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Capitolo 19

(pag.421-444)
Termini:
• Jagamohan: Sala Riunioni
• Sikhara: “Picco della montagna” ovvero, la torre del tempio.
• Rekha deul: Si tratta di un alto edificio a forma di pan di zucchero, come una
Sikhara, copre e protegge il sancta sanctorum.
• Ratha “Carro”: è una proiezione (deviata) verticale della torre (sikhara)

Architettura e Arte Indiana ad Orissa


La storia di Orissa comincia a diventare chiara nel secondo trimestre del sesto secolo
quando una dinastia chiamata Sailodbhvas venne alla ribalta. All'inizo del settimo secolo,
si pensa che Orissa divenne fonte di contesa tra tre grandi re rivali del nord dell'India
Sasanka dei Bengala, Harsa dei Kanauj e Pulakesin II, dei Cālukya.In accordo con la
tradizione, Sasanka, che era un devoto di Siva, costruì il primo templio Saivite ad Orissa,
nel sito di Tribhuvancjvara (Bhubanesvara), iniziando così una tradizione di costruzione di
templi dedicati alla setta di Pasupata. Invece, un numero di templi a Bhubanesvar sono
Pasupata. Comunque, dal momento che quasi nulla è conosciuto sull'architettura sotto
Sasanka, la natura della sua influenza non è compresa. Si può affermare, comunque, che
oltre le relazioni con Sirpur ed i restanti, legami definitivi nella forma e nello stile all'arte dei
Cālukya sono ritrovati nella prima arte e architettura di Orissa.
L'impatto dei Cālukya sulla Deccan occidentale è verificato dallo stabilimento della linea
dei Cālukya. Inoltre, una leggenda in Ekamra Purana parla di un re Cālukya, che viene
indicato come un demone, in arrivo ad Orissa, sebbene non sia conosciuto se i Cālukyas
ottennero il controllo o quanto esteso questo controllo sarebbe potuto essere. Comunque
l'evidenza di un ruolo dei Cālukya nella formulazione dell'arte di Orissa è conservato nei
monumenti stessi come si può vedere in diversi modi. Le relazioni degli Orissan con le
regioni vicine e associate non implica in nessun modo una rottura di originalità da parte
degli artigiani Orissan (Orissani?); piuttosto, comprendere questi legami serve per
collocare meglio gli sviluppi Orissani attraverso la tradizione dell'arte Indiana.
I Sailodbhvas che continuarono a governare fino alla seconda metà dell'ottavo
secolo,probabilmente iniziarono la tradizione costruttiva (edilizia) che domiò Orissa per i
successivi 700 anni e ciò è meglio visto nei monumenti di Bhubanesvara. Il templio che si
è conservato in miglior modo di questo periodo, sebbene non il templio più antico del sito,
è quello di Parasuramesvara (Fig 19.9).
La divinità del tempio è nominata in una delle iscrizione come Parasesvara, che è
considerata una variante del nome Parasara, un acarya della setta Pasupata nel quale
nome la linga del tempio dovrebbe essere custodita. Un numero di rappresentazioni di
Lakulisa sul tempio verificano la dedizione Pasupata. Sebbene non sia legato ai
Sailodbhvas da iscrizioni, il tempio fu probabilmente un prodotto di questo periodo..
Tradizionalmente il tempio è datato all'ottavo secolo sulla base della paleografia delle sue
iscrizioni così come dalla forma e dallo stile della struttura stessa, ma recentemente, è
stato suggerito che esso fu costruito nel settimo secolo, probabilmente nel primo quarto di
questo secolo. Invece, stilisticamente e storicamente, una data del settimo secolo sembra
ragionevole, sebbene forse non sia del primo quarto, e coincida con le probabili
associazioni della tradizione costruttiva con stili collegati e contemporanei.
Nell'architettura Orissana, nomi specifici vengono dati ad ogni parte del tempio. Mentre ciò
potrebbe essere vero per altri stili regionali in India, in Orissa, è stata una fortuna che testi
che descrivono e definiscono questi elementi sono stati conosciuti per qualche tempo. In
aggiunta, le forme del tempio come noto da monumenti esistenti sembrano seguire
strettamente le prescrizioni testuali.
Il templio di Parasuramesvara consiste in due parti, una vimana e una mandapa che lo
precede. Ad Orissa, una vimana è comunemente chiamata deul, mentre una mandapa è
chiamata jagamohan. Il termine deul può essere anche usato per riferirsi al tempio nella
sua totalità. Il santuario del tempio di Parasuramasvara ed altri esempi Orissani discussi
qui sono di tipo rekha, che è caratterizzato dalla forma curvilinea del sikhara. Spesso il
Jagamohan di un tempio Orissano si presenta nella forma di un pidha,cioè, un tempio che
ha piattaforme (rialzi??) orizzontali, o pidhas, per il pavimento.Il deul e jagamohan
consisotno tipicamente in quattro unità verticali, che iniziano dal terreno: la
pista(piattaforma) che è apparentemente assente nel caso di Parasuramesvara; la bada
(muro); il gandi (tronco,ciò la guglia curvilinea della rekha o deul o del tetto piramidale del
jagamohan); ed infine la mastaka o elementi incoronati (la “testa”, incluse la amalaka e
kalasa sulla sikhara; la kalasa, o “brocca” qui è mancante).
