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Il focus del laboratorio è incentrato sul Key Account Management, una tematica di sales, un
tema strategico e rilevante, per noi dalla duplice importanza, poiché guarda a profili
professionali in ambito commerciale che richiedano una mentalità per cui siamo stati
preparati (potenziale sbocco professionale). Il key account richiede capacità di analisi,
pianificazione particolari, che non è detto un venditore normale abbia, devono essere
sviluppate in contesti formativi. Quello di cui andremo a parlare è di approcci di gestione
della clientela.
Ricordiamoci la specializzazione per cliente nella specializzazione della forza vendita, in
particolare per clienti importanti. Perché il KAM è importante? Perché legato a visione con
cliente particolare, durante il corso si è parlato di diversi approcci nelle vendite, approcci
transazionali e altri di natura relazionale. Sono due filosofie di marketing diverse, a volte
sono guidati dagli stessi consumatori che a volte si pongono già con un approccio
transazionale.
Un modello interessante:
Venditori che guardano ai clienti con attenzione, cercano di parlare con funzioni
diverse, venditori in cerca di opportunità ad ogni livello. Si parla in questi casi di
venditori proattivi, il KAM è un approccio di vendita con venditori che giocano in
anticipo sul cliente, non aspettano sia il cliente a dirgli la sua esigenze, lo studiano da
dentro e da fuori, per cogliere benefici ed opportunità per il cliente, a volte sono
espliciti ma il venditore si muove per primo ed altre volte sono impliciti, è il venditore
con il team che coglie i dettagli.
MACRO VS MICRO
Vedremo (micro) customer portfolio analysis, parleremo di metodi e strumenti e vedremo
cosa significa sviluppare un’analisi ed un planning, condivideremo un framework, un
modello di analisi e lo approfondiremo anche con Guenzi (parte bisogni e valore su clienti
business).
SI parte da identificazione opportunità, si attiva il KA planning, mappando clienti chiave e
poi definire piani cliente, questo avviene in un’organizzazione con risorse dedicate, con team
semi formali, sistemi di incentivazione dedicati.
SESSIONE 2: IDENTIFICAZIONE
DEI KA
Ricordiamo che siamo in un’ottica B2B, ieri abbiamo iniziato con alcuni spunti, ci siamo
chiesti da dove iniziare un percorso di analisi o mappatura. Come naturale, abbiamo iniziato
dai dati ma prima dobbiamo vedere quali sono gli obiettivi aziendali. Obiettivo di questa
sessione sarà condividere alcuni strumenti ed alcune analisi necessarie per fare
verticalizzazioni sui singoli clienti; dobbiamo iniziare da un approfondimento del CRM
(Microsoft Dynamics, Oracle o Salesforce), sono contenitori con la più svariata tipologia di
informazioni, utilizzabili nel 1to1 ma anche in ottica segmentante per il KAM. È importante
quindi sapersi adattare a qualunque tipo di CRM, imparare a leggere le informazioni ed
astrarsi dallo strumento. Dobbiamo lavorare su una classificazione dei dati e delle
informazioni, dovremo dividere le informazioni in due categorie:
ESTERNE: INTERNE:
Basate su intelligence che descrivono Raccontano la mia azienda, me come
cliente e prospect, basate su fornitore Vs il cliente, raccontano
osservazioni di funzioni che lavorano cosa è successo nel tempo tra la mia
sul cliente azienda ed il cliente, quello che
l’azienda ha fatto per i clienti. Se
prendo un prospect nuovo,
informazioni sono quasi tutte esterne
Devo decidere se voglio classificare i miei clienti solo con le informazioni blu ( o rossa o
entrambe). Quelle di attrattività, sono proiettate sul futuro, se sto classificando solo
prospect, userò prevalentemente informazioni di tipo rosso, se parlo del portafoglio attuale,
alcuni solo blu, altri rosso e altri mix. Il più diffuso è il blu, questo non significa però vada
bene, può essere dovuto a problemi di CRM.
La scelta dei criteri di segmentazione (step 3 del modello visto ieri) è una scelta delicata, non
è raccomandabile usare tutti i criteri, si deve fare una scelta; il ragionamento da fare, quindi,
è estrarre i dati più importanti per assegnare strategicità ai clienti. In base a cosa lo faccio?
