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Angelo Cerizza

A dura vita,
a dura disciplina
Storia del Reggimento austro-lodigiano
dell’Esercito dell’Impero d’Austria

Edizione fuori commercio


Mat tiol i 1885

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ANGELO CERIZZA

A DURA VITA,
A DURA DISCIPLINA
STORIA DEL REGGIMENTO AUSTRO -LODIGIANO
DELL’ESERCITO DELL’IMPERO D’AUSTRIA

M atti oli 1 8 8 5
Titolo
A dura vita,
a dura disciplina

Autore
Angelo Cerizza
Angelo Cerizza ha lavorato nel settore della comunicazione aziendale e
culturale, attualmente collabora alle riviste “Archivio Storico Lodigiano” e
“Bollettino Storico Piacentino”

Edizione fuori commercio

www.mattioli1885.com

Ringrazio il professor László Pete per le preziosissime indicazioni e per


gli ancor più preziosi suggerimenti.
Il professor László Pete, del Dipartimento di Italianistica dell’Uni-
versità di Debrecen, si occupa di Storia italiana e delle relazioni
storiche italo-ungheresi, in modo particolare in epoca risorgimentale, e
della partecipazione ungherese all’unificazione italiana.
PRESENTAZIONE

Raccontare la storia degli Italiani prima dell’Italia ha rap-


presentato per molti storici del XIX secolo un vero problema
storiografico. Il Risorgimento è un fenomeno straordinaria-
mente complesso e stratificato in cui vite individuali e destini
collettivi si intrecciano con aneliti di libertà e lotte nazionali.
Per questo motivo durante tutto l’Ottocento accanto alla linea
più marcata che condurrà all’unità nazionale si affiancano
altre linee forse più flebili e spezzate che ci raccontano altre
possibilità degli Italiani “prima” dell’Italia. Sono le vicende di
“nemici” interni fossero essi i borbonici che non si arresero
dopo la caduta di Gaeta del 1861 e che presero a condurre una
vita inquieta e vagabonda che li condusse lontano nel bacino
del Mediterraneo, nell’Arabia o nel Nuovo Mondo. Una scelta
questa comune e condivisa anche da molti delusi dell’evoluzio-
ne politica dei fatti italiani (si pensi solo alle vicende di Nino
Bixio “esule” nell’Oceano Indiano).
Ma accanto alle vicende dei protagonisti delle vicende stori-
che si affacciano anche le vicende dei molti che per caso o per
necessità si trovarono con la spada in pugno dalla parte dello
straniero.
Quale storia ci raccontano le imprese del Reggimento austro
lodigiano ? 3
Innanzitutto è una storia di chi viveva la vita militare come
una dolorosa necessità alla quale era difficile sottrarsi. Una vita
dura in cui anche la lingua di espressione comune era quasi
negata e accanto ai comandi in tedesco si poneva a contrasto
il dialetto nativo. Una vita in cui l’uniforme da indossare era
spesso una zavorra troppo difficile da mantenere ordinata e
pulita; in cui lo spazio della “terra natale” era dilatato e dal
concetto di “paese” – inteso come entità circoscritta ad un luogo
abitato da un pugno di abitanti – si passava improvvisamente
alle sconfinate terre d’Ungheria, dove il Reggimento austro-
lodigiano si trovò a combattere ora a fianco, ora contro una
popolazione che vedeva queste truppe “austro-italiane” un po’
come invasori un po’ come fratelli in una comune oppressione.
Ma la trama della storia è fatta anche di nomi, di cifre, del
numero degli arruolati, dei loro nomi, delle loro storie – spes-
so private e familiari. Una storia fatta di tante oscure storie
che ci parlano di una Italia lontana oltre 150 anni, ma che in
controluce costituisce la comune radice della nostra vita con-
temporanea.

Marco Pizzo
Museo Centrale del Risorgimento di Roma

4
I
IL REGGIMENTO AUSTRO-LODIGIANO
A DURA VITA, A DURA DISCIPLINA,
MUTI, DERISI, SOLITARI STANNO1

Si riferiva, Giuseppe Giusti, con i celeberrimi, versi ai soldati


di «Croazia» e di «Boemme» che in Lombardia e nel Veneto
presidiavano città e paesi. Erano tanti e di diversissime nazio-
nalità: Croati e Boemi, come si è detto, ma anche Polacchi
di Galizia, Ungheresi e Austriaci delle varie province d’Austria,
più le altre etnie del complicato mondo balcanico.
E c’erano, ovvio, ma spesso dimenticato, anche Italiani che
arruolati, anzi «requisiti», per anni e anni vigilavano, probabil-
mente anch’essi «muti e derisi», sulla tranquillità dei domini
di casa d’Asburgo nei più lontani distretti, in Moravia, Slesia,
Galizia, Bucovina, Ungheria, Transilvania, Croazia2, ma anche,
e non erano pochi, in Lombardia e nel Veneto.

Nel 1847, nelle Province lombardo-venete, erano arruolati


otto reggimenti di fanteria di linea (sui 58 dell’Armata impe-
riale)3, più uno di Chevaux-légers e le stesse province fornivano
1
Giuseppe Giusti, Sant’Ambrogio; Zelmira Arici, Opere di Giuseppe Giusti, UTET,
Torino, 1969, pag. 370.
2
Dalla circolare del I. R. Luogotenente del 12 febbraio1851, Archivio Storico Comu-
nale di Lodi, Sottoprefettura, Cart. 253.
3
Militär- Schematismus des österreichischen Kaiserthumes, Aus der kais. kön. Hof-und Staats
-Aerarial-Druckerei, Wien, 1847, pagg. 99 - 238. 7
reclute anche a battaglioni di Jäger, per un totale di circa trenta-
mila uomini4; in percentuale i Lombardo-Veneti rappresentava-
no l’8,7% delle truppe imperiali (la popolazione era il 12,7%
del totale)5.

I reggimenti italiani dell’Armata imperiale del periodo post-


napoleonico nacquero con la dissoluzione dell’Esercito del
Regno d’Italia6 quando, il 23 aprile 1814, il Viceré Eugenio aprì
le porte della Fortezza di Mantova e consegnò la Lombardia
ai vincitori. Si sperò fin all’ultimo – i soldati di professione
in particolare, poiché ovviamente i coscritti intendevano rag-
giungere al più presto i paesi d’origine – che il Regno sarebbe
sopravvissuto, magari affidato ad un principe degli Asburgo o
ad essi gradito. Con il Regno si sarebbe potuto salvare anche
l’Esercito, che ben s’era comportato sotto Eugenio, guada-
gnandosi fama di compagine valorosa e ben addestrata. Non fu

4
Alberto Costantini, I Soldati dell ’Imperatore, Roberto Chiaramonte Editore, Collegno
(To), 2004, pagg. 34 - 35; 52 - 53; Isabella Dal Fabbro, Il Contro Risorgimento, gli
Italiani al servizio imperiale, Gaspari Editore, Udine, 2010, pag. 18. In totale l’Armata
imperiale contava 339.574 uomini (50% Slavi; 22,6% Ungheresi; 16,1% Tedeschi;
8,7% Italiani; 5,4% Rumeni).
In questo breve saggio si tratterà del periodo 1815 - 1849, con particolare riferimento
agli anni 1847 - 1849. Ovviamente Italiani avevano già servito sotto bandiera austriaca.
L’Italienisches - Linien - Infanterie - Regiment Nr. 48 venne istituto con la Patente
sovrana del 27 settembre 1721 ed inquadrò truppe provenienti dai reggimenti spagnoli
«Ahumada» e «Alcaudete» che si trovano nel Ducato di Milano e nel Milanese il
Reggimento ebbe il suo distretto di arruolamento. Inquadrò 15 compagnie di fucilieri
e 2 di granatieri per un totale di circa 1600 uomini. Nel 1769 fu di guarnigione a Lodi
e Pavia. L’unità venne sciolta nel 1796 ed era allora denominata «FML Schmidtfeld».
Il numero 48 venne assegnato a un reggimento ungherese. Cfr. Alphons von Wrede,
Geschichte der k. und k. Wehrmacht – Die Regimenter, Corps, Branchen und Anstalten von
1618 bis Ende des XIX Jahrhundert, Verlag von L. W. Seidel & Sohn, Wien 1898, II.
Band, pag. 222; Isabella Dal Fabbro, Il Contro Risorgimento, cit. pagg. 176 - 177.
Nel 1744 venne costituito il K K Infanterie Regiment Nr. 44 «Feldzeugmeister Clerici»
su 15 compagnie di fucilieri e due di granatieri per un totale di 1600 uomini. Come si
vedrà il Reggimento era ancora in servizio nel 1848 con il nome di «FM EH Albrecht»
(Arciduca Alberto); reclutò nel Milanese e non furono pochi i Lodigiani che servirono
nelle sue compagnie. Isabella Dal Fabbro, Il Contro Risorgimento, cit., pagg. 107 - 126.
5
Alberto Costantini, I Soldati dell’ Imperatore.,cit., pagg. 34 - 35; 52 - 53.
8 6
Con l’eccezione del n. 44, vedi nota 4.
ANGELO CERIZZA - A DURA VITA, A DURA DISCIPLINA

speranza poi così campata in aria: il Feldmarschall 7 Bellegarde,


comandante delle armate austriache, si fece sostenitore con una
lettera inviata a Metternich della proposta di mantenere in ser-
vizio l’Esercito italico quale espressione militare di un Regno
Lombardo-Veneto autonomo nel quadro dell’Impero8.
Era una proposta lungimirante, ma il Governo di Vienna fu
irremovibile: il 12 giugno Veneto e Lombardia furono annes-
si all’Austria e il giorno dopo Bellegarde diramava ai resti
dell’Esercito italico l’ordine di deporre la coccarda tricolore. Tra
novembre e aprile dell’anno successivo gli ex soldati italiani di
Napoleone furono avviati alle nuove destinazioni transalpine.
Il 7 aprile 1815 fu costituito il Regno Lombardo-Veneto,
incorporato nell’Impero; ne dava notizia, il 16 aprile, un pro-
clama firmato da Bellegarde. I Lombardo-Veneti, furono in-
quadrati in quatto reggimenti austro - italiani (13°, 23°, 38°,
43°)9; nel 1817 ad altri quattro reggimenti furono assegnate
zone di reclutamento nel Lombardo-Veneto, così che da
quell’anno otto reggimenti di fanteria avranno le loro Haupt
- Werbbezirks - Stationen in Italia. Nel Veneto sarebbero
stati arruolati il 13° (nel Padovano), il 16° (nel Trevigiano), il
26° (nel Friuli), il 45° (nel Veronese). La Lombardia avrebbe
fornito reclute al 38° (Bresciano), al 43° (Comasco), al 44°
(Milanese) e al 23° (Lodigiano - Cremasco). Anche i cavalleg-
geri del il 7° K. K. - Regiment Chevaux-legérs vennero arruolati

7
Feldmaresciallo; comandante d’armata/gruppo d’armate.
8
Per le vicende dell’Esercito del Regno d’Italia vedi Piero Crociani, Virgilio Ilari, Ciro
Paoletti, Storia militare del Regno Italico (1802 – 1814), Stato Maggiore dell’Esercito
– Ufficio Storico, Roma 2004, Volume I, Tomo I, dove a pag. 103 è pubblicata la
lettera di Bellegarde. Il Feldmarschall riprendeva di fatto un’intuizione di Francesco
Melzi d’Eril che mirava costituire uno stato unitario nell’Italia settentrionale sotto la
sovranità di un fratello dell’Imperatore d’Austria, divenuto da granduca di Toscana
grande elettore di Salisburgo. La nuova compagine statale, neutralizzata, sarebbe stata
sottratta al conflitto austro-francese. (cfr. Angelo Ara, Fra nazione e impero, Garzanti,
Milano, 2009, pag. 21).
9
Dieci giorni dopo l’armistizio del 23 aprile 1814 gli ex soldati dell’Esercito italico
erano stati riorganizzati in quattro reggimenti di fanteria di linea (cui furono assegnati
i numeri di quattro reggimenti austriaci disciolti dopo la disfatta del 1809), quattro
battaglioni di fanteria leggera e un reggimento di Chevaux-legérs. 9
nel Lodigiano (oltre che nel Milanese e nel Pavese). E ancora
i Lodigiani, poi, potevano essere arruolati nell’VIII e nell’XI
Battaglione Lombardisch-Venezianisches Jäger (che traeva i pro-
pri soldati, oltre che dal distretto del 23°, anche da quello del
44°) e nel VI Battaglione di guarnigione10. Nel 1851, venne
costituito un altro Reggimento austro-italiano: l’Infanterie -
Regiment «Friederich Freiherr Bianchi Duca di Casa Lanza»
Nr. 55 con Rechnungskanzlei in Monza che riprendeva il nu-
mero di un reggimento disciolto nel 180911.
Tra il 1849 e il 1851 i reggimenti Chevaux-legérs Nr. 1, 2,
3, 5, 6, 7 furono trasformati nei reggimenti ulani Nr. 6, 7, 8, 9,
10, 11 mentre il Chevaux-legérs Nr. 4 confluì nel neo-istituito
7° Dragoni. In questo quadro il 7º «Kress» divenne, quindi,
l’Uhlanen-Regiment «Alexander, Czesarevitsch, Grossfürst und
Thronfolger von Russland» Nr. 11. Nel 1854 venne costi-
tuito il Dragoner-Regiment «Ferdinand Salvator, Erzherzog,
Erb-Grossherzog von Toscana, Oberst» Nr. 8 e anche questo
Reggimento ebbe reclute lodigiane. In fine, va da sé che
reclute lodigiane potevano essere destinate a tutti i corpi
dell’Armata, in funzione delle necessità.
Il 23° venne formato a Brescia il primo luglio 1814 con i
soldati del 2° Volontari e del 2° e 3° Reggimento di linea dell’ex
Armata d’Italia12. Secondo la prassi austriaca (risalente alla
Guerra dei Trent’anni) ogni reggimento prendeva il nome dal
suo Inhaber13; così il 23° Lombardisches Infanterie - Regiment,

10
Isabella Dal Fabbro, Il Contro Risorgimento., cit., pag. 158.
11
Nella storia ufficiale del 23º - Geschichte des k. und k. Infanterieregiments Markgraf von
Baden N. 23., Budapest, Im selbstverlage des Regiments, 1911, II. Band, pag. 108 -
un III Bataillon Bianchi (55) è citato nell’ordine di battaglia della Brigata Sartori nel
1849.
12
Isabella Dal Fabbro, Il Contro Risorgimento., cit. pag. 74. Il Reggimento riprendeva il
numero dal Galizisches Linien-Infanterie Regiment Nr . 23 «Ferdinand, Grossherzog von
Würzburg, FM», un vecchio reggimento costituito nel 1672 con il nome di «Wopping,
Ferdinand Ludwig Freiherr von, Obrist». Sciolto nel 1809, aveva negli anni tratto le sue
reclute da varie regioni dell’Impero: fu via via, perciò, svevo, austriaco, galiziano.
Cfr. Alphons von Wrede, Geschichte der k. und k. Wehrmacht., cit., pagg. 232-236.
13
Colonnello titolare. La Inhaberswirtschaft era vecchia quanto l’Esercito austriaco. Il
10 sistema ebbe origine nel XVII secolo quando si consentì a ricchi contribuenti, in
ANGELO CERIZZA - A DURA VITA, A DURA DISCIPLINA