Ad ognuno dei quattro angoli c'è una serie di proiezioni che demarcano la forma della
sikhara in bhumis (livelli orizzontali), con ogni disco a coste (amalaka) che distingue un
bhumi. In questo tempio, ci sono cinque bhumis nella sikhara. Il quinto bhumi in questo
caso è coperto da un elemento quadrato, il vedi o altare.
Come altri tempi Orissani, questo monumento è circondato da un muro di cinta che
delinea l'area sacra. In questo caso in muro è rettangolare. Inoltre, come è comune ad
Orissa, il tempio Parasuramesvara si affaccia ad ovest, sebbene l'orintamento è
leggermente fuori asse. Dall'estero, i due elementi della struttura sono bilanciati in misura,
ma la pianta (Fig 19.10) mostra che l'interno della jagamohan è considerevolmente largo
rispetto al reliquario, una caratteristica che si trova spesso nell'architettura dei tempi
Hindu.

Sebbene l'uso di pilastri sia tardo nell'arte Orissana, ci sono sei pilastri nel jagamohan,
suggerendo legami concettuali con l'architettura Calukya e con il tempio di Laksmana a
Sirpur. Esiste una giuntura piuttosto maldestra tra jagamohan e il rekha deul del tempio.
La parte anteriore del rekha deul è infatti terminata e completamente lavorata (intagliata),
ma la congiuntura tra le due strutture cancella questo lavoro dettagliato. Panigrahi
suggerisce che questa strana congiuntura, visibile in altri tempi Orissani, è dovuta ad un
particolare metodo di costruzione che sotterra la struttura nella terra come un lavoro
progredito verso l'alto, come una sorta di impalcatura, così che il piano inclinato creato
dalla superficie che circonda la collinetta può essere usato per trascinare verso l'alto i
blocchi di pietra. Quindi, la sala a pilastri e il reliquario (santuario?) non possono essere
costruiti simultaneamente, creando discrepanze nella giuntura delle due parti.
La forma del sikhara caratterizza la forma trovata nell'architettura Orissana, avendo
piuttosto un forte accento ed una curva interiore fino ala base della amalaka.
Eventualmente, un più alto e snello profilo venne raggiunto, e a causa della crescita degli
elementi ratha, la forma talvolta appare circolare. Comunque, il profilo di base rimane
virtualmente lo stesso. Qui la torre è di circa 13 metri di altezza, una lunghezza che
equivale approssimativamente a tre volte la misura interna del garbhagrha. L'esterno dei
lati del rekha deul è articolato con una forma buttress-like( ?? speroni..) nella pianta
tiratha. La pianta anticipa quella successiva, più complicata, composizione pancaratha
(cinque ratha), usata ad Orissa, nella quale ogni lato dell'esterno del rakha deul è decorato
con tre nicchie, una centrale sulla porzione sporgente fiancheggiata da due nicchie più
piccole che sporgono solo leggermente dal muro, ma questo suggerisce la forma della
successiva pancaratha.
Una peculiarità del jagamohan è che può essere inserito attraverso porte sia al ovest che
a sud. La luce veniva introdotta all'interno probabilmente attraverso questi passaggi,
nonché dai quattro intagli delle finestre (una grata a nord e a sud e due finestre figurative
ad ovest) e dal “clerestory” creato dal doppio tetto. Questa inusuale disposizione di porte e
finestre suggerisce una fase formativa nello sviluppo architettonico, o che varie modifiche
allo schema originale si è verificato durante il corso della sua costruzione. Il tetto a doppi
piani è considerato essere un preludio delle pidhas orizzontali o piattaforme del tetto del
jagamohan nella sviluppata architettura Orissana, ma è anche piuttosto simile al tetto del
tempio Lad Khan a Aihole (Fig 15.22), suggerendo forse che entrambi i templi avevano un
prototipo comune. L'interno del jagamohan è crudamente semplice, potenzialmente privo
di sculture, di nuovo una caratteristica comune dei templi Orissani. Le finestre scolpite ad
ovest, sono notevoli opere che mostrano scene di danza e musica. Quella conservata
meglio rivela la vivacità e la vitalità delle figure che sono state abilmente poste per
mascherare la griglia rettilinea della finestra. Una vogorosa discussione in favore della
data del 7 secolo del tempio è suggerita dallo stile delle sculture, che sostiene affinità con
le sculture dei Calukyas del tardo 6 secolo.
In contrasto con il piano interiore del tempio, gli esterni sia del jagamohan e del rekha deul
sono abbelliti con motivi architettonici e decorativi, organizzati all'interno di rigide divisioni
orizzontali e verticali. Essenzialmente, ogni porzione del profilo del tempio, inclusa la base,
i muro, la sovrastruttura, e gli elementi di coronamento, con le loro numerose
sottodivisioni, e molti dei motivi decorativi servono per scopi simbolici specifici nello
schema complessivo del monumento. I motivi prominenti includono la candrasala, colonne
scanalate che costituiscono la corona del sikhara che anche appare ad intervalli agli angoli
di ogni bhumi del sikhara. I grandi blocchi di pietra usati nella costruzione sono
chiaramente visibili, specialmente nel jagamohan, nonostante la totale elaborazione della
superficie, ma nei templi successivi, le giunture verranno coperte dalle decorazioni.