In base a rilevanza, quanto informazione su cliente è coerente con gli obiettivi che l’azienda
vuole perseguire, devo trovare un legame logico tra obiettivi e informazione; maggiore il
legame, più importante l’informazione. Es. Se stai facendo analisi KAM per obiettivi di
profittabilità, devo prendere dati (interni) qualità del credito, profittabilità del cliente. Se sto
investendo e profittabilità non è il primo degli obiettivi prenderò informazioni che mi dicano
che cliente possa crescere molto. Il buon manager è bravo a trovare legame tra obiettivi e dati
disponibili. Poi devo valutare qualità dei dati, disponibili per tutti? Fonte affidabile? Sono
chiari? Una volta selezionati i dati, il manager entra nello step 4 (modello ieri), si inizia a
selezionare gli strumenti che possono essere utilizzati per una segmentazione strategica del
portafoglio.
C → Sono un grande numero di clienti che contribuisce al rimanente 5% del fatturato. Sono il
rimanente 60% a numerica
Dopo la pausa vedremo una variante dell’ABC, ricordiamo che questa comunque resta la più
utilizzata, si basa su dati interni, vedremo una variante più articolata ora.
2. ABC - Advanced di Key Account: Prima devo decidere quali informazioni per
costruire ranking, supponiamo non mi accontenti del fatturato, voglio vedere anche
profittabilità, dovremo fare due analisi, una per fatturato, scopro dei livelli di
concentrazione. Poi guardo la profittabilità, ordino per livelli e vedo se esistono livelli
di concentrazione, in quel caso assegno livelli di strategicità. Poi, incrocio risultati
ottenuti con entrambi gli ABC e li vado a sintetizzare all’interno di questa matrice
(Abc advanced/Abc metrics), ogni cliente ha preso un’etichetta su fatturato e su
profittabilità; potrei avere situazione estrema, in cui A fatturato è A di profitto, ma
nella realtà, spesso alcuni clienti saranno AA, ma altri AB, perché costato molto
seguirli. Devo incrociare questi dati, perché è interessante? Perché in funzione di
quello che emerge identifico 3 aree, una in cui ci sono i migliori clienti per fatturato e
profitto, poi area rossa, peggiore (poco fatturato/poco margine) ed area intermedia di
clienti molto fatturato poco profitto o viceversa.
Concretamente, questo tipo di analisi presenta un grande pregio, è molto più potente della
precedente. Ma ha un limite, i dati sono solo storici, non so se tra i C ci siano clienti con
potenzialità di crescita, non so se ci sono clienti AA che domani potrebbero declinare. Il
concetto è che analisi ABC analizza performance da varie prospettive ma è poco predittiva di
quello che può succedere in futuro, questo spinge molte aziende ad integrare questa analisi
con altri strumenti, ad esempio gli indici ponderati chiamati anche scorecard
commerciali. La logica di questi strumenti è di andare oltre la mera informazione
amministrativa/economica/storica, permette di assegnare strategicità in funzione di altre
informazioni, tra cui quelle esterne. Come funzionano questi indici? Ne vedremo un paio.
Quella più comune è una rappresentazione di un index di attrattività strategica per
un’azienda, abbiamo una quindicina di clienti. Direzione commerciale, nella fase 3, ha
scelto dato di performance storica e scelto dati di attrattività, come attrattività appartenenza
cliente, il grado di innovatività, lo spending nei servizi di interesse nostro. Stiamo parlando
di un indice di attrattività, più è alto maggiore l’attrattività del cliente. Sopra ogni colonna ci
sono dei pesi, il manager, dati 100 punti, ha dato un peso al giudizio di importanza del dato
all’interno degli indicatori, se ha dato 35 a spending è perché lo ritiene di maggiore qualità.
Come si calcola l’indicatore? Calcolo per ciascuna colonna il valore ponderato e poi le
sommo.
