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Nietzsche

La filosofia di Nietzsche è importante soprattutto per la radicale disamina delle certezze, sia morali sia
scientifiche. In particolare, il filosofo tedesco critica da un lato il Positivismo, dall'altro la morale cristiana. La
fine delle certezze che per millenni l'uomo non ha messo in discussione viene espressa da Nietzsche
mediante la metafora della «morte di Dio», ucciso dagli uomini. La morte di Dio significa il venir meno di
qualsiasi punto di riferimento; l'uomo è solo nell'universo e per essere all'altezza di ciò che ha compiuto e
delle sue conseguenze, deve farsi egli stesso Dio, deve diventare egli stesso creatore di valori, dato che
ormai non può più riceverli dall'esterno. L'uomo deve andare oltre sé stesso, diventare «oltreuomo». È
«oltreuomo» chi non trova più il senso del mondo nel mondo stesso o in Dio, ma dà egli stesso significato al
mondo. Il concetto di oltreuomo è strettamente legato alla teoria dell'«eterno ritorno dell'uguale»: se
viviamo nella convinzione che ogni nostro atto tornerà infinite volte, sempre uguale, per l'eternità, per
poter accettare questa prospettiva, dobbiamo dare a ogni istante della nostra vita il nostro significato,
riconoscerlo come nostro, come voluto. La critica alla morale cristiana porta al rifiuto della morale in
quanto tale (nichilismo). É necessario dunque un rovesciamento, una «trasvalutazione» di tutti i valori,
condannando ciò che è stato considerato «buono» come debole, fiacco, inibitore dell'azione, e affermando
invece il «malvagio» come ciò che è forte, attivo, creatore. In sostituzione di tutti i moventi etici Nietzsche
introduce il concetto di «volontà di potenza»: tutti gli organismi viventi agiscono per accrescere la propria
potenza, intesa come vitalità fisica. Anche l'uomo, al di là dei motivi che può addurre, agisce per soddisfare
questa tendenza naturale: non per la morale, non per i valori, ma unicamente per accrescere la propria
potenza vitale. Chi è capace di liberarsi dei condizionamenti della morale e di agire secondo la sua volontà
di potenza è «oltreuomo».

Nasce nel 1844 a Rocken , un villaggio vicino a Lipsia. Compì inizialmente studi di teologia e filologia a Bonn
e a Lipsia, per poi avvicinarsi definitivamente allo studio della filosofia grazie alla lettura di alcuni testi di
Schopenhauer. Ebbe una produzione molto vasta, tra cui figurano “La nascita della tragedia dallo spirito
della musica” 1872“Umano, troppo umano” del 1878, “La Gaia scienza” del 1882. Nel 1873 iniziò a
manifestarsi la malattia che lo accompagnerà sino alla fine dei suoi giorni. A causa di questa egli lasciò
definitivamente, nel 1879, l’insegnamento universitario. Negli anni successivi egli scrisse la sua opera più
nota , “Così parlò Zarathustra”. Vi sono anche alcuni scritti posteriori, come “Al di là del bene e del male”
del 1886 e “La Genealogia della morale” del 1887, ove si evidenzia particolarmente la demistificazione dei
valori tradizionali da parte di Nietzsche e in cui fu anche più consistente l’intervento e la rielaborazione
compiuti dalla sorella Elisabeth Nietzsche, rielaborazioni che contribuirono in parte ad avvicinare gli scritti e
le idee di Nietzsche a formulazioni Naziste. Negli ultimi anni di stabilità mentale Nietzsche compose saggi
fortemente critici verso i valori tradizionali, come “L’anticristo” e “Il crepuscolo degli Idoli”, che vennero
pubblicati postumi. Tra il 1888 e il 1889, mentre risiedeva a Torino, la sua sanità mentale crollo totalmente,
venendo colto da una crisi di follia da cui non si riuscì mai a riprendere. Sono di questi anni “I biglietti della
follia”. Morì a Weimar nel 1880.