Compartimenti nei muri del jagamohan vengono creati con l'uso di pilastri decorati, entro
cui ci sono le rappresentazioni di vari membri del pantheon Hindu. Una caratteristica
interessante del programma scultoreo del tempio è il collocamento di Ganesa nella nicchia
principale nella parte sud del sikhara, suggerendo che il tempio era circumambulato in
modo antiorario. La nicchia sul lato est del sikhara contiene un immagine di Karttikeya
(Fig.19.12).
Nello stile, questa figura si riferisce fortemente alle rappresentazioni del 7 secolo dello
stesso dio da Mundesvari nel Bihar, nell'uniformità, grande cura del corpo, sebbene
questo esempio Orissano sia più ornato. Questo rinforza le ipotesi di appartenenza del
tempio al 7 secolo. Karttikeya è mostrata qui stringendo lalitasana un sakti (una lancia) in
una mano ed un cedro nell'altra. Il suo pavone vahana è rappresentato nell'atto di
ucccidere un serpente. La posizione di Kartikeya è nella nicchia posteriore del deul, una
posizione generalmente riservata per l'icona chiave del tempio, suggerisce la sua
importanza per Pasupatas.
Un passaggio successivo allo sviluppo dell'architettura Orissana può essere visto nel
tempio Muktesvara a Bhubanesvara, frequentemente chiamato la “gemma”
dell'architettura Orissana (Fig. 19.13).
Nella forma e nell'eccellenza scultorea, questo tempio è una delle maggiori realizzazioni
dell'architettura Orissana (silpin). Sebbene la data del tempio non sia fissata da iscrizioni,
è probabile che sia stata eretto intorno alla seconda metà del 10 secolo, durante il regno di
Yayati I, uno dei primi governatori della dinastia Somavamsi. L'importanza di questo
tempio sta non solo nella bellezza e nella perfezione architettonica, ma nella sua posizione
come una sorta di spartiacque nello sviluppo dell'architettura Orissana, dando vita alla
transizione tra sviluppi “antichi” e “tardi” nello stile. Come le strutture antiche, il tempio
ancora consiste in due parti principali, il deul e il jagamohan. (Fig 19.14), mentre esempi
tardi può avere fino a quattro unità separate.

Ma, in contrasto con il tempio Parasuramesvara, il tetto del jagamohan è completamente


sviluppato nella forma pidha. Nella misura, il tempio è piccolo, raggiunge circa l'altezza di
solo 10 metri, di nuovo una caratteristica spesso associata con la fase antica della
tradizione costruttiva (edilizia).
Il tempio di Muktesvara è rivolto ad ovest ed è collocato in un complesso con altri santuari
e templi. E' separato dagli atri da un basso muro di cinta. Ad ovest, l'entrata nel suo
complesso è contraddistinta da un torana (Fig 19.15) ed ad est, il muro di cinta raggiunge
appena il margine di una vasca(/serbatoio) sacra (è dunque impossibile circumambulare
completamente questo tempio al di fuori delle sue mura).
Il muro di cinta non è solo un semplice rettangolo, come nel caso del tempio di
Parasuramesvara,ma segue invece la forma dell'esterno dell'edificio stesso. La torana,
una caratteristica inusuale nei templi esistenti ad Orissa, aggiunge molto all'unità e alla
bellezza della concezione globale. In apparenza, la torana è pesante e solida, avente due
grossi pilastri separati da una larghezza solamente leggermente maggiore del diametro
dei pilastri. Un arco di spessore costruito da pezzi separati di pietra che sono stati
attentamente montati insieme costruendo un ponte sullo spazio tra i due montanti.Questa
forma, sebbene è modellata come un arco, non è costruita con gli stessi principi del vero
arco, ma consiste semplicemente di una sovrapposizione di livelli di pietra intagliata in una
forma ricurva. La decorazione della torana include ghirlande intagliate che adornano i
sedici lati dei pilastri, capitelli elaborati,makara estremità (ends), ed un paio di figure
femminili appoggiate sulla forma ad arco, così come sbirciano fuori da nicchie circolari
insieme a modelli floreali.
Uno zoccolo moltobasso supporta il tempio ma la sua funzione è forse più simbolica e
psicologica che fisica come nel caso di altri di stile nagara. (Il muro di cinta infatti, e anche
minimale, servendo più come demarcazione e definizione del confine più che come una
protezione fisica). Come si vede dalla pianta (Fig 19.14), il jagamohan è essenzialmente
rettangolare ma ha pareti di deviazione sia all'interno che all'esterno, creando una pianta
pancaratha approssimativa, mentre il santurario è cubico all'interno, ma ha muri di
deviazione (offset) all'esterno che creano una pancaratha. Riccamente intagliato con un
numero crescente di divisioni architettoniche e cornici così come figure scolpite, l'esterno
del jagamohan e del rekha duel segnano una partenza dalla relativa semplicità vista nel
tempio Parasuramesvara. Una caratteristica inusuale per l'architettura Orissana è la
decorazione interiore del jagamohan, che, sebbene i pilastri secondo il tipico modo, qui
sono riccamente scolpiti. (Fig 19.16, 19.17)
La forma della sikhara è simile a quella di Parasuramesvara ma è leggermente più
allungata e snella. Nonostante il fatto che questo tempio è ben conservato con la maggior
parte delle sue decorazioni scultoree originali intatte, un completo studio sulla sua
iconografia non è mai stato condotto. Comunque, una delle sue eccezionali caratteristiche
scultoree è un elaborato ornamento chiamato bho,che appare come una cresta sulla
superficie superiore della sikhara (Fig 19.18).