In realtà gli indicatori di attrattività possono richiedere dai dati che all’origine non sono
espressi in una scala di giudizio omogenea. Es. Spending potrebbe essere a valore o volumi, il
dato va normalizzato, cioè convertito in una scala manageriale equivalente, devo avere una
legenda di conversione; al di sotto di un valore minimo si prende 1, al di sopra di un valore
massimo prendono 5, etc. Se qualcuno invece che costruire valore di attrattività, volesse
combinare CS, crescita, cross selling, fatturato, potrà combinarli insieme costruendo un
indicatore di performance strategica.
Esistono delle modalità di indicatori che non sono indicatori ponderati, un esempio preso da
Siemens, indicatore unico, un super index, combina dati interni ed esterni, non c’è
ponderazione, ad ogni cliente si da un punteggio di ogni variabile e si somma poi
complessivamente. Alcune aziende si concentrano su attrattività o performance, altre lo
usano come unico strumento, dove combinano dato esterno con interno, sono strumenti
potenti, hanno il pregio di poter usare giudizi qualitativi e sintetizzare più valutazioni
all’interno di uno strumento.
È molto importante tener presente che non esiste una matrice/strumento corretto, dipende
dalla situazione. Le mappature strategiche sui clienti devono avere una certa linearità e
semplicità di lettura, terminano con qualcosa che indica con chiarezza le proprietà
commerciali. Devo usare uno strumento che aiuti a capire chi sono e perché i migliori clienti
e ragionare di conseguenza, una cosa importante è che ogni volta che faremo questa analisi si
deve indicare quali clienti appartengono a questi gruppi e quali linee guida da seguire lato
offerta, rete commerciale, effort di vendita, ruoli (moderno Vs tradizionale, individuale Vs
team), bisogna immaginare non solo quali risorse coinvolte ma anche se sono richieste più
risorse da parte del cliente. Una pianificazione delle linee guida richiede anche un orizzonte
temporale, questi sono alcuni dei tanti possibili esempi di strumenti su cui lavorare.
Dovremo fare ora un piccolo assignment (primo di due oltre al progetto), il caso
è G&S, un caso in cui il nostro compito sarà analizzare un portafoglio clienti,
rappresentativo di un portafoglio reale di un’azienda dell’automotive, azienda
che produce camion pesanti e leggeri, nel periodo in cui è ambientato il caso,
azienda aveva obiettivi marketing e sales, si rese conto che serviva cambio di
passo e di logiche prioritizzanti di alcuni clienti, in ottica KAM, problema è
iniziare a definire quali sono i migliori e i peggiori clienti. Quello che dovremo
fare è leggere il caso e ragionare applicando il processo e le logiche condivise a
nostra discrezione. Dobbiamo vedere obiettivi prima di tutto, poi scegliere
alcune informazioni tra le varie disponibili. Abbiamo 11 campi rappresentativi,
quello che dobbiamo fare è capire gli obiettivi, non dobbiamo definire i confini
dell’analisi (già fatto), dobbiamo scegliere dei criteri e argomentare il
ragionamento che ci ha portato a scegliere alcuni criteri rispetto ad altri e, una
volta selezionato un set di dati che riteniamo più affidabile per la
segmentazione dovremo decidere con che strumenti di analisi definire le
priorità.
Idea è dare ad ogni gruppo una ventina di minuti per presentare ed una decina di minuti per
Q&A.
24/06/2020
Domani presentazione del progetto Vodafone.
Cosa significa portare valore? Significa prima di tutto essere percepiti come portatori di
valore, essere in grado di dare insight, idee win-win sia per cliente che per azienda. Abbiamo
visto con Guenzi come venditore crea valore:
Valore è anche aiutare il cliente a guardare i bisogni e i problemi in maniera più chiara, molti
clienti sottolineano quanto sia importante il ruolo di consulente di fiducia da parte del
venditore. Per altri è molto importante che KAM sia portatore di nuove idee, che aiuti a
risolvere problemi, dare indicazioni su trend, aiutare cliente ad abbracciare nuovi approcci di
gestione di business provenienti anche da altre industry con cui magari il venditore lavora.
Il ruolo di un account manager, scalato in Key Account Manager e poi in Global anche.