con Haupt - Werbbezirks - Station in Lodi, fu denominato, nel


1815, « Feldmarschall-Lieutenant Franz Mauroy de Merville»,
nel 1817 «Feldmarschall-Lieutenant Carl Greth», nel 1827
«Feldmarschall-Lieutenant Joseph Söldner von Söldenhofen»
e infine, nel 1837, «Feldmarschall-Lieutenant Ferdinando
Ceccopieri»14. E sotto con questo nome doveva passare alla
genere nobili, di levare privatamente reggimenti per l’Esercito imperiale. In cambio
l’Imperatore concedeva la nomina a vita di colonnello con annessa una serie di privilegi
che passò nei tempi successivi a coloro (nobili, generali famosi) che ebbero la
ventura d’essere nominati Inhaber.
Nel corso del Settecento si avviò il processo che doveva portare alla costituzione degli
eserciti moderni: si generalizzò l’uso delle uniformi a livello di eserciti, armi e corpi; i
reggimenti vennero numerati e organizzati all’interno di eserciti ed armate con precise
linee di comando. Ciò nonostante, almeno fino al 1867 quando venne trasformata in
carica esclusivamente onorifica, l’Inhaber mantenne parecchi privilegi e prerogative.
L’Inhaber riscuoteva, per esempio, la paga completa di colonnello titolare, più quella del
comandante della Leibcompanie o del Leibbatallion, senza peraltro esercitare i comandi
che erano in realtà affidati rispettivamente al colonnello effettivo, a un capitano, a
un maggiore. Non solo dall’Inaber dipendevano le nomine degli ufficiali dal grado di
alfiere a quello di capitano (per quanto per quest’ultimo fosse necessario un accordo con
lo Hofkriegrat che riservava sei posti ai licenziati dell’Accademia di Wiener Neustat) e
che dovevano essere assegnati in base all’anzianità di servizio. Ciò nonostante il sistema
si prestava ad abusi gravi. Cfr. Alan Sked, Radetzky e le armate imperiali, il Mulino,
Bologna, 1983, pagg. 35 - 38.
14
Militär-Schematismus des österreichischen Kaiserthumes, Aus der kais. kön. Hof-
und Staats- Aerarial- Druckerei, Wien 1837, pag 146. Per completezza si
riportano integralmente i nomi degli altri reggimenti italiani con indicazione
della data di costituzione:
Venezianische Infanterie – Regimenter: 13° «Wimpffen Maximilian Freih., FM»,1814,
Haupt-Werbbezirks-Station: Padova - Stab: Graz; 16° «Zanini Peter», 1703, Haupt-
Werbbezirks-Station: Treviso - Stab: Pest (Ungheria); 26° «Ferdinad Carl Victor d’Este,
Erzherzog, GM», 1717, Haupt-Werbbezirks-Station: Udine - Stab: Innsbruck;
45° « Erzherzog Sigismund», 1816, Haupt-Werbbezirks-Station:Verona - Stab: Italia;
Lombardische Infanterie - Regimenter: 38° «Haugwitz , Eugen Gr., FML.», 1814,
Haupt-Werbbezirks-Station: Brescia - Stab: Italia; 43° «Geppert, Menard Freih. v.,
FZM», 1814, Haupt-Werbbezirks-Station: Como - Sondrio - Stab: Italia; 44°«Albrecht
Erzherzog FML», 1744, Haupt-Werbbezirks-Station: Milano - Stab: Italia; 7°
Italienisches Chevaux-legérs-Regiment, «Kress v. Kressenstein, Carl Freih., FML», 1814,
Stab: Moor in Ungheria;VIII Lombardisch-Venezianisches Jäger-Bataillon-Stab: Italia; XI
Lombardisch-Venezianisches Jäger - Bataillon- Stab: Italia; VI Garnison Bataillon - Stab:
Mantova. A questi, come detto, nel 1851 si aggiunse il Lombardisches Infanterie-
Regiment Nr. 55 «Bianchi; Friederich Freiherr FML».
I reggimenti così costituiti e denominati entrarono a far parte della complessa
organizzazione militare imperiale, al cui vertice era lo Hofkriegsrat (creato nel lontano
1556), le cui competenze vennero nel 1848 rilevate dal Ministero della Guerra, istituito 11
Storia15. Il «Ceccopieri» fu la destinazione principale delle
reclute lodigiano - cremasche, benché ovviamente non pochi
furono gli arruolati della stessa Provincia in altri reggimenti e
battaglioni16.
Fino al 1819 gli anni di servizio rimasero quattro come ai
tempi di Napoleone, poi il periodo di ferma fu portato a otto
anni per il Lombardo-Veneto, mentre i meno fortunati sudditi
delle province tedesche dovevano rimanere a disposizione delle
autorità militari per 14 anni (e poi passavano alla Landwehr17
fino a raggiungere i vent’anni di servizio). I veramente sfor-
tunati Ungheresi servivano per tutta la vita18. Dalla Landwehr
erano esentati gli Italiani. Nel 1840 il servizio in Ungheria fu
ridotto a dieci anni; nel 1845 la ferma fu portata a 8 anni per
tutto l’Impero e furono aggiunti, nel 1852, due anni nella riser-
va, questa volta senza eccezione per i sudditi italiani19.
nell’aprile di quell’anno. Nel 1853 anche il Ministero della Guerra venne soppresso e
sostituto con la Militär-Central-Kanzlei cui riferiva il Comando Supremo dell’Esercito.
I Comandi generali italiani erano a Milano e a Padova, ma nel 1826 fu istituito un unico
Comando con sede in Verona.
15
Il Conte Ferdinando Ceccopieri, (1780 – 1850) era nato il 15 ottobre 1780, figlio del
conte Alberico, in una nobile famiglia al servizio dei duchi di Massa. Nel 1796 l’arrivo
dei francesi sconvolse tutti gli assetti politici della penisola e Ferdinando Ceccopieri
entrò in servizio nell’Armata francese come sottotenente; come militare di professione
ebbe carriera felice: capitano nel 1802, addetto allo stato maggiore nel 1805, nel 1814 è
al comando di un reggimento. Caduto il Regno d’Italia, Ferdinando Ceccopieri passò,
come molti alti ufficiali napoleonici, al servizio dell’Imperatore d’Austria con il grado
di colonnello. Feldmarschall-Lieutenant nel 1835, nel 1837 è nominato Inhaber del
23° Reggimento di fanteria. Nel 1846 è nominato Capitano della Guardia Nobile
del Regno Lombardo-Veneto. Cfr. Piero Ceccopieri Maruffi, Un illustre soldato
massese, il Conte Ferdinando Ceccopieri, Deputazione di storia patria per le antiche
province modenesi, Massa, 1982.
16
In effetti qualora un reggimento avesse incontrato difficoltà a completare i ranghi con
le reclute del proprio distretto poteva ricevere soldati da altre circoscrizioni.
17
Gunther Rothenberg, L’Esercito di Francesco Giuseppe, Libreria Editrice Goriziana,
Gorizia, 2004, pag. 41.
18
La Dieta del Regno d’Ungheria si oppose a lungo alla coscrizione obbligatoria
fornendo reclute su base “volontaria”. Comunque accettò di stabilire su base obbligatoria
la coscrizione di un contingente di dodicimila uomini, rimanendo ogni incremento su
base volontaria, C. A. Macartney, L’impero degli Asburgo, Garzanti, Milano, 1976, pag.
215.
19
Alan Sked, Radetzky., cit., pag. 77; Gunther Rothenberg, L’Esercito di Francesco
12 Giuseppe., cit. pag. 42.
ANGELO CERIZZA - A DURA VITA, A DURA DISCIPLINA

La leva austriaca

La leva era selettiva: tra i giovani, in età per servire nell’Ar-


mata, (5 classi a partire da coloro che avevano compiuto i
vent’anni)20 e che non avevano diritto all’esenzione, erano
ogni anno sorteggiati i coscritti da inviare ai reggimenti. In
genere ad essere reclutati effettivamente erano i giovani tratti
dalle prime classi; alle successive classi più anziane si ricorreva
solo nel caso in cui il numero dei giovani delle prime classi non
fosse sufficiente a coprire l’intera quota richiesta21. L’obbligo
di presentarsi al sorteggio cominciava con il primo gennaio
dell’anno susseguente il compimento del ventesimo anno e il
reclutamento veniva effettuato nei mesi di febbraio, marzo e
aprile (ma spesso si protraeva sino all’estate).
Ogni anno negli uffici della Provincia di Lodi e Crema
si doveva ripartire su ogni distretto, comune per comune, il
numero delle reclute richiesto per il completamento dell ’Armata.
Base del calcolo, anche se non perfettamente proporzionale,
della quota era il numero degli abitanti: il quoziente ovviamente
non era in genere a resto zero, ma avanzavano resti, in termini
20
Così il 25 novembre 1845 un «Avviso» a stampa della Deputazione Comunale di
Codogno avvertiva: «Nel giorno primo del prossimo venturo mese di dicembre sarà
aperto in questo Comune il registro ordinato alla Sezione XI. della Sovrana Patente 17
dicembre 1820 per l’iscrizione volontaria dei Giovani soggetti per età alla Coscrizione
militare pel vegnente anno 1846 quale registro sarà chiuso il giorno trentuno ultimo
dello stesso mese di dicembre: la Deputazione Comunale rende nota l’apertura di detto
Registro ed invita tutti i giovani nati dal primo gennajo a tutto dicembre di ciascuno
degli anni 1825, 1824, 1823, 1822, 1821 a presentarsi per la loro iscrizione nel Registro
medesimo […] ». Archivio Storico della Collegiata di Codogno, Cart. 95, fasc.1.
21
L’avviso a stampa della Deputazione all’amministrazione comunale di Codogno del
4 settembre 1824 recitava «In adempimento alle Prescrizioni Governative diramate
dalla I.R. Delegazione Provinciale con circolare 31 agosto pross. pass. N. 173, la
Coscrizione, deve aver luogo nel giorno 30 corrente l’estrazione de’ coscritti delle liste
3ª, 4ª e 5ª della coscrizione dell’anno 1823». Nel 1828, 13 giugno, un avviso sempre
della stessa recitava «In adempimento alle Prescrizioni Governative diramate dalla
I.R. Delegazione Provinciale e comunicate dall’I. R. Commissario Distrettuale, deve
aver luogo nel giorno di venerdì 20 corrente l’estrazione de’ coscritti della prima classe
delle liste 3ª, 4ª e 5ª della coscrizione riferibile all’anno 1828». Le parole "prima classe" fu-
rono aggiunte a mano. Archivio Storico della Collegiata di Codogno, Cart. 95 fasc. 1. 13
di frazioni di uomo, che erano calcolati a debito o a credito del
comune stesso e riportate nel calcolo dell’anno successivo.
Dalla quota potevano essere dedotti i volontari (qualcuno
c’era) e i forzati, cioè oziosi, malandrini, perdigiorno o comun-
que individui non accetti alla comunità che erano arruolati a
forza, appunto.
Fondamentale era il lavoro dei parroci che dai registri di
battesimo dovevano trarre i dati per la compilazione dello Stato
degli individui nati nel circondario della suddetta Parrocchia dal
I° gennaio al 31 inclusivo dicembre [di ogni anno e di ogni
classe di leva]. Nell’elenco della prima classe dovevano figurare
anche coloro che, morti anzitempo, non avrebbero mai potuto
servire nell’Armata. Così nel febbraio del 1819 la deputazione
comunale di Codogno scriveva al Parroco:

Per dar esecuzione alle operazioni inerenti alla circoscrizione mili-


tare ordinata da S. M. I. R. A. con venerata risoluzione 16 gennaio
scorso dobbiamo invitarla a trasmetterci nel termine di giorni otto
dalla ricevuta della presente la nota degli individui nati nel circon-
dario di questa comune dal 1° gennaio al 31 Dicembre 1798 […] La
conosciuta di Lei attività e precisione ci dispensano dal raccomandar-
Le la massima esattezza nella compilazione di detta nota22 .

A dicembre di ogni anno la Deputazione comunale invitava


i giovani delle classi di leva «a presentarsi per la loro iscrizione
nel registro medesimo durante l’indicato mese di dicembre
personalmente, od a farsi rappresentare in casi d’impedimento
da persone informate onde somministrare le notizie necessarie
per essa iscrizione, come pure per essere misurati e descritti
coi rispettivi connotati personali e produrre e giustificare
con legali recapiti i titoli pei quali credessero di poter essere
posticipati od eccettuati». La comunicazione doveva avere la
massima pubblicità e doveva essere ripetuta dall’Altare in tutte

22
La deputazione all’amministrazione comunale di Codogno al Reverendissimo parroco di
Codogno, Codogno 24 febbraio 1819, Archivio Storico della Collegiata di Codogno, Cart.
14 95 fasc.1.
ANGELO CERIZZA - A DURA VITA, A DURA DISCIPLINA

le giornate festive, perciò il Parroco era pregato di


«pubblicare nella chiesa Parrocchiale ed in quella della
St.issima Trinità nelle giornate di domani in tempo del
maggior concorso il qui unito avviso per l’iscrizione volontaria
dei giovani soggetti per età alla coscrizione militare»23.

Dall’operazione in sostanza si traevano i dati per compila-


re, per ogni classe, 5 liste che raggruppavano i giovani in
funzione dei loro obblighi di leva. Nella prima lista erano
elencati coloro che ritenevano d’essere esenti dalla coscrizione
per i motivi specificati dalla legge24 , nella seconda i fisicamente
inabili. La quinta lista elencava i coscritti di categorie ritenute
svantaggiate, ma prive dei requisiti richiesti dalla legge per
ottenere l’esenzione totale (i figli unici di genitori poveri,
gli ammogliati, coloro che avevano un fratello già in servizio);
gli iscritti a questa lista erano arruolati solo in caso di grave
necessità e, dal 1855, nemmeno chiamati al sorteggio, qualora
la quota del comune risultasse già coperta con il sorteggio dei
giovani della terza e quarta lista.
I «primi a marciare» erano quelli della III lista che include-
va chi era stato omesso o non si era presentato per l'iscrizione

23
La deputazione all ’amministrazione comunale di Codogno al Reverendissimo parroco di
Codogno, Codogno 29 novembre 1845, Archivio Storico della Collegiata di Codogno,
Cart. 95 fasc.1.
24
La chiamata alle armi era regolata dalla Regia patente 17 settembre 1820, pubblicata
nel dicembre del 1820 (Cfr. Raccolta degli atti del Governo e delle disposizioni generali
emanate dalle diverse autorità in oggetti sì amministrativi che giudiziari divisa in due parti,
vol. II, Milano dall’Imperial Regia Stamperia, 1820) e dai successivi decreti e disposi-
zioni.
In sintesi, nel 1847, erano esenti i dipendenti pubblici (nelle categorie previste dalle
leggi), i religiosi (secondo le disposizioni di legge), i professori e maestri delle scuole
pubbliche e delle accademie, i seminaristi e gli studenti di teologia, gli allievi delle ac-
cademie segnalatisi per il profitto o che proseguissero gli studi all'estero a spese dello
Stato e i marinai della marina mercantile, i pescatori, gli addetti alle costruzioni navali
(solo per la leva di terra). Erano altresì esentati i figli unici di padre (o madre vedova)
e i nipoti di nonno (o nonna vedova) settuagenari e privi di mezzi di sussistenza.
Temporanea esenzione godevano alcune categorie di coscritti particolarmente disagia-
te: questi coscritti erano iscritti nella V lista, erano arruolati solo in caso di necessità e
erano trattenuti sotto le armi solo per il tempo stettamente indispensabile. 15
nelle liste e coloro che avevano simulato infermità. Comunque
alla fine il peso della leva gravava in massima parte sui giovani
della IV lista, teoricamente gli «ultimi a marciare».
Le liste, dopo essere state rese pubbliche per eventuali
reclami o ricorsi, venivano trasmesse, per le operazioni dette
di Rettifica, alla Commissione Distrettuale presieduta dal
Commissario: in questa sede i giovani dovevano sostenere i
propri titoli. I lavori erano pubblici «onde [gli altri coscritti]
abbiano a viemeglio convincersi della rettitudine ed esattezza
delle operazioni, per somministrare all’Autorità le cognizioni
che influire possono sui giudizi della medesima e per fare
personalmente le osservazioni opportune sui titoli che dai primi
si addurranno»25. Sede successiva d’esame era la Commissione
Provinciale di leva alla quale: «alle ore 9 antimeridiane
precise si dovranno […] presentare tutti que’ Coscritti sul
conto dei quali non si fosse definitivamente pronunciato
l’atto della Rettificazione Distrettuale o che avessero allegate
fisiche imperfezioni sulle quali è riservato il giudizio all’I.R.
Delegazione Provinciale […] questi coscritti dovranno
indefettibilmente essere accompagnati da un Membro della
rispettiva Deputazione Comunale, il quale dovrà pienamente
informarsi delle circostanze famigliari ed economiche de’
medesimi e garantire l’identità delle loro persone»26.
Ora è bene ricordare che i giovani sudditi dell’Impero, di
lingua, religione, usi e costumi diversi, su un punto erano
d’accordo: poter se possibile starsene a casa oppure limitare
al massimo il rischio di partire. Meglio se legalmente; e il
primo passo non poteva che essere l’esenzione o quantomeno
l’iscrizione alla quinta lista. La prima lista, infatti, prevedeva
precisi requisiti di legge e, a meno di evidenti infrazioni, era
piuttosto difficile esservi inclusi27. Più facile, relativamente,
25
Provincia di Lodi e Crema, Distretto VI di Codogno, Rettificazione delle liste coscrizionali
per la leva militare 1842, manifesto a stampa, Archivio Storico della Collegiata di
Codogno, Cart. 86 fasc. 7.
26
I. R. Delegazione Provinciale di Lodi e Crema, Avviso, Lodi 14 maggio 1840.
Manifesto a stampa. Archivio Storico della Collegiata di Codogno, Cart. 95, fasc. 1.
16 27
La nobiltà italiana non era esentata dal servizio militare. Carl Schönhals, Memorie della
ANGELO CERIZZA - A DURA VITA, A DURA DISCIPLINA

poteva essere, ad onta delle visite mediche, entrare nella


lista seconda, quella degli invalidi. A parte anche qui di false
dichiarazioni e bugiarde attestazioni, si poteva far ricorso a
una pratica vecchia quanto gli eserciti: l’autolesionismo. Resta
inteso che, se scoperto (e i medici militari erano piuttosto
esperti), chi si procurava volontariamente lesioni fisiche
era arrestato, immediatamente arruolato e destinato a un qua-
lunque servizio nell'Armata.
La quinta lista era quella che lasciava all’esaminatore
qualche grado di discrezionalità: le conoscenze giuste, le
raccomandazioni e, se si vuole, anche la pietà avevano maggior
modo di dispiegarsi.
I casi erano spesso disperati; nel 1858, presumibilmente
poiché il documento non è datato, chiesero esenzione dal
servizio:

N 1 Pifferi Giovanni Battista nato il 30 Giugno 1837 figlio dei


viventi Pietro e Fontana Giovanna, il padre dell’età d’anni 67 e la
madre d’anni 62, domiciliati in Retegno, frazione della Parrocchia di
Codogno, Comune di Fombio al civico N 108, il padre di professione
già muratore, ora mendicante, per essere impotente al lavoro come
d’attestato medico che presenterà al detto comune, il coscritto si trova
solo in famiglia ed è l’unico sostegno della famiglia esercitando la
professione di pescatore trovasi registrato nella seconda Classe della
presenta leva ed è illetterato.
2 Caligari Francesco, nato in Codogno il …1837, figlio del fu
Giacomo e della vivente Maddalena Pighi d’età d’anni 47 domiciliati
in Retegno frazione della Parrocchia di Codogno, Comune di
Fombio al C. N. 128, la madre è vedova con altro figlio per nome
Giuseppe già da un anno al servizio militare, due figlie una per nome
Teresa d’anni 18, altra per nome Barbara d’anni 12, un figlio per
nome Giacomo d’anni 10, il coscritto appartiene nella seconda classe
della presente leva ed è illetterato e domanda l’esenzione come solo
sostegno della famiglia.

