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Agricoltura e neoruralità
Dicembre 2018
© 2019 Glocale. Rivista molisana di storia e scienze sociali, Edizioni Il Bene Comune
Tutti i diritti riservati
Registrazione al Tribunale di Campobasso 5/2009 del 30 aprile 2009
/ 14 / 2018
Indice
9 Agricoltura e neoruralità
di Rossano Pazzagli
FACCIAMO IL PUNTO
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IN MOLISE
6
Indice
STUDI E RICERCHE
163 Tra paure e speranze: il ruolo del web nella primavera libica
di Benedetta De Lisi
1. Introduzione
2. La società libica tra oppressione e povertà: la caduta del velo della paura
3. “La giornata della collera” e l’inizio della rivolta
4. Il doppio volto del World Wide Web: arma della rivolta e strumento di
divulgazione sociale e letteraria
5. Conclusioni
185 Il gruppo dirigente comunista e il centro-sinistra «organico»
di Massimiliano Marzillo
1. Prologo
2. La scelta moderata democristiana e la strategia del Pci
3. Longo e la strategia delle alleanze
4. Il Pci tra la Dc e il Terzo polo
205 L’arte bianca in Molise: una storia infinita?
di Ilaria Zilli
1. Alcune considerazioni introduttive
2. Le fonti
3. L’Arte bianca nel Mezzogiorno
4. “Maccaronai” e “pastai” molisani: una storia da reinventare
5. Campobasso e dintorni: storie di imprese ed imprenditori
6. Alcune considerazioni conclusive
227 Note sulla tradizione del pesce in Molise. Un itinerario storico-
geografico attraverso le carte d’archivio, secoli XVIII-XIX
di Maria Giagnacovo e Marco Petrella
1. Alcune riflessioni metodologiche
2. Alla ricerca di una tradizione del pesce attraverso le fonti
3. Una visione d’insieme: la Statistica Murattiana
4. I consumi privati
5. Per concludere…
243 Guido Vincelli ed il Fondo librario dell’ASCOM (Associazione
comuni molisani) della Biblioteca Albino di Campobasso
di Vincenzo Lombardi
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DIDATTICA
STORIOGRAFIA
297 Abstracts
305 Gli autori di questo numero
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/ 14 / 2018 / Studi e ricerche
di Ilaria Zilli
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/ 14 / 2018 / Studi e ricerche
2. Le fonti
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Zilli, L’arte bianca in Molise: una storia infinita?
4 Per una disamina dei documenti afferenti all’Anagrafe economica degli enti camerali si ri-
manda a Concetta Damiani, Un repertorio di fonti per la storia dell’industria molitoria a Napoli
nella prima metà del secolo XX, «Quaderni dell’Archivio Storico», Napoli 2016, pp. 65-88.
5 Elisabetta Bidischini, Leonardo Musci, (a cura di), Guida agli archivi storici delle Camere
di commercio, Roma, Ministero per i beni culturali e ambientali, Ufficio centrale per i beni
archivistici, Pubblicazioni degli Archivi di Stato, Strumenti, CXXVII, 1996, pp. 31-32.
6 Ilaria Zilli, Dall’energia idraulica all’energia idroelettrica: le trasformazioni tecnologiche
nel Molise fra ’800 e ’900, in Massimo Franco (a cura di), La flessibilità per l’Europa del
sud, FrancoAngeli, Milano 2002.
