Esplora E-book
Categorie
Esplora Audiolibri
Categorie
Esplora Riviste
Categorie
Esplora Documenti
Categorie
Sessione 1 : Il macro-ambiente
Processo di go to market: Azienda deve essere orientata al mercato e alla fiducia (customer
centric), deve essere sensibile a cliente e concorrenti. Obiettivo è soddisfare il cliente,
comprenderne le esigenze, soddisfarlo e conquistarne la fiducia per avere passaparola
positivo e riacquisto.
Per essere vincenti non basta fiducia del cliente, bisogna essere percepiti come diversi dai
concorrenti e i migliori sul mercato. Far si che il cliente mi percepisca come il più capace nel
soddisfarne le esigenze. Così creo distanza dai concorrenti, una barriera, in modo che il
cliente non consideri la concorrenza.
Processo di marketing management tipico:
1) Analisi, di valore ambiente, concorrenza, domanda
2) Progettazione del valore (segmentazione, targeting positioning, definisco prodotto,
prezzo)
3) Comunicare ai distributori e go to market, fare advertising, public relation,channel
design e come veicolare il prodotto sul mercato
4) Innovare valore (nuovi prodotti, digital marketing, marketing esperienziale, marketing
non convenzionale, customer solution)
5) Controllo e pianificazione del valore
Cosa vuol dire fare go to market? Prendiamo alcuni pezzi di questo processo, partiamo
dall’analisi, macro ambiente, concorrenza, domanda e canali distributivi (dimensioni
relazionali, economica sociale competitiva e collaborativa..)
Una volta definito ambiente ed esigenze degli attori del canale si definisce strategia di go to
market, quali canali userò per entrare nel mercato, poi gestire il canale e partnership e infine
fare controllo (conto economico di canale, per vedere i più redditizi).
Analisi dell’ambiente.
L’ambiente che abbiamo oggi è composto da sempre più pezzettini, che sono sempre di più
e sempre più connessi (sincronica), le relazioni mutano, a volte in modo imprevedibile,
questi pezzettini mutano nel tempo (diacronica).
Devo analizzare ambiente tenendo conto di questa complessità, prima cosa che si fa è
scremare, si usano quindi dei sistemi.
- Isolare fenomeni con una probabilità di manifestazione più alta e mi concentro su
questi.
- seleziono poi quelli con impatto maggiore, ovvero con conseguenze maggiori sull
impresa. Mi focalizzo su quelli con maggiore impatto e maggior probabilità.
Esempio auto che si guidano da sole e entrata nel settore farmaceutico delle catene di
farmacie.
Microambiente, concorrenza:
- Analisi delle caratteristiche del settore (S-C-P)
- Analisi del settore allargato (5 forze); confini del settore sempre meno definiti
- Analisi in profondità dei concorrenti diretti:
- Analisi dei gruppi strategici
- Visione della concorrenza customer based
2) Condotta:
- Prezzo, se sono monopolista sarà alto, se frammentato il prezzo sarà basso e
redditività anche.
- Politiche di comunicazione
- Orientamento al cliente
3) Performance:
- Redditività
- Competitività
- Quota di mercato
Processo distributivo
“Tutti i passaggi di natura materiale e immateriale che collegano la produzione al consumo”.
Go to market è insieme dei passaggi che i prodotti seguono per passare dal produttore al
consumatore,
canale distributivo → Insieme dei passaggi che possono essere sia fisici (spostamento
nello spazio e nel tempo, prodotto consumato qui in un momento ma prodotto altrove in un
altro momento) che giuridici (distinguere possesso da proprietà, possesso ad esempio
Glover, ha possesso ma non proprietà, se sono Esselunga e compro il prodotto da Barilla
ho sia possesso che proprietà, aumenta il rischio, se non vendo perdo.
Distributori sono imprese di servizi. Distinzione sul livello nel canale, Grossisti (Metro) Vs
Dettaglianti (Esselunga).
Diversa lunghezza del canale distributivo, se ho entrambi è un canale lungo, se non ho
nessuno è diretto. Esistono anche gli ausiliari del commercio/distribuzione, sono aziende
addette alla conservazione, trasporto o assicurazione della merce, agevolano gli scambi ma
non assumono la proprietà e il rischio della merce.
“Settore commerciale: Cos’è? è l’insieme delle imprese che svolgono come attività
prevalente la compravendita di beni. Il loro prodotto è il punto vendita. Rendono disponibili i
beni nei tempi, luoghi e modi desiderati dai consumatori finali ⇒ Utilità di tempo, luogo e
possesso”
Modernizzazione: Nascita delle formule moderne, tutte quelle formule che vanno verso
self-service. Formula tradizionale prevede il banco, in passato tutta la distribuzione era così,
quando è diventata moderna? Quando ha aggiunto il self service, componi il tuo carrello.