Richiede una mentalità di marketing particolarmente sviluppata, qual’è l’obiettivo ultimo del
account plan? Di aiutare il KAM a seguire un percorso logico che gli consenta, entro certi
limiti di essere propositivo, proattivo, capace di giocare in anticipo sul cliente, guardando
lontano. Cosa significa in sintesi? Significa che io KAM devo essere capace di guardare un
mio cliente e saperlo leggere con una proiezione di lungo periodo in 4 termini:
- Opportunità, per me e lui
- Forze, cosa devo continuare a fare.
- Minacce, per entrambi
- Debolezze, cosa devo migliorare del cliente
Non tutti sono capaci di muoversi agilmente in questi 4 punti. Si parte da lontano e si arriva
a mappare SWAT. Un bravo KAM da qui definisce obiettivi per l’azienda competitivi,
economici e relazionali, medio lungo periodo e definire linee guida ed action plan, indicare
cosa si deve fare per sfruttare opportunità, prevenire minacce, migliorare l’azienda per
alcune debolezze, per rafforzare delle forze. Un bravo account manager deve preoccuparsi
delle debolezze aziendali che potrebbero impedirgli alcune opportunità, deve sapere su che
forze deve fare leva.
La bellezza di questo lavoro è che non è molto diverso da un marketing manager, differenza è
che KAM si focalizza su un micromercato, ovvero il cliente che è un per se market, una sorta
di entità di mercato, talmente importante da giustificare analisi e plan dedicato.
Piano cliente ha parte introduttiva, overview in cui in pillole si da una fotografia del
cliente, chi è, di che gruppo, perché fa parte dei nostri clienti strategici, elementi che aiutano
anche un esterno. Poi, più nel dettaglio, in cosa consiste il piano cliente?
Da un certo punto di vista, piano cliente ha struttura logica semplice, va immaginato come
un documento, un progetto ma anche nell’interesse del cliente chiave. Come è strutturato?
2 Fasi:
FASE 1:
Richiede molto tempo, fase di analisi strategica e tattica del cliente chiave. In che cosa
consiste? Si compone di due parti fondamentali, una prima parte, un’analisi esterna del
cliente. È una parte importante, che nel piano cliente cerca di raccogliere tutte le
informazioni possibili. Che ottica in questa analisi? Si dice che si adotta un’ottica
consulenziale, cosa significa? Che io cerco di capire molto bene ed in profondità chi è il
cliente, cosa fa, qual’è la sua strategia, cosa vende, a chi, con che value proposition, con che
approccio commerciale, l’approccio come un business consultant che cerca di capire chi è il
cliente e come si muove. Perché analisi esterna? Perché sono interessato a capire:
- Opportunità, non ancora per la mia azienda ma per fare più business, farlo meglio da
parte del cliente stesso, lo studio come se fossi un consulente esterno, voglio capire
davanti a se che opportunità può avere il cliente.
- Minacce:
Perché un account dovrebbe perdere tempo a studiare un cliente per capire quali sono le sue
opportunità e minacce? In realtà non analizzo il cliente solo per cercare queste due
componenti, ma anche per capire quali sono le sue forze e debolezze. Questo significa che da
un certo punto di vista lo studio così bene da capire che ci sono cose che questo cliente può
migliorare, ci sono cose su cui deve continuare a fare bene quello che già sta facendo.
Questo che abbiamo rappresentato è una sorta di S.W.O.T. definita consulenziale sul Key
Account.
Il fatto di scoprire opportunità, minacce per il cliente e sue forze e debolezze, perché è
importante per un KAM?
- Per customizzare la value proposition, se lo faccio, do spazio al mio approccio
“consulenziale”.
- Trovare problemi del cliente sia impliciti che espliciti;
KAM fa costantemente attività di intelligence sul cliente, analizza, interpreta dati sul cliente.
Per completare questo ragionamento, questo tipo di analisi può avere un’importante ricaduta
anche per la mia azienda, perché?
