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Psicologia dello sviluppo

La psicologia dello sviluppo studia lo sviluppo del funzionamento psichico umano, l’evoluzione e il
cambiamento del comportamento umano nell’arco della vita, mediante la psicologia. Si occupa quindi di
studiare i meccanismi che permettono al comportamento umano di cambiare ed evolversi, dall’infanzia
all’età adulta.

“Il settore della psicologia dello sviluppo si interessa allo studio dello sviluppo tipico ed atipico delle
competenze cognitive, linguistiche, sociali, affettive e relazionali e dei processi che lo determinano in una
prospettiva ontogenetica che include l’intero arco della vita.” -MIUR 2012

Tale evoluzione un tempo si pensava fosse propria e avvenisse massivamente in età


infantile/adolescenziale; oggi si è scoperto di come sia un processo molto più lungo e complesso, che
involve ogni età della vita umana; anche l’adulto si evolve, e persino in età senile non vi è un semplice
lasciarsi andare, bensì un adattamento alle nuove condizioni fisiologiche-sociali.

Lo sviluppo umano comprende periodi di :

Crescita: intesa come evoluzione, non quindi strettamente collegata solo all’età evolutiva
infantile/adolescenziale;
Mantenimento/decadimento: età adulta;
Involuzione: ultima parte della vita

in cui cerca attivamente di adattare il funzionamento dei propri processi e funzioni mentali in base alle
proprie risorse e alle richieste dell’ambiente.

La psicologia dello sviluppo fino a 20 anni fa coincideva con lo studio dell’infanzia e dell’adolescenza, questo
perché sia l’età adulta era vista come un punto di arrivo e di fine dello sviluppo, sia i cambiamenti infantili
sono molto più rapidi, intensi e facilmente individuabili rispetto ai cambiamenti delle età successive.

Per quanto riguarda l’età infantile, è normale come la sua percezione cambi a seconda di come è vista
dagli adulti di una determinata epoca. Oggi l’infante viene visto come un individuo che necessita di
protezione, di cure, su cui riversare tutto l’impegno affinché possa avere il massimo delle opportunità, sia
messo in condizione di crescere nella massima realizzazione di suoi bisogni in modo tale che si sviluppi al
meglio.

Bimbo felice  (diventerà) Adulto felice.

Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, UNICEF (approvata dall’Onu nel 1989 e riconosciuta
in Italia nel 1991)

Speciale protezione, godere di possibilità e facilitazioni


Se in condizione di necessità ha il diritto di ricevere trattamenti, educazioni o cure speciali per la
sua condizione
Diritto di amore e comprensione
Diritto all’educazione
Protezione contro ogni forma di crudeltà, abuso, negligenza e sfruttamento

È inevitabile che nell’adulto si manifesti un riflesso spontaneo ed involontario emotivo nel momento in cui
un infante richiede aiuto, questo perché l’uomo è una specie animale che cresce e alleva i propri cuccioli
(eccetto casi particolari di depressione post-parto o psicopatologie); dal punto di vista culturale, però, non
è stata elaborata una visione del mondo incentrata sui bisogni dell’infante fino all’epoca post industriale
contemporanea.
Prima infatti l’infanzia terminava nel momento in cui si diventava in grado di provvedere ai bisogni della
famiglia (uomo) o alla maturità riproduttiva (donna)  seguendo condizioni biologiche, con risultato di
acquisizione precoce di ruoli adulti e visione dell’infanzia come minorazione.

Così come anche l’adolescenza non veniva presa in considerazione come vera e propria età di passaggio,
bensì come periodo di instabilità prettamente maschile. Viene portata in psicologia solo intorno al 1904 da
Stanley Dee.

In generale possiamo dire che sia l’elaborazione culturale che la valutazione psicologica delle diverse età
cambia di secolo in secolo.

 Prospettive storiche sull’infanzia


Medioevo: diverso dall’adulto, il bambino è visto come impuro perché prodotto del peccato
originale. Anche in seguito l’educazione e la socializzazione vertevano a correggere gli errori di
comportamento, stimolati da un andamento negativo intrinseco (cattiveria intrinseca);
Teoria empirista illuminista per cui il bimbo è una tabula rasa, e sono poi gli adulti ad influenzarlo
negativamente o positivamente in base all’educazione che ne deriva;
Rousseau e la teoria del buono intrinseco: l’infante nasce buono, è poi il mondo a fargli conoscere
il male ed eventualmente influenzarlo negativamente;
La psicologia infantile si sviluppa a inizio 1900, in seguito allo sviluppo della pedagogia (XIX e XX
secolo), e le teorie freudiane (il bambino è il padre dell’uomo). Freud sostiene che molte malattie
nevrotiche degli adulti dipendono da avvenimenti problematici /scioccanti nell’età infantile. Il
bambino infatti passa attraversi alcune fasi fisiologiche sessuali, fino al superamento del complesso
di Edipo nel rapporto con le figure parentali.
Inizia a venire considerata come età speciale da tutelare elaborazione politiche attive per
l’infanzia e tutele legali speciali per i minori.

La concezione che abbiamo odierna dello sviluppo infantile, dell’infanzia come età ricca e significativa,
importante per lo sviluppo dell’adulto, come età specifica che necessita di tutela e protezione da parte
della società, è una concezione molto recente, in divenire. Ciò che noi consideriamo come infanzia ed età
adolescenziale è qualcosa che si costruisce nella cultura contemporanea. L’infanzia che vediamo oggi non
sarà vera per sempre, non può essere un dato oggettivo, e cambierà così come è cambiata nel corso del
passato.

Fin a poco tempo fa infatti, si considerava l’età adulta come un punto di arrivo, di stop dell’evoluzione
dell’individuo; oggi invece tale principio viene messo in dubbio, in particolare proprio dalla psicologia dello
sviluppo, anche se nella cultura ancora prevale tale idea, così come si considera la vecchiaia un processo di
decadimento e non di cambiamento ed adattamento alle nuove condizioni.

Noi siamo continuamente soggetti a interazioni fra forze e processi biologici innati (derivanti da processi di
evoluzione) e processi sociali, che fanno in modo che ciascuno dei gruppi umani elabori una propria cultura
che verrà poi tramandata per assicurare l’omogeneità del gruppo, affinché tutti cooperino per raggiungere
gli stessi obiettivi (distinzione e diramazione delle culture).

Periodi evolutivi
Data l’idea dell’adulto come punto di arrivo, i periodi di sviluppo sono stati considerati solo dalla nascita alla
fine dell’adolescenza.

Prenatale: dal concepimento alla nascita


Neonatale: 0-30 gg. Anche dal punto di vista medico il rischio di morte è più probabile (anche se
oggi a livello medico ci sono abbastanza sicurezze e conoscenze tali da evitare questa eventualità -
almeno nel mondo occidentale).
Prima infanzia: dal secondo mese di vita ai 2 anni (18/24 mesi)
Seconda infanzia, o early childhood: fino ai 5/6 anni
Fanciullezza, middle childhood and pre-adolescence: 6/10-11
Adolescenza: early (11/13-14) e middle (14/18-19)

Ovviamente non per tutti gli individui tali periodi sono seguiti rigorosamente. Qui si pone il problema della
differenza fra transizione sociale e maturazione biologica.

Maturazione: processo determinato dal patrimonio genetico e che si esprime attraverso processi
metabolici che spingono il nostro corpo a cambiamenti (crescita ossea, muscolare, riproduzione cellule
nervose). In particolare nell’adolescenza il maggior cambiamento è l’evoluzione puberale, che porta
l’individuo ad essere capace di riprodursi, e quindi allo stato fisiologico dell’adulto (raggiunto in media
attorno ai 12/13 anni).

Dal punto di vista sociale però, a 12 anni non si è adulti, poiché tutta la serie di sviluppi e capacità del
nostro sistema psichico non sono raggiunti a quell’età; si è ancora in una fase di crescita ed elaborazione.
L’età adulta viene considerata raggiunta quando si sviluppano capacità che permettono di capire
all’individuo cosa deve fare, cosa è richiesto che un adulto faccia all’interno della società.

Si aggiunge quindi un periodo evolutivo lungo, corrispondente alla middle adolescence, che non coincide
con nessun cambiamento biologico importante, ma piuttosto con un’evoluzione a livello cerebrale,
sviluppo di meccanismi cognitivi e di riflessioni propri per il raggiungimento dell’età adulta.

Periodi evolutivi nell’arco della vita


L’evoluzione va oltre quindi l’adolescenza stessa  con il passare del tempo certi passi compiuti nel
periodo adolescenziale vengono “allungati” (ad esempio il raggiungere l’autonomia economica, il
mantenere una famiglia).

Emerging adulthood: dai 20 ai 29 anni. Si è venuta a creare nella società contemporanea, è un età
di passaggio in cui non si è ancora del tutto adulti, ma nemmeno adolescenti (Arnett, 2000). È in
questo periodo che si costituisce realmente l’età adulta. Anche dal punto di vista fisiologico si è
comunque provato che cambiamenti e sviluppi neurologici continuano in questo arco d’età.
costruzione della propria identità.

Esistono però processi di revisione e rielaborazione della propria identità; anche questo quindi è un
processo che può cambiare nel corso della vita, può portare a ridefinire il proprio ruolo e la propria figura,
in qualsiasi momento della vita, a prescindere dall’età.

Adulto: individuo che è in grado di svolgere in autonomia aspetti della vita che la società considera
necessari alla vita e all’esistenza stessa, anche se è una definizione molto grigia ed indefinita.

Biologia e DNA programmano cambiamenti che ci permettano di rimanere in vita, perciò sono sia
autonome, ma allo stesso tempo in minima parte condizionate dall’ambiente.

Plasticità dell’organismo: capacità di adattamento biologico e psicologico all’ambiente in cui viviamo.

Fino ai 25 anni c’è un miglioramento di stati biologici del cervello, ecco perché si ha un picco intorno a
quell’età, nelle capacità evolutive mentali.

L’età non è tutto

Sviluppo umano come processo continuo che dura tutta la vita, con fasi che possono anche cambiare
radicalmente, ma non periodizzate seguendo l’età.

In uno studio americano del 2017 fatto sugli adolescenti è possibile notare come sia stato registrato un
declino della frequenza di svolgimento di attività da adulto negli adolescenti, considerando in particolare
attività quali il partecipare ad appuntamenti con partner, il bere, il lavoro remunerato e il guidare. Per
ognuna di tali attività si assiste ad un declino di frequenza nei tempi più recenti in particolare per i più
giovani (intorno ai 13, 15 e 17 anni).

Periodi e percorsi evolutivi nell’arco della vita


Lo sviluppo è da intendersi come un processo di apprendimenti che si vanno a sommare fra di loro, che si
migliorano di volta in volta, a mano a mano che si aggiungono a quelli già immagazzinati.

Studio: come cambia l’autostima delle persone nell’arco della vita?

Dai grafici è possibile notare come lo sviluppo non avvenga in modo lineare, né per stadi.

 metanalisi: rianalizzo i dati prodotti da altri (dati secondari), cumulativamente si costruisce ciò che si sa
su un certo fatto. La metanalisi consiste nel recuperare tutti gli studi fatti su una certa questione ed
analizzare complessivamente tutti i dati di tali singole ricerche.

Lo studio dello sviluppo


Quando parliamo di studio della formazione della coscienza sullo sviluppo umano partiamo da secoli fa, già
dai filosofi greci fino ai giorni nostri. Il problema fondamentale si pone nel metodo di indagine, riguardo al
quale vediamo contrapporsi alla speculazione filosofica la scienza empirica.

>Metodi pseudo-scientifici e pre-scientifici


Intuizione, ragionamento, riflessione  comportamenti essenziali del ragionamento scientifico, ma
non sufficienti;
Esperienza
Ostinazione: affidarsi a credenze del passato

Tali metodi hanno svariati problemi di efficacia:

Generalizzazione: l’insieme delle esperienze personali, seppur molto ricco, non è rappresentativo
dell’intero fenomeno considerato. La mente umana infatti seleziona attivamente le informazioni;
Bisogno di protezione della propria autostima (non posso ammettere di aver sbagliato in ciò che ho
fatto – ad esempio crescere dei bambini)

 Metodo scientifico

Metodo: processo complessivo che rende un ragionamento scientificamente valido;

Strumento: insieme delle tecniche e delle procedure utilizzate per raccogliere e leggere i dati. Qualsiasi
strumento può essere utilizzato in modo scientificamente non valido.

Distinzione fra metodo e strumento:

Studio: inchiesta sui ruoli di genere attraverso interviste (strumento) individuali con i bambini.

Esiste una ricerca scientifica con finalità puramente descrittive (se ad esempio non esistono teorie o modelli
precedenti), che non arriva a formulazione di ipotesi in senso stretto; non vi è poi analisi sistematica dei
dati, poiché non vi è ipotesi da sostenere; il modo in cui è stato utilizzato lo strumento non è consono alla
ricerca psicologica a livello scientifico (domande non neutrali che orientano la risposta); no garanzia di
rappresentatività dell’intera popolazione.

La valutazione scientifica deve essere di tipo metodologico, ovvero basandosi sui passi fondamentali di
formalizzazione del lavoro che costituiscono la base del metodo scientifico
Fasi del metodo scientifico:
Concettualizzazione del problema: perché mi pongo di fronte ad un problema? Per rispondere ad
una determinata domanda (curiosità, insoddisfazione per teorie esistenti, richiesta esterna);
Formalizzare il problema: formulazione ipotesi e renderle verificabili o falsificabili, previsione dello
svolgimento di un fenomeno;
Operazionalizzazione dei costrutti: traduzione concetti, ipotesi, in qualcosa che sia misurabile e
variabile, cioè abbia una variabilità fra i momenti temporali o le persone;
Raccolta e analisi dei dati - mediante strumenti appropriati - che interpreto e descrivo in maniera
chiara e comprensibile;
Formulazione di teorie/rivisitazione teorie esistenti

Ciò che rende scientifico un processo di acquisizione di coscienza non è il risultato finale, bensì la sua
corretta esecuzione: il processo complessivo deve essere ben definito e con determinate fasi, descritte in
modo preciso e puntuale a chi legge le valutazioni della mia ricerca

Conclusione: qual è la conoscenza che ho prodotto? Conferma le teorie preesistenti o le ratifica, con la
necessità di crearne di nuove? Ha limiti, può essere migliorabile? Quali sono i suoi punti forti e quelli
deboli?

Il metodo scientifico ha come proprietà la ciclicità: arrivati alla fine vi è l’apertura ad un nuovo ciclo, con il
ripetersi di tutti i passaggi (ricerca continuamente in evoluzione).

Quando mi occupo di uno studio come psicologo dello sviluppo ho bisogno di uno strumento che sia in
grado di individuare le differenze nel tempo di un determinato processo mentale, ovvero di come cambi
tale processo nell’infanzia, nell’età adulta e nella senilità.

Metodi e strumentazioni di ricerca in psicologia dello sviluppo:


Osservazione:
-Metodo più diretto, poiché da un accesso senza filtri ai comportamenti.

-Prevede la registrazione di comportamenti, con o senza una manipolazione/intervento dell’osservatore.

-Lo scopo è quello di vedere cosa accade in una determinata situazione.

-Diventa idoneo nel momento in cui viene utilizzato secondo alcuni standard di affidabilità che li rendono
adattabili al metodo scientifico.

-No necessità apparecchiature più/meno sofisticate, anche se più sviluppata è la tecnologia, migliori sono i
risultati e le possibilità.

Non è mai casuale, ma guidata da scopi, curiosità e domande, e inoltre strutturata e progettata a priori nei
tempi e nei modi di svolgimento, focalizzando l’attenzione sui comportamenti di mio interesse e
premunendomi di strumenti adatti a tenere traccia di ciò che ho osservato.

>individuare i contesti e quando è più probabile e sensato incontrare il comportamento di interesse

>definire quanto tempo è necessario essere esposti all’evento di interesse

>definire i momenti in cui un comportamento è di interesse

Osservazione sperimentale: strutturazione della situazione affinché mi sia utile. Osservazione nel loro
contesto di vita naturale senza interferire, o creare io stesso una situazione in cui mettere l’oggetto di
studio e vedere come si comportano di conseguenza.

Osservazione ecologica: avviene in contesti reali naturali.


Grado di intervento del ricercatore: presenza diretta o meno.

Osservazione partecipante (presenza diretta osservatore in loco, entrando a far parte della comunità e
diventando parte integrante del gruppo oggetto degli studi), scelta consapevole e utilizzata in modo
pianificato e mirato 8ad esempio mediante specchio unidirezionale).

In laboratorio si ricrea un evento, o meglio una serie, di eventi critici (es: si lascia un bimbo da solo in una
stanza senza genitore per qualche minuto, oppure con persone con cui non ha un legame di attaccamento)

 L’osservazione naturalistica è il metodo principale della ricerca descrittiva, poiché fornisce informazioni
su comportamenti spontanei senza influenze dallo sperimentatore, anche se con basso controllo;

 L’osservazione strutturata permette lo studio quantitativo di comportamenti ben definiti a priori, in


contesti controllati

> controllo maggior variabilità contesto

Può comunque trarci in inganno, perché un comportamento potrebbe derivare e dipendere da


qualcos’altro che non incide su ciò che vogliamo studiare noi.

Questionari ed interviste:
Conversazione ed interazione diretta con i pensieri e credenze degli individui, scritta od orale. Si chiede alle
persone di riportare verbalmente/per iscritto/online sentimenti, pensieri e percezioni, in maniera più o
meno strutturata (modalità narrativa o strutturata, questionari a domande aperte o chiuse).

Possibilità di studiare atteggiamenti, opinioni, intenzioni, comportamenti in modalità self-report (auto


riportati) con l’utilizzo simultaneo di altre tecniche di raccolta dati.

 studio sulla validazione dello strumento: se le domande sono efficaci, pertinenti e possono funzionare
nel darmi le risposte che cerco.

- Strumenti di elezione quando più che il comportamento osservabile ci interessa il pensiero, ciò che sta
dentro la testa delle persone (componente emozionale).

- L’oggetto del mio studio è un comportamento osservabile, ma l’osservazione è difficile/infattibile a livello


pratico.

- all’interno degli strumenti di self report posso strutturare la raccolta dati con interviste o questionari in cui
la forma mediante cui mi vengono riportate informazioni può essere di tipo narrativo (domande ampie,
lascio parlare liberamente, domande aperte) o strutturate (questionari a risposta multipla).

Aumento standardizzazione: le risposte sono comparabili e confrontabili  maggior validità.

- se l’intervista non è strutturata vi è la possibilità di ampliare gli spunti attraverso suggerimenti


dell’intervistatore, anche se va a discapito del controllo delle informazioni.

- possono essere utilizzati anche con bambini in età prescolare

-questionari auto-compilati da 8 anni

- in età evolutiva frequenti in versione “proxy”, cioè compilati da un’altra persona al posto del bambino
concezione di tempo diversa, non in grado di reggere emotivamente la difficoltà di un colloquio con un
estraneo (insegnanti, genitori; utilità approccio multi-informant).
Conoscere la realtà del bambino, le sue credenze e i suoi pensieri attraverso però un tutore è sì un ripiego,
ma può anche essere fondamentale e dare molte più informazioni, soprattutto se si richiede a più
persone/tutori, che hanno accesso a momenti diversi della vita del bambino.

la percezione delle persone attorno a sé è fondamentale, soprattutto a seconda dell’età tua e di chi ti sta
intorno. Le percezioni e le valutazioni che un bambino può dare dei propri stati emozionali, delle proprie
esperienze, possono essere utilmente integrate facendo domande agli adulti che gli stanno intorno.

>C’è sempre comunque da tenere in considerazione le variabili di interesse dei singoli individui, in modo da
riuscire a controllarne l’effetto che hanno sulla mia ricerca. La percezione del contenuto della domanda può
essere travisata o spostata a seconda del contesto culturale in cui ci si trova, o della lingua in cui viene
posta la domanda, a seconda del sesso della persona

è quindi necessario svolgere un lavoro di valutazione/prevalutazione.

Studio: Valutazione della qualità di vita relativa alla salute dei bambini
Dal punto di vista dei genitori e dei bambini  importanza di integrare.

PedsQL: questionario sulla qualità della vita in età pediatrica. Strumento che valuta la qualità della vita a
seconda della salute. Quanto bene io percepisco la mia vita a seconda del mio stato di salute, dal punto di
vista soggettivo.

In uno studio sull’obesità relazionata ai problemi di salute e allo stigma sociale sui bambini, emerge come
tra obesità e mancanza di salute fisica non vi sia una connessione diretta. L’obesità non comporta un
peggioramento nella percezione di salute, ma più il peso è alto più è frequente e probabile essere oggetto
di stigma, e tale esperienza porta alla percezione negativa di salute.

OVVIAMENTE IL PUNTO DI VISTA DEL PAZIENTE NON È OGGETTIVO.

Test standardizzati: procedure di valutazione uniforme mediante prove di abilità, questionari, prove di self
report, in cui si chiede alle persone di rispondere a domande, di riferire determinate emozioni e
comportamenti. Sono standardizzati in quanto permettono attraverso un processo di validazione mediante
punteggi standard di verificare l’affidabilità, la stabilità e la sensibilità della misura prove validate, e

i risultati sono resi confrontabili con i punteggi di individui simili alla stessa prova (esempio: numero di
risposte trasformato in numero di QI).

Esistono altri metodi, che evitano i limiti e i pericoli del questionario self report (non oggettività, percezione
soggettiva distorta, no accesso veritiero a ciò che sente o non voler raccontare la verità).

Metodi neurofisiologici:
Lo psicologo può utilizzare strumenti che rilevino direttamente i substrati biologici dei nostri processi
mentali e dei comportamenti che ne conseguono. Questi processi sono locati nel Sistema Nervoso
Centrale, perciò accedervi non è la cosa più semplice. Ci si può arrivare perciò:

studiando le manifestazioni del Sistema Nervoso Autonomo: misurazione di attività periferiche e


non centrali di attivazione fisiologica in risposta ad uno stimolo (variazioni della concentrazione di
sangue, attività elettrica, frequenza cardiaca, temperatura – termocamera, respirazione, movimenti
oculari, conduttanza elettrica).

>poco invasive e molto affidabili


attraverso tecniche di neuroimaging per il SNC: risonanza magnetica funzionale fMRI (basata sulla
rifrazione di onde elettromagnetiche grazie alla diversa tonalità della rifrazione dell’Hb ossigenata),
potenziali evocati eeg, …

>complesse e costose ma altamente informative

Manifestazioni fisiche che riflettono i processi dell’encefalo, e che ci danno informazioni dirette dei
processi fisiologici che accompagnano un certo comportamento.

Utilizzo di metodi psicofisiologici rilevando il Sistema Endocrino: rilevazione del dosaggio di ormoni
particolari implicati nella regolazione delle nostre capacità di adattamento registrare le
informazioni dell’esterno e elaborare comportamenti in risposta dipendono anche dalla risposta
ormonale-ghiandolare.
>metodi recentemente sempre più semplici ed accessibili

Tale indagine ormonale può essere svolta anche per i bambini. Lo studio delle attività celebrali avviene
attraverso l’elettroencefalogramma, soprattutto per individuare eventuali malfunzioni negli impulsi
neuronali. Ciò che interessa lo psicologo sono i segnali elettrici connessi a specifiche attività o stimoli in
entrata: se e dove avvengono cambiamenti di entità del funzionamento in specifiche regioni quando
svolgiamo un compito o riceviamo stimoli in entrata.

Sono state sviluppate nel tempo tecniche radiografiche che permettono di mostrare cosa c’è all’interno,
grazie alla diversa carica elettrica di molecole, il cambiamento e lo spostamento di cariche elettriche.

Tecniche basate sulla rilevazione di segnali più facilmente reperibili, ovvero quelli del sistema nervoso
periferico (volontario ed autonomo – processi fisiologici). Utili soprattutto perché per riposte di bassa
entità l’individuo potrebbe non percepire cambiamenti, mentre l’organismo effettua lo stesso un
cambiamento. C’è sempre da tenere conto di segnali generali e segnali specifici.

I disegni della ricerca


Il progetto dei tempi e dei modi nei quali voglio raccogliere le informazioni che mi servono per raggiungere
i miei obiettivi di conoscenza. Pianificazione dei passi, modalità, tempi e modi. Effettuare una valutazione,
mettere alla prova un’ipotesi/due di ricerca o diagnostica.

La raccolta di informazioni non è mai un processo casuale.

Deriva da design progetto, che sta dietro la mia decisione di utilizzare strumenti specifici di raccolta dati,
funzionali al raggiungimento dei miei obiettivi. Deve anche confrontarsi con i vincoli e i limiti della
situazione e delle disponibilità, sia mie che delle persone che voglio conoscere.

costruire un buon protocollo di valutazione:


nella ricerca e nella pratica la valutazione deve essere pianificata, efficiente ed efficace, economicità.
fornire una rappresentazione valida ed affidabile dell’oggetto di studio.

ottenere il maggior numero di informazioni, di qualità migliore possibile, con il minore dispendio di
risorse. Bisogna sempre valutare i costi e i benefici di ogni mia scelta (domanda), per raccogliere
un’informazione della massima qualità atta a raccogliere informazioni adeguate per la mia conoscenza.

1-Scelta degli strumenti in funzione del problema (seguendo un ragionamento flessibile ed adeguato),
dell’età/capacità del destinatario (comprensione, abilità motorie-percettive-cognitive, stato emotivo) e
della qualità degli strumenti (validità, affidabilità, ma anche facilità di utilizzo)

2- Interpretazione dei risultati: in funzione dei dati normativi dello strumento, calcolare il livello di
funzionamento del soggetto rispetto alla norma della popolazione, se tale livello sia stato alterato da
condizioni particolari o da elementi di contesto.
3- Restituzione dei risultati: I risultati che noi otteniamo dal tempo, dall’impegno e dalla confidenza che ci
danno le persone con cui lavoriamo ci obbligano eticamente ad una restituzione. Se lo desiderano, tali
persone possono ricevere indietro una valutazione delle loro risposte; la restituzione è anche funzionale
come evidenza sulla quale attivare processi di riflessione/condivisione, e per evidenziare punti di forza e
debolezza.

