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il quadro di riferimento

•Salute, benessere, qualità di


vita
•Dall’educazione sanitaria
all’educazione alla salute
•Verso una pedagogia del
benessere 2
vita
Nel 1948 l’Organizzazione Mondiale della Sanità
propone un nuovo concetto di salute come

“stato di completo benessere fisico, mentale e


sociale” che supera lo stereotipo tradizionale di
salute intesa esclusivamente come assenza di
malattia.

3
L’aspetto sociale della salute diventa,
quindi, assai rilevante avendo la vita
relazionale una valenza assai
significativa per il benessere
complessivo della persona.

4
qualsiasi programma di cura o d’intervento
di salvaguardia della salute deve

prevedere un’attenzione peculiare


alla persona nella sua interezza e ai contesti
socio-relazionali e ambientali
in cui si sviluppa la sua esperienza di vita.

5
Ciò impone di pensare alla persona, e
perciò alla salute stessa,
in senso olistico

essendo lo stato di benessere determinato da un


articolato intreccio di fattori che
impongono, indispensabilmente, una
presa in carico complessiva del soggetto.

6
lo star bene, non dipende esclusivamente dal corretto
funzionamento di un organo o di un apparato ma
dalla correlazione di tutti i sistemi che identificano
l’uomo

pertanto
la gestione di un problema di salute va,
quindi, affrontata in un ottica globale
prendendo in considerazione le diverse
variabili interagenti.
7
concetto ecosistemico di salute

fondato sull’idea che la salute è frutto


dell’equilibrio tra molteplici dimensioni (quella
fisica, psichica, sociale, ambientale, etc.) che
interagiscono tra loro in maniera complessa.

Per questa ragione possiamo parlare di


benessere come uno stato complesso
perché variamente definibile.
8
 Multicomponenziale

 Multidirezionale

 Multidimensionale

9
Multicomponenziale

in quanto presenta componenti sia fisiche che


psichiche (sociali, emozionali, psicologiche, ecc.).

e, pertanto, fa riferimento sia alla valutazione

•biologico-obiettivista delle condizioni fisiche


dell’individuo

•siaalla percezione soggettivo-emozionale


dello stato di salute del soggetto.
10
11
infine, perché la percezione del benessere si
trasforma sia

•sincronicamente, in
concomitanza ad un episodio
particolare in un momento determinato della vita di
individuo, sia

•diacronicamente seil processo di tensione al benessere


lo si riconduce ad una fase o un intervallo di tempo
più lungo della vita di un soggetto.
12
Nell’ottica di una rivisitazione del concetto di
salute si tende oggi a ripensare criticamente
anche la tradizionale espressione educazione
sanitaria

Per educazione sanitaria generalmente si intende


un processo di comunicazione diretto a fornire le
informazioni necessarie per un esame dei
problemi della salute

teso a responsabilizzare gli individui ed i gruppi in


quelle scelte da cui scaturiscono effetti sulla
salute fisica e psichica dei singoli e della 13

collettività.
Tale definizione fa emergere una assoluta
“medicalizzazione” del concetto di
salute, nella convinzione che abbia senso
parlare di salute solo e quando
quest’ultima è minata da uno stato
patologico.

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Il limite di tale approccio consiste nel
pensare l’intervento esclusivamente in
termini di rimedio, di recupero o di
ripristino di qualcosa che è andato
perso, piuttosto che in termini di
prevenzione e/o di investimento educativo
per il futuro.

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In realtà, più che di educazione sanitaria
sembrerebbe corretto parlare di

educazione alla salute


almeno per quattro ragioni prevalenti.

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1. Il termine “educazione alla salute” scardina la
falsa convinzione che i soli a fare educazione
sanitaria siano gli operatori sanitari, infermieri,
medici, tecnici, ecc.

2. Parlare di “educazione alla salute” significa


sottolineare l'azione educativa come capace di
operare sul singolo e sulla comunità in relazione
ai grandi temi e problemi della salute e
dell'ambiente.
17
3. L’ “educazione alla salute” riesce a valorizzare meglio
non tanto il soggetto che compie l'azione educativa,
ma l'obiettivo di tale azione.

4. L’espressione “educazione alla salute” consente di


pervenire ad un concetto positivo di salute e non più
negativo in quanto pone l’accento sulla rilevanza delle
risorse sociali e personali oltre che sulle capacità
fisiche.

18
il passaggio concettuale dall’

“educazione sanitaria” all’“educazione alla salute”

significa evolvere da una cultura della malattia


ad una cultura della salute.

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E’, dunque, preferibile parlare di educazione alla
salute, in quanto tale espressione, più aperta,
ampia e maggiormente rispettosa delle diverse
competenze istituzionali, implica un atto
educativo inteso come processo di crescente
autoconsapevolezza e partecipazione della
popolazione alla tutela della propria salute.