Nasce negli Usa, primi del ‘900. UK, prima metà del ‘900, città più piccole, importano
formula USA, rimpiccioliscono e adattano a formula europea, Germania anni ‘60 nasce
discount e Francia anni ‘70-’80 ipermercato e GDO. In Italia, situazione più articolata, legge
comparto merceologico ha lasciato congelati per molto tempo, quando si è aperta la
concorrenza le imprese non erano competitive.
La modernizzazione del settore ha portato ad un aumento della concentrazione, a maggior
liberalizzazione e ad internazionalizzazione.
Le imprese commerciali hanno autonomia commerciale; marketing d’insegna (potendo
condizionare le preferenze della domanda), marche commerciali (concorrendo con
l’industria), sviluppo dei loyalty programs (sistemi reward, per sapere cosa compra il
cliente), orientamento all’innovazione.
Azienda commerciale: Cosa fanno e offrono questi distributori? Li analizziamo per capire
come gestirli, ogni volta che compriamo un prodotto acquistiamo un binomio
(merci-servizi) di prodotti e servizi commerciali, paghiamo un prezzo per i prodotti che
include il prezzo per i servizi commerciali.
I servizi commerciali hanno le stesse caratteristiche di tutti i servizi, (interazione tra chi eroga
e chi fruisce del servizio (irripetibilità), immaterialità, non può essere messo a scorta
Servizi centrali e servizi periferici.
- PDV Specializzati
- Pdv Plurispecializzati (raccolta di specializzati, Harrod’s e grandi magazzini,
importante quando ci sono esigenze di informazione che di logistica)
- Pdv marginali/di nicchia (bassa estensione e bassa profondità, piccoli empori che
danno servizi di prossimità)
- Pdv despecializzati
Un processo importante è quello di formazione dell’assortimento; 4 step:
- Definire ampiezza assortimento punto di vendita (quali prodotti ti voglio vendere?)
Ovvero famiglie merceologiche e categorie.
- Definire le tipologie di prodotti per ogni categoria: Struttura in termini di marche
leader, follower e marche commerciali.
- Marche e referenze per ciascuna tipologia di prodotto; questo determinerà anche il
posizionamento del punto vendita e le politiche di rapporti con i fornitori.
- Allocazione spazio espositivo in base a spazio disponibile, redditività, frequenza di
rifornimento.
Come si inseriscono nuovi prodotti in assortimento?
- Condizioni economiche (prezzo, termini di pagamento, sconti, listing fee)
- Servizio logistico (frequenza e puntualità consegne,etc.)
- Politiche promozionali
- Potenziale di vendita
- Valore del prodotto per il consumatore
- Caratteristiche del produttore
- Considerazioni di natura competitiva
4. Comunicazione:
Si distingue in più pubblici:
- la domanda finale con la comunicazione esterna,
- Il personale di vendita con la comunicazione interna,
- I fornitori e i concorrenti (coopetition). Esempio lobbying commercianti contro
Amazon per regime fiscale.
Strumenti usati dal retail per comunicare:
Il retail ha il vantaggio di essere molto vicino al mercato finale, le aziende industriali, per
esempio, non hanno contatto diretto con il cliente (perché lo ha il retailer), per questa
ragione Apple ha aperto i propri store fisici. I(loyalty cards)l retailer può conoscere uno ad
uno i propri clienti .
Il primo strumento è l’advertising,
Il secondo sono le promozioni (iniziative che portano a scegliere il punto di vendita e
acquistare, solitamente sono tagli prezzo), il loro problema è che riducono margini e fedeltà
(sempre minore nel retail).
Poi marche commerciali,
Direct marketing (grazie a loyalty cards, newsletters, numero verde),
Flyer (si comunicano caratteristiche e promozioni)
Relazioni esterne (con giornalisti per avere articoli favorevoli); il retail può comunicare
attraverso il punto di vendita (è un macro touch point che ne comprende molti altri)
importante perché si comunica nel momento della verità, cioè quando il cliente sceglie ⇒ è
quello con riscontri più diretti sulle vendite.
5. Innovazione.
Sempre più anche nel punto di vendita e non solo nel prodotto, (carrefour con blockchain) si
fa nei processi organizzativi, interorganizzativi, nei processi di approvvigionamento, nel
format distributivo, nel marketing, nella relazione con la clientela; tuttavia, vi è impossibilità
di ottenere una copertura brevettuale e di mantenere «riservato» il contenuto innovativo del
prodotto distributivo.