Idealmente prima della ricerca sarebbe ottimale svolgere una ricerca pilota con pochi soggetti che poi non
verranno presi nello studio, per verificare l’effettiva funzionalità del mio disegno di ricerca. Flessibilità nel
momento in cui la pianificazione della mia strategia è buona, ma non funziona perché non accettato dal
paziente ripianificazione.

l’etica della ricerca scientifica:


esistono codici e norme etiche che regolamentano ciò che si può o non si può fare nella ricerca (codice
deontologico, serie di normative vincolanti a cui non ci si può sottrarre nel momento in cui si svolge la
professione). Comunemente si seguono le regole dell’associazione italiana di psicologia, ma per alcune
ricerche possono valere altri principi internazionali (come quella statunitense APA).

Fornire un’informazione in cui si possa aver fiducia, ma che sia al contempo semplice ed immediata da
comprendere, senza banalizzare i risultati.

Consenso informato e libertà di partecipazione nel momento in cui si raccolgono dati su individui,
assenso deve essere registrato (minorenni consenso di entrambi i genitori, e nella misura in cui è in
grado di comprendere anche al minore);
Riservatezza
Assicurarsi che non vi siano rischi o danni permanenti.
Protezione privacy
Responsabilità nel trattamento e nell’analisi dei dati, correttezza nella diffusione (antiplagio).

2-I disegni di ricerca:


Come posso progettare e pianificare la raccolta delle informazioni che mi servono per rispondere ai miei
bisogni di conoscenza:

Ricerca CORRELAZIONALE: Non permettono di stabilire legami causali, ma solo associazioni.

 obiettivo: descrivere/conoscere la presenza e l’intensità fra due o più eventi o caratteristiche (variabili).
Più è proporzionale l’aumento o la diminuzione dell’una rispetto all’altra, maggiore è la correlazione.

Correlazione non significa causalità: posso descrivere relazioni fra comportamenti/atteggiamenti/funzioni


mentali ed effettuare previsioni sui comportamenti delle persone.

Misurazione simultanea (nella stessa unità di tempo) delle variabili che entrano a far parte del modello
della mia ricerca. Se misuro due entità nello stesso tempo senza avere la possibilità di sapere cosa viene
prima o dopo, cosa provoca un cambiamento nell’una, non mi permette di stabilire una
causalità/consequenzialità.

No associazione della logica per spiegare gli eventi: se il risultato dell’esperimento non ci permette di
stabilire un rapporto di causalità fra gli eventi, non possiamo darlo per scontato ed utilizzare il termine di
causalità.

Conoscere più variabili che sono compresenti e che si influenzano l’una con l’altra, anche se non sono in
grado di dimostrare in che direzione vada l’influenza, può rappresentare un dato fondamentale per
comprendere la mia ricerca.

Studio= più l’educazione è permissiva, più diminuisce l’autocontrollo dei figli.


La possibile spiegazione di tale correlazione è ambivalente: sia l’educazione permissiva causa la mancanza
di autocontrollo nei figli, sia la mancanza di autocontrollo nei figli causa l’educazione permissiva; oltretutto
vi è l’intervento di altri fattori (tendenze genetiche, povertà, circostanze storico-sociali) che possono causare
entrambi i fenomeni studiati.

2-Ricerca SPERIMENTALE: Si caratterizza per l’elevato livello di controllo sulle cause. Ho la possibilità di
variare l’intensità di una o più delle variabili che prendo in considerazione nel mio disegno di ricerca; al
contempo sono io a gestire la quantità, il modo, il tempo di esposizione del soggetto preso come campione.

Se c’è il controllo su una parte del fenomeno, allora posso verificare se e come cambiano i livelli delle mie
variabili, e quindi se le variazioni nell’altra parte sono associate al mio controllo della variabile “causa
ipotetica”.

Variabile indipendente (causa)  variabile dipendente (effetto)

Disegni tipici della psicologia dello sviluppo:


prevedono procedure e piano di raccolta di dati utili a comprendere il cambiamento (nelle funzioni e nei
processi mentali, nei comportamenti e nelle cause e conseguenze degli stessi).

>Ricerca TRASVERSALE (cross-sectional): confrontando gruppi diversi. Comparare il


comportamento/funzionamento di individui di età diversa.

Difficoltà: effetto coorte. I bimbi di 8 anni che ho misurato non sono i bimbi di 7 anni che ho misurato.
Potrebbero aver vissuto esperienze diverse poiché nati in momenti diversi. Se osservo differenze, perciò,
posso ipotizzare che siano dovute all’età, ma non per certo poiché i partecipanti nati in momenti diversi
hanno avuto esperienze di vita non in comune.

>Ricerca LONGITUDINALE: più richiesto, anche per studiare l’evoluzione del comportamento e della mente
nel tempo, consiste nel ripetere e comparare le osservazioni a distanza di tempo negli stessi “pazienti”
(gruppo di bambini a 8, a 13 e a 17 anni).

-Valutazioni quantitative in un singolo comportamento/funzione;

-Variazione nella relazione fra comportamenti/funzioni.

Se vi sono differenze allora vi è stato un processo evolutivo (almeno nella coorte studiata).

Il principale difetto sta nel fatto che richiede un dispendio di tempo molto lungo, che arriva anche a costare
materialmente (poiché impiego un lasso di tempo più lungo). Anche se le raccolte dati fossero ravvicinate,
ogni volta che devo ripetere la misurazione rischio di perdere dati (mortalità): potrei perdere persone che
avevo sottoposto precedentemente allo studio.

Così come i metodi possono essere combinati ed arricchiti, anche i disegni possono essere combinati, in
modo che sommandoli si possa prendere il meglio dell’uno e dell’altro, o grazie ai benefici dell’uno
superare i limiti dell’altro.

Sviluppo prenatale:
processi biologici vanno in continuità: la nascita è un processo fondamentale, ma i processi biologici
di maturazione iniziano prima e continuano poi dopo la nascita, soprattutto quelli mentali
(regolazione processi mentali e comportamentali). Una comprensione di ciò che avviene prima
permette una miglior comprensione di ciò che avviene dopo, sia per sviluppo normale che per
eventuali difficoltà.
L’ambito prenatale può essere oggetto di eventi che possono danneggiare l’individuo, e rimanere
poi permanenti nel corso della vita della persona.
Come psicologo potrà esserci chiesto di far formazione ai futuri genitori. Si avrà un impatto positivo
sulla vita del bambino e familiare in generale se l’assistenza verrà fatta bene (soprattutto in periodo
della gravidanza/preparto).

Fisiologia sviluppo preparto/processi atipici (ciò che può non funzionare come dovrebbe, causare un rischio
e produrre und anno che si riverbera nella fase successiva alla nascita).

Sviluppo normale: durata lunga e più complicata a causa della conformazione del nostro corpo (posizione
eretta). Periodizzazione caratterizzata da fasi che nello studio medico dell’embriologia e nella
periodizzazione neuropsicologica è diversa da quella utilizzata nel lessico quotidiano. Si tende a suddividerla
in trimestri.

Periodizzazione: Dal punto di vista fisiologico invece abbiamo sì tre periodi, ma si dividono in:

Periodo germinale (11-15 gg), e si conclude con l’impianto in utero del blastocisti. La gravidanza non è
ancora stabilita, perciò non vi è connessione soggettiva con i processi fisiologici già in atto. La cellula uovo,
dal momento della fecondazione, richiede alcune ore affinchè il patrimonio genetico paterno si integri con
quello materno; iniziano processi di formazione cellulare che portano alla formazione dell’embrione, con
divisioni successive che fanno crescere in modo esponenziale il numero di cellule. Solo dopo 4-5 giorni si
arriva all’ingresso in utero. Scambi solo di natura chimica che facilitano l’impianto in utero. Gli scambi
diretti avvengono nel momento in cui entrano in funzione strutture che mettono in relazione l’embrione
con la madre attraverso l’utero.

Periodo embrionale (2-8 settimane): estremamente importante perché è la fase in cui si differenziano i
tessuti e si formano gli apparati. Fase centrale per quanto riguarda il punto di vista neurofisiologico e
comportamentale. Si differenziano quelle cellule che si replicavano soltanto: alcune cellule si riproducono
silenziando alcuni geni e potenziandone altri. In maniera molto rapida tale differenziazione porta a rendere
visibile e riconoscibili tutti quelli che saranno i futuri organi. Il sistema nervoso centrale si sviluppa
dall’ectoderma, da cui si sviluppano la cute, gli organi di senso a contatto con il sistema nervoso centrale, a
sua volta collegato con il sistema nervoso periferico (muscoli). Una parte delle cellule dell’ectoderma forma
una cresta neurale che si inspessisce, e che ad un certo punto inizia a ripiegarsi al suo interno fino a quando
non si chiude un tubo all’interno e si ripristina lo strato esterno. Dal tubo neurale formato originano il
cervello nella parte superiore, il midollo spinale ecc.

Due scenari atipici a questo punto sono l’acefalia (non si chiude la parte superiore del tubo), con esito
morte del feto, e la spina bifida (mancata chiusura della parte inferiore del tubo neurale). Evitabili con
assunzione di acido folico.

Fase fetale/embrionale (8-38/42 settimane): sviluppo completato fino al livello che si ha al momento della
nascita, raggiunta la funzionalità degli apparati e degli organi nel corpo (organogenesi). [A 24 giorni si
differenziano le cellule cardiache, il sistema circolatorio, dalla 4 all’8 settimana si differenziano gli arti,
l’apparato digerente e uro-genitale.]

Appaiono i primi comportamenti spontanei, in forma di riflessi, che danno luogo a movimenti, risposte
motorie involontarie a stimoli esterni (con la superfice del sacco amniotico o fra parti del corpo).

-movimenti di gambe, testa e bocca;

-riflessi di suzione e deglutizione (non ancora coordinate fra loro).

Altri movimenti di tipo involontario e riflesso, si manifestano successivamente e ripetitivamente perché


ottengono un risultato piacevole. Sono comportamenti involontari e non intenzionali, ma che hanno
funzione fondamentale nello sviluppo e nella formazione del cervello. Le aree del cervello che presiedono ai
comportamenti motori e all’elaborazione dei segnali sensoriali si sviluppano in tal modo, imparano a
connettersi in un certo modo e non in altro grazie proprio alla pratica. Feedback sensoriale ad un’azione con
risultato desiderabile produce un rinforzo al nostro cervello, che impara a ripetere l’azione. Se l’esito è non
desiderabile, il comportamento verrà estinto, così come le connessioni neurali verranno attivamente
eliminate.

- A 16-24 settimane compaiono riflessi come respirazione, singhiozzo, prensione (grasping), movimenti
intensi per l’aumento di forza e massa del feto. L’anatomia inizia ad essere ben distinta nelle aree corticali e
sottocorticali, rispondono in maniera differenziata anche i recettori del gusto e dell’olfatto, che inviano
segnali al cervello poiché il sistema nervoso centrale è ormai formato e perciò si assiste ad una prima
reattività agli stimoli fisici.

il bambino è vitale: In caso di parto prematuro si possono far sopravvivere feti già dalle 20 settimane.
Oltre al tempo di gestazione, la variabile che più di ogni altra predice l’esito o i danni permanenti di un
parto pretermine è il peso alla nascita (sotto i 900 grammi si hanno più rischi), oltre al grado di
funzionamento dell’apparato respiratorio. Rispetto all’età gestazionale il peso può essere più alto o più
basso. Più gli organi sono sviluppati più aumenta il peso maggior possibilità di sviluppo senza danni gravi.

Fattori di rischio: probabilità che qualcosa vada storto, possibile in tutti gli individui, anche coloro che sono
nati a termine.

-dalle 28 settimane si ha accumulo di grasso sottocutaneo, movimenti respiratori autonomi e più regolari,
sviluppo della corteccia visiva e prime esperienze olfattive e gustative, ritmi di sonno-veglia indipendenti
dalla madre.

-36/38 settimane: acquisizione sistema immunitario madre, sviluppo della corteccia cerebrale accelerato.

Sviluppo del cervello: parte preponderante sviluppo intrauterino, serie di eventi continui, va incontro a
continue fasi di modifica strutturale, con la formazione di solchi che permettono l’aumento di superficie e
dello spazio della corteccia in cui si trova la maggioranza dei nuclei dei neuroni, aumento di massa e
differenziazione di strutture. Lo sviluppo si accompagna a capacità sensoriali e di elaborazione sempre più
raffinate; i risultati delle azioni e delle esperienze determinano la plasticità nello sviluppo delle sinapsi.

Molti dei processi che caratterizzano la formazione e l’acquisizione delle funzionalità del cervello non si
arrestano con la nascita, ma hanno una continuità con il dopo.

Sviluppo atipico
Lo sviluppo nella fase prenatale ha influenza sullo sviluppo poi dell’individuo, in casi particolari alcune
condizioni potrebbero avere effetti distruttivi.

Possibilità di mirare la propria conoscenza psicologica per favorire uno sviluppo sano del neonato e uno
sviluppo favorevole della coscienza genitoriale (preparazione nascita di un bambino portatore di malattie).

Sviluppo prenatale atipico -1


Fattori innati (endogeni) o influenze esterne, filtrate e mediate attraverso l’organismo materno, possono
costituire un fattore di rischio per lo sviluppo sano dell’embrione, attivando, inibendo o modulando
l’espressione del patrimonio genetico individuale (esito fenotipo).

L’organismo materno fa quindi da filtro e protezione per il feto in funzione elevata, direttamente esercitata
dall’apparato immunitario. Possibili fonti di danno vengono quindi attivamente bloccate dall’organismo
materno, mentre altre non possono essere bloccate e possono andare ad incidere sui fattori di sviluppo.

Nessuna situazione ambientale sarà però al 100% responsabile di danni al feto, così come nessuna
predisposizione genetica si risolve in esiti di sviluppo di uguale entità. Ciascuno di noi esposto agli stessi
rischi ambientali, reagisce in maniera più o meno efficace. Le predisposizioni genetiche danno
maggiormente una vulnerabilità, non malattia. Nel momento in cui quest’ultima si verifica, e non permette
all’organismo di funzionare in maniera ottimale, allo stesso modo ci sarà una variabilità fra persone diverse,
non tutti avranno le stesse traiettorie di sviluppo.

Principali fonti di sviluppo atipico:


Alcune conformazioni strutturali errate dei cromosomi non sono compatibili con la vita, e alterano lo
sviluppo della cellula fetale stessa. I pochi che coincidono con la vita, e portano alla nascita dell’organismo
con evidenti malformazioni fisiche sono

1- alterazioni numeriche dei cromosomi: (trisomie 13, 18, 21, e del cromosoma x). Hanno comunque ritardo
dello sviluppo da grave a molto grave, e prospettiva di vita molto bassa. Danni di natura cognitiva e
alterazioni dell’aspetto fisico e delle funzioni motorie.

È possibile però vedere, nel caso della sindrome di Down, come anche qui vi siano diverse manifestazioni
spiegabili dalla base genetica  MOSAICISMO: compresenza nello stesso organismo di cellule che portano
la trisomia, ed altre normali. Nell’organismo quelle cellule che portano l’alterazione derivano da una cellula
originaria che aveva essa stessa l’alterazione. A seconda del momento dello sviluppo in cui la cellula ha
maturato l’alterazione, allora si avranno esiti diversi. In generale vale il principio per cui più tardi arrivano le
alterazioni, minori saranno le conseguenze osservabili dopo la nascita.

Per difetto nel numero monosomie (Turner), sviluppo cognitivo e attesa di vita normale, ma con
complicazioni anatomiche e metaboliche; anche qui la gravità dipende dal mosaicismo. Nella stragrande
maggioranza dei casi la sindrome di Turner non porta alla nascita, ma nel caso le aspettative di vita sono
normali.

2-Alterazioni strutturali: rotture, perdite o ricombinazione di frammenti di cromosomi durante le divisioni


cellulari. Processo normale, poiché le code tendono ad accorciarsi; quando però tale perdita è sostanziale
ed avviene molto presto nello sviluppo (fase precoce), le conseguenze saranno più visibili. Possono anche
non dare difetti visibili nel fenotipo e sono trasmissibili.

 Sindrome di Williams (cromosoma 7): alterazioni cognitive localizzate, alcune aree sembrano
del tutto efficienti mentre altre sono malfunzionanti. Alterazioni aspetto fisico.
 Sindrome di Cri du chat (cromosoma 5): pianto caratteristico, provoca microcefalia con
compromissione cognitiva grave, ma funzioni metaboliche e dell’organismo abbastanza normali.

3-Alterazioni dei singoli geni o gruppi di geni: la struttura generale dei nostri cromosomi è identica, ciò che
cambia è la sequenza degli acidi nucleici. Ci sono differenze e variazioni che comportano un fenotipo
diverso ma ugualmente funzionante, oppure altre che provocano l’incapacità di sintetizzare determinate
proteine, con l’impossibilità di portare a termine certe funzioni vitali. Tutti ne siamo portatori, ma solo una
minima parte manifesta i sintomi.

L’autismo ad esempio non è associato all’alterazione di un gene, ma di centinaia di geni. È più probabile
perciò trovare espressioni e sequenze geniche alterate e rare, non presenti in altri bambini normali, ma solo
una minima parte dei bimbi autistici stessi è portatrice di tale sequenza. Interazione fra molti singoli geni
con una conformazione specifica non presente nella maggior parte degli individui.

Se si ha il cambiamento di un singolo gene (assume una certa sequenza di acidi nucleici), abbiamo malattie,
soprattutto recessive (talassemia, fibrosi cistica). Non tutte le malattie possono essere ricercate nel
momento delle indagini prenatali, ma solo di quelle più comuni e nel caso in cui la madre sia in età avanzata
o ci siano casi di tale malattia in famiglia.
Sviluppo prenatale atipico -2
Fattori teratogeni:

L’embrione e il feto si stanno sviluppando in comunicazione con l’ambiente materno, a sua volta esposto o
più o meno vulnerabile a fattori di rischio presenti nell’ambiente.

I fattori teratogeni sono quell’insieme di fattori ambientali che possono causare malformazioni o
malfunzionamenti nello sviluppo dell’embrione e del feto.

Potenzialmente tutti siamo stati esposti a fattori teratogeni, ma senza effetti visibili. Oggi anche alterazioni
sottili, non visibili nell’aspetto esteriore, possono dipendere da tale esposizione, anche e soprattutto a
livello di disturbi neuropsicologici. Può riguardare la formazione degli organi, ma anche andare ad influire
su organi già sviluppati.

Per ogni fattore valgono le stesse regole fondamentali: ogni evento o fattore presente nell’ambiente di vita
della madre, che abbia facoltà di alterazione, lo fa secondo

Dose di esposizione: difficilmente il contatto diretto è letale. Più è intensa l’esposizione, la dose a
cui si è soggetti, più gravi saranno gli effetti.
Predisposizione genetica della madre: individui attrezzati in maniera differente a combattere e
proteggersi da certi fattori. Alcuni sono più predisposti a subire gli effetti di alcune sostanze
piuttosto che filtrarle.
Tempo di esposizione: se avviene in tempi precoci, allora gli effetti saranno più gravi. Se la madre
viene esposta ad una sostanza che ha come bersaglio specifico quello di alterare le cellule di un
preciso apparato/organo, nel momento in cui esse si stanno formando, allora il danno sarà
irreparabile.

> Malattie della madre: Anche la contrazione da parte della madre di alcune malattie, se contratto in
periodo embrionale, attaccano in modo grave lo sviluppo neurologico (rosolia: microcefalia, danni apparato
respiratorio, cecità; erpes genitale: danni cerebrali, morte prematura).

Anche malattie completamente asintomatiche negli adulti (toxoplasmosi, citomegalovirus, epatiti, hiv),
possono comportare danni cognitivi, all’apparato visivo; gli ultimi due casi continuano a poter essere
trasmesse anche post parto e durante l’allattamento.

> Stress e stati emotivi stressanti che la madre affronta durante la gravidanza possono avere ripercussioni
sullo stato del feto. La relazione è difficile e complessa da studiare a causa della soggettività delle risposte, e
dalla diversità delle situazioni a cui la madre può essere sottoposta.

 Non c’è un nesso univoco causa-effetto tra traumi-stress e malformazioni del feto. È un fattore che
aumenta alcuni rischi. Inoltre non tutti gli stressor sono uguali, ma dipendono dalla durata e dalla gravità
del pericolo oggettivo, dalla percezione soggettiva che ne ha la madre, e delle risorse a disposizione durante
e dopo la sottoposizione allo stress.

La risposta allo stress causa una serie di reazioni di adattamento dell’organismo funzionali ma con costi
sull’organismo della madre, ed indirettamente sul feto. Vi è iperattivazione sistema immunitario, risposte
infiammatorie, risposte ormonali e metaboliche che possono alterare l’ambiente uterino.

L’esposizione diretta ad ormoni può avere come effetti sottopeso alla nascita, parto precoce, con
conseguenza di esiti negativi e difficoltà di sopravvivenza. A lungo termine, anche se il parto non è
prematuro, sono verificati problemi cognitivi e comportamentali (impulsività).
La ricerca sperimentale è esclusa in questi casi, ma sono avvenuti esperimenti naturali che hanno
trasformato studi longitudinali in corso in studi a serie contemporanee interrotte

 donne seguite per altri studi sottoposte involontariamente ad uno stress naturale (uragani, terremoti,
stress estremi).

Vi sono anche effetti indiretti: la reazione di stress provoca risposte comportamentali (strategie di coping). Il
modo in cui la persona fa fronte all’evento stressante. Oltre alla reazione immediata, vi è anche la
pianificazione dei miei comportamenti.

Difficoltà nel distingue stressor prenatali da fattori ambientali successivi.

EVENTI STRESSANTI DELLA MADRE ALLA NASCITA RELAZIONATI ALLO SVILUPPO INTELLETTIVO DEL BAMBINO A SEI ANNI .

-Misurazione eventi di vita stressanti in periodo della gravidanza e la loro entità.


-Misurazione variabili di controllo (confounders), che possono incidere sia sullo stress della madre,
che avere effetto teratogeno loro stessi (ad esempio QI madre, sia a livello comportamentale che
genetico).
-Relazione significativa e negativa fra stress contestuale, interpersonale e personale e intelligenza
dei figli, anche se tengo in considerazione ed escludo l’influenza di fattori di educazione della
madre. Se si aggiunge anche fumo ed alcool, tale relazione scompare del tutto, mentre si
affievolisce se si considerano fattori socio-economici.

UN ALTRO STUDIO DEL 2017, RELATIVO AD UNO STUDIO LONGITUDINALE CHE SEGUIVA GIÀ DELLE FAMIGLIE , esse
vennero coinvolte in un cataclisma naturale, non voluto, ma in cui, ad alcuni partecipanti, è accaduto un
evento predominante. È stato possibile perciò studiare ed elaborare un modello sequenziale, in cui
vengono prese in considerazione non solo le semplici correlazioni, ma anche l’influenza reciproca fra le
variabili.

Viene misurato come la durezza effettiva delle conseguenze dell’alluvione sulla singola madre abbia diversi
effetti a livello di stress ed ansia;

in base ad essa è possibile ipotizzare che aumenti il peritraumatic distress (ansia nell’imminenza
dell’accaduto);

i sintomi post traumatici da stress sono quelli che intervengono nel mese successivo, e la gravità
dell’accaduto può provocare sintomi persistenti che perdurano nel tempo. Principio dell’esposizione: il
picco provoca reazioni adattive immediate; il mantenimento di condizioni per lungo tempo provoca lo
scatenarsi di risposte dannose, maggiormente elevate, e con effetto distruttivo.

Sviluppo motorio: il controllo, la coordinazione, i movimenti dei bambini è l’oggetto di studio della
ricerca. L’incapacità di svolgere alcune funzioni motorie, il non riuscire a compiere alcuni movimenti può
essere sintomo di problemi neurologici e cerebrali.

Esito: La relazione diretta fra gravità effettiva dell’evento per la persona e sviluppo motorio dei bambini
non è significativa; le risposte di distress nell’immediato sono più intente, e provocano PTS di maggior
durata e pesantezza. Queste spiegano a sua volta il ritardo motorio del bambino nel secondo anno di vita.

Poiché parliamo di variabili, si presuppone che ci sarà una variazione, che ogni individuo reagirà in maniera
differente a seconda di altri fattori (sociali-economici-biologici-della personalità).

> Depressione, causata solitamente dall’abbassamento temporale del tono dell’umore materno.

Depressioni possono verificarsi però anche durante la gravidanza; è probabile che si verifichi un
abbassamento degli ormoni umorali di natura biologica che provocano uno stato depressivo, non sempre
scatenato da cause esterne. Questa tipologia di depressione ha una prevalenza doppia rispetto a quella
post partum.

-La depressione stessa provoca un vissuto di stress e disregolazione a livello ormonale e


comportamentale, dell’alimentazione, consumo di sostanze lesive, sia durante la gestazione che
dopo;
-Una gravidanza difficile finisce prima, lo sviluppo del feto è inferiore (parto prematuro e peso
inferiore alla soglia di sicurezza);
-Maggiori movimenti fetali durante la gestazione, e minori movimenti successivi, legati al fatto che
attraverso il sist circolatorio durante la gestazione il feto era sottoposto a d una grande quantità di
ormoni di stress che davano iperattività, mentre dopo la nascita in mancanza di tale stimolazione il
movimento si riduce;
-Maggiore tempo di pianto, sonno più disturbato nei primi mesi. È normale che i bambini piangano
molto, come metodo di manifestazione di qualsiasi disagio, ma pianti troppo lunghi collegati a
sonno disturbato sono fattori di ripercussione;
-Ulteriore fattore di rischio per eventi negativi nei primi mesi di vita del bambino (trauma cranico
da scuotimento)
-attaccamento meno sicuro

Essendo un disturbo psichiatrico maggiore non può essere trattato con il semplice supporto psicologico, ma
necessità di una regolazione biologica: combinazione tra terapia farmacologia e psicoterapia, efficaci nel
medio e lungo periodo (no risposta immediata). Qualsiasi farmaco assunto in gravidanza è però dannoso e
potenzialmente a effetto teratogeno; non possono avvalersi dei farmaci più innovativi poiché non sono stati
abbastanza diffusi per conoscerne i possibili effetti collaterali.

rischio maggiore di parto prematuro, problemi respiratori e sottopeso alla nascita

>Farmaci: per molti farmaci di uso comune sono documentati effetti teratogeni; molti quindi sono rischiosi
perché non testati (farmaci da banco o integratori). Valutazioni cliniche caso per caso.