Questa forma di educazione deve essere intesa


come un'attività permanente e policentrica
della comunità che tende a promuoverne
l'autonoma capacità di tutelare il proprio
ambiente e la propria salute.
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gli obiettivi generali dell'educazione alla salute
nella promozione della:

• capacità dell'individuo di auto-tutelare la


propria salute rispetto ai rischi provenienti
dalle sue stesse abitudini personali;

• capacità dell'individuo di auto-tutelare la


propria salute rispetto ai rischi provenienti
dal suo ambiente di vita e di lavoro;

• capacità del cittadino di ricorrere in modo


pertinente e critico ai servizi tecnico-
istituzionali
• aumentare la capacità dei membri della comunità di
intervenire in modo partecipativo nelle questioni poste
dall'educazione alla salute e non solo di conoscere questa o
quella nozione relativa al corpo, alle malattie o ai farmaci;

• concorrere a quella crescita di potere autotutelativo e


democratico che rappresenta lo scopo generale
dell'educazione alla salute;

• contribuire alla formazione, anche attraverso adeguati


interventi educativi, di comunità e di persone sempre più
capaci di intervenire sulla realtà in difesa del mondo in cui
vivono.
Verso una pedagogia del
benessere e della qualità della vita

Più volte è stato sottolineato come


salute e benessere costituiscano la
risultante dell’integrazione fra
i sistemi biologico, psichico,
socio-culturale e ambientale
il benessere dipende non soltanto dal corretto
funzionamento e dalla efficiente gestione dei
servizi sanitari, ma soprattutto dagli stili di
vita e di lavoro, dal tempo libero, dalla
condizione dell’ambiente e dalla salubrità dei
contesti.

il concetto di benessere ha assunto una connotazione


sempre più psichica, sociale, ambientale; in un
epoca in cui l’aspettativa del benessere è
divenuta più legittima e, proprio per questo,
oggi è possibile analizzare direttamente il
benessere senza passare attraverso il suo
antagonista e cioè il malessere.
Ciò determina una positiva
inversione di tendenza
rispetto ad una considerazione dell’
esistenza come “luogo di benessere” e non
come “assenza di malessere”.

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Il benessere diventa qualcosa di legittimo,
mediante l’esercizio del “diritto a stare bene”; diritto
che può essere tutelato attraverso interventi
politico-istituzionali (leggi in materia sanitaria, di
tutela del lavoro, della famiglia, etc.),
ma anche conquistato quanto più i soggetti vengono
aiutati a ricorrere alle proprie risorse e a fare leva
sulle proprie potenzialità in termini di
empowerment,
nell’autodeterminare il proprio stato di benessere.
La convinzione che

“imparare a star bene”

possa essere insegnato

richiama la possibilità di formare operatori di ambito


psico-socio-sanitario ed assistenziale e comunque i
diversi professionisti che a vario titolo gestiscono
relazioni di cura, sostegno, aiuto, programmi di
prevenzione.
La pedagogia del benessere si regge, quindi, sul
convincimento che sia possibile
“insegnare a stare meglio e a stare bene”

attraverso

AZIONI che indirizzino i soggetti verso la


conquista di maggiori consapevolezze e
capacità di
costruire da se stessi il proprio personale
benessere.
28
L’ottica privilegiata
è naturalmente quella

Educativa

che riguarda
processi di comunicazione e orientamento
di persone, gruppi e comunità
tesi a sviluppare la crescita, l’autonomia e
l’emancipazione .
29
Tale convincimento risulta presente nella
letteratura sul servizio sociale in cui risultano
centrali i concetti quali:

‘Empowerment'

‘Self-help'

fondati sull’idea di dare forza ai soggetti facendo


“lievitare” in loro quelle potenzialità attraverso
le quali facilitare relazioni di mutuo aiuto
improntate a migliorare il benessere e la qualità
della vita. 30
Alla luce di tali considerazioni appare evidente
che:

“insegnare ad imparare a stare bene”


e, di conseguenza,
“imparare ad imparare a stare bene”

consiste nel riuscire ad


innescare un processo in cui lo “star bene” può
coincidere con il “sentirsi bene”. 31
il benessere obiettivo è sempre più la conseguenza
del benessere soggettivo

quando questo risulti costruito attraverso

 una più ampia e corretta informazione,

 l’adesione a più sani stili di vita,

 l’attenzione alla prevenzione di processi patologici


associati a fattori ambientali. 32
La formazione al benessere deve consistere in una
sensibilizzazione di tutti al benessere basata sull’idea che

TUTTI POSSIAMO IMPARARE A STAR MEGLIO

e che salute e benessere non riguardano solo


la quantità dell’investimento di risorse economiche e strutturali
messe in campo dalle istituzioni ma riguardano soprattutto

LA QUALITÀ
dell’impegno dei soggetti nella soddisfazione dei propri bisogni e
desideri.
33
Grazie per l’attenzione
‘PEDAGOGIA E NEUROSCIENZE’

PREFAZIONE

La pedagogia di per sé non può apportare niente di concreto alle scienze nel loro lavoro specifico, anche se
può favorire, oppure ostacolare una certa interpretazione delle conoscenze scientifiche a cui scienziati o il
pubblico si rivolgono. Le scienze, dal canto loro, hanno un impatto sulla pedagogia perché offrono
esperienze, dati su cui si deve riflettere o Invitano ad una migliore formulazione di certi problemi o principi
pedagogici.

