione di q>, F, e LI si vedano le schede di E. Casamassima, in VI Centenario
della morte di Giovanni Boccaccio. Mostra di manoscritti, documenti ed edizioni, Firenze - Biblioteca
Medicea Laurenziana, 22 maggio-31 agosto, I, Certaldo 1975, 129-33 e 152-54. Hanno fatto riferi
mento a LI per i rapporti tra Boccaccio e Apuleio: G. Traversari, Le lettere autografe di Giovanni
Boccaccio del codice Laurenziano 29, 8, Castelfiorentino 1905, 40 n. 6; C. Marchesi, Giovanni
Boccaccio e i codici di Apuleio, ?Rassegna bibliografica della letteratura italiana?, 20 (1912), 232
34, ora in Id., Scritti minori, 1009-11; E. Haight, Apuleius and Boccaccio, in More Essays on Greek
Romances, New York 1945, 114 n. 2; L. Sanguineti White, Apuleio e Boccaccio, Bologna 1977, 10;
P.G. Ricci, in G. Boccaccio, Opere in versi, Corbaccio, Trattatello in laude di Dante, Prose latine,
Epistole, Milano-Napoli 1965, 1066 n. 6; B.M. Da Rif, La miscellanea Laurenziana XXXIII, 31,
?Studi sul Boccaccio?, 7 (1973), 59-60 n. 2; G. Auzzas, in G. Boccaccio, Epistole, in Tutte le Opere
di Giovanni Boccaccio, a c. di V. Branca, V, I, Milano 1992, 755 n. 15; C. Moreschini, // mito di
Amore e Psiche in Apuleio, Napoli 1994, 30-31; M. Trecca, La magia rinnovata, Firenze 1995, 32.
2 Si tratta del famoso Mediceo II, il codice cassinese del secolo XI, contenente anche le opere
di Tacito, considerate l'archetipo delle opere narrative di Apuleio (Robertson, The Manuscripts e
RK Marshall, Apuleius, in Texts and Transmission. A Survey of the Latin Classics, ed. L.D.
Reynolds, Oxford 1983, 15-16; per un riesame della questione O. Pecere, Qualche riflessione sulla
tradizione di Apuleio a Montecassino, in Le strade del testo, a c. di G. Cavallo, Bari 1987, 99
124). La parte tacitiana del codice (M) occupa i ff. l-103v, quella apuleiana (F) i ff. 104v-191v
(casamassima, in VI Centenario, 130). Per il presunto furto del codice da parte del Boccaccio durante
la sua visita al monastero di Montecassino si vedano almeno R. Sabbadini, Le scoperte dei codici
latini e greci ne'secoli XIV e XV, I, Firenze 19672, 29-31; C.C. Coulter, Boccaccio and the Cassinese
Manuscripts of the Laurentian Library, ?Classical Philology?, 43 (1948), 217-30. Sul viaggio del
Boccaccio a Montecassino anche T. Leccisotti, Ancora a proposito del viaggio del Boccaccio a
Montecassino, ?Benedictina?, 15 (1968), 143-45. Gli studi di Billanovich hanno dimostrato che il
merito di fare uscire il codice dal monastero non fu del Boccaccio ma di Zanobi da Strada: G.
Billanovich, / primi umanisti e la tradizione dei classici, Friburgo 1953, 29-33 e 40-41 = Id.,
Petrarca e il primo umanesimo, Padova 1996, 117-41; G. Billanovich, Zanobi da Strada tra i tesori
di Montecassino, ?Rend. Acc. Naz. dei Lincei. Cl. sc. mor., st. e filol.?, s. 9, 7 (1996), 653-63.
3 Casamassima, VI Centenario, 132-33; Casamassima, Dentro lo scrittoio, 253-60; G. Vio,
Chiose e riscritture apuleiane di Giovanni Boccaccio, ?Studi sul Boccaccio?, 20 (1991-92), 139-55.
Si tratta di una copia di F prodotta a Montecassino nel XIII secolo (da ultimo Pecere, Qualche
riflessione, 99). II codice non riporta le correzioni piu antiche di F recandone altre che non compaiono
nell'antigrafo: si veda E.A. Lowe, The Unique Manuscript of Apuleius '?Metamorphoses? (Laurentian
68, 2) and Its Oldest Transcript (Laurentian 29, 2), ?The Classical Quarterly?, 14 (1920), 150-55 =
Id., Paleographical Papers 1907-1965, ed. L. Bieler, I, Oxford 1972, 92-98. Hanno rimandato alle
note del Boccaccio in <p anche G. Guastella, Apuleio e il suo modello nelV'editio princeps'
delV?Amorosa visione?, ?Filologia e critica?, 16 (1991), 185 n. 41 e M. Feo, Spighe, in Vetustatis
indagator. Scritti offerti a Filippo Di Benedetto, a c. di V. Fera e A. Guida, Messina 1999, 317-21.
4 Billanovich, Zanobi da Strada tra i tesori di Montecassino, 655.
5 Nel codice ci sono sicuramente annotazioni anteriori e posteriori a quelle supposte di Zanobi
e del Boccaccio. Come gia segnalato da Casamassima, nel margine inferiore del f. 79v di (p si legge
in minuscola cancelleresca del sec. XIV/XV: ?F. Aretin(us)? (Casamassima, in VI Centenario, 132).
Alcune postille piu tarde potrebbero essere della mano che ha vergato questa firma in calce al codice.
L'identita del personaggio cui si riferisce la sigla onomastica e ancora da chiarire. Si veda anche
A.M. Adorisio, Apuleio, in // Virgilio e il Chiostro: manoscritti di autori classici e civilta monastica,
a.c. di M. Dell'Omo, Roma 1996, 161.
6 ?Le cc. lr-5r sono state vergate in lettera moderna, mentre il resto del codice e in scrittura
beneventana di piu mani; con glosse, 'notabilia', richiami al testo di mani del sec. XIV?:
Casamassima, in VI Centenario, 132.
7 Boccaccio copio ad esempio nel Laur. 33, 31 il testo e il commento marginale delle Satire
di Persio dal Laur. 37, 19. Su questo punto: F. Ramorino, De duobus Persii codicibus, ?Studi Italiani
di Filologia Classica?, 12 (1904), 257-60. Possiamo leggere molte note di lettura di Francesco Petrarca
grazie alia testimonianza di apografl del tardo Trecento o del XV secolo. Si vedano almeno: G.