>Sostanze psicoattive: sostanze di libera assunzione, a cui culturalmente diamo anche valore di svago e
positivo, ma che possono essere dannose per il feto. Difficile sospenderne l’assunzione poiché danno
sintomi di assuefazione.

-Caffeina: è uno stimolante che accelera determinati processi metabolici ed è associata a maggior
rischio di aborto spontaneo, parto prematuro e sottopeso alla nascita, e tale rischio aumenta in
modo lineare con la quantità di assunzione di caffè. Per ogni tazza di caffè al giorno, aumenta del
13% il rischio di sottopeso;
-Nicotina: oltre alla prematurità e al sottopeso ha degli effetti specifici di natura
neurocomportamentale a lungo termine  ADHD (Disturbo da Deficit dell’Attenzione e
Iperattività). In più vi è la morte infantile in culla (SIDS): intorno al secondo/terzo mese vi è la
possibilità che i bambini muoiano nel sonno;
-Alcool: non esiste una dose sicura in assoluto, soprattutto in gravidanza. L’alcool infatti transita
direttamente attraverso la placenta (non viene perciò pre-metabolizzato dalla madre) e il neonato
non ha enzimi propri atti a farlo. Rischi generici che aumentano in modo lineare all’aumentare delle
dosi di alcool assunto. Le anomalie sono totalmente prevenibili.
Esiste una sindrome specifica legata all’assunzione di alcool (FAS), che si manifesta attraverso:
- malformazioni fisiche generalizzate (alterazioni tratti del viso, mancanza chiusura palato, forma
labbra, mancata chiusura palpebre, mancata formazione di arti ed estremità), problemi cardiaci,
altezza e peso non normali;
-malformazioni neurologiche e strutturali;
-segni neuropsicologici comportamentali e funzionali, a seconda delle aree del cervello danneggiate
o non formate.
ARND: alterazione solo neurologiche e neuropsicologhe, non fisiche.
-Sostanze psicoattive non legali:
marijuanasviluppo cognitivo ritardato/sotto la media
cocainadeficit specifici, oltre i generalizzati, di regolazione dei comportamenti
eroinasindrome d’astinenza alla nascita, ritardi psicomotori generali
danno indiretto mediante il consumo da parte del padre.

>Fattori ambientali: inquinamento ambientale responsabile di malformazioni e difetti di sviluppo


(radiazioni, esposizione a sostanze chimiche). Sono effetti diretti o mediati attraverso la salute della madre.

Lo sviluppo fisico
Il bambino è nato ed inizia la sua crescita, sia nei processi mentali, nella regolazione comportamentale e
relazionale, affinché diventi un soggetto sempre più attivo al contesto sociale in cui si muove.

Non solo i processi di crescita biologica sono quelli che consentono lo sviluppo neurologico, ma anche lo
sviluppo fisico (motorio), che ha un significato psicologico importante momento in cui inizia ad aver
consapevolezza di sé stesso, vuole diventare come gli altri e desidera uno sviluppo più veloce per poter
adeguatamente interagire con gli altri.

La contentezza o l’insoddisfazione del nostro corpo è una componente importantissima per il nostro
sviluppo psicologico.

Sviluppo fisico:
non solo allungamento e crescita delle ossa, ma anche delle proporzioni corporee. Si riduce il capo, che in
fase fetale rappresenta ½ del corpo a causa delle elevate dimensioni del cervello rispetto al resto del
tronco/arti.

Crescita corporea: vi sono due direttrici nelle quali va la progressione dell’accrescimento fisico, la capacità
di controllo e governo motorio, controllo volontario dei movimenti e il saperli coordinare in modo efficace
fra di loro. Lo sviluppo muscolare va dal centro fino alla periferia, e dalla testa verso il basso.

-Direzione prossimo-distale: la crescita del centro del corpo precede quella delle estremità;
-Direzione cefalo-caudale: la testa cresce prima della parte inferiore del corpo, e procede dall’alto
verso il basso;

La prima conquista è quella di sollevare la testa, il tronco; senza la capacità di sostenimento non vi è
possibilità di movimento.

Ritmo di crescita: parametro fondamentale, poiché deve essere regolare, cioè che abbia una traiettoria
coerente nel corso del tempo. Un bambino sottopeso alla nascita è a rischio, poiché ha un indice di
maturazione inferiore. All’interno del range di normalità (<10% di peso) siamo nella norma. È importante
che non ci siano blocchi, improvvisi rallentamenti od accelerazioni in momenti non adeguati.

Non interessa la lunghezza alla nascita (media di 50cm); anche per il peso, vi è una decelerazione della
crescita tra lo sviluppo prenatale, i primi 2-3 mesi di vita e il periodo successivo all’infanzia, è simile tra
maschi e femmine, e le traiettorie individuali possono essere diverse nel tempo.

Il rallentamento della crescita può essere causato sia da fattori endogeni che esogeni (malnutrizione).
Normalmente però il ritmo si stabilizza, ed ha un ulteriore rallentamento intorno ai 5 anni. Una
decelerazione di ritmo non è una malattia in sé, ma può essere sintomatica ambientale (malnutrizione,
carenze igieniche), ormonale o riguardare disfunzioni dell’apparato digerente.
Il momento in cui si verificano i più grossi sostanziali cambiamenti fisici e di crescita è la pubertà

scatto di crescita: incremento della velocità di allungamento, uno dei primi segni visibili che annunciano
l’arrivo dello sviluppo puberale. È visibile, ma è solo uno dei cambiamenti della funzionalità del corpo, che
non ha nulla a che vedere con il cambiamento della zona erogena.

Il ritmo di crescita ritorna al ritmo presente nei primi anni di crescita. In un tempo breve è più posticipato
per i maschi rispetto alle femmine. I cambiamenti ormonali sono differenziati nel tempo per m/f, ma
variano dai 6 ai 12 mesi dopo. Lo scatto di crescita è per le femmine uno degli eventi iniziali, inizia prima e
finisce prima, mentre nei maschi si manifesta più avanti, e dura di più, con un ritmo sostenuto (circa 2 anni
prima per le ragazze).

Sviluppo puberale: cambiamenti del corpo che rendono l’individuo adulto.

-Cambia la composizione corporea, la proporzione tra tessuto osseo, massa magra e massa grassa;

-incide sul dimorfismo della nostra specie;

-sviluppo funzionalità cardio-respiratoria, che si traduce in ulteriore spinta e motivazione all’efficienza


atletica e fisica del corpo dopo la pubertà rispetto al corpo infantile. Maggior forza per aumento massa
muscolare, ma anche perché è sostenuta da un apparato cardio-respiratorio più efficiente (aumento
capacità ormonale, aumento capacità di pompa del cuore, miglioramento metabolismo cellulare maggior
forza, vigore e resistenza).

-Cambiamento apparato riproduttivo e caratteri sessuali secondari.

-Alla base di tutti questi cambiamenti stanno regolazioni ormonali differenti, con la produzione di ormoni
che non erano presenti nell’infante, o cambiamento di quantità/equilibrio degli ormoni circolanti.

[Il testosterone va ad incidere sui tessuti muscolari, ossei, ha ricettori che reagiscono innescano dei processi
metabolici specifici nell’SNC, non solo quindi a livello sessuale stimolazione comportamenti competitivi.]

-Composizione corporea: quantità massa grassa e massa magra. Durante i primi anni di vita e fino alla
media infanzia non ci sono differenze fra maschi e femmine, o comunque non superano il 5/6%.
Avvicinandosi alla pubertà la proporzione di mm/mg rispetto alla massa totale è molto differente. Con il
raggiungimento dell’età puberale si ha nei maschi in media il 12% e nelle ragazze il 25% di massa grassa. Nei
maschi aumenta la muscolarità e la capacità fisico-atletica, mentre nelle femmine aumentando la massa
grassa si ha una riduzione delle capacità atletiche.

Conseguenze psicologiche: comporta insoddisfazione corporea per le ragazze, e aumento dell’autostima e


soddisfazione corporea per i maschi, sia a livello corporale che legata ai modelli culturali prevalenti. Se
l’ideale di bellezza per i maschi per massimizzare l’autostima è sempre rimasto legato alla capacità e alla
forza di dominare l’ambiente, i nemici, capacità di essere attivi e predominanti, valorizzazione della forza e
della muscolarità, per le ragazze è cambiata molto.

Tutte le culture in cui il ruolo della donna era quello di mettere al mondo figli, allora più una donna aveva
curve più era apprezzabile, poiché sinonimo di capacità di avere dei figli. Dopo la fine della prima guerra
mondiale e poi verso gli anni ’60, quando il ruolo femminile nella società è cambiato, ed in parallelo si è
smesso di “fare la fame”, i canoni estetici sono stati rivalutati, dando l’avvio ad un canone estetico con
porzioni molto piccole, quasi androgino.

L’insoddisfazione personale nasce nel distacco tra ciò che sono (processo fisiologico) e ciò che vorrei essere
(canone culturale).

Sviluppo caratteri sessuali primari e secondari:


-apparato riproduttivo (nella seconda parte della pubertà viene raggiunta la maturità produttiva)

-cambiamenti nella morfologia generale. Attorno ai 6/7 anni avvengono i primi cambiamenti della
regolazione ormonale, prima maturazione asse surrenale e poi quello ipotalamo-ipofisi-gonadi (8 anni).
Iniziano a esistere stravolgimenti che hanno una ripercussione anche sullo stato e sull’equilibrio emotivo. Si
Si ha un picco di rilascio di ormoni di stress del tutto imprevedibile che provoca sbalzi d’umore,
comportamenti aggressivi e conflittuali.

[gli ormoni influenzano il cambiamento e lo sviluppo del snc poiché lo hanno come organo bersaglio]

La scansione temporale dei processi di sviluppo è molto diversa fra individui e fra i due sessi. La variabilità è
del tutto fisiologica: molti iniziano a manifestare i segni molto presto, altri molto tardi. Ci sono casi in cui si
va al di là di fasce fisiologicamente accettabili: la pubertà è precoce o tardiva.

Tendenzialmente si considera pubertà precoce propriamente detta quella nella quale i primi segni di
sviluppo si manifestano intorno ai 7 anni, e il processo è più rapido della media. Nella maggior parte non vi
sarà nulla id grave, ma in alcuni casi potrebbe essere anticipazione di tumori ipofisari. Cause come
alimentazione ricca di grassi animali, ormoni, vegetali trattati con pesticidi che simulano il funzionamento
degli ormoni. Dovuta anche a predisposizione genetica. L’insieme dei cambiamenti fisici può essere visibile
anche nei maschi.

Pubertà ritardata: oltre i 17 anni per le ragazze e 18 per i ragazzi.

Oltre a diverse cause fisiologiche, queste due situazioni hanno ripercussioni psicologiche sviluppare
prima/dopo il ritmo di sviluppo dei compagni della stessa età, dal punto di vista psicologico il significato che
assume lo sviluppo puberale dipende anche da come viene vissuto nella sua dimensione sociale, se anche i
coetanei lo stanno attraversando o meno. L’età dello sviluppo puberale delle ragazze è collegata anche alle
manifestazioni precoci di molestie sessuali.

[Circa il 70% delle donne riporta di aver subito molestie su mezzi pubblici. L’età in cui si manifestano
dipende anche dalla precocità dello sviluppo]

Maggior salienza percettiva: in un ambiente scolastico in cui ci sono una sola o due bambine che
manifestano sviluppo puberale attirano maggiormente l’attenzione. Maggiore probabilità di comportamenti
indesiderati.

Per i maschi lo sviluppo puberale porta verso un esito desiderabile. Arrivare prima allo sviluppo puberale dà
maggiori vantaggi (a livello sportivo, a livello sessuale).

In realtà le conseguenze dello sviluppo anticipato sono per la maggior parte negative: oltre alla possibilità
(per le ragazze) di subire molestie, c’è:

>peggioramento -più grave rispetto alla norma, forse perché i genitori sono meno pronti ad affrontare tali
cambiamenti in età così precoce- delle relazioni familiari (maggior autonomia che va però negoziata, poiché
a livello sociale si è ancora minori, sotto la totale responsabilità dei genitori), con conseguenti
insoddisfazioni, conflitti;

>modifica percezione del proprio corpo (aumento massa grassa per compimento sviluppo), che portano a
sviluppare insoddisfazione di sé  disturbi alimentari (maggiore vulnerabilità, non hanno avuto abbastanza
tempo per elaborare i cambiamenti);

>esiti della depressione a lungo termine (suicidio)

>comportamenti aggressivi o antisociali;


>le bambine con sviluppo precoce tendono a frequentare ragazzi più grandi, che iniziano a mettere già in
atto comportamenti da adulto, che sono però condotte devianti e provocatorie (normali in età puberale,
ma precoci a livello fisiologico per chi ha uno sviluppo precoce e non è ancora nella giusta età, con la
possibilità di essere ripetute e reiterate - > probabilità di casi di dipendenza).

[maggiore è il livello di emozione che entra in gioco in un contesto, minore è la capacità di mettere in atto
comportamenti controllati. Le capacità cognitive che ci danno il tempo di pensare e riflettere sono di tipo
inibitivo, e si manifesta in processi lenti; dal punto di vista fisiologico arriva alla sua massima funzionalità a
25 anni]

Molte delle conseguenze di maggiore rischio per le ragazze valgono anche per i ragazzi, poiché si trovano
nella stessa condizione di conflittualità con la famiglia, hanno impulsi di natura sessuale non condivisi dai
coetanei, in più la conquista di uno status adulto prevede la messa in atto di comportamenti devianti, e
quindi potenzialmente pericolosi e antisociali maggiori conseguenze negative a lungo termine.

Cause pubertà precoce: cause endogene-genetiche (età sviluppo madre), ma anche l’ambiente ha un ruolo,
interagendo con il patrimonio genetico. Ciascuno di noi ha una serie di predisposizioni a ritmi di sviluppo,
però il modo in cui riusciamo effettivamente a realizzarlo dipende dall’ambiente, se esso ci permette di
mettere in atto tutte le azioni necessarie allo sviluppo (mancanza risorse). Il cambiamento nell’ambiente
circostante avvenuto nel corso dei secoli ha influito sullo sviluppo (secular trend: passaggio dai 16 ai 13 anni
per le ragazze tra 1860 e 1970); altre cause di tipo fisico/biologico comportano adattamenti genetici
all’ambiente (ambiente più povero, più freddo o caldo, in condizione di minaccia alla sopravvivenza).

Studi sulle gemelle: sorelle dizigoti che condividono l’ambiente genetico ma non il patrimonio genetico; le
monozigoti condividono anche il patrimonio genetico. Dal punto di vista dello sviluppo, anche lo sviluppo
puberale delle monozigoti è pressoché identico (eccetto che se non vivono insieme), mentre delle dizigoti
può variare di 12 mesi.

Non tutti gli ambienti agiscono allo stesso modo, non tutte le minacce e risorse agiscono allo stesso modo.
Sono stati distinti gli impatti di stressor ambientali fisici (mancanza di cibo: non fornisce all’organismo la
materia necessaria all’accrescimento, e segnala l’individuo che è meglio regolare processi psicologici,
ormonali e di sviluppo puberale in modo più lento; così anche in luoghi minacciosi per la vita stessa - luoghi
di guerra).

Se gli stressor non sono nell’ambiente esterno, ma in quello famigliare e relazionale più stretto, allora
quell’ambiente viene visto come non sano per la propria crescita. Si ipotizza che laddove lo stress è nelle
relazioni intime, la risposta è la maturazione precoce per l’allontanamento dall’ambiente in cui sono
costretto  anticipazione. Effetti limitati. Mediamente, a parità di predisposizione genetica, status
economico ecc. ecc., bambine che si sviluppano in ambienti familiari più stressanti, lo sviluppo è anticipato
di un mese/due.

Vi è poi un aumento del grasso legato sia a secrezioni endocrine ormonali che a fattori comportamentali
(strategie di coping), soprattutto il grasso interno attorno agli organi, il più pericoloso.

Sviluppo motorio
Modifiche delle capacità neurocomportamentali per quanto riguarda le capacità del bambino di relazionarsi
con il suo ambiente a livello di motricità. Ha delle ripercussioni fondamentali sul nostro comportamento
sociale e sulla visione su noi stessi.

I bambini appena nati non sono in grado di camminare  no autonomia motoria. Deve essere sempre
supportato da adulti, e i suoi bisogni sono completamente addossate all’adulto. Non ha capacità motorie
volontarie, ma ne possiede di involontarie.
Analisi del grado di sviluppo ed eventuali anomalie fisiche nelle prime 36 ore dalla nascita.

Neonato competente NBAS: parte dal presupposto che il neonato abbia competenze, sia attivo,
interagisce con l’ambiente circostante, nei limiti che gli sono imposti dallo sviluppo neurologico e fisico. Gli
schemi motori sono già disponibili e sperimentati nella fase pre-natale—i neonati sono in grado di mettere
in atto le loro competenze motorie in risposta a stimoli ambientali, anche se non dispongono ancora del
controllo volontario dei movimenti.

Inizialmente sono risposte perciò automatiche che diventano sempre più coordinate ed associate a stimoli
sensoriali in entrata che producono risposte motorie in uscita.

Nella prima comparsa di riflessi motori la risposta non è mirata. Via via la capacità motoria si affina e arriva
ad esercitarla in modo selettivo, seppur involontario. È presente in modo variabile: riflessi presenti alla
nascita, e se non ci sono, la loro assenza rappresenta un segnale di allarme.

Queste competenze motorie in gran parte ricadono nella categoria dei riflessi arcaici, tipici del neonato:
rimandano a movimenti presenti e funzionali in specie meno evolute della nostra. Devono essere presenti
alla nascita, e devono scomparire entro pochi mesi di vita, nel momento in cui lo sviluppo della corteccia
corticale (adibita al controllo volontario) è completo, e si è in grado di pianificare azioni consapevoli.
Tendenzialmente hanno come correlato il fatto che possiamo metterle in atto se siamo in grado di bloccare
le risposte involontarie (controllo volontario dell’attenzione).

Non tutti i movimenti riflessi scompaiono: alcuni ci permettono la sopravvivenza (respiro, cuore,
muscolatura viscerale) ma anche azioni condotte verso l’esterno (singhiozzo, regolazione pupilla per
regolare quantità di luce in entrata).

Riflessi arcaici:

-riflesso Babinski: riflesso di estroflessione delle dita del piede nel momento dell’accarezzamento dell’arco
plantare.

-Riflesso di Moro: in risposta a un allarme molto serio (rumore esterno o a una caduta di schiena),
coinvolge tutti i complessi muscolari, il neonato inarca la schiena, allarga le braccia (massima ampiezza
presa) e poi le chiude, in un tentativo di afferrare qualcosa (forse per attutire una caduta).

-Prensione: quando viene sfiorato il palmo della mano, il neonato afferra con forza. Il lavoro di
coordinazione e maturazione della corteccia, per questo riflesso, può impiegare più tempo. Intorno al terzo
mese scompare, ma la capacità di prendere volontariamente un oggetto non si manifesta fino al 5 mese. Si
tratta comunque di un riflesso integrato in un comportamento volontario successivo.

-Riflessi dei muscoli dorsali (Galant): in risposta alla rotazione del dorso (regione lombare), il neonato
ruota la schiena nella direzione dello stimolo.

-collo tonico: due movimenti asimmetrici su due lati del corpo. Quando forziamo la testa a girarsi da un
lato, nella direzione opposta contrae gli arti, nella stessa li allunga.

-stepping: tenuto sotto le ascelle, il neonato compie il movimento di camminata automatica se i piedi
sfiorano una superficie.

-nuoto: In acqua il neonato non affoga, perché fino ai sei/sette mesi chiude l’apparato respiratorio in modo
involontario, facendo movimenti di nuoto.

-suzione: se le labbra vengono a contatto con un oggetto qualsiasi il neonato inizia a succhiare.

-Rooting: se si stimola un angolo della bocca, il neonato gira il volto nella stessa direzione ed inizia a
succhiare.
Il neonato non ha riserve energetiche, perciò la poppata viene consumata con i normali meccanismi
metabolici in poco tempo, e l’azione stessa è dispendiosa dal punto di vista energetico (ecco perché si
addormenta).

Lo sviluppo delle abilità volontarie (grosso-motorie), cioè quelle abilità che consistono in ampie attività
muscolari. Anche qui non appaiono in modo casuale, ma valgono le direzioni che abbiamo visto nello
sviluppo fisico (testa-coda; centro-periferia  scalata antigravitazionale).

-Dalla posizione prona e supina si passa a quella eretta; occorre forza e coordinazione per sconfiggere la
forza di gravità che ci schiaccia verso terra. Elaborazione simultanea di informazioni da canali diversi,
progettare elaborare e mettere in atto gli output giusti (contrazioni muscoli, correzione spinta eccessiva con
spinte contrarie), è un lavoro estremamente complesso e una conquista di sviluppo che richiede un ampio
miglioramento nell’efficienza delle cellule nervose, sviluppo sinapsi e collegamenti fra aree sensibili e
motorie.

Uno dei processi che affina e migliora i nostri processi è la formazione di sinapsi, e la selezione delle sinapsi
utili e l’eliminazione di quelle superflue per rendere il meccanismo più utile; mielinizzazione: rivestimento
assoni attraverso cui passano i segnali chimici. Se viene ricoperto non avviene dispersione; l’impulso viene
isolato in modo da renderlo efficiente e diretto e veloce. Non va ad attivare i neuroni vicini inutili.

Una volta conquistata la capacità di mantenere la posizione statica eretta, posso avventurarmi nel
movimento (camminata).

-(0-2 mesi): sollevamento testa in posizione prona, e poi supina, inizialmente per brevi periodi e poi sempre
più lunghi. Alcuni bambini quindi manifestano tale capacità già alla nascita;

- (2-4 mesi): sollevamento simultaneo di testa e petto in posizione prona, con il peso appoggiato sugli
avambracci;

-(2-5 mesi): rotolamento sul lato

(3-4 mesi): sollevamento gambe e controllo del movimento dei piedi in posizione supina. Coordinazione
mani non particolarmente efficace, e in più arrivano ad una distanza inferiore rispetto alle gambe,
preferiscono afferrare le cose con i piedi piuttosto che con le mani;

-(4-6 mesi): sollevamento peso su braccia e gambe

All’inizio del secondo semestre di vita è in grado di abbandonare la posizione distesa e mantenersi seduto.
Dal punto di vista evolutivo è uno step centrale e cruciale, poiché in posizione seduta ho una visione
migliore dell’ambiente circostante (> esplorazione visiva utile per muoversi), libera le mani in modo da
aumentare l’efficienza dei movimenti fini della mano e delle dita; prerequisito per il passaggio
all’alimentazione solida, poiché migliora la deglutizione.

Aumento pericoli a cui è esposto (cadute, disequilibrio, non capacità di contrastare le forze che lo portano a
cadere, anche a causa delle dimensioni della testa maggiori rispetto al corpo). No ambiente completamente
protetto perché non funzionale alla sua percezione del mondo e al riconoscimento dei pericoli.

-(5-9 mesi): stare in piedi con il sostegno di un adulto

-(6-10 mesi): stare in piedi con sostegno autonomo.

Capacità di locomozione del bambino, che ne agevola lo spostamento e contrasta la gravità. Con l’aiuto
dell’adulto riesce a mantenere la posizione eretta, poi non ha bisogno di un sostegno attivo (si tiene su un
sostegno passivo in maniera autonoma). Metodo per esplorare il mondo ed acquisire nuove informazioni
tattili. Impara autonomamente cosa gli può essere utile o meno, cosa è pericoloso tramite l’esperienza
diretta.

Una volta acquisita questa capacità vengono lasciati gli appoggi; il bambino impara nel camminare,
sostenuto da un adulto che lo accompagna.

Mantenimento postura dinamica: già la funzione di equilibrio è difficile, ancora più difficile è il
mantenimento della posizione eretta su una superficie di appoggio su due piedi, sincronizzata con lo
spostamento del peso su un piede solo per volta, dell’equilibrio nel muoversi, utilizzare spinte adeguate al
movimento e alla fermata. Il genitore è quindi un appoggio attivo che mi permette di compensare gli errori
e di capire cosa fare per prevenirli.

La capacità di mantenere la posizione eretta da fermi richiede l’efficienza dei circuiti neuronali che
elaborano informazioni propriocettive (segnali provenienti da pelle, articolazioni e muscoli), visive, uditive,
vestibolari, e le coordinano con i circuiti motori.

Capacità di camminare, il primo passo che il bambino compie nel range di normalità va dai 11-15 mesi (?). è
un momento istantaneo, in pochi minuti da quando si lascia andare passa poco tempo a che avvenga la
prima camminata. Sviluppo della capacità locomotoria si sviluppa ulteriormente nel secondo anno di vita: la
camminata si fa più veloce, si impara ad andare all’indietro. Combinazione passi di corsa, via via più veloci e
coordinati, salire e scendere i gradini. Insieme a tali azioni appare anche la capacità di manovrare oggetti e
il controllo del movimento bocca-mano che consente l’alimentazione autonoma.

Sviluppo grosso motorio: durante età scolare e prima adolescenza aumenta la capacità di coordinazione ed
imprimere forza nei movimenti che si compiono; forza e resistenza aumentano in modo lineare. Subisce
una grossa accelerazione con la pubertà, e continua nel maschio fino ai primi 20 anni, in associazione al
profilo ormonale (forza massima, no resistenza). Per le ragazze non è altrettanto importante perché
compensato da aumento di massa grassa, aumentando la mobilità articolare.

Non c’è solo lo sviluppo della locomotricità (arti e gambe); un’acquisizione fondamentale della
coordinazione è la capacità di acquisire movimenti fini del braccio, della mano e delle dita  esecuzione
gesti molto mirati e controllati, che sono all’origine della mole del cervello. Massimo controllo che tutto
avvenga nel modo in cui vogliamo  sviluppo aree adibite a funzioni più particolareggiate e complesse.