7 Id., Le economie dell’acqua. Risorse idriche e sviluppo nel Molise moderno (secc. XVIII-
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/ 14 / 2018 / Studi e ricerche
L’importanza del comparto delle farine e delle paste alimentari nel pano-
rama industriale delle regioni meridionali appare in realtà un dato ampia-
mente riconosciuto. La storiografia economica è concorde nel ritenere, tutta-
via, che lo sviluppo dell’industria delle paste alimentari in tutta la penisola, e
nel Mezzogiorno in particolare, fu relativamente lento sia prima che dopo
l’Unità9. Se l’industria molitoria, seppur senza significativi miglioramenti
delle tecniche adottate, registrò infatti già nel corso della seconda metà
dell’800 un notevole incremento sia in termini di volumi prodotti sia, seppu-
re in misura minore, in termini qualitativi, l’industria delle paste alimentari
restò, viceversa, nella maggior parte dei casi, più legata alle produzioni arti-
gianali, di qualità elevata, ma limitate nei volumi e soprattutto nella capacità
di ampliare la propria distribuzione10. Il caso molisano indubbiamente con-
ferma questo tipo di valutazione11.
Le ragioni della diversa dinamica di questi due settori, per altri versi stret-
tamente correlati, sono varie, sicuramente collegate al contesto territoriale in
cui operavano entrambe le tipologie di imprese, ma soprattutto alle diverse
caratteristiche della domanda di queste due produzioni.
Inizialmente il consumo delle paste alimentari, secondo la letteratura, era
peculiare soprattutto dei ceti contadini (come in parte è possibile verificare
anche nel microcosmo molisano), ma se si ragiona in termini di produzione e
commercializzazione di grandi quantitativi di paste, soprattutto secche, que-
sta tipologia di consumi appare viceversa tipica delle realtà cittadine e so-
prattutto di quelle di grandi dimensioni. Realtà queste ultime, ad eccezione
di Napoli, in gran parte assenti nelle regioni meridionali.
8 Maddalena Chimisso, Il caso de La Molisana: conversazione con l’ing. Carlone, «Gloca-
le, rivista molisana di storia e scienze sociali, Economie», 2011, 2-3, pp. 367-372.
9 Cfr. i saggi di Francesco Chiapparino, L‘Industria alimentare dall’unità al periodo fra le
due guerre,; Renato Covino, Gianpaolo Gallo, Roberto Monicchia, Crescita, crisi, riorganiz-
zazione. L’industria alimentare dal dopoguerra a oggi, in AA.VV., Storia d’Italia, Annali 11,
L’alimentazione, Einaudi, Torino 1998, rispettivamente alle pp. 207-268 e pp. 271-324.
10 François Sabban, Silvano Serventi, La pasta. Storia e cultura di un cibo universale, La-
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Zilli, L’arte bianca in Molise: una storia infinita?
Non è dunque un caso che il principale polo pastario del Mezzogiorno mo-
derno e contemporaneo, sia stato e sia il famoso distretto di Torre Annunzia-
ta e Gragnano, in Campania. Un’area che aveva potuto fondare il suo svilup-
po, non solo sulle particolari condizioni climatiche e sulla bravura dei suoi
pastai, ma soprattutto sulla vicinanza alla città di Napoli, che esprimeva una
ingente domanda di consumo di questo genere e con il suo porto consentiva
anche di esportare una parte crescente della produzione locale12.
Anche in questo distretto, comunque, come si osservava in precedenza, è solo
agli inizi del ’900 che si sarebbe avviato, come nel resto del paese, un processo
di vera e propria modernizzazione. Una trasformazione che prendendo le mosse
dall’utilizzo di nuovi macchinari e anche di nuove tecniche di essiccazione, ri-
chiese una trasformazione delle dimensioni delle imprese e dei loro assetti socie-
tari, che tuttavia non tutti i produttori furono in grado di sostenere13.
È interessante rilevare in proposito che è proprio in questi primi decenni
del sec. XX che si avvia, soprattutto nel Mezzogiorno, anche un processo di
internazionalizzazione delle imprese di questo comparto. In molti casi, è sta-
to infatti sottolineato come la spinta verso l’ampliamento produttivo, sia sta-
ta sollecitata dalla richiesta di questo bene da parte delle comunità dei nostri
concittadini emigrati oltreoceano, molti dei quali provenivano proprio dalle
regioni meridionali e non volevano rinunciare a questa loro tradizione ali-
mentare. Una domanda aggiuntiva importante, ma che non tutte le imprese
sarebbero state, per ovvie ragioni, in grado di cogliere.