I rapporti positivi tra le scienze e la pedagogia, in definitiva, sono da incoraggiare, poiché portano ad un
arricchimento reciproco tra entrambe le fonti della conoscenza.

La neuroscienza non è una scienza puramente biologica né psicologica. Il suo statuto è neuropsicologico in
quanto non studia direttamente i fenomeni psichici, bensì soltanto la loro base neurale. Le neuroscienze
diventano discipline utili, ma a titolo ausiliare, per affrontare questioni pedagogiche. È ovvio che i problemi
pedagogici non si possono risolvere con le neuroscienze, ma le persone coinvolte nelle questioni educative
pensano con il loro cervello. Dal momento che i processi neurali sono parte integrante delle nostre
operazioni psichiche allora le relazioni tra neuroscienze pedagogia andranno viste come complementari.
Tuttavia, tale complementarità sarà relativa al tipo di problema ogni volta affrontato.

Le neuroscienze forniscono informazioni preziose alla pedagogia. A loro volta le neuroscienze da sole non
possono arrivare a norme e valori etici né possono chiarire in modo definitivo che cosa sia la persona
umana, il pensiero, la libertà, l'educazione.

Le neuroscienze apportano descrizioni e spiegazioni parziali di base su aspetti della condotta umana e,
come tale, la pedagogia non può ignorare gli aspetti centrali di questi studi. Dunque, vediamo come quando
si tratta di studiare le relazioni la pedagogia può offrire un contributo di grande valore alle neuroscienze.
Essa, cioè la pedagogia, può svolgere un duplice ruolo: da un lato cercando di rispondere alle domande di
propria pertinenza legate ai processi educativi; dall'altro, porre domande sul comportamento cui le
neuroscienze sono chiamate a dare risposta.

Secondo il neuroscienziato Daniel Siegel, l'educazione lavora in profondità nel cervello e nei neuroni
modificandone la struttura e attivando i geni appropriati. l'attuale rapporto tra neuroscienze e educazione si
colloca, dunque, in un possibile quadro fondativo di una nuova pedagogia scientifica, Intesa come unità
bio-psico-socio-spirituale, pedagogia della quale Maria Montessori (mente assorbente) è stata anticipatrice
antesignana. Importante è accennare il fatto che, a differenza di tutti gli altri organi che aumentano la loro
dotazione di cellule, il cervello si sviluppa attraverso una morte selettiva delle sue cellule, i neuroni, che
avviene a causa delle esperienze che ne scolpiscono la struttura.

Il cervello dei bambini possiede quelle magiche potenzialità che si sono sempre sospettate e che noi ora
possiamo concretamente osservare dall'Interno e che l'educazione della prima infanzia e per questo
decisiva. Dietro ogni gesto del bambino esistono formidabili apparati neuronali. Un cervello che agisce e un
cervello che comprende: vediamo perché agiamo e agiamo perché vediamo. come già sapeva la
Montessori, la mano è l'organo dell'intelligenza, i bambini pensano con le mani. l'intrinseca psichicità del
movimento, che non accetta la separazione tra il sensoriale, il motorio ed il cognitivo, e oggi confermata
dalle neuroscienze. Oggi noi sappiamo che agire è comprendere.

Regni sostiene che per la Montessori lo scopo della lunga infanzia è rendere la mente umana disponibile ad
apprendere il mondo della cultura, il regno dell'artificiale, della super natura e forse, superare
costantemente i livelli di civiltà raggiunti. Maria Montessori definisce questa peculiarità umana con un
termine suggestivo: embrione spirituale. Il neonato intraprende nel periodo postnatale un lavoro formativo.
l'umanità ha due periodi: uno è prenatale, simile a quello degli animali, e l'altro è postnatale, proprio
dell'uomo. In questo modo si interpreta il fenomeno che distingue l'uomo dagli animali: la lunga infanzia
che ha un valore evolutivo decisivo.

Il cervello è forse il congegno è più complesso dell'universo, formato da oltre 100 miliardi di neuroni in
grado di formare milioni di miliardi di connessioni tra loro; sappiamo che il numero di neuroni tende a
diminuire con gli anni, per cui neuro scienziati parlano di morte selettiva con conseguenze sul piano
educativo. Le esperienze vissute nei primi mesi e nei primi anni vanno a modificare le mappe neuronali;
l'esperienza infantile è in presa diretta con la struttura stessa del cervello, L'esperienza incide a livello
neuronale. Per l'adulto le informazioni vengono inglobate in una struttura già organizzata mentre per il
bambino le prime esperienze costruiscono la struttura stessa. Nel cervello del bambino c'è una vulcanica
attività cerebrale che lo rende molto più potente di quello di un adulto. Il cervello del bambino è in grado di
riparare sé stesso, quello dell'adulto no, nel senso che i neuroni sono in grado di gettare dei ponti sulle
lesioni dislocando le varie competenze nelle aree cerebrali che ancora non si sono definitivamente
localizzate. Gardner afferma che le varie regioni del sistema nervoso sono costituite in modo tale da sapere
molto sul linguaggio, ed è forse per questo che intelligenza umana ha una tendenza naturale a
materializzarsi in simboli. La funzione dell’infanzia, con la sua mente assorbente e dell'attività esplosiva, è
quindi quella di permettere l'apprendimento della cultura accumulata nelle generazioni precedenti. Lo
scopo è quello di incarnare la supernatura. Quest'ultima cambia e, dell'età moderna in poi, soprattutto negli
ultimi decenni cambia incessantemente a ritmi accelerati.