Marketing evoluto del retail:
1. Marche commerciali, i punti di vendita diventano produttori, ci sono diverse
tipologie di marche commerciali classificate come segue:
Altra classificazione:
1. Prodotti in esclusiva: Marchio di proprietà dell’industria dato in esclusiva ad un
retailer
2. Generici: Senza marchio
3. Marchio di fantasia non riconoscibile: Non permettono l’identificazione del
distributore
4. Marchi di fantasia riconoscibili
2. Loyalty program:
Sistemi per premiare la loyalty, sistema più famoso è quello di Tesco, ha sviluppato dal
1995 il sistema di loyalty ma anche quello di Amazon (Prime). I retailer oggi puntano molto
sulla marca commerciale e sulla base clienti con i loyalty programs.
Motivazioni di acquisto:
Prima cosa da capire, motivazioni, la ricerca manageriale aveva due obiettivi:
- Definire la natura delle motivazioni (perché persone vanno nei punti di vendita,
prossimità? competenza? o bisogni ricreativi?), questo mi permette di:
- Segmentare la domanda (alcuni vogliono stare nel punto di vendita, altri fare la
spesa rapidamente).
“Acquirenti ricreativi Vs acquirenti funzionali”
La classificazione delle motivazioni d’acquisto/bisogni di tipo ricreativo:
1. Bisogno di identificazione: Essere riconosciuti a livello individuale, assumere un
determinato status, lifestyle (vado lì, quindi me lo posso permettere).
2. Bisogno di affiliazione: Non basta essere identificati, vogliamo stare con gli altri, sta
emergendo problema della solitudine (per l’aumentare dell’età media), ricercare
contatti sociali, appartenere ad una comunità.
3. Bisogno di affermazione: Mercanteggiare, bisogno di conferme, acquisire stato di
superiorità grazie all’ottimizzazione della scelta.
4. Bisogno di rinvenire nuovi stimoli: Uscire dalla monotonia, dalla routine.
La classificazione delle motivazioni per la segmentazione della domanda
Orientamento allo shopping come fattore in grado di modellare il comportamento
dell’acquirente; avremo:
- Acquirenti funzionali: Che considerano l’acquisto in una prospettiva esclusivamente
funzionale
- Acquirenti ricreativi: Vivono il processo d’acquisto come esperienza coinvolgente e
grazie alla quale soddisfare una serie di bisogni di ordine psicologico e sociale.
La ricerca delle informazioni
Nella fase di raccolta delle informazioni forte interrelazione tra scelta del prodotto e scelta
del servizio commerciale; avremo 2 tipologie di modelli di ricerca delle informazioni:
a) Modelli di matrice economica:
- assunto di perfetta razionalità dell’acquirente;
- assunto di informazione come «bene che ha un costo» ottimizzazione delle fonti
informative;
b) Modelli di marketing: ricerca delle modalità seguite dagli acquirenti per reperire le
informazioni.
Modelli economici; Teoria della ricerca ottimale
Modelli di marketing:
Caso LEE:
Azienda parte di vf corporation, vende abbigliamento. Prodotto con posizionamento
tradizionale, simile a Brandler, vogliono renderlo più fashion, simile a Diesel.
14/01/2020
Recap go to market:
Fasi ⇒ Analisi di macro, microambiente soprattutto distribuzione e acquirente.
Poi strategia ⇒ In termini distributivi chiamato Channel design (o disegno del canale
distributivo).
Segue la gestione ⇒ (da domani) Gestire le relazioni con i distributori (lavorando su alcune
variabili di natura sociale) focalizzandoci sul trade marketing, per cercare di condizionare il
comportamento dei distributori in modo che il loro messaggio si allinei al nostro, potendo,
in prospettiva, sviluppare delle partnership.
Ultimo step ⇒ Controllo
Oggi lavoreremo sul punto 2 (channel design). Introduzione necessaria però a capire le
complessità delle strategia distributive.
Evoluzione degli studi:
Nella maggior parte delle situazioni non saremo soli a gestire la distribuzione (adotteremo il
punto di vista di azienda industriale che deve distribuire, il problema è che non siamo soli,
dovremo interfacciarci alle imprese commerciali). Dovremo gestire non una relazione
distributiva ma n relazioni (con relazione intesa come diade composta da impresa e
distributore). Relazioni sono dette multi-faced, hanno n dimensioni. Dobbiamo guardare
contenuto della relazione e il processo messo in atto per gestirla.
- Contenuto, avremo alcuni elementi detti economici (ci sarà un contratto di
compravendita, che fa passare la proprietà da un’azienda all’altra). Non è però solo
economica, ci sono anche aspetti sociali nell’interfacciarsi con l’altra parte (fiducia,
conflitto di potere, etc.)
- Seconda dimensione, processo, riguarda l’ottica che adottiamo (collaborativa o
competitiva), spesso queste due dimensioni coesistono perché alcuni elementi sono
per natura competitiva (due aziende con obiettivi diversi), incrociando queste due
dimensioni otteniamo una matrice (multidimensionalità delle relazioni distributive).