Guerra d ’Italia degli anni 1848 - 1849 di un veterano austriaco, Tipografia


Guglielmini, Milano 1852, vol. I, pag. 48: «Non esistendo in Italia alcuna legale
distinzione di classi, la nobiltà italiana era quindi soggetta alla coscrizione[…]
sotto questo rapporto secondo la sua idea era tenuta al di sotto di quella tedesca» . 17
3 Lucchini Gius.e nato in Fombio il 5 ottobre 1834 figlio dei
viventi Bernardo e Angela Calegari domiciliati in Retegno, frazione
della parrocchia di Codogno, comune di Fombio al C. N. 128. Il
padre fruttivendolo, d’anni 50 e la madre d’età d’anni 46, il coscritto
si trova solo unico in famiglia ed è l’unico sostegno della famiglia,
ajutando il padre nella medesima professione ed ha una sorella per
nome Maddalena d’anni 16, perciò domanda l’esenzione come solo
sostegno, esso appartiene alla quinta classe della presente leva.28

In quell’anno, anche Centenari Girolamo di Codogno chiese


l’esenzione dal servizio e presentò appropriata certificazione
firmata da due membri della deputazione comunale:
«Dichiariamo noi sottoscritti che Centenari Girolamo figlio
di Pietro unico sostegno del Padre coadiuvando al lavorerio
di sarto, ed il Padre trovasi difettoso nella gamba per cui noi
sottoscritti si sottoscriviamo per essere esonerato dalla presente
leva»29.

Gli ammogliati erano titolati all’inclusione della quinta lista


e prender moglie poteva essere una soluzione. Ma ai coscritti
era interdetto il matrimonio, se non dietro specifica dispensa
che era in genere accordata a quelli delle classi più anziane.
C’era però chi comunque ci provava. Così il Commissario
distrettuale doveva ricordare al parroco di Codogno che:

Godono del privilegio di lista quinta que’ coscritti aventi l’età


prescritta dalla legge che contraggono matrimonio prima della
rettificazione delle liste [verifica della Commissione Distrettuale].
Essendosi verificato il caso che un coscritto si è ammogliato
nel giorno stesso della rettificazione suddetta credendo di godere
del summenzionato privilegio che in fatto non gli competeva, la
I. R. Delegazione P.le ha ordinato di prescrivere alli Ill.mi Parrochi
che presentandosi un caso di nozze di un coscritto nel giorno
28
Coscritti che domandano l ’esenzione dal servizio militare per sostegno alla famiglia, senza
data, presumibilmente del 1858, Archivio Storico della Collegiata di Codogno Cart.
95, fasc. 1.
29
Dichiarazione datata 30 gennaio 1859, Archivio Storico della Collegiata di Codogno,
18 Cart 95, fasc. 1.
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della rettificazione delle liste debbono mediante processo verbale


diffidare […] non competere al coscritto il privilegio della lista V.
[…]30.

Ora finalmente si tornava al Comune dove le liste rettificate


erano esposte al pubblico. Infine un manifesto della deputazione
avvertiva i coscritti della prima classe (di lì si cominciava) della
data e del luogo (ch’era la solita aula comunale) del sorteggio:
le operazioni avvenivano alla presenza del Podestà, di due
Assessori e del Parroco.
Volontari e forzati, si ricorderà, potevano essere dedotti dal-
la quota comunale ed erano arruolati con procedure specifiche.
I volontari dovevano avere età compresa tra i 20 e i 30 anni e
statura di 61 pollici viennesi; l'arruolamento avveniva di solito
durante la leva ordinaria. I forzati erano arruolati tra una leva e
e l'altra; i condannati a pene detentive potevano essere arruolati
solo dopo aver scontato la condanna.
Come detto, si iniziava
, dalla prima classe (in ordine III, IV e
V lista) e se necessario si proseguiva fino alla quinta classe.
La procedura prevedeva anzitutto l’estrazione, da un’urna
contenente biglietti con tutte le lettere dell’alfabeto, della lettera
con cui iniziare la chiamata dei singoli coscritti. «Dopo di ciò
vengono inscritti i numeri dall’1 in avanti in ordine progressivo
sopra altrettante cedole di carta e formato uguale quanti sono
i coscritti»31. Le cedole erano piegate e poste ad una ad una
in un’urna opaca. Poi si procedeva alla chiamata per nome dei
coscritti (partendo dai cognomi che iniziavano con la lettera
sorteggiata); ogni coscritto estraeva una cedola, ad alta voce
leggeva il numero che in sorte gli era toccato, e lo comunicava al
capo comune che provvedeva a scriverlo accanto al nome nella
lista di coscrizione32. Le autorità consigliavano di sorteggiare
30
L’I. R. Commissario distrettuale al Reverendo Parroco di Codogno, Codogno sd, Archivio
Storico della Collegiata di Codogno, Cart. 95, fasc. 1.
31
Sunto delle istruzioni per la nuova legge 29 settembre 1858 sul completamento dell ’Armata,
paragrafo 51, Archivio Storico della Collegiata di Codogno, Cart. 95, fasc. 1.
32
Archivio Storico della Collegiata di Codogno Cart. 95, fasc.1.
Sulla lista dei coscritti della prima Classe del 1846 di Codogno appare chiara traccia di 19
un numero più elevato di coscritti rispetto a quelli richiesti al
comune; in questo modo, infatti, se un coscritto estratto non
avesse superato la visita medica della Commissione Provinciale
di leva o se per qualsiasi ragione non fosse potuto partire,
doveva essere sostituto dal primo dei sorteggiati in eccesso
rispetto alla richiesta.
Per le famiglie con reddito elevato c’era la possibilità
di attivare la procedura di sostituzione. Era un istituto già
presente nella legislazione napoleonica che il Governo austriaco
aveva a suo modo perfezionato33.

questa procedura. Il risultato dell’estrazione fu il eseguente: 5 Baciocchi Luigi; 17 Belli


Luigi, 13 Belloni Ant. Fu Giacomo, 25 Bergamaschi Pietro Franco, 83 Bergamaschi
Giacomo, 3 Barani Giovanni, 39 Bignami Gaetano, 30 Bosio Gio […], 74 Bruschi
Giuseppe, 28 Bruschiari Giuseppe Tobia, 58 Bruschini Angelo, 60 Cairo Celestino,
70 Cairo Giulio Annibale, 6 Cuatrini Pietro, 55 Caporali Carlo Giuseppe, 33
Cicognini Franco Lorenzo, 38 Codazzi Angelo Clemente, 29 Colnaghi Angelo M.a.,
81 Cornegliani Giuseppe M.a, 22 Lucchi Angelo, 64 Dadda Ant. M.a, 34 Dansi
Giosuè Bartolomeo, 79 Della Torre Luigi Ermenegildo, 26 Dragoni Giuseppe, 49
Faliva Cesare, 22 Ferrari Alessandro, 57 Ferrari Gio Pietro, 63 Ferrari Giovanni, 41
Feretti Carlo, 2 Galluzzi Carlo Ottavio, 8 Gnocchi Quinto, 40 Grecchi Santo, 62
Grecchi Giuseppe Gio., 31 Grassi Angelo Eugenio, 80 Labadini Antonio, 36 Luparini
Benvenuto, 1 Lupi Stefano, 56 Lombardi Franco, 76 Mancastroppi Luigi, 51 Magnani
Francesco, 50 Majocchi Gaetano, 59 Mantegazza Emilio, 82 Marzani Giuseppe, 68
Meazza Sante, 16 Moglio Giuseppe, 9 Mola Luigi, 35 Monticelli Fortunato, 37
Monticelli Angelo M.a, 73 Mori Giovanni, 41 Orlandini Carlo, 7 Pagani Giuseppe
M.a, 27 Pallavera Pietro Mar., 27 Passerini Luigi, 19 Pavesi Luigi Michele, 48 Peracchi
Costantino, 11 Pernigoni Luigi, 4 Pedrazzini Antonio, 17 Pizzacegale (?) Ant.o, 53
Premoli Giuseppe, 67 Raffaelli Giulio Costantino, 43 Rancati Angelo, 52 Riboni Ant.o
Stefano, 65 Rizzi Franco Ant.o, 23 Ronzi Giacomo Ant.o, 69 Ronzi Santo Franco,
66 Ruggeri Antonio, 44 Salvatori Stefano, 32 Sanarica Cesare, 12 […]vazzi Pietro
Paolo, 20 Scarpanti Gio. fu Andrea, 15 Scarpanti Gio. Dom.co, 61 Scoglio Luigi, 18
Sfolcia Bernardo, 49 Soffiantini Luigi Ant.o, 21 Spelta Bassano, 14 Stringhetti Angelo,
54 Tagliaferri Ferdinando Ant.o, 10 Taschetti Giuseppe, 75 Tonani Vincenzo, 47
Valdemi Dom.co, 46 Zanaboni Carlo, 72 Zoppi Pietro, 24 Zuccotti Ercolano.
I nomi dei coscritti che avevano estratto i numeri dall’1 al 13 – la quota richiesta
al comune di Codogno - sono indicati in neretto: non necessariamente furono tutti
arruolati; alcuni forse presentarono titoli per l’esenzione oppure furono scartati alla
visita. In effetti Stringhetti Angelo, che estrasse il numero 14, compare negli elenchi
dei soldati presenti in Ungheria nel 1848, la classe indicata è 1823 e non come dovrebbe
1825. Nel 1846 la classe 1823 era ancora di leva, ma è difficile che il sorteggio fosse
stato esteso anche a questa classe, ormai abbastanza anziana, potrebbe quindi trattarsi
di un errore nella trascrizione della data. Vedi Appendice (Documento 6).
20 33
Francesco Frasca, Reclutamento e guerra nell ’Italia napoleonica, Padova, Editoriale
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In sintesi il coscritto che intendeva avvalersi della procedura


di sostituzione versava alla Cassa di Finanza Provinciale
una cauzione di trecentocinquanta lire austriache che veniva
investita a nome del supplente nel Fondo di Ammortizzazione
del Regno Lombardo-Veneto all’interesse del 3%; a fine
servizio il supplente poteva ritirare la somma34. A titolo
d’esempio si veda di seguito l’elenco delle cauzioni di supplenza
investite a seguito della leva 184135; tutti i supplenti di
quell’anno finirono nel «Ceccopieri».

comune supplenti coscritti


Casalpusterlengo Baroni Girolamo Gibelli Bartolomeo
Casalpusterlengo Cabianca Nicolò Lusardi Pietro Paolo

__________________
Programma (su licenza dello Stato Maggiore dell’Esercito, Ufficio Storico), 1993;
Enrico Casartelli, La pratica della sostituzione nell ’Esercito napoleonico in «Storia in
Lombardia», 3, 1993, pagg. 37 - 65.
34
Archivio Storico Comunale di Lodi, Sottoprefettura, Cart. 60.
Così nel 1846 un supplente di Caravaggio che aveva sostituito un coscritto di Lodi
avanzava istanza per incassare il deposito a lui intestato nel lontano 1838:
All’I.R Delegazione Provinciale
L’umile sottoscritto Beretta Francesco supplente del coscritto Michele Angelo
Pigna di Lodi avendo terminata la sua capitolazione porge preghiera a codesta
Magistratura acciò gli venga rilasciato il deposito di sua spettanza, unisce il proprio
congedo nonché il certificato del eseguito versamento del nominato deposito. Lodi,
24 settembre 1846 - L’umile supplicante Beretta Francesco.
Allegato - Modello N° 19 - N° 4 Leva dell’Anno 1838 - Provincia di Lodi e
Crema - L’Imp. Regia Delegazione Provinciale - Certifica che il Coscritto
Pigna Michel Ang. requisito pel Comune di Lodi Distretto di Lodi ha
quest’oggi consegnato il confesso rilasciatogli dall’I. R. Cassa di Finanza di Lodi
in data 13 giugno 1838 n°150 descritto al n° 4 del registro dei supplenti (Modello
20) pel deposito di aust. Lire 350 eseguito a senso del § 43 della Sovrana Patente
17 settembre 1820 onde venga ammesso il suo supplente nominato Beretta
Francesco nativo del Comune di Caravaggio Distretto di Caravaggio Provincia di
Bergamo che ritrovato idoneo fu accettato in tale qualità al servigio militare.
Lodi il 13 Giugno 1838 – L’I. R. Consigliere Regio Delegato Provinciale.
35
Elenco delle cauzioni di supplenza investite in seguito alla leva 1841 presso il fondo di
ammortizzazione del Monte Lombardo-Veneto di ragione dei supplenti qui sotto descritti,
Archivio Storico Comunale di Lodi, Sottoprefettura, Cart.128. Nell'elenco del 1835
tra i coscritti che si sono fatti sostituire compare anche il nome di Rocco Vertua sosti-
tuito da certoVallarani Carlo. Rocco Vertua è il padre della scrittrice Anna Vertua Gen-
tile. Archivio Storico Comunale di Lodi, Sottoprefettura, Cart. 128. 21
Casalpusterlengo Zampieri Giuseppe Grassi Davide
Cassino d’Alberi Monico Bartolomeo Vigorelli Angelo Ago.
Castiglione Grazioli Gio. Maria Tironi Giuseppe
Chioso di Pta. Adda Pavan Luigi Passerini Gaetano
Codogno Volpini Domenico Tosi Pietro
Codogno Santa Catterina Ant. Majocchi Gaetano
Credera Fermi Gaetano Moretti Gio Batta
Crema Costa Luigi Vimercati Felice
Crema Pagliari Francesco Tensini Luigi Fran.co
Crema Bazzini Angelo M. Segalini Mario Ant.
Crema Ruggeri Alessandro Severgnini Vincenzo
Lodi Magni Carlo Omatti Giuseppe
Lodi Nocenti Gio. Innoc. Boggiali Giovanni
Lodi Galmozzi Camillo Negri Francesco
Lodivecchio Lupatini Antonio Bersani Pacifico Luigi.
Massalengo Bellotti Gioacchino Turconi Leopoldo
Paullo Tintori Giuseppe Ferrari Luigi
Quartiano Beltramini Luigi Grassi Gio. Pro.
S. Colombano Magnani Gio Pietro Cornaggia Ambrogio
Tribiano Grigoli Gio. Battista Redaelli Angelo

Era anche ammesso lo scambio di numero tra coscritti, come


testimoniato nel Comune di Castelnuovo Bocca d’Adda, cui
nel 1847 è richiesto un contingente di tre reclute. Scrive il
Commissario del VI Distretto (Codogno) alla I.R. Delegazione
Provinciale di Lodi: «Colla scrittura privata in data 22 marzo
1847 i due coscritti di Castelnuovo Bocca d’Adda Vecchia
Giovanni e Cardani Carlo aventi il primo il n. 2 ed il secondo
il n. 11 di rango della classe I lista IV avrebbero tra loro
convenuta la sostituzione mediante cambiamento di numero
per cui il Cardani andrebbe a prendere il numero anteriore
spettante all’altro […]»36. Il Cardani è ritenuto un buon
giovane, orfano, non ha alcun vincolo famigliare e ha i requi-
siti previsti dalla legge: il parere è favorevole.