La sua filosofia presenta un fondamentale problema di tipo interpretativo. Nietzsche era infatti un filosofo
molto aforismatico, le cui opere non si presentano mai come un discorso razionale e lineare, ma più come
un insieme di idee e metafore sparse. La malattia che afflisse Nietzsche negli ultimi anni della sua vita pone
un’ulteriore questione interpretativa; è difficile, infatti, capire se le sue affermazione siano semplicemente
espressione di una mente deviata, o se è proprio la genialità di tali affermazioni ad aver condotto il filosofo
alla follia.

Nietzsche, nonostante l’irrazionalità delle sue formulazioni e la pluralità dei temi da lui affrontati, può a
grandi linee essere definito come un filosofo facente parte della reazione al Positivismo. Ciò si manifesta in
parte con un’esaltazione dell’arte, ripresa in parte anche dai testi di Schopenhauer.
Egli rifiutò la cieca fiducia nella scienza e la sua esaltazione, sottolineando come l’esistenza non sia tutta
matematizzabile.

In generale la sua filosofia può essere suddivisa in: Filosofia del mattino, Filosofia del pomeriggio e Filosofia
del tramonto.

Gli studi di filologia classica permisero a Nietzsche di costruirsi una conoscenza approfondita del mondo e
della tradizione greca. Egli comprese che “il mondo greco” era fondamentalmente composto da due aspetti
fondamentali: un aspetto “Apollineo”, razionale, armonico, basato sulla misura e sulla proporzione, ed un
aspetto “dionisiaco”, legato all’ebbrezza, alla passione e all’irrazionalità. Questi due aspetti erano tenuti
insieme e armonizzati dalle tragedie classiche, almeno fino alla sopraggiunta di Euripide, il cui approccio
consistette in un’esaltazione dell’aspetto razionale, relegando conseguentemente in secondo piano
l’aspetto emotivo, sentimentale. Stesso approccio che venne poi fatto proprio da Socrate, il quale esaltò in
ogni modo l’aspetto intellettivo, la conoscenza, trascurando totalmente il lato dionisiaco. Secondo
Nietzsche questo è il fondamentale problema dell’Occidente, il motivo che si cela dietro alla profonda crisi
e alla decadenza della cultura occidentale. Partendo da Socrate, dai Sofisti e conseguentemente passando
per la filosofia di Platone e di Aristotele, il mondo occidentale ha costruito un modello fondato unicamente
sulla razionalità, sull’equilibrio e sul controllo delle passioni, perdendo l’aspetto orfo-dionisiaco e non
avendo più un rapporto equilibrato con la vita. Esaltando la visione del mondo fondata sulla ragione, si è
conseguentemente esaltata anche la repressione del piacere, degli istinti, della naturale vitalità.

Socrate è quindi il responsabile della rottura dell’equilibrio tra apollineo e dionisiaco nella tragedia greca,
colui che inaugurò una filosofia di repressione degli istinti vitali, in favore di una morale dell’autocontrollo e
di un morale di rinuncia. Una rinuncia alla naturalità e alla affermazione di sé in favore di una morale da noi
stessi costruita.

Tra 1873 e 1876 Nietzsche pubblicò le quattro “Concezioni Inattuali”, opera con cui il filosofo si pose in
netto contrasto con la cultura e le idee prevalenti dell’epoca in cui viveva, le cui argomentazioni vennero da
Nietzsche stesso definite “bellicose”. La prima delle quattro, rivolta contro un esponente della Sinistra
Hegeliana, David Strauss, si pone come invettiva contro la cultura tedesca in generale. Nelle ultime due
invece, Nietzsche esalta le figure di Schopenhauer e Wagner, massimi sovrani del disprezzo della
contemporaneità.