La multidimensionalità delle relazioni distributive
Strategia distributiva:
Prima vedremo come sono cambiati i ruoli dell’impresa produttrice nel processo di go to
market.
Step 1: Imprese commerciali sono frammentate, situazione non più realistica in Europa.
Obiettivo principale è creare valore per il cliente finale.
Step 2: Da piccole e tante diventano poche e grandi. Contropartita, prima imprese piccole
avevano bisogno di brand importanti, ora faranno selezione molto più attenta. Problema
principale è che ora possono dire di no. Priorità quindi, non è solo trovare il miglior modo di
distribuire ma soprattutto convincere i distributori a comprarci (trade marketing).
Step 3: Distributori fanno marketing direttamente sfruttando la loro prossimità al cliente che
noi non abbiamo. Oltre a creare valore per le due tipologie di clienti dobbiamo creare valore
CON il trade. Identificare distributori migliori per creare delle partnership per soddisfare
cliente finale.
A seconda di azienda e mercato, non siamo per forza all’ultimo stadio.
Nel caso Lee, distribuzione frammentata (step 1), nessun distributore permette di sviluppare
partnership efficienti.
1. Prima cosa da fare, estensione della rete distributiva, detta anche scelta
sull’approccio distributivo. Due estremi che guardano all’estensione, sarà semplice per il
cliente trovarci o ci dovrà cercare?
- Vendita esclusiva: Massima difficoltà di trovarci, scelta di essere presenti in un solo
distributore, ci leghiamo con un contratto al distributore. La chiave è la definizione di
quest’area geografica (in un’area scarsamente popolata può essere una città o un
capoluogo, in un’area molto popolata un quartiere o una via addirittura)
- Vendita selettiva: Non in tutti i punti di vendita, ma solo in alcuni che hanno
determinate caratteristiche
- Vendita estensiva: Collocare il prodotto in tutti i possibili punti vendita
Dimensione orizzontale: …
“Prima scelta tra canale breve e lungo, canale lungo ha minimo due stadi, almeno
due passaggi di proprietà, tra noi e un grossista che a sua volta vende ad altre
aziende commerciali (almeno uno stadio all’ingrosso).
Dimensione orizzontale:
Sbocchi distributivi: tipologia di impresa commerciale (intermediario) a livello distributivo
che andrò a scegliere (grossisti o distributori in base alla lunghezza del canale). Mi
interessano i clienti del grossista? Nel canale breve invece, capire quale intermediario
commerciale è più adatto. Settori con format sviluppati e standard, sceglierò il format
prioritario per me, alimentare per esempio (grandi, medi o di prossimità?). All’interno del
format dovrò dare una priorità sull’insegna (scegliere Coop piuttosto che Carrefour), guardo
livello di servizi commerciali e affinità al mio posizionamento per decidere. Per decidere;
dove si aspetta il cliente di trovare il mio prodotto?
Criteri per la selezione degli sbocchi:
- Tipo di servizio commerciale richiesto dal cliente.
- Abitudini di shopping del cliente.
- Tipo e natura del prodotto.
- Profilo della struttura distributiva.
(E-commerce può essere sia diretto che indiretto) L’E-commerce ha portato ad alcune
difficoltà di gestione. Partiamo però prima dalla multicanalità, la facciamo per:
- raggiungere il livello di estensione desiderato ed aumentare i volumi di vendita, è
una scelta che si fa dopo la scelta di estensione della distribuzione (è un’ottima
opzione per aumentare i volumi).
- Più sono presente più aumenta l’awareness e la possibilità di entrare in contatto
con il cliente.
Fattori che hanno favorito la multicanalità: Caduta licenze (contesto legislativo) e
liberalizzazione dei canali, nascita di nuovi format distributivi (e-commerce ma anche
vending machines), imprese industriali anche hanno iniziato una distribuzione estensiva e
ricercare nuovi sbocchi. Lo sviluppo tecnologico fa si che anche la domanda si comporti in
ottica multicanale, se voglio rispondere ad un cliente multicanale devo rispondere in ottica
multicanale.
Tuttavia, se non adeguatamente gestita, può creare:
- Conflitti orizzontali e verticali
- Riduzione delle performance
- Peggioramento delle relazioni con il trade
- Riduzione del patrimonio di fiducia
Tipologie di multicanalità:
Matrice su due
dimensioni,
multicanalità a livello di
mercato, mercati
diversi e strategie
distributive diverse. A
livello gruppo è
multicanalità, che non
porta grandi problemi
(se in Europa
distribuisci in un modo
e in India in un altro
come L’Oreal), anche
se dipende dal prodotto (esempio alcolici, producono in Africa perché è troppo caro portare
i prodotti, problema se il grossista poi vende in Italia ha un prezzo inferiore a quello della
stessa Campari), alcune aziende evitano di entrare in certi mercati per evitare poi
concorrenza in altri mercati da parte di quei grossisti internazionali.