36
L’I. R. Commissario Distrettuale del Distretto VI alla Delegazione Provinciale di Lodi,
22 Codogno, 26 maggio 1847, Archivio Storico Comunale di Lodi, Sottoprefettura, Cart. 60.
ANGELO CERIZZA - A DURA VITA, A DURA DISCIPLINA

I giovani che avevano estratto i numeri più bassi (e che


non avevano sostituti) dovevano partire per il capoluogo,
dove in giorni stabiliti per ogni singolo distretto, si riuniva la
Commissione Provinciale di leva che provvedeva, anzitutto,
a sottoporre i coscritti a visita medica; si iniziava «con la
misurazione. I soli individui che hanno la prescritta misura
vengono sottoposti alla visita del loro corpo […] I coscritti
sono tenuti a presentarsi alla visita col corpo lavato e con
biancheria netta. Al padre o al tutore del coscritto sottoposto
alla visita è permesso d’intervenirvi»37. L’altezza prescritta era
di 60 pollici viennesi, pari a m 1,57838, ma nei battaglioni degli
Jäger poteva essere anche inferiore purché la recluta fosse di
robusta costituzione e buon tiratore. Superato l’esame medico
di fatto il coscritto era un soldato dell’Imperatore pronto a
raggiungere il reggimento. Non tutti partivano: «Ad eccezione
delle reclute designate ad essere immediatamente trattenute
in servizio attivo in luogo, tutte le altre che lo desiderano,
ed in quanto sia compatibile colle esigenze del servizio,
saranno lasciate in permesso subito dopo l’assento senza soldo
d’ingaggio o mantenimento»39. Comunque quelli estratti in
soprannumero e poi non arruolati non potevano stare tranquilli
perché «essi si devono trovar pronti per lo spazio di mesi tre
ad entrare nell’Armata pel caso di bisogno, in rimpiazzo degli
individui rimessi al Superarbitrio, di quelli consegnati ad uno
spedale militare per la verificazione o cura, e di quelli arruolati
illegalmente, o rinviati in causa di difetto successivamente
scoperto»40.
Alla fine, se non proprio tutti, partire si doveva. E la recluta
raggiungeva gli altri giovani, molti della sua stessa zona,

37
Sunto delle istruzioni per la nuova legge 29 settembre 1858 sul completamento dell ’Armata
paragrafo 56 e 57, Archivio Storico della Collegiata di Codogno, Cart. 95, fasc. 1.
38
Per la prima classe d’età; per le classi superiori doveva essere di almeno 61 pollici
viennesi.
39
Sunto delle istruzioni per la nuova legge 29 settembre 1858 sul completamento dell ’Armata
paragrafo 64, Archivio Storico della Collegiata di Codogno, Cart. 95, fasc. 1.
40
Sunto delle istruzioni per la nuova legge 29 settembre 1858 sul completamento dell ’Armata
paragrafo 72, Archivio Storico della Collegiata di Codogno, Cart. 95, fasc. 1. 23
che ormai da anni servivano nell’Armata. La tabella sotto,
ricavata dai Prospetti di riparto comunale del contingente
di leva assegnato alla Provincia di Lodi e Crema41, indica la
consistenza del reclutamento dei coscritti negli anni 1839 -
1846.

Distretto 1839 1840 1841 1842 1843 1844 1845 1846


I di Lodi 40 37 78 39 35 38 35 39
II di Zelobuonp. 42
18 18 31 20 14 20 14 18
III di Sant’Angelo 26 18 39 22 19 21 17 23
IV di Borghetto 27 25 51 28 26 27 25 27
V di Casalpust. 37 38 71 40 36 37 33 38
VI di Codogno 56 51 96 55 52 47 47 54
Totale Lodigiano 204 187 315 204 182 190 171 199
VII di Pandino 20 23 38 22 20 16 18 24
VIII di Crema 45 40 75 41 42 41 36 44
IX di Crema 28 19 45 22 25 19 17 27
Totale Cremasco 93 82 209 85 87 76 71 95

Totale 297 269 524 289 269 266 242 294

A questi devono essere aggiunti i 20 volontari e i 29 forzati,


forniti dai comuni secondo la seguente tabella43:

________________________

41
Elaborazione dai Prospetti riassuntivi degli Stati di riporto comunale del contingente
da requisirsi nella Provincia per gli anni 1839, 1840, 1841, 1842, 1843, 1844, 1845,
1846, Archivio Storico Comunale di Lodi, Sottoprefettura, Cart. 129. In Appendice (Doc.
1) è riportato il prospetto dettagliato delle singole quote comunali per l’anno 1846.
42
Fino al 1842, poi distretto di Paullo.
43
Elaborazione dai Prospetti riassuntivi degli Stati di riporto comunale del contingente
da requisirsi nella Provincia per gli anni 1839, 1840, 1841, 1842, 1843, 1844, 1845,
24 1846 Archivio Storico Comunale di Lodi, Sottoprefettura, Cart. 129.
ANGELO CERIZZA - A DURA VITA, A DURA DISCIPLINA

Volontari 39 40 41 42 43 44 45 46 Tot.
I di Lodi 2 2 1 2 1 2 1 11
II di Zelobuonp.
III di Sant’Angelo
IV di Borghetto 1 1 2
V di Casalp. 1 1
VI di Codogno 2 1 3
Totale Lodigiano 3 4 2 2 1 2 2 1 17
VII di Pandino 1 1 2
VIII di Crema 1 1
IX di Crema
Totale Cremasco 1 1 1 3
Totale 3 4 3 3 1 2 2 2 20
Forzati
I di Lodi 1 2 2 5 2 12
II di Zelobuonp.
III di Sant’Angelo 1 1 2
IV di Borghetto
V di Casalp. 1 1 1 3
VI di Codogno 2 1 3
Totale Lodigiano 2 6 2 7 3 20
VII di Pandino 2 3 5
VIII di Crema 1 1
IX di Crema 3 3
Totale Cremasco 1 2 6 9
Totale 2 1 8 2 13 3 29

Si noti il numero molto elevato di coscritti richiesti per l’anno


1841; alla fine del 1840 era opinione comune che l’Europa si
trovasse alla vigilia di una nuova guerra tra la Francia orleanista
e una riedizione delle coalizioni dell’età napoleonica. Nel 1839 25
infatti il Pascià d’Egitto aveva condotto una vittoriosa campagna
contro il Sultano Turco impadronendosi della Siria .
La Francia era intervenuta come mediatrice, ma l’Inghilterra
concluse un accordo, dal quale la Francia era esclusa, con
Austria, Prussia e Russia per imporre al Pascià, anche con un
intervento militare, la rinuncia pressoché completa delle
conquiste. Ne derivò in Francia un esplosione nazionalista; il
22 ottobre 1841, Thiers propose a Luigi Filippo un bellicoso
discorso da pronunciarsi il 28 ottobre. Ma Luigi Filippo rifiutò
di pronunciarlo provocando le dimissioni del Thiers stesso; la
guerra europea non scoppiò, ma il pericolo fu serio. Tanto
che anche un personaggio politicamente avvertito come
Camillo Cavour scommise in borsa al ribasso contando
sull’inevitabile crisi bellica. Perse, e parecchio, poiché come si è
detto la guerra non scoppiò44.

26 44
Rosario Romeo, Vita di Cavour, Laterza, Bari, 1984, pagg. 90 - 91.
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IL REGGIMENTO LODIGIANO - CREMASCO

Il «Ceccopieri» era su tre battaglioni (come tutti gli


altri reggimenti di fanteria): il I (Leib Bataillion) e il II
(Oberst Bataillion) «di campo» e il Comando (Stab) erano
dislocati nella Fortezza di Buda45; il III,di deposito, stanziato
in Cremona, era destinato alla raccolta delle reclute e al
loro primo addestramento. Il Reggimento aveva, natural-
mente, la sua bandiera (Leibfahne), benedetta in chiesa con
solenne cerimonia, con al recto l’aquila bicipite su fondo
bianco e al verso l’immagine della Vergine46. A ogni bat-
taglione era stata, poi, consegnata la Regimentfahne, con al
recto e al verso l’aquila bicipite in fondo giallo e con bordi a
triangoli neri, gialli, rossi e bianchi47.

45
Budávar. Negli Schematismus e nei documenti austriaci indicata con il nome
tedesco, Ofen. Il Reggimento, precedentemente, era stato di guarnigione a Praga
(1815), in Italia settentrionale (1821), a Buda (1824), a Zagabria (1830), a
Petervaradino (1831); dal 1835 era stanziato nella Fortezza di Buda.
46
Mario Zannoni, Massimo Fiorentino, L’Esercito austriaco nel 1859, Editrice
militare italiana, Milano 1983, pag. 52. Tradizione vuole che l’immagine della SS.
Vergine fosse stata posta sulle insegne asburgiche ai tempi della battaglia della
Montagna Bianca (8 novembre 1620) dal Tilly, che alla Madonna era
particolarmente devoto. L’Imperatore Ferdinando III alla SS. Vergine consacrò, nel
1637, i suoi Stati. ( Jean Bérenger, Storia dell ’Impero Asburgico, 1700 – 1918, Il
Mulino, Bologna, 2003, XVII).
47
Il reggimento poi era inquadrato nella brigata, composta di due reggimenti
di fanteria, di uno di Jäger e di una batteria. Più brigate formavano una divi-
sione; più divisioni formavano un corpo d’armata e più corpi d’armata formavano
un’armata. 27
Gli effettivi del I e del II Battaglione erano di circa 700
fucilieri in tempo di pace (circa 1000 in tempo di guerra)
ordinati in sei compagnie di circa 120 uomini (200 in tempo
di guerra); il III Battaglione era su 4 compagnie. Se la truppa
era in genere lodigiano - cremasca o quantomeno lombarda,
diverso discorso vale per i quadri di comando dove la presenza
italiana è valutabile intorno al 30%48.
Se la vita di un ufficiale almeno fino al grado di capitano
non era brillante (soprattutto dal punto di vista economico
vista la lentezza delle carriere e gli obblighi di status)49, la vita
della truppa era durissima. Comunque, se non altro, la recluta
giunta al III Battaglione per la prima istruzione, spesso trovava
commilitoni del suo stesso paese o quantomeno della sua stessa
provincia.
Nei rapporti quotidiani e per le consuete incombenze di
servizio era ammesso l’italiano (Regimentsprache), ma forse
ancor più frequentemente i nostri soldati si esprimevano fra
loro in dialetto. Gli ordini erano però impartiti in tedesco
(Kommandosprache)50 e in tedesco il soldato semplice doveva
presentarsi all’ufficiale; ma, finita la presentazione, era diritto del
subordinato passare ad esprimersi nella lingua del Reggimento.
Ciò rendeva spesso indispensabile la presenza di un interprete
(in genere sottufficiale o un giovane ufficiale)51.
Al coscritto era poi fornita l’uniforme: pantaloni azzurri
con filettatura bianca, Shako nero, e la classica giubba bianca
a code (Rock) con colletto rigido, passamani e mostrine, per

48
Alan Sked, Radetzky., cit., pagg. 104 - 105. Isabella Dal Fabbro, Il Contro Risorgimento.
cit. pag. 18. Per l’esattezza la percentuale indica i cognomi con grafia italiana.
49
Per la formazione, la carriera e il trattamento economico di un ufficiale austriaco
vedi Alan Sked, Radetzky cit.; Gunther Rothenberg., L’Esercito di Francesco Giuseppe cit.
50
La lingua di comando era composta di 70 - 80 parole sufficienti per impartire gli
ordini alla truppa. Alan Sked, Grandezza e caduta dell ’Impero Asburgico, 1815 - 1918,
Laterza, Bari, 1992, pag. 197.
51
Alberto Costantini, I Soldati dell ‘Imperatore., cit. pag. 150. In teoria gli ufficiali erano
tenuti a conoscere la lingua del reggimento. Per i rapporti tra le unità dell’esercito e
le istituzioni si utilizzava ancora il tedesco (Dienstsprache). Perciò la conoscenza del
Tedesco oltre le elementari locuzioni del linguaggio di comando era fondamentale per
28 chi intendesse fare anche una minima carriera, come graduato o sottufficiale.
ANGELO CERIZZA - A DURA VITA, A DURA DISCIPLINA

il «Ceccopieri», cremisi e bottoni bianchi52. Nel 1836 tutte le


truppe di fanteria e i cacciatori ricevettero il Leibel (gilet) di
lino con 10 bottoni d’osso. La giubba, orgoglio dell’Armata,
per il soldato era una maledizione: non era semplice tenerla
pulita e per di più il bianco del panno tendeva col tempo ad
assumere un poco elegante color giallo-grigio. Questo per l’alta
tenuta: poi vi erano la bassa tenuta (di campagna) e la tenuta
di fatica (con la bustina e con il Kittel al posto della giubba).
I soldati stanziati in Italia erano autorizzati ad indossare il
Kittel anche per la tenuta di campagna. Per l’inverno i soldati
disponevano di un mantello con colletto non rigido, il cui
utilizzo era regolato «non meccanicamente dalla stagione, bensì
dalle reali condizioni meteorologiche».
L’abbigliamento era completato dalle bandoliere in cuoio
bianco per la giberna (che era in cuoio nero) e per la baionetta. Lo
zaino, in pelle di vitello portava appesi la gavetta e gli elementi
per montare la tenda (divisi fra più soldati). Un sacco per il
pane e una borraccia di legno completavano l’affardellamento,
una ventina di chilogrammi in tutto. La compagnia veniva
schierata su tre linee: le prime due linee erano armate di fucile
a canna liscia mod. 1842/44, a percussione, della lunghezza
totale (senza la baionetta) di cm. 147 (con baionetta cm 194)
e calibro 17,6 mm, con acciarino a canale sistema Augustin53
(peso 4,35 Kg; con baionetta 4,670 ); i tiratori di terzo rango
erano armati con moschetti a canna rigata54.
Nel periodo 1848 - 1849 furono introdotti parecchi
cambiamenti: la giubba bianca a due code venne sostituita
dalla Waffenrock con colletto rigido e doppia abbottonatura,
agli ufficiali venne data in dotazione la sciabola invece della

52
Isabella Dal Fabbro, Il Contro Risorgimento.,cit., pag. 74.
53
Perfezionamento dell’acciarino a canale (zünder) messo a punto dall’armaiolo
milanese Giuseppe Console nel 1830 che a sua volta aveva perfezionato l’acciarino
ideato dall’inglese A. Manton nel 1820.
54
Moschetto camerato M. 1842/1844 a canna rigata calibro mm 18,1, in dotazione
anche ai sottufficiali. La distribuzione dei fucili rigati sistema Lorenz (calibro mm.
13,9 con 4 righe, peso 4,270 Kg.) fu completata solo nel luglio 1859. Cfr. Mario
Zannoni, Massimo Fiorentino, L’Esercito austriaco., cit., pag. 56. 29
spada e a distinzione dei gradi vennero adottate le stellette a
sei punte sul colletto della giubba. Nel reggimento ci sarebbero
stati semplicemente Hauptmann55 di 1ª e 2ª classe invece dei
gradi di Hauptmann e di Capitän-Lieutenant56. Il grado di
Unterlieutenant57 venne suddiviso in Unterlieutenant di 1ª e 2ª
classe e venne riformata la categoria Cadeten con abolizione
dei cadetti imperiali. Anche l’organizzazione reggimentale
venne modificata: il reggimento sarebbe stato composto di una
divisione granatieri (ogni compagnia composta di 2 Feldwebel,
13 Korporale, 2 Tamboure, 2 Zimmerleute, 1 Fourierschütze,
3 Privatediener, 150 Grenadiere), 3 battaglioni di fucilieri,
ognuno su sei compagnie (ogni compagnia composta di 2
Feldwebel, 12 Korporale, 12 Gefreite, 3 Tamboure, 2 Zimmerleute 3
Privatediener, 160 Gemeine)58 e una divisione di riserva (poi di
deposito). Tutto il reggimento avrebbe avuto in forza 4678
uomini

Vita da soldato

La paga di un soldato assommava a circa cinque Kreuzer


(Carantani) il giorno, ma da essi erano detratti tre Kreuzer
per il rancio59: alla fine per le necessità giornaliere si poteva
contare su circa due Kreuzer. Circa, poiché la paga non era mai
fissa: composta di varie indennità essa era calcolata sul listino
dei prezzi del mercato60. Comunque al soldato rimanevano
55
Capitano, comandante di compagnia.
56
Tenente-capitano.
57
Sottotenente.
58
Feldwebel = sergente; Korporal = caporale; Gefreiter = appuntato, soldato scelto
che all’occorrenza può sostituire il caporale; Tamboure = tamburo; Zimmermann =
carpentiere; Fourierschütze = scritturale; Privatediener = messo; Grenadier = granatiere;
Gemeiner = soldato semplice.
59
Alberto Costantini, I Soldati dell ’Imperatore., cit., pag. 170.
60
Archivio Storico Comunale di Lodi, Sottoprefettura, Cart. 60.
Circolare
Milano 7 Gennajo 1847
L’I. R. Comando Gen.le Militare partecipando con Nota 14 Dicembre p.p. 1846
N. 6559 che l’Eccelso I. M Consiglio Aulico di Guerra con decreto 7 Novembre N.
30 4125 si è compiaciuto di emanare alcune disposizioni per assicurare la sussistenza e la
ANGELO CERIZZA - A DURA VITA, A DURA DISCIPLINA

due o tre Kreuzer. Poco; un contadino, dedotte le tasse e i


tributi, poteva contare su un reddito di 9 Kreuzer il giorno. Per
sbarcare il lunario, il soldato poteva nel tempo libero prestare
opera presso privati (però doveva dedurre dalla somma
guadagnata l’importo da versare al capitano per gli abiti e
gli strumenti di lavoro). Se paragonata alla vita di un
bracciante agricolo mai sicuro del proprio lavoro, quella del
soldato aveva se non altro il rancio garantito, anche in caso di
malattia (e così si spiegano, forse, i rari volontari)61.