Perché dalla SWOT si deve capire se sono tali anche per la mia azienda; opportunità di
delocalizzare potrebbe essere tale anche per noi. In alcuni casi delocalizzazione ha
allontanato cliente da fornitore. Opportunità per lui lo sono anche per noi? Potrebbero
esserlo o potrebbero essere delle minacce. Lo stesso vale per forze e debolezze; un cliente
debole in certi processi di gestione, la sua debolezza potrebbe essere una minaccia per il mio
business e vice versa.
Nella fase 1 non c’è studio del cliente come entità a se stante, abbiamo visto nell’analisi di
portafoglio clienti esistono informazioni interne, che raccontano storico relazione, dobbiamo
adottare stessa logica, sviluppare un’analisi interna, in ottica da self assessment, una volta
analizzato il cliente devo analizzare me stesso, devo cercare di capire, come sono state le
nostre performance verso il cliente, devo avere un approccio di autocritica, identificare le
cose che sono andate molto bene. L’analisi interna a che cosa serve? Ad identificare
performance, sostanzialmente output prodotti sul cliente, devo andare a valutare quelli che
sono gli effort fatti sul cliente, quindi gli input.
Devo essere in grado, in estrema sintesi, di valutare i miei punti di forza e di debolezza (su
come ho gestito il cliente).
Questa prospettiva a cosa mi serve? SWAT consulenziale fatta sul cliente permette di
identificare opportunità e minacce per me, quella interna, anche viene fatta per me. Questo
ci consente di muoverci nella fase 2, detta anche fase di KA planning:
Io, in questa fase, devo mettere a sintesi questi due percorsi di analisi sul singolo cliente
all’interno della SWOT aziendale, cioè la mia azienda Vs il Key Account. Importante perché
SWOT è fondamentale per definire quali sono gli obiettivi strategici ma anche tattici da
pianificare sul cliente. Se noi identifichiamo opportunità di business, alcune potrebbero
avere respiro corto, non durare molto, sono treni da prendere al volo, sono opportunità
tattiche, altre invece possono durare nel tempo e portare benefici a lungo termine,
richiedono però una pianificazione degli obiettivi dell’azienda sul cliente non solo sul breve
ma anche sul lungo. Un piano cliente non può essere solo nel breve periodo, deve leggere
opportunità anche in orizzonte più lungo, dovrebbe richiedere all’azienda degli investimenti
in alcuni casi, potrebbe richiedere sforzi da parte del cliente stesso.
Questo ci deve legare ad un action plan, da un lato linee guida di azione, che cosa riteniamo
necessario che si faccia su questo cliente per sfruttare opportunità di business, consolidare
forze, migliorare debolezze e migliorare obiettivi di natura economica, competitiva e
relazionale.
Ci saranno clienti reali, di settori differenti, a cui Vodafone vende e vuole vendere, dovremo
studiare il cliente dal punto di vista di Vodafone per suggerire obiettivi ed azioni.
Concretamente vedremo i contenuti che caratterizzano un account plan.
Fase 1: Descrizione e analisi del Key Account
Primo punto fondamentale, cercare di capire strategia del cliente, come sta cambiando o
potrebbe cambiare. Concretamente, significa esplorare alcune componenti:
- Cosa: Strategia di valore in senso stretto, con quale offerta di prodotti e servizi, il
cliente chiave targetizza quali clienti.
- Chi: Contesto di riferimento dell’azienda, strategia di targeting a livello geografico e
per tipologia di clienti e canali. Mettere a fuoco il contesto di riferimento del cliente, a
quali mercati, a che clienti e settori si rivolge l’account.
- Come: Comunicazione, distribution, selling della propria proposizione
Come: Come cliente comunica con clienti? Che canali usa? Che canali di distribuzione? Come
sono? Sono aspetti importanti, quando faremo progetto Vodafone, potrebbero darci spunti
importanti per proposizioni di valore
Non solo considerare chi, cosa, come ma anche performance del cliente, vuol dire cercare di
capire come vanno le vendite, come va la performance economica, competitiva e relazionale
del cliente sui suoi mercati, se forte, debole, crescita o decrescita, se finanziariamente ha un
rating positivo o negativo, importante perché può aiutare a cogliere eventuali bisogni da
parte del cliente o segnalare opportunità e minacce per la nostra azienda. Un altro aspetto
che si considera è anche la dimensione competitiva, in G&S era in scala da 1 a 5, ma, sempre
di più si analizza il cliente pensando a chi sono i competitor. Analisi dei competitor del
nostro KA significa non solo mapparli, potrebbero essere sia diretti che indiretti (prodotti
sostitutivi), identificare se competitor sono leader, follower, se sono forti o deboli questi
competitor. Può essere indicatore di quali sono opportunità o minacce per il nostro cliente, le
sue forze e debelezze relativamente alla concorrenza. Analisi potrebbe segnalarci problemi
sul cliente che per noi magari sarebbero solo bisogni da soddisfare, quindi un’opportunità.