Avviene dopo e più lentamente rispetto ai movimenti grossi; fino ai 2 mesi sono riflessi, poi vengono
acquisite prime forme di prensione volontari. Verso la fine dell’anno di vita la capacità di presa è acquisita e
finalizzata. 6-8 mesi si ha il movimento di pinza e opposizione del pollice.

Emerge preferenza per una mano (La lateralizzazione avviene successivamente. Attorno ai 2-3 anni);
acquisizione del movimento di lancio.

Nelle tappe fondamentali esiste una variabilità molto grande fra bambino e bambino che rientra nel range
di normalità, senza che questo sia indice di problemi, sia nella progressione di tempo (un bambino precoce
che rallenta è più preoccupante di uno che le manifesti tutte più tardi rispetto alla media) e nel livello
performativo. Più andiamo verso la coda dei tempi attesi, più si ha condizione allarmante.

-sitting without support (4-9 months)

-stand with parental assistance (5-11/12 months)

-crawling (5- 13 months)

Meglio gattonare che camminare per l’efficacia di esplorazione con una riduzione drastica di limiti.
Sviluppo atipico
Le conseguenze del mancato sviluppo di una capacità o l’acquisizione più lenta causano un disagio effettivo
alla persona, e l’impossibilità di svolgere compiti fondamentali e che gli permettano si svolgere funzioni
primarie (alimentazione) e sociali (camminare).

 Limitazione benessere (l’oms nel 46 ha definito la salute come uno stato di completo benessere della
persona dal punto di vista fisico, sociale, psicologico e relazionale) della persona.

> ciò che si osserva precocemente è predittore di ciò che avverrà;

> plasticità: capacità di correggere sulla base di ostacoli che incontriamo nella fase di sviluppo, soprattutto
però se otteniamo a tal proposito un sostegno adeguato. I danni che accadono presto hanno peggiori
conseguenze di quelli che avvengono più tardi.

Il processo di valutazione non è etichettare, ma misurare e valutare come funziona una persona in un
ambito importante della sua socialità, se funziona adeguatamente o meno (mediante diagnosi – situazioni
che in altre persone hanno lo stesso esito), per pianificare l’intervento in modo adeguato.

Possono presentarsi per molteplici cause:


1- Disfunzioni a livello dell’SNC , congenite (già presenti alla nascita per predisposizioni genetiche o per
fattori teratogeni), o acquisite (traumatismo)  paralisi cerebrali
Il grado di compromissione dipende dalla localizzazione e dal momento in cui si verifica la stessa:
tutte le abilità in quel momento acquisite poi saranno compromesse;
2- Sindromi associate di cui le paralisi sono una manifestazione o eventi che accompagnano l’altra
patologia (sindrome di down)
3- Compromissioni associate e conseguenza di aspetti di malfunzionamento generalizzato dello
sviluppo non direttamente legati al movimento, ma che interferiscono su di esso (autismo, ADHD)
4- Condizioni nelle quali non vi è un substrato neurologico visibile, non vi sono patologie presenti o
comunque non così gravi da causare atipicità  sviluppo motorio atipico nella coordinazione
motoria, incapacità di elaborare azioni e sequenze di movimenti con uno scopo finalizzato.
criteri diagnostici per il “Disturbo della coordinazione motoria”: il disturbo interferisce a livello
psicologico ed intellettivo. Non riesce ad aderire alle richieste dell’ambiente che vengono fatte in
funzione del grado di età. Disagio obiettivo per la persona. Il disturbo non ha basi organiche visibili
e conosciute.
5- L’origine è nota, ed è dovuta a deprivazione ambientali, luoghi in cui non è stato possibile
esercitare le proprie capacità motore, o non si è avuto il supporto, anche terapeutico, necessario
per far fronte ad eventuali problematiche. Costrizione/impossibilità di movimento, associate anche
a difficoltà percettive (osservata nei bambini allevati sin dalla nascita in orfanotrofi, in cui manca
assistenza personalizzata per i bambini).

Vi sono misure standardizzate per rilevare la qualità motoria dello sviluppo dei bambini, nonché esistenti
anche per la misurazione dell’intelligenza (anch’esse comprendono una parte motoria, poiché è uno dei
primi casi in cui si manifestano azioni di riflessione ed elaborazione, capacità adattive e di pianificazione
(utilizzo intelligenza). Consistono in 8 prove diverse per 3 fasce di età, che coinvolgono la destrezza
manuale, il mirare e afferrare, e l’equilibrio.

Sviluppo percettivo
Percezione dell’ambiente circostante attraverso gli organi di senso e l’elaborazione dell’informazione
raccolta, in modo da dare ad essa un senso che la renda utilizzabile e che aiuti l’uomo a sopravvivere nel
mondo.
>La sensazione è la capacità di captare variazioni fisico/chimiche dell’ambiente e tradurle in un input-
informazione nel nostro cervello, in segnali elettrici inviati all’SNC, che li riceve ed elabora, dando loro un
significato. Siamo dotati di apparati che ci permettono di distingue proprietà fisiche o chimiche
dell’ambiente e della persona (riconoscere movimenti, forma, proprietà di superficie, consistenza, la nostra
posizione, proprietà chimiche della composizione dell’ambiente attraverso gusto ed olfatto)

>La percezione è interpretazione dell’informazione sensoriale. L’insieme dei processi di elaborazione che
SNC compie sull’informazione sensoriale in entrata. Li riconosce ed associa ad esperienze fatte in
precedenza; interagendo con aree del cervello diverse deputate ad azioni diverse, sono in grado di capire
cos’è quella sensazione, cosa l’ha prodotta, cosa ne consegue. Riconoscimento di una sensazione post
elaborazione. Comprende operazioni di categorizzazione e completamento ad opera della corteccia visiva.

Percezione nel neonato:


> elicitazione riflessi: gli strumenti ed i metodi per verificare la presenza di una sensazione sono semplici,
ad esempio se testo i riflessi faccio in modo che sia sottoposto a stimoli che gli diano riflessi motori visibili.
Fa parte dell’esame neurologico neonatale; se c’è reazione ad uno stimolo allora ho la sensazione.

>Per dire ed essere certi che ci sia stata una percezione devo poter determinare che due stimoli capaci di
produrre una sensazione simile fra di loro inducano nel neonato due risposte differenziate  tecnica della
preferenza visiva (looking chamber): consiste nel presentare al neonato due informazioni differenti nei due
campi visivi, lasciando che lui orienti la sua attenzione verso uno dei due. L’attenzione non è volontaria, ma
catturata da aspetti salienti che ne catturano l’attenzione. Se io pongo due disegni con le stesse condizioni
tecniche, ma differiscono solo per la composizione e la forma, se il neonato ne guarda più uno dell’altro,
allora vuol dire che le ha elaborate come differenti, ha dato loro un significato e ne preferisce una all’altra.

La sua competenza è limitata a predisposizioni innate. Basta anche una rappresentazione schematica di
base per dare avvio ad una discriminazione.

Preferenza per i volti orientamento del neonato verso stimoli che sono preferibili rispetto ad altri (ad
esempio per i tratti del viso a circa 15 cm di distanza; bastano anche pochi dettagli fondamentali, poiché
l’acuità è ancora bassa). Tali risposte fisiologiche sono correlate a sensazioni di familiarità; vi è una maggior
preferenza in presenza di contenuto emozionale (facce espressive o di un volto che guarda in direzione del
bambino a 5 gg).

-la preferenza iniziale è per elementi del volto a forte contrasto per definire i limti;
-verso i due mesi lo sguardo si dirige quasi esclusivamente su occhi e bocca (elementi implicati nella
comunicazione, orientamento innato alla relazione sociale). Soprattutto gli occhi, che esprimono emozioni,
attenzione, le intenzioni, esplorazione del mondo attraverso la direzione dello sguardo degli altri.

Abituazione e disabituazione: Stimoli nuovi non riconosciuti elicitano una risposta maggiore. Vi è
un’attivazione fisiologica che possiamo misurare, ad esempio nell’aumento di velocità dei movimenti di
suzione, nel ritmo cardiaco e respiratorio, periodi di osservazione di un oggetto.
Se l’oggetto viene presentato successive volte l’incremento è molto più blando. Ogni volta che si sottopone
al bambino un nuovo stimolo, si rileva una variazione nel suo comportamento che indica come è stato
riconosciuto come nuovo, e perciò ha suscitato un attivazione dell’interesse. Se sottopongo lo stesso
stimolo per volte successive, la variazione sarà presente ma più blanda di volta in volta, e alla fine non
otterrà più una variazione. Questo perché il bambino ha riconosciuto le proprietà dell’oggetto, l’ha
associato a qualcosa di già noto, qualcosa che quindi è presente nella sua memoria.

Se la memoria a lungo termine del neonato dura meno di una settimana, mi aspetto una nuova abituazione
della stessa intensità della prima volta a distanza di giorni. Se non c’è riconoscimento la traccia di memoria
è decaduta e vi è disabituazione; se invece vi è una riabituazione più rapida, è perché la risposta è rimasta
latente, e si ha uno stimolo meno intenso.

High-amplitude sucking

Non solo vi è una capacità sensoriale di percepire stimoli, ma al contempo anche controllo motorio,
memoria e distinzione stimoli. Decodificazione e distinzione di uno stimolo sensoriale in entrata in qualcosa
di interessante e nuovo rispetto a qualcosa di già conosciuto.

Risposta orientativa e High tracking: strumento per studiare la posizione dello sguardo, per quanto
tempo si guarda un oggetto, la differenza fra oggetti nuovi, già visti o simili a quelli conosciuti; il movimento
di spostare la testa verso un’immagine od un suono.

>La visione nel neonato: alla nascita nervi, muscoli e recettori si stanno ancora sviluppando, per cui i
bambino hanno difficoltà a vedere oggetti lontani.
-la sensibilità della retina è circa 40 volte inferiore all’adulto. Solo ad un anno raggiunge livelli paragonabili;
-a 6 mesi sono completate la formazione delle vie nervose e la mielinizzazione delle fibre nervose;
- Stimolazione ambientale fondamentale per perfezionamento circuiti neuronali.

Il bambino riconosce soprattutto il colore, la forma e la dimensione, la direzione del movimento, luminosità,
durata del movimento, la velocità del movimento, la temperatura a livello tattile, percezione dolorifera,
consistenza, qualità superfici, (gusto e sapore sono determinati da recettori chimici), il suono, la quantità
(percepita sin dalla nascita, ed anche dagli animali, perché non chiede conoscenze numeriche).

Già i neonati sono in grado di distinguere la quantità da altre categorie. Distinguono oggetti uguali per tutte
le categorie ma variano per quantità, poiché ci sono aree nel nostro cervello che lavorano solo sulla
proprietà numerica.

 -Costanza percettiva: permette al neonato di percepire la stabilità del mondo al mutare delle
condizioni in cui si presenta
 Costanza della dimensione: dipende dal rapporto tra grandezza reale dell’immagine retinica e la
distanza apparente dell’oggetto (dai tre fino agli 11 mesi)
 Costanza della forma: dipende dal rapporto tra la forma dell’immagine retinica e l’inclinazione
apparente dell’oggetto. Già a 3 mesi i bambini presentano tale capacità per oggetti con forme
regolari e note.
 Percezione della profondità: è successiva, frutto di percezione, capacità di tradurre un segnale
bidimensionale in arrivo in un segnale tridimensionale a livello percettivo, ricostruzione ed
elaborazione del segnale; tra i 6 e i 12 mesi i bambini percepiscono la differenza di profondità
(esperimento del precipizio visivo; alcuni studi più recenti dimostrano un cambiamento nel battito
cardiaco già in bambin idi 4-5 mesi).
 Aspettative visive: già a 3 mesi i bambini evidenziano aspettative guardando nella direzione in cui
dovrebbe apparire una determinata immagine; per capire che una persona si è fatta un’aspettativa
vediamo ed osserviamo qual è la sua reazione nel momento in cui questa aspettativa è violata
(aumento battito cardiaco). I bambini guardano per qualche millisecondi in più un evento
improbabile rispetto ad uno probabile: vuol dire che fra i due eventi vi è una differenza di
percezione che induce in qualche modo un’elaborazione differente.
-a 6-8 mesi percepiscono i principi di gravità (un oggetto in bilico può cadere) e sostegno (le
maniglie di una tazzina)
-tra i 7 e i 9 mesi i bambini sanno differenziare le aspettative tra oggetti animati e quelli inanimati,
perché le cose animate hanno dalla loro parte le intenzioni.
-a 9 mesi attribuiscono intenzionalità ai movimenti umani
-10-12 aspettative basate su eventi probabilistici
Inizialmente nei neonati l’SNC è molto immaturo; ciò significa che le informazioni in entrata sono molto
dispersive, perciò l’informazione si spande per più bersagli, cioè il neurone scarica l’informazione e la
indirizza egualmente verso più neuroni bersaglio, anche quelli che non hanno nulla a che fare con il segnale
inviato.

 Distinzione colori:
-alla nascita solo del verde e del rosso.
-i recettori dei colori sono i coni, non tutti sviluppati allo stesso modo alla nascita. Ad esempio quelli
del colore blu: i bambini avranno quindi una percezione alterata sia del blu che dei colori composti
con esso fino ai due mesi, quando i coni relativi cominciano a funzionare.
-la capacità di distinguere colori secondari aumenta tra i 3 e i 4 anni;
-aumento di capacità di coordinare volontariamente lo sguardo con indizi esterni (dito nel punto
indicato).

Sviluppo uditivo: è più avanzato di quello visivo, consente una relazione con l’ambiente circostante che
amplia la percezione del bambino, perché è in grado di distinguere già alla nascita voci umane che
conversano, e anche rumori più intensi, in quanto già negli ultimi due mesi di gravidanza il feto percepisce e
riconosce suoni.
Ripetendosi tendono a diventare familiari e aiutano il bambino a mantenere uno stato di attivazione
fisiologica normale.
-voce della madre: si ha una preferenza generica per la voci femminili, ma tra di esse quella della madre;
-suoni dell’ambiente, con proferenza per suoni e melodie appresi o voci maschili alte

La progressiva acquisizione di capacità uditive, come la distinzione per timbro (meno sensibili ai toni bassi
fino ai due anni) ed altezza (soglia di stimolazione alta, non sentono suoni labili), e la localizzazione (anche
se presente fin dai primi mesi di vita), è un processo più lento, e raggiunge un completamento intorno agli 8
anni.

È molto più facile ci siano interruzioni che provocano danni a breve, ma anche a lungo termine.
>Otiti causate da poco spazio nelle vie aeree.
Non sentirci vuol dire essere tenuti fuori dalle interazioni; tra bambini questo è anche più traumatico,
perché non riescono ad attribuire al bambino che non sente bene un problema acustico, ma viene
colpevolizzato per non partecipare in modo adeguato alle interazioni
 esclusione sociale, che provoca nel bambino escluso emozioni negative, che è facile si traducano in
comportamenti aggressivi, di rifiuto o di ritiro sociale. Mediamente fino ai 5-6 anni.

> Intorno al 7 mese riconosce le voci, suoni presenti nella lingua rispetto a suoni con significati linguistici.

In caso di parto prematuro viene messo in incubatrice, e ciò limita il più possibile il contatto pericoloso con
l’umano; aumenta il tasso di sopravvivenza ma anche il numero di problematiche psicologiche a livello
comportamentale e sensoriale. No riconoscimento di segnali umani o meno, no interazione con le voci e i
suoni Mancanza di relazione percettiva con altri umani.

Olfatto e gusto: Nel periodo fetale (28 sett.) iniziano le prime percezioni olfattive e gustative. Il liquido
amniotico contiene i nutrienti che hanno gusti ed odori specifici, e cambiano a seconda dell’alimentazione
materna, proprio come il latte della madre. Il feto si abitua ad avere contatti con un liquido amniotico che
cambia con il tempo, perciò ha già sviluppato percezioni gustative ed olfattive (il riflesso di suzione aumenta
con l’introduzione di sostanze dolci). Ci sono anche predisposizioni genetiche che ci fanno preferire alcuni
sapori rispetto ad altri.
>Ci sono diversi studi che dimostrano come la preferenza per sapori appresi nel pre-natale persista nel
periodo post natale. Ad esempio studi con l’utilizzo della carota: è stato fatto assumere alle madri
dall’ottavo mese succo di carota. Nel periodo post natale dell’allattamento ci sono state diverse assunzioni.
Vi è una maggior preferenza per quel gusto da parte dei bambini che vi erano stati esposti nel periodo
prenatale. Il riconoscimento e la preferenza per quei sapori a cui erano stati esposti nel periodo prenatale
persistevano anche nel momento dello svezzamento.
>la preferenza per il salato si manifesta solo al 4 mese ed è in buona parte appresa (viene appreso ad
associare loro una sensazione piacevole).

Avremo importanti differenze ed implicazioni per quanto riguarda l’alimentazione del neonato. Non ci sono
momenti di interruzione nelle capacità del neonato di percepire gusti diversi. Periodi critici per
l’accettazione di sapori particolari (esempio di latte per integrazione per bambini intolleranti al lattosio,
difficile da far accettare oltre i 4 mesi); per lo svezzamento non ha senso sostituire gusti ed odori abituali
(cioè assunti dalla madre) con cibi speciali per bambini come gli omogeneizzati, insapori e disgustosi anche
per i genitori. Non vi sono procedure uniformi.

Ciò che viene proposto ad esempio nell’ausl di Romagna è una modalità di svezzamento attivo, basato sul
bambino, la cui efficacia è stata considerata buona, per bambini sani che non hanno esigenze particolari e
che seguono regolarmente le visite pediatriche.
-il bambino sa indicarci quando è pronto allo svezzamento, e sa regolarsi da sé;
-i genitori fungono da modello, non imbuto che mette il cibo
-A cinque mesi e mezzo, sei di età cambiano le esigenze nutrizionali del bambino; allo stesso modo
comincia a sviluppare interesse per le pratiche di nutrizione degli adulti per normali pratiche di imitazione;
matura il sistema digerente che è in grado di trattare sostanze più complesse, e sviluppo motorio mantiene
la posizione seduta e quindi vi è una facilitazione della deglutizione  no rischio soffocamento.
-Il primo approccio al cibo solido va fatta in seguito alla richiesta del bambino, soggetto dotato di specifiche
competenze e capacità, e non come oggetto di rigidi schemi. Su queste segnalazioni deve basarsi la risposta
del genitore.
-Ci sono dei segnali: mantiene la posizione seduta da solo o con un minimo di sostegno, coordina occhio,
mano e bocca; apre la bocca tenendo la lingua appiattita per ricevere il cucchiaio; stringe le labbra attorno
al cucchiaio e ne asporta il contenuto, mastica anche senza denti e lo deglutisce; afferra e porta alla bocca
le cose, anche il cibo, e gira la testa dall’altra parte per esprimere la sua contrarietà. Cibi che possa
mantenere e che possa masticare (possibilità di sminuzzare il cibo anche senza la presenza dei denti).
-Il bambino è capace di regolarsi da sé su quanto mangiare  capacità di autoregolazione. I genitori hanno
la responsabilità di decidere cosa far mangiare al bambino, far partecipare il bambino al contesto della
tavola.
-Alimenti controindicati: miele, supplementazione di zuccheri da evitare nei primi anni di vita, evitare
passaggio diretto a latte vaccino; evitare il tè e tisane che interferiscono con l’assorbimento di ferro e
contengono zuccheri aggiunti, evitare alimenti che comportano rischio di strozzamento, no aggiunta
zuccheri e sale.

-Educare i bambini a soddisfare la sete bevendo acqua e non bevande dolci, che contengono edulcoranti e
sostanze che vanno evitate.
-Esiste un riflesso di espulsione per espellere sostanze potenzialmente pericolose.
-Allergie: evitare l’introduzione di elementi allergizzanti, proponendoli uno alla volta e rateizzati, non è
stata vista come una buona mossa, sia per i bambini normali che per quelli a rischio. L’introduzione non
ritardata potrebbe evitare l’insorgere dell’allergia.
-Varietà, persistenti ma senza forzature, essere un buon esempio e favorire un ambiente di alimentazione
rilassante e coinvolgere i bambini nella cucina, per condivisione rapporto con il cibo,

Sviluppo percettivo atipico: il processo di acquisizione di competenze non procede nel modo adeguato e
si manifestano alterazioni congenite o acquisite della capacità di ricevere sensazioni o elaborare percezioni.
Gli ordini di problemi che si possono creare sono di tipo periferico o centrale:
>a livello periferico: l’errato sviluppo degli apparati sensoriali e degli organi di senso (danni nel periodo
prenatale o successivi), o la loro compromissione a causa di infezioni o degenerazioni dell’occhio, possono
impedire/limitare l’informazione in entrata (a causa di parto prematuro ad esempio).
-cataratte congenita, retinopatia del prematuro, infezioni del nervo ottico per la vista
-infezioni dell’orecchio medio per l’udito

>a livello centrale: deficit percettivi primari interessano alterazioni del SNC, in particolare la aree del
cervello dove è localizzata l’elaborazione degli stimoli primari (corteccia visiva, olfattiva, tattile ed uditiva).
Trauma dopo la nascita può dare compromissioni anche permanenti, lesioni ai nervi (bulbo olfattivo), deficit
a livello centrale in cui sono compromesse le connessioni tra aree percettive primarie ed aree che servono
ad integrare le percezioni, risultando in deficit di riconoscimento/recupero delle informazioni in memoria
(agnosie specifiche per i volti o per gli oggetti).

>possibili anche situazioni di deficit misto

A parte questi casi di interesse primario per la neuropsicologia, spesso le lesioni non sono ben determinate
e vanno a colpire altri aspetti della persona.

I danni prodotti sono molto più complessi, comportano difficoltà relazionali e sociali, sulla percezione
dell’ambiente e quindi per la pianificazione del movimento; le informazioni provenienti da un singolo senso
gradualmente ma precocemente impariamo ad integrarle e ad utilizzarle contemporaneamente ad altre. La
mancanza di informazione relative ad un canale incide fortemente sulla qualità complessiva
dell’informazione percettiva che abbiamo dell’ambiente circostante. Il grado di compromissione non si
limita all’apparato interessato.

Integrazione con sviluppo cognitivo e motorio: la possibilità di percepire oggetti, eventi e persone, è
fondamentale per classificarli e definirne le proprietà, e formare i concetti. La possibilità di creare
raggruppamenti è chiaramente compromessa se viene a mancare la capacità di fare esperienza degli
elementi e delle loro proprietà.

-legame bidirezionale tra processi di sviluppo percettivo e motorio: compromissione percettiva può
ritardare lo sviluppo cognitivo e motorio; a sua volta un deficit motorio riduce le occasioni di stimolazione
degli apparati sensoriali e l’integrazione percettivo-motoria:

-legame bidirezionale tra processi di sviluppo percettivo e cognitivo: la compromissione


sensoriale/percettiva ostacola lo sviluppo cognitivo e del linguaggio; al contempo la compromissione
cognitiva interferisce con lo sviluppo della percezione (tempi di focalizzazione sullo stimolo troppo brevi per
favorirne l’apprendimento).

Vi è anche una compromissione inversa, cioè una difficoltà nello sviluppare anche i circuiti neurali alla base
dell’elaborazione della percezione quando è gravemente compromessa la funzione cognitiva
dell’attenzione.

Attenzione e memoria
Attenzione e memoria sono aspetti del funzionamento della mente che ci permettono di costruirci una
rappresentazione mentale delle cose, delle persone e degli eventi, su cui possiamo esercitare delle
elaborazioni di più alto livello ipotesi sull’andamento di determinati eventi, pianificare decisioni in modo
da regolare il comportamento in base a ciò che abbiamo percepito e su ciò che abbiamo posto la nostra
attenzione.

>Ragionamento (capacità di individuare e prevedere relazioni ed eventi che potranno accadere in futuro) e
intelligenza (pianificazione del nostro comportamento in relazione all’ambiente e agli altri).
>Pensiero (capacità di formare rappresentazioni mentali di persone ed eventi, che vanno al di là del
momento che ho osservato; astraggo, ricavo elementi comuni fra eventi oggetti e persone simili creandone
un’idea astratta e simbolica, generalizzata).

>Necessari per svolgere compiti di più alto livello che ci si aspetta dalla mente formata.

Attenzione:

1. capacità di focalizzare e dirigere le nostre capacità cognitive su una parte delle informazioni
disponibili nell’ambiente, o distribuirle su più oggetti.
-Acquisizione ed elaborazione delle informazioni, su uno o più aspetti specifici dell’ambiente con cui
interagiamo e viviamo.

>Gli eventi con cui entriamo in relazione sono molteplici, siamo continuamente immersi in stimoli percettivi
che hanno la capacità di catturare l’attenzione e di convertire su di sé le nostre attività cognitive. Alcune
producono continuamente un segnale in entrata nel nostro sistema nervoso (vestiti, sedia su cui siamo
seduti provocano una continua stimolazione tattile); a meno che non induca un segnale di allarme
meritevole di elaborazione, non gli diamo peso perché abbiamo imparato a non dedicare le nostre
attenzioni ad uno stimolo continuo e non importante, per concentrarci su altre cose che sono più rilevanti
rispetto agli scopi che abbiamo.

>La capacità di dedicare l’attenzione a ciò che vogliamo è fondamentale per lo svolgimento di compiti,
realizzare le intenzioni e i comportamenti che abbiamo finalizzato.

2. Capacità di sostenere tale focalizzazione per il tempo necessario/desiderato. Il mantenimento


dell’attenzione implica una spesa energetica, è un compito attivo, perché scelgo quali aspetti
specifici di tutti gli stimoli e di tutti i pensieri sono più importanti, e per farlo devo far lavorare
alcune aree specifiche  il lavoro dei neuroni costa.
-poiché le risorse cognitive sono limitate, la capacità di attenzione è legata direttamente alla qualità
delle performance

Distribuzione dell’attenzione: L’attenzione è una capacità fondamentale per permettere a tutte le altre
funzioni di ordine superiore di funzionare correttamente con a disposizione le energie sufficienti. Le nostre
capacità energetiche sono limitate, perciò l’attenzione ci permette di limitare il consumo energetico e:
1- Selettiva: focalizzare le risorse su un aspetto rilevante dell’esperienza ignorando stimoli diversi;
2- Divisa: capacità di concentrarsi su più attività simultaneamente, suddividendo le risorse disponibili;
3- Sostenuta: capacità di mantenere l’attenzione sullo stimolo o il compito selezionato per un periodo
prolungato
 Funzione centrale e strategica

Orientamento attentivo nella prima infanzia


-Nel neonato non è presente in maniera volontaria; questo non significa che non abbia capacità attentiva. Il
neonato può dedicare prioritariamente la propria attenzione ad uno dei diversi stimoli che gli sono
presentati contemporaneamente, ma in maniera involontaria; ciò dipende esclusivamente dalle
caratteristiche degli stimoli stessi (determinate dall’appartenenza alla specie umana).
L’attenzione è catturata da stimoli più interessanti/salienti dell’ambiente.