Billanovich, Ancora dalVAntica Ravenna alle biblioteche umanistiche, ?Italia medioevale e
umanistica?, 36 (1993), 137-60; M.D. Reeve, Recovering annotations by Petrarch, in // Petrarca e
le origini delVUmanesimo, ?Quaderni Petrarcheschi?, 9-10 (1992-93), 333-48; L.D. Reynolds,
Pertrarch and a Renaissance Corpus of Cicero's ?Philospohica?, in Formative Stages of Classical
Traditions: Latin Texts from the Antiquity to the Renaissance, ed by O. Pecere and M.D. Reeve,
Spoleto 1995, 409-33.
8 Sono state registrate le varianti significative e le poche postille di LI presenti nei luoghi
apuleiani esaminati in <p. Non e stata fatta una verifica sistematica degli stessi passi anche in F
(postillato comunque con regolarita solo al f. 184r). Sono stati per6 segnalati due casi in cui F ha
lezioni diverse rispetto a (p e al testo utilizzato dal Boccaccio. La dove le citazioni apuleiane presenti
nelle opere del Boccaccio avevano lezioni differenti da q>, da LI e da F sono state controllate anche
quelle di A, l'Ambrosiano N 180 sup. (per questo codice si veda la n. 1).
problema paleografico e alle conclusioni. Nella seconda parte e stata data l'edizione
di tutte le postille del Boccaccio contenute in LI.
13 Le postille n? 6 e 7 sono state segnalate anche da Feo, che ha esaminato altri 17 casi in cui
?commodum? e stato postillato in <p (cinque soltanto in margine e dodici sia in margine sia in
interlineo), traendo le seguenti conclusioni: ?[...] Primo, che per il postillatore il significato normale
di commodwn e avverbiale (in quel tempo, allora, proprio allora, in quel momento e sim.). Secondo,
che esso pud significare anche in qualche caso 'appena... e' * vix... et\ restando dentro la paratassi.
Terzo, che il postillatore e stato piu volte tentato di vedere il valore (impossibile in quei contesti)
di una cong., ma si e corretto in tempo?. Sul valore da assegnare alia citazione apuleiana all'interno
dell'epistola, prosegue Feo: ?Non credo che il calcolo delle probability potesse spostare la bilancia
a favore di un uso di commodwn come cong. temporale. Direi che a non voler sofisticare n troppo
ne poco, per questo Boccaccio affiatatissimo con Apuleio e chissa forse gia lettore delle glosse di
(p, il significato avverbiale doveva riuscire del tutto perspicuo, e rientrava nelle preziosita da incame
rare e ostentare. Questo significato e in effetti nel passo della Mavortis miles del tutto pertinente?
(Feo, Spighe, 317-21).
14 La mano che ha vergato ?antelucio? sembrerebbe diversa da quella che, sopra il notabile
stesso, ha postillato ?ante lucem seu diem?.
15 La parola ?gurgustiolum? e stata ricopiata nel margine del manoscritto sicuramente da una
mano diversa e piu antica da quella che ne ha poi aggiunto la spiegazione (cfr. la tav. Ill, 3). La
definizione del termine si ritrova identica in Uguccione da Pisa, De verborum dictionibus, Chig. L
VIII 289: f. 90 (sub voce ?gurgustium?).
Nox (n?
et nox ibat in (interl.: 15)
ver
sus, n?14) diem (f. 26va,
Met. I 14);
vel uda (interl.: humida, n? Uda (n? 17)
16) vel suda (interl.: splen Suda (n? 19)
dida, n? 18, f. 4vb, Apol.
16);
ubi enim ambifarie propala ambifariam (interl.: duobus Ambifariam (n? 23)
tur modis, n? 22; ambifariam
LI, f. lva) dissolveret (f.
lvb, Apol. 4);
multotiens centuculo dudum Et cum dicto (corr. da dito) Centuculo16 (n? 26)
faciem punicantem obtectam sutili centuculo (interl.: idest
filtro vel operimento, n? 25)
faciem suam iamdudum pu
nicantem pre pudore obtexit
(f. 25va, Met. I 6);
suspirans altius celumque Tune ilia spirans (spirans Spirans (n? 31)
sollito nutu petens, incepi: LI, f. 40ra) altius celumque
?0 superi, tandem meis su sollicito (sollicito LI, f.
premis supliciis opemfacite, 40ra) nutu petens, ?Vos? in
et tu, Fortuna durior, iam quit: ?Superi, tandem meis
sevire desiste: sat tibi mise supremis periculis opem fa
ris istis cruciatibus meis li cite, et tu, Fortuna durior
tatum est? (Fortuna crudelior/ /aliter
durior LI, f. 40ra), iam se
vire desiste (desine corretto
da desistite LI, f. 40ra): sat
tibi misereis istis cruciatibus
meis litatum est? (f. 48ra,
Met VI 28);
Turn vero amicus etate sci Nam et forma scitula (in Scitula (n? 33)
tulus et prorsus argutulus terl.: puerilis, n? 32) est et
moribus ludicra et prorsus
argutula (interl.: sapiens, n? Argutula (n? 35)
34; f. 29ra, Met. II 6);
Ipse enim est quern fama numerum gerulonum (geru Gerulones (n? 36, tav. I, 1)
pennata gerulonum ore noti lorum LI, f. 28va) excedit
ficat (f. 35va, Met. Ill 28);
Scio me stilo desultorio ni En ecce prefamur veniam, Exoticus sermo (n? 38, tav.
mia inepte ac exotica blac siquid exotici (interl.: pere ID
terando narrasse grini et ignoti, n? 37, tav.
II)17 ac forensis sermonis ru
dis locutor offendero. Iam
hec equidem ipsa vocis im
mutatio desultorie (interl.: Desultor dicitur qui cur
cursorie, n? 39) scientie sti rendo de uno equo ad alium
lo quern accessimus respon salit; sic transumptive qui
ds (f. 24vb, Met. I 1); de una lingua ad aliam
transit (n? 40, tav. II)
17 L'inchiostro di ?peregrini? va distinto da quello con cui e stato aggiunto ? forse da un'altra
mano ? ?et ignoti? (cfr. tav. II). La stessa definizione di ?exoticus? si trova in Uguccione
(Uguccione, De verborum dictionibus, f. 70r, sub voce ?extoticus?) e in Osberno di Gloucester (si
veda Osberno, DerivazionU a c. di P. Busdraghi, M. Chiab6, A. DessI Fulghieri, P. Gatti, R.
Mazzacane, L. Roberti, Spoleto 1996, 223).
18 La seconda parte di questa interlineare (?vel stulte?) sembra di mano diversa da quella che
ha vergato ?locuta inaniter?.
Come si pud vedere quasi tutti gli apuleianismi ripresi dal Boccaccio hanno
riscontro in una nota marginale o interlineare di cp.