La psicologia culturale contemporanea evidenzia come non esista una natura umana indipendente dalla
cultura e che il substrato biologico è un vincolo o una condizione che non è una causa dell'azione umana.

La mentalizzazione, ossia il modo con cui spieghiamo il comportamento altrui attribuendo un ruolo casuale
a stati mentali interni, comporta un livello di competenza personale e non può essere interamente ridotto
all' attività subpersonale di gruppi di neuroni nelle aree della corteccia cerebrale, ipoteticamente
specializzate nella lettura della mente. Il mentalizzare ha bisogno di una persona, che potremmo definire
come un sistema d’interconnessione tra cervello e corpo che interagisce in modo situato con uno specifico
ambiente popolato da altri sistemi cervello-corpo. Gli attuali studi sul funzionamento del cervello
evidenziano nel complesso il ruolo svolto dall’esperienza nel determinare la struttura ed il funzionamento
dell’organismo biologico. Sembra, infatti, che le relazioni umane producano cambiamenti a livello
molecolare, con ampie implicazioni sulla memoria e sull’apprendimento. Esistono già in psicologia prove
cliniche dei cambiamenti indotti dalla psicoterapia nei circuiti cerebrali, il che fa pensare ad una stessa
possibile azione svolta dai processi educativi, ma l'impatto degli studi neuroscientifici su questa disciplina va
incrementato.

PRIMA PARTE

L’APPROCCIO NEUROSCIENTIFICO ALLA PEDAGOGIA:

NUOVI PARADIGMI DI RICERCA TRA STORIA ED INNOVAZIONE

INTRODUZIONE

Esistono diverse distinzioni epistemologiche e terminologiche quando si parla di incontro/dialogo tra le


neuroscienze e il mondo dell’educazione. Il termine neuropedagogia fa trasparire già sul piano
terminologico l’intenzione di caratterizzarsi come nuovo paradigma di ricerca educativa che propone uno
sguardo ‘trasversale’ sulle discipline che la caratterizzano, il cui obiettivo è la conoscenza dei meccanismi
neuronali che presiedono ai diversi processi emozionali, relazionali, mnemonici per poterli favorire o per
prevenire già in tenera età eventuali problemi che potrebbero insorgere. L’identità dell’uomo si identifica
con il suo cervello, quindi inevitabilmente la scienza che studia il cervello diviene la scienza che studia
l’uomo.

Le scienze bioeducative rappresentano un campo di studio situato al confine tra la pedagogia, le scienze
biologiche e le neuroscienze e attraversato dalla psicologia e dalla filosofia. Educabilità significa disponibilità
alla mediazione, ma anche rispetto dei tempi, perché i tempi di sviluppo del potenziale intellettivo possono
essere qualitativamente distinti e discontinui. L’educabilità è il processo che riguarda la formazione della
mente nell’epigenesi. Margiotta ritiene che l’identità dell’educatore, il suo agire pedagogico è in tutto simile
a quello del medico. Come il medico lo è della salute, e spesso della vita, così l’educatore è responsabile
della mente di chi gli è affidato. La pedagogia per Margiotta assume un ruolo da mediatrice tra mondo
scientifico e mondo umanistico. Il superamento dei dualismi mente-corpo e natura-cultura, le conferme a
sostegno della plasticità cerebrale e delle strette connessioni fra sfera emotiva e cognitiva, l'estensione
sociale della mente, hanno proposto una visione pedagogica dell’anthropos integrale e in trasformazione, in
cui itinerari formativi si sono qualificati come ’relazione di cura’.

Margiotta afferma che i principali studi neuroscientifici contribuiscono a rafforzare l’origine ambientale
dell’intelligenza umana, e a rinnovare ruoli e compiti della formazione, documentando come il cervello di un
bambino si metta in collegamento con il cervello dei suoi caregiver (rapporto madre-figlio permette di
diventare oggetti interni l’uno dell’altro) per acquisire lentamente le capacità di regolazione.

La trasformazione culturale genera un cervello più complesso e più dipendente dall’esperienza il quale, a
sua volta, permette risposte più adattive alle sfide ambientali, non più semplicemente individuali, ma di
gruppo.

La seconda linea è quella dell’Enattivismo che, Partendo dagli studi di Varela, analizza i sistemi complessi,
mostrando la circolarità di azione e conoscenza e la sequenza del cervello- corpo- artefatto- mondo.

