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Il processo a Galileo Galilei

A proposto di processo inquisitorio non possiamo non parlare del processo a Galileo Galilei, al
centro di un lungo dibattito che ha visto, nel XX secolo, la sua riabilitazione da parte di Papa
Giovanni Paolo II. Galilei fu sostenitore della teoria copernicana eliocentrica sul moto dei corpi
celesti in opposizione alla teoria geocentrica, fortemente sostenuto dalla Chiesa cattolica. Il
processo iniziò a Roma il 12 aprile 1633 e si concluse il 22 giugno 1633 con la condanna per
“veemente sospetto di eresia” e con l'abiura. Sebbene gli aristotelici pisani e padovani avessero
cominciato a guardare con sospetto e irritazione il copernicanesimo di Galilei, le prime consistenti
reazioni contro Galilei provennero dal clero. Mentre i gesuiti, in un primo tempo, si mostrarono
aperti di fronte alle nuove scoperte astronomiche (le avevano approvate nel Sidereus nuncius),
nonostante le controversie interpretative di Galilei con padre Clavio (sulle macchie lunari) e con
padre Scheiner (sulle macchie solari), i domenicani furono i più decisi oppositori di Galilei e
cominciarono ad attaccarlo apertamente. Uno di loro, in particolare, Niccolò Lorini, nel corso di
una disputa tenutasi a Firenze all’inizio di novembre del 1612, accusò di eresia i copernicani. Nel
febbraio 1616 Lorini, prendendo spunto dalla lettera di Galilei a padre Benedetto Castelli, citò lo
scienziato presso il Sant’Uffizio, denunciando come Galilei avesse sostenuto “che la terra si move
et il cielo sta fermo, seguendo le posizioni di Copernico […] e vogliono esporre le Sacre Scritture a
loro modo e contra la comune esposizione de’ Santi Padri, e difendere opinione apparente in tutto
contraria alle Sacre Lettere”.
Il preoccupante estendersi delle polemiche dal piano astronomico- matematico a quello fisico e,
infine, a quello religioso, indusse il Sant'Uffizio a passare la “faccenda copernicana” ai teologi.
Questi, il 24 febbraio 1616, dichiararono all’unanimità “assurda e falsa in filosofia” e “formalmente
eretica” la tesi eliocentrica e “assurda e falsa in filosofia” e “per lo meno erronea nella Fede” la tesi
della mobilità della Terra. Galilei, il 26 febbraio 1616, venne co votato dal cardinale Bell’articolo e
formalmente “ammonito”. Il verbale della seduta dice: “fece precetto ed ingiunzione a detto
Galilei ancor presente e costituito, in nome del Papa e della Congregazione del Sant’Uffizio, di
abbandonare detta opinione [quella copernicana]”. Questo precetto del 1616 viene da molti
considerato un “giallo storico” poiché nel fascicolo dell’Inquisizione non si trova un documento
originale e legalmente autentificato, e poiché i termini del verbale saranno definiti da Galilei, nel
processo del 1633, “novissimi et come inauditi”.
Lettera a Cristina di Lorena e a Benedetto Castelli e a Cristina di Lorena
Queste due lettere fanno parte delle “Lettere copernicane”, quattro lettere scritte a Benedetto
Castelli, Pietro Dini e Cristina di Lorena con lo scopo di far concordare la sua visione copernicana
con le Sacre Scritture. Viene affrontata la definizione e del rapporto tra fede e pensiero filosofico
partendo dalla discussione sul movimento della Terra attorno al Sole. Secondo Galilei, infatti,
Scienza e fede possono convincere tranquillamente, poiché la prima si occupa dell'ambito
spirituale e si esprime con un linguaggio interpretabile allegoricamente, la seconda riguarda
l'ambito della natura e si esprime con un linguaggio matematico che deve essere compreso e
dietro cui ci deve essere un lungo ragionamento. Lo scienziato deve essere libero il suo lavoro di
indagine scientifica.
Lettera a Benedetto Castelli
Inviata da un frate benedettino allievo di Galilei, si tratta delle prima delle quattro lettere
copernicane e sostiene la netta divisione tra conoscenza scientifica e conoscenza religiosa. Galilei
sostiene il diritto che possiede la scienza di continuare ad analizzare tutto e sostiene l'ipotesi che le
Sacre Scritture presentano una limitazione, in quanto scritte in un tempo in cui non erano state
fatte scoperte, che avrebbero potuto cambiare il pensiero di tutti. Il linguaggio delle Sacre Scritture
deve essere sottoposto – secondo Galilei- a un'attenta interpretazione e bisogna tenere conto
dell’epoca in cui sono state scritte. Galilei sostiene l’indipendenza della ricerca scientifica dalle
Sacre Scritture.
Lettera a Cristina di Lorena
In questa lettera viene esaltata la conoscenza umana e i mezzi di conoscenza umana, affermando
che la Chiesa non può evitare agli uomini di guardare con i propri occhi e affermare ciò che la
natura ci dimostra e che il punto di partenza dello studio dell'universo è la ricerca dell'universo
stesso e non della Bibbia. Individua, inoltre, che i suoi avversari condannano l’eliocentrismo del
sistema solare per il fatto che la teoria della mobilità della Terra è in contrapposizione con quella
che si legge nelle Sacre Scritture, quindi che il Sole si muova e la Terra sia mobile. Non bisogna mai
fermarsi al nudo senso letterale, perché ci si imbatterebbe nell'errore di fare apparire le Scritture
non solo contraddizioni, ma gravi eresia e bestemmie, motivo per cui è necessario che i saggi
espositori diano il vero significato.

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