Il bho, che consiste in un arco con una kirttimukha sopra, fiancheggiato da un paio di
figure di nani,è uno degli elementi tipici della decorazione del tempio Orissano.
Un altro importante tempio a Bhubanesvara è quello Rajarani (Fig 19.19).
Datato intorno al 1000 d.C., la sua forma mostra una continuazione di certe tendenze viste
negli esempi antichi e possiede anche un numero di caratteristiche inusuali. Questo
tempio piuttosto largo è tipico nella relazione tra il suo jagamohan all'area del santuario
(Fig 19.20), nell'uso di pidhas per formare la sovrastruttura del jagamohan, e nella pianta
pancaratha del jagamohan. Comunque, la sikhara ha grappoli di piccole sikharas intorno
al nucleo centrale in contrasto con la solita forma semplice che si trova ad Orissa. Invece,
somiglia al comune tipo ben sviluppato nel centro nord e nell'ovest dell'India più o meno
risalente alla stessa data. Le complicazioni dei rathas sul rekha deul danno quasi
l'impressione che essa è posizionata in diagonale rispetto al jagamohan, sebbene non sia
questo il caso. Scultoreamente, l'esterno del jagamohan è abbastanza semplice,una
caratteristica dominante sono le larghe colonne circondate dalle figure dei naga che
fiancheggiano l'entrata del tempio, un uomo a sinistra e una donna a destra. In contrasto,il
rekha deul è generosamente intagliato con sculture che sono state giustamente acclamate
come alcune delle più raffinate dell'arte Orissana. In aggiunta ai ai stupendi motivi
vegetativi, questi includo numerose figure di bellezze femminili (Fig 19.21) e dei (19.22).
In un secondo momento, le pose delle figure sono diventate più accentuate e più
allungate. Come in altri stili contemporanei, l'incisione è elaborata e c'è importanza sul
trattamento dei dettagli superficiali come i gioielli e i costumi.
La caratteristica architettonica dominante nel paesaggio di Bhubanesvara è il tempio di
Saivite Lingaraja, le sue mura rettangolari racchiudono numerosi tempi e santuari che
circondano il tempio centrale a quattro parti (Fig 19.23)
Mitra lo chiama un “prodotto dell'esperienza accumulata e cristallizata di diversi secoli”.
Invece,un monumento dl genere è la testimonianza delle caratteristiche comuni degli
architetti Orissani. Presumibilmente venne iniziato su richiesta di Sasanka, re dei Bengal,
nei primi anni del settimo secolo, il tempio non ha alcuna visibile evidenza per supportare
questa opinione. Invece, il monumento appartiene chiaramente alla fase più tarda
dell'architettura Orissana, essendo stato costruito in almeno due fasi principali. Il rekha
deul e il jagamohan furono probabiblmente costruiti durante il potere di Somavamsi intorno
ala metà dell'ottavo secolo come suggerisce la loro relazione con il tempio di Brahmesvara
intorno al 1060, mentre altri due ampliamenti, il bhogamandapa (sala delle offerte),
all'estremità orientale della sequenza delle quattro strutture, e la natamandir (sala da
ballo), tra il bhogamandapa e il jagamohan, furono costruiti circa un secolo dopo (Fig
19.23,19.24).

Dal momento che il tempio è ancora attivo oggigiorno, non è stato ancora completamente
studiato. Perciò, un tempio che è chiaramente uno dei più importanti della tradizione
Orissana è poco capito dagli studiosi moderni.
