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ioi COSE
ALBERTO CALLIGARIS
DA FARE A LETTO
ALMENO UNA VOLTA NELLA VITA
Illustrazioni di Luisa Montalto
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1. APPUNTAMENTO AL BUIO
Dopo un paio di settimane di chat e di e-mail vi siete decisi a darvi un appun-
tamento al buio. Lo fate perché lei ha concluso che siete due anime gemelle. Te
l’ha scritto la sera prima di incontrarvi, ed era troppo tardi per cancellare tutto
quanto. Tu non sei molto convinto anche perché lei sostiene questa tesi sulla ba-
se del testo di una canzone di Eros Ramazzotti, Stella gemella, e in particolar
modo del ritornello: «Dove sarai anima mia, senza di te mi butto via».
Passaggio questo che non ti ha mai convinto particolarmente, la rima ti è
sempre sembrata deboluccia e poi quando si parla di sentimenti preferisci di
gran lunga qualcosa del tipo Come to daddy, degli Aphex Twin.
I want your soul
I will eat your soul
Scordatelo
Puoi toccare
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Come to daddy
Come to daddy
Come to mummy
Ti siedi di fronte a lei al tavolino del bar e te ne vuoi già andare. Sarebbe trop-
po lungo spiegarle che la ripetizione ossessiva demoniaca è quello che preferisci
quando si parla di ectoplasma. Voglio dire anima. Poi è successo che quando vi
siete stretti la mano avete preso la scossa insieme. Lei ha detto che era la scintil-
la di due esseri speciali, tu sai che si è talmente pettinata i capelli da fulminare
chiunque con le cariche elettrostatiche della sua acconciatura. Non puoi spez-
zarle il cuore. Devi essere vigliacco e scomparire. A questo servono i piani B.
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Toilette
La toilette offre vantaggi innumerevoli.
1. Scappare dalle finestre. Di solito il retro dei locali ha un vicolo che porta
davanti al locale stesso. Abbi solo l’accortezza di non passare davanti alle ve-
trine altrimenti fai una colossale figura di merda.
2. Se le finestre sono troppo piccole puoi scappare dalle condutture del-
l’aria. Le grate delle condutture dell’aria si sfondano facilmente con un paio
di calci. Dopo di che afferra e strattona via tutto. Le condutture dell’aria nor-
malmente portano all’esterno del locale, sopra i cassonetti dell’immondizia.
Prima di infilarti dentro guardati attorno per orientarti verso l’esterno. Se non
lo fai potresti perderti nel labirinto delle condutture per poi calarti in mezzo
alla sala del ristorante pensando di trovarti nel magazzino. Anche qui c’è il ri-
schio di una figura di merda colossale.
infilati due rotolini di carta igienica nel naso spingi su forte e spettinati. Infila
anche della carta igienica sotto la lingua, ti aiuterà ad avere la voce impastata.
Dopo di che esci barcollando e dille che sei stato assalito. Se sei riuscito a far-
ti abbastanza male e chiamano l’autoambulanza è meglio, te la togli dalle pal-
le all’istante. Se non ti sei fatto abbastanza male e lei ti propone di accompa-
gnarti in ospedale, rischi di stare attaccato a lei per tre ore aspettando il tuo
turno. Non farlo. Tu dille devo solo andare a casa e stendermi. Insisti. Dille
che le telefonerai appena possibile.
Se non riesci proprio a scrollartela di dosso e ti accompagna al pronto soc-
corso la prima cosa che devi fare, una volta arrivati, è analizzare la situazione
e scegliere vicino a chi sedersi.
Cerca il classico bambino con una benda sull’occhio che ti fa il “dito” men-
tre sua madre parla con l’infermiera, e siediti di fronte.
Manda la tua tipa a comprarti un caffè alle macchinette. Appena lei se ne
va, dai al bambino dieci euro perché le dica, quando torna, che è venuto im-
provvisamente il tuo turno e sei entrato in ambulatorio. Vattene usando i
sotterranei.
Questo ti darà un paio d’ore più che sufficienti per cambiare la scheda del
cellulare e altre amenità interattive.