Vi sono altre qualità degli stimoli oltre alla loro natura umana, come variazione d’intensità di alcune
proprietà fisiche (luminosità, colore, suoni), oppure relative ad uno specifico stimolo (noti ed abituali sono
più piacevoli; la valenza; la caratteristica positiva o negativa).
-La capacità della stimolazione di orientare l’attenzione è limitata dal fatto che le stesse capacità percettive
del neonato sono limitate (campo visivo ridotto e acuità uditiva limitata).
- Dal secondo mese di vita, gradualmente questa disposizione riflessa ed automatica comincia ad essere
affiancata dal controllo volontario (attenzione selettiva), scelta di quali siano gli oggetti degni di
focalizzazione oggettiva mediante lo spostamento ripetuto dell’attenzione da uno stimolo ad un altro.
[il tempo di attenzione è essenziale per la memorizzazione delle caratteristiche degli stimoli]

Il bambino, in assenza di stimoli particolari, orienta lo sguardo intorno, senza essere interessato da eventi o
rumori predominanti, ma volgendosi verso elementi che non hanno nulla di particolare rispetto agli altri.
Alla capacità di governare il focus attentivo e mantenerlo per un periodo sempre più prolungato si affianca,
senza scomparire, la modalità automatica (che permane anche in età adulta).

Il riflesso di orientamento verso suoni intensi o acuti è inevitabile nell’adulto, ma è vitale sentire tali suoni,
perché può fare la differenza tra la vita e la morte. Ciò che cambia è l’intensità con cui gli stimoli si
impongono su controllo volontario, aumenta la nostra capacità di decidere dove indirizzare l’attenzione.

>sviluppo dell’attenzione congiunta: capacità di dirigere il focus attentivo nella stessa direzione di un’altra
persona. Richiede la capacità di indentificare la direzione dello sguardo o di un dito (pointing), o la
finalizzazione di un comportamento (automatica e precoce, intorno ai 7-8 mesi).
Fondamentali per lo sviluppo di capacità di focalizzazione dell’attenzione, acquisizione prime parole in
seguito al loro essere nominate, per la teoria della mente (presa di coscienza degli stati mentali comuni a
tutti gli esseri umani). Permette la scoperta e l’individuazione di quali oggetti, persone ed eventi l’adulto
giudica interessante e meritevoli di attenzione (apprendimento imitativo).

-La capacità di allungare i tempi di attenzione emerge già nei primi anni di vita, e nella seconda infanzia vi è
un aumento dei tempi di attenzione sostenuta (fondamentale per la memorizzazione a lungo termine).

>aumenta la capacità di dirigere volontariamente l’attenzione verso stimoli non salienti (compiti noiosi,
persistenza del focus in presenza si distrattori), essenziale per l’apprendimento.
Inibizione: aumentare l’attenzione e concentrarla attivamente sullo svolgimento di un’azione a discapito
delle altre, e sopprimere attivamente le distrazioni di sottofondo (complicato verso quegli stimoli più
interessanti o vividi). Essendo di ordine superiore emerge più lentamente e matura dopo l’adolescenza, fino
all’età adulta.

- In età scolare raggiunge i livelli simili a quella adulta.

- Durante l’adolescenza si ha un miglioramento delle capacità attentive fino ai 15 anni, nonché la conquista
dell’attenzione divisa (funzione adattiva): quando aumentano sufficientemente le nostre capacità di
elaborazione, possiamo decidere di deviare parte delle attenzioni simultaneamente a due o più compiti
senza fallire o perdere il controllo. Ci sono comunque dei limiti in quanto le nostre risorse sono limitate. No
quantità di energia superiore a quella che riusciamo a produrre.

Sviluppo atipico dell’attenzione:


Esiste un’elevata variabilità naturale e innata nelle persone, ci sono persone che hanno diversi gradi di
difficoltà o facilità nel mantenere livelli di attenzione.

Anche condizioni ambientali, abitudini e comportamenti rinforzano o riducono/indeboliscono tali


processi di mantenimento dell’attenzione.

Un altro fattore di variabilità, nella stesa persona a parità di influenza genetica ed ambientale, la capacità
attentiva si modifica a seconda del momento della vita, o anche della stessa giornata (quando si è stanchi si
ha meno attenzione, quando si ha fame, quando si ha altri bisogni fondamentali).

Se ci troviamo in una situazione distraente, in quella situazione le nostre capacità di controllo ne
risentiranno.
L’incapacità di sostenere e scegliere il focus attentivo è un’esperienza che tutti facciamo e ci troviamo a
fare, non è il fallimento in un compito attentivo che delinea una condizione patologica.

Questa si ha quando l’incapacità è perdurante, si sviluppa in diverse situazioni anche al di fuori della mia
condizione, ed influisce sulla mia vita in modo significativo, non rendendomi capace di svolgere compiti
normali che gli altri riescono a fare, e che mi aspetterei di poter fare data la mia età e le mie capacità
attuali. Compromissione oggettiva e soggettiva, mi rendo conto e peggiora il mio stato psicologico.

Ci sono casi in cui la differenza con le capacità di controllo degli altri individui è molto grande. Esistono
alcuni individui che si discostano notevolmente dai livelli attesi e nella media delle altre persone.

Lo sviluppo dell’attenzione ha sempre andamento progressivo: ci sono persone con grosse difficoltà
attentive ma riescono a gestirle in equilibrio precario, alcuni con scarse qualità ma tali da permettere un
adattamento efficace, molte che la hanno in modo sufficiente, ecc. ecc, fino ad arrivare a dotazioni
eccezionali in senso positivo.

L’eccessiva riduzione dei tempi e della persistenza dell’attenzione possono causare compromissioni
importanti del funzionamento intellettivo e relazionale, relativo alla vita sociale, con conseguenze per la
vita del soggetto stesso (non è in grado di apprendere, interagire efficacemente, pianificare i propri
comportamenti, va incontro ad esclusione ed allontanamento); ciò in assenza di ritardo mentale.

Il danno oggettivo e quello soggettivo rendono la vita delle persone impegnativa e costosa, ha impatto sul
benessere della vita. Quando non sono gestibili si parla di disturbo.

ADHD: disturbo da deficit dell’attenzione con iperattività.


l’origine di tale disturbo ha a che fare con i processi di neurosviluppo ed ha fortissima impronta biologica.
Esiste elevata familiarità: i bambini con disturbo hanno un elevata probabilità di avere altre persone nella
famiglia con lo stesso sviluppo.

Si presenta con altre disregolazioni, rafforzando l’idea della presenza di meccanismi neurotrasmettitoriali
(noradrenalina, dopamina e serotonina) e della struttura e nella corteccia di aree diverse con sviluppo
compromesso e non ottimale; la compresenza dello stesso disturbo in più membri della stessa famiglia
conferma il ruolo del fattore genetico. Ruolo fondamentale di fattori genetici diversi, alcune sono più
presenti nei bambini con ADHD piuttosto di altri, ma non vi è un gene (no causa monogenetica) No
componente semplice e pienamente nota.

Sviluppo neurologico e neuropsicologico: differenze significative nella struttura, nella grandezza di alcune
sotto aree prefrontali, aree otto-corticali, dorsolaterali, aree legate all’elaborazione delle emozioni, e
cervelletto. Funzionalità differenti, aree che si attivano di più o di meno rispetto alla norma, con densità di
neuroni più o meno elevata. I neurotrasmettitori devono essere in quantità giusta e trovare numero
sufficiente di neuroni per espletare le loro funzioni. Molti sono disregolati, sono troppo o troppo poco
funzionanti.
fattori ambientali, il disturbo si manifesta in modo più frequente se accadono certe cose (come il fumo
durante la gravidanza, che non ha rapporto causale diretto, ma è un fattore di rischio se vi è una
predisposizione sfavorevole; ansia sia nel periodo prenatale ma anche uno stile di relazione con il bambino
caratterizzato da una forte ansia). Anche un ambiente sfavorevole ed impegnativo contribuisce ad un esito
negativo nello sviluppo delle capacità attentive. Il bambino deve allenare e mettere alla prova le capacità in
modo che possa esercitare in modo adeguato le sue funzionalità di controllo dell’attenzione. Capacità di
seguire e scegliere il proprio focus attentivo, stabilire relazioni gratificanti, con i tempi dell’interazione
umana e oggetti che forniscano stimoli nuovi ed interessanti. Più stimoli e più intensi gli stimoli sono
presentati in modo eccessivo, questi sopravanzano qualsiasi capacità di controllo.
Sintomatologia: necessarie delle compromissioni prolungate e con esordio precoce (sin dalla prima
infanzia)
1- Almeno in sei manifestazioni visibili di inattenzione persistenti (escludendo le cause momentanee) e
trasversale a molti contesti.
-No capacità di restare concentrato, dimentica cose fondamentali, è distraibile;
-non presta attenzione ai dettagli;
-si dimentica di ciò che sta facendo, anche se è preso, e si lascia distrarre da altre cose;
-disinteresse per cose lunghe e noiose, derivato dall’incapacità di prestare attenzione ad attività in tempi
molto lunghi;
-difficoltà nello sviluppare competenze complesse che richiedono molto esercizio.

I bambini non hanno la stessa capacità attentiva degli adulti; quando il perdere cose diventa
particolarmente dannosa, causa problemi particolari (si perdono cose costose, grandi ed importanti),
diventa complessa ed un problema. Situazioni ripetitive e non attese in un certo bambino in una certa età.

La distraibilità implica il non prestare sufficiente attenzione per codificare ed elaborare lo stimolo
percettivo, no regolazione azione motoria nell’ambiente. Perdita di particolari importanti, non rappresento
correttamente l’ambiente circostante, il che può causare maggiori incidenti/infortuni infantili.

2- Almeno sei o più sintomi di iperattività o impulsività, anche se non sempre manifesti
-mancanza di controllo inibitorio, incapacità di bloccare comportamenti inattesi o contrastare una tendenza
automatica inattesa
-irrequietezza, incapacità di stare seduti, cambi continui di posizione, mani che si muovono e si impongono
addosso alle altre persone in modo superiore a quanto atteso, movimenti non finalizzati;
-movimenti frenetici, tendenza a cacciarsi di proposito in situazioni problematiche e pericolose;
-parlare molto e a sproposito [non riescono a mantenere il filo logico del discorso, dicono quello che
pensano (disturbi al sistema inibitorio), non si connettono con i discorsi degli altri, parlano prima di
pensare, no interazione fluida, risposte impulsive e parziali (andamento negativo scolastico)].

Diagnosi anche successiva (insorge entro i 12 anni), ma se il disturbo c’è si è manifestato molto prima.
>Coesiste anche con molti altri disturbi, come con l’autismo, nei disturbi della condotta, impulsività e
disturbi caratterizzati da comportamenti aggressivi, assunzione di sostanze, disturbi di ansia.
>Non necessariamente troviamo sintomi di inattenzione e di impulsività ed iperattività. Possono esserci
entrambi, ma nella metà dei casi abbiamo solo una delle due componenti, o una prevalenza di una
sull’altra. Spesso accade che le capacità inibitorie funzionano, e solo la focalizzazione attentiva è
compromessa.

Sottotipi:
-20/30% prevalentemente disattento (> 6 sintomi inattentivi, <5 impulsivi)
-15/20% prevalentemente impulsivo (> 6 sintomi impulsivi, < 5 inattentivi)
-50% combinato

Evoluzione nell’arco della vita:


Anche se c’è un miglioramento in età adulta, le problematiche persistono in modo grave e i sintomi
interferiscono pesantemente sulla qualità di vita in più contesti sociali. Si associa a depressione, isolamento
sociale, incapacità di svolgere compiti complessi con percezione di sé stessi compromessi.
La sintomatologia tende a cambiare per fattori fisiologici e sociali
-riduzione dei sintomi iperattivi, meno per quelli impulsivi
-inattenzione persiste
-in età prescolare più evidente disregolazione dei ritmi sonno/veglia, in età scolare difficoltà di
apprendimento
-in adolescenza isolamento sociale e aggressività
-in età adulta interferenza con la pianificazione e la persistenza in attività complesse o poco gratificanti
nell’immediato

>difficoltà cognitive: incapacità di selezionare le informazioni necessarie per l’esecuzione di un compito


(incapacità di pianificare), applicare strategie di studio e memorizzazione, incapacità di comprendere e
seguire regole.
>difficoltà nell’autoregolare le proprie emozioni e nelle relazioni sociali: gestione frustrazioni, posticipare
una gratificazione; controllo nei livelli di aggressività; difficoltà di controllo dell’alimentazione; intolleranza
alla noia; sviluppo di dipendenze da attività a immediata gratificazione e tempi di attenzione ridotti;
sentimenti di anedonia (incapacità di trovare appagamento per attività quotidiane e comuni come il cibo, il
sesso, e le relazioni interpersonali), ansia, demoralizzazione, rabbia (come conseguenza di fallimenti
scolastici e relazionali, rifiuto sociale); difficoltà nel costruire e mantenere relazioni positive con coetanei
conseguenze indirette per genitori, insegnanti, funzionamento di gruppi classe e di pari.

I disturbi dell’attenzione sono in crescita (diagnosi raddoppiata in 20 anni). Non è una maggior frequenza di
disturbo a definire tale incremento, ma una maggior consapevolezza diagnostica nei professionisti; più a
livello sub-clinico: vi è un peggioramento nelle capacità medie di attenzione già nella popolazione stessa
(aumento casi sottosoglia borderline).

Vi è un’ipotesi che attribuirebbe la causa alla presenza sempre maggiore dei media.
I contenuti mediali a cui noi decidiamo di fruire e a cui siamo esposti sono un veicolo di intrattenimento, interessanti. Necessità di
appetibilità della merce, che catturi l’attenzione del pubblico. Sopravanzano la mia capacità di controllo attentivo. Anche la
luminosità di uno schermo influisce, tale per cui l’intensità e il colore dello stimolo è continuamente variabile. Se un bambino viene
esposto a tali contenuti, essi sono troppo distraenti e al di sopra delle capacità di discernimento del bambino, e non è in grado di
sviluppare una capacità di controllo gradualmente più precisa. Anche lo stimolo sonoro, ad esempio la tv accesa in sottofondo.
Esposizione progressiva da età prescolare, ma in maniera controllata.
Maggiore tempo passato davanti agli schermi, minore è la capacità di sviluppo attentivo per tempi lunghi.
Influiscono la presenza di contenuti violenti, la rapidità dei contenuti (impediscono la focalizzazione prolungata, scan and shift),
arousal (disregolamento sonno-veglia, ipersensibilità a stimoli ambientali), tempo di esposizione, inibizione dello sviluppo
linguistico.

Esperimento:
indicatori: tempo medio in cui il bambino guarda tv, video o gioca su tablet e device portatili durante un giorno settimanale e del
weekend; uno della tv in sottofondo in casa; uso dei media per regolare il distress del bambino, quanto spesso le madri reagiscono
al distress del bambino (reazioni sulle emozioni, gratificazioni, punizioni) e come (dandogli strumenti elettronici come distrazione e
calmante); uso di device da parte della madre stessa.
 relazione direttamente proporzionale fra utilizzo media e livelli di attenzione. Un bambino più concentrato stimola meno
l’ambiente (madre) a fornirgli media per distrarlo.
Vi è un rapporto reciproco fra ambiente e fattore di sviluppo.

Con l’aumento dell’uso degli schermi e il cambiamento della fruizione delle informazioni già dalla nascita, sapendo che possono
compromettere lo sviluppo dell’attenzione soprattutto nei neonati, ultimamente vi è stato un aumento di tali disturbi correlato
all’utilizzo di schermo?
Da un lato sì: la prevalenza negli usa è passata dal 6% al 10% nel 2010. Vi è una differenza in alcune sottopopolazioni: è aumentata
in misura del 5% tra i ragazzi e il 3% tra le ragazze (raddoppiata). C’è stato un aumento nelle comunità etnico razziali in America,
che ha raggiunto la stessa percentuale di quella bianca, anche se è minore in quella ispanica. Tra due comunità più povere però il
riconoscimento è diverso. Probabilità che ci sia molta più tolleranza di comportamenti autodistruttivi dei bambini, non portandole
all’attenzione, o più sensibilità allo stigma.

Memoria:
fornisce l’impalcatura per il mantenimento delle informazioni, relative ad esperienze precedenti, e
necessarie per elaborare qualsiasi nuova esperienza, dare senso alle percezioni e trovare risposte ai compiti
che ci troviamo di fronte, senza dover ogni volta ripartire da zero, come se non avessimo mai fatto
esperienze simili  no possibilità di orientarsi.
>No capacità passiva, anche se processi di apprendimento avvengono in modo automatico e solo quelli più
complessi richiedono l’utilizzo di meccanismi più complessi, la memoria è sempre un processo attivo, in cui
l’organismo esercita il suo controllo.

>Le memorie cambiano anche attraverso il canale attraverso cui le abbiamo ottenute (memoria visiva-
spaziale (iconica), uditiva (ecoica)), canali relativamente separati ma che possono comunque interagire
l’uno con l’altro. Sono comunque modalità differenti di codifica.

>Esistono memorie implicite che non ricordiamo di avere ma che influiscono pesantemente sul nostro
modo di comportare, e memorie esplicite che consapevolmente andiamo a recuperare perché consci della
loro esistenza.

Nella psicologia dello sviluppo:


i primi ricordi
-La memoria implicita di stimolazioni sensoriali è presente anche nella fase prenatale.
-Nonostante la memoria esplicita compare a partire dai 6 mesi, nei primi tre anni non vi sono ricordi
genuini “autobiografici” di fatti successi, più probabile sia rielaborato su supporto di racconti di altri e
rievocazione successiva. Nell’”adulto” (dai 6 anni) il ricordo di memorie di fatti accaduti prima dei tre anni
non c’è. Ciò non vale per la memoria procedurale, perché ciò che abbiamo imparato a fare in questi anni
(come ad esempio il linguaggio o il camminare) continuano a far parte delle nostre conoscenze semantiche
per tutto il resto della vita.
-a 9 mesi il ricordo dura 4 settimane, a 10 i 6 mesi, al 3 anno i bambini possono rievocare episodi accaduti
nell’anno precedente

Per molto tempo si è pensato che i bambini non avessero capacità di memoria, anche perché, non potendo
parlare, non hanno modo di riferire i loro ricordi. Difficoltà tecnica di avere accesso alla memoria infantile.

>Quando si inizia ad utilizzare sistemi di rilevazione di memoria implicita, (paradigma automatico), se io


bambino manifesto il riconoscimento di gusti, suoni a cui sono stato esposto ma non ero consapevole, non
solo l’ho elaborata nel momento in cui si è presentata, ma ne ho fatto una rappresentazione che è rimasta
disponibile, e l’ho rievocata la durata dei ricordi nei bambini, anche nella fase prenatale è molto lunga.
Tutti gli studi che hanno affrontato il tema delle memorie implicite hanno documentato la durata di ricordi
per alcuni mesi, fino alla fase prenatale e allo svezzamento, tempi molto dilazionati.

>Per la memoria esplicita, qui si ha più difficoltà perché richiede comportamenti specializzati e consapevoli
del bambino.
paradigma dell’imitazione differita, che richiede un comportamento messo in atto volontariamente dal
bambino e non necessità di racconto verbale. Nella prima fase di codifica e costruzione del ricordo viene
mostrato un oggetto al bambino. Lo sperimentatore compie alcune azioni con quell’oggetto, che poi non
viene più mostrato. A distanza di tempo si ripresenta quell’oggetto lasciandolo nelle sue mani. Se non ha
conservato ricordo lo prende e lo esplora; se se lo ricorda, lo prende e ci fa la cosa che ha visto fare o ha
fatto lui stesso, la prima volta che vi è stato sottoposto. Intorno ai due anni i bambini esplicitamente
raccontano anche fatti relativi all’episodio in cui è stato mostrato certo oggetto (azione e narrazione).

AMNESIA INFANTILE: La consapevolezza e la possibilità di rievocare episodi dai tre anni si sviluppa fino a
diventare illimitata. Il ricordo viene codificato per un momento molto lungo, ma la fase di perdita dura dai
tre ai sei anni circa; un ricordo vivido a cinque anni va perso e cancellato in modo graduale, e non vi è una
spiegazione.
-meccanismo fisiologico: immaturità dei lobi frontali non permette il consolidamento della traccia per
periodi lunghi
-meccanismo cognitivo: le strategie di immagazzinamento sono inefficaci per un ricordo illimitato;
l’affinamento dei meccanismi di ricordo, che nei primi anni sono più semplici, comportano che le
informazioni così codificate non sono poi compatibili con quelle di quando cresciamo

Il fatto che interagiamo con altre persone da un lato può essere origine di ricordi falsi (parole e dettagli che
gli altri utilizzano), ma dall’altro normalmente sono una risorsa per lo sviluppo delle capacità di memoria,
perché soprattutto per la memoria episodica, il racconto di avvenimenti ripetuti non è casuale o del tutto
inaspettato, senza regole (ricordo congiunto genitore-bambino). Le interazioni, le conversazioni seguono
delle regole di momenti, di scene diverse ben precisi. Li prevediamo perché tutti abbiamo imparato a farci
aspettative e codificare irregolarità. Se ci troviamo in una situazione sociale complessa, organizzata ma in
cui non sappiamo come vanno le cose, è compromessa la nostra capacità di comportamento e
l’interpretazione della configurazione degli eventi.

Come si costruisce la conoscenza delle regole e la consapevolezza delle sceneggiature di situazioni che si
ripetono e di episodi dotati di senso? Con l’abitudine e la ripetitività  importanza di avere routine
giornaliere, orari e consuetudini. Avere delle regolarità serrate e prevedibili aiuta i bambini a costruire
episodi di routine per pianificare e prevedere la propria vita. È un compito prettamente dei genitori, sia
nelle azioni che nel codice verbale. Nel momento in cui si raccontano gli episodi (bambino al genitore) è
stato osservato che non tutti i genitori partecipano allo stesso modo. Molti lo aiutano ad aggiungere
particolari, a utilizzare le parole giuste, offrendo suggerimenti ed un impalcatura, facendo domande mirate
in maniera ordinata passo passo, per aiutare il bambino a partecipare nella conversazione, coordinazione a
livello discorsivo ed impalcatura di una costruzione con senso; altri invece non lo fanno, ad esempio fanno
domande ma in modo meno ricco ed efficace.

Racconto condiviso come base del ricordo

è più semplice dare senso a ciò che è successo, perciò è più semplice da costruire e ricordare.

Memoria prospettica: È un compito più articolato che richiama sistemi più complessi di memoria; occorre
facilitare il ricordo rendendolo più vivido oppure collegandolo ad un evento esterno che funga da
suggerimento. Vi sono dei distrattori (altre attività più interessanti).

Capacità di riflessione sui nostri processi cognitivi: metacognizione o metamemoria. Devo avere una
rappresentazione accurata di come funziona la mia mente, devo sapere che posso dimenticare e che in
alcune condizioni è più facile dimenticarsi che ricordare.

A sette anni è inutile spiegare che si possono dimenticare cose e che vanno ripetute per essere imparate,
perché hanno poca metacognizione e poca capacità di intervenire attivamente e scegliere le strategie per
mantenere vivido il ricordo.
No pianificazione per prevenire l’errore di memoria prospettica, che è maggiore rispetto agli errori
relativi a ricordi del passato; l’accuratezza dei ricordi retrospettivi è quasi pari al 100%, ma già in bambini
molto piccoli fra i 4 e i 6 anni e fino ai 65 anni, dopo di che aumentano gli errori. Con la componente
prospettica si ha una minor efficienza per i bambini fra i 4 e i 6 anni, migliorando progressivamente fino
all’adolescenza dove arriva ai livelli di un adulto, questo perché aumentano i livelli di conoscenza, e
mettiamo in atto strategie che minimizzano il margine di errore. Inoltre il gestire ricordi prospettici declina
prima (già dai 60 anni).
Ha sviluppo più lento e decadimento precoce.

Tra la prima infanzia e l’età adulta migliora lo span di memoria. Una competenza che contribuisce
fondamentalmente a migliorare i nostri ricordi è di tipo strategico, legata a conoscenza del funzionamento
della memoria e all’utilizzo consapevole di strategie per farla funzionare meglio, rendendo i ricordi più
facilmente recuperabili.
>aumento capacità sistema e velocità di elaborazione;
> compaiono le prime strategie di mantenimento e recupero

-reiterazione: la prima consapevole ad apparire; fino ai sette anni non è usata, anche se insegnata. Quando
matura la consapevolezza che esistono difetti ed errori di memoria, e che si possa far qualcosa per
migliorarli, allora si inizia ad utilizzare strategie.
-organizzazione: raggruppare elementi da ricordare su base di criteri facili
-immagini mentali: caricare di vividezza, immaginativa ed emozionale facilita il recupero.
-compartimento dell’informazione

ampliamento capacità di utilizzo degli elementi.

Funzioni esecutive
Processi cognitivi di ordine superiore che permettono di regolare e coordinare il funzionamento dei
processi cognitivi di base.
-Ci permettono di funzionare negli ambienti fisici e sociali;
-attive, richiedono un controllo ed elaborazione delle informazioni da parte dell’organismo, perché
permettono il compimento di azioni e non il ricevere solo passivamente informazioni sensoriali.
controllo esecutivo indispensabile all’esecuzione di compiti cognitivi complessi (ragionamento, problem
solving) e alla pianificazione e regolazione del comportamento.
danno luogo a tutte quelle capacità di adattamento ed interazione con l’ambiente in modo
INTELLIGENTE: essere in grado di coordinare le nostre funzioni mentali in funzione dello scopo che
abbiamo.

