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(pag.421-444)
Termini:
• Jagamohan: Sala Riunioni
• Sikhara: “Picco della montagna” ovvero, la torre del tempio.
• Rekha deul: Si tratta di un alto edificio a forma di pan di zucchero, come una
Sikhara, copre e protegge il sancta sanctorum.
• Ratha “Carro”: è una proiezione (deviata) verticale della torre (sikhara)
Sebbene l'uso di pilastri sia tardo nell'arte Orissana, ci sono sei pilastri nel jagamohan,
suggerendo legami concettuali con l'architettura Calukya e con il tempio di Laksmana a
Sirpur. Esiste una giuntura piuttosto maldestra tra jagamohan e il rekha deul del tempio.
La parte anteriore del rekha deul è infatti terminata e completamente lavorata (intagliata),
ma la congiuntura tra le due strutture cancella questo lavoro dettagliato. Panigrahi
suggerisce che questa strana congiuntura, visibile in altri tempi Orissani, è dovuta ad un
particolare metodo di costruzione che sotterra la struttura nella terra come un lavoro
progredito verso l'alto, come una sorta di impalcatura, così che il piano inclinato creato
dalla superficie che circonda la collinetta può essere usato per trascinare verso l'alto i
blocchi di pietra. Quindi, la sala a pilastri e il reliquario (santuario?) non possono essere
costruiti simultaneamente, creando discrepanze nella giuntura delle due parti.
La forma del sikhara caratterizza la forma trovata nell'architettura Orissana, avendo
piuttosto un forte accento ed una curva interiore fino ala base della amalaka.
Eventualmente, un più alto e snello profilo venne raggiunto, e a causa della crescita degli
elementi ratha, la forma talvolta appare circolare. Comunque, il profilo di base rimane
virtualmente lo stesso. Qui la torre è di circa 13 metri di altezza, una lunghezza che
equivale approssimativamente a tre volte la misura interna del garbhagrha. L'esterno dei
lati del rekha deul è articolato con una forma buttress-like( ?? speroni..) nella pianta
tiratha. La pianta anticipa quella successiva, più complicata, composizione pancaratha
(cinque ratha), usata ad Orissa, nella quale ogni lato dell'esterno del rakha deul è decorato
con tre nicchie, una centrale sulla porzione sporgente fiancheggiata da due nicchie più
piccole che sporgono solo leggermente dal muro, ma questo suggerisce la forma della
successiva pancaratha.
Una peculiarità del jagamohan è che può essere inserito attraverso porte sia al ovest che
a sud. La luce veniva introdotta all'interno probabilmente attraverso questi passaggi,
nonché dai quattro intagli delle finestre (una grata a nord e a sud e due finestre figurative
ad ovest) e dal “clerestory” creato dal doppio tetto. Questa inusuale disposizione di porte e
finestre suggerisce una fase formativa nello sviluppo architettonico, o che varie modifiche
allo schema originale si è verificato durante il corso della sua costruzione. Il tetto a doppi
piani è considerato essere un preludio delle pidhas orizzontali o piattaforme del tetto del
jagamohan nella sviluppata architettura Orissana, ma è anche piuttosto simile al tetto del
tempio Lad Khan a Aihole (Fig 15.22), suggerendo forse che entrambi i templi avevano un
prototipo comune. L'interno del jagamohan è crudamente semplice, potenzialmente privo
di sculture, di nuovo una caratteristica comune dei templi Orissani. Le finestre scolpite ad
ovest, sono notevoli opere che mostrano scene di danza e musica. Quella conservata
meglio rivela la vivacità e la vitalità delle figure che sono state abilmente poste per
mascherare la griglia rettilinea della finestra. Una vogorosa discussione in favore della
data del 7 secolo del tempio è suggerita dallo stile delle sculture, che sostiene affinità con
le sculture dei Calukyas del tardo 6 secolo.
In contrasto con il piano interiore del tempio, gli esterni sia del jagamohan e del rekha deul
sono abbelliti con motivi architettonici e decorativi, organizzati all'interno di rigide divisioni
orizzontali e verticali. Essenzialmente, ogni porzione del profilo del tempio, inclusa la base,
i muro, la sovrastruttura, e gli elementi di coronamento, con le loro numerose
sottodivisioni, e molti dei motivi decorativi servono per scopi simbolici specifici nello
schema complessivo del monumento. I motivi prominenti includono la candrasala, colonne
scanalate che costituiscono la corona del sikhara che anche appare ad intervalli agli angoli
di ogni bhumi del sikhara. I grandi blocchi di pietra usati nella costruzione sono
chiaramente visibili, specialmente nel jagamohan, nonostante la totale elaborazione della
superficie, ma nei templi successivi, le giunture verranno coperte dalle decorazioni.
Compartimenti nei muri del jagamohan vengono creati con l'uso di pilastri decorati, entro
cui ci sono le rappresentazioni di vari membri del pantheon Hindu. Una caratteristica
interessante del programma scultoreo del tempio è il collocamento di Ganesa nella nicchia
principale nella parte sud del sikhara, suggerendo che il tempio era circumambulato in
modo antiorario. La nicchia sul lato est del sikhara contiene un immagine di Karttikeya
(Fig.19.12).