La più importante delle quattro considerazioni riguarda invece la storia e si intitola “Sull’utilità e il danno
della storia per la vita”. Nietzsche denuncia un eccesso di storicismo. In particolare, egli descrive tre
differenti tipologia di storiografia:

1) Critica: la filosofia critica può risultare utile, in quanto permette, attraverso un’osservazione critica,
di riconoscere gli errori, ma non può che essere dannosa se non si comprendono i legami che
intercorrono tra il passato “osservato” e il presente

2) Antiquaria: l’amore per il passato, la conservazione delle tradizioni, il ricordo delle proprie radici.
Tutto però può degenerare in una venerazione del passato e in un atteggiamento dannosamente
conservativo

3) Monumentale: essa consiste nell’esaltazione delle grandi imprese del passato, degli eroi, fornendo
di fatto dei modelli agli uomini del presente, degli esempi di grandezza. Tutto ciò però può favorire
ancora una volta una mitizzazione del passato, e può inoltre portare a disprezzare il presente o a
paralizzare gli uomini del presente, incapaci di sentirsi all’altezza degli eroi venerati.
La storia è quindi dannosa, paralizzante. L’uomo, a causa anche delle teorie Hegeliane, si sente ormai come
uno spettatore del processo storico, visto come un inevitabile susseguirsi di eventi razionali impossibili da
evitare o da modificare. Si preclude ogni azione umana, e si ha un’esaltazione della realtà così com’è. Allo
storicismo hegeliano, Nietzsche risponde dicendo che la vita ha bisogno di un totale oblio del passato per
potersi proiettare in avanti verso il futuro.

Nelle opere del periodo più illuministico di Nietzsche, “Umano Troppo Umano”, “La Gaia Scienza”,
“Genealogia della morale”, il filosofo ripercorse l’origine e la storia dei valori morali umani per individuarne,
la solo apparente, sacralità e il carattere “umano, troppo umano”. In esse Nietzsche sottopose le certezze
dell’Occidente alla cosiddetta “scuola del sospetto”, arrivando ad una drastica demistificazione della morale
e una sua destrutturazione. Nietzsche ricostruisce la genealogia della morale, affermando che questa ha
assunto valore storicamente, è un prodotto umano. È una morale fondata però sul socratismo, sulla
repressione della vita. È dunque necessario recuperare l’impulso vitale, conciliandolo in modo equilibrato
con la razionalità. Da qui ha inizio la filosofia del mattino, il nuovo inizio della morale. Colui che riesce a
lasciarsi alle spalle i vecchi valori della tradizione è uno spirito libero, che guarda il mondo con occhi nuovi e
che si muove come un viandante, senza meta, con un mondo da esplorare e da vivere. La filosofia del
mattino segna il crollo delle certezze storiche, della morale, di ogni criterio di oggettività.

LA MORTE DI DIO (La gaia scienza)

Nietzsche metto in dubbio quindi l’esistenza di un qualsiasi fondamento della morale stessa, così come
della scienza, e lo fa alla perfezione, in modo molto metaforico, con il racconto di nuovo che va alla ricerca
di Dio con la propria lanterna e che viene deriso da chiunque lo osservi. La morte di Dio non assume un
senso orientato puramente verso l’ateismo, ma diviene l’emblema della fine di ogni fondamento morale.
Dio è infatti la personificazione di ogni metafisica, di ogni certezza che ha costituito in passato la morale, il
punto di riferimento per definire ciò che è bene e ciò che è male. LA sua morte non può che segnare una
perdita di ogni punto di riferimento e di tutti i valori. Ma se Dio è morto, bisogna operare una
“trasvalutazione dei valori”, eliminando i valori tradizionali della morale. Sono gli uomini stessi che devono
divenire misura di tutte le cose, devono “diventare dei”, fondando su se stessi un nuovo senso morale,
senza porsi valori assoluti.

L’uomo che nega ogni senso tradizionale del mondo e che si orienta verso un nichilismo di tipo attivo,
accettando di compiere una trasvalutazione dei valori, costruendosi i propri valori, è un “superuomo”, un
“ubermensch”.