Dura vita, dura disciplina. E non era un modo di dire. Come


in tutti gli eserciti del tempo, i regolamenti erano più che severi.
Ovviamente vi era distinzione tra reati commessi in tempo di
pace e reati commessi in zona d’operazione. Comunque, gli
Imperiali Articoli di Guerra non scherzavano: i responsabili
di alcuni reati particolarmente gravi, come l’aggressione a un
ufficiale, la disobbedienza ad un ordine, l’ammutinamento,
erano passibili di pena di morte sia in guerra che in pace.
In zona di operazioni la pena di morte (fucilazione o

conservazione de’soldati, disposizioni che debbono entrare in vigore col 1.mo Febbraio
p.v., ha interessato il Governo acciò le dipendenti Autorità civili abbiano ad assistere i
Comandi di Città, Fortezza e Stazione, rispettivamente incaricati della compilazione
degli ordinati nuovi computi per la determinazione del soprasoldo di carezza, pel
quale sopra soldo si deve intendere quel di più che sarà a concedersi ai militari per la
preparazione del loro ordinario ne’ casi di straordinaria carezza di viveri.
Questo nuovo sistema di conteggio vien modulato in due distinti prospetti:
a) del costo medio dei singoli articoli occorrenti alla preparazione dell’ordinario ossia
rancio giusta gli ultimi prezzi mercuriali risultanti da appositi certificati legali legal
bestätigte Marktpreisen = “Certificato”
b) del costo medio di una porzione o razione giornaliera di rancio e del soprasoldo di
carezza che ne risulta per un intero mese.
Quello che importa all’Autorità civile di conoscere di tutto ciò è la sostituzione di nuovi
certificati legali di prezzi locali per cui nel minuto commercio si vendono gli articoli
occorrenti alla preparazione dell’ordinario ossia rancio alle mercuriali attualmente in
uso compilate sulla base delle contrattazioni all’ingrosso, finora prese per base di siffatti
conteggi.
Resta quindi autorizzata codesta Delegazione Prov.le a fronte alle autorità Militari
quegli schiarimenti e certificati, che riescono loro necessari al sopraindicato scopo.
Spaur.
61
Alan Sked, Radestzky., cit., pag. 80. 31
impiccagione) era possibile anche per chi si addormentava o
si ubriacava in servizio e per chi si abbandonava a violenze
anche se in territorio nemico. Chi appiccava incendi senza un
ordine o senza motivo era passibile di impiccagione, come il
ladro, se la refurtiva superava i cento Fiorini austriaci. Anche
il saccheggio era severamente perseguito: il saccheggiatore
che non rientrava immediatamente nei ranghi poteva essere
abbattuto sul posto62.
La cattolicissima Austria condannava severamente i reati
contro la religione; ma in un impero multietnico era duramente
punito anche chi «eccitasse l’odio religioso».
Per i reati e le circostanze in cui non era applicabile o
si riteneva di non applicare la pena estrema, le punizioni
prevedevano la bastonatura semplice (da venticinque a cinquanta
colpi di bastone) e la corsa nel «corridoio» (passaggio a torso
nudo attraverso due ali di commilitoni che dovevano colpire il
poveretto con verghe di betulla); la bastonatura poteva essere
comminata direttamente dagli ufficiali, dal capitano in su (per
25 colpi di bastone bastava un capitano, per quaranta occorreva
un maggiore, per cinquanta il colonnello). Per il «corridoio»
occorreva la corte marziale ed era generalmente comminato
per i reati di furto o diserzione (che come si è visto in tempo di
guerra comportavano anche la pena di morte).
La giornata ufficiale di un soldato prevedeva tre ore di
istruzione teorica, durante le quali un sottufficiale impartiva
lezioni sui regolamenti e gli articoli di guerra e cercava di
insegnare a leggere e scrivere63: un’alfabetizzazione però limitata
allo scopo di ottenere dai soldati una completa subordinazione
e di permettere la corretta esecuzione degli ordini.
Poi c’era l’addestramento alle armi, le esercitazioni e
le manovre sul campo. Spesso le truppe venivano lasciate
62
Il saccheggio era pericoloso per la sicurezza dei reparti. In numerosi casi e in diversi
eserciti una vittoria già conseguita era stata compromessa dal fatto che un improvviso
ritorno nemico aveva sorpreso le truppe sparpagliate disordinatamente a saccheggiare
case e casolari.
63
In realtà il compito sarebbe stato proprio degli ufficiali, ma questi erano per lo più
32 incapaci di comunicare con i propri subordinati, e non solo per motivi linguistici.
ANGELO CERIZZA - A DURA VITA, A DURA DISCIPLINA

all’aperto per giorni, con il risultato di ricoveri in massa negli


ospedali militari. Gli ammalati venivano assistiti da dottori
dell’esercito, ma anche, là dove non esistevano strutture militari,
da medici civili, cui si raccomandava di evitare la prescrizione di
farmaci costosi64. I soldati colpiti da affezioni o infortunati era-
no, se era il caso, dichiarati invalidi o, più frequentemente, semi-
invalidi e potevano essere impiegati come servitori o portieri in
scuole militari, in uffici, istituti e prigioni65 . Agli invalidi totali
veniva assegnato un posto, se c’era, negli ospedali civili della
provincia di provenienza, altrimenti erano segnati in una lista
d’attesa, quelli più gravi, oppure dovevano arrangiarsi con la
paga di invalidità, da quattro a venti Kreuzer il giorno, a seconda
del grado di inabilità.
Ma altri morivano. Nel 1846, ad esempio, dal 23° Reggimento
di fanteria «Ceccopieri», dal «Kress», dal «Wimpffen», dall’VIII
cacciatori giunsero gli elenchi dei soldati lodigiani e cremaschi
deceduti quell’anno durante il servizio, dai quali è tratto il
prospetto più sotto presentato66.

64
Archivio Storico Comunale di Lodi, Sottoprefettura, Cart. 60.
Circolare non datata e priva di documento di accompagnamento che recita:
«La relazione della commissione medica statale residente in Verona fa presente l’abuso
di alcuni medici civili nella cura dei malati militari di prescrivere medicamenti costosi
quando si potrebbe ottenere egualmente bene lo scopo della guarigione con farmaci di
assai minore dispendio e chiede che siano dati gli opportuni ordini affinché sia di fatto
cessare l’accennato abuso».
Milano 22 nov. 1852.
65
Archivio Storico Comunale di Lodi, Sottoprefettura, Cart. 264:
All’I.R. Delegazione Provinciale Lodi
Dopo che colla rispettata vostra 27 nov. 1850 N 4005-681 veniva incaricato quest’ufficio
a trasmettere a codesto I. R Comando del Deposito prov. di Coscrizione prima del
primo di maggio e del primo di novembre d’ogni anno ogni istanza di soldati invalidi
che godono di soldo erariale per concorso ai posti di portiere o altri impieghi civili
inferiori, cesso la periodica notificazione dei militari pensionati assunti ad impiego
civile […] però si significa che da quell’epoca al presente non furono presentate istanze
per parte di soldati invalidi, né alcuno di essi fu assunto ad impiego civile ciò in esito
del rispettato Decreto 17 and. N. 7036/945.
Borghetto li 19 novembre 1852.
Il commissario distr. alla Delegazione prov.
66
Elaborazione da gli elenchi dei soldati della Provincia di Lodi e Crema morti in
servizio nell’anno 1846, Archivio Storico Comunale di Lodi, Sottoprefettura, Cart. 230. 33
Gli elenchi tra le altre informazioni (ospedale in cui era
avvenuto il decesso, nome del sacerdote che aveva impartito
l’estremo sacramento, luogo di sepoltura) indicano anche le
cause della morte: atassia, tisi polmonare, emotisi e le febbri
sono le cause più frequenti. Per quanto riguarda le professioni
i prospetti registrano un oste, un cavallante, un contadino, un
sarto, un fornaio (prestinaio). Gli altri sono indicati come privi
di professione.
classe comune arr. morto il a
Ceccopieri

Angelo Pontiggia 1817 Passerera 1839 6/10/ 1845 Romano (I)

Franc. Pasq. Rossari 1818 Rivolta 1841 21/11/1845 Rivolta (I)

Luigi Mornelli 1823 Castiglione 1844 25/2/1846 Buda (U)

Paolo Celocchio 1824 Montodine 1845 18/2/1846 Montodine (I)

Angelo Lorenzetti 1817 Rivolta 1841 6 /3/1846 Vienna (A)

Giuseppe Madonini 1821 Cazzimano 9/3/1846 Buda (U)

Franc. Maria Ravelli 1817 Izzano 1839 04/4/1846 Izzano (I)


Jacob Goglio 1819 1841 21/6/ 1846 Vienna (I)
Bartolomeo Pezzetti 1817 Pianengo 1838 25 /4/1846 Sergnano (I)

Inocente Miragoli 1822 Sordio ? 1845 12/6/ 1846 Buda (U)


Giobatta Conca 1820 S.Martino S. 1842 21/7/1846 Buda (U)

Leonetto Fer. Ferrari 1823 Montodine 1844 21/8/1846 Buda (U)

Bassano Livraghi 1822 Chiosi 1843 3/8/ 1846 Pest (U)


Angelo Dm. Esposto 1822 Lodi 1843 2/8/1846 Pest (U)

Elia Pietro Suardi 1822 Gugnano 1845 19/7/ 1846 Gugnano (I)
Kress

Carlo Schiavi 1813 Casalpust. 1835 25/10/1845 Pest (U)

Giuseppe Magnani 1810 Senna Lod. 1831 5/3/1846 Kecskemét (U)


34 Domenico Berselli 1822 Maccastorna 1843 14/5/ 1846 Kecskemét (U)
ANGELO CERIZZA - A DURA VITA, A DURA DISCIPLINA

Wimpffen

Giuseppe Cortesi 1822 Salerano 1844 6/5/1846 Zagabria (C)


VIII Cacciatori
Cesare Mosenchio 1823 Lodi 1844 15/6/1846 Ferrara (I)

Permessi e licenze

La ferma di 8 anni era più teorica che reale: in effetti dopo


un primo addestramento, tenendo conto anche di particolari
situazioni familiari, molti erano rimandati a casa in permesso,
anche se ovviamente dovevano rimanere a disposizione dell’au-
torità militare che poteva in qualsiasi momento richiamarli in
servizio, per esempio per manovre o altre esigenze dei reggi-
menti. Il permesso rispondeva a precise esigenze di bilancio:
consentiva infatti di ridurre le spese militari a livelli ragionevoli
o comunque sopportabili da un Impero potente, ma non ricco.
In ogni caso, sul lato dei coscritti e delle famiglie, spesso effet-
tivamente in gravi difficoltà, iniziava la defatigante ricerca del
privilegio, concesso dall’ occhiuta autorità militare, di rimanere
o tornare anche solo temporaneamente a casa.
Le difficili, spesso drammatiche, situazioni famigliari erano
il motivo addotto (e ammissibile) per chiedere di rinviare la
partenza o ottenere il rientro, in permesso appunto, dal reg-
gimento. Così nel 18 dicembre del 1846, una famiglia di San
Colombano scrive all’Imp. Regio Commissario del distretto IV
(Borghetto), il quale trasmette a sua volta la richiesta all’ I.R.
Delegazione Provinciale in Lodi, con parere evidentemente
favorevole:
Rassegno istanza dei coniugi Brugnani di S. Colombano colla
quale implorerebbero che venisse protratto ad un tempo più possi-
bilmente lungo l’attuale permesso del loro figlio Luigi militare della
passata leva 1846 essendo questi l’unico sostegno dei detti malaticci e
vecchi genitori, come pure di un fratello di solo anni 7.
Facendo altresì osservare che il detto militare essendo contadino
e quindi affatto ignaro delle leggi coscrizionarie non avrebbe fatto
valere i titoli per ottenere il diritto di posticipazione. 35
Appoggio quindi tale istanza a codesta I. R. Delegazione P.le pre-
gando a volerla inoltrare alla competente autorità militare.67

Sollecita la Delegazione Provinciale, il 22 dicembre 1846,


inoltra la domanda all’autorità militare competente:
La I. R. Delegazione penetrata dalle critiche circostanze in cui ver-
sano i ricorrenti coniugi Brugnani, comprovate dai documenti posti a
corredo della succitata loro istanza, nel mentre ha il pregio di accom-
pagnare la carta all’I R Comando del Deposito Prov.le di coscrizione
in Lodi, si fa ad interessare la sperimentata di lui compiacenza a voler
interporre i suoi buoni uffici presso la competente autorità Superiore
Militare affinché il sunnominato soldato Luigi Brugnani non venga
chiamato al corpo cui appartiene se non in caso di indispensabile
assoluto bisogno68.

Ma la risposta è negativa:
All’inclita I. R.
Delegazione Provinciale di
Lodi
Ad evasione alla pregiata di Lei nota 23 Dicembre 1846 […] lo
scrivente Comando si pregia di riscontrarle che L’I. R. Comando di
Regg.to Conte Ceccopieri fant. N. 23 con una sua nota corrente mese
N.22 ha ritornato a quest’ufficio la qui unita istanza colli atti diretta
ad ottenere un permesso possibilmente lungo a favore del coscritto
Luigi Brugnani di S. Colombano […] che non può prendere in nes-
suna considerazione il medesimo, avendo il suaccennato Comando di
Regg.to i più rigorosi ordini della Superiorità militare di sottoporre
quanto prima tutti i coscritti al attual servizio militare, e che sarà
anche in questa primavera richiamato dal permesso atteso al su rife-
rito motivo – ma che però sarà preso in considerazione tosto che le
circostanze di servizio lo permetteranno.
Dall’I R Comando il Deposito militare di Coscrizione.
Lodi lì 21 gennaio 184769

67
L’I. R. Commissario del Distretto IV (Borghetto) alla I. R. Delegazione Provinciale di
Lodi, 18 dicembre 1846, Archivio Storico Comunale di Lodi, Sottoprefettura, Cart. 60.
68
I. R. Delegazione Provinciale di Lodi al Comando il Deposito Coscrizionale di Lodi, 23
dicembre 1846, Archivio Storico Comunale di Lodi, Sottoprefettura Cart. 60.
69
Dall ’I. R. Comando il Deposito militare di Coscrizione alla I. R. Delegazione Provinciale
36 di Lodi, 21 gennaio 1847, Archivio Storico Comunale di Lodi, Sottoprefettura, Cart. 60.
ANGELO CERIZZA - A DURA VITA, A DURA DISCIPLINA

Per alcuni versi singolare è il caso di Carlo Raja «il quale


fin da fanciullo, […] lasciato dai propri genitori portatisi in
America né più ricomparsi in questi luoghi fu egli accolto
dalla signora Guanzati vedova Olcelli e da un di lei fratello che
presso di sé il tennero, l’educarono, e tutta via appo loro se ne
vive attendendo al Negozio di droghe di spettanza della prefata
Sig.ra Guanzati vedova Ocelli in detta R. Città di Crema»70.
Carlo è in permesso, ma la concessione sta per scadere e la
madre adottiva si dichiara disposta a pagare un sostituto pur di
trattenere a casa il ragazzo, che, asserisce, è indispensabile alla
conduzione del negozio. Dopo i controlli per verificare che la
vedova possa liberamente disporre delle sue sostanze, la pratica
viene avviata probabilmente con successo.
Anche la domanda di Rosa Denti vedova Lovera di
Melegnanello, distretto di Casalpusterlengo, ottiene dalla
Delegazione provinciale comprensiva attenzione: la povera
donna, che, in età avanzata e priva di ogni mezzo di sussisten-
za, langue nella più desolante miseria assieme alla figlia malata
di mente, chiede il rientro del figlio soldato nel Reggimento
«Kress» di stanza a Kecsekmét, in Ungheria.