Si noti subito come l'annotatore che ha aggiunto su ?crocota? la postilla
?melodiosa, resonantia? abbia inteso il termine come aggettivo plurale neutro
concordato con ?orgia? (glossato con ?sacrificia?). ?Crocota? e invece sostantivo
femminile che significa ?veste di colore croceo? e nel testo apuleiano andrebbe
unito a ?histrionis? (?orgia? viene espunto dagli editori moderni)19. Solo la postilla
interlineare di (p spiega l'uso che ne fa Boccaccio nell'epistola in unione con
?colloquia?20. LI ha la lezione ?croco orta?.
Anche le altre varianti testuali presenti in cp e in LI, se confrontate con il
testo dell'epistola, sembrerebbero confermare che lo scrittore copiava da cp.
Possono essere state riprese da cp ad esempio le forme ?sic?, ?in amentia?,
?pupulis?, ?durior?, ?desiste?, ?gerulonum?, la dove LI ha invece rispettivamente
?sed?, ?in amentiam?, ?pupillis?, ?desine? (corretto da ?desistite?), ?crudelior?
(anche se viene segnalata a fianco la variante ?durior?), ?gerulorum?. Contro
questa ipotesi sarebbero solo ?crebris?, ?spirans?, ?ambifariam?, ?sollicito?
(lezioni pero identiche anche in LI), ?commodum? (?comodum? in LI e nella
Mavortis) e il caso di Met. Ill 22, ?defrictis? secondo la lezione attuale di 9 e
?destrictis? in LI e nell'epistola. Proprio fondandosi sulla lezione di quest'ultima
parola Concetto Marchesi aveva sostenuto che il Boccaccio copiava da LI. Lo
studioso, ignorando all'epoca che potesse esservi qualche contatto tra (p e
Boccaccio, riportava le letture apuleiane dello scrittore ad LI escludendo F, che
ha la lezione ?defrictis?21. E tuttavia gia Vandelli aveva notato che in cp la forma
?defrictis? e stata rifatta da mano posteriore su un primitivo ?destrictis?22. Cadrebbe
quindi questo ostacolo dell'identificazione di cp con il codice di cui Boccaccio si
e servito all'epoca in cui scriveva l'epistola.
Aggiungo alle postille utilizzate dal Boccaccio nell'Epistola III gia segnalate
da Casamassima e Vio i notabilia ?fontanos? (n? 43, f. 28rb, Met. II 1) e ?sorbil
lantibus? (n? 44, f. 33vb, Met. II 14).
19 Apulee, Apologie, Florides, texte etabli et traduit par P. Vallette, Paris 1924, 16; Apulei
Platonici Madaurensis Opera quae supersunt, II, 1, Pro se de magia liber (Apologia), ed. R. Helm,
Lipsiae 19634 [= 1994], 15.
201 principali dizionari medievali ignorano completamente ?crocota? e ?crocata? (?crocata? e
aggettivo da ?crocatus-a-um? e signiflca ?di color croceo?): Uguccione, De verborum dictionibus',
J. Balbus, Catholicon, Mainz 1460 [= Westmead 1971]; Papias, Papias Vocabulista, Venezia 1496
[= Torino 1966]; Osberno, Derivazioni. Nel Thesaurus Linguae Latinae non si trova nessuna attesta
zione di ?crocota? e ?crocata? da cui si possa ricavare un significato del termine diverso da quello
tradizionale (Thesaurus Linguae Latinae, IV, Lipsia 1906, 1215). Sbagliata la lettura di Vandelli che
ha trascritto dal Laur. 29, 8 ?cidcota?: G. Vandelli, L'epistola di Dante a Morello Malaspina,
?Rassegna critica degli studi danteschi?, 7 (1899-900), 64. Traversari ha letto invece correttamente
il vocabolo: ?crocota? (Traversari, Le lettere autografe, 61). Nella sua edizione Massera emendo
?crocota? in ?crocata? perche ?crocota? non dava senso in nessun modo (?crocata?, in quanto
aggettivo, risulta almeno concordabile con ?colloquia?): G. Boccaccio, Opere latine minori, a c. di
A.F. Massera, Bari 1928, 316. Le due piu recenti edizioni della Mavortis milex a cura di Ricci
(Boccaccio, Opere in versi, 1064) e di Auzzas (Boccaccio, Epistole, 510) hanno accolto la conget
tura del Massera (hanno dunque ?crocata?). Della questione si e occupato anche Feo, segnalando il
problema (Feo, Spighe, 316). Ora il confronto con la glossa interlineare di (p (non si puo escludere
del tutto che l'abbia vergata il Boccaccio stesso) permette di risolverlo definitivamente mostrando
che ?crocota? si adatta perfettamente al contesto deU'epistola: ?crocota colloquia? = ?melodiosi
colloqui?.
21 Marchesi, Giovanni Boccaccio e i codici di Apuleio, 234.
22 Vandelli, L'epistola di Dante, 65 n. 1.
Tav. I - FIRENZE, Bibl. Medicea Laurenziana: 1. Laur. 29, 2, f. 35va. 2. Laur. 68,
2, f. 4va. 3. Laur. 29, 2, f. 26va. 4. Laur. 68, 2, f. 2va.
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23 Per la datazione delle carte del Laur. 29, 8 e del Laur. 33, 31 si veda da ultimo S. Zamponi
- M. Pantarotto - A. Tomiello, Stratigrafla dello Zibaldone e della miscellanea laurenziani, in Gli
Zibaldoni di Boccaccio: memoria, scrittura, riscrittura. Atti del Seminario internazionale di Firenze
Certaldo (26-28 aprile 1996), a c. di M. Picone e C. Cazal? Berard, Firenze 1998, 181-258.
24 Anche in margine al f. 19Ira di F compare il notabile ?vispillo?.
25 ?Che il Boccaccio copista e, ahime, anche autore, fosse confusionario e distratto, e stato
ampiamente e a piu riprese documentato da coloro che si sono occupati del Decameron e di altre
opere boccaccesche volgari e latine?: F. Brambilla Ageno, Ancora sugli errori d'autore nel
?Decameron?, ?Studi sul Boccaccio?, 12 (1980), 71.
1. 3. Tre postille di (p confrontate con un passo delta ?Comedia delle Ninfe fioren
tine?
E gia stato segnalato come le Metamorfosi siano la fonte di alcuni passi della
Comedia delle Ninfe fiorentine30. A noi interessa in particolar modo segnalare un
passo dell'opera apuleiana, ripreso nell' opera boccaccesca, postillato in margine
a (p.