La terza linea è quella della neuro didattica e del suo contributo nell’analisi dei processi che governano
l'apprendimento e le strategie che essi richiedono. Gli studi di Rivoltella e del suo gruppo di ricerca hanno
mostrato l'importanza dell’estrarre gli effetti delle neuroscienze cognitive nel contesto educativo per
sviluppare didattiche innovative e sostenibili.

Infine, una quarta linea è quella della semplessità introdotta dagli studi di Berthoz tradotti in un possibile
utilizzo didattico -> Il concetto di semplessità fa riferimento ad una ‘semplicità complicata’.

CAPITOLO 1

Intersezione pedagogica -neuroscienze nello studio

della relazionalità umana

Dare alle persone, bambini, adolescenti o adulti che siano delle informazioni sul funzionamento e sulla
struttura del cervello, sullo sviluppo neurale, sull'impatto dell'esperienza e sullo sviluppo della loro vita
mentale fa sì che aiutiamo a sviluppare capacità di discernimento che permettono loro di vedere la propria
mente in una luce nuova. Riflettere sui correlati neurali ci permette di comprendere l'esperienza e gli insight
neurali sembra di aiutarci ad avere più compassione discernimento per noi stesse per le altre persone.

Oggi giorno gli studi sul funzionamento del cervello nelle relazioni interpersonali sono numerosi. Questi
studi evidenzia il ruolo complesso che è svolto dall'esperienza nel determinare la struttura ed il
funzionamento dell’organismo biologico. Sembra che le relazioni umane producano cambiamenti a livello
molecolare, con ampie implicazioni sull’apprendimento e la memoria. Numerose ricerche condotte in
ambito neuroscientifico si basano sulla combinazione gli studi epidemiologici, studi di genetica molecolare e
tecniche di Brain imaging. Esistono in psicologia prove cliniche dei cambiamenti indotti dalla psicoterapia
nei circuiti cerebrali, il che fa pensare ad una possibile azione svolta dai processi educativi, ma l'impatto
degli studi neuroscientifici su queste discipline è ancora limitato. I fattori sociali e le relazioni umane
plasmano lo sviluppo del cervello e della mente e favoriscono il raggiungimento di un equilibrio emotivo,
indissolubilmente legato, come afferma Siegel, ad un corretto funzionamento delle aree cognitive. Le
neuroscienze possono soltanto dirci cosa facciamo ma non cosa dovremmo fare. (La potenzialità della
pedagogia e delle neuroscienze oggi risiedono nella loro visione del mondo e delle loro teorie specifiche
sulle variabili interconnesse. L'interazione sinergica tra pedagogia e neuroscienze è stata finora descritta in
due paradigmi: le conseguenze sullo sviluppo di alcune forme di depravazione sociale vissuto in età precoce
e i meccanismi dell’apprendimento). La pedagogia può offrire un contributo di grande valore alle
neuroscienze. Le sue potenzialità risiedono nelle caratteristiche delle sue prospettive, infatti la pedagogia
può indicare alla biologia le funzioni mentali che devono essere studiate per giungere ad una comprensione
più complessa e profonda dello studio della mente umana. La pedagogia, come affermato precedentemente,
può svolgere un duplice ruolo cercando, da una parte, di rispondere alle domande di propria pertinenza
legate ai processi educativi, e dall'altra ponendo domande sul comportamento a cui la biologia è chiamata a
dare risposta.

L'attuale pensiero dei neuroscienziati sul rapporto tra mente e cervello può essere riassunto in cinque
principi:

1) Tutti i processi psichici, perfino i più complessi, derivano da operazioni del cervello; l'assunto è che
ciò che chiamiamo mente rappresenta un insieme di funzioni svolte dal cervello: l'azione del cervello
non si limita a comportamenti motori semplici ma comprende anche gli atti cognitivi complessi,
consci ed inconsci, che associamo al comportamento proprio dell'uomo, come il pensiero, il
linguaggio e la creazione di opere letterarie, musicali ed artistiche. I problemi di natura cognitiva ed
emotiva rappresentano disturbi del funzionamento cerebrale, anche quando le loro cause sono di
origine ambientale.
2) Le combinazioni tra geni esercitano un controllo significativo sul comportamento.
3) Come le combinazioni di geni contribuiscono A determinare il comportamento, anche il
comportamento ed i fattori sociali possono esercitare un’azione retroattiva sul cervello andando a
modificare l'espressione genica ed il funzionamento delle cellule nervose. Tutta la cultura si esprime
sotto forma di natura.
4) Modificazioni dell’espressione genica indotte dall’apprendimento producono cambiamenti negli
schemi di connessione neuronale che contribuiscono a formare le basi biologiche dell’individualità e
sono probabilmente responsabili dell’insorgenza di differenze comportamentali indotti da
circostanze sociali.
5) Se l'educazione e la formazione sono efficaci è presumibile che ciò avvenga attraverso il processo di
apprendimento che modifica l'espressione genica agendo sull’efficacia delle connessioni sinaptiche
e riscrive i percorsi anatomici delle interconnessioni tra i neuroni del cervello; Dunque le tecniche di
visualizzazione cerebrale potrebbero consentire alla fine di una valutazione quantitativa dell’esito
dei processi formativi

Quindi, l’assunto fondamentale delle neuroscienze è che tutte le funzioni della mente riflettono funzioni
del cervello -> specifiche lesioni del cervello producono -> alterazioni specifiche del comportamento che si
riflettono in -> cambiamenti del funzionamento del cervello.