L'entrata principale alla zona principale, che misura più di 150 metri in lunghezza e circa
140 in altezza, è ad est e ci sono due piccole porte a nord e a sud. L'orientamento del
complesso è leggermente fuori asse dal vero nord. L'aggiunta della bhogamandapa e
natantandir ai due elementi basici del tempio riflettono la crescente complessità nel rituale
e nelle pratiche religiose. Dalla pinta,tutti e quattro gli elementi appaiono quasi tutti
equamente bilanciati in termini di dimensione esterna. (Fig 19.24) ma le altezze dei tetti
formano una serie di aumenti dagli elementi frontali al picco della sikhara, che raggiunge
un'altezza di circa 60 metri. Come si nota per altre numerose tradizioni artistiche,
possibilmente e probabilmente sono inevitabilmente legate, e ciò che gli architetti
sperarono di poter raggiungere divenne una realtà solo quando si verificarono
avanzamenti tecnologici. Così, la costruzione dell'imponente sikhara del rekha deul fu
compita graize all'uso di diversi soffitti successivi creando così un numero di scomparti
verticali sovrapposti nella torre stessa, stabilizzando effettivamente il muro. Nella forma e
nel tipo, il rekha deul non è diverso dagli esempi antichi, la principale differenza sta nelle
sue impressionanti dimensioni. La forma del jagamohan, con i suoi tetti a strati, riflette
inoltre il tipo visto nella prima fase dello sviluppo architettonico. Tutti gli elementi del
tempio sono totalmente organizzati secondo divisioni verticali ed orizzontali. Sculture e
decorazioni intagliate adornano in abbondanza l'esterno del tempio, includendo
rappresentazioni di belle donne in varie pose,un motivo ricorrente nei templi Orissani. Uno
mostra una donna che aggiusta i suo indumento (Fig 19.25) ed è straordinario non
soltanto per la vivacità della figura profondamente scolpita ma per l'intaglio intricato e
delicato del suo piedistallo. La posa angolare e le caratteristiche facciali duramente
definite sono caratteristiche tipiche delle incisioni di questo periodo. Dal tempo della
presunta influenza di Sasanka su Orissa fino al XIII secolo, Orissa fu prima Saivite
(Specialmente Pasupatite) com'è dimostrato dal fatto che la maggior parte dei templi di
questo periodo di 600 anni erano di questa tendenza religiosa. Una nuova fase della storia
religiosa di Orissa venne iniziata da i Gangas, una delle più illustri linee dinastiche
nell'antica India, il ramo successivo di quello che era Vaisnavite nel loro orientamento
religioso. Vari rami di questa illustre famiglia controllarono sezioni di Orissa, specialmente
Kalinga, per diversi secoli, e aveva già un tempio a Mukhalingam in Andhra Pradesh. Nel
XII secolo, Anantavarman Chodaganga sconfisse i Somavamsis, in tal modo estendendo
considerevolmente i territori Ganga. Vennero eretti diversi monumenti Vaisnavite durante il
periodo Ganga, incluso il famoso tempio Jagannatha a Puri (uno dei templi più sacri ad
Orissa) e il tempio Anata Vasudeva a Bhubanesvara (Fig 19.26), così come il magnifico
tempio Sun a Konarak (Fig 19.28-40).

Ananta Vasudeva, l'esempio supremo di un tempio Vaisnavite a Bhubanesvara, fu


dedicato nel 1278 da Candradevi, una figlia di Anangabhima III durante il regno di
Bhanideva della dinastia Ganga. Nonostante il fatto che il settario orientamento è
Vaisnavite piuttosto che Saivite, la forma base del tempio sembra essere semplicemente
una versione ridotta del tempio Lingaraja, seguendo precisamente le tendenze generali
visibili nello sviluppo del tempio di tipo Orissano. Costituito da quattro elementi, il
bhogamandapa e il natamandir (che sono stati aggiunti successivamente) e il jagamohan
e il rekha deul (Fig 19.27), la principale differenza tra questo tempio e molti altri a
Bhubanesvara è la decorazione scultorea, che include incarnazioni di Visnu e immagini di
Krsna, Balarama e Subhadra, sorella di Krsna.
Una concezione completamente diversa, pur rimanendo sempre entro i limiti dei canoni
Orissani, si trova nel celebre tempio Sun a Konarak, non lontano da Bhubanesvara, che è
sertamente uno dei monumenti più ambigui e ben pensato in tutto il Sud Asia. Dedicato a
Surya, il dio del sole, e costruito nella forma di un cocchio gigante tirato da sette cavalli,
questo tempio (Fig 19.28) demarca il punto più alto dei risultati raggiunti dagli architetti
Orissani e rappresenta anche avanzamenti astronomici e visioni religiose del XIII secolo.
Sebbene non ci siano iscrizioni dedicatorie nel tempio, un iscrizione successiva e
importante testimonianza testuale, fondamentalmente la seconda trovata da Alice Boner
rivela che Raja Nrsimhadeva I della dinastia Ganga iniziò la costruzione del tempio sotto
suggerimento di sua madre quando ancora egli era un principe di solo 18 anni.
L’occasione fu il suo ritorno da una campagna di successo nella capacità di comandante in
capo dell’esercito di suo padre e il denaro utilizzato era il bottino ricavato da queste
campagne. I fondi delle ricchezze reali più altri contributi entrarono nel costo totale
dell’edificio, che è stato stimato che rappresenti mille volte il peso in oro di Nrsimhadeva.
Dal suo inizio, il progetto divenne il pensiero fisso di Nrsimhadeva per circa 20 anni.
Documenti mostrano che ci vollero sei anni e tre mesi di progettazione e dodici anni e
10mesi di costruzione e il tempio fu completato solo dopo che egli era diventato re. Una
popolare ma infondata visione riguardo il tempio è che a causa della grande scala
originale e le inadeguate tecniche di costruzione, il lavoro non venne mai completato.