Al f. 29rb di (p, in corrispondenza del passo ?tanta denique est capillamenti
dignitas, ut quambis auro veste gemmis omnique cetero mundo exornata mulier
incedat, tamen, nisi capillum distinxerit ornata non possit videri. Sed in mea
Photide (corr. da Photie) non operosus sed inordinatus ornatus addebat gratiam?
(Met. II9), compare la chiosa ?Nota de laude capillorum? (n? 51)31. Negli interlinei
sopra ?distinxerit? e ?operosus? compaiono rispettivamente le postille ?ordina
verit? (n? 52) e ?artificialis? (n? 53). La lode apuleiana dei capelli per Fotide e
ripresa alia lettera nella Comedia delle Ninfe fiorentine ?Adunque tanta estima la
degnita de' capelli alle femine quanta, se, qualunque si sia, di preziose veste, di
ricche pietre, di rilucenti gemme e di caro oro circundata proceda, sanza quelli
in dovuto ordine posti, non possa ornata parere; ma in costei essi, disordinati, piu
graziosa la rendono negli occhi d'Ameto? (XII 9)32.
\. A. q> e il ?Decameron?.
f. 57rb: Is gracili pauperie laborans fabriles operas prehendo parvis illis mercedibus
vitam tenebat (Met. IX 5)] Fabula de fabro pauper<i> (n? 54).
?in Napoli un povero uomo prese per moglie una bella e vaga giovinetta chiamata
Peronella, e esso con l'arte sua, che era muratore, e ella filando, guadagnando assai sottil
mente, la lor vita reggevano come potevano il meglio?34 (Dec. VII 2. 7).
f. 57rb: Tune mulier callida et ad huius modi flagitia perastutula (interl: idest valde
malitiosa, n? 55) tenacissimis amplexibus... (Met. IX 5)] Perastutula: idest valde ingenio
sula, industriosula (n? 56)35.
f. 57rb: "Siccine vacuus et otiosus insinuatis manibus ambulabis mihi nec obito
consueto labore vite nostre prospicies et aliquid cibatui parabis?" (Met. IX 5)] Insinuatis:
in sinum positis (n? 57).
?"e tu mi torni a casa colle mani spenzolate quando tu dovresti essere a lavorare"?
(Dec. VII 2. 15).
f. 57rb: "At ego misera pernox et perdie lanificio nervos meos contorqueo, ut intra
cellulam nostram saltern lucerna luceat" (Met IX 5)] Pernox: idest vilgilans in nocte (n?
58).
?"Credi tu che io sofferi che tu m'impegni la gonnelluccia e gli altri miei pannicelli,
che non fo il di e la notte altro che filare, tanto che la came mi s'e spiccata all'unghia,
per poter almeno aver tanto olio, che n'arda la nostra lucerna?"? (Dec. VII 2. 14).
f. 57rb: "Istud ego quinque36 denariis cuidam venditavi, et adest ut dato pretio secum
rem suam ferat" (Met. IX 6)] Vendito (n? 59).
?"che io Fho venduto a costui, che tu vedi qui con meco, il doglio, il qual tu sai che
gia e cotanto ha tenuta la casa impacciata; e dammene cinque gigliati"? (Dec. VII 2. 20).
f. 57va: "septem denariis vendidi, minoris distraxit". Abditamento pretii letus maritus
(Met. IX 6)] Abditamento (n? 60).
?insinuatis? e ?pernox? parrebbero vergate da una mano differente da quella che ha aggiunto sopra
i due notabilia ripettivamente ?in sinum positis? e ?vigilans in nocte? (n? 57 e 58).
36 La lezione di F anticamente era ?sex? (corretto poi in ?septem?): Apulee, Les Metamorphoses,
etabli par D.S. Robertson et traduit par R Vallette, III, Paris 1945, 67. II prezzo a cui il marito
ha venduto la botte e il successivo aumento proposto dalla moglie coincidono invece nel Decameron
con il testo di (p: da ?quinque denariis? a ?septem denariis? in Apuleio, da ?cinque gigliati? a ?sette
gigliati? in Boccaccio. Anche LI pero ha ?quinque?.
?'Tho venduto a sette a un buon uomo, il quale, come tu qui tornasti v'entro per
vedere se saldo fosse". Quando il marito udi questo, fu piu contento...? (Dec. VII 2. 21
22).
f. 57va: inclinatam dolio pronam uxorem fabri superincurvatus secure dedolabat (Met.
IX 7)] Dedolare (n? 61).
?e a lei accostatosi, che tutta teneva la bocca del doglio, e in quella guisa che negli
ampi campi gli sfrenati cavalli e d'amor caldi le cavalle di Partia assaliscono, a effetto
reed il giovanil desiderio? (Dec. VII 2. 34).
f. 58va: fabulam denique bonam pre ceteris, suave comptam ad aures (corr. da auris)
vestras afferre decrevi, et en occipio. Pistor ille... (Met. IX 14)] Fabula de pistore et uxore
sua nequissima (n? 62).
f. 59vb: Contubernalis mei fullonis uxor... (Met. IX 24)] Fabula de uxore fullonis (n?
63).
La chiosa segnala l'inizio e l'argomento del racconto del mugnaio che sara
ricalcato esattamente dal Pietro boccaccesco (Dec. V 10. 32-41).
f. 60ra: "Interdum acerrimo gravique odore sulphuris iuvenis inescatus atque obnubi
latus intercluso spiritu diffluebat, utque est ingenium vivacis metalli, crebras ei sternuta
tiones commovebat" (Met. IX 24)] Sternutatio (n? 64).
f. 60ra: "Atque ut primum e regione mulieris pone tergum eius maritus acceperat
sonum sternutationis, quod enim putaret ab ea profectum, solito sermone salutem ei fuerat
imprecatus" (Met. IX 25)] Nota solitum sternutanti salutem imprecari (n? 65).
37 M. Pastore Stocchi, Note e chiose interpretative, ?Studi sul Boccaccio?, 2 (1964), 235-39.
?"e noi sentimmo presso di noi starnutire, di che noi ne la prima volta ne la seconda
ce ne curammo; ma quegli che starnutito aveva starnutendo ancora la terza e la quarta e
la quinta e molte altre, tutti ci fece maravigliare"? (Dec. V 10. 32).
f. 60rb: Namque pretergrediens observatos extremos adulteri digitos, qui per angustias
cavi tegminis prominebant (Met. IX 27)] Digitos (n? 66).