Nello stile, questa figura si riferisce fortemente alle rappresentazioni del 7 secolo dello
stesso dio da Mundesvari nel Bihar, nell'uniformità, grande cura del corpo, sebbene
questo esempio Orissano sia più ornato. Questo rinforza le ipotesi di appartenenza del
tempio al 7 secolo. Karttikeya è mostrata qui stringendo lalitasana un sakti (una lancia) in
una mano ed un cedro nell'altra. Il suo pavone vahana è rappresentato nell'atto di
ucccidere un serpente. La posizione di Kartikeya è nella nicchia posteriore del deul, una
posizione generalmente riservata per l'icona chiave del tempio, suggerisce la sua
importanza per Pasupatas.
Un passaggio successivo allo sviluppo dell'architettura Orissana può essere visto nel
tempio Muktesvara a Bhubanesvara, frequentemente chiamato la “gemma”
dell'architettura Orissana (Fig. 19.13).
Nella forma e nell'eccellenza scultorea, questo tempio è una delle maggiori realizzazioni
dell'architettura Orissana (silpin). Sebbene la data del tempio non sia fissata da iscrizioni,
è probabile che sia stata eretto intorno alla seconda metà del 10 secolo, durante il regno di
Yayati I, uno dei primi governatori della dinastia Somavamsi. L'importanza di questo
tempio sta non solo nella bellezza e nella perfezione architettonica, ma nella sua posizione
come una sorta di spartiacque nello sviluppo dell'architettura Orissana, dando vita alla
transizione tra sviluppi “antichi” e “tardi” nello stile. Come le strutture antiche, il tempio
ancora consiste in due parti principali, il deul e il jagamohan. (Fig 19.14), mentre esempi
tardi può avere fino a quattro unità separate.
Dal momento che il tempio è ancora attivo oggigiorno, non è stato ancora completamente
studiato. Perciò, un tempio che è chiaramente uno dei più importanti della tradizione
Orissana è poco capito dagli studiosi moderni.
L'entrata principale alla zona principale, che misura più di 150 metri in lunghezza e circa
140 in altezza, è ad est e ci sono due piccole porte a nord e a sud. L'orientamento del
complesso è leggermente fuori asse dal vero nord. L'aggiunta della bhogamandapa e
natantandir ai due elementi basici del tempio riflettono la crescente complessità nel rituale
e nelle pratiche religiose. Dalla pinta,tutti e quattro gli elementi appaiono quasi tutti
equamente bilanciati in termini di dimensione esterna. (Fig 19.24) ma le altezze dei tetti
formano una serie di aumenti dagli elementi frontali al picco della sikhara, che raggiunge
un'altezza di circa 60 metri. Come si nota per altre numerose tradizioni artistiche,
possibilmente e probabilmente sono inevitabilmente legate, e ciò che gli architetti
sperarono di poter raggiungere divenne una realtà solo quando si verificarono
avanzamenti tecnologici. Così, la costruzione dell'imponente sikhara del rekha deul fu
compita graize all'uso di diversi soffitti successivi creando così un numero di scomparti
verticali sovrapposti nella torre stessa, stabilizzando effettivamente il muro. Nella forma e
nel tipo, il rekha deul non è diverso dagli esempi antichi, la principale differenza sta nelle
sue impressionanti dimensioni. La forma del jagamohan, con i suoi tetti a strati, riflette
inoltre il tipo visto nella prima fase dello sviluppo architettonico. Tutti gli elementi del
tempio sono totalmente organizzati secondo divisioni verticali ed orizzontali. Sculture e
decorazioni intagliate adornano in abbondanza l'esterno del tempio, includendo
rappresentazioni di belle donne in varie pose,un motivo ricorrente nei templi Orissani. Uno
mostra una donna che aggiusta i suo indumento (Fig 19.25) ed è straordinario non
soltanto per la vivacità della figura profondamente scolpita ma per l'intaglio intricato e
delicato del suo piedistallo. La posa angolare e le caratteristiche facciali duramente
definite sono caratteristiche tipiche delle incisioni di questo periodo. Dal tempo della
presunta influenza di Sasanka su Orissa fino al XIII secolo, Orissa fu prima Saivite
(Specialmente Pasupatite) com'è dimostrato dal fatto che la maggior parte dei templi di
questo periodo di 600 anni erano di questa tendenza religiosa. Una nuova fase della storia
religiosa di Orissa venne iniziata da i Gangas, una delle più illustri linee dinastiche
nell'antica India, il ramo successivo di quello che era Vaisnavite nel loro orientamento
religioso. Vari rami di questa illustre famiglia controllarono sezioni di Orissa, specialmente
Kalinga, per diversi secoli, e aveva già un tempio a Mukhalingam in Andhra Pradesh. Nel
XII secolo, Anantavarman Chodaganga sconfisse i Somavamsis, in tal modo estendendo
considerevolmente i territori Ganga. Vennero eretti diversi monumenti Vaisnavite durante il
periodo Ganga, incluso il famoso tempio Jagannatha a Puri (uno dei templi più sacri ad
Orissa) e il tempio Anata Vasudeva a Bhubanesvara (Fig 19.26), così come il magnifico
tempio Sun a Konarak (Fig 19.28-40).