Risorse testuali indicano che il tempio venne finito e consacrato, e che l’immagine
principale venne istallata su Magha Sukla saptami, la nascita del dio del sole, che si
verificò in una domenica dell’anno Saka 1179, equivalente all’anno 1258 d.C. Così, il
periodo di costruzione, dal progetto al completamento, fu da circa il 1238 al 1258. La fama
del tempio a quanto pare si diffuse in lungo e largo per diversi secoli dopo la sua
ultimazione. Caitanya, il grande santo Vaisnavite dai Bengali (1486-1533), visitò il tempio,
e il grande cronista Mughal del 17 secolo della corte imperiale Akbar, Abu’l-Fazl, andò sul
luogo e rimarcò che “anche coloro il cui giudizio è critico e sono difficili da accontentare
rimangono stupefatti alla sua vista”. I visitatori del 19 secolo, come Striling, Fergusson e
Kittoe videro il tempio ancora in piedi, inclusa la parte del Sikhara ormai perso, sebbene
era già iniziata molta decadenza a causa dell’età e di mali intenzionati. Per esempio il
kalasa e il sikhara presumibilmente erano fatti di puro rame, e vennero portati via come
bottino nel 16 secolo, insieme a oro e pietre preziose custodite li. E’ possibile che un piatto
di rame inscritto che parlasse della dedica del tempio da parte di Nrismhadeva sarebbe
stato collocato qui, secondo un’ antica pratica.
La data della consacrazione non venne scelta a caso ma piuttosto era una scadenza
attentamente selezionata dal re a causa della sua scaramanzia. Prove astronomiche
hanno confermato che il Magha Sukla saptami si verificò una domenica dell’anno 1258. Il
buon auspicio di questo giorno, dovuto alla coincidenza della nascita del dio sole che cade
di domenica, era che il merito maturato con le buone azioni era multiforme. Una funzione
principale del tempio del Sole era facilitare la venerazione del compleanno del dio sole
ogni anno, sebbene altre forme di venerazione, come i rituali giornalieri per il sole,
cerimonie mensili che celebravano il movimento del sole attraverso i segni dello zodiaco, e
la celebrazione degli equinozi e delle eclissi costituiscono inoltre parte delle funzioni
basilare del tempio del Sole.
Come i templi tipici di Orissa, il tempio del sole a Konarak è situato al centro di una larga
zona (Fig 19.29).
Un piccolo numero di santuari si trova anche all’interno dell’area del muro, alcuni
probabilmente più antichi del tempio stesso. Almeno tre tipi differenti di pietra sono stati
utilizzati nella costruzione del tempio, ognuno dei quali era stato trasportato da lontano.
Una pregiata clorite fu utilizzata per i telai intagliati delle porte e immagini importanti;
laterite per il centro delle piattaforme e le scalinate; condalite, per la maggior parte della
costruzione.
Il tempio è situato su un alto basamento e comprende un rekha deul e il jagamohan. Il
rekha deul ha una pianta cruciforme all’esterno a causa dell’aggiunta del nisas (nicchie) a
sud,nord e ovest sebbene il santuario interno è un quadrato. Il jagamohan ha un’elaborata
pancaratha all’esterno estesa dal basamento, che sporge verso l’esterno dei lati nord e
sud, creando di nuovo una configurazione cruciforme nella pianta ma lasciando un
quadrato all’interno. Originariamente il santuario era sormontato da una sikhara; il
jagamohan è di tipo pidha. Le nisa del tempio circondano il santuario che contiene parsva-
devatas, gli aspetti secondari della principale divinità del tempio, in questo caso, tre
varianti di Surya, che verranno discusse successivamente. Una sala distaccata, che
potrebbe essere una natamandir o un bhogamandapa, precede il tempio. E’ a pianta
quadrata e poggia su un alto basamento ma adesso è senza tetto, sebbene i suoi forti
pilastri dovettero un tempo sopportare un tetto di questo tipo.
Al momento il tempio si trova abbastanza in rovina; il suo rekha deul è quasi totalmente
perso e l'interno del jagamohan è stato riempito e chiuso in anni recenti. L'aspetto iniziale
si può dedurre da un disegno da un manoscritto su foglia di palma (Fig 19.30). Il disegno
mostra il tempio come sarebbe dovuto essere, completo di sikhara e pidha, nel suo ruolo
di servire come una rappresentazione di un carro per il dio del sole nei suoi viaggi
giornalieri e annuali attraverso il cielo. Mentre il tempio è in molti modi tipico dell'arte
Orissana, la sua forma assomiglia molto a un carro trasportato da sette cavalli, con un
cavallo per ogni giorno della settimana, tre a nord e tre a sud. Il concetto del tempio come
un carro può essere collegato alla pratica di usare una grande pianta di legno (ratha) per
far sfilare immagini di una divinità attraverso le strade cittadine in occasioni speciali, come
era solito nell'antica India. Le dodici paia di ruote intagliate nel basamento rappresentano i
dodici mesi e i segni dello zodiaco. Ogni ruota è più di tre metri di diametro e ha otto raggi
maggiori e minori. Una specifica iconografia non è stata determinata per ogni coppia di
raggi, ma ognuno può essere collegato ad uno specifico segno zodiacale. Uno dei
manoscritto che tratta del tempio dice che le ruote sono uguali alle costellazioni dello
zodiaco mentre un altro dice che si tratta di devozioni e cerimonie concesse alle diverse
coppie al momento opportuno. Al di sotto delle ruote ed eseguito come un fregio intorno
alla base del tempio c'è una fascia di elefanti in processione. Sebbene siano minuscoli,
hanno una funzione simile a quella delle loro copie più grandi, come quelli del tempio
Kailasanatha a Ellora.