L'educazione cambia le persone attraverso l'apprendimento producendo dei cambiamenti nell’espressione


genica che modifica l'intensità delle connessioni sinaptiche attraverso cambiamenti strutturali che alternano
lo schema anatomico delle interconnessioni tra le cellule nervose il cervello. L'educazione lavora in
profondità nel cervello e nei neuroni modificandone la struttura e attivando i geni appropriati: essa agisce
parlando ai neuroni. Un educatore efficace è dunque un vero e proprio microchirurgo della mente che aiuta
i suoi allievi a sviluppare in modo sano il network sensoriali.

(LEGGI: Il sistema limbico e un gruppo di strutture coinvolte nella generazione delle emozioni. Esse sono le
seguenti: ippocampo, Amigdala, talamo, ipotalamo, giro del cingolo, setto pellucido, giro para ippocampale.

I neurotrasmettitori sono messaggeri chimici che mediano la comunicazione tra neuroni adiacente allo
spazio delle sinapsi. I principali neurotrasmettitori insomma la dopamina, l'adrenalina, la seratonina.
L'acetilcolina è il neurotrasmettitore principali delle giunzioni neuromuscolari.)

Il ruolo della memoria: Il completo sviluppo dell’ippocampo intorno alla fine del secondo anno di vita
permette lo sviluppo della memoria esplicita che permette di ricordare le esperienze nell’ordine in cui si
sono verificate e fa sì che avvenga lo sviluppo del senso del tempo e della successione degli eventi; Queste
capacità sono legate alla maturazione del lobo temporale che include l'ippocampo e la corteccia orbito
frontale. L'ippocampo può essere definito un organizzatore cognitivo primario nel determinare lo sviluppo
del senso di sé nel tempo e nello spazio. La sua maturazione è legata anche allo sviluppo della memoria
autonoetica, ovvero di conoscenza di sé stessi.

Il cervello è dunque costituito da connessioni nervose che rendono possibile l'apprendimento e la memoria:
l'energia passa attraverso reti di neuroni attivati che contengono informazioni immagazzinate e/o
recuperate attraverso cambiamenti a livello delle connessioni sinaptiche influenzati dall'esperienza. Lo
sviluppo cerebrale esperienza- dipendente si riferisce ai meccanismi attraverso i quali le esperienze
determinano il mantenimento, la creazione o il rinforzo dei collegamenti neuronali. In virtù di ciò le
esperienze positive nei primi anni di vita costituiscono la base per l'espansione della neocorteccia, per lo
sviluppo e la formazione dei circuiti neuronali, per il rilascio dei neurotrasmettitori e per tutti i meccanismi
che prendono parte al sistema emozionale legato al processo di memorizzazione.

Effetti neuronali dei legami di attaccamento: sappiamo che l'attaccamento si basa su meccanismi cerebrali
che spingono il bambino a cercare la vicinanza dei genitori EA stabilire una comunicazione con loro,
instaurando rapporti che influenzano lo sviluppo e l'organizzazione dei suoi processi motivazionali, emotivi e
mnemonici. da un punto di vista evolutivo tale sistema comportamentale aumenta la possibilità di
sopravvivenza del bambino, a livello della mente le relazioni di attaccamento aiutano il suo cervello, ancora
immaturo, A coordinare le sue attività attraverso i processi celebrali del genitore. Gli scambi emotivi che
caratterizzano un rapporto di attaccamento sicuro, implicano che l'adulto sia in grado di reagire in maniera
pronta e adeguata ai segnali trasmessi dal bambino, con risposte che favoriscano l'amplificazione Gli Stati
emozionali positivi e facilitano il controllo di quelli negativi. in particolare, i genitori possono aiutare i
bambini a ridurre l'impatto di sensazioni spiacevoli come paura, anzi, o tristezza, fornendo un senso di
sicurezza che contribuisce a calmarli, quando sono turbati. Esperienze ripetitive sono registrate dalla
memoria implicita generando attese virgola e quando schemi o modelli mentali di attaccamento che
portano allo sviluppo di quella che Bowlby ha definito come una ‘base sicura’ per affrontare il mondo.