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1. Niente panico
Se lei ti chiede se ti piace Coelho vuol dire che a lei piace Coelho. Nessuno
dice: «Ti piace una ginocchiata nei coglioni?», pensando l’opposto. Meglio
che tu dica di sì e prenda tempo. Se tu non hai idea di chi sia Coelho non hai
commesso nessun peccato culturale anzi, se non sai nulla sei ancora nel para-
diso terrestre della letteratura.
3.
Se non dovessi seguire il mio consiglio, e fare di testa tua, l’altra possibilità
di dialogo è la seguente:
«Ti piace Coelho?»
«Eh?»
«Coelho».
«Non ho assolutamente idea di chi sia».
«Quello che ha scritto L’alchimista».
«Ah quella cazzata pseudomagica per cui la cultura occidentale è troppo
difficile, torniamo indietro e facciamo un po’ di sana stregoneria?»
(silenzio)
«Non è così, dice lei».
(silenzio)
«Non è affatto così, continua».
(silenzio)
(tu capisci che lei ha capito che è così davvero)
«Tu non capisci un cazzo», sussurra lei tra i denti.
(tu capisci che lei ha capito che hai centrato il bersaglio in pieno)
(silenzio)
«TU LA MIA FICA TE LA SCORDI!!!».
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Il gioco del calcio (detto anche giuoco quando le regole cominciano a farsi
complicate) è quella “roba” che fanno vedere alla tv dove c’è un gruppo di
maschi che si rincorrono nonostante la palla. Ci sono solo maschi. Maschi che
giocano, maschi che guardano, maschi che arbitrano. Una volta decine di mi-
gliaia di uomini tutti insieme, a tutto campo, facevano due eserciti; adesso ne
vengono scelti undici per parte e vince chi riesce a tirare più volte la palla den-
tro a una porta. Mi sono sempre chiesto che tipo di porta fosse nell’antichità,
probabilmente di un garage.
Nell’antichità era diverso, una volta si combatteva per una principessa, tipo
Elena di Troia, che se ci pensi, il derby comincerebbe ad avere un differente
impatto culturale se si prendesse a calci in culo la principessa di turno fino a
quando una delle due squadre non la sbatte in rete.
Ma per passare dalla fantasia alla teoria un giocatore si dice “in posizione
di fuorigioco” quando, al momento in cui un compagno gioca il pallone, il
tuo uomo urla in faccia al televisore talmente forte che gli vedi uscire le vene
dal collo.
Di solito il tuo uomo urla: «VAFFANCULO ARBITRO DI MERDA NON CAPISCI UN
CAZZO» a un tizio a bordo campo riga in parte con una bandierina in mano. Il
classico tizio ultima scelta tra due squadre sfiga siamo dispari fai il guardialinee.
All’inizio della storia con il tuo uomo eri sbalordita dalla violenza che gli
esplodeva dentro a ogni partita. L’intervallo lo passavate a litigare per il fatto
che lo credevi diverso, maturo, non un bambinone (si incazzava tantissimo
quando lo chiamavi bambinone) e che doveva andarsene da uno psichiatra.
Lui si incazzava, sbatteva un paio di porte, andava a fumarsi una sigaretta e
quando tornava sosteneva con una certa ragione che non ti eri mai interessa-
ta alle cose che a lui interessavano veramente, vedi nemmeno sai di cosa sto
parlando. Nell’ordine: 1) montare nell’auto una doppia marmitta cromata; 2)
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costruire il più grande subwoofer a doppia tromba del mondo; 3) arrostire al-
la griglia carne di cinghiale marinata 24 ore nella maionese.
«Cosa cazzo c’entra questo col fuorigioco?»
«C’entra ok? In qualche modo c’entra!».
E poi, come d’incanto, arrivò la stagione 2004/2005, e accadde qualcosa di
strano. Vennero cambiate le regole del fuorigioco. Adottarono una regola mi-
steriosa e straordinaria che lasciò tutti col fiato sospeso. La regola stabiliva che
per considerare un giocatore in fuorigioco doveva passare una luce tra lui e il
penultimo avversario.
Una luce.
Il tuo uomo smise improvvisamente di urlare.