Il portone del jagamohan è sontuoso, tuttavia rappresenta più un'elaborazione di elementi
che sono visibili almeno dal periodo Gupta. (Fig 19.32. La moltiplicazione di elementi quali
i montanti e degli architravi indicano la crescente complicazione. La scala dei motivi
individuali è ridotta proporzionatamente all'intero schema e così ogni elemento sembra
meno prominente. Sopra il portone era collocata un'enorme piastra di pietra intagliata con
rappresentazioni dei navagrahas (nove pianeti; Fig 19.33). Sebbene particolarmente
adatto a un soggetto di un tempio dedicato alle divinità celesti ed astronomiche, come per
esempio il dio del sole, i navagrahas fanno spesso parte dello schema di porta dei templi
dell'India del nord dopo il periodo Gupta. Il sollevamento in posizione di questi
pesantissimi massi è descritto in uno dei manoscritti associato al tempio: evidentemente la
carrucola manipolata sia da elefanti che da umani era il centro. Da sinistra e destra, i
pianeti sono Ravi (Sole), Soma (Luna), Mangala (Marte), Budha (Mercurio), Brhaspati
(Giove), Sukra (Venere), Sani (Saturno), Rahu (nodo ascendente della luna), e Ketu (nodo
discendente della luna), sebbene è bene sottolineare che tecnicamente Ravi, Soma, Rahu
e Ketu non sono pianeti.
Ognuna delle rappresentazioni mostra una figura seduta contenuta sotto una nicchia
architettonica che somiglia a una miniatura di tempio. Scolpita in una stretta grana di pietra
clorotica, come la maggior parte delle sculture nel tempio, ogni figura si distingue grazie a
una determinata caratteristica o attributo. La rappresentazione più suggestiva è quella di
Rahu, tipicamente mostrato come una sorta di mostro demoniaco, tenendo la luna
crescente simbolo della sua ipotetica devozione alla luna, che si dice causi le eclissi (Fig
19.34). Nello stile, le immagini somigliano ad altre immagini maggiori del tempio, sebbene
differiscano dalle sculture generali intagliate come parte dei muri e della struttura del
tempio. Ciò è dovuto non solo all'uso di pietre differenti, ma anche grazie a migliori
artigiani che furono selezionati per lavorare su queste immagini speciali, come verificato
dalle relazioni manoscritte. Le figure dei pianeti sono notevoli per la forma piuttosto gonfia
dei corpi, facce sorridenti, alti copricapi a punta, e i delicati dettagli dei gioielli.
Originariamente vi erano almeno 4 immagini principali nel tempio,una in ognuno dei tre
nisas (I tre parsva-devatas) e l'immagine principale del santuario del tempio (che è ora
perduto). Le figure nisa meridionali (Fig 19.35) ed occidentali mostrano Surya in una
postura eretta,mentre quella a nord mostra una divinità seduta su un cavallo. E' possibile
che questa figura non rappresenti interamente Surya ma può rappresentare Revanta, suo
figlio, che caratteristicamente cavalca un cavallo. L'immagine meridionale mostra il dio in
piedi senza flettere il suo corpo in maniera degna di un'icona importante. Com'è tipico di
Surya, egli ha due braccia che stringono dei loti. Il suo corpo è quasi completamente
distaccato dalla lastra di dietro degli elementi circostanti, una caratteristica che si trova
anche in sculture di paragonabile data nello stile del nord. Un duro sorriso è visibile sulla
faccia, rompendo la gentilezza e il calore di molte immagini antiche, ma ancora di eccelsa
qualità scultorea. La pietra a grana densa permette un gran numero di dettagli su questi
corredi come i gioielli indossati dal dio. I suoi 7 cavalli sono rappresentati trainati dal suo
cocchiere, ed è fiancheggiato da guardiani, con un personaggio in gionocchio, detto raja,
in anjali mudra accanto al piede destro di Surya, probabilmente Nrsimhadeva stesso.
Se questo è o non è il caso, un numero di rilievi dal tempio sono stati identificati come
rappresentati il re Nrsimhadeva ed eventi della sua vita. In effetti, certi aspetti del
programma iconografico del tempio sembrano essere suoi personali piuttosto che
concepiti per la divinità. Nel manoscritto Baya Cakada si segnala che il re nel suo ritorno
dalla guerra ordinò un'immagine per mostrarsi “nell'atteggiamento di un trionfante
guerriero in ritorno” e, sebbene quest'immagine non sia nota, sono state identificate altre
collegate ad eventi nella sua vita. Una scultura mostra il re come un arciere (Fig. 19.36) ed
è evidentemente l'intaglio descritto nel Baya Cakada come quello fatto dall'artigiano
Ganga Mahapatra e per il quale ricevette un paio di stoffe di seta, 2 orecchini, e cinque
tolas d'oro. Un altro mostra il re adorante un santario con un immagine di Durga
Mahisasuramardini a sinistra e Jagannatha a fianco ad essa. (Fig 19.37). Sebbene la
maggior parte di queste immagini si riferiscano chiaramente al re da solo, un rilievo
identificato come il matrimonio di Rama e Sita dal Ramayana è stato interpretato come un
doppio gioco sul nome Sita, riferito sia a Sita che a Sitadevi, la moglie del re, e così il re
come Rama.