La percezione è elaborazione che facciamo delle info sensoriali (variazioni dell’ambiente che attivano i
nostri recettori). La memoria non è intesa come archivio di informazioni tali e quali le abbiamo ricevute
dall’ambiente, ma è un processo di ricostruzione attiva dei risultati - non tutto quello che colpisce e attiva i
nostri organi di senso è recepito e diventa percezione; non tutte le percezioni che abbiamo diventano
ricordi.

Per poter utilizzare le informazioni e compiere azioni abbiamo bisogno di tutte le nostre funzioni cognitive
di base ed integrarle e gestirle attivamente come vogliamo noi in maniera funzionale ai nostri scopi.
[Per svolgere un compito a lungo termine è necessario che nella MBT le informazioni consapevoli siano
quelle giuste, senza distrattori o pensieri non rilevanti.

Executive function: in inglese executive significa chi comanda. Le funzioni esecutive sono quelle che
comandano e guidano i processi cognitivi di base. Capacità che ci permettono di far interagire ed elaborare
le informazioni per farle lavorare insieme in vista della risoluzione di compiti più complessi.

Non è la quantità di informazioni a fare la differenza, ma la quantità di informazioni che riusciamo a


trattenere consapevolmente nella MBT e che contemporaneamente riusciamo ad utilizzare per svolgere
altri compiti, che riusciamo ad elaborare nel lasso di tempo che tali informazioni rimangono disponibili.

Molte informazioni utilizzabili.

1-Memoria di lavoro: Governo attivo di ciò che deve stare dentro la mia coscienza consapevole e ciò che
deve entrare ed uscire a seconda della sua necessità. Sistema deputato al mantenimento e alla simultanea
elaborazione di informazioni. Ci entrano le informazioni che sono utili alla risoluzione di un problema e
provengono dalle informazioni ambientali sensoriali, oppure dalla MLT, quindi quelle informazioni che
siamo in grado di rendere accessibili alla nostra consapevolezza mentre stiamo eseguendo un compito.
-Strategie di ripetizione (articolazione subvocalica) sono assenti fino ai 6/7 anni, vi è uno scatto in avanti,
legati ad un passaggio di stadio, una riorganizzazione complessiva delle capacità e velocità di articolazione.

Aumento della complessità di elaborazione compiti che il bambino riesce a compiere, perché aumenta il
numero di informazioni che riesce ad utilizzare per risolvere situazioni.

-Utilizzo in modo strategico dell’informazione disponibile in memoria soprattutto per la componente visuo-
spaziale, già dai 3 anni, mediante fissazione o puntamento del dito.

>fino ai 7 anni le informazioni visive e verbali sono immagazzinate e trattate separatamente, perciò ci sono
errori di confusione tra immagini con proprietà fisiche simili o tra oggetti con proprietà fonologiche simili.

Strumenti molto semplici per la valutazione ma molto efficaci, soprattutto perché i compiti sono complessi
e richiedono il mantenimento e l’elaborazione delle informazioni.

-prova di memoria di cifre nella scala WISC-R, WISC-IV (Wechsler scales).

Nel primo step viene chiesto alle persone (bambino) di ripetere serie di cifre, partendo da serie molto brevi.
Mi fermo quando incontro due errori. Somministro sempre la prova di memoria indietro.

-prove di memoria classiche visuo spaziale WM e basata sul paradigma del compito interferente (dual task).
Più il bambino riesce ad andare avanti e ricordare il primo spazio in cui la rana è saltata maggiore sarà la sua
capacità di memoria di lavoro.

-Per gli adulti abbiamo le stesse prove, che possono anche essere svolte al computer.

-prove di n-Back: occorre premere un tasto di riconoscimento quando appare sullo schermo una
determinata immagine, lettera o numero. Il target viene dato una volta sola nei compiti più semplici,
oppure si aggiunge un ulteriore compito (si preme il tasto quando la lettera presentata è uguale a quella
precedente)  cambio target ad ogni schermata.

N2-Back ogni volta che la lettera che vedo è uguale a quella di due schermate precedenti.

Compito interferente (o-span): mentre mi vengono presentate le lettere devo risolvere un’equazione.

2- Sviluppo controllo inibitorio: Selezione e focalizzazione dell’attenzione, controllo risposte emozionali e


comportamentali.

1- l’inibizione mi consente di migliorare il governo dell’attenzione perché attivamente blocco


l’ingresso e l’interferenza di altri contenuti che non voglio elaborare e che non voglio mi occupino
memoria di lavoro o mi distraggano. Il focus migliora con il migliorare delle funzioni cognitive, ma
questa capacità è costantemente sfidata da qualsiasi fattore ambientale, da cui cercano di imporsi
continuamente nuove percezioni più salienti. L’inibizione mi permette di evitare che ciò accada.
-per forza dello stimolo distrattore
-per disposizioni interne verso quello stimolo

2- Regola anche l’attivazione emozionale che un evento è capace di produrre, oppure le tendenze
automatiche dell’attenzione che ci portano a dare più importanza ad eventi caratterizzati dalla
capacità di modificare il nostro stato emotivo in modo controproducente. Attivazione fisiologica
emozionale, ad esempio, quando è eccessiva ci blocca, tanto da arrivare a non avere più governo
dei nostri muscoli. Ci rende capaci di bloccare la risposta emozionale o comportamentale più
facilmente disponibile.
-per diposizione genetica
-per apprendimento
3- Capacità di bloccare un comportamento già in atto, riportare sotto controllo azioni e procedure
automatizzate.

È quindi fondamentale per


-persistere in un compito nonostante i distrattori esterni e i desideri/obiettivi più motivanti
-posticipare la gratificazione immediata
-non fornire la risposta più immediata/evidente in una domanda/problema

Come si studia in un bambino molto piccolo? Attraverso l’osservazione di come gestisce la presenza di
stimoli interessanti ma potenzialmente pericolosi.
L’inibizione avviene nel momento in cui il bambino è in grado di bloccare quella determinata azione.

L’adulto se ne accorge e grida di non farlo; è necessario che il bambino riesca a bloccare il suo interesse e la
sua azione e decida di fermarsi. Un bambino che matura una certa capacità di inibizione è in grado di
registrare cosa dice l’adulto e fermarsi da solo.

>La capacità di inibire la risposta preponderante emerge nel 1 anno:


-A otto mesi l’efficacia del richiamo è di circa il 40%, gradualmente aumenta moltissimo arrivando al 90%
prima dei 3 anni.

Don’t paradigm: fermare un’azione in risposta alla richiesta/comando di un adulto

Do paradigm: resistenza alle distrazioni piacevoli/persistenza in un’azione noiosa. Nell’età prescolare si ha


un notevole aumento della capacità (vitale per la sopravvivenza).

Un’altra prova è la capacità di posticipare la gratificazione: quanto è in grado di resistere ad una tentazione
anticipando una ricompensa maggiore. Emerge dal 2 al 4 anno.
-comportamenti chiave: una ricompensa subito o due tra cinque minuti?

>La capacità di inibire la risposta comportamentale dominante migliora fino alla media adolescenza.

Altri strumenti di misurazione capacità di inibizione tipici per la media infanzia e le età successive:

1- Stroop task: valutazione del controllo inibitorio sull’attenzione e capacità di bloccare le risposte
dominanti nell’adulto. Si utilizza come compito in grado di provocare un errore se non viene inibita
la risposta dominante, il presentarsi di una parola e il colore in cui è scritta. Rallentamento della
risposta a causa dell’interferenza semantica. Più è efficace il mio controllo inibitorio, più è rapida la
decisione sulla risposta corretta da dare, interferenza minore. Si calcola la differenza nei tempi di
reazione nelle prove congruenti (stesso colore e semantico) e quelle incongruenti. Tanto più è
grande, tanto più ho fatto fatica ad inibire l’informazione deviante.
Sono state proposte per bambini molto piccoli versioni alternative animate (Flanker task), in cui
occorre prendere la decisione giusta sulla base della congruenza o incongruenza tra l’animale che
viene presentato e il suo verso. Vi è un conflitto perché vede esempio il gatto, ma sente abbaiare.
La decisione deve essere nel mandare l’animale nella cuccia adeguata.

togliere qualsiasi emozione negativa, come l’ansia, è compito dello psicologo, ecco che quindi i metodi di
studio mettono in gioco interesse e divertimento, adeguati, con l’utilizzo preferenziale ad esempio di prove
al computer (associato ad esperienze di gioco). Non è pensabile che un bambino sia capace di mettere in
scena i suoi atti mentali al primo incontro/prova, e potrebbe funzionare bene con un bimbo estroverso e
male con uno introverso; utilizzare formati di gioco da un’agevolazione anche da questo punto di vista.

L’inibizione rientra fra le capacità del centrale per governare le capacità mnemoniche; devo essere in grado
di inibire informazioni non utili, la capacità di dare risposte parziali, e la reazione emotiva  aumento
capacità memoria di lavoro (anche se fanno parte di due substrati neurologici differenti, perciò bisogna
misurarle entrambe).

Vi è però una correlazione tra inibizione e working memory: non c’è un ruolo diretto causale dell’inibizione
a favore della MDL; una buona MDL è associata a buoni compiti di inibizione. Sono necessarie l’una all’altra
ma separate:

-se sono bravo a svolgere certi compiti sono più tranquillo nel farli e in modo indiretto riesco a svolgere
meglio il fattore di inibizione di emozioni negative/ansia;

-avere a disposizione informazioni numeriche in modo automatico (strategie di basso livello per risolvere
compiti astratti) è funzionale per la liberazione di caselle nella MBT, con la conseguenza di riuscire poi a
risolvere problemi più complessi. Il controllo inibitorio deve essere efficace quando utilizzare l’automatismo
mi porta ad una risposta immediata ma sbagliata.

-Per tutti i compiti di tipo motorio di basso livello rende evidente ciò che succede nei compiti cognitivi
quando riusciamo ad automatizzare una parte, automatizzazione consapevole che dobbiamo essere in
grado di riportare sotto il controllo se non utile/errato controllo inibitorio.

1- compiti di working memory richiedono inibizione


-dell’informazione non rilevante (lasciare libere risorse attentive per mantenere e trattare info necessarie)
-dell’ingresso di nuove informazioni preponderanti rispetto a quelle da trattare (riduce perdita di info
necessarie)

2- inibizione migliora grazie allo sviluppo della working memory


-mantenimento attivo in memoria di un obiettivo da risolvere facilita l’inibizione di informazioni irrilevanti
-utilizzo indizi visuali per alleggerire il carico di wm (facilita esecuzione comportamenti non spontanei).

Devo decidere cosa inibire, cosa è importante bloccare e non fare entrare nel campo cognitivo, tenendo a
mente cosa determina se qualcosa è importante o no in questo momento il contesto, ergo la memoria di
lavoro + memoria prospettica. Un buon modo per favorire la capacità inibitoria è quello di alleggerire il
carico richiesto alla memoria di lavoro.

Flessibilità cognitiva: creatività e pensiero creativo, capacità di spostamento rapido dell’attenzione fra
stimoli diversi, ma anche spostarmi da informazioni ormai inutili ad altre necessarie per un compito
successivo, tornare indietro, passare tra soluzioni alternative ad un problema e confrontarle, senza perdere
informazioni; spostare rapidamente l’attenzione tra set mentali e modalità comportamentali diverse,

Mi permette di arrivare a soluzioni efficaci in modo più veloce e potendo tenere disponibili più elementi di
quanti siano disponibili in memoria di lavoro senza passaggio (shift).

Riuscire a tenere a mente i fatti che caratterizzano un problema sia dal mio punto di vista che da quello
dell’altro (set mentali).

>emerge più tardi rispetto a WM e inibizione


>Per funzionare richiede sufficienti capacità di memoria ed inibizione:
-mantenere in MDL l’idea che ci sono due o più cognizioni in conflitto tra loro (quel compito non posso
vederlo solo dalla mia prospettiva);
-inoltre richiede un’ottima capacità inibitoria per inibire il set/comportamento non pertinente.

Mi permette di abbandonare comportamenti ed abitudini, ripetizioni di azioni che portano a risultati


negativi.

Un’altra caratteristica dello shifting è quella di considerare un problema od un’oggetto da prospettive


diverse, o immaginare soluzioni diverse allo stesso problema.
Capacità di considerare punti di vista diversi dal proprio.

Capacità di cogliere opportunità impreviste.

Compiti per lo studio:


>Verbal/design fluency: difficoltà nello staccarsi dall’ambito/set mentale delle prime parole, che creano
una rete semantica che inibisce parole di altri campi semantici.
>Design fluency: difficoltà di staccarsi da usi abituali/preponderanti.
>Task switching: cambiamento regole del gioco durante l’esercizio (Wisconsin card sorting task: ordinare le
carte sotto i target e inferire la regola sulla base di feedback). Miglioramento sostanziale tra i 3 e i 4 anni.
>Compito A-non-B (compiti di età evolutiva): sviluppato da Piaget, un oggetto viene ripetutamente
nascosto in una posizione A, dopo la fase di apprendimento l’oggetto viene nascosto nella posizione B, ma il
bambino persiste nella ricerca in posizione A.

Secondo Piaget quindi gli sviluppi nella flessibilità cognitiva in età evolutiva
-fino ai 7-8 mesi non vi è ricerca;
-da 7-8 fino a 12 errore A-non-B;
-da 18 mesi nessun errore

Le evidenze recenti mostrano invece come vi sia uno sviluppo graduale tra gli 8 e i 12 mesi, e che gli errori
al contempo durano fino ai 5 anni se le localizzazioni sono molto vicine, vi è una fase di apprendimento
prolungata e la latenza fra stimolo e risposta è >20”.

In generale le funzioni esecutive sono importanti in ogni aspetto della vita, in quanto sono connesse a
disordini mentali come dipendenza, ADHD, disordini di condotta, depressione, OCD e schizofrenia, nonché
per aspetti fisici come obesità, abuso di sostanze; influiscono sulla qualità della vita e sui livelli di
preparazione scolastica, sul successo al lavoro e sulla vita sociale.

Pensiero, Ragionamento, Intelligenza


Le funzioni superiori sono quelle che hanno attirato la maggior parte dell’attenzione negli studi della
psicologia, soprattutto dei bambini pensiero, ragionamento, intelligenza, presa di decisioni

Pensiero:
insieme di processi che ci permettono di rappresentare concetti astratti (raggruppamenti/categorie di
oggetti, persone, eventi basati su caratteristiche comuni e rappresentative di tutta la categoria) come
contenuti di conoscenza, manipolarli e usarli per risolvere problemi.

Nel momento in cui iniziamo ad allargare gli ambiti in cui ci muoviamo, ci imbattiamo in ambiti sempre
nuovi; se non fossimo capaci di trovare un filo comune, sarebbe come se fossimo sempre appena nati.
Dobbiamo raggruppare oggetti, luoghi, situazioni nuove con oggetti simili, persone ed eventi simili che
abbiamo già immagazzinato nel passato, altrimenti non saremmo in grado di utilizzare l’esperienza.
Capacità di adattarsi velocemente alle situazioni nuove che ci accadono.

Funzionalità di formazione categorie:


-Prototipi: esemplari che presentano elementi particolarmente rappresentativi della categoria, memorizzati
in formato visuale. Valutiamo sulla base di indizi percettivo e visuali la congruenza fra un oggetto nuovo ed
altri oggetti conosciuti.
-Nucleo: descrizione delle proprietà della categoria, o delle regole che determinano l’appartenenza di un
esemplare alla categoria, memorizzati in forma verbale.
Nuclei e prototipi risentono anche dell’influenza culturale, il tempo e il luogo in cui viviamo ci formano i
concetti con cui registriamo ed elaboriamo il mondo.
Sono frutto della nostra capacità innata di rappresentazione mentale di fatti, eventi o conetti astratti anche
non immanenti, e della loro categorizzazione (già dalla nascita abbiamo processi di abituazione per stimoli
simili).
>Fino ai 2-3 anni la classificazione degli oggetti può non corrispondere a quella degli adulti.

Nella visione di Piaget il pensiero è ciò che da inizio alla vita psichica, all’azione cognitiva del bambino,
emerge tra il primo e il secondo anno; possiamo però individuare forme di pensiero anche più precoci.

Ragionamento:
Insieme dei processi mentali di organizzazione, manipolazione e elaborazione compiuti su concetti che
permettono di ricavare inferenze, conoscenze generali a partire da conoscenze limitate. Mi permette di
ipotizzare e formulare pensieri ed azioni mediante l’elaborazione delle singole informazioni di cui
disponiamo, elaborando concetti nuovi che hanno a che fare con la presa di decisione o aspettative di
eventi che potrebbero o non potrebbero verificarsi.

Ragionamento deduttivo: data una regola generale, ne consegue una determinata deduzione e derivate
conseguenze necessariamente vere (dal generale al particolare, non necessariamente corretta ma
sicuramente valida). Date premesse veritiere dovremmo essere in grado di ricavare premesse veritiere per
prevedere/spiegare un caso o un evento in particolare.

Ragionamento induttivo: processo di generalizzazione mai certo, a partire dalla conoscenza, dalla similarità
di un evento nuovo che incontro qui ed ora ricavo una regola generale che mi permette di ipotizzare
qualcosa che avverrà nel futuro e consegue da questo fatto. Intuizione, capacità di prevedere che una
regola sia più o meno certa e vera, che a un determinato antefatto sia più probabile segua una regola x
piuttosto che una y ragionamento probabilistico

Manipolazioni immagini mentali da cui estrapoliamo una valutazione delle conseguenze (rischi ed
opportunità). Siamo in grado di immaginare una sequenza di azioni finalizzate allo scopo prima che ci
troviamo effettivamente in grado di mettere in atto siamo in grado di rappresentare la realtà in modo
astratto.

Presa di decisioni/problem solving: processi di pensiero e ragionamento sono alla base della capacità di
>spiegare eventi su base di conoscenze disponibili
>fare previsioni su eventi o comportamenti futuri e le loro conseguenze
>pianificare percorsi adeguati a raggiungere un obiettivo
>valutare rischi e opportunità legate alla scelta fra diverse opzioni disponibili

Intelligenza:
non esiste una definizione univoca, può essere ricondotta alla capacità di elaborare risposte utili per la
sopravvivenza e l’evoluzione rispetto all’ambiente.

Paradosso di Boring: l’intelligenza è ciò che misuriamo con un test di intelligenza. Nati con lo scopo di
permettere una valutazione rapida, sistematica e senza distinzioni del fatto che alcuni individui si adattano
più efficacemente all’ambiente di altri.
Stabilire la dotazione cognitiva generale dell’individuo in modo rapido ed equo, sulla base di un processo
che non risentisse di ostacoli socio-economici di vario tipo e non richiedesse tempi di selezione scolastica.

Indicatori tipici della persona intelligente: negli anni si è cercato di avvicinarsi il più possibile ad una
definizione condivisa che includesse quegli attributi che tutta la comunità scientifica considera propri ed
essenziali per definire cos’è l’intelligenza.
1-Abilità di comprendere idee complesse, adattarsi efficacemente all’ambiente, imparare dall’esperienza,
impegnarsi in forme di ragionamento e superare ostacoli e difficoltà mediante attività di pensiero.
2-Ragionamento, la pianificazione, la risoluzione di problemi, il pensiero astratto, comprendere idee
complesse, imparare rapidamente e dall’esperienza. Comprensione di ambiente, di ciò che ci circonda, dare
senso alle cose e immaginarsi cosa fare. Ottenimento risultati desiderati piuttosto che svantaggiosi.

Come cambiano tutte queste funzioni superiori nell’arco della vita?

Teoria di Piaget
Biologo e insegnante di psicologia, sociologia, storia e filosofia della scienza, è il primo a pensare e
strutturare modello teorico dello sviluppo dell’intelligenza. Operò in Svizzera, con esperienze all’estero e in
particolare a Parigi, fermento sia dal punto di vista della psicologia cognitiva sia di movimenti che hanno
portato allo sviluppo della psicologia analitica. Viene a contatto con la psicologia e la psicoanalisi sviluppo
affettivo del bambino rimane marginale.

Da biologo abbraccia l’idea di intelligenza come adattamento dell’individuo all’ambiente – ecologia,


interazione fra esseri viventi ed ambiente- pochi fenomeni che spieghino gran parte degli eventi naturali,
con l’obiettivo:
-generale di fornire una base empirica a un’ideale filosofico che la conoscenza sia frutto di attività
intenzionale e costruttiva dell’uomo, che diviene allora essere intrinsecamente razionale, e che il pensiero
scientifico dia il punto più alto raggiunto dall’evoluzione nella specie umana.
-specifico di studiare l’emergere e la progressiva acquisizione del pensiero razionale nel corso dello sviluppo
infantile.

Ipotizza una sequenza di forme di intelligenza sempre più complesse nell’arco della vita, dalle prime forme
di interazione sensomotoria tra neonato ed ambiente alla logica formale del pensiero adulto.
Sono l’uomo e la sua mente a costruire la realtà e fare uso degli elementi di conoscenza che costruisce
per agire sull’ambiente, prendere decisioni, seguendo un principio razionale. L’intelligenza è la più alta
forma di adattamento dell’individuo al suo ambiente.

L’intelligenza è la forma unica e tipica dell’essere umano, punto di arrivo e stato di equilibrio delle forme di
adattamento di ordine sensomotorio e cognitivo di tutti gli esseri viventi nell’ambiente (intelligenza come
estensione e completamento di tutti i processi adattivi). L’adattamento è limitato alla situazione
ambientale contemporanea al bambino in questo momento.
-adattamento organico assicura un equilibrio immediato e limitato tra essere vivente ed ambiente attuale
-le funzioni cognitive elementari permettono una estensione presente e di anticipazioni e ricostruzioni
vicine
-l’intelligenza, capace di qualsiasi processi di deviazione ed inversione con azione e pensiero, tende
all’equilibrio totale.

All’interno di ogni essere umano si ripercorre la storia evolutiva, dalla nascita dove è assente una capacità
di adattamento attivo all’ambiente, fino allo svilupparsi gradualmente di forme sempre più elevate di
adattamento e di pensiero intelligente.

A differenza dello sviluppo di intelligenza nella specie, quello nel bambino è osservabile in un tempo
corrispondente alla vita. Per trovare le prove che il percorso di sviluppo sia quello elaborato dal suo sistema
teorico, studia empiricamente l’intelligenza nei bambini.
Tra i 12 e 16 anni si completa il ciclo di sviluppo della forma più avanzata di intelligenza di cui
disponiamo (logica formale e totale distanziamento dalla realtà formale).

>Invarianti funzionali:

1- assimilazione, l’individuo utilizza i suoi schemi, le sue conoscenze e processi, per relazionarsi con fattori e
situazioni nuove che incontra nella sua vita. Ad oggetti diversi definisco modalità di esplorazione diverse.
Incorporazione informazioni provenienti dall’ambiente nelle strutture conoscitive già formate.
2- accomodamento: l’organismo modifica le proprie strutture di conoscenza per adattarsi a informazioni
ambientabili incompatibili con le strutture già possedute.

>Schema: modelli di azioni o pensiero utilizzati per rappresentare la realtà


-di azione: sequenze stabili di movimenti compiuti sulla realtà al fine di raggiungere uno scopo
-mentali: rappresentazioni della realtà attraverso pensiero e linguaggio

>Principio di equilibrazione: il sistema cognitivo è tendenzialmente in continuo disequilibrio con


l’ambiente, e come per tutti i sistemi in natura tende a riportare l’omeostasi. Assimilando e accomodando
gli schemi è possibile ridurre il disequilibrio.

Modalità diverse di intelligenza si manifestano nell’uomo; esse non costituiscono un’evoluzione continua,
incrementale, in cui continuamente apprendo ed aggiungo pezzi e nozioni elevate, ma avviene in modo
discontinuo, attraverso passaggi secchi, stadi.

>Gli stadi sono quattro modalità strutturalmente ed intrinsecamente diverse e complesse di interazione fra
individuo ed ambiente;
-non sono in continua evoluzione;
-corrispondono ad una transizione
-il progresso avviene per gradini; all’interno di un gradino ci vi rimane in modo stabile fino a quando non si
è pronti ad un passaggio ulteriore, perché quella modalità è insoddisfacente.

Gli stadi di passaggio sono stabili, sono organizzati gerarchicamente, la sequenza è fissa (Sensomotorio,
Pre-operatorio, operatorio concreto, operatorio formale), e il passaggio fra gli stadi è rapido ma non
istantaneo. Il passaggio allo stadio successivo avviene quando risulta evidente che possono esserci
esperienze di interazione maggiore con l’ambiente, utilizzando il pensiero, la relazione con i concetti.

> Il metodo clinico: basa la sua ricerca su una molto ampia gamma di dati empirici, ma in pochi casi tratta di
osservazioni strutturate, studi sperimentali ecc, e studi estensivi con campioni rappresentativi (campioni di
comodo o addirittura osservazioni sui figli).

Stadio sensomotorio:
-relazione con ambiente limitata al qui ed ora;
-ciò sui cui il bambino sviluppa capacità di azione ed esperienza sensoriale è comunque il mondo reale e
concreto con cui interagisce.
-processi di apprendimento più semplici, abitudini, apprendimenti associativi, no presenza pensiero
simbolico ed astratto.
- va dalla nascita alla comparsa del pensiero, circa a 18-20 mesi.
- comprende sei sottostadi che appaiono in sequenza:
> 3 stadi di perfezionamento di riflessi e schemi motori
>2 stadi basati sulle prime forme di coordinamento mezzi-fini (intelligenza sensomotoria)
>1 stadio di transizione caratterizzato da alcune forme di pensiero intenzionale (anticipatorio)
-azione di “pensiero” basata sui sensi e sull’ambiente.