La domenica sera la moviola andava avanti e indietro alla ricerca di questa
luce, come se ciò che il guardialinee aveva visto “in fede” avesse ora bisogno
di una dimostrazione scientifica. Milioni di italiani attenti in punta di divano
a cogliere quel millisecondo di luce. Tutto diventava perfetto, speciale, neces-
sario. Il calcio stava scivolando verso una tensione trascendente. Non era più
questione di falli, ostruzioni, rigori, bisognava solo vedere quella luce. Quel-
l’eclissi tra i corpi.
Durò una stagione.
Fuorigioco
Nutella
Tette
Ragnarok
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Quelli che inventano le regole del calcio si accorsero che il fuorigioco stava di-
ventando puramente romantico. Quando gli ultras si incontravano al bar per de-
cidere cosa scrivere sul prossimo striscione sembrava discutessero di arte sacra.
Vennero al più presto cambiate le regole e il fuorigioco tornò immanente,
tecnico, chirurgico.
Il tuo uomo tornò a urlare.
Tu tornasti a fare l’amore, come sempre, tutto il primo tempo e tutto il se-
condo tempo. E litigare negli intervalli.
Cazzo, non c’è nulla che fa godere di più del fuorigioco passivo.
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Colpa tua
Colpa sua
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Possibile origine bizantina. Alcune fonti sostengono che Andronico I Comneno, che regnò sul tro-
no di Costantinopoli dal 1183 al 1185, fosse solito sedurre le mogli altrui imprigionando i rispettivi
mariti e facendo appendere sui loro palazzi teste di cervi e di animali cornuti da lui uccisi nelle cacce.
Nacque allora l’espressione greca «cherata poiein» (fare le corna) per indicare l’offesa coniugale
subita dai mariti.
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2. Torna a lavare l’auto il sabato mattina, dopo che per anni, ogni volta che apri-
va la portiera un mucchio di immondizia di fast food rotolava fuori sull’asfalto.
3. Perde il telefonino.
Ne compra un altro con un nuovo numero a cui, non lo sai, telefoni solo tu.
Tutti i suoi amici e le sue amanti continuano a usare il vecchio numero. È mol-
to più semplice.
Nel complesso il fatto che abbia l’amante porta il tuo uomo a essere una
persona migliore, è genuinamente gentile nei tuoi confronti perché tu non sei
più l’ostacolo alla realizzazione della sua persona. Resta il fatto che ti mette la
corna. Prendi tempo. C’è un mucchio di cose che puoi fare e un mucchio di
soldi da estorcergli, solo se ci rifletti un attimo in più.
Guardale il collo
I maschi hanno il pomo d’Adamo. Se non ha il pomo d’Adamo sei sicuro al
95% che puoi limonarla nell’ultima fila del cinema.
Controlla il mento
Se le sollevi il mento per dirle «ehi baby non piangere» e senti che si è rasa-
ta per te non significa che non sia maschio, nemmeno se dovesse portare il piz-
zetto come D’Artagnan. Anche questo è un falso indizio.
Ci sono donne con squilibri ormonali, donne squilibrate e basta e soprattut-
to donne che si divertono a farsi baciare con i baffi finti addosso. O le ho co-
nosciute solo io?
Varie ed eventuali
La donna spegne il fiammifero sof-
fiandoci sopra, l’uomo agitandolo in
aria.
La donna si guarda le dita delle ma-
ni volgendo il palmo verso di sé e pie-
gando le dita, l’uomo aprendo la mano
a dorso e tenendo le dita diritte.
La donna si guarda il tacco della
scarpa da dietro la spalla alzando la
gamba all’indietro, l’uomo piegando la
gamba e appoggiando il tacco sull’altro
ginocchio.
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Chiaro, tu hai eseguito tutti questi test e poi alla fine il “tuo appuntamento”
si rivela del tuo stesso sesso. Che un po’ forse anche speravi andasse così, am-
mettilo. Altrimenti ti cercavi una bionda spalle strette e tette grosse oppure un
maschio spalle larghe, mani grandi, catena d’oro affondata sul pelo del petto.