Sculture di pietra compatta nel complesso di Konarak includono il colosso animale
autoportante (free standing) che “protegge” le tre scalinate originali del jagamohan,
cioè,due leoni in cima accucciati con elefanti ad est, due stalloni da guerra a sud, e due
elefanti a nord. Enormi sculture autoportanti adornano il tetto del jagamohan, i cui pidhas
sono organizzati in tre terrazze. Il principale di questi sostegni enormi rappresenta leoni
seduti sulle loro zampe posteriori e rivolti verso l'esterno. I due sostegni più bassi a
grandezza naturale e più ampi delle sculture a grandezza naturale, sopratutto di musiciste
donne (Fig 19.38), graziosamente e ritmicamente create, rappresentano Bhairava.
Originariamente due Bhairavas si rivolgevano in ogni direzione, una era pacifica, l'altra
terrificante (Fig 19.39) nell'espressione, e rappresentavano i protettori della benignità
(anugra) e dell'ira (ugra) del tempio sopra i portali. Ogni Bhairava ha quattro facce e sei
braccia, e appare in una postura danzante, in piedi in una barca, che viene detta la
samsara-pota, la barca del mondo. Entrambe le musiciste e le Bhairavas sono figure
estremamente potenti, non solo per la loro grandezza, ma anche per la monumentalità con
cui sono state rappresentate. Queste figure sono grandi, corpose, attivamente poste.
Tuttavia nonostante la loro grande corposità, sono notevolmente graziose. Gli ornamenti
ed i gioielli sono così minuziosamente scolpiti che le figure sembrano “indossare” le loro
decorazioni. Ogni figura è posizionata naturalisticamente, come se l'artista comprendesse
l'anatomia e il movimento, così come la danza e la musica in India. L'intenzione non era
quella di catturare la fisionomia individuale di personaggi particolari. Questo si può dedurre
dal Baya Cakada, che racconta di un artista che scolpì tre sculture femminili, una di queste
venne respinta dall'architetto supervisore, sostenendo che l'artista aveva fatto una
somiglianza con sua moglie e perciò non poteva essere collocata nel tempio.
Un aspetto intrigante del programma scultoreo del Tempio del Sole a Konarak è la
prodigalità delle mithunas e delle sculture erotiche che decorano i muri degli edifici (Fig
19.40). Queste figure hanno ricevuto molta attenzione, come quelle di Khajuraho e altri siti
di templi a nord del periodo post Gupta. A konarak, in luce della grandezza complessiva
del monumento stesso, le immagini erotiche hanno in realtà un ruolo minore. Alcuni
interpreti hanno associato le figure erotiche sul tempio del Sole con i culti di Saturno, ma
questa affermazione non venne motivata. Un'eccellente spiegazione dell'erotismo nel
contetso di questi templi è stata daata da Boner, secondo lei nella ricerca della Verità,
kama (desiderio fisico) potrebbe essere stata trasformata in Prema, l'auto abbandono che
non può essere raggiunto dalla negazione ma solo attraverso la trasformazione e
sublimazione. Così, i mithuna rappresenterebbero sia l'unione che la trasformazione.
Un altro aspetto importante del tempio, rivelato dal Baya Cakada, è l'uso di immagini
portatili di metallo. Dal momento che l'immagine principale del tempio del sole era di pietra
ed era troppo grande per essere trasportata nelle processioni e nei culti, due immagini di
metallo “surrogate” di Surya “servivano da mediatori tra quest'immagine (quella di pietra) e
il dio del sole in paradiso”. Un' immagine così è conservata nel tempio Jagannatha a Puri
e proviene probabilmente da Konarak.
Un altro aspetto importante degli sviluppi religiosi nell'antica Orissa fu il culto di sakti, che
si sviluppò parallelamente nell'Induismo e nella devozione prajna nel Buddismo.
Nonostante la rarità di templi yogini in India, due sono collocati ad Orissa. Sebbene le date
degli esempi Orissani non siano fissate in delle iscrizioni o in altre prove storiche,
sembrano appartenere al periodo Somavamsi o forse leggermente prima. I templi Yogini,
dedicati a 64 yoginis (femminile yogins) sono generalmente circolari, la forma di solito è
associata all'aspetto femminile, come si può vedere nel piccolo tempio di Hirapur (Fig
19.41,19.42). L'entrata al tempio di Hirapur si estende verso l'esterno dal recinto circolare.
Originariamente il tempio aveva 60sculture di yoginis organizzate in nicchie attorno alla
circonferenza interna del tempio, così come altre figure femminili e maschili in nicchi sia
dentro che fuori. Un esempio mostra Ajaikapada Bhairava (Fig 19.43), una divinitò
maschile con una sola gamba, che si incontra raramente nel vasto repertorio
dell'iconografia Hindi e il cui significato è ancora incerto.

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