Sottostadio 1 - riflessi innati (0-1 mese): risposta motoria involontaria agli stimoli ambientali come
meccanismo di adattamento, non controllati e né messi in atto intenzionalmente. Gradualmente esse
vengono “perfezionate” e rese più selettive, fino ad arrivare alle prime azioni controllate e volontarie.
Assimilazione e accomodamento producono maggiore selettività nella risposta e capacità di orientamento;
restano comunque reazioni riflesse e involontarie;

Sottostadio 2 - le reazioni circolari primarie: prime forme di reazione ripetuta (abitudine), di fronte ad
esperienze sensoriali che producono risultati piacevoli/utili. Sono movimenti casuali la prima volta, che
vengono ripetute per far perdurare il risultato gradevole che hanno prodotto indipendentemente dallo
stimolo. Sono azioni fini a sé stesse;

Sottostadio 3 - reazioni circolari secondarie: azionai finalizzate a far durare spettacoli interessanti che si
sono verificati per caso, orientamento sempre più verso il mondo esterno. Ripete volontariamente azioni
interessanti che la prima volta sono prodotte per caso; manifesta un interesse per gli oggetti presenti ma
non li cerca quando scompaiono (non c’è permanenza dell’oggetto).

Sottostadio 4 - coordinazione delle reazioni circolari secondarie: prime manifestazioni di coordinamento


intermodale, memoria esplicita, ricordo di oggetti anche a distanza di poco tempo che non sono più
presenti, limitatamente ad esperienze che succedono nel qui ed ora. Unione di abitudini e schemi di azione
appresi. Compare per la prima volta l’intenzionalità, abitudini apprese messe in atto per raggiungere uno
scopo diverso. Coordinazione di esperienze somato-sensoriali multi modali. Progressiva astrazione ma
limitata. Presenza permanenza dell’oggetto dai 10 mesi, primo segno di memoria esplicita;

Sottostadio 5 - reazioni circolari terziarie: formazione di abitudini attraverso la sperimentazione attiva e non
casuale. Il bambino prova ad usare oggetti presenti per scopi diversi da quelli conosciuti.
Costanza dell’oggetto: se un adulto sposta un oggetto da un posto all’altro senza mostrarlo al bambino,
questo lo cerca in posizione finale e non quella iniziale (dai 18 mesi).

Sottostadio 6 - interiorizzazione degli schemi: invenzione nuovi mezza attraverso combinazione mentale
anticipatoria di schemi. Usa e cerca attivamente oggetti non presenti nel campo visivo per risolvere
problemi, emerge il pensiero simbolico: finge che un oggetto sia qualcos’altro, imitazione differita del
comportamento altrui.

Limiti: neonati ed infanti sono più competenti di quanto pensasse Piaget, che si focalizza poi
eccessivamente sull’aspetto motorio, penalizzando le abilità cognitive complesse
-La percezione intermodale appare già dai 3 mesi
-anticipazione su eventi futuri nel 2 semestre
-violazioni del principio di razionalità catturano l’attenzione dai 9 mesi
-permanenza dell’oggetto dai 3-4 mesi

Stadio pre operatorio (2-6/7 anni)


-possibilità di operare non solo quando questa è presente nella realtà sensoriale attuale, ma anche
attraverso il linguaggio e la rappresentazione simbolica attraverso concetti ed immagini. Le operazioni
mentali sono su oggetti fisicamente percepibili; il bambino è in grado di categorizzare, stabilire relazioni
semplici

- non sono possibili operazioni mentali (manipolazioni su oggetti del pensiero al di là del dato puramente
percettivo) del tutto staccate dalla realtà. C’è un limite fondamentale: quando la percezione attuale
contrasta ed è in contraddizione con una rappresentazione mentale, l’esperienza percettiva prevale non
opera sulla rappresentazione puramente mentale.

-in questa fase il bambino non opera ancora su concetti, ma su intuizioni o preconcetti basati su
classificazioni puramente percettive.

-anticipazione eventi quotidiani, negoziazione attività con gli adulti che riguardano una prospettiva futura o
fatti nel passato.

 Sottostadio pre-concettuale: raffinamento uso di simboli e categorizzazione, operare su concetti,


soprattutto nella realtà esperienziale e quotidiana, identificano e memorizzano attributi comuni a tutti gli
oggetti simili. Esperimenti sulla realtà che si trasformano in conoscenza.
-Acquisizione del vocabolario.
Egocentrismo: Il bambino utilizza la propria realtà esperienziale come spiegazione di tutti gli eventi che
accadono. Tendenza del bambino ad interpretare tutti gli eventi dalla propria prospettiva. Manifestazione
del fatto che il bambino non riesce ad abbandonare del tutto la prospettiva percettiva. È impossibile
decentrarsi, abbandonare la propria visione per considerare simultaneamente quella di altri difficoltà di
coordinamento con gli altri. Ciò manifesta la mancanza di una teoria della mente. Ne derivano monologhi
collettivi (cambio di argomenti durante conversazioni) e difficoltà con regole dei giochi.

sottostadio intuitivo (4-7 anni): iniziano ad elaborare ragionamenti sui rapporti causa-effetto, chiedono
insistentemente spiegazioni ma difficilmente accolgono spiegazioni in conflitto con le proprie esperienze
sensoriali o con le proprie spiegazioni egocentriche.

-non sono in grado di astrarre e generalizzare le spiegazioni


-emerge la capacità di immaginare alternative
Limiti:
-Irreversibilità: incapacità di invertire i risultati di un’azione immaginando un’azione inversa;
-Centrazione su un solo punto di vista, non riuscire a concentrarsi su due aspetti complementari o due
caratteristiche di una situazione;
-Assenza di conservazione, di conservare una rappresentazione (ad esempio dei rapporti spaziali, liquidi e
solidi in recipienti diversi) mentale di oggetti e fenomeni apparentemente diversi o quando viene
contraddetta dall’esperienza percettiva.
>dei rapporti spaziali (il bambino non comprende cosa vede un0altra persona in una posizione diversa). Si
inizia a risolverlo intorno ai 5 anni.
>quantità: liquidi in recipienti diversi, solidi in forme diverse.
-No capacità seriazione (disposizione degli oggetti secondo un ordine di grandezza). Si richiede di
considerare due aspetti della situazione simultaneamente.
-Non è in grado di conservare le quantità numeriche degli oggetti; spazio occupato dagli/grandezza degli
oggetti prevale sulla numerosità (astratta).

>Animismo: attribuire intenzione e stati mentali agli oggetti inanimati

>Finalismo: ci deve essere sempre un motivo se le cose succedono, ed ha a che fare con i nostri bisogni ed i
nostri punti di vista.

>Artificialismo: credere che se qualcosa esiste è perché qualcuno lo ha costruito, no esistenza fenomeni
naturali.

Stadio operatorio concreto


Tra i 5 e i 7 anni cominciano ad emergere conquiste che preparano al passaggio allo stadio successivo. Il
bambino vi arriva quando è in grado di risolvere i compiti fino ad ora visti senza cedere alla realtà
percettiva.

Dai 7 agli 11 anni;


>il ragionamento logico può essere applicato a oggetti e situazioni concrete
-il bambino sa staccarsi dall’evidenza percettiva
-i compiti vengo però risolti solo in presenza di stimoli legati alla realtà osservabile
-le operazioni sono reversibili (è in grado di annullare mentalmente gli effetti di un’azione immaginando in
anticipo gli effetti dell’azione contraria
-può considerare simultaneamente più criteri di inclusione in una categoria.

>scompaiono le interpretazioni finalistiche, animiste e artificialiste della realtà fisica, lasciando il posto al
ragionamento logico
>conservazione del numero, della quantità e dei rapporti spaziali e temporali grazie alla reversibilità del
pensiero per cui vengono acquisite le operazioni logiche di
-seriazione: capacità di ordinare oggetti sulla base di proprietà quantificabili
-transitività: se esiste una relazione tra A e B e B e C, allora esiste una relazione tra A e C.

-comunque questa capacità di eseguire operazioni mentali è possibile con oggetti che sono percepibili ed
hanno una loro concretezza, compiti risolti solo in presenza di stimoli legati alla realtà osservabile.

Stadio operatorio formale


Adolescenza (11-16 anni)

-stadio delle operazioni puramente astratte e formali, completa acquisizione del pensiero logico.
-è il punto di arrivo dello sviluppo cognitivo umano
-disponiamo delle regole generali e degli strumenti di lavoro, che riusciamo ad applicare anche a livelli
mentali ed astratti, non più solo relativi all’esperienza.
-Acquisizione del ragionamento ipotetico-deduttivo: sillogismo, premette di ottenere conclusioni
sicuramente e universalmente valide a partire da premesse date.

limiti della teoria:


Del modello di Piaget a livello di contenuto molti fatti sono stati superati, non per uno sbaglio effettivo della
teoria, ma ad esempio per il fatto che parte da un assunto teorico, ipotesi molto forti che giustificassero un
percorso con punto di arrivo l’acquisizione del pensiero puro, e che supponeva si strutturasse con fasi di
adattamento e sviluppo. Utilizza un metodo di indagine scientifica, se non che è un metodo adattato
all’imprevedibilità del comportamento umano, che si prende molte libertà che influenzano poi i risultati.

1- Vi sono sottostime sistematiche nella valutazione delle capacità dei bambini. Questa deriva
dall’impossibilità di utilizzare strumenti adatti, nonché un disinteresse o misinterpretazione.

Piaget non si accorge che non può rilevare molti comportamenti spontanei ed automatici che rivelano
capacità di elaborazione delle informazioni da parte di infanti molto più sviluppate di quanto lui ipotizzi, né
da abbastanza importanza a risposte corrette, perché le scarta e interpreta come dei fenomeni apparenti di
poca rilevanza, poiché si basa sulla sua teoria.

-nello stadio preoperatorio i bambini sono in grado di compiere seriazioni e conservazioni


-possiedono concetti da età molto precoci (2 anni)
-competenze basilari di quantificazione e operazioni sulle quantità astratte presenti dai 3 anni (competenze
automatiche di stima del numero presenti dalla nascita). Ciò che Piaget pensa è che dai due anni i bambini
imparano ad utilizzare le parole ed i numeri a caso, ma non vi è acquisizione di serializzazione e cardinalità.
-in grado di effettuare razionamenti induttivi semplici dai 3-4 anni

2-approccio elastico, non soddisfa tutti i requisiti necessari per un effettivo studio scientifico

3-non disponeva dei mezzi adeguati ad alcuni studi.

4-adotta approccio confermatorio (invece l’approccio scientifico dovrebbe essere falsificatorio).

5- misconcezioni, concezioni errate sul funzionamento del mondo e fenomeni fisici. Il bambino (secondo
Piaget) possiede concetti astratti, e si avvale di spiegazioni relative alle sue conoscenze ed esperienze.
Ignora li fatto che queste spiegazioni non se le costruiscono da soli, bensì emergono nell’interazione e in
modo dialogico con gli adulti, e come tutti gli esseri umani si fa persuadere e convincere, e adotta nuovi
metodi di pensiero e concezioni.

Questo errore conoscitivo deriva dal fatto che Piaget da pochissima importanza al ruolo del complesso
esterno ambientale, il focus è tutto sul soggetto, mentre le esperienze esterne sono un contorno con cui
condivido un interfaccia. Il bambino usa le sue categorie mentali per interpretare ciò che sta fuori e basta;
ciò che circonda il bambino, secondo Piaget, non ha nessuna importanza, il limite sta nelle condizioni
mentali del bambino.

6- Anche negli studi sperimentali Piaget in qualche modo distorce e indirizza nella direzione che lui vuole la
risposta del bambino, utilizzando domande suggestive.

>Non posso ignorare che i movimenti motori o il linguaggio sono manifestazione visiva di funzioni e
processi mentali più complicati. Già nello stadio preoperatorio e operatorio concreto i bambini possono
padroneggiare il ragionamento sillogistico (comprensione e rispetto regole, senso di giustizia/ingiustizia).

7- Piaget sottostima le capacità cognitive dei bambini e al contempo sovrastima quelle dell’adulto e
dell’adolescente, perciò il gap si fa quasi irraggiungibile. L’idea piagetiana per cui siamo in grado di
applicare il semplice set di regole sillogistiche che ci permettono di tratte regole del tutto vere
(ragionamento deduttivo) in realtà l’adulto non è in grado di compierla a livello astratto, mentre migliora in
termini concreti. Non è possibile quindi applicare sempre e comunque qualsiasi struttura mentale che
possiedo.

8- Il concetto di stadio non è supportato dai dati: non ci sono evidenze solide di un’organizzazione
complessiva del sistema cognitivo valida per tutti gli ambiti.

Non c’è nessuna evidenza forte del fatto che ad un certo punto ci sia riorganizzazione di tali strutture, non
ci sono salti di sviluppo fra diverse età, né di arresto dai 16 anni. Piaget sviluppa il concetto di decalage,
sfasamento, per spiegare come alcuni compiti risultino a livelli superiori, altri inferiori.

9- Rifiuto dell’intervento attivo di aspetti affettivi e motivazionali sulla cognizione

10- Rifiuta l’idea che l’ambiente e la cultura possano modificare l’organizzazione cognitiva complessiva.
>Flynn effect e Reversed Flynn Effect: si riferisce ad un incremento del QI della popolazione osservato
attraverso il 20esimo secolo, con cambiamenti rapidi (intorno ai 3 punti su scala QI). Nei tempi recenti,
invece, l’effetto si è indebolito, o addirittura invertito, in alcuni stati occidentali; si è visto come sia l’effetto
che il suo reverso siano causati da fattori ambientali, come una miglior condizione di salute, miglior grado
ed importanza data all’istruzione, standard di vita più alti, migliore educazione e alimentazione nelle
famiglie, presenza dei media e TV, ecc…

Teoria di Vigotsky
Insegnante di letteratura e psicologia russo, poi lavora nell’Istituto di Psicologia di Mosca.

Lo sviluppo della mente, secondo Vigotsky, parte dalle funzioni psichiche inferiori a quelle superiori:
>Funzioni inferiori: percezione, motricità, emozione, memoria involontaria, si sviluppano su base di
predisposizioni biologiche;
-Non nega il dato biologico ed innato, l’intelligenza può svilupparsi perché i nostro sistema nervoso è creato
in modo tale da interagire con l’ambiente e sviluppare capacità  funzionanti allo stesso modo degli
animali.

>Funzioni superiori: attenzione volontaria, pensiero, calcolo, memoria volontaria, ragionamento, si


sviluppano grazie all’acquisizione di linguaggio.
-È proprio grazie alla condivisione con gli altri, e l’imparare il linguaggio tramite il dialogo con gli altri, che
abbiamo la possibilità di trasformare le informazioni e le modalità semplici di interazione con l’ambiente in
qualcosa di superiore, trasformare l’esperienza in pensiero, astrarre, decontestualizzare, elaborare e
collegare a conoscenze precedenti, pianificare ed anticipare ciò che può accadere.

Mediante il linguaggio sociale il bambino, che fa tante esperienze singole, riesce a passare dalle esperienze
alla categorizzazione grazie all’input degli altri, che gli insegnano cosa vuol dire “cane” e cosa lo
caratterizza. Con le sole funzioni psichiche di base non sarebbe in grado di raggiungere questo livello di
concettualizzazione. Il dialogo con l’altro guida lo sviluppo del pensiero, permette di coordinarsi con
l’ambiente circostante e acquisire competenze di cui il bambino non dispone.

Il linguaggio interiore anche è essenziale per riflettere sull’esperienza e guidare l’azione; segue il linguaggio
sociale, permette ai bambini di concentrarsi sui propri pensiero, formulare piani e governare i passi di ciò
che stanno compiendo.

La maggior parte delle cose che sappiamo fare per un certo periodo sono capacità e sistemi di competenze
che il bambino non è in grado di maneggiare in modo autonomo, ma è in grado di fare, perciò non si può
dire che non ci sia competenza. È una competenza al di là dello sviluppo acquisito, ma il bambino può
mettere in atto tali capacità con il supporto adeguato. Tutto ciò che il bambino sa fare con il supporto
tecnologico/di un adulto è “zona di sviluppo prossimale”, molto più grande di quella che racchiude le
capacità acquisite sia del bambino ma anche dell’adulto.

L’intervento educativo va situato nella ZSP, area di sviluppo potenziale o prossimo, non nell’area delle
strutture già sviluppate; utilizzando il confronto con i compagni per favorire la negoziazione e la
cooperazione per trovare soluzioni nuove e creative nei problemi, permette di incoraggiare il linguaggio
interiore e permette la pratica per arrivare alla soluzione astratta; permette la pratica e la condivisione di
errori con gli altri.

Idea che ci possano essere misure compensative per individui con specifici disturbi
dell’apprendimento. Se uno studente a causa di un disturbo del neurosviluppo non è in
grado di svolgere compiti necessari da solo, allora dobbiamo interrogarci se quella
persona è in grado di svolgerlo con un aiuto esterno, ad esempio con un’altra persona
ad affiancarlo od uno strumento tecnologico. Raggiungimento competenze prossimali a
mia disposizione grazie ad aiuti necessari.

Modelli duali:
hanno superato il modello della linearità dello sviluppo e della linea privilegiata (da pensiero concreto verso
il pensiero astratto e analitico). La nostra mente invece dispone di due sistemi indipendenti per affrontare
e risolvere problemi, poiché gli umani continuano ad utilizzare metodi basici, basati sull’esperienza e sulla
mia relazione con il presente. Durante il corso della vita continuiamo a disporre di entrambi i sistemi, che
agiscono in parallelo:

1- Esperienziale-euristico-intuitivo: basato sulla facilità dei processi percettivi, concreti, la percezione


diretta delle cose. Ci permettere di agire automaticamente, prendere decisioni con poco sforzo e
veloci, giungere a risultati che nella maggior parte dei casi si rivelano adeguati. No utilizzo strategie
che ci richiedono tempo o stand by. Decisioni non frutto di ragionamenti corretti dal punto di vista
logico-formale, ma frutto di analisi degli elementi ritenuti più importanti, di quelli che si collegano
alle nostre abitudini, alle nostre esperienze quotidiane  capacità di adattamento. Aumentando
l’esperienza in un certo ambito aumenta anche la capacità di prendere decisioni giuste di primo
acchito.
2- Logico-analitico.

Dal punto di vista dello sviluppo è stato importante per capire che nella vita ciò che impariamo giorno per
giorno dalle situazioni concrete che viviamo non solo ci permette di sviluppare meglio le nostre
competenze astratte analitiche, ma anche avere una conoscenza base di procedure da utilizzare in
situazioni simili che possiamo riportare alla mente ed utilizzare facilmente e velocemente nelle situazioni
quotidiane. Entrambi i sistemi si sviluppano e migliorano con il tempo e l’esperienza.
>Per l’approccio tradizionale il sistema analitico è superiore a quello esperienziale; nell’infanzia prevale
quest’ultimo (il bambino non riesce a decentrarsi rispetto all’esperienza); con lo sviluppo il sistema analitico
diventa più efficiente e sostituisce l’intuitivo.
-è però paradossale, in quanto le esperienze e conoscenze sul mondo aumentano nel corso della vita,
quindi non ha senso che avvenga tale sostituzione.
Gli adulti utilizzano sistematicamente il modello esperienziale

Segue che entrambi si sviluppano in parallelo.


-incremento di risorse del sistema = miglioramento sistema analitico
-incremento delle conoscenze sul mondo = miglioramento del sistema esperienziale

Vi è un miglioramento dall’infanzia all’adolescenza; i modelli duali incidono nelle condotte a rischio, che
aumentano in questa fase nonostante il miglioramento dei processi cognitivi dall’infanzia all’adolescenza,
poi vi è stabilità dall’adolescenza all’età adulta ma le condotte a rischio decrescono.

> è possibile quindi prevedere i comportamenti a rischio.

Teoria di Reyna: non è vero che l’uso dell’esperienza e delle euristiche aumenti la probabilità di prendere
decisioni a rischio, mentre il sistema decisionale analitico mi protegge dal pericolo. Prende in esempio le
condizioni in quali la condotta a rischio abbia un probabilità bassa di avere esito indesiderato e alta di
averlo desiderato  pesare benefici e rischi delle azioni. Il beneficio possibile supera il rischio potenziale.

Paradosso della roulette russa: situazione in cui c’è un rischio calcolato, c’è una possibilità su 6 o 12 di un
evento avverso, ma se questo non si verifica ottieni una ricompensa.
>Quando invita i partecipanti a usare in processamento analitico (priming di attivazione di procedure di
calcolo e valutazione probabilistica), il rischio viene calcolato sulle probabilità di base degli eventi
(quantitativo).
l’elaborazione sistematica può rendere il rischio accettabile all’aumentare della ricompensa.

>Viene poi attivato un processamento euristico-emozionale sottoponendo immagini ad alto carico emotivo
(qualitativo); quando sono invitate a pensare alle condizioni negative, per quanto siano alte le condizioni
positive, vi è una maggioranza di evitamento e terrore. Il fatto di basarsi sul dato concreto esperienziale ed
intuitivo è un processo molto desiderabile, poiché è la concretezza emotiva e visiva mi spinge a decisioni
più appropriate e desiderabili rispetto a quelle basate sulla logica.

non serve promuovere una percezione accurata del rischio, ma semplicemente intuitiva. Posticipare il più
possibile il contatto con situazioni a rischio per
-attendere lo sviluppo del sistema esperienziale
-attendere sviluppo sistema analitico verso capacità maggiori di inibizione ed autocontrollo.

Limiti di applicabilità: abituazione, la reazione emozionale non è più tanto forte come lo era stata all’inizio
(ciò non falsifica il processo alla base); esiste una soglia critica, oltre un certo livello l’emozione di disgusto
può essere controproducente. Quando il terrore diventa molto forte si ha una reazione di evitamento ed
allontanamento, oppure l’immagine viene rappresentata correttamente ma la persona è convinta di non
poter fare nulla per evitarla (dissonanza cognitiva). Senso di autoefficacia di essere capace di affrontare una
certa situazione. Gli adolescenti non hanno o dispongono di esperienze sufficienti per discriminare
un’azione pericolosa. Mancano informazioni di natura emozionale, hanno al capacità di valutare i rischi
ma non portano a decisioni migliori.

Disturbi dell’apprendimento: quando lo sviluppo intellettivo non raggiunge il risultato che ci si aspetta o
secondo le traiettorie e i tempi previsti.
Ritardo mentale: utilizzato fino al 2013, QI pesato per l’età inferiore a 70 con compromissione
dell’autonomia personale.

Nel 2013 viene pubblicata la 5 edizione del DSM e si parla di disabilità intellettiva, non viene più indicata la
soglia critica ma si parla più generalmente di compromissione generale, in cui il livello di intelligenza e
sviluppo adattivo della persona non permette ad essa di svolgere in maniera autonoma e funzionale tutte
quelle azioni proprie e fondamentali per la vita  valutazione adattamento funzionale e difficoltà nelle
azioni quotidiane nella vita reale.

Criteri diagnostici:

1-Esordio in età precoce


2-Deficit nel funzionamento intellettivo ed adattivo
-concettuali: funzioni intellettive
-deficit sociali e pratici di autonomia, responsabilità, interazione, necessità di supporto continuo almeno in
un contesto particolare della sua vita. Variano di intensità e gravità, e sono direttamente derivati da quelli
intellettivi.

I quadri vanno da lieve (senza compromissioni senso-motorie) a estremo (con totale dipendenza da altri).

>Disturbi che non hanno relazione con un funzionamento alterato a livello intellettivo (DSA o SLD):
difficoltà specifiche in una o più aree di abilità scolastiche di base
-si manifesta in assenza di compromissioni intellettive, adeguato in tutti gli altri campi non legati a quella
specifica area di apprendimento, ma associati ad altre patologie, concomitanti, o presentati con un livello
intellettivo ridotto; se ci sono altre compromissioni sensoriali queste non spiegano per intero la difficoltà in
questo campo dell’apprendimento.
-Persistente e resistente al trattamento.
-Esordio precoce
-La difficoltà interferisce significativamente con la capacità di funzionamento del bambino/adulto non solo
in ambito scolastico

Le etichette classiche (dislessia, discalculia, disgrafia) non sono più usate nel DSM-V, ma vengono in
generale considerate con criterio unico le difficoltà di apprendimento e nell’uso di abilità scolastiche, con la
presenza di almeno uno dei sintomi con persistenza per almeno 6 mesi:
>lettura imprecisa o lenta e faticosa
>difficoltà nella comprensione del significato di ciò che si legge
>difficoltà di spelling
>difficoltà con espressione scritta
>difficoltà nel padroneggiare i numeri, dati numerici e calcolo
>difficoltà nel ragionamento matematico
A questo punto va specificato il livello di compromissione (lieve, moderata, grave) e la possibilità di
compensare le difficoltà con interventi adeguati (diritto delle persone con DSA).

Linguaggio
Sviluppo linguistico e comunicativo sono due cose diverse: il linguaggio è solo una delle forme di
comunicazione che abbiamo, non solo attraverso esso comunichiamo informazioni importanti su di noi o
l’ambiente o influenziamo i comportamenti altrui, ci coordiniamo per rendere possibile una vita sociale con
i nostri simili. La comunicazione avviene attraverso tutti i gesti, le emozioni, posture, movimenti,
espressione del viso.
Sviluppo comunicativo pre-linguistico
>Il linguaggio è una sottospecie del nostro metodo comunicativo che ha natura simbolica: orale, gestuale,
scritta; ma anche una forma di rappresentazione simbolica della realtà che ci serve per pensare concetti e
ragionare (linguaggio interiore, articolazione subvocalica), forma in cui comunichiamo con noi stessi.
I linguaggi hanno potenzialità generativa infinita, possiamo sempre inventare nuove rappresentazioni di
concetti, eventi od oggetti che vogliamo esprimere.

È caratterizzato da creatività (con segni della lingua e regole di base è possibile creare quantità infinite di
messaggi – generatività infinita) e arbitrarietà (il significato delle unità non può essere ricavato dalla forma
del simbolo, ma appreso e trasmesso culturalmente).

Esistono dei segni prodotti dal corpo, che non hanno un’attinenza diretta con quello che vogliamo
esprimere. Postura, espressioni, gesti sono usati per comunicare ma solo in minima parte per produrre una
comunicazione simbolica, spesso servono per inferire solo stati emotivi o intenzioni, e non sono simboli
arbitrari di un significato.