Altra cosa da monitorare è poi capire che competitor del cliente sono già nostri clienti e se
sono marginali o strategici.
L’analisi del cliente si muove sulla dimensione del chi, del suo ambiente di marketing, del
suo contesto di riferimento, il suo targeting, la sua value proposition, la sua strategia di value
communication, delivery and capture. Questo per costruire una sorta di SWOT
consulenziale, che è una sorta di campo base, ci si ferma, abbiamo parlato di chi, cosa , come
del cliente, cosa abbiamo imparato da ciò? Faccio la SWOT e cerco di convertire questi
elementi in potenziali bisogni, avremo modo di vedere poi con Guenzi, quando si analizza
cliente alla ricerca proattiva di bisogni legati a SWOT del cliente, questi si traducono in
potenziali benefici o di efficacia o di efficienza (cliente risparmia tempo). Lo studio del
cliente dovrebbe aiutare il KAM ad identificare questi elementi.
Vodafone ha 90/100 KAM, fino a 200 con ruoli di supporto, è molto carico di lavoro, prima
scelta è decidere clienti su cui è obbligatorio avere analisi approfondita. Non tutte aziende
formalizzano queste analisi, solo alcune lo fanno. Per altre è importante arrivare con mindset
analitico e formalizzare SWOT e account plan, chiedere di formalizzare 20 piani cliente
sarebbe troppo dispendioso. Account deve avere una check list di cose da chiedersi quando
va dal cliente, non deve andare a parlare di prodotti e servizi. Fino a qualche tempo fa
account manager di FCA preparava account plan di 100 pagine, anche IBM sta semplificando
il processo, documenti più snelli, perché clienti cambiano molto più velocemente e troppa
formalizzazione non aiuta a prendere le decisioni.
Cerco di capire dinamiche all’interno, identificare bisogni emergenti e quali per noi
potrebbero essere di grande interesse. Si collega ad una cosa che vedremo con Guenzi,
parlando di customer value, identificando ruoli e funzioni all’interno del cliente.
Un’indicazione su quello che inizieremo a vedere domani, altro aspetto che va analizzato del
cliente, che KAM fanno è mappa non solo di catena del valore ma anche proprio dei ruoli che
intervengono nei processi di acquisto, dell’uso di prodotti e servizi forniti dalla nostra
azienda. Si tratta di descrivere come si sviluppano i processi di acquisto del cliente. Quali
sono e come operano i diversi ruoli con cui ci interfacciamo e quelli con cui potremmo
interfacciarci? Che importanza hanno per il nostro business? Che livello di presidio abbiamo
per ciascun ruolo/persona? Quali sono gli elementi di nostra forza e debolezza che
ravvisiamo in queste relazioni?
Questo è un esempio di mappa analitica dei ruoli nel cliente, nominativo, ruolo, funzione,
anzianità, dove è localizzato, ed altre informazioni, ruolo nel processo d’acquisto. Qualcuno
valuta professionalità, se è importante nell’organizzazione, che posizione ha nei confronti
dell’azienda; i bravi KAM si preoccupano di assegnare ad ogni ruolo quali sono i supporter e i
nemici della nostra azienda e si possono dividere in Champion/promoter ed
Opponent/detractor.
Provare anche a ricercare benefici ricercati dal ruolo, il referente storico nostro, i contatti sui
nella nostra azienda ed i progetti di rilievo.