Numerosi studi condotti in questo campo hanno dimostrato che ai diversi tipi di relazioni di attaccamento
che si stabiliscono durante l'infanzia corrisponde lo sviluppo di caratteristiche specifiche in termini di
regolazione delle emozioni, capacità sociali, memoria autobiografica, funzione riflessiva e processi narrativi.
Per descrivere qualitativamente la natura dell’attaccamento sono utilizzati i termini sicuro e insicuro,
definendo così due categorie generali che comprendono tutta una serie di situazioni intermedie possibili. Il
sistema dell'attaccamento svolge molteplici funzioni. nel bambino, l'attivazione di questi processi porta a
cercare la vicinanza del caregiver, ricerca che gli consente di essere protetto nei confronti dei pericoli di
vario genere (mancanza di cibo, incidenti, calamità naturali, attacchi da parte di altri individui).
per questi motivi, i meccanismi di attaccamento sono estremamente sensibili alle indicazioni di pericolo;
L'esperienza soggettiva interna che si accompagna alla loro attivazione e quindi spesso associata a
sensazioni di paura no ansietà. Oltre a svolgere un ruolo cruciale nell’aiutare il bambino ad organizzare le
sue esperienze i rapporti di attaccamento:

1)Influenzano profondamente lo sviluppo dei suoi circuiti neuronali

2)hanno effetti diretti sulla maturazione delle attività cerebrali che media nei processi mentali
fondamentali: memoria narrativa, autobiografica, emozioni, rappresentazioni e stati della mente.

Queste relazioni emotivamente importanti costituiscono la base sul quale poi si sviluppa la nostra mente. In
questo senso, un attaccamento insicuro può rappresentare un fattore di rischio indicativo per quanto
riguarda il successivo manifestarsi di condizioni psicopatologiche; al contrario, relazioni di attaccamento
sicuro nei primi anni di vita sembrano favorire lo sviluppo di forme di regolazione emotiva. Le esperienze
influenzano i processi della mente durante l'intero corso della nostra esistenza: quelle che si verificano nei
primi anni di vita pongono le basi fondamentali delle nostre successive relazioni con il mondo: determinati
tipi di relazione precoci di attaccamento favoriscono la regolazione emotiva, la competenza sociale, le
funzioni cognitive e la capacità dell'individuo di reagire positivamente alle avversità.

Un attaccamento insicuro non porta necessariamente allo sviluppo di disturbi mentali, ma aumenta il rischio
di disfunzioni psicologiche e sociali. La competenza sociale dei bambini con attaccamento evitante e ad
esempio gravemente compromessa punto secondo studi recenti la deprivazione materna negli animali è
associata a problemi di comportamento sociale che possono essere ridimensionati o risolti con la
somministrazione di farmaci Serotoninergici. Il fatto che i problemi comportamentali riemergano con la
sospensione del farmaco, indica che essi sono radicati nei circuiti nervosi che controllano attività
fondamentali, come il comportamento, la regolazione delle emozioni e lei relazioni sociali. Anche.se i fattori
genetici possono portare ad una particolare vulnerabilità nei confronti di un dato disturbo, i fattori
ambientali giocano un ruolo cruciale nel determinare le modalità con cui si manifestano i sintomi della
malattia.

Dopo la nascita, le componenti ambientali influenzano in maniera importante la formazione delle


connessioni sinaptiche. Il potenziale genetico è espresso all'interno di esperienze sociali che esercitano
effetti diretti sulle modalità con cui le cellule nervose sono collegate tra di loro: in questo modo le
connessioni umane portano alla creazione di connessioni neurali. Il fatto che l'aver subito esperienza
traumatica in età precoce Porti ad un rischio particolarmente elevato di sviluppare disturbi emotivi, ha una
base neurobiologica. Esperienze traumatiche possono avere effetti tossici diretti sul cervello del bambino:
gli ormoni secreti in risposta allo stress determinano fenomeni di morte neurale a livello dei circuiti
fondamentali delle aree limbiche Enea corticali responsabili dei processi di regolazione delle emozioni: se
hai esperienze di questo genere si intersecano in un quadro di sotto produzione sinaptica geneticamente
determinato, il risultato finale sarà una particolare vulnerabilità nei confronti di disturbi emotivi: geni ed
esperienze interagiscono nel creare condizioni di rischio per lo sviluppo di patologie successive, rischio che
viene alla fine espresso a livello dei circuiti cerebrali. Una serie di ricerche condotte su animali ha
evidenziato che cure parentali attende ed affettuose facevano diminuire all'intero corso dell'esistenza
dell'anima la risposta dell’asse HPA e cioè ipotalamo- ipofisi -surrene, sistema il cui prodotto finale e il
rilascio di ormoni glucocorticoidi da parte della ghiandola surrenale il risposta agli eventi stressanti punto i
cuccioli accuditi in modo adeguato sono meno vulnerabili alle malattie da stress. Inoltre, separazioni
prolungate madre- bambino producono un incremento dei glucocorticoidi che produce effetti negativi
sull’ippocampo: si è visto che uno stress negativo prolungato produce atrofia dei neuroni dell'ippocampo e
ciò provoca un deterioramento irreversibile della memoria nel potenziamento a lungo termine.