Forme di multicanalità:
- Monocanale, (vendo solo ai supermercati)
- Multisbocco, Tiene ferma dimensione verticale ma cambia gli sbocchi, L’Oreal che
vende solo sul canale indiretto breve ma in più sbocchi (farmacie, profumerie, etc.)
- Multicanale, vendo solo a boutique, però, alcune le apro io, altre le identifico in
distributori, etc. (stesso sbocco ma più canali)
- Multisbocco e multicanale
Classificando se
differenzio prodotto o
servizio (matrice).
Multicanalità, se ben
strutturata porta a
coopetition, posso
sfruttarla per avere
partnership.
Lee, multicanale,
approccio distributivo è a
metà tra estensivo ed
esclusivo, dobbiamo
renderlo più esclusivo,
essere meno accessibili e comunicare maggior qualità. Abbiamo canale diretto, 8 outlet, 2
franchising e un indiretto breve con 1384 negozi. Cambiare strategia distributiva, dovremmo
considerare dimensione verticale. Abbiamo un canale indiretto, collezioni hanno un ciclo di
vita di due mesi, si dovrà lavorare sul breve indiretto, non si può cambiare (anche se diretto
sarebbe ideale, ma il tempo è troppo poco). Nel caso Lee, lavorare su dimensione
orizzontale. Si devono sostituire i distributori indiretti, quindi database.
Chi gestiva le relazioni? Delle agenzie, ovvero dei facilitatori. Strategia di lungo periodo,
nella dimensione orizzontale 3-5 anni ⇒ Sbocchi ideali.
Step 2, strategia di breve periodo che passa per una segmentazione, 1384 negozi da
segmentare in base ai criteri definiti come sbocchi ideali, poi targeting.
Variabili chiave:
➔ Potere: Un modo per far funzionare il canale; si osserva nella diade ed è definito
come la capacità di un soggetto ad influenzare (e condizionare) l’attività di un altro
soggetto. Nel canale un soggetto ha potere quando può influenzare le politiche di
marketing di un altro soggetto. (per capire chi ha il potere, guardare a chi influenza il
marketing dell’altro). Come si può misurare? Su 3 dimensioni, ovvero:
◆ Dominio: (ricordiamo che è una relazione diadica ⇒ n distributori ed n
aziende produttrici) Quanti distributori a valle fanno quello che diciamo noi in
termini di marketing? È detto relation-specific. Ovvero, quante aziende a
monte vengono influenzate da quello che diciamo noi?
◆ Ampiezza: Ovvero, che cosa sono in grado di influenzare? Cosa posso fargli
fare? Per esempio è molto semplice condizionare dove voglio che venga
posizionato il prodotto, più difficile condizionare prezzo di sell-out perché
influisce sui margini (come anche politiche di acquisto/vendita, o possibilità
di dare materiale nel punto vendita/gestire una parte del negozio come se
fosse un monomarca). Si riferisce agli ambiti in cui è possibile far valere il
potere, è detta issue-specific.
◆ Peso: Quanto è forte questa capacità di influenza? Dico cosa fare ⇒ Lui può
accettare e io dedurre che ho potere ⇒ Ma, se un’altra azienda dice di fare
l’opposto? è una variabile detta firm specific
Queste 3 dimensioni ci permettono di capire se il potere è più o meno forte, ci
permette di fare uno screening; sono in una posizione di forza? Una volta che so
quanto è il mio potere posso cercare di condizionarlo (aumentarlo)
Potere aiuta a smorzare queste differenti percezioni. Lo vediamo perché ci interessa come
coordinare il canale. Quello che vogliamo è far funzionare il sistema. Per capire come
coordinarlo, guardare a come si sviluppano le relazioni, c’è potere o no? Se si, situazione è
sbilanciata (detta “a coordinamento centralizzato”, ovvero quando una parte è più forte
dell’altra), quindi teoria ci dice che metodo migliore è che chi ha il potere lo usi (dica all’altro
cosa fare); questo ci permette di raggiungere l’obiettivo del canale che è efficienza (ti dico
cosa fare e lo fai, rapidamente) e efficacia.
Se non c’è potere, situazione è bilanciata (non è detto ci sia potere), in questo caso tutti e
due dobbiamo gestire il canale attraverso un coordinamento bilaterale (detto diffuso) basato
sulla collaborazione. Prima dobbiamo capire cosa vuol dire usare il potere come
meccanismo di coordinamento. Potere spesso visto come negativo, (ti dico cosa fare e lo
fai), però spesso semplifica il processo decisionale alla parte debole dicendogli cosa fare
per il bene del sistema. Spesso è stato usato in modo sbagliato, ti dico cosa fare perché io
abbia un vantaggio che a volte non si trasferiva sul distributore; quando questi sono
cresciuti hanno deciso di farla pagare ai produttori usando il meccanismo in modo
sbagliato, ma, se usi il potere solo per te non funzionerà, va fatto quello che è meglio per il
sistema.