In generale, quando si parla dello sviluppo dell’industria della pasta del Mezzo-
giorno si finisce quasi inevitabilmente per identificarla con la storia dell’industria
della pasta campana. Ed in effetti – come si è detto – è intorno a Napoli che era
fiorito uno dei distretti pastari più noto e riconosciuto al di fuori dei confini regio-
nali e nazionali. Ed è anche vero che le fasi di crisi e sviluppo di quest’area rappre-
sentano in realtà, nonostante tutto, un buon modo per raccontare le difficoltà che
ha affrontato il settore molitorio e pastario del Mezzogiorno. Tuttavia la storia del-
la pasta non dovrebbe esaurirsi a quella del distretto campano.
La provincia di Napoli vantava certo un’antichissima tradizione, che andava
indietro ai già citati “maccaronari” napoletani, una delle corporazioni attive e
riconosciute nella città alla fine Settecento14. Ma la presenza di “maccaronari”,
Napoli 1920.
13 Fu proprio il determinarsi di questo processo di meccanizzazione e di aumento delle di-
mensioni aziendali che, più evidente e rapido nelle regioni centro settentrionali della penisola,
avrebbe avuto poi inevitabili effetti di lungo periodo su quelli che possiamo definire gli equi-
libri produttivi fra nord e sud; cfr. Valeria.Giordano, L’arte bianca. Mulini e pastifici dal-
l’Unità al fascismo, in Augusto Vitale (a cura di), Napoli. Un destino industriale, Camera di
Commercio, Napoli 1992.
14 Ma secondo alcuni, addirittura, chi si occupava di arte bianca aveva, sin dal Duecento, un
ruolo quasi sacrale nella vita cittadina, se è vero come ci raccontano le cronache che ad indos-
sare il camice bianco erano, oltre ai sacerdoti ed ai medici, solo i mugnai.
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Prodotti Alimentari delle Provincie Continentali del Regno delle due Sicilie, s.t., Napoli 1856.
17 Paola Gargiulo, Lea Quintavalle, L’industria della pastificazione a Torre Annunziata e
Amatori, Andrea Colli (a cura di), Sistemi locali in Italia tra Ottocento e Novecento, Il Muli-
no, Bologna 2001.
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Zilli, L’arte bianca in Molise: una storia infinita?
Le dinamiche del settore delle paste industriali appena descritto per la real-
tà campana, vale nelle grandi linee anche per il Molise e per i pastai molisa-
ni, anche se ovviamente, mancando ai produttori locali un grande mercato
come quello napoletano e mancando un grande porto, in generale la produ-
zione era molto più limitata e destinata a soddisfare soprattutto la domanda
del territorio.
20 Augusto De Benedetti, Il tempo dell’industria, in Augusto Vitale (a cura di) Napoli, un
destino industriale, CUEN, Napoli 1992.
21 Cfr. Statistiche. Le statistiche sull’industria molitoria, in “Informazioni SVIMEZ” 28/1953.
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In comune le due realtà avevano certo avuto, nel passaggio fra età moderna
e contemporanea, la presenza capillare di piccoli mulini e pastifici artigianali
legati ad una sfera di consumo strettamente locale, e soprattutto la disponibi-
lità di una materia prima a buon mercato grazie alla diffusione della cereali-
coltura nelle campagne22.
La secolare tradizione cerealicola aveva, infatti, nei secoli, soprattutto in
Molise, determinato uno sviluppo di numerosi piccoli impianti molitori in
quasi tutte le comunità (anche se con significative concentrazioni in alcune
aree), così come di botteghe artigiane che producevano inizialmente in pre-
valenza pasta fresca.