La famiglia dell’anzidetto militare si compone della madre, la


quale volge ormai nell’anno 66° di sua età, acciaccosa ed inferma, e di
una sorella che per essere quasi affatto priva delle facoltà intellettuali
trovasi inetta a procacciarsi anche per sé stessa il necessario sostenta-
mento […] E’ vero che vi sarebbe un altro fratello maggiore per nome
Giovanni, ma questo versa parimenti nella più stringente miseria e
colle sue giornaliere fatiche giunge appena con stento a provvedere al
mantenimento di sé, della sua moglie e di quattro propri figli incapaci
al guadagno […]71

70
La Delegazione Provinciale di Lodi, 12 aprile 1847 minuta di lettera senza indicazione del
destinatario, [presumibilmente il Comando del Deposito Coscrizionale di Lodi] Archivio
Storico Comunale di Lodi, Sottoprefettura Cart. 60.
71
L’I. R. Delegato provinciale al I. R Comando del Reggiment «Barone Kress» Cavalleggeri 7°
Kecskemét, 7 maggio 1846, minuta di lettera, Archivio Storico Comunale di Lodi, Sotto-
prefettura, Cart. 60. 37
Ma dal Reggimento si risponde:

I. R. Reggimento Cavalleggeri Barone von Kress


All’Inclita I. R. Delegazione Provinciale di Lodi
Moor Ungheria 20 gennaio 1847
Non essendo il Soldato Giovanni Batt. Lovera entrato nel suo
corpo militare prima dell’anno 1846 e non avendo conseguentemente
compiuto i prescritti 5 anni del servizio attuale, lo scrivente Comando
di reggimento senza autorizzazione superiore non è possibilitato di
accordare al medesimo l’implorato permesso illimitato […]72

Per i militari il matrimonio era strettamente regolato e spe-


cifiche circolari richiamavano soprattutto i parroci al rispetto
rigido delle disposizioni.

Circolare – Ai Parrochi della Lombardia


L’Eccelso General Comando militare avendo dovuto conoscere
per esperienza che alcun Parroco in occasione di dover assistere ai
matrimonj di persone addette alla milizia ha deviato dai regolamenti
prescritti, per cui i matrimonj contratti dovettero essere dichiarati
nulli, e quindi è stato forza di entrare in operose corrispondenze […]
onde poter sciogliere o convalidare simili matrimonj […]73

Il Governo imperiale ricordava tutte le non poche e minuzio-


se disposizioni dove erano elencate modalità e i documenti che
dovevano essere allegati alla domanda con cui si chiedeva «ai
Capi de’ Reggimenti o Corpi militari l’assenso al matrimonio
di soldati in permesso» e che «Occorre[va] poi avvertire e
raccomandare ai Parrochi che allorquando si tratta[va] di
matrimonj di soldati in permesso temporaneo debbano essere
severi nell’esigere o il documento di congedo assoluto o la
licenza di ammogliarsi».

Il permesso di sposarsi veniva in genere accordato ai militari


nell’ultimo anno di ferma. Così una nota del «Ceccopieri»:
72
Il Comando del Reggimento 7°«Kress» alla Delegazione Provinciale di Lodi, Moor in Un-
gheria, 20 gennaio 1847. Archivio Storico Comunale di Lodi, Sottoprefettura, Cart. 60.
73
Archivio Storico della Collegiata di Codogno, Circolare ai Parrochi di Lombardia,
38 Milano, 31 dicembre 1840, Cart. 97 fasc. 1.
ANGELO CERIZZA - A DURA VITA, A DURA DISCIPLINA

All’Inclita I R Delegazione Provinciale di Lodi


L’I. R. Comando del Reggimento Conte Ceccopieri fant. N.23
con sua nota 2 giugno 1846 N.19 ordina allo scrivente di non
accettare più d’ora in avanti suppliche di militari in permesso i quali
desiderano di unirsi in matrimonio se non che di quelli che sono nel-
l'ultimo anno della sua capitolazione ... Si pregia quindi lo scrivente
Comando di partecipare detto ordine a codesta Inclita Delegazione
Provinciale, retrocedendo nello stesso tempo qui allegate istanze dei
militari in permesso De Biaggi Francesco di Lodi, Rossi Giuseppe
di San Colombano ed Esposto Ambrogio di Borghetto, rimandati
dal surriferito Comand. di Reggimento, pregando la gentilezza di
codesta Inclita I R di partecipare ai medesimi questo ordine. Dall’
IR Comando del Deposito di Coscrizione – Lodi 20 gennaio 184774

Il caso del soldato in permesso Carlo Lucchini di


Cornogiovine è, a questo proposito, emblematico.
Carlo chiede «il permesso di contrarre matrimonio con
Francesca Elisabetta D’Allegri del Comune di Maccastorna».
Il Commissario distrettuale invia la richiesta alla Delegazione
Provinciale la quale risponde richiedendo la documentazione
necessaria, ma non allegata alla domanda:

Perché si possa debitamente appoggiare presso la competente


autorità militare la domanda di matrimonio insinuata dal soldato in
permesso Carlo Lucchini di Cornogiovine […] occorre che la mede-
sima sia corredata dell’opportuno assenso dei genitori della sposa
essendo questa minorenne.
Oltreciò non si è trovata unita agli atti la dichiarazione indi-
spensabile in simili casi dei genitori della sposa mediante la quale si
obblighino a mantenere la sposa stessa ed i figli nel caso che il marito
sia richiamato al corpo cui appartiene; la quale dichiarazione dovrà
estendersi anche ad assicurare dal canto della fidanzata che non sarà
per spiegare alcuna pretesa a pensione qualora avvenisse che il marito
avesse a morire in attività di servizio.
Finalmente sarà unito un elenco specificante gli effetti costituenti
la dote, non che un foglio in bianco di c.mi 75 su cui deve stendersi

74
Dall ’I.R. Comando di Deposito Coscrizionale alla I. R. Delegazione Provinciale di Lodi,
20 gennaio 1847, Archivio Storico Comunale di Lodi, Sottoprefettura, Cart. 60. 39
l’atto di assenso dell’autorità militare al matrimonio che si vuole con-
trarre […]
I. R. Delegato Provinciale.75

Interessante e indicativo è il caso del soldato Leopoldo


Eichingen, austriaco, il quale intende sposare Rosa Riboni di
Lodi. Ma … «[…] trattandosi di individuo che già apparteneva
alla milizia attiva e che ora è addetto alla Landwehr del proprio
paese, la R. Delegazione ha il pregio di accompagnare le carte
all’Inclito Comando del Deposito Prov.le di Coscrizione in
Lodi interessando la sperimentata di lui compiacenza a volerle
ove non emergano eccezioni in contrario inoltrare con voto
favorevole alla competente magistratura per quelle determina-
zioni che fossero del caso»76.
Tutto fila liscio: dall’I. R. Magistratura di un lontano paese
austriaco giunge la «licenza di matrimonio come anche il
passaporto pel militare Leopoldo Eichingen domiciliato in
codesta Regia Città di Lodi»77. Così che la Congregazione
municipale di Lodi il 29 gennaio 1847 può trasmettere alla
I.R Delegazione Provinciale di Lodi : «Rimesso dal M. Rev.
Parroco del SS.mo Salvatore l’attestato del matrimonio seguito
fra l’ex militare Leopoldo Eichigen con Rosa Riboni lo si ras-
segna a doveroso riscontro del rispettato decreto 17 dicembre
1846 n. 14671/1175 […]»78.

75
La Delegazione Provinciale al Commissario distrettuale di Codogno, Lodi 6 novembre
1845, minuta di lettera, Archivio Storico Comunale di Lodi, Sottoprefettura, Cart. 60.
76
Dalla I.R. Delegazione Provinciale di Lodi al I. R. Comando il Deposito di Circoscrizione,
Lodi 10 dicembre 1846, Archivio Storico Comunale di Lodi, Sottoprefettura, Cart. 60.
77
Il Comando di Coscrizione militare di Lodi all ’Inclita I.R. Delegazione Provinciale di
Lodi, 13 dicembre 1846, Archivio Storico Comunale di Lodi, Sottoprefettura, Cart. 60.
78
La Congregazione municipale di Lodi alla Delegazione Provinciale, Lodi 29 gennaio
40 1847, Archivio Storico Comunale di Lodi, Sottoprefettura, Cart. 60.
ANGELO CERIZZA - A DURA VITA, A DURA DISCIPLINA

Il disertore

Vita dura. Come in tutti gli eserciti di quel periodo, la


diserzione, l’abbandono non autorizzato dei reparti, il mancato
rientro dopo periodi di permesso erano reati frequenti, quasi
abitudinari. Si pensi ad esempio agli eserciti napoleonici dove
la diserzione raggiunse tali livelli da costituire una delle più
serie preoccupazioni dei comandi militari.79
Per perseguire il reato di diserzione erano stati posti in
essere accordi internazionali soprattutto con i paesi confinanti,
ovvio e più immediato rifugio per il disertore. Il 7 maggio 1817
l’Impero d’Austria e il Regno di Sardegna sottoscrivevano un
trattato che all’articolo I prescriveva: «Debb’essere ingiunto a
tutte le autorità civili e militari e specialmente ai Comandanti
militari più vicini alle frontiere di vegliare attentamente che
nessun disertore delle truppe delle due Potenze passi la fron-
tiera, né trovi assistenza od asilo negli Stati dell’altra». Nel caso
in cui il disertore fosse riuscito in qualche modo a passare la
frontiera doveva essere arrestato e consegnato alla polizia dello
Stato dal cui esercito era fuggito, con tutti gli effetti in suo pos-
sesso. Poi all’articolo V: «Verrà accordato a quello che indicherà
o consegnerà un disertore una ricompensa (taglia) di 8 fiorini
o 20 franchi in moneta corrente per ogni soldato di fanteria,
e di 12 fiorini o 30 franchi a chi indicherà o consegnerà un
disertore di cavalleria unitamente al cavallo»80. L’accordo nella
sua sostanza era ancora in vigore nel 185181. Ma la diserzione
comportava una procedura che prevedeva da parte delle fami-
glie il risarcimento del danno provocato all’erario dal disertore
stesso, in genere per gli effetti di dotazione sottratti. E ciò
finiva per coinvolgere le autorità locali, che erano chiamate a
sollecitare i risarcimento o quantomeno a fornire il «certificato

79
Franco Della Peruta, La diserzione nell ’Armata del Regno d ’Italia, in «Storia in
Lombardia», 2/87, pp. 1 - 47.
80
Archivio Storico Comunale di Lodi, Sottoprefettura, Cart. 149.
81
Archivio Storico Comunale di Lodi, Sottoprefettura, Cart. 253. Circolare datata Mi-
lano, 22 gennaio 1851. 41
di miserabilità» della famiglia non economicamente in grado di
provvedere al rimborso.
Nell’aprile del 1847, l’Oberstlieutenant82 comandante il
VI Battaglione di guarnigione (a Mantova) scriveva alla
Delegazione Provinciale di Lodi

Come rilevasi dalla ivi sotto compiegata relazione di diserzione, il


soldato tamburo Giuseppe Schiavi disertò il 12 corrente mese di
Aprile dalla Fortezza di Mantova portando seco lui diversi effetti di
montura, armatura e buffetteria della seconda compagnia di questo
battaglione avendo con ciò prodotto un danno al Regio Erario di
fiorini 28 carantani 39. Egli è quindi che si interessa officiosamente
codesta inclita Delegazione Provinciale a voler avere la compiacenza
d’impartire le necessarie disposizioni pel rimborso al Regio della
summentovata somma sulla sostanza che per avventura potesse avere
il suddetto militare disertore, e trasmettere l’introitata somma allo
scrivente Comando di battaglione, od in caso d’impossibilità del detto
[…] richiamare il […] certificato di miserabilità e debitamente lega-
lizzato farlo pervenire a questo comando per gli ulteriori atti d’ufficio.
Mantova il 16 aprile 184783

Alla lettera seguiva la Distinta di diserzione in modulo


debitamente compilato84:

Connotati ed altri segni appartenenti al disertore


Di statura piccola e gracile, faccia lunga e magra, capelli castani
scuri, occhi e sopraccigli simili nonché mustacchi, naso e bocca
media, parla soltanto l’italiano.

Disposizioni impartite per fermo del disertore


Comunicati i connotati tanto alla gendarmeria che alla Polizia ed
anche incaricati i sottufficiali della compagnia pel rintracciamento.

82
Tenente colonnello.
83
Il Comandante del VI Battaglione di fanteria alla Delegazione Provinciale di Lodi,
Mantova16 aprile 1847, Archivio Storico Comunale di Lodi, Sottoprefettura, Cart. 60.
84
Distinta di diserzione del sold. Giuseppe Schiavi, Archivio Storico Comunale di Lodi
42 Sottoprefettura, Cart. 60.
ANGELO CERIZZA - A DURA VITA, A DURA DISCIPLINA

Ha asportato in effetti di montura Importo degli effetti asportati in


e abbigliamento moneta di convenzione

Fiorini Carantani
1 Czaco/1paio pantaloni/1 camicia/
1 paio muttande/1 cravatta 16 4

1 paio di scarpe/1 tracolla 5 42

1 sciabola con fodero 6 53

Somma 28 39

La Delegazione Provinciale si rivolse al Distretto V


(Casalpusterlengo) che inviò il certificato di miserabilità rila-
sciato dal Comune di origine del disertore, Livraga 85; il Tenente
colonnello chiuse così la partita contabile. Cosa ne fosse del
povero disertore non è dato sapere.
C’erano poi reati minori, piccoli furti di cui l’amministra-
zione militare chiedeva il rimborso, magari trattenendolo
sul deposito al 3%, se si trattava di un sostituto:

I R Prefettura del Monte del Regno Lombardo-Veneto, Milano il


20 febbraio 1847.
Alla partita del deposito di ragione del militare Trabattoni
Giovanni Battista supplente […] si è fatta la prenotazione della
somma di carantani 55.6/8 pari a £ 2.79 che con sentenza 19 settem-
bre 1846 il supplente Trabattoni venne condannato a compensare al
Regio Erario per biancheria da lui venduta […]86

Comunque, tra soldati presenti al reggimento e soldati


a vario titolo in permesso più o meno lungo, ma sempre a
disposizione dell’Armata e richiamabili in qualsiasi momento,
si può calcolare che sotto le armi si trovassero, ogni anno, più di
85
I.R. Delegazione Provinciale al Comando del VI battaglione, 17 maggio 1847, minuta di
lettera, Archivio Storico Comunale di Lodi, Sottoprefettura, Cart. 60.
86
La Prefettura del Monte del Lombardo-Veneto alla I R Delegazione Provinciale di Lodi,
Milano 20 febbraio 1847, Archivio Storico Comunale di Lodi, Sottoprefettura, Cart. 60. 43
duemila Lodigiani e Cremaschi nello stesso tempo. Forse con
poco entusiasmo, ma in fondo lealmente, facevano ciò che loro
era chiesto, cioè ubbidire: erano solo, parafrasando un grande
storico della Seconda Guerra Mondiale, dei poveri diavoli con
un fucile, come tutti gli altri, della Croazia, della Bucovina,
della Transilvania, dell’Ungheria, dell’Austria, della Boemia, di
tutte le regioni del grande dominio dell’Aquila Bicipite.

44
II
IL“QUARANTOTTO”
IL III «CECCOPIERI» IN I T A L I A

Le nubi si stavano già addensando sull’Europa e sull’Italia.


Radetzky era consapevole dei rischi che correva il Regno
Lombardo-Veneto, la perla dell’Impero, e tempestava Vienna
perché fosse congruamente aumentato il numero delle truppe a
sua disposizione, poiché,scrisse in un rapporto allo Hofkriegsrat
l’8 dicembre 1847:

E’ evidente che Vienna non reputa la situazione in Italia


sufficientemente grave da giustificare un incremento delle attuali
misure di sicurezza. Ci si dimentica tuttavia che qui non abbiamo
a che fare con gabinetti o con la volubilità di principi o dei loro
ministri, ma con un popolo che ci odia e crede sia giunto il momento
di scrollare il giogo ed assumere di nuovo il ruolo di grande potenza.
[…] L’Italia può essere decaduta, ma possiede ancora la forza per
risorgere e mai il sentimento della sua attuale insignificanza e l’anelito
all’unità nazionale son stati tanto forti e universali come oggi […]87.