“Coca cola, si comporta diversamente tra Horeca e GDO. Siamo Coca-Cola, stiamo
lavorando con un piccolo grossista della Liguria, che ha come caratteristica la stagionalità,
poca gente durante l’anno e tanta d’estate. Anno in cui Coca-Cola lancia acqua Lidia; acqua
da poco margine ai grossisti, poco margine e molto spazio; però è categoria più richiesta.
Account manager di Coca-Cola dice, mi comprerai x quantità perché la devo vendere, come
lo convinci? O mi compri x quantità di acqua o non ti do la Coca-Cola. Il distributore,
verifica se può farsi consegnare dalle altre marche con maggior frequenza, ha chiamato
tutte le sedi europee di Coca-Cola per sapere il prezzo; quando ha chiamato la Spagna, gli
hanno detto, ti facciamo un prezzo buono ma ti arrangi con la consegna. Distributore ha
chiamato aziende di logistica, e ha trovato un buon prezzo, poi ha fatto etichettare in
Romania ed evitato di comprare altri prodotti di Coca-Cola guadagnando in marginalità e
l’account è stato licenziato”
Esempio di usare negativamente il potere, quando usato male ci perdono tutti.
Se guardiamo le diadi, sempre più assetti bilanciati che sbilanciati. Si cambia da concetto di
scambio a concetto di gestione della relazione a 360 gradi, ha determinato cambio della
domanda, ruolo di distributore, offrono sempre più servizio, tecnologia e che imprese
commerciali facciano marketing. Focus su relazione e gestione in ottica collaborativa,
obiettivo è ridurre conflitto disfunzionale.
I meccanismi di coordinamento nei canali distributivi dipendono da elementi quantitativi
(ovvero l’estensione del mercato controllato direttamente dalle imprese e dalle dimensioni di
queste) e qualitativi, ovvero quanto una condiziona le preferenze del consumatore rispetto
alla controparte.
Le relazioni al giorno d’oggi, tendono ad essere bilanciate a causa di:
- Complessità della domanda tale da richiedere contributo dell’impresa commerciale.
- Rilevanza della dimensione immateriale nel binomio merce-servizio (spesso erogata
dall’impresa commerciale)
- Nuove tecnologie e dati raccolti da imprese commerciale (e conseguente potenziale
informativo)
- Competenze di marketing dell’impresa commerciale.
Tutto ciò ha fatto si che si passasse dallo scambio ad una relazione.
Il trade marketing può essere definito come un approccio gestionale che si propone di
contribuire all’efficacia dell’azione di marketing aziendale attraverso il completo
soddisfacimento delle specifiche esigenze dei propri clienti commerciali. Consiste
nell’applicare una logica di creazione del valore alle imprese distributive. Come soddisfare il
distributore considerandolo un cliente? Se non lo soddisfiamo in un canale non
raggiungeremo il cliente finale. Si è passati da una logica iniziale di creazione di valore per il
cliente finale ad una di creazione di valore per cliente finale ma anche cliente intermedio.
Come lo facciamo? è un processo di 4 fasi (già viste, cambia quello che facciamo
all’interno):
➔ Analisi: Supporto decisioni fasi successive, focus parte analitica è sullo studio dei
clienti intermedi. Studieremo:
◆ Canali attuali e potenziali; valutando i comportamenti di acquisto
dell’acquirente, identificando canali migliori in termini di soddisfazione del
cliente finale, applica logica del marketing; non tutti i clienti sono uguali,
dovremo differenziare quello che proponiamo a vari distributori.
◆ Il settore commerciale; non tutti avranno la stessa rilevanza in termini di
distribuzione.
◆ La situazione competitiva e le performance distributive.
◆ I comportamenti di queste.
◆ I bisogni dei clienti intermedi e i criteri che questi hanno per inserire prodotti
nuovi. Per capire i più importanti per noi, capire quali più importanti per il
cliente. Cerchiamo di capire settore commerciale, trend che lo condizionano,
capire in cosa i clienti si differenziano in termini di bisogni.