Così parlò Zarathustra (filosofia del mezzogiorno) 1883/1885

È l’opera più famosa di Nietzsche, ed è un trattato di filosofia e morale costruito con forma fortemente
metaforica e poetica attraverso parabole e discorsi. Attraverso la figura di Zarathustra, filosofo persiano
fondatore della religione Zoroastrismo, vissuto nel VII secolo a.C. Tema centrale dell’opera è la nascita
dell’Oltreuomo conseguente alla morte di Dio, dell’uomo capace di fare un senso alla vita e di formare
nuovi valori strettamente legati agli istinti vitali e non più del tutto trascendenti. La figura del Superuomo è
stata erroneamente interpretata nella Germania nazista, anche grazie agli interventi e alle correzioni della
sorella del filosofo, come l’uomo ariano, superiore, dotato di capacità superiori e pertanto avente il diritto
di sottomettere i più deboli. Il termine oltre uomo vuole descrivere il superamento della condizione in cui
l’uomo riceve dall’esterno il proprio destino in modo passivo, dovendo necessariamente conformarsi a
delle norme prestabilite. Il superuomo, o oltreuomo, è quindi l’uomo che diviene creatore di valori. Per
poter andare oltre sé stesso e divenire oltre uomo, l’individuo deve abbandonare le proprie certezze, anche
se non è ancora in grado di costruirsene di nuove.

La metamorfosi da uomo a superuomo viene rappresentata metaforicamente da Nietzsche con 3 stadi


fondamentali: il cammello, il leone ed il fanciullo. Il cammello rappresenta l’uomo sottomesso al peso della
tradizione e delle metafisiche precedenti, conformandosi passivamente alla tradizione. Il leone è
l’immagine per eccellenza della lotta, colui che dice il sacro no e che sceglie di liberarsi delle metafisiche
precedenti e di rompere con la morale tradizionale. Il fanciullo infine non è altro che l’uomo nuovo, il super
uomo che non risponde più ad alcun “tu devi”, a nessun dovere morale preimposto, ma che abbandona
dietro di sé il passato costruendo i suoi nuovi valori, divenendo unica misura del suo mondo. L’uomo deve
essere quindi un passaggio un tramonto. Deve trovare il coraggio di negarsi come uomo della morale,
formato dalla tradizione cristiana e di Socrate e trasformarsi. L’uomo che non trova il coraggio di far ciò,
dopo la morte di Dio, non può sopravvivere. Egli accetta una vita determinata dagli altri, rinunciando alla
propria libertà e alla propria vitalità. Solo un netto gesto di rottura con il passato può liberarci e farci
rinascere (storia pastore, serpente, Zaratustra).

L’eterno ritorno

Affinché possa avvenire questo passaggio da uomo ad oltreuomo è necessario che l’individuo non neghi
solo i vecchi valori, ma neghi sé stesso e diventi un uomo nuovo. Egli deve stravolgere il suo atteggiamento
verso la vita, la quale non deve più essere vista come una successione di eventi, momenti e azioni aventi
senso solo nel loro insieme. Ogni attimo, ogni istante deve invece assumere un valore ed un senso.
Nietzsche affermava infatti che ogni evento della nostra esistenza sia destinato a tornare infinite volte, per
l’eternità. Ciò pone l’uomo davanti alla necessità di porre grande attenzione ad ogni momento della sua
vita. Ogni suo gesto è destinato a ripetersi infinite volte. Ogni uomo si pone quindi all’inizio di questo
processo e deve vivere in modo di dare significato ad ogni istante della sua esistenza, affinché egli possa
accettare con gioia l’idea che tutto si ripresenterà uguale a sé stesso per l’eternità. Chi invece vive per
morale, o per il paradiso nell’ottica religiosa, vive per il futuro, utilizza i singoli momenti ed i singoli istanti
solo come un mezzo per arrivare ad un obiettivo finale proiettato nel futuro. Ciò comporta chiaramente,
che rivivere per l’eternità ogni istante della propria vita non può che essere percepito con una certa
angoscia.

Colui il quale riesce ad accettare la vita in ogni suo istante e a ripeterla per l’eternità è un superuomo.
Sentendo ogni propria azione come eterna e vivendo conseguentemente a ciò, dando ad ogni istante il
proprio significato, è la condizione che fa nascere il superuomo. La morale non potrebbe sostenere l’idea di
dare peso e significato, continuamente, ad ogni istante della vita, quanto questa si pome sempre e solo
come un fine da raggiungere.

Il nichilismo attivo: La negazione di qualsiasi valore del mondo in sé conduce ad un nichilismo attivo, in
quanto consente di considerare sé stessi come fondamento di ogni valore: il mondo non ha senso, ed è il
singolo individuo, il superuomo che glielo deve dare. Il nichilismo diventa un “sacro dire sì alla vita”, una
volontà di potenza.