Queste poi trovano delle rappresentazioni, abbiamo visto matrice con nomi e chi è strategico,
operativo, marginale, istituzionale e ruoli con cui non si è in contatto
25/06/2020
Oggi finiremo il framework iniziato ieri, ieri avevamo visto:
- Fase 1:
- Analisi esterna, ottica consulenziale
- Analisi interna, self assessment della nostra azienda, importante perché ci
aiuta a porci una serie di domande per costruire la base su cui impostare un
piano sul cliente. Qual’è questa base? La SWOT analysis; ieri ne abbiamo viste
due, quella consulenziale (facoltativa) che serve a mettere meglio a fuoco
possibili opportunità etc per il cliente, senza dimenticarsi della prospettiva
della propria azienda (convertendo opportunità o minacce per noi). Self
assessment vuol dire come ci siamo comportati con il cliente, che effort, che
risultati. Ragionamento più semplice, ci si mette in discussione, alcune cose le
facciamo bene ed altre male.
Un KAM, quando inizia analisi sul cliente, deve aver chiaro cosa la sua azienda ha in testa,
cosa offro o potrei offrire, come lo offro (strategia di valore). Oggi ci verrà fatta presentazione
sull’offerta dell’azienda, poi verrà integrata dai KAM del nostro gruppo. Quando ho chiaro
cosa la mia azienda può offrire, guardo il cliente pensando a quello che potrei dare al cliente.
Una volta che ci siamo mossi nel mondo del cliente, dobbiamo farci delle domande, chi è il
cliente? A chi vende? Cosa vende? Come lo vende? Si fa perché il KAM deve andare a fondo,
cogliere degli insight del cliente, è una sfida di marketing calata nelle vendite. Questa
esplorazione, dovrebbe portarti a capire i “problemi” del cliente, non per forza negativi,
semplicemente qualcosa a cui serve una soluzione, magari sono opportunità del cliente da
sfruttare, oppure minacce per il cliente.
Altro aspetto importante, questa esplorazione della strategia del cliente, ci dovrebbe riparare
dal rischio di avere una visione troppo generale del cliente. Questa va poi declinata
all’interno delle aree della catena del valore, il bravo KAM, deve intercettare bisogni impliciti
ed espliciti, quelli di cui il cliente non ha preso coscienza, non è solo importante capire i
problemi del cliente, ma anche quali contano di più, quali prioritari.
Ragionamento deve essere preso in due dimensioni, opportunità e minacce per noi.
Questo è il primo pezzo dell SWOT, ma non è finita, devo fare l’analisi interna, mi devo
muovere da un’analisi del cliente ad una messa in discussione di me come venditore.
Obiettivo è leggere in termini di autocritica le proprie forze e debolezze. Questa parte è più
semplice della precedente. Valuto i miei risultati all’interno del cliente, risultati economici
(fatturato, volumi, margini, profittabilità, mix di fatturato, tassi di crescita negli anni),
competitivi (quota dello spending sul cliente - penetrazione) e relazionali (customer
satisfaction, net promoter score, cross ed up-selling). Poi si guarda agli effort commerciali e
non, non solo numero visite, proposte, tasso di vendita, customizzazione, grado di
dedicazione di risorse non solo commerciali.
Vedi slide per sintesi della performance sul cliente e della penetrazione sul potenziale.
Valutazione su vari aspetti. La valutazione del conto economico sul cliente, da sola non basta,
si deve valutare la performance competitiva, non si guarda solo la quota sul cliente, si deve
identificare all’interno del cliente quali sono i principali concorrenti dell’azienda.
Importante, questa analisi (sintetica), può essere molto articolata per certe aziende (es. Poste
Italiane business, che ha 3 linee di servizi molto diversi, logistica, assicurativo e bancario,
sono così diversi da avere competitor diversi), un account, quando rappresenta un’azienda
molto differenziata, si troverà nel cliente competitors molto diversi, nel caso di Poste dovresti
fare analisi per servizio postale, assicurativo e bancario, si valuta chi sono i concorrenti, che
posizione competitiva hanno, si cerca di capire quali sono i punti di forza e debolezza del
competitor. Dovrebbe segnalare cose importanti sul cliente, ci fa fare benchmarking, poi ci
aiuta a capire se all’interno del cliente ci possono essere opportunità o minacce (es. un
competitor nostro ha subito un’acquisizione che l’ha indebolito). Analizzo la mia forza
competitiva anche per capire se sul cliente ci sono opportunità/minacce legate a
comportamenti terzi.
