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Messico, la Corte Suprema spiana la strada

alla libertà delle donne


- Marco Santopadre, 23.09.2021

Aborto. Tre sentenze vanno verso la legalizzazione dell'interruzione volontaria di gravidanza, ma la


battaglia resta lunga in un Paese dove la maggioranza della popolazione resta anti abortista

Il percorso appare lungo e accidentato, ma ben tre sentenze dettate in pochi giorni dalla Corte
Suprema federale del Messico potrebbero condurre alla legalizzazione dell’interruzione volontaria di
gravidanza.
La prima, emessa all’unanimità il 7 settembre, pur non intervenendo sulla liceità dell’aborto ma
riconoscendo il diritto di scelta delle donne, dichiara incostituzionale l’art. 196 del Codice Penale
dello stato del Coahuila che prevede la reclusione fino a 3 anni per le gestanti che abortiscono e
coloro che le assiste.

IL MOVIMENTO femminista ha festeggiato in piazza in diverse città anche un’altra sentenza che
giudica anticostituzionale l’articolo dello statuto del Sinaloa secondo cui la vita inizierebbe al
momento del concepimento. I giudici hanno fatto propria l’interpretazione della Corte
Interamericana dei Diritti Umani, secondo cui «la vita ha un carattere progressivo». Le istituzioni
devono difendere i diritti del feto, ma «con il pretesto di proteggere la vita umana la legge
impugnata impone dei limiti all’esercizio dei diritti umani di altre persone» ha spiegato il giudice
Luis María Aguilar.

Si tratta di sentenze di carattere storico: in America Latina solo Cuba, Uruguay, Guiana e Argentina
prevedono l’aborto legale, e solo 4 dei 32 stati che formano il Messico hanno eliminato il reato di
aborto. A livello federale, l’Ivg è legale solo se la gravidanza è il risultato di uno stupro, e solo in
alcuni casi se la gestante rischia la vita o se il feto presenta malformazioni gravi. Le donne che
possono abortiscono a Città del Messico o all’estero, ma ogni anno nel paese si contano un milione di
aborti clandestini un terzo dei quali provocano complicazioni mediche e numerosi decessi.

I PRONUNCIAMENTI della Corte Suprema, pur avendo valore in tutto il paese, non comportano
un’automatica modifica delle leggi vigenti nei diversi stati. I movimenti delle donne si preparano
quindi ad una lunga battaglia legale e politica affinché le assemblee legislative correggano la norma
sconfessata, e per ottenere dai tribunali la revisione dei processi intentati contro donne spesso
denunciate da medici e infermieri obiettori ai quali si erano rivolte, magari dopo un aborto
spontaneo. Secondo l’organizzazione femminista GIRE, dal 2007 al 2016 in Messico si sono contate
4000 denunce e al momento circa 200 donne, spesso molto giovani, stanno scontando pene detentive.
Il presidente della Corte Suprema, Arturo Zaldívar, ha annunciato che il Difensore Civico Federale
metterà degli avvocati a disposizione di 432 donne denunciate o processate nel 2021 mentre il
governo del Coahuila ha ordinato la liberazione delle imputate in carcerazione preventiva.

A completare il quadro, il 20 settembre, una terza sentenza della Corte Suprema, che dopo un lungo
dibattito ha invitato il parlamento a rivedere parte della Legge sulla salute del 2018 che autorizzava
un’obiezione di coscienza del personale sanitario di fatto senza vincoli per motivi religiosi o morali,
al fine di introdurre dei limiti chiari all’esercizio di una facoltà giudicata costituzionale a patto che
non prevalga sul diritto alla salute e sui diritti sessuali delle donne e delle minoranze, riconoscendo
di fatto l’esistenza di una discriminazione di genere ma anche etnica.

LA REAZIONE della Chiesa e delle destre è stata viscerale, in un paese in cui, stando ai sondaggi,
la maggioranza della popolazione resta contraria alla legalizzazione dell’aborto. Il presidente López
Obrador non si è mai speso sul tema per non scontentare i settori conservatori del suo elettorato,
pur invitando a rispettare le sentenze. Le gerarchie cattoliche guidano il fronte proibizionista: «Noi,
convinti del valore assoluto della vita, non abbiamo bisogno di una legge omicida come quella che
stanno approvando» recita un tweet della Conferenza Episcopale che per il 3 ottobre ha indetto
marce per la vita in tutto il paese.

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