La base di questo nichilismo attivo è sicuramente la trasvalutazione di tutti i valori.

Nietzsche non propone nuovi valori, ma propone un nuovo modo di concepire questi valori; egli non solo
nega la morale cristiana e socratica, ma abbatte il concetto di morale stesso.
Nietzsche individua due tipi di morale fondamentali, presenti in ogni epoca, in ogni civiltà ed in ogni uomo:
la morale dei signori e la morale degli schiavi. I primi sono di “specie nobile” e vivono nella pienezza, nella
potenza, mentre i secondi sono gli oppressi, i sofferenti, che vivono nell’insicurezza e nella rassegnazione.
La morale di quest’ultimi non può che essere una morale di passività, di rinuncia, mentre nella prima
predomina la gioia, la forza. La morale degli schiavi obbedisce a norme date dall’esterno, la morale dei
signori crea valori e pone l’individuo stesso al centro della morale. Nella “Genealogia della morale”, in cui
Nietzsche ricostruisce l’origine della morale, vengono criticati i concetti di bene e male, e la legittimità
stessa di questi concetti. L’opera si muove alla ricerca della genesi dei valori moderni con il solo fine di
destrutturarli. Con questa ricostruzione della morale, Nietzsche ha voluto spiegare l’origine delle nozioni di
“buono” e “malvagio” partendo dalla morale dei signori e degli schiavi. Per i primi “buono” è
semplicemente vitalità, potenza, mentre con “cattivo” si identifica la debolezza e soprattutto la rinuncia. Gli
schiavi invece, in maniera opposta, identificano come “buone” l’umiltà, la sottomissione, indicando le azioni
legate a valori vitali e positivi come “cattive”. Secondo Nietzsche, la filosofia socratica e quella cristiana,
hanno fatto sì che a dominare fosse la morale degli schiavi, la cui debolezza ha fatto sì che venissero
repressi tutti gli istinti vitali in ogni uomo. Questo segna l’affermazione della cosiddetta “morale del
risentimento”; la morale ha origine quindi dalla repressione di ogni vitalità. Affinché si possa superare tutto
ciò è per Nietzsche necessario recuperare gli istinti vitali repressi.

Nella morale dei signori, il mondo non ha più alcun valore ed è l’uomo che deve conferirglielo, costruendo
una nuova morale fondata sull’uomo.

La volontà di potenza

La volontà di potenza è l’espressione dell’oltreuomo. La formulazione della tesi della volontà di potenza è
solamente parziale. Nietzsche scrisse solo alcuni frammenti dell’opera che però non concluse mai,
frammenti che vennero pubblicati postumi nel 1906 dalla sorella Elisabeth, la quale modificò
significativamente il significato complessivo dell’opera e orientandosi verso interpretazioni di matrice
nazista.

Il concetto di volontà di potenza non è ben specificato e risente anche dell’evoluzionismo Darwiniano. Essa,
infatti, è una forza naturale presente in tutti gli esseri viventi, è un istintivo e irrazionale impulso volto ad
imporre il proprio essere. Tuttavia, la volontà di potenza non si limita solo a ciò, ma essa si sostituisce
totalmente alla morale, un’ingannevole costruzione umana. Il comportamento di qualsiasi essere può
essere spiegato con la volontà di potenza, con la volontà di affermazione di sé stesso. Una pulsione che
viene soffocata nell’uomo, poiché si scontra con le regole della morale. Queste regole identificano i naturali
impulsi della volontà di potenza come disvalori. La vitalità, la forza e gli istinti vengono condannati, mentre
tutto ciò che è contrario alla volontà di potenza, umiltà, sottomissione, sofferenza, viene trasformato in un
valore. Attraverso la trasvalutazione si devono invertire tali valori, riaffermando la volontà di potenza
contro la morale. La volontà di potenza è recupero degli istinti vitali; l’uomo non agisce per realizzare fini,
ma per accrescere il proprio essere, rifiutandosi di accettare un senso del mondo impostogli dall’esterno.

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