Prosegue Apuleio (f. 60rb): obliquata atque infesta ungula compressos usque ad
summam minutiem contero, donee intolerabili dolore commotus, sublato flebili clamore
repulsoque et abiecto alveo (corr. da albeo), cospectui profano redditus scenam propudiose
mulieris patefecit (Met. IX 27).
?alquanto le dita dell'una mano stese in terra fuori della cesta, tanta fu la sua ventura,
o sciagura che vogliam dire, che questo asino ve gli pose su piede, laonde egli, grandis
simo dolor sentendo, mise un grande strido? (Dec. V 10. 49).
f. 60rb: "sed plane cum uxore mea partiario tractabo" (Met. IX 27)] Partiario (n? 67).
?Dopo la cena quello che Pietro si diviasse a sodisfacimento di tutti e tre m'e uscito
di mente; so io ben cotanto, che la mattina vegnente infino in su la Piazza fu il giovane,
non assai certo qual piu stato si fosse la notte o moglie o marito, accompagnato? (Dec.
V 10. 63).
38 Nel Parigino It. 482, trascritto dal Capponi, la novella si conclude diversamente: ?In su la
Piazza fu il giovane da Pietro accompagnato?. Secondo Branca il codice si identifica con una redazione
del Decameron anteriore air Hamilton 90: V. Branca, Su una redazione autografa del ?Decameron?
anteriore a quella conservata nell'autografo hamiltoniano, ?Studi sul Boccaccio?, 25 (1997), 38. II
codice parigino sarebbe stato inoltre rivisto e illustrato dal Boccaccio stesso: M.G. Ciardi Dupre
Dal Poggetto, Boccaccio ?visualizzato? dal Boccaccio, I: // corpus dei disegni e cod. Parigino It.
482, ?Studi sul Boccaccio?, 22 (1994), 197-225.
42 P. Rafti, Riflessioni sull'usus distinguendi del Boccaccio negli Zibaldoni, in Gli Zibaldoni
di Boccaccio, 293-94. Morello ha segnalato inoltre come l'uso in alcuni fogli di <p di un segno di
richiamo verticale formato da piccoli puntini posti a triangolo (si veda il f. lv) ?pur non essendo
una particolarita grafica esclusiva del Boccaccio, e abbastanza presente nei suoi manoscritti, talora
accompagnata e potenziata, dal segno grafico del periodo, come si pud osservare nei Boezio della
Vaticana? (G. Morello, Disegni marginali nei manoscritti di Giovanni Boccaccio, in Gli Zibaldoni
di Boccaccio, 167). 6 stato definitivamente smentito perd che nei Boezio della Vaticana (Vat. lat.
3362) ci sia la mano del Boccaccio: VI Centenario, 13. Per l'uso dei tre puntini nei Boccaccio si
veda allora il f. 69va del Laur. 33, 31.
43 Billanovich attribuisce a Zanobi anche le annotazioni nei margini dell'El Escorial R. I. 4,
del Laur. 66, 1, del Laur. 66, 21, del Vat. lat. 1860, del Vat. lat. 10690 e del Marc. Ital. Z 34 (4772):
Billanovich, Zanobi da Strada tra i tesori, 653-63.
44 Alcuni esempi di come annotazioni di diversi lettori si siano stratificate nei margini del
manoscritto sono stati segnalati nelle note 14, 15, 17, 18, 35 (riferite rispettivamente alle postille n?
10, 13, 37, 41, 56-57-58). Nemmeno tutte le postille interlineari sono dello stesso annotatore. La
scrittura delle n?3, 5, 16el8va distinta da quella della n? 37 (vergata forse a sua volta da due
mani diverse). Di mani diverse tra loro sembrerebbero anche le note marginali n? 38 (tav. II) e n?
40 (tav. II); sicuramente di una mano ancora differente da queste ultime due la postilla n? 51. Anche
l'esame degli inchiostri sembra confermare che l'annotazione n? 37 (tav. II) sia stata vergata da due
mani differenti, cosi come la n? 13 (tav. Ill, 3), e che le interlineari n? 3, 16, 18 siano di una mano
diversa da quelle che hanno vergato la n? 37. Questo esame non risulta perd sempre decisivo perche
ci sono casi in cui una stessa postilla e stata vergata dal medesimo annotatore con due inchiostri
diversi (come la lunga postilla alia favola di Amore e Psiche al f. 39vb, tav. V, 1).
45 Per l'evoluzione della gratia del Boccaccio negli anni giovanili si veda Ricci, Evoluzione
nella scrittura del Boccaccio', da ultimo la sezione dedicata all'esame paleografico del Laur. 29, 8
e del Laur. 33, 31 in Zamponi - Pantarotto - Tomiello, Stratigrafia dello Zibaldone e della miscel
lanea laurenziani, 206-23.
46 Su questo punto Billanovich, Zanobi da Strada tra i tesori, 662.
47 Per le prime quattro corrispondenze grafiche tra il sistema di annotazione del Boccaccio e
quello di Zanobi e per la duplice tipologia della s finale in Zanobi si veda M. Baglio, Montecassino
e gli umanisti, II: Tacito e Zanobi da Strada, in Libro, scrittura, documento della civilta monastica
e conventuale nei basso medioevo (secoli XIII-XV). Atti del Convegno di studio Fermo (17-19 settembre
1997), a c. di G. Avarucci, R.M. Borraccini Verducci e G. Borri, Spoleto 1999, 211 n. 98, 215
n. 107, 216 n. 109, 217 n. 111. Per la s finale in Boccaccio: Zamponi - Pantarotto - Tomiello,
Stratigrafia dello Zibaldone e della miscellanea laurenziani, 212-13. Per l'uso di ?c'? nei Boccaccio
cfr. anche la n. 63.
48 Sia della sezione di Tacito del Laur. 68, 2 e sia dei ff. 45v-77v del Laur. 29, 8 esiste una
riproduzione in facsimile. Si vedano: Tacitus, Codex Laurentianus 68 II phototypice editus, praef. E.
Rostagno, Lugduni Batavorum 1902 (Codices Graeci et Latini photographice depicti, 7/2); G. Biagi,
Lo Zibaldone boccaccesco mediceo laurenziano Plut. XXIX, 8, riprodotto in facsimile con prefazione
di G. Biagi, Firenze 1915.
49 Anche considerazioni filologiche sembrano escludere che il Boccaccio giovane abbia utiliz
zato il Laur. 68, 2. Alcune lezioni di F contrastano con il testo apuleiano di cui Boccaccio si e servito
nei Decameron e nell'epistola Mavortis milex (cfr. ? 1. 1 e n. 36). La parte tacitiana del codice (M)
non si identiflca con l'esemplare di Tacito presente nella sua biblioteca ne con quello utilizzato nei
De mulieribus claris del 1361-62 (quest'opera rappresenta la prima testimonianza della conoscenza
di Tacito da parte del Boccaccio, mentre lo scrittore aveva letto Apuleio sicuramente prima del 1339).