Uno stress continuato poi invece indurre un'alterazione dei normali ritmi quotidiani di secrezione, con livelli
ormonali che risultano cronicamente elevati; Ciò può portare ad un'inibizione della crescita di neuronale e a
processi di tipo degenerativo a carico dei dentriti. Tali fenomeni sono inizialmente reversibili punto e
virgola.se però l'esposizione ad alte concentrazioni di glucocorticoidi persiste nel tempo, posso subentrare
anche fenomeni di morte neuronale. (Uno stress ripetuto provoca atrofia dei neuroni dell'ippocampo che
hanno recettori dei glucocorticoidi. Tale atrofia è reversibile se l'esposizione è discontinua, ma se è
permanente essa provoca un deficit a livello cellulare, nel cosiddetto potenziamento a lungo termine.
L'espressione dei recettori per i glucocorticoidi che si determina nelle situazioni di attaccamento insicuro si
traduce in una maggiore vulnerabilità futuro a stress.)

la teoria dell'attaccamento ha attratto anche l'interesse della psico immunologia. Sembra infatti che lo
stress psicologico conseguente ad una modalità di attaccamento insicuro dei termini anche modificazioni
della funzione immune. In ‘mente, cervello e sistema immunitario’, Biondi spiega il rapporto esistente tra
stress oggettivo e parametri immunitari. Altri studi evidenziano interessanti legami tra attaccamento sicuro
e salute. L' attaccamento insicuro e stato associato non solo alla presenza di disordini mentali ma anche di
malattie fisiche e ad alterazioni delle attività endocrina allo stress. Considerato che l'attaccamento insicuro
è associato a peggiori condizioni di salute e ad un'alterata reattività psicofisiologica, tale studio ipotizza che
esso sia correlato con un'immunità più bassa.

Alla luce dei risultati appare che i soggetti (donne ) con stile di attaccamento insicuro in situazione di stress
si percepivano scarsamente supportato nelle relazioni significative e ciò era associato con peggiori
condizioni di salute ed un abbassamento della risposta immunitaria ; Lo stile di attaccamento evitante era
inoltre legato ad un efficace ricerca di supporto, alla percezione di ricevere scarso supporto del partner e
predisponeva all' isolamento sociale, il maggior fattore di rischio associato con una ridotta attività delle
cellule Natural killer. L' attaccamento insicuro può influenzare la regolazione dello stress ed è in relazione
alle attività endocrina allo stress. I mediatori possibili dell’associazione tra l'attaccamento evitante e la
ridotta funzione NK sono il cortisolo, le citochine e le proteine legate allo stress, le metallotonine e le
macroglobuline Alfa-2, Che possono indurre morte cellulare e ridurre la biodisponibilità dello zinco che è
fondamentale per il normale sviluppo e la funzione delle NK. Dunque, la rottura dei legami affettivi porta ad
un aumento di vulnerabilità alla malattia e ad un aumento della morbilità punto anche la vulnerabilità alle
malattie cardiache sembra altresì essere correlata alla mancanza di supporto sociale. Ciò implica però anche
chi lo stile di attaccamento sicuro sia un fattore protettivo. Si ha osservato che negli animali l’ossitocina, un
ormone fondamentale per la prestazione di cure materne adeguate, è presente in quantità elevate in
animali femmine che hanno ricevuto alti livelli di cure materne; O viceversa in un animale femmina che ha
ricevuto scarse cure materne la produzione di ossitocina o non è elevata, o se pure elevata, non produce
effetto. A livello neurale, ovvero delle cellule del cervello, avviene che bassi livelli di cure creano in un
cucciolo pochi recettori di ossitocina, e quando sarà adulto e diventerà genitore, anche se avrà un’elevata
produzione di tale ormone, non avrà i recettori per recepirla. Tali effetti sono stati rivelati anche in studi fatti
sull'uomo e riguardanti il rapporto tra stress materno durante la gravidanza, abilità cognitive e livelli di
paura durante l'infanzia; altri hanno evidenziato gli effetti dismorfici dello stress prenatale sulla cognizione,
le risposte ormonali ed i neurotrasmettitori. Altri ancora hanno messo in luce il rapporto tra interazioni
ambientali, resilienza e geni studiando gli effetti del maltrattamento sui minori ed i geni della serotonina,
dell'ormone di rilascio della corticotropina, della dopamina e dell’ossitocina. Essi confermano lo strettissimo
rapporto tra qualità della cura e sviluppo biopsicosociale dell'essere umano.

Implicazioni educative: lo sviluppo di un attaccamento sicuro si basa su interazioni continue e coerenti tra
educatore ed educando. Se i momenti di corrispondenza e di intensa comunicazione emotiva sono rari
perché l’educatore non può assicurare la presenza, la sua figura non è per l’educando fonte di sicurezza e
conforto. La presenza costante dell’educatore prevede la sintonizzazione reciproca degli stati psicobiologici
ed uno scambio d’influenze che amplificano gli stati affettivi positivi e riducono quelli negativi, permettendo
all’educando di creare modelli interni sicuri che permettono lo sviluppo di aspettative positive nei confronti
di interazioni interpersonali successive. L’educando interiorizza la relazione con l’educatore in un modello
operativo di attaccamento. Se a questo modello interno corrisponde un senso di di sicurezza

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