Aveva ragione il vecchio coriaceo Feldmarschall. Non


dubitava delle sue truppe italiane, che rappresentavano il 30%
della sua forza armata, ma fino ad un certo punto; Radetzky
era un duro soldato, ma sapeva giudicare le situazioni con

87
Alan Sked, Radetzki, cit., pag. 190. 47
razionalità e senza stupidi pregiudizi. Sempre nel già citato
rapporto allo Hofkriegsrat invitava i responsabili di Vienna a:

considerare che gran parte delle mie truppe è composta da


reggimenti italiani; non nutro alcun dubbio sulla fedeltà di queste
truppe: esse faranno il proprio dovere, ma non dobbiamo aspettarci
nulla più del ragionevole soprattutto quando dovranno combattere
contro i loro compatrioti. Non c’è dubbio che questo tipo di truppa
sarà soggetto ad ogni influenza e incitamento alla diserzione e se la
sorte delle armi ci sarà contraria nella prima battaglia, allora io non
potrò più rispondere della loro fedeltà […]88

Nonostante s’aspettasse l’esplosione rivoluzionaria, Radetzky


quel 18 marzo si fece sorprendere dagli avvenimenti e perse, a
Milano, la prima, decisiva battaglia.

Nella Provincia di Lodi e Crema, nonché in quella della


vicina Cremona e nella città di Piacenza le truppe dell’Esercito
imperiale erano così dislocate. In Cremona città, accanto al
III «Ceccopieri», stavano due battaglioni del Reggimento
«Arciduca Alberto» (italiani), due squadroni del 4° Uhlanen
- Regiment «Kaiser Ferdinand» e la 7ª batteria a piedi da 6
libbre. A Pizzighettone era stanziata una divisione del III
«Geppert» (italiani). A Lodi erano le altre compagnie del III
«Geppert», due squadroni del 2° Ober- und Nieder-Öster.
Dragoner-Regiment «König Ludwig von Bayern» e la 4°
batteria a cavallo. In Crema erano altri due squadroni del 2°
Dragoner-Regiment «König Ludwig von Bayern» e due com-
pagnie del IV Battaglione del Reggimento Tiroler Jäger
«Kaiser Ferdinand» (il resto del Battaglione, stanziato nei
dintorni, era stato richiamato in Milano). A Piacenza erano due
battaglioni del 61° Reggimento di fanteria «Rukavina» e due
squadroni del 4° Ulani.89
88
Alan Sked, Radetzki i pagg. 111 - 112.
89
Rielaborazione da Carlo Cattaneo, Archivio Triennale delle cose d ’Italia dall ’avvenimento
di Pio IX all ’abbandono di Venezia, Serie I, Volume I, Capolago, Tipografia Elvetica,
48 1851, pagg. 212 - 213.
ANGELO CERIZZA - A DURA VITA, A DURA DISCIPLINA

Di questi reparti in particolare, per la presenza lodigiana,


occorre rammentare che il «Ferdinado Ceccopieri», (a differenza
del «Geppert» e dello «Haugwitz» completamente stanziati
in Italia), aveva il I e il II Battaglione nella Fortezza di
Buda e i suoi granatieri in Vienna a formare il Battaglione
«Emanuel Lober» (con i granatieri dell’«Alberto» e del
«Wimppfen»). Il «Kress» era stanziato a Kecskemét, con
Comando a Moor, in Ungheria; altri Lodigiani ancora erano
nell’VIII e XI Battaglione Jäger e nel VI Battaglione di
guarnigione a Mantova, come sappiamo.

Il «Geppert», che era di guarnigione proprio in Lodi90,


nonostante le diserzioni rimase sostanzialmente fedele e sotto
il controllo del comandante, l’Arciduca Ernesto. Il ponte
di Lodi cruciale per le truppe che demoralizzate stavano
abbandonando Milano rimase sotto il controllo imperiale91.

90
Per le vicende del 1848 a Lodi Cfr. Tiberio Abbiati, Le impressioni a Lodi delle Cinque
Giornate di Milano e della Guerra d ’Indipendenza del 1848 nei ricordi del cronista
del Collegio S.Francesco di Lodi, in «Archivio Storico per la città e i comuni del
circondario e della diocesi di Lodi», XLIX (1930), pagg. 183 - 191; P. Andreoli,
Fatti di Lodi interessanti la Storia del Risorgimento Nazionale, in «Archivio Storico
per la città e i comuni del circondario e della diocesi di Lodi», 1931, L (1931) pagg.
53 - 54; Il 1848 a Lodi e nel Lodigiano, commemorazione centenaria, in «Archivio
Storico per la città e i comuni dell’ex circondario e della diocesi di Lodi», LXVII,
(1948), 1 - 2. Nel fascicolo è incluso un contributo sul ’48 nella città di Crema;
Giuseppe Agnelli, Lodi e i Lodigiani nel 1848, Tipografia Editrice G. Biancardi, Lodi,
1949; Ercole Ongaro, Le condizioni sociali nella Lodi del Quarantotto, in «Archivio
Storico Lodigiano», 2003, pagg. 63 - 72; Angelo Stroppa, Il fuoco di carta – le vicende
del Quarantotto nelle cronache delle gazzette di Lodi e Crema, in «Archivio Storico
Lodigiano», 2003, pagg. 73 - 93.
91
Così nel racconto di Carl Schönhals, : [Radetzky lasciò Milano] «Coperto sui
fianchi dalle Brigate Strassoldo e Clam, continuò la sua marcia per Lodi.Qui pure eran
nate scene di disordine ed erasi formato un governo provvisorio. Intanto l’Arciduca
Ernesto, che colà si trovava come generale di brigata, aveva conservato la sua posizione
e mantenuto in suo potere il ponte sull’Adda. La popolazione mostrò da principio un
ostile contegno, ma la notizia sparsasi in un baleno la sorte toccata a Melegnano la fece
mutar pensiero. Il Feldmaresciallo entrò senza incontrare il più piccolo ostacolo, pose le
truppe a campo sull’altra sponda dell’Adda e la città fu occupata da alcuni battaglioni.
In quella occasione il Feldmaresciallo avrebbe potuto aspettare rinforzi di sei settemila
uomini che con varie batterie in pochi giorni gli sarebbero pervenuti. Le guarnigioni
di Pavia, Piacenza, Brescia e Cremona erano in cammino a quella volta […]» Carl
Schönhals, Memorie della Guerra d ’Italia . cit,. Vol. I pagg. 142 - 143. 49
Anzi, quando giunse notizia che a Crema il 19 marzo era
stato innalzato il Tricolore (negli scontri erano stati feriti
un tenente e tre Jäger), una divisione del «Geppert» con due
cannoni accorse e contribuì al disarmo della popolazione92. Ma
a Pizzighettone la d i v i s i o n e del «Geppert» là distaccata
si comportò in modo opposto:

Il 21 li abitatori di Pizzighettone arrestarono il tenente colonnello


comandante il presidio d’italiani e quindi consegnarono il forte (di
Gera) con 18 pezzi d’artiglieria e messa la coccarda s’incorporarono
alla guardia civica. […] la guarnigione di Pizzighettone, circa 200
Italiani venne a Cremona con 12 cannoni e poi si mandarono a
prendere in quella fortezza 500 barili di cartucce e d’altre munizioni,
e 200 barili di polvere.
Così la città veniva ad avere, coi 6 cannoni tolti agli ulani, 18 pezzi
d’artiglieria e munizioni a ribocco93.

Non era forse un caso.


Nell’ormai lontano (ma non troppo) 1833 proprio da
un cadetto del «Geppert», Gaetano Rolla di Vailate, aveva
preso l’avvio l’inchiesta di polizia che aveva portato allo
smantellamento della rete lombarda della Giovine Italia, con
l’inevitabile lunga serie di arresti e condanne tra cui quelle
dei codognesi Giovanni Dansi e Angelo Pollaroli. E a Gera,
antemurale della Fortezza di Pizzighettone, si individuò,
nell’osteria di Giuliano Pellizoni, il luogo di propaganda tra
i soldati nonché il punto di collegamento tra gli affiliati di
Cremona, Pavia e Milano94.
92
Alberto Costantini, I Soldati dell ’Imperatore, cit. pag. 306. Schönhals non ricorda in
alcun modo l’episodio. Per Crema si limita a scrivere: «[Radetzky] non molestato dal
nemico giunse al Mincio passando per Crema, Manerbio e Montechiari. A Crema si
unì a lui la debole guarnigione di quella città dove il maggiore, conte di Coudenhoven
dei dragoni del Re di Baviera aveva con molta fermezza tenuto a freno la sommossa
ordinando che fossero arrestati i capi del partito liberale». Carl Schönhals, Memorie
della Guerra d ’Italia., cit., pag. 143.
93
Carlo Cattaneo, Archivio triennale cit., 1850, pagg. 304 - 305.
94
Arianna Arisi Rota, Il processo alla Giovine Italia in Lombardia, Franco Angeli,
Milano, 2003, pag. 18, pag. 71; Franco della Peruta, Mazzini e i rivoluzionari italiani,
50 Feltrinelli, Milano, 1974, pag. 112.
ANGELO CERIZZA - A DURA VITA, A DURA DISCIPLINA

Stavano, quindi, in Cremona i soldati del III «Ceccopieri»,


quando:

Nella notte del 19 marzo, una domenica, si ebbe notizia in


Cremona degli avvenimenti viennesi e della rivolta di Milano. In
città si organizzarono cortei con bandiere e coccarde e si intonarono
inni rivoluzionari. Sulla torre del duomo fu innalzato il tricolore; si
invitarono le truppe di guarnigione a seguire l’esempio di Vienna e
risuonò il grido Viva l ’indipendenza d ’Italia […]95

Il racconto del 23º conferma sostanzialmente la versione


italiana almeno nelle linee essenziali; se ne scosta, però, in
alcuni dettagli, di non poco conto. Dunque quella sera del 19
marzo 1848 il III «Ceccopieri» era consegnato in caserma
come tutte le truppe di stanza in città: l’ordine era stato dato
dal General-Major96 Georg von Schönals, comandante la
Piazza e fu ordine, dal punto di vista austriaco, opportuno.
Sfortunatamente, sempre dal punto di vista austriaco, il
delegato provinciale diede assicurazione – malgrado avesse ben
visto i manifesti che annunciavano la costituzione di un Governo
provvisorio – che nulla v’era da temere: le manifestazioni non
erano che espressione di gioia per la promessa di concedere la
costituzione. La consegna fu revocata e i soldati sciamarono
nelle principali vie cittadine mescolandosi alla folla esultante e
furono così tutti «adescati alla rivoluzione»97.
Il Major98 Zaghen, comandante il III «Ceccopieri», convocò
gli ufficiali del Battaglione a rapporto nel Caffè - Haus e
95
In italiano nel testo; Geschichte des k. und k. Infanterieregiments N.23., II. Band., cit.,
pag. 125.
Così si scrive nella storia ufficiale del 23º fanteria «Ceccopieri». Si cercherà qui di
dar conto del punto di vista dei comandi imperiali rimandando, per la versione italia-
na dei fatti, alla letteratura già nota: Dizionario del Risorgimento nazionale, Vol. I, «I
fatti», Vallardi, Milano 1931, pag. 210 e pagg. 283 – 284; Fiorino Soldi, Risorgimento a
Cremona, Pizzoni, 1963, pag. 455; Agostino Cavalcabò, Cremona dal 19 marzo al 31
luglio 1848, estratto dal Bollettino Storico Cremonese, serie III anno XII e XIII (1948 -
1949); La resa del Reggimento «Ceccopieri», in «Il Torrazzo», 10 gennaio 1904.
96
Maggiore Generale; Generale di Brigata.
97
Geschichte des k. und k. Infanterieregiments N.23., II. Band.,cit., pag. 126.
98
Maggiore; comandante di battaglione. 51
pronunciò, tra l’altro, poco opportunamente, la frase: «Mi
laverò le mani nel sangue dei questi infami». E lo disse in
italiano; il Major era italiano, di Soncino, per la precisione.
La cosa si riseppe e il Major, mentre si recava in Municipio,
venne arrestato da alcuni civili (altri dissero da un gruppo di
soldati99) e condotto prigioniero. L’Oberst100 von Wimpffen,
comandante il Reggimento Nr. 44 «Arciduca Alberto» si recò
presso la Municipalità per chiedere l’immediato rilascio del
comandante il III «Ceccopieri», ma fu anch’egli arrestato e
imprigionato. Poi si diffuse la voce, priva di fondamento, che
lo stesso General-Major von Schönals fosse stato arrestato e la
situazione precipitò. Il comandante del Reggimento Ulani, che
era in Cremona, mise l’intera guarnigione in stato d’allarme
mentre in una concitata riunione gli ufficiali del «Ceccopieri»
risolsero di liberare i prigionieri facendo ricorso alle armi. Con
molto buon senso lo Hauptmann anziano, Franz von Merkl, si
oppose in virtù del suo grado e impose il rispetto degli ordini
ricevuti a suo tempo dal comandante la Piazza, General-Major
von Schönals. Intanto la 9ª divisione del III «Ceccopieri»
lasciò la Caserma dell’Annuziata (oggi Manfredini), dove era
acquartierata, e raggiunse le altre compagnie del Battaglione
nella Caserma S. Domenico: fu fatto l’appello. Per ora, dice la
Storia ufficiale del 23°, non mancava nessuno. Von Schönals
chiese il rilascio immediato dei due ufficiali prigionieri; il
Governo provvisorio pose alcune condizioni tra cui la custodia
congiunta, soldati e militi della guardia nazionale, dei cannoni.
Al rifiuto, il Governo decise di liberare von Wimpffen, ma
ordinò di trattenere lo Zaghen. L’atmosfera andava
peggiorando: alcuni ufficiali del «Ceccopieri»si riunirono
nell’alloggio dell’aiutante di Battaglione, Oberlieutenant101,
Kostantin Govorcsin, per discutere il modo di mantenere i
soldati fedeli alla causa imperiale. Ma, a quanto pare, doveva-

99
Dizionario del Risorgimento Italiano., vol. I, I fatti, cit. pag. 210.
100
Colonnello; comandante di reggimento.
101
Tenente.
52
ANGELO CERIZZA - A DURA VITA, A DURA DISCIPLINA

no, poi, aver seri dubbi sulla loro capacità di convincere la


truppa, se in quella stessa riunione decisero di affidare la
cassa del Battaglione e la bandiera all’aiutante maggiore per
ogni evenienza.
Il 21 comparvero barricate nelle strade più importanti: il
Comando della guarnigione accettò di far pattugliare la città
da ronde miste di soldati e guardie nazionali. Dal punto di
vista austriaco fu una pessima idea. Il 21 pomeriggio gli ulani
caricarono gruppi di cittadini armati e di nuovo la guarnigione
fu messa in stato d’allarme. Ma ormai il III «Ceccopieri»,
come i due battaglioni dell’«Arciduca Alberto», cominciava a
sfaldarsi: i soldati abbandonavano i ranghi102.
Al General-Major von Schönals non rimaneva che salvare
il salvabile: lasciati andare gli ufficiali e i soldati che avevano
aderito alla causa della rivoluzione103 l’alto ufficiale, abbandonati
102
Geschichte des k. und k. Infanterieregiments N. 23., II. Band., cit., pag. 127.
Particolarmente nefasta, sempre dal punto di vista austriaco, fu la pressione dei religiosi,
del basso clero in particolare, sull’animo dei soldati: «Dio lo vuole era divenuto il motto
della rivolta. Il confessionale mise in campo tutta la sua forza. Invece dell’assoluzione,
riteneva suo dovere minacciare ai titubanti soldati maledizione e scomunica. A interi
battaglioni fu negata l’assoluzione e il Feldmarschall [Radetzky] ritenne opportuno che
le truppe per i sacramenti si rivolgessero solo ai cappellani militari ». Geschichte des k.
und k. Infanterieregiments N. 23, II. Band., cit., pag. 127.
A questo proposito val la pena di riportare le parole del capitano Barone von Aichelberg
incaricato di portare le riserve del 26° Reggimento «d’Este» da Udine a Innsbruk:
«In tutte le piazze da noi attraversate i funzionari regi erano stati destituiti e
rimpiazzati nella maggior parte dei casi dai più entusiasti sostenitori del
sovvertimento dell’ordine costituito. I preti si comportavano peggio degli altri […]
sono loro i massimi responsabili dell’incitamento e dell’influenza sulle classi
inferiori, sui contadini in particolare. Tutti i simboli dell’autorità imperiale erano
stati distrutti e al loro posto sventolava il tricolore italiano; ovunque gli uomini del
trasporto venivano accolti con grida di gioia e di “Evviva gl’Italiani! Evviva l’Italia,
l’indipendenza, evviva Pio IX ecc”. I ricconi come i mendicanti, il vescovo così come
le più orribili scimmie, tutti portavano la coccarda italiana. Ai soldati venivano
ovunque offerti pane e vino e c’erano pure taverne dove essi potevano rifocillarsi senza
pagare nulla. Voci false, totalmente infondate e artatamente messe in circolazione per
esaltare il popolo e infondere entusiasmo circolavano di bocca in bocca, agenti
seguivano il trasporto tentando con ogni sorta di ragionamento e anche con del denaro
di minare lo spirito delle truppe». Alan Sked, Radetzky., cit., pag. 117.
103
I soldati del III «Ceccopieri» che avevano optato per la causa italiana (la stragrande
maggioranza) furono organizzati dallo Hauptmann Franz Skodnik, anch’egli del III
«Ceccopieri», in unità combattente che prese il nome di «Legione Ceccopieri». La 53
i cannoni e i magazzini del Battaglione e delle compagnie,
chiese ed ottenne di poter condurre in territorio controllato
da truppe imperiali gli uomini che erano rimasti fedeli
all’Imperatore a cui il Governo provvisorio doveva lasciare
le armi individuali e fornire i mezzi di trasporto104. La
mattina del 22 marzo una settantina di uomini, tra soldati
e ufficiali, (tutto ciò che restava del III «Ceccopieri» e dei
due battaglioni dell’«Alberto») e un centinaio fra artiglieri
e addetti ai trasporti, caricate su carri mogli e bambini degli
ufficiali fedeli, guidati dal General-Major in persona, presero
la strada verso il lago di Garda.
Il 23 marzo giunsero in vista di Desenzano; ma qui furono:

[…] assaliti dai corpi franchi bresciani, che dal conto loro non
si credettero in obbligo di rispettare la convenzione di Cremona,

«Legione Ceccopieri» lasciò Cremona per Milano il 6 aprile 1848 (Cfr. Dizionario del
Risorgimento Italiano, vol. I, I fatti, cit. pag. 210); nella capitale lombarda un
testimone d’eccezione la vide sfilare e se ne ricordò nel suo indirizzo che incitava i
bresciani all’unità: «Ho sentito ieri, vedendo sfilare i soldati del Reggimento
«Ceccopieri» tornati alla bandiera della patria, un bisogno prepotente d’abbracciare
con amore il mio primo nemico […] (Giuseppe Mazzini, Scritti editi e inediti, edizione
nazionale a cura di Mario Meneghini, 94 voll., Imola, Galeati, 1906 - 1943, LXXVII,
1938, pag. 331. Mazzini si riferisce a Carlo Alberto) e, sempre Mazzini, ancora la
ricordò in una lettera a un’amica inglese: «To Emilie Hawkes – London - Milan, 11th
April, 1848 From Milan! It has been impossible, dear Emilie, to write a word before. I
have been these forty-eight hours continually surrounded by people of all descriptions.
I send a paper containing some account of my reception here; it was such that I wished
you all here, because I knew you would have felt happier than I did. I had felt far more
in the morning in seeing some 2,000 of our Italian soldiers belonging to the Ceccopieri
Legion, who had left the Austrian flag en masse at Cremona, passing under my
windows in the midst of the people frantic with joy, then themselves looking intoxicated
with the feeling of being for once in their life loved by their countrymen» (Giuseppe
Mazzini, Scritti editi e inediti, edizione nazionale a cura di Mario Meneghini, 94 voll.,
Imola, Galeati, 1906 - 1943, XXXV, 1922, pagg. 106 - 107). La «Legione Ceccopieri»
partecipò al blocco di Mantova. In questo reparto presumibilmente si trovava Biagio
Palazzina, che il Libro d ’oro del Comune di Codogno riferisce di stanza a Cremona
nell’Esercito austriaco senza specificare il reggimento. Palazzina, riferisce sempre il
Libro d ’oro, disertò e fu al blocco di Mantova. (Libro d ’oro del Comune di Codogno n.
193). Alla «Legione» la città di Cremona ha dedicato una via cittadina.
104
L’elenco degli ufficiali rimasti fedeli all’Impero e l’elenco degli ufficiali che aderirono
ai moti rivoluzionari sono pubblicati in Appendice (Documento 3).
54 .
ANGELO CERIZZA - A DURA VITA, A DURA DISCIPLINA

e spogliati dei loro bagagli li condussero prigioni a Brescia. I


Piemontesi non ebbero il coraggio, o la voglia, di fare rimettere in
libertà quegli ufficiali a quel modo maltrattati in onta al diritto delle
genti, probabilmente perché volevano far pompa di trofei conquistati
sì a buon mercato105

Gli ufficiali vennero tradotti a Milano e di qui a Genova e


infine a Savigliano. Dopo Custonza e in virtù dell’armistizio di
Salasco, i prigionieri vennero liberati, riportati in Lombardia
e presentati a Radetzky in persona: durante la cerimonia
lo Hauptmann Delser si fece avanti e consegnò al Feldmarschall
la bandiera del III «Ceccopieri», che l’ufficiale aveva tenuto
nascosta sotto la divisa per tutto il tempo della prigionia106.

Ai soldati dal sergente in giù (quindi esclusi gli ufficiali) che


avevano abbandonato i ranghi imperiali, il vecchio Radetzky
il 3 settembre 1848 offrì la possibilità di «redimersi»107 :
105
Carl Schönhals, Memorie della Guerra d ’Italia., cit., vol. I, pag. 148.
106
Fu per questo decorato con l’ordine della Corona di ferro di 3ª classe e, successivamente
con la Militär-Verdienstkreuze - Geschichte des k. und k. Infanterieregiments N. 23., II.
Band., cit., pag. 129. La bandiera del III «Ceccopieri» era stata benedetta in Cremona
il 22 settembre 1847, appena un anno prima, con solenne cerimonia, cfr. Nel giorno
22 settembre 1847 benedicendo Canonico Reverendissimo Monsignor Dragoni Vicario
capitolare della Diocesi Cremonese la nuova bandiera del III battaglione Conte
Ceccopieri, allocuzione, epigrafe, versi, Faraboli, Cremona, sd. La vecchia bandiera,
depositata nella Chiesa di San Domenico, nel 1848 venne prima nascosta e poi
portata nell’Ufficio di Pubblica Sicurezza. Al ritorno degli Austriaci venne di nuovo
ricollocata nella Chiesa. Nel 1859 fu di nuovo nascosta. Infine nel luglio del 1860
venne bruciata nel cortile del Palazzo del Governo.
107
Il perdono divenne generale con il proclama del 20 settembre 1848, datato Vienna
20 settembre 1848, f.to Ferdinando Wessenberg.
In realtà il perdono non fu indiscriminato: con proclama dell’11 novembre 1848,
Radetzky, dopo aver ricordato i gravi danni all’economia del Regno provocati dalla
«rivoluzione e dalla guerra», ritenendo giusto chiederne ai responsabili un doveroso
indennizzo, condannava «i membri dei cessati governi provvisori, quelli che ebbero parte
precipua nei varj così detti comitati, coloro che si sono posti alla testa della rivoluzione,
o vi hanno concorso colla loro opera e coi loro mezzi materiali o intellettuali» a una tassa
straordinaria da pagarsi alla cassa di guerra. Il provvedimento invitava però «a trattare
con possibile riguardo» «l’onesto commerciante, il pacifico artigiano, il contadino ed il
giornaliero, i quali generalmente, non per spontaneo impulso, ma piuttosto cedendo
ciecamente alla forza delle circostanze, presero parte ai torbidi politici», Milano 11
novembre 1848. F.to Radetzky, Feldmaresciallo (Archivio Storico della Collegiata di
Codogno, Cart. 93 fasc. 9). 55
Proclama
E’ volere di S.M. l’Imperatore di porre in oblio le mancanze di cui
possono essersi resi colpevoli i suoi soldati dal Sergente in giù, colla
violazione del loro giuramento, e coll’abbandono della loro bandiera.
Munito del Sovrano pieno-potere trovo quindi di emettere il
seguente generale perdono:
I.° Tutti i militari di nazione Italiana dal sergente in giù, i quali nel
periodo trascorso dal 18 marzo corrente anno fino ad oggi sonosi resi
colpevoli di diserzione, di abbandono della propria bandiera, o di aver
preso servizio presso l’inimico, vengono dichiarati sciolti da ogni pena
o redarguzione, quando però prima della loro defezione non abbiano
commesso al loro Corpo d’armata altro delitto.
2.° Tutte le inquisizioni per questo titolo pendenti sono tolte di
mezzo, ed i militari che ne sono colpiti rimangono sciolti da qualsiasi
marchio di disonore o rimprovero, né può loro venir prolungata o
tolta la rispettiva capitolazione.
3.° Questi individui devono però presentarsi regolarmente entro
tre settimane dal giorno della pubblicazione del presente perdono o
al rispettivo Commissariato Distrettuale od all’Autorità Militare più
vicina, la quale rimane col presente incaricata di provvedere per la
consegna dei medesimi al loro Corpo rispettivo.
Per quegl’individui che potranno legalmente comprovare di non
potersi per qualsiasi titolo attenere al termine sopra fissato io lo pro-
lungo dalle tre settimane ai due mesi.
Milano 3 settembre 1848
F.M. Conte Radetzky108

Ma i recidivi ci furono e per essi non c’era ovviamente per-


dono. Erano, si riteneva, persone a vario titolo compromesse
con i moti e la guerra antiaustriaca che avevano ritenuto
opportuno (e salutare) mantenersi irreperibili anche dopo il
«perdono». Così il 20 gennaio 1849 un avviso della provinciale
Sezione dell’Ordine Pubblico notificava ai i Lodigiani che:

dietro ordine espresso portato da riverito dispaccio 10 corrente N.


109 dato da Verona dall’I.R. Tenente Maresciallo Gerhardt in seque-
la d’incarico di S.E. il Signor comandante Conte Radetzky, viene qui

56 108
Archivio Storico della Collegiata di Codogno, Cart. 93 fasc. 9.
ANGELO CERIZZA - A DURA VITA, A DURA DISCIPLINA

appiedi pubblicato l’Elenco dei giovani che trovansi lungi dal loro
legale domicilio, diffidandoli che se si trasferissero o trovassero già
all’estero per formar parte del servizio militare senza far ritorno a
questo Stato nel termine di sei settimane a contare dal 27 Dicembre
anno 1848 dovrebbero attribuire a sé stessi venendo arrestati di essere
sottoposti alle misure espresse nel proclama 27 detto mese ed anno
[…]109.

Il proclama citato prevedeva una serie di pene per chi fosse


stato arrestato durante la fuga (arruolamento forzato in un
reggimento tedesco fuori d’Italia), per chi aveva militato in
eserciti nemici (accusa di alto tradimento), e per chi viaggiava
senza passaporto (arresto) e di questi chi non era in grado di
giustificare il proprio viaggio si vedeva arruolato a forza nel
solito reggimento tedesco. Un punto, il 7, riguardava esplicita-
mente i militari:

Per ultimo è pure volere Superiore che debbano le Autorità


immediatamente arrestare quegli individui militari che scorso il
periodo concesso al perdono generale, cioè fino al 28 dicembre 1848,
non abbiano fatto ritorno ai loro corpi di truppe, e trasmetterli al
militare, venendo poscia puniti dalla competente giurisdizione delle
vigenti leggi.

«Appiedi» come promesso era l’elenco degli assenti dal loro


«legale domicilio»110.

Quello stesso settembre il Ministero della Guerra di Vien-


na decise la ricostituzione del III «Ceccopieri» assegnando-
gli come sede Crema; in effetti gran parte dei soldati che,
nel marzo precedente, avevano lasciato i ranghi avevano fatto
ritorno al Reggimento contando sul perdono imperiale.
Zaghen, ammalato, lasciò il Battaglione al comando, ad interim,
dello Hauptmann Delser. Il 9 novembre il III «Ceccopieri» era
di fatto ricostituito e lasciò Crema per la Fortezza di Mantova
109
Archivio Storico della Collegiata di Codogno, Cart. 93 fasc. 9.
110
L’elenco completo è riprodotto in Appendice (Documento 5). 57
con una forza di 7 ufficiali e 668 uomini di truppa. Poiché
i rientri continuavano, il Battaglione, inserito nella Brigata
Kastelitz, raggiunse presto la forza di 6 ufficiali, 5 Feldwebel, 47
Korporale, 48 Gefreite, 16 tra Spielleute111 e Zimmerleute e 652
Gemeine, senza contare i comandati (1 ufficiale e 169 uomini),
gli ammalati e gli assenti. In Mantova la vita del Battaglione
ricominciò secondo i consueti schemi: su richiesta del coman-
dante la Fortezza, Radetzky consentì la ripresa dell’addestra-
mento e ai soldati furono distribuiti vecchi fucili conservati
nei depositi. Intanto il Major Zaghen era andato in pensione
e lo Hauptmann Fabio Terzaghi ne prese il posto.
Il III non partecipò alla breve campagna conclusasi a
Novara, ma venne impiegato nella repressione della rivolta di
Brescia. Il 23 marzo la città insorse: la debole guarnigione del
Castello (4 compagnie dell’«Arciduca Luigi») non era in grado
di dominare la situazione, né riuscì a portare nella Fortezza tutti
i soldati ricoverati negli ospedali, così che la folla, pare su indi-
cazione di alcune donne, infierì su sette soldati del 57º fanteria
ricoverati in un ospedale cittadino112. Il General-Major Nugent
si mise in marcia con un battaglione di Grenzer del Banatisches
Mil. Gränz-Infanterie-Regiment Nr. 13, un reparto del 5°
Böhmisches Cheveaux–légers Regiment «Liechtenstein» e due
cannoni. Il 25 marzo il III «Ceccopieri» ricevette l’ordine di
raggiungere il Corpo del Nugent. Lasciate due compagnie a
guardia dei passi del Po, il Major Terzaghi con la 7ª e la 9ª
divisione (450 uomini in tutto), marciò verso la città ribelle.
Il 31 marzo il comando delle operazioni venne assunto dal
Feldmarschall Julius von Haynau: le truppe ordinate in cinque
colonne di cui una agli ordini del Major Terzaghi mossero
all’assalto. Le compagnie del «Ceccopieri» vennero distribuite
una per colonna (forse il Comando austriaco non era ancora
111
Musicanti.
112
Questo è quanto riferisce la fonte austriaca (Geschichte des k. und k. Infanterieregiments
N. 23., II. Band., cit., pag. 130). La tragica vicenda di Brescia è fin troppo nota: qui basti
ricordare che il Feldmarschall Julius von Haynau godeva sinistra e pessima fama anche
nell’Armata imperiale; «Uomo di indole morbosa e sanguinaria», lo definisce Gunther
58 Rothenberg, L’Esercito di Francesco Giuseppe, cit., pag 80.
ANGELO CERIZZA - A DURA VITA, A DURA DISCIPLINA

tanto sicuro della fedeltà del rinato III «Ceccopieri», specie in


quel frangente). L’ordine (si fa per dire) fu ristabilito e Brescia
venne occupata dal III Corpo proveniente da Novara: il III
«Ceccopieri» tornò a Mantova. Nei combattimenti di Brescia,
il Battaglione ebbe 7 morti e contò 14 feriti, fra cui un uffi-
ciale113.
Ma la guerra continuava a Venezia; il 15 agosto una flot-
tiglia di 3 imbarcazioni armata di cannoni e spingarde lasciò
Mantova,con a bordo, tra gli altri, un Korporal e tre Gemeine
del III «Ceccopieri», con l’obiettivo di controllare il delta del
Po e interrompere i rifornimenti di viveri che, nonostante il
blocco austriaco, raggiungevano la città lagunare. L’azione ebbe
qualche successo, ma il 24 agosto la spossata Venezia cedeva le
armi.
Di nuovo vi fu un cambio di comando: il Major Terzaghi
venne destinato al I Battaglione e il III passò agli ordini, con
un interim, dello Hauptmann Baronchelli. Alla fine di ottobre
il Battaglione si mise in marcia per una nuova destinazione:
Vienna, la capitale imperiale. Alla fine del 1849 il Battaglione
venne trasferito a Praga; poco prima dal 13° era giunto il nuovo
comandante, il Major Friederich Freiherr von Sternegg.

Diversi soldati del Battaglione furono decorati per l’azione di Brescia. Vedi Appendice
113

(Documento 4). 59
I E II «CECCOPIERI» A BUDA E A P EST

Stavano i fucilieri del I e II «Ceccopieri», a Buda e a Pest,


intenti alla normale routine di caserma, quel 3 marzo 1848
quando Lajos Kossuth, destinato a divenire eroe nazionale
dell’Ungheria, pronunciò alla Camera bassa della Dieta unghe-
rese il suo discorso forse più famoso. L’esponente liberal radica-