Per un quadro riassuntivo e una bibliografia di tutta la questione fino al 1975 cfr. Casamassima, in
VI Centenario, 130; per gli anni successivi si veda V. Zaccaria, Boccaccio e Tacito, in Boccaccio
in Europe, Proceedings of the Boccaccio Conference - Louvain 1-3. XII. 1975, Louvain 1977, 221
37; Casamassima, Dentro lo scrittoio, 255; R. Muller, Boccaccios Tacitus. Rekonstruktion einer
Humanistenhandschrift, ?Rheinisches Museum fiir Philologie?, 136 (1993), 164-80. Secondo la Rafti
perd Boccaccio potrebbe aver aggiunto su F, come su <p, l'intestazione mancante Florid(orum) lib(er)
/al f. 184r (Rafti, Riflessioni, 293-294). II ruolo di questo manoscritto nella vicenda Boccaccio
Apuleio andra dunque chiarito da esami piu approfonditi. Importante sarebbe capire anche se F e M
erano rilegati insieme gia nei Trecento.
50 Queste ed altre caratteristiche della scrittura e del sistema di annotazione di Zanobi sono
state individuate da Marco Baglio attraverso l'esame delle postille al Tacito-Laur. 68, 2 e il confronto
di quest'ultime con (p e con il Vaticano latino 1860 (Baglio, Tacito e Zanobi da Strada, 205-20).
neari che si trovano al f. 24vb (tav. II), cosi come tutte quelle che appartengono
a questa tipologia (ad esempio la n? 34), sembrano piu vicine alle interlineari di
M (si veda il f. 17v, tav. V, 2) rispetto a quelle apposte dal Boccaccio nel Laur.
29, 8 (si veda ad esempio il f. 46v, tav. IV, 1) e nel Laur. 33, 3151. La postilla
n? 10 era stata invece attribuita al Boccaccio dall'autorevole parere di Casamassima
e le n? 9, 11, 15, 21, 24, 26, 34, 36, 38 da Vio (si veda la tabella del ? 1.1).
Difficile dunque di fronte a questo stato di cose pronunciarsi su queste postille
definitivamente in un senso o in un altro.
Meno problematica l'attribuzione al Certaldese operata da Casamassima delle
manicule, delle graffe e dei fiorellini presenti ai ff. 3vb (n? 49), 29va (tav. Ill,
1) e 52va (n? 48) di cp, e soprattutto della manicula al f. 45va (tav. Ill, 2) attribuita
da Vio, davvero molto simili a quelli che si trovano ai ff. 12v, 18v, e 35v del
Laur. 33, 3152. Nonostante i disegni presenti nei due manoscritti non coincidano
perfettamente, la stessa Albinia de la Mare, alia quale ho avuto modo di mostrare
le fotografie di questi marginalia (Ottobre 1998), si e espressa a favore della loro
paternita boccacciana. Nessun fiorellino, nessuna manicula, nessuna graffa di
questo tipo compare invece nel Laur. 68, 2 (MF). Di mano del Boccaccio sembre
rebbe la spiegazione lessicografica della parola ?gurgustiolum? in margine e in
interlineo (postille n? 12 e 13, tav. Ill, 3), la cui scrittura mi pare molto vicina
a quella del Laur. 29, 8 e del Laur. 33, 31. Sempre del Boccaccio potrebbero
essere le definizioni sui notabilia ?perastutula?, ?insinuatis?, ?pernox? (postille
n? 56, 57, 58). Un'impressione positiva sulla paternita boccacciana emerge anche
dal confronto del sommario n? 68 e di parecchi di quelli che si trovano in margine
alia favola di Amore e Psiche (9: ff. 39v-66r) con altre postille contenute nei due
Zibaldoni. Alcuni elementi grafici lasciano pero nel dubbio che si tratti della stessa
mano. Si confronti ad esempio la nota ?Soror alia Psice conqueritur quod maritum
habet podagricum et quod ipsa non officium uxoris gerit sed medice ungendo et
perfricando membra eius? al f. 41va di cp (tav. IV, 2), attribuita da Casamassima
alia mano del Boccaccio, con la glossa ?versus isti dimetri coriiambici sunt et
costant spondeo II; coriiambico et pirrichio sive yambo? (tav. IV, 3), vergata dal
Certaldese al f. 33v del Laur. 33, 31. Le scritture della postilla di cp e quella della
glossa del Boccaccio presentano differenze: si veda soprattutto il segno per ?et?
e si esamini lo stesso segno anche nelle altre carte dei due Zibaldoni53. Si confron
tino inoltre la lunga annotazioni del f. 39vb di cp (tav. V, 1) prima con il f. 17v
di M (tav. V, 2), e poi con il f. 46v del Laur. 29, 8, (tav. IV, 1): il sommario in
margine a 9 mi pare graficamente piu vicino alia postilla in M (che dovrebbe
essere di mano di Zanobi), rispetto alle annotazioni vergate dal Boccaccio nel
Laur. 29, 8. Quest'ultimo confronto sembra rafforzare quindi le conclusioni di
Billanovich.
51 Per alcune postille interlineari del Boccaccio nei Laur. 33, 31 si veda de la Mare, The
Handwriting, Plate IV (e).
52 Alia mano del Boccaccio mi pare si possano assegnare anche le manicule vergate in (p ai ff.
30vb e 77rb. Per una riproduzione del f. 52va di q> si veda Casamassima, VI Centenario, tav. XXIII.
Per i disegni ai ff. 18v e 35v del Laur. 33, 31 si veda De la Mare, The Handwriting, Plate VI (d,
e). Per quelli ai ff. 12v e 35v F. Di Benedetto, Considerazione sullo Zibaldone Laurenziano del
Boccaccio e restauro testuale della prima redazione del ?Faunus?, ?Italia medioevale e umanistica?,
14 (1971), taw. IV (a) e VII (b).
53 Lo stesso segno nella seconda parte deH'interlineare n? 37 (?et ignoti?, tav. II) e invece
simile a quello caratteristico del Boccaccio (cfr. con la tav. IV, 3).
era in contatto proprio con Zanobi da Strada e Niccolo Acciaiuoli che, secondo
Billanovich, nel 1332 gia avevano accesso ai manoscritti conservati a Montecassino
e maneggiavano un vecchio codice di Apuleio proveniente del monastero56. Non
esiste pero nessun documento che provi che Boccaccio abbia avuto tra le mani il
manoscritto e, se anche cp ha sostato per un periodo sul suo scrittoio non e mai
diventato suo, visto che ad un certo punto egli e stato costretto a trarre di suo
pugno una copia delle opere di Apuleio, LI, da un altro esemplare51.
56 G. Billanovich, Biografia e opere del Petrarca tra miti e realta: da Senuccio del Bene a
Laura, ?Rend. Acc. Naz. Dei Lincei. Cl. sc. mor., st. e filol.?, s. 9, 8 (1997), 628. Per i rapporti del
Boccaccio con l'Acciaiuoli e con Zanobi si veda almeno Boccaccio, Epistole, 773-86 (con la biblio
grafia data ivi). Per una testimonianza dell'uscita precoce (1320) dell'Apuleio narrativo da
Montecassino si veda M. Petoletti, Montecassino e gli umanisti, III: / ?Florida? di Apuleio in
Benzo d'Alessandria, 224-38.
57II codice q> non compare nell'inventario del 1451 della parva libraria di S. Spirito. Essendo
tuttavia questi libri preziosi per gli studiosi del tempo, specialmente fiorentini, e probabile che alcuni
di essi, tra cui forse il codice cassinese, siano stati sottratti dalla biblioteca prima della redazione
deH'inventario (Mazza, Uinventario, 63-71). Nell'elenco non compaiono ad esempio la Miscellanea
latina contenuta nei Laur. 33, 31 e soprattutto altri due manoscritti cassinesi che sembrerebbero
recare nei margini le tracce delle letture del Boccaccio, cioe il Laur. 66, 1 e il Laur. 51, 10:
Casamassima, VI Centenario, 128-29, 136; Ciardi Dupre Dal Poggetto, // corpus dei disegni,
203-04. Diversa anche in questo caso la posizione di Billanovich, secondo il quale, nei Laur. 51, 10
non arrivarono postille del Boccaccio; le note e i disegni presenti nei Laur. 66, 1 sono invece secondo
lo studioso da attribuire a Zanobi: Billanovich, Zanobi da Strada tra i tesori, 657 e 662. Possiamo
comunque dedurre con certezza che Boccaccio abbia avuto in mano il Laur. 51, 10 dalla lettera del
Petrarca che lo ringrazia di avergli copiato e spedito gli opuscula di Varrone e di Cicerone (le cui
opere Boccaccio aveva tratte appunto dal Laur. 51, 10): G. Billanovich, Quattro libri del Petrarca
e la biblioteca della cattedrale di Verona, ?Studi Petrarcheschi?, n. s., 7 (1990), 238.
58 Le postille n? 2, 30 (Hecker, Boccaccio-Funde, 35) e le n? 12, 14, 15 (G. Billanovich, //
Catullo della cattedrale di Verona, in Scire litter as. Forschungen zum mittelalterlichen Geistesleben,
Munchen 1988, 43). Per i criteri di numerazione e trascrizione delle postille in questo manoscritto
apuleiano si veda piu avanti.
59 Casamassima, Dentro lo scrittoio, 256.
60 Branca, Su una redazione del ?Decameron?, 38.
questo senso mi sembra la postilla n? 68, finora mai segnalata, che fissa l'atten
zione su una sententia ripresa nel Decameron.
Utile e innanzitutto distinguere le diverse tipologie delle annotazioni date
nelle pagine che seguono:
segno di richiamo come nelle n? 39, 40, 79, 81, 83, 84, 86, oppure da aliter come
nella n? 89).
Gruppo 5: manicule che evidenziano una sententia (n? 1, 9, 22, 26, 36, 68,
73, 93, 95, 97, 103) o un intero passo (si possono in questo secondo caso accompa
gnare ad una graffa come nelle note n? 20, 67, 90, 94, o ad una postilla che ne
specifica l'argomento come nelle note n? 2 e 5). I passi indicati dalle n? 90 e 94
(il cui testo non e stato riportato interamente per ragioni di spazio) contengono
una reprobatio fortunae e un'invettiva contro la corruzione dei giudici.
Gruppo 6: postille interlineari con funzione esplicativa (n? 42, 43, 44, 45,
46, 51, 53).
fico non sono sembrate riconducibili alia mano del Boccaccio (ipotesi che e parsa
confermata anche dal diverso colore deirinchiostro utilizzato dal postillatore)68.
68 Non sembrerebbero di mano del Boccaccio le seguenti postille: Cum et ipsa egritudini succum
bunt (f. 9va), Interims Lamathi latronis (f. 29vb), Interitus Alcinii latronis (f. 30rb), Interitus
Trasileonis latronis (f. 30va), Interitus Carytes puelle et Tlepolemi viri sui et Tarsilij (f. 44rb), Redit
ad materiam (ff. 31va, 46ra, 47ra, 49ra), Digreditur (ff. 46vb e 48vb), Aliter formosissimum, Aliter
inguinibus (f. 47vb). Anche le manicule ai ff. 48rb, 68rb e 75rb, tutte di mano dello stesso annota
tore, sono molto diverse da quelle del Boccaccio. Piu delicato il problema delle testine disegnate ai
ff. 48va, 61vb, 66vb, 68ra, attribuite di recente invece da Morello alia mano del Boccaccio (Morello,
Disegni marginali, 168). Chi ha disegnato le testine sembrerebbe pero aver aggiunto a flanco di due
di queste ? con lo stesso inchiostro ? una postilla illeggibile al f. 48va e la postilla Divota oratio
al f. 61vb, la cui scrittura va certamente distinta da quella del Boccaccio. Allo stesso lettore forse
si devono alcune graffe, piu tondeggianti rispetto a quelle del Certaldese, vergate in altre parti del
manoscritto (si confronti l'andamento del profilo al f. 61vb con le graffe che si trovano ai ff. 46v,
47rb, 49vb, 62vb, 63vb, 65v, 66r, 66v, 67rb, 72va, 75va). Un'impressione negativa sulla paternita
boccacciana di tutti questi marginalia e stata anche quella di Patrizia Rafti.
69 La postilla mostra che forse Boccaccio avra inteso Teius come nome proprio e Lacedemonius
come aggettivo riferito a Teius (?Teo di Sparta?).
70 Probabilmente il Boccaccio non pensava a Solone, ma ad un tale di nome Falleno.
71 Per una fotoriproduzione delle postille del Boccaccio contenute in questa pagina (eccetto la
n? 13) si veda De la Mare, The Handwriting, plate VI (g).
72 Secondo la teoria delle due Veneri esposta da Platone, Apuleio ribadisce qui la distinzione
tra la Venere popolare, stimolata daH'amore volgare che sprona alia lussuria, e la Venere celeste,
preposta aH'amore piu nobile che indirizza gli amanti verso la virtu. Boccaccio nelle Genealogie
distingue una Venus magna (De Venere magna VIa Celi filia, III, 22) da una secunda Venere (De
secunda Venere Celi VII" filia et matre Cupidinis, III, 23). Nel testo del Boccaccio non c'e nessun
riferimento diretto pero alia teoria platonica, ne viene menzionato Apuleio.
73 Delia bellezza e dello specchio Apuleio tratta anche 'sopra' e 'sotto' il passo in cui si trova
l'annotazione del Boccaccio (l'argomento occupa interamente Apol. 14-15).
35. ?fuit a Que? (28)] /Inde omnis huiusce accusationis obeundum (obeundae ed.)
ira et rabies et denique insania exorta est.
f. 9ra
36. ?Dicam igitur quam brevissime potuero; etenim admonendus es mihi, non
docendus? (48)]*.
f. lOrb
37. ?CeAnsuum (ed. Oe<e>nsium)? (56)] /e.
f. lOva
38. ?Mesentius? (56)] Mezentius.
f. 12va
39. ?avus /facto (fato ed.) concessit? (68)] /Fato.
f. 14rb
40. ?dum ego /perloquar (interloquar ed.)? (80)] /Inter.
f. 16ra
41. ?pulcritudinis a floris (corr. da florens)? (92)] /Gratiam.
74. ?Ego vero quod primum ingressus (ingressu/ ed.) stabulum conspicatus sum,
accessi et de quadam anu caupona ilico percunctor (percontor ed.): "estne", inquam, "Ypata
(Hypata ed.) hec civitas?" Annuit? (I 21)] Pervenit Apuleius Ypatam .
75. ?pomerium? (I 21)] Pomerium.
f. 20vb
76. ?et cum dicto modico secus progressus hostium accedo et ianuam firmiter oppessu
latam (opp[r]essulatam ed.) pulsare vocaliter incipio? (I 22)] Pervenit ad domum Milonis
Apuleius.
f. 21ra
77. ?inque eo piscatum opiparem expositum video et percontato pretio, quod centum
numis (nummis ed.) indicaret, aspematus viginti denarios prestinavi?. (124)] Emit Apuleius
pisces.
78. ?Inde me commode (commodum ed.) egredientem continuatur (continatur ed.)
Pithyas condiscipulus apud Acthenas Acticas meus, qui me post aliquantulum (aliquantum
ed.) multum temporis amanter agnitum invadit amplexusque ac comitus deobsculatus? (I
24)] Invenit Apuleius Phytiam socium suum quondam.
f. 21vb
79. ?veritatis /ymago agitationis (veritatis nec agitationis ed.)? (II 4)] /Nec.
f. 23ra
80. ?fortunam a sevam (fortunam scaevam an saevam ed.)? (II 13)] /Scevan an.
f. 25ra
81. ?sepulto / menones (me nomine ed.)? (II 30)] /Me nomine.
f. 25rb
82. ?/Gersonee (Geryonae ed.)? (II 32)] /C Gorgonee.
f. 25va
83. ?preconis /alto (amplo ed.) boatu? (III 3)] /Amplo.
f. 26ra
84. ?repperire, /que iuste (cur iustae ed.)? (III 6)] /Cum.
f. 29va
85. ?parva /clausa (casula ed.)? (IV 6)] /C? casula.
f. 30va
86. ?inculta /paupertas (pauperies ed.)? (IV 14)] IPauperies.
f. 31vb
87. ?genua sua Aposito (deposito ed.)? (IV 24)] /De.
f. 40ra
88. ?revocatum /maniter (corretto da immaniter) ascendit (naviter inscendit ed? (VI
27)] /un.
80II viaggio di Apuleio ad Ipata interesso anche Petrarca. In una lettera indirizzata da Aquisgrana
a Giovanni Colonna Petrarca paragona il suo stato d'animo nel visitare Parigi a quello di Apuleio
nel visitare Ipata in Tessaglia (Fam., I 4, 4-5). Petrarca allude per6 ad un passo che si trova piu
avanti (Met II, 1-2): Rizzo, Note alle ?Familiari? del Petrarca, 607-10.
81 Forse il Boccaccio voleva correggere ?immaniter? in ?humaniter? che bene si adatta al senso
della frase. Manca pero l'?h?. E possibile anche che lo scrittore abbia corretto prima ?in maniter?
in ?inumaniter? e abbia poi espunto la ?/ abbreviata? dimenticando di inserire la lettera iniziale.
89. ?tandem a iam sevire? (VI 28)] IMeis suppremis periculis opem facite, et tu,
Fortuna /crudelior /aliter durior.
f. 41ra
90. ?veteris prisceque ~ actribuat? (VII 2)] *.
f. 44va
91. ?Quin ni, cum flamma sevi amoris parva quidem primo vapore delectet, sed
fomento (fomenti<s> ed.) consuetudinis exestuans immodicis ardoribus totos comburat
(amburat ed.) homines? (VIII 2)] *.
f. 49vb
92. ?tenus Anudati (renudati ed.)? (IX 13)] I Re.
f. 54ra
93. ?Nam quod nemo novit, pene non fit? (X 3)] *.
f. 58ra
94. ?Quid ergo ~ stirpis exitio?? (X 33)] *.
82 Questa manicula e diversa da tutte le altre. Se ne trova una molto simile al f. 85v dello
Zibaldone Magliabechiano (Firenze, Biblioteca Nazionale, B. R. 50).
Addendum
II presente articolo era ormai in seconde bozze quando la dott. Patrizia Rafti
mi ha segnalato alcune manicule e testine del Dante Toledano (Toledo, Biblioteca
Capitolare 104.6) molto simili a quelle del Laur. 54, 32 sulla cui paternita boccac
ciana, insieme con la studiosa, avevo avanzato molti dubbi (cfr. n. 68). La presenza
nei margini dei due autografi boccacciani degli stessi disegni sembrerebbe raffor
zare invece l'ipotesi che questi siano stati vergati dal Certaldese (come sostenuto
da Morello), anche se non si pud escludere che l'autore dei marginalia in questione
sia un amico del Boccaccio o un umanista che dopo la morte dello scrittore ebbe
accesso alia sua biblioteca. Ho potuto con la Rafti visionare per ora soltanto il
microfilm del codice spagnolo. Sulla questione sara necessario tornare con esami
piii approfonditi sul manoscritto.