Invece tu per paura di sbagliare hai scelto qualcuno di ibrido per non sceglie-
re l’opposto che non conosci. Ok, lui è un maschietto e tu sei un maschietto. Ma
è davvero così importante il sesso dell’altro? Senza scomodare chissà quali intel-
lettuali e i loro sofismi perfetti, la natura non ha forse più fantasia dell’uomo?
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to tutti quanti sul sedile dietro. Di nuovo verso casa di nuovo sotto la pioggia,
si è pure fermata in doppia fila a prendere un mazzo di fiori per la vicina che
è stata a versare sugo sul tuo tacchino tutto il tempo perché lo vuoi morbido
dentro, glassato e croccante fuori altrimenti non lo mangi perché l’anno pri-
ma sei andato al pronto soccorso per un pezzo di tacchino troppo secco. e tut-
to questo è accaduto nel suo battito di ciglia quando le hai detto: «TI VA, UNA
SERA DI QUESTE, DI ANDARE A VEDERE UN FILM INSIEME?».
Tette Finte6
La regola generale è che lei ha le tette finte quando sono esattamente come
se le avessi disegnate tu.
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Diverse persone mi hanno scritto chiedendo: «Le tette finte sono arte o artigianato?».
Vediamo di analizzare questo problema in dettaglio.
(Da Wikipedia): «L’artigianato è un’attività lavorativa in cui i dispositivi utili e decorativi sono fat-
ti completamente a mano o per mezzo soltanto di semplici attrezzi: gli articoli prodotti tramite
fabbricazione in serie o da macchine non sono artigianato».
Da questo primo punto si evince subito che la tetta siliconata ha una sua necessità decorativa, è
stata fatta a mano e con un semplice attrezzo come il bisturi. Quindi artigianato. Ma andiamo
avanti.
«Il termine è applicato solitamente alle metodologie tradizionali di produrre le merci: gli articoli
così prodotti hanno spesso importanza culturale e/o religiosa».
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a. Se tu hai il sospetto che lei abbia le tette finte chiedile senza imbarazzo se glie-
le puoi palpare. Se lei ha le tette finte ti dirà subito di sì (se ti tira un calcio nei co-
glioni OK, ti occorre più pratica nel capire come sono fatte le tette siliconate).
b. Se lei ha 60 anni e le tette a obelisco come una ventenne beh, quello può
essere un indizio.
ATTENZIONE: c’è una importante eccezione al punto b, ed è il rimedio della
nonna quando la tetta siliconata ancora non esisteva. Quando a 60 anni le tet-
te arrivavano oltre all’ombelico le nonne si arrotolavano le tette dentro il reg-
giseno. Dopo di che si infilavano in un vestito a fiori e andavano a ballare la
rumba (mai fidarsi dei rimedi della nonna, in genere).
c. Lei non ha le tette siliconate se il suo decollété non fa una grinza. Altri-
menti come tutte le storie che cominciano a fare grinze significa che c’è un la-
voro di rammendo.
d. La certezza o meno delle tette siliconate la si ha solo esaminando le pos-
sibili cicatrici. Essendo la cosa non proprio educata da chiedere, dovresti pri-
ma farla svenire e poi accertarti del tipo di tette.
La tetta siliconata è una merce di scambio? Sì, chiaramente sì. Possiede un’importanza culturale?
Tutto quello che modifica una civiltà ha una valenza culturale, per cui sì.
«Solitamente ciò che distingue il termine di artigianato da quello di arte è un aspetto dell’intenzio-
ne: l’artigianato produce oggetti d’uso, che hanno cioè uno scopo oltre la semplice decorazione».
La tetta siliconata possiede uno scopo oltre la semplice decorazione? Assolutamente. La tetta si-
liconata garantisce la stabilità e la sicurezza psicologica della portatrice, senza nemmeno conside-
rare che l’investimento economico per tale realizzazione, ha lo scopo non solo di ripagare il mu-
tuo sulle tette ma di offrire una serie di prestazioni in cui le tette diventano appunto una fruttuo-
sa merce di scambio.
«L’artigianato generalmente è considerato un lavoro tradizionale, generato come parte necessaria
di vita quotidiana, mentre le arti implicano il perfezionamento di una tecnica creativa».