Altra cosa da valutare è la relazione, può essere letta anche alla luce di un modello usato nel
KAM, che cerca di mettere su grafico tipo di relazione che c’è tra fornitore e KA in funzione
del livello di investimento nella relazione (in prospettiva fornitore e da parte del KA), misuro
indicizzando l’entità dello sforzo prodotto dalla mia azienda con il cliente e provo a
posizionare questo sforzo su quello che fa il cliente. Un caratteristica KAM è costruire
potenziali partnership non solo da punto di vista fornitore ma anche da parte del cliente,
partnership si fanno in due, modellino cosa dice? Su Y livello di investimento nostro, X
quello da parte del cliente. Si misura quanto business ci da, quante informazioni ci concede,
quanto è scalabile, si misura la propensione a negoziare sul prezzo. Devo andare a vedere
quanto Vodafone ha investito nella relazione e dall’altro lato il cliente; andando a creare una
scala si può vedere degli stadi della relazione; il primo, basico, early KAM, esprime relazione
con potenzialità ma acerba, c’è molta attrattività, entrambi non abbiamo ancora investito
molto, ad un livello intermedio si parla di KAM collaborativo, fornitore è un vendor, si
assiste a disponibilità da parte del cliente, collaborazione, maggior accesso a informazioni,
anche il fornitore da buon livello di customizzazione, dedica persone e team, si ha percezione
che si stia facendo qualcosa di strategico. Terzo livello è partnership, interdipendenza, si ha
percezione di essere stati bravi ad aver costruito delle barriere. Cliente interessato ad
approccio consulenziale, negozia sul prezzo ma percepisce il valore che fornitore riesce a dare
al cliente, area difficile, difficile rimanerci, aspettative del KA sono molto alte. Ultimo livello
“sinergistic” è situazione in cui KA e fornitore fanno joint ventures o si integrano a
monte/valle. Più comuni sono i primi 3, il KAM intermedio è rischioso, costoso per l’azienda
e si fa ancora fatica con certe cose, il cliente può ancora svincolarsi, è area su cui guadagni da
parte del fornitore non molto elevati, rischio che fornitore ci perda. Percorso può essere a
salire e a scendere. Due aree, alto sinistra e alto a destra, aree in cui ci sono investimenti ma
rischio di spreco di risorse strategiche.
[...]
SWOT: Attenzione a farla, non va presa nella sua sinteticità e presa sotto gamba,
presentando SWOT senza capo de coda, deve trovare riscontro e coerenza con deduzioni
derivanti da analisi precedenti, è il primo documento formalizzato nell’account plan, alcuni
partono direttamente da qui.
Altra considerazione, nella SWOT ci sono le numerazioni, cosa indicano? L’ordine di
importanza assegnato a ciascun elemento. Tra opportunità possono esserci bisogni impliciti
da soddisfare, potrebbero essere grandi opportunità, poi bisogni più o meno importanti.
Situazioni di minaccia derivanti dai competitor, abbiamo due possibilità, prima fare un
punto elenco senza ordine, seconda è quella di ordinare per importanza. Domanda, in
funzione di cosa lo fai il ranking? Si deve guardare la probabilità di concretizzazione e
l’impatto sull’organizzazione. Nella misura in cui osservo dei fenomeni che hanno alta
probabilità e impatto, significa che si deve fare un action plan di urgenza, fare cose in fretta,
sennò si rischia di perdere opportunità. Questo ragionamento si può usare per opportunità e
minacce, si ragiona su loro forza e debolezza. Le SWOT non si leggono a compartimenti
stagni ma in modo uniforme, io posso avere un impatto da parte di una forza sullo
sfruttamento di un’opportunità o una minaccia. In generale, SWOT può guidare 4 linee guida
tipiche di azione, sono strategie, consolidamento, riduzione, [...]
Parte conclusiva, action plan, si devono definire gli obiettivi.