➔ Strategia: L’obiettivo è definire le linee strategiche, ovvero, come nel marketing
strategico, segmentazione, targeting (non scegliere il solo gruppo prioritario ma a più
gruppi, non solo un target, per Lee, non è detto che quelli che acquistavano il
vecchio Lee siano quelli che acquisteranno il nuovo; si lavora o su scheda cliente o
su cluster), posizionamento (posizione che occupiamo nella mente del trade,
rapportarci il più possibile ad un ideale, il loro fornitore ideale e competitor in termini
di differenziazione, è la posizione sul trade e, di conseguenza, sui mercati finali)
➔ Fase gestionale: Azioni di trade marketing per il sell-in Vs Sell-out. Sell-in per
convincere i distributori a comprare il più possibile da noi (logica push) riempire i loro
magazzini e punti di vendita, per principio della proprietà cercheranno di portare a
valle i loro prodotti. Se li lasciamo solo rischiamo di generare insoddisfazione, quindi
servono azioni di sell-out, che hanno l’obiettivo di aiutare i distributori a vendere il
nostro prodotto (pull).
Principali attività di sell-in e sell-out:
Sell-in:
Come convincere a comprare il più possibile? Contratto di compravendita e aspetti
economici, azioni canvass (attività per stimolare gli acquisti in alcuni periodi),
promozioni al trade e innovazione (nuovi prodotti o packaging)
⇒ Aspetti economici:
- Prezzo di listino a cui è venduto il prodotto, prezzo del catalogo (non prezzo pagato
dai distributori che dipende da una serie di sconti);
- termini di pagamento (distributori vogliono pagare in più in là possibile);
- sconti (determinano vero prezzo di sell-in),
- possono essere incondizionati (senza motivo preciso, non molto business
oriented, vanno, anzi, evitati, per evitare il crearsi di conflitto).
- condizionati (per esempio ai termini di pagamento, alle quantità, alle
condizioni logistiche, all’acquisto della linea completa penetrando così molto
di più il distributore, sconti di fine fattura e premi a fine anno, collegati a
obiettivi di vendita);
- Contributi per iniziative promozionali o per l'inserimento di nuovi prodotti.
⇒ Azioni canvass: Ovvero, un’operazione promozionale fondata sulle condizioni
contrattuali. Strumento che si può usare quando c’è necessità e le vendite calano, offerte
con una certa periodicità, attenzione a che il distributore aspetti la promozione per ordinare
e che questi anticipi il sell-in. Questo permette loro di fare promozioni a valle.
⇒ Promozioni al trade: Come le raccolte punti al consumer, incentivi perché abbiano
voglia di vincere il premio, le applichiamo al buyer, possono essere continuative o una
tantum, gli diamo vantaggi di vario tipo, intangibili (club, Luxottica club star, per entrarci si
deve aver vinto una specie di concorso) o tangibili (soldi, formazione; attenzione all’aspetto
legislativo per evitare sia considerato corruzione se è alla persona rispetto che all’azienda),
certi o incerti.
⇒ Nuovi formati e packaging in assortimento: Offrire ai singoli distributori sistemi di
prodotto coerenti sotto il profilo delle esigenze espresse da ciascuno di essi e dai mercati a
cui essi si rivolgono.
Sessione 16 23/11/2020
Partnership di canale
Contenuti:
- La base della partnership: la fiducia
- La sintesi tra dimensione competitiva e collaborativa
- ECR
- Esempi di partnership
Come fare una relazione di marketing congiunta? E passare da una relazione verticale ad
una orizzontale? Abbiamo n concorrenti che probabilmente distribuiscono a tutti i nostri
distributori; quando isoliamo un distributore con la partnership ⇒ creiamo un blocco,
questa azienda con questo distributore, anche se, sono due stadi diversi del canale, le
blocchiamo in un’entità più forte, leghiamo a noi questo distributore che abbiamo scelto,
creiamo un grande blocco fatto da nostra azienda e partner. Fondamentale la scelta del
distributore (migliore) e la rapidità, devo legarlo a me prima del concorrente, che se vuole
fare la stessa cosa lo farà con un altro distributore. Con una partnership cambiamo le
dinamiche competitive, abbiamo blocchi industria + distribuzione che competono tra loro.
Obiettivo partnership è legare a noi il distributore che riteniamo migliore. Partnership gioca
con relazioni bilanciate, obiettivo è che 1+1>2.
Può crearsi solo se viene a crearsi la fiducia, che ricordiamo:
“La fiducia è una sintesi cognitiva che indica la convinzione circa la capacità della
controparte (trustee) di mantenere gli impegni assunti nei confronti di uno specifico trustor,
perché caratterizzata da alcuni elementi distintivi (e.g., competenze, motivazioni, valori).
(Crediamo che la persona in cui riponiamo fiducia domani farà il meglio per noi in una
situazione in cui non è tenuta a farlo)
Nonché un antecedente fondamentale e pre-condizione essenziale per attivare working
partnership di canale e riduttore dell’incertezza ambientale.
Per cui è importante un orientamento al trust management⇒ Sviluppatosi negli anni ‘80 ”
Da cosa deriva la fiducia?