La tetta siliconata è parte necessaria della vita quotidiana? Anzi, la tetta siliconata è parte neces-
saria della vita quotidiana. Non occorre nemmeno fare la domanda.
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nea col pugno dietro a proteggere il mento. Il piede davanti in linea col pugno
davanti. Ricorda che il pugno parte sempre dalle gambe. Spingi ruotando l’an-
ca. La torsione del busto porta la leva del braccio a chiudere sul mento della
eventuale siliconata.
2. Portarla a Firenze.
La sindrome di Stendhal, detta anche sindrome di Firenze, è il nome di una
presunta che provoca , capogiro, , e anche in soggetti messi al cospetto di
opere d’arte di straordinaria bellezza, specialmente se sono compresse in spa-
zi limitati.
Parrucca
La cosa migliore per capire se ha una parrucca o meno è cominciare a gira-
re col dito dentro il suo orecchio. Dopo di che passi a giocare con una ciocca
dei suoi capelli facendo dei piccoli cerchi con il dito. Se lui non vuole farsi toc-
care o si innervosisce è molto probabile che abbia un parrucchino o che sia in-
dice di stress.
«No».
«Sì».
«No».
«Una protesi è un dispositivo artificiale atto a sostituire una parte del corpo
mancante o a integrarne una danneggiata».
«Hai ragione, sono una protesi! Cazzo, che sfigato che sono!».
«Scusa?»
«Ah no, non intendevo te…».
«Non intendevi me? Tu sei uno sfigato, come uno senza fica. Sai perché?
PERCHÉ TU LA MIA FICA TE LA SCORDI!».
le tende, per passare al tappeto del bagno, alla moquette e verificare quanto
riesce ad aspirare.
d. Regolare la manopola della velocità dell’aspirapolvere in base alla media
dei percorsi aspirati.
e. Inserire la presa e usare l’aspirapolvere su di sé rispettando così la capa-
cità di suzione del proprio partner7.
2) Cosa succede se incontro una extraterrestre con poteri di aspirazioni su-
periori a quelli umani?
Essendo tutto metafora di tutto, e il mondo in cui viviamo è una metafora
di qualcos’altro che non possiamo comprendere, se sono stati inventati gli
aspirapolvere è molto probabile che una astronave di alieni aspirapolvere (tre
principesse bellissime e guerriere stile Xena) scenda sulla Terra, e le tre stron-
ze comincino a uccidere tutta la popolazione maschile di una piccola cittadi-
na americana aspirando sulla funzione “arazzo”.
Rendendosi conto che i maschi sono qualche miliardo, e ci metterebbero
troppo tempo per conquistare il pianeta, decidono di attivare gli aspirapolve-
re di ogni casa del pianeta in modo che con la loro proboscide vadano a fru-
gare sotto le coperte dei maschi addormentati e aspirino a morte.
Chiaramente l’invasione degli aspirapolvere è ormai fuori controllo vengono
bruciate montagne di aspirapolvere ma ne spuntano a centinaia, in continuazione,
soprattutto quelli delle discariche che rispuntano dall’immondizia come zombie.
Un giorno il generale dell’esercito americano viene a sapere che un giovane tep-
pista, attaccato da un aspirapolvere, è riuscito a farlo “circuitare”. Si viene a sape-
re che il teppista è il classico figlio di puttana a cui gli tira il cazzo di continuo. Ven-
gono scarcerati maniaci sessuali in massa e mandati a combattere contro l’eserci-
to degli aspirapolvere, mentre il giovane teppista salta in moto per andare a com-
battere le tre principesse guerriere che lo aspettano sulla linea del tramonto.8
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Hubert Cecil Booth, l’inventore dei moderni aspirapolvere, ebbe di fatto l’idea appoggiando un
fazzoletto su una sedia di ristorante, per poi succhiare con la bocca più roba possibile. Quando
si rese conto di quanta roba aveva raccolto nel fazzoletto pensò “merda, funziona davvero!”.
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Finale questo che serve a filmare il sequel. C’è il mio copyright chiaramente su L’invasione degli
aspirapolvere volanti.
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