I gesti comunicativi sono la prima forma con cui il bambino comunica i propri stati mentali, esigenze e
conoscenze sul mondo prima di essere in grado di utilizzare il linguaggio verbale. Le azioni motorie che
compie hanno funzione comunicativa astratta. Mentre il linguaggio vocale compare a inizio secondo anno
di vita (13 mesi), tali gesti compaiono nel secondo semestre di vita. Si differenziano da altri gesti per
l’intenzione: sono messi in atto volontariamente per comunicare qualcosa. Lo capiamo per:
-contatto visivo non solo o principalmente con l’oggetto d’interesse, ma anche con il destinatario della
comunicazione, passando lo sguardo con focus però sul destinatario;
-possono diventare convenzionali, non avere attinenza diretta con l’oggetto che si intende raggiungere o
sul quale si intende spostare l’indicazione, ma avere funzione simbolica e rappresentare qualcosa che per
noi è associato ad un significato;
-si riferiscono a qualcosa (referenziali).

I primi gesti comunicativi non emergono dal nulla, ma si differenziano dai precedenti.
>I gesti di indicazione (pointing) nei primi mesi non hanno intenzione comunicativa, è l’adulto che
interpreta lo stato mentale del bambino. Non c’è condivisione dello sguardo ma attenzione unicamente
all’oggetto.
1-Nel secondo semestre lo stesso gesto lo compie per richiamare l’attenzione (pointing richiestivi o gesti
performativi). Gesto per richiamare l’attenzione dell’adulto su qualcosa che il bambino vuole. Sguardo
condiviso, prima formazione triadica bambino-adulto-oggetto.
2-gesti dichiarativi o deittici: indica l’oggetto per richiamare l’attenzione dell’adulto, influenzare lo stato
mentale dell’altro e non a ottenere qualcosa, compare verso i 10-12 mesi, si manifesta con l’indicare o
mostrare un oggetto tenuto in mano, anche accompagnato da vocalizzi.
3-Gesti simbolici: hanno un significato indipendente dal contesto (significato semantico proprio), detti
anche rappresentativi, iconici o referenziali, compaiono tra i 12 e 18 mesi insieme alle prime parole.

Sono legati alla ricchezza del linguaggio verbale successivo: i bambini che producono/comprendono più
gesti, negli anni successivi producono e comprendono più parole, perché i due ambiti hanno base nello
stesso nucleo di competenze comunicative.

>con i gesti comunicativi fino alle 10-20 parole il numero dei gesti e parole è lo stesso, poi il vocabolario
esplode e soppianta i gesti.

Linguaggio verbale
Capacità di usare parole per simboleggiare oggetti, eventi, concetti astratti; emerge nel secondo anno di
vita (fino ai 18 mesi).
Il neonato nasce con alcuni repertori comunicativi già attivi
-il pianto viene interpretato per la segnalazione di stati interni e bisogni, primo segnale di buono stato di
salute del bambino quando nasce. Non è prodotto intenzionalmente e non ha funzione simbolica.
-i vocalizzi sempre più complessi ed articolati progressivamente dalle prime settimane di vita, con funzione
di attirare l’attenzione degli altri, diventano sempre più articolari e volontari. I suoni non hanno attinenza
con il linguaggio verbale o entrano poi a far parte dei suoni propri della lingua; semplicemente appaiono i
suoni più facili da emettere per l’apparato fonatorio umano

Lo sviluppo delle capacità linguistiche segue un andamento regolare indipendentemente dalla cultura di
appartenenza. Vi è una differenza nella frequenza, intensità e tempo di comparsa, non nella sequenza.

Il nostro sistema è predisposto a produrre una sequenza precisa per comunicare (tale sequenza appare
anche nei bambini sordi, non esposti quindi a suoni, ma è universale).

Gli stadi:
-Tubare: tra primo e secondo meso compaiono suoni come uu, gu, aa. Verso i 2-3 mesi si amplia il
repertorio delle vocali e compaiono suoni consonantici come m e b; dai 3 mesi iniziano le imitazioni
vocaliche (vocal play), condivisioni di suoni con l’adulto dove i bambini emettono suoni in alternanza con
l’adulto durante i momenti di interazione, in una sintonizzazione reciproca precursore capacità
pragmatica di turn-taking.

-Lallazione: verso i 4-6 mesi iniziano a formare combinazioni consonante-vocale (prime sequenze di sillabe).
Vi è un controllo maggiore dell’apparato fonatorio, con la formazione di suoni che entreranno a far parte
della lingua parlata. Alcune consonanti più di altre (prima labiali, poi occlusive o nasali, mai sibilanti).

-Tra 7 e 10 mesi compaiono lallazioni canoniche o reduplicate: combinazioni di sillabe uguali e alternate

-tra i 10 e i 12 compare la lallazione variegata, con combinazione di sillabe diverse nella stringa di suoni
 Tale sequenza evolutiva vale anche per i bambini sordi (impronta genetica).

>Non tutti i suoni sono ammessi in una lingua


>Alcuni suoni possono associarsi in una lingua ma non in altre
il bambino impara a capire quali suoni sono accettati nella propria lingua e quali no.

>La comprensione del linguaggio precede sempre la produzione


>Il riconoscimento dei suoni della lingua prevede aspetti di fonetica (suoni ammessi) e prosodica
(alternanza sillabe, melodia), e compare fin dalla nascita
>I bambini hanno capacità innata di riconoscere e segmentare i suoni della propria lingua, distinguere
suoni che fanno parte della fonetica della lingua materna rispetto a quelli che non ne fanno parte e a cui
non sono stati esposti. Infatti tale riconoscimento avviene già in fase prenatale.

-I bambini iniziano a comprendere le prime parole intorno ai 6-8 mesi: si girano quando vengono chiamati
o quando si chiama qualcuno di familiare. Intorno ai 13 mesi comprendono 50 parole, ma possono non
averne pronunciata nemmeno una.

-La prima parola viene pronunciata tra i 10 e 15-8 mesi, in media a 13- potrebbero utilizzare sequenze di
suoni per indicare oggetti specifici, ma non vi è corrispondenza con la lingua. Esiste una grade variabilità
interindividuale nei tempi e ritmi di acquisizione (più tardiva per bambini bilingui o prematuri).

Le nuove parole pronunciate crescono piuttosto lentamente perché il processo non è automatizzato: vi è
una difficoltà nell’associare concetto-suono, e anche nel padroneggiare l’articolazione di suoni differenti.
Maggior presenza di gesti simbolici che vocalici.

-Esplosione del vocabolario: il numero di parole pronunciate cresce esponenzialmente. Non avviene tale
crescita in modo casuale, ma all’inizio parole del contesto in cui vive, molto concrete, che abbiano una
pronuncia facile, di routine quotidiana. Molto spesso si inventano parole che diventano poi parte del lessico
familiare.

Fasi di acquisizione del vocabolario:

-fino a 50 parole familiari che descrivono il suo universo quotidiano;

-tra 50 e 200 prevalgono i sostantivi (shift to referencing). L’acquisizione di vocaboli è facilitata da salienza
percettiva, esperienza concreta e concretezza del significato.

-Passaggio ai verbi (shift to predication): iniziano ad essere rappresentate le azioni, il che permette di
costruire le prime frasi.

-a 400 parole vi è lo shift to grammar, acquisizione di parole strumentali non essenziali, con possibilità di
rendere più facile la costruzione e comprensione delle varie frasi.

-fino ai 18 mesi i bambini non compongono frasi, ma utilizzano la singola parola per esprimere un intero
enunciato olofrase (predicato senza verbo e soggetto, verbi senza soggetto e complemento) – mancanza
struttura sintattica.

-verso i 16 mesi sono frequenti le combinazioni parola-gesto

-tra i 18 e 24 compaiono prime combinazioni di due parole (inizialmente concatenate senza struttura
sintattica).

-perfezionamento intonazione, accompagnamento emotivo che voglio aggiungere alle mie parole, per
esplicare la loro funzione (dal passaggio al discorso telegrafico).

-tra i due e tre anni di età si passa da combinazioni di 2 parole a 3, 4, 5 ecc…

-semantica: lo sviluppo del vocabolario procede con regolarità fino ad età scolare; arricchimento lessico
psicologico (parole che esprimono stati mentali ed emozioni, legato ad uso lessico psicologico da parte
degli adulti).

-verso i 4 anni emerge la pragmatica (uso pratico, fare cose attraverso il linguaggio, cambiare modi di
esprimersi a seconda di dove mi trovo) che richiede esigenze cognitive e di mettersi nei panni degli altri, il
contesto sociale e i rapporti in cui si è inseriti; variazione stile e contenuti della narrazione sulla base
dell’interlocutore; emergono forme di cortesia con funzione sociale, per migliorare e mantenere i rapporti
sociali.

Sviluppo linguistico atipico


Compromissione diretta e propria nell’ambito linguistico, incapacità di comprendere il linguaggio (dal
suono alla grammatica alla sintassi) o di articolazione dei suoni (produzione), o di fluenza (articolazione).

> Tenendo conto di contesto di sviluppo ed età, sviluppi atipici del linguaggio si hanno nel DSM-5
1- Disturbo del linguaggio: abilità linguistiche di comprensione e produzione significativamente al di sotto
delle attese per l’età. Si chiarificano attorno al 3 anno di età, l’intervento del logopedista può essere
fondamentale, con l’ingresso a scuola può emergere un disturbo specifico (come la dislessia). Comprende
comunque tutte le aree della comunicazione del canale linguistico.
-deficit nella comprensione i produzione di aspetti semantici, morfologici o sintattici
-difficoltà di acquisizione e uso simili attraverso modalità diverse.

2-Disturbo del suono vocale: difficoltà specifiche della fonazione


-comprensione e produzione vocale possono essere caratterizzate da comorbità
-deficit su base motoria
-deficit su base fonologica
-bambini con alterazioni fonologiche oltre i 4 anni hanno forti probabilità di sviluppare DSA con
compromissione della lettura

3-Distrubo fluidità verbale ad esordio infantile: balbuzie, andamento discontinuo, esordio precoce e
decorso cronico

4-Disturbo sociale pragmatico della Comunicazione: difficoltà persistente nell’uso sociale della
comunicazione verbale e non verbale
-si manifesta senza sintomi di ristrettezza/ripetitività di interessi, è un disturbo dello spettro autistico.

Sviluppo relazionale ed affettivo


Attaccamento: legame affettivo, intimo, costante e duraturo che lega un infante a un adulto in grado di
garantirgli vicinanza, sicurezza e protezione.
-Teorie psicodinamiche classiche e comportamentiste postulano che il legame privilegiato con la figura di
attaccamento derivi dalla soddisfazione dei bisogni primari del bambino (nutrimento).

-I teorici dell’attaccamento partono dall’osservazione dei bambini, rendendosi conto che non è importante
solo il nutrimento, ma vi è una necessità che va oltre i bisogni primari. Hanno bisogno di adulti che diano
loro affetto. Non è impossibile vivere solo senza cibo, ma anche senza affetto e relazioni, poiché la nostra
specie è relazionale e sociale di sua natura. È Bowlbi, con Spiels, a formulare la teoria.
l’uomo è dotato di predisposizioni biologiche innate a sviluppare legami di attaccamento (presente in
tutte le specie che si occupano della cura della prole).
Esperimento di Harlow con neonati di macaco allevati con madri surrogate. Altri etologi come Lawrence ed
Harbor studiano le relazioni fra adulti e cuccioli in altre specie animali, anche lontani dalla nostra specie
(imprinting delle anatre, che sviluppano un legame affettivo con la prima cosa che vedono con
caratteristiche specie-specifiche).

Teorizzazione di Bolwby per cui esiste un legame speciale fondamentale per la sopravvivenza, il legame di
attaccamento, di predisposizione a base biologica innata e non appresa, per cui i cuccioli delle specie alla
nascita sono dotati di repertori automatici di comportamento tali da segnalare all’adulto il loro bisogno di
protezione. Essendo comportamenti che si sviluppano nella relazione stretta è chiaro che si sviluppano solo
con alcuni adulti, ed in essi condizionano una risposta di cura.

I comportamenti di segnalazione sono il pianto (segnalazione di qualcosa che non va), che spinge l’adulto a
rispondere e a reagire al pianto. Il sorriso (che mi manifesta dopo le prime 3 settimane, e non sono di
natura sociale ma comportamenti riflessi, collegati alla funzionalità riflessiva). Il richiamo dato dal sorriso è
gratificante.

Comportamenti altrettanto importanti per sviluppare legami di attaccamento è l’aggrapparsi quando si


tiene il bambino in braccio, o l’accoccolarsi in modo da favorire l’attacco con il braccio di chi sostiene. Sono
comportamenti che variano di intensità e frequenza fra i bambini, non tutti i bambini hanno la facilità di
abbandonarsi e trovare una situazione di abbassamento di livello di stress. Quelli che lo hanno favoriscono
una maggior cura, e il bambino si trova in un ambiente facilitato.

La variabilità c’è anche dall’altro lato, tutti gli adulti sono predisposti a rispondere a certi stimoli, con il
conseguente sviluppo di un legame forte; un ruolo fondamentale viene giocato dalle risposte ormonali e
neurotrasmettitoriali (prolattina, ossitocina, circuiti della ricompensa) associate e vista e voce del neonato.

Non tutti gli adulti rispondono con la stessa intensità, per variazione biologica di base. In alcuni momenti
della nostra vita ciascuno di noi può averne di più o di meno.

Questo legame si sviluppa in un periodo piuttosto lungo, e anche il completamento dell’acquisizione dura
circa un paio di anni.
1-Nei primi due mesi i comportamenti sono non selettivi, che il neonato mette in atto al quale l’ambiente
risponde.
2-Dai due ai sette mesi comincia ad emergere una certa selettività, per cui i comportamenti di affiliazione
diventano più specifici e volontari, senza ansia di separazione.
3-Tra i 7 e i 24 mesi vi è una ricerca attiva del contatto con la figura di accudimento primaria, protesta e
rabbia per le separazioni
4-Dai 24 mesi si crea un legame solido, con superamento dell’ansia da separazione

Stili di attaccamento: benchè innati, non tutti gli individui sviluppano il legame nello stesso modo
>alcuni bambini acquisiscono la sicurezza che qualcuno di prende cura di loro (piangono meno ed esplorano
l’ambiente con più libertà quando il genitore è presente; messa in atto di comportamenti di segnalazione
appropriati quando il genitore se ne va).
>alcuni bambini non fanno ciò, in particolare quelli con una relazione meno sicura e che necessitano di
maggiori rassicurazioni (non si allontanano o non si lasciano consolare facilmente, ed esplorano meno
l’ambiente).

Strange situation: procedura codificata da Mary Ainsworth, si dipana in un’osservazione strutturata e in


una sequenza preordinata di 8 fasi da 3 minuti con caregiver, bambino ed estraneo che si alternano in una
stanza piena di giochi, con l’intento di sottoporre il bambino ad una situazione moderatamente stressante e
osservare l’uso che fa del caregiver.

A- attaccamento sicuro:
-comportamenti adeguati a cercare e mantenere la relazione con caregiver, con protesta nel momento
dell’allontanamento;
-esplorazione dell’ambiente in sua presenza pur controllando la presenza del caregiver;
-al ricongiungimento si placano in breve tempo e riprendono ad esplorare;
-interagiscono positivamente con l’estraneo se anche il caregiver lo fa

B1- Insicuro resistente:


esplorano poco, stressati da situazione non familiare, si avvicinano alla madre in presenza dell’estranea;
-comportamenti adeguati a cercare e mantenere la relazione con il caregiver presente, protestando con
rabbia intensa alla separazione
-al momento del ricongiungimento cercano il caregiver ma appena in braccio lo respingono (con ripetizione
sequenza), protestando più vivacemente con l’estranea;
-una volta calmati non riprendono l’esplorazione

B2- Insicuro evitante:


-esplorano poco l’ambiente
-non manifestano comportamenti di ricerca e richiamo utili a stabilire l’attaccamento (anche se non
significa che non l’abbiano sviluppato), possono non piangere alla separazione
-al ricongiungimento ignorano il caregiver
-rivolgono attenzione ad oggetti, voltano le spalle, possono avere un comportamento più interattivo con
l’estranea che con il caregiver

B3- Disorganizzato:
-non ha un pattern chiaro
-alterna momenti tipici di tutti i profili (disorientati, impauriti, timidi, non capaci di mantenere né ristabilire i
contatti).
-mostra paura, anche al rientro della madre, probabilmente in relazione con comportamenti spaventati
della madre (figura di attaccamento che mostra paura genera paura anche nel bambino – social
referencing).
La strange situation è in buona misura efficace nel produrre risposte diverse e predittiva di differenze a
lungi termine, ma in parte può essere limitante perché:
> il legame di attaccamento risulta artificiale, creato nelle situazioni ordinarie
>i bambini hanno esperienze precoci diverse, anche in relazione alla presenza di estranei
>sensibile a differenze tra culture
Lo stesso bambino può manifestare pattern di attaccamento diversi con figure diverse

Tre caratteristiche del comportamento genitoriale sono associate a variazioni negli stili di attaccamento:
1- Tempestività: risposta pronta al pianto e ai richiami dei bambini, soprattutto nel primo anno. Dopo è
importante che il genitore lasci progressivamente al bambino la possibilità di autoregolare le sue emozioni
2-Coerenza: la risposta si presenta in modo prevedibile e in forme conosciute al bambino
3-Adeguatezza: la risposta è coerente con lo stato manifestato dal bambino nei tempi e nei modi

Gli studiosi del temperamento enfatizzano il ruolo delle disposizioni innate sulla capacità dei bambini di
stabilire relazioni efficaci con l’ambiente.
il temperamento è la modalità di comportamento o risposta agli stimoli relativamente stabile nel tempo e
attraverso le situazioni, e caratteristica dell’individuo.
Reattività: livello di responsività e reattività fisiologica e comportamentale agli stimoli
Capacità di controllo: insieme dei processi fisiologici e comportamentali messi in atto per gestire
l’attivazione.

Il temperamento di declina in tre dimensioni fondamentali:


1-Estroversione/disinibizione: anticipazione positiva (attesa novità piacevoli), impulsività, livello di attività
(grosso-motoria) e ricerca di sensazioni (piacere da attività intense e rischiose)
2-Affettività negativa: irritabilità (fastidio per stimoli spiacevoli), rabbia/frustrazione (reazione negativa ad
interruzioni), umore triste e paura.
3-Autoregolazione: focalizzazione dell’attenzione e controllo inibitorio.

Il temperamento è causa della riuscita del processo di attaccamento:


-la disposizione del bambino a provare distress da separazione fa percepire qualsiasi ambiente come
stressante, perciò è più difficile sviluppare un attaccamento sicuro anche con genitori presenti, sensibili ed
amorevoli;
-la reattività agli stimoli facilita nel tempo risposte genitoriali negative.

Adattamento Persona X Ambiente: adattamento tra le caratteristiche del temperamento del bambino e
risposte dell’ambiente.
-non esiste temperamento buono per tutti gli ambienti, come non esiste l’ambiente giusto per tutti i
temperamenti.
>può esserci un attaccamento sicuro anche con temperamento sfavorevole se l’ambiente è quello
adeguato
>attaccamento sicuro anche con ambiente sfavorevole (purchè non maltrattante) se il temperamento è
positio

Principio del goodness of fit: genitori che procurano stimoli nuovi, esperienze diverse, ambienti caldi e
rumorosi sono adatti per bambini con alta anticipazione positiva, bassa inibizione e bassa paura
>genitori che non forniscono occasioni di sperimentazione o controllano eccessivamente sono percepiti
come ansiogeni.

Genitori calmi ed abitudinari, affettuosi e poco reattivi sono adatti a bambini inibiti, timorosi delle novità,
con alta sensibilità agli stimoli.
>è importante avere un ambiente prevedibile e con poche minacce, piuttosto che genitori capaci di
rispondere prontamente a fonti di stress.
Principio generale: esiste un’ampia variabilità nei comportamenti genitoriali entro la quale i bambini non
subiscono danni. Solo situazioni estreme, o estremamente inadatte al temperamento del bambino,
predicono difficoltà evolutive a lungo termine. Anche i genitori evolvono e possono essere supportati, come
non può essere perfetto sempre.

è possibile recuperare le carenze relazionali nelle fasi critiche dello sviluppo?


Ha effetti sullo sviluppo neuroendocrino: misure fisiologiche (SNA- eeg, pressione, frequenza respiratoria;
cortisolo e DHEA-S protettivo) raccolte a 12 anni di età su 47 mai istituzionalizzati, 43 istituzionalizzati, 48
istituzionalizzati ma affidati a famiglie fra 6 e 30 mesi.
Le procedure prevedono
>Social stress (rifiuto da parte di pari)
>Trier Social Stress Test (preparazione ed esecuzione compiti in pubblico)
>Frustration Task (gioco al computer con feedback di insuccesso)

Conseguenze dell’attaccamento: l’attaccamento è la risorsa che permette all’individuo di affrontare


situazioni stressogene grazie alla sicurezza e fiducia nel caregiver. regolazione dei sistemi fisiologici e
comportamentali di risposta allo stress.

Riassunto capitolo 10
Comprensione di sé: rappresentazione cognitiva che ognuno ha di sé riguardante i vari ruoli e categorie
che assumiamo e che ci aiutano a definire chi siamo. Ognuno costruisce il proprio sé.

Prima infanzia: difficile perché non vi è la possibilità di parlare direttamente con l’infante (no espressione
verbale).
-si presenta per la prima volta a circa 3 mesi una forma rudimentale di auto-riconoscimento
-il riconoscimento allo specchio, fisico quindi, non appare prima del secondo anno di vita, seguito poi da
uso di pronomi autoreferenziali e riconoscimento in foto
-2/3 anni iniziano a produrre espressioni riferite a sé stessi e a etichettare esperienze emotive, nonché
sviluppano consapevolezza del proprio corpo.

Seconda infanzia: studi attraverso interviste


-confusione di sé, mente e corpo, spesso si identificano solo con la testa.
-descrizioni concrete di sé stessi, di cosa sanno fare, dove vivono, le persone e il rapporto che hanno con
queste
-descrizioni fisiche per distinguersi dagli altri
-descrizioni con attività
-supervalutazioni positive irrealistiche

Fanciullezza: maggior complessità


-Riconoscimento caratteristiche e tratti psicologici
-descrizioni sociali in riferimento a gruppi
-confronto sociale in termini comparativi piuttosto che assoluti
-distinzione tra sé reale e sé ideale, capacità che aspirano/desiderano avere rispetto a quelle che hanno
autovalutazione più realistica grazie a maggior confronto sociale e prospettive diverse

Adolescenza:
-tendenza a paragonare sé stessi con gli altri
-descrizione più astratta ed idealistica
-consapevolezza di sé
-contraddizioni (causa ricerca personalità ed identità)
-Sé fluttuante
-sé possibile/potenziale, ciò che sperano di essere e temono di diventare.
-auto-integrazione, connessione più sistematica delle parti separate del sé.

Cognizione sociale:
comprensione di noi stessi e come pensiamo e ragioniamo sulle altre persone.

Nella seconda infanzia (4-5 anni) iniziano a percepire gli altri come portatori di tratti psicologici, e che gli
altri possono fare dichiarazioni non vere per finalismo. Facile credulità. Differenze individuali collegate alle
discussioni con il caregiver.

Nella fanciullezza vi è un aumento nella capacità di perspective taking (6-8 anni). Effetti della desiderabilità
sociale nelle descrizioni, e realizzano che le persone possono mettersi nei panni di altri per comprenderne
motivazioni e intenzioni.

Autostima e concetto di sé
-Valore ed immagine che una persona ha di sé, una valutazione globale. Tale cognizione non è
necessariamente giusta.
-valutazioni di domini specifici del sé

Assestment: valutazione autostima. Per i bambini viene calcolata con il Profilo dell’autopercezione per
bambini riguardo a resa scolastica, atletica, accettazione sociale, aspetto fisico e condotta.

Per gli adolescenti si hanno gli stessi campi più relazioni amorose, amicizia e competenza lavorativa.

Anche i TMA di Bracken valutano l’autostima nell’area scolastica, familiare, corporea, emozionale e del
controllo dell’ambiente.
l’autostima sembra avere un collegamento particolare con la percezione di sé in particolare limitatamente
all’aspetto fisico.

L’autostima è:
-alta nell’infanzia
-declina in adolescenza (soprattutto per le ragazze) ma in maniera leggera. Gli adolescenti valutano il sé
attraverso cinque parametri (psicologico, sociale, coping, familiare e sessuale)
-aumenta in età adulta fino a tarda età
-declina nuovamente nell’età senile

Le modifiche di autostima sono state studiate solo in funzione correlazionale; sembra essere lieve la
correlazione tra autostima e resa scolastica, mentre è alta quella con la felicità, l’accettazione da parte dei
genitori, la concessione di libertà.

Autoefficacia: controllare volontariamente una situazione per produrre risultati favorevoli, credere di
essere capace. I giudizi di autoefficacia ci influenzano nel tempo di attività, lo sforzo che ci mettiamo e il
tempo che dedichiamo a un compito, nonché le relazioni emotive quando anticipiamo una situazione o ne
siamo coinvolti.

Identità
Autoritratto composto da diversi “pezzi”
-percorso di carriera e lavoro che si vuole perseguire
-visione politica
-credo religioso/spirituale
-stato civile
-motivazione e identità intellettiva
-preferenze e orientamenti sessuali
-provenienza geografica e conseguente identificazione culturale
-hobby ed interessi
-caratteristiche individuali della personalità
-immagine individuale del corpo

dare senso a noi stessi, ma in maniera plastica e che può cambiare di volta in volta, soprattutto nei
periodi di passaggio come l’adolescenza e l’emerging adulthood.

Erikson: gli adolescenti devono fare i conti con chi sono, ovvero andare incontro al risolvimento del
conflitto tra identità e diffusione di identità.

La ricerca di tale identità è aiutata da una moratoria psicosociale, ovvero il vuoto tra la sicurezza
dell’infanzia e l’autonomia della vita adulta. È necessario sperimentare, per l’adolescente, come sforzo
deliberato per vedere dove stanno meglio nel mondo, con i loro tempi e i loro modi (no ansia
genitoriale/sociale).

Se non si riesce a trovare una strada allora si andrà incontro alla diffusione di identità, condizione di
confusione che porterà al ritiro e all’isolamento in sé stessi, o l’immersione nel mondo dei pari e la perdita
di sé.

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