Per l’età moderna le fonti che si possono utilizzare per documentare la pre-
senza di questi impianti produttivi sono essenzialmente gli apprezzi feuda-
li23, i relevi24 e i catasti onciari25, che ci riportano appunto di mulini, forni,
panetterie e di qualche “maccheroneria” nelle comunità del Contado di Mo-
lise, come allora era denominata la futura provincia e poi regione Molise.
Nel corso del secolo XVIII, come documentano queste fonti, è sempre più
Campobasso con il suo circondario ad affermarsi come il cuore della produ-
zione granaria locale e di conseguenza anche dell’industria molitoria. Essen-
do anche uno dei centri più importanti dell’area non stupisce neanche che fra
le sue numerose botteghe vengano menzionate anche quelle dei primi pastai.
A partire dai primi dell’800 le notizie sulla produzione delle paste alimen-
tari aumentano grazie al massiccio impegno statistico dei nuovi governanti
francesi del Regno. Come è noto, a partire dalla Statistica Murattiana del
1811, i dati raccolti dalle Intendenze, soprattutto al fine di valutare le risorse
economiche e produttive delle province, si moltiplicarono.
Per quanto riguarda il Molise, neonata provincia proprio grazie al nuovo
Governo, sappiamo, ad esempio, che il numero di «maccaronaj» censiti tra
22 Michele Tanno, Grano e società rurale nel Molise: prodotti e valori da scoprire, Studio
Cocozza, Elisa Novi Chavarria (a cura di), Comunità e territorio. Per una storia del Molise mo-
derno attraverso gli apprezzi feudali (1593-1744), Palladino, Campobasso 2015, pp. 31-41.
24 Maria Natalina Ciarleglio, I feudi del Contado di Molise. Inventario analitico dei relevi
oggi sono pochi gli studiosi che si sono dedicati alla loro analisi, le prime indagini risalgono
agli inizi degli anni Ottanta, si vedano i contributi di: Angela Annarumma, I massari e le mas-
serie in Capitanata (vol. II, pp. 487-503); Liborio Casilli, Una vigna a Campolieto (vol. II,
pp. 379-386) e Id., Patrimonio zootecnico ed emergenze sociali in una zona del Molise (vol.
II, pp. 505-515); Marco Colucci, Attività agricola e classi sociali a Larino e Casacalenda nel-
la seconda metà del Settecento (vol. II, pp. 515-526), in Mirella Mafrici (a cura di), Il Mezzo-
giorno Settecentesco attraverso i catasti onciari, Esi, Napoli, 1986. In anni più recenti alcuni
studiosi locali hanno pubblicato qualche altro catasto (v. Pietro Mario Pettograsso, Clorinda
Colalillo, Il catasto onciario di Bojano del 1743 – Note socio-demografiche, economiche e
culturali, Sepino 2010), ma molti restano inediti e comunque non utilizzati appieno.
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Zilli, L’arte bianca in Molise: una storia infinita?
scrizione topografica fisica economico-politica de’ reali dominj al di qua del faro nel Regno
delle Due Sicilie), Napoli 1836, p. 39.
28 Maria Iarossi, Oltre il grano, Palladino, Campobasso 2015, pp. 113-114.
29 Cfr. sul tema Giorgio Palmieri, Le monografie municipali molisane. Una rassegna della
recente produzione (1990-1995), «Rivista storica del Sannio», 1995, 3, pp. 247-255; Id.,
Aspetti della storiografia molisana nella seconda metà dell’Ottocento, «Almanacco del Moli-
se», 2003, 31, pp. 27-62; Id., La storiografia molisana alla metà del Settecento: alcuni punti
di riferimento, in Renata De Benedittis (a cura di), Verso la modernità. Il Molise nel tardo
Settecento, Vereja Edizioni, Benevento 2009, pp. 505-517.
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30 Celestino Mucci, Sepino, in Filippo Cirelli (a cura di), Il Regno delle Due Sicilie descritto
ed illustrato, Stab. Tip. di Tiberio Pansini, Napoli 1856, si cita dalla ristampa anastatica a cura
di S. Abita, Paparo, Napoli 2006, pp. 8-9.
31 Gustavo Strafforello, La Patria. Geografia dell’Italia, “Abruzzi e Molise”, vol. IV, parte 2ª,
Circondario di Campobasso (pp. 316-327) e Circondario di Isernia pp. 331 e sgg., Torino 1899.
32 Cfr. Id., La Patria. Geografia dell’Italia, cit.; G. Mancini, Casacalenda, in F., Cirelli (a
bio Bettoni, Augusto Ciuffetti (a cura di), Energia e Macchine. L’uso delle acque nell’Appenino
centrale in età moderna e contemporanea, quaderno monografico di «Proposte e ricerche»,
35/2009; I Quaderni di «Patrimonio Industriale/Industrial Heritage», 2/2010, Crace, Terni 2010.
34 Pietro Rescigno, Diario Sepino 1800-1900. Fatti personaggi e frammenti di vita, tra cro-
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Zilli, L’arte bianca in Molise: una storia infinita?
«Sono sorti ovunque molini, frantoi e pastifici, che non hanno nulla da invi-
diare ai congeneri preesistenti altrove e piazzano il supero della propria pro-
duzione soprattutto nell’Italia centrale. Importantissimi fra i pastifici e i mo-
lini, quello dello Scarano (Trivento), del Maddalena, del Milano, del Giovi-
nazzi (Isernia); del Colagrosso (Boiano); del Battista e del Colagiovanni (La-
rino); del Guacci (Campobasso); del Luciani (Monenero di Bisaccia); del
Banch e C.i (Sepino); della ditta Barnello e del Ranaudo (Casacalenda); del
De Cosmo e C. (Ripabottoni) […]»35.
35 Gianbattista Masciotta, Il Molise dalle origini ai nostri giorni, voll. I, L. Pierro e Figlio,
Le città del Regno di Napoli. Studi storici dal 1980 al 2010, Editoriale Scientifica, Napoli 2011.
37 Lo stabilimento era situato in prossimità della stazione ferroviaria e veniva azionato da un
ni a Casalciprano, Castropignano, Matrice, Riccia, S. Elia a Pianisi, Sepino, Trivento nel cir-
condario di Campobasso; nel terzo volume menziona analoghi impianti a Capracotta, Chiauci,
Isernia, Monteroduni e Rocchetta al Volturno, località appartenenti al Circondario di Isernia. I
soli pastifici citati in questi volumi sono quelli esistenti di Sepino, Trivento ed Isernia già ri-
portati nel primo volume (Giambattista Masciotta, Il Molise dalle origini ai nostri giorni, voll.
II, Il Circondario di Campobasso, L. Pierro e Figlio, Napoli 1915, p. 356)
39 M. Chimisso, La tradizione dei pastai, in Renato Lalli, Norberto Lombardi, Giorgio Palmie-
ri (a cura di), Campobasso capoluogo del Molise, vol. I, Palladino Editore, Campobasso 2008.
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«Sembra che il primo pastificio fosse impiantato nel 1860 dalla famiglia
Maddalena, di origine carovillese; seguirono a breve distanza i pastifici Cri-
scuoli e Passarelli. [...] Alla fine del secolo scorso [XIX] la forte richiesta in-
dusse le varie ditte a migliorare le attrezzature con macchine veramente ra-
zionali: il che portò uno straordinario miglioramento qualitativo che fece en-
trare le nostre paste alimentari sui mercati delle principali città italiane»42.
40 Tra i più importanti impianti della provincia di Campobasso figuravano il pastificio di Nico-
la Carlone (con 8 operai e 20 HP di forza motrice); quello di Andrea Martino (con 5 operai e 20
HP di forza motrice) e quello dei fratelli Pavone (con 6 operai e 120 HP di forza motrice).
41 ASCb, Camera di Commercio I, b. 41, fsc. 895.
42 Antonio M. Mattei, Storia d’Isernia, vol. III, Dai Borboni alla II guerra mondiale, Athe-
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Zilli, L’arte bianca in Molise: una storia infinita?
Questo è in particolare vero per il pastificio dei Fratelli Maddalena che viene
menzionato per i riconoscimenti ottenuti in occasione della Fiera Campionaria
di Milano del maggio 1923, dove, nel Padiglione del Molise, visitato anche dal
Re Vittorio Emanuele III, erano in mostra «le eccellenti paste alimentari (che
sovrastano, nel confronto, sui generi analoghi di altre case, favorite da maggior
fortuna) del Cav. Sciarra e dei fratelli Maddalena»43.
In effetti l’esistenza di questi impianti e la qualità superiore delle paste da
essi prodotte trova riscontro anche in altre cronache locali precedenti. Ad
Isernia tra le principali industrie «si impone, per importanza di produzione
qualitativa e quantitativa, quella delle paste alimentari», scriveva Turco alla
fine degli anni Quaranta, e, per meglio supportare questa sua affermazione,
in una nota, specificava:
«L’industria delle paste alimentari si ebbe nella nostra città poco dopo il 1860
e fin dall’inizio la produzione dei primi tre pastifici – Criscuoli, Passarelli,
Maddalena – fu unanimemente considerata ottima dai consumatori. In pro-
gresso di tempo vennero impiantati gli altri pastifici Sciarra, Fantini, Milano
e Orlando, che consentirono di raddoppiare la produzione. Questa subì mag-
giore incremento alla fine del secolo scorso [XIX] e fu avvertita la necessità
di costruire edifizi appositi al fine di attrezzarli con impianti veramente ra-
zionali. La produzione aumentò ancora, migliorando anche qualitativamente,
per soddisfare le continue commissioni di moltissime ditte domiciliate nelle
principali città italiane. Dal 1920 al 1935 le nostre paste alimentari acquista-
rono rinomanza all’estero – specie negli Stati Uniti d’America –, ove vennero
esportate frequentemente in casse, per forti quantitativi, il che determinò la
creazione di speciali tipi di esportazione. I pastifici oggi esistenti – sette in
tutto – sono di proprietà dei sigg. Fantini, Maddalena, Milano (gestito dalla
ditta Carile & d’Apollonio), Rossi e Sciarra»44.
Sono proprio queste notizie che vengono riprese e confermate anche dal
Mattei: «In prosieguo di tempo, si ebbero altri stabilimenti impiantati dagli
Sciarra di Fara S. Martino (Ch), Fantini, Milano, Orlando e Rossi provenien-
ti da Pettoranello»45.
Proprio Antonio M. Mattei cercò di individuare gli elementi che avevano
determinato il sorgere, il fiorire e poi il declinare della produzione pastaria
isernina. Il declino, a suo avviso iniziato dopo la II Guerra Mondiale e con-
clusosi con la chiusura dell’ultimo pastificio, uno dei più antichi della città,
43 Ibidem.
44 Ermanno Turco, Isernia in cinque secoli di storia, Miccoli, Napoli 1948, p. 99.
45 Queste notizie vengono riprese anche dal Mattei: «In prosieguo di tempo, si ebbero altri
stabilimenti impiantati dagli Sciarra di Fara S. Martino (Ch), Fantini, Milano, Orlando e Rossi
provenienti da Pettoranello», A.M. Mattei, Storia di Isernia, cit., pp. 365-366.
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quello dei Maddalena negli anni Settanta, era infatti secondo lui dovuto a più
fattori, non tutti controllabili da parte degli imprenditori locali.
Le ragioni della crisi delle industrie della pasta molisane andava inquadra-
ta, infatti, nelle difficoltà complessive registrate da tutta l’economia locale
nel corso degli anni Cinquanta46. Difficoltà che si erano protratte anche negli
anni del Miracolo economico e che in effetti avevano determinato – come è
noto – anche la ripresa dei flussi migratori dalla regione verso altre aree47.
Nel caso specifico delle industrie della pasta, a questa ragione più generale,
ne andavano aggiunte altre connesse alle caratteristiche del settore. La mag-
gior parte dei pastifici isernini era di ridotte dimensioni e utilizzava macchi-
nari e tecniche produttive tradizionali48. Queste imprese non sarebbero state
in grado di affrontare la concorrenza sempre più spietata da parte dei grandi
produttori delle paste industriali attivi nelle regioni centro-settentrionali, che
si andava ad aggiungere a quella dei pastifici della vicina Campania, dove il
settore era in continua, anche se non sempre facile, espansione.
La guerra aveva, dunque, inferto un primo colpo ai pastifici storici isernini e
campobassani, perché, a conflitto finito, essi si erano ritrovati nella necessità
di sostenere i costi di ricostruzione degli stabilimenti industriali danneggiati
durante la guerra. Nei primi anni dopo la guerra divenne inoltre più difficile e
costoso procurarsi le materie prime necessarie ai processi di lavorazione, no-
nostante la diffusione della cerealicoltura nella zona. Quello che emerge, tutta-
via, chiaramente, se si guarda con attenzione alle vicende di questo periodo, è
che il nodo di fondo di questo comparto risiedeva soprattutto nelle dimensioni
aziendali ridotte, che condizionavano la capacità produttiva e soprattutto la ca-
pacità di proiettarsi verso mercati diversi da quello locale.
Il censimento industriale del 1951 confermava nella allora provincia di
Campobasso l’assenza di una grande industria e il carattere spiccatamente
artigianale delle piccole attività presenti. Ma forniva anche una indicazione
interessante sui processi di ammodernamento e di ampliamento di impianti
nelle industrie operanti nel campo molitorio e delle pastificazione49.
Solo negli anni Sessanta, superati i problemi connessi all’approvvigiona-
mento della materia prima (il grano duro), si sarebbe però realmente avviato
un più rapido sviluppo del settore molitorio e pastaio nella provincia. L’en-
trata in vigore del Piano Regolatore del Comune di Campobasso, sul finire
46 Cfr. Giorgio Palmieri, Lo sguardo sul Molise negli anni Cinquanta: indagini, studi, rap-
presentazioni, «Rivista giuridica del Molise e del Sannio», 2017, 1, pp. 251-289.
47 Cfr. Norberto Lombardi, I molisani tra vocazioni transoceaniche e richiami continentali,
Molise, L’arte bianca. Mulini e pastifici dall’Unità al Fascismo, «Glocale, rivista molisana di
storia e scienze sociali, Economie», 2011, 2-3, pp. 399-410.
49 ASCb, Camera di Commercio II, b. 89, fasc. 1.500.
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Zilli, L’arte bianca in Molise: una storia infinita?
Si è visto nelle pagine precedenti come, negli anni Venti, il comparto della
pastificazione era considerato tra i più fiorenti della regione, e come, soprat-
50 Angelo Belligiano, Annamaria Tartaglia, La Filiera del grano duro in Molise, «Economia
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51 ASCb, Camera di Commercio I, b. 85, fasc. 1.618, Relazione statistica per l’anno 1929.
52 Ivi, b. 89, fasc. 1.634.
53 Ivi, b. 41, fasc. 895.
54 Ilaria Zilli, L’economia nell’Ottocento, in Gino Massullo (a cura di), Storia del Molise in
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Zilli, L’arte bianca in Molise: una storia infinita?
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riuscita, ma solo nei prossimi anni si potrà valutare l’efficacia di una politica
aziendale che sembra finalmente aver trovato il modo di uscire dalle secche
che il mercato locale hanno nei decenni fatto arenare molte imprese molisane
di questo settore, ma non solo.
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Zilli, L’arte bianca in Molise: una storia infinita?
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