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Branding City

di Maurizio Carta

(pubblicato su Balarm, n.27, 2012)

Il binomio cultura e sviluppo trova nelle città la sua migliore dimostrazione e le opportunità per
generare economie. La città è infatti oggi la forma prevalente dell’abitare, assumendo sempre più il
ruolo di motore dello sviluppo, propulsore del dinamismo delle comunità, innovatrice di stili di vita.
Se le città sono sempre più spesso potenti magneti che attraggono la classe creativa mondiale
(architetti, designer, artisti, inventori, artigiani, etc.), non possiamo più accontentarci di questo
ruolo passivo. Abbiamo l’obbligo di “generare” creatività urbana che diventi alimento di cultura,
generatrice di economie e creatrice di nuova città e non semplice attrattrice di risorse intellettuali.
Un’efficace politica culturale deve contribuire al potenziamento della “competitività” nei rispettivi
mercati del sistema di imprese culturali già esistenti (musei, teatri, musica, multimedia, etc.) e
all’incremento della attrattività della città come sede di nuovi attori, soprattutto se di livello
internazionale (gli investimenti mondiali di Guggenheim, Tate e Louvre lo dimostrano). Il primo
obiettivo riguarda lo stimolo alle capacità produttive del tessuto imprenditoriale connesso alle
attività creative, mentre il secondo non può che essere affrontato attraverso adeguate strategie di
“placement” e di rafforzamento della “credibilità” internazionale. Nella competizione tra le città nel
settore dell’economia creativa un fattore determinante è il loro “brand”, cioè l’immagine percepita
della loro vitalità, della loro qualità e delle loro potenzialità. Oggi, infatti, sempre più rilevante nelle
decisioni localizzative degli investitori nella cultura, negli eventi e nel tempo libero, è la posizione
della città nel “City Brands Index” elaborato da Simon Anholt. Essere nei primi posti della classifica
della notorietà urbana equivale – talvolta supera – l’assegnazione di un alto rating da parte delle
agenzie finanziarie, poiché sposta notevoli flussi di investimenti, imprenditori, turisti e nuovi abitanti.
Naturalmente non basta un’alta “reputazione”, ma occorre impegnarsi per stimolare gli effetti
positivi del Brand sulla qualità della vita e sul benessere. E’ vero che economie creative efficaci
sono in grado di produrre notevoli entrate nei bilanci pubblici e soprattutto privati, ma devono
essere in parte redistribuite ed utilizzate per pagare i costi dei servizi pubblici e
dell’infrastrutturazione, in un circuito virtuoso tra “creative economy” e “welfare” che consolida
l’attrattività della città.
E la dimostrazione che la cultura genera sviluppo viene dai numeri che stanno dietro l’economia
della creatività: nel mondo vale il 7% del PIL, con una crescita annua del 7% (pressoché immune
alla crisi). In Europa 5,8 milioni di persone lavorano nei settori creativi ed il solo settore della
comunicazione e del design produce ogni anno 650 miliardi di Euro (il 2,6% del PIL). Fino al 2013
l’UE ha destinato 57,7 miliardi di Euro alle attività culturali ed all’innovazione. Numeri che nella loro
concretezza ci prospettano un orizzonte di grande impegno per le nostre città, e che impongono di
tradursi in occupazione, in miglioramento del livello di professionalità, in sviluppo del tasso di auto-
imprenditorialità, in ingresso dei giovani talenti nel mercato del lavoro. Numeri che devono tradursi
anche in progetti di qualità, come è avvenuto a Londra con l’Oxo Tower District, a Marsiglia con
l’Euroméditerranée, a Lione con il progetto per l’isola della Confluence, a Newcastle con la
riqualificazione di Tyneside, o a Liverpool con il Paradise Project, o ancora ad Amburgo con
HafenCity.
La “città creativa” è ormai una componente della contemporaneità, strumento ricorrente per
disegnare visioni, definire politiche e guidare progetti e sono sempre di più le città che mirano a
dotarsi di cultural hub per essere maggiormente attrattive e dinamiche, e quindi più vivibili: l’aspra
competizione per diventare Capitale della Cultura o entrare nella World Heritage List lo dimostra.
Joseph Rykwert, professore emerito alla University of Pennsylvania, in un suo libro descrive la
potente forza attrattiva dell’identità culturale e della “seduzione dei luoghi”. E tutti noi dobbiamo
impegnarci perché le nostre città tornino a sedurre i loro abitanti, attraendoli ed accogliendoli,
proteggendoli e stimolandoli, e perché la bellezza torni ad abitarle.

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