Gli antecedenti della fiducia nelle relazioni distributive
- abilità e competenze della controparte;
- passate esperienze relazionali con la medesima controparte;
- motivazioni che spingono il comportamento del soggetto;
- assenza di comportamenti opportunistici;
- comportamenti e caratteristiche personali del soggetto che gestisce la relazione (il
gatekeeper), certe persone sono più o meno propense a fidarsi;
- trasparenza della comunicazione;
- soddisfazione ricavata in occasione di passate interazioni con la controparte;
- comportamento collaborativo.
La fiducia non è stabile, si accumula nel tempo, se non abbiamo mai interagito, prima non
ci conoscevamo, la fiducia è pari a 0. Poi ci sono degli elementi cognitivi che aumentano la
fiducia, e poi elementi comportamentali che la aumentano (esperienza passata).
L’esperienza passata condiziona una serie di antecedenti cognitivi, l’obiettivo è costruire la
nostra immagine di fiducia perché il distributore accetti di lavorare con noi. Ogni punto di
contatto della nostra azienda con il distributore è un driver della fiducia (un account, il
category management al distributore, i nostri merchandiser, così come gli addetti alla
logistica). Prima cosa da fare è all’interno dell’azienda, massima attenzione a qualsiasi
attività facciamo con questo distributore, regola dice che un’esperienza negativa richiede 5
per essere annullata, quindi tutti lavoro in modo opportuno al relazionarsi con il partner.
Segnale dal top management⇒ chiunque entri in relazione deve fare la massima attenzione.
Antecedenti cognitivi, quello che succede influenza percezioni che l’altro avrà e che
andranno ad aumentare (diminuire) il suo livello di fiducia.
Per farle funzionare serve un approccio top-down dal management che decide di fare la
partnership e la deve trasferire al resto dell’azienda. Fiducia inter organizzativa (tra
organizzazioni) e tra singole persone (interpersonale), a livello di modello non distinguiamo
tra le due.
Soddisfazione = aspettative t0 ≤ esperienza t1; è un calcolo fatto ex-post t1.
Fedeltà è di due tipi:
Cognitiva: Volontà di lavorare con noi, intenzioni.
Comportamentale: Effettivamente passo all’azione.
DINAMICHE EVOLUTIVE:
Differenti stadi che ha la fiducia? Più arriviamo in alto più isoliamo il distributore. La prima
fiducia è basata sul calcolo (che al tempo 0 faccio) che l’esperienza sarà positiva. Posto che
la possibilità di essere insoddisfatti c’è, il nostro distributore, farà un calcolo, cosa succede
se mi fido e sarò soddisfatto? Stima risultati e perdita di potenziale nel caso in cui non vada
bene. La scelta di fidarsi avviene quando i risultati attesi sono maggiori delle perdite
eventuali. [...]
LA SINTESI TRA DIMENSIONE COMPETITIVA E COLLABORATIVA
Co-opetition
La capacità delle imprese nella gestione dei rapporti industria-distribuzione sta nell’abilità di
coniugare e rendere compatibili le due dimensioni relazionali:
competitiva e collaborativa. Non è che non ci sarà competizione sui margini, però la
relazione sarà collaborativa.
Questa è la sfida che attende tutti coloro che operano nel contesto dei canali distributivi in
qualsiasi settore di riferimento.
AREE DI FOCALIZZAZIONE
Cosa ci serve per gestire la domanda? Creare valore in modo collaborativo ottimizzando
assortimenti, promozioni e lancio di nuovi prodotti. Si lavora sull’offerta che do ai clienti,
perché questa arrivi al punto vendita lavoriamo sulla logistica, poi lavoriamo sugli elementi
di tecnologia (integrators) che ci permettono di lavorare (componente marketing +
logistica⇒ dipende da tecnologia ⇒ funziona meglio con linguaggio comune).
Sessione 19
L’analisi delle performance distributive
Contenuti:
- La valutazione delle performance distributive
- L’analisi della quota di mercato
- L’interpretazione dei dati
- L’approccio network-based
- Il conto economico di canale
L’indice di penetrazione
- Esprime la percentuale delle vendite della marca i-esima in rapporto alle quantità
totali della categoria di prodotto acquistate dai clienti dell’impresa i-esima
(distributori o consumatori finali)
- Tale indice rappresenta, in sostanza, un ulteriore modo di esprimere la quota di
mercato, considerando come mercato di riferimento solo quello costituito dalle
vendite effettuate dalla propria clientela.
Nella prima matrice non ci sono interdipendenze, succede quando tutte le marche hanno
una distribuzione esclusiva. Nella seconda, nei tre negozi ci sono sempre le 3 marche, tutti
dappertutto, massima estensione.
Quota di mercato come indicatore della pressione competitiva esercitata dalla singola
marca