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Il Caso di Giulia

autori: I.G. Franzoi, F. Guglielmucci,


F.V. Borgogno, A. Granieri (CO-CONDUTRICI)
Psicoterapia e scienze umane
Casi clinici
PSU: Paola Morra

Questo lavoro dimostra che è possibile anche in condizioni molto difficili di


mettere in marcia un processo grupanalitico, e nello stesso tempo un
dilemma: Parlare o non parlare delle cose dolorose, traumatiche che appunto
sono sottoposte a un silenzio per non far soffrire di più?
Vediamo, leggendo l'articolo, come il gruppo si mette a parlare, quasi in un
movimento di spirale aprendosi sempre di più. Più membri si mettono a
parlare del loro vissuto della malattia mortale causata dalla pianta
industriale dello Svizzero Schmidheiny, e più ognuno rivela della sua propria
storia triste e dolorosa.
Il racconto è centrato su una paziente, Giulia, che a sopravvissuto il
mesotelioma già da cinque anni. Ma quando deve ricominciare la
chemioterapia, parte dicendo che "non se la sente di continuare a
partecipare".

In conclusione gli autori dicono che "a Casale si parla molto di malati e di
morti, ma non vi è uno spazio condiviso per pensare davvero al trauma del
vivere in un sito inquinato con la morte sempre sullo sfondo."
Giulia a finalmente potuto dire ai figli che soffriva di mesotelioma, malgrado
che il marito non volesse che se ne parlasse. E interessante che già prima ne
parlava con tutti altri - che non stavano così vicini come i figli. Essi però
avevano scoperto la verità già prima che la madre ne parlasse.

La negazione della malattia causata della fabbrica avrà più determinazioni


che quella psicologica che si manifesta soprattutto nel quadro intimo. Ma gli
autori si concentrano sulla narrazione, la storicizzazione della malattia.

"Il caso Giulia" dimostra e i possibili guadagni e la difficoltà inerente al


dilemma menzionato sopra.
Gli autori - naturalmente - vogliono dare un esempio provando l'utilità del
loro approccio terapeutico. Dicono:

"Le trasformazioni che il gruppo psicoanalitico rende possibili a livello di

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relazione con se stessi e con gli altri -oltre a incrementare la qualità della vita -
possono evolvere verso modalità di interazione più sane sia a livello
individuale sia a livello relazionale."

Ma chissà se non può accadere un processo contrario, maligno?


Cerchiamo dunque come si fa per aumentare la probabilità di un successo.
Mi sembra che ci sia una contradizione dialettica nelle terapie per i
traumatismi nel senso che più si parla del trauma più c'è il rischio di
ripetere e anche aumentare lo stato traumatico. Eppure non è possibile di
arrivare a un miglioramento senza percorrere un camino a volte molto
doloroso di confronto colla realtà interna ed esterna.

Il principio della psicoanalisi di curare coll'amore nel senso del transfert


positivo non erotizzato è applicato nella grupanalisi.

"Il clima emozionale che i terapeuti promuovono durante gli incontri del gruppo
multifamiliare permette, infatti, un progressivo sviluppo delle risorse dei
partecipanti e fa sì che la creatività di ciascuno possa stimolare
reciprocamente gli altri. Questo produce un modo di funzionamento gruppale
visualizzabile come una 'mente ampliata'".

Come si fa per promuovere questo clima?


Un'intervenzione è diretta al gruppo: "… Non tutti siamo persone uguali …
stiamo pensando insieme, anche se in modi diversi, a quanta fatica comporti
talvolta parlare e a consolidare la sensazione di essere ascoltati e compresi.
Forse potremmo dire che quella sia una delle specificità di questo gruppo e
delle persone assenti che sono state "portate" nel gruppo a partire dai diversi
racconti.

Questo intervento suggerisce ai partecipanti che malgrado non essere uguali


possano pensare assieme e vincere le resistenze. Anche le persone assenti
possono essere considerati partecipanti - -

Poniamo la questione se il gruppo così coordinato riesce a essere terapeutico.


Se prendiamo la paziente Giulia come emergente del processo gruppale,
possiamo affermare che davvero il gruppo si mette a parlare. Però quando
Giulia deve ricominciare il trattamento "non si sente" di continuare nel
gruppo. Rimane aperto che cosa esso significa. Si può tuttavia pensare che
se il gruppo fosse terapeutico per Giulia, deciderebbe piuttosto di continuare
per farsi aiutare durante il periodo doloroso della chemioterapia.
Ma probabilmente non si sente abbastanza forte da andare al gruppo
durante la chemioterapia.
Gli terapeuti appunto sostengono il vantaggio del grupo aperto che permette
ai pazienti di scegliere se partecipare o no alle sedute. Ci saranno
abbastanza persone del paese che assistendo al lavoro gruppale portano
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avanti uno spirito più favorevole alla parola e all'espressione dei sentimenti,
anche dolorosi. Così ci sarà un effetto indiretto di quale profitteranno anche i
membri che non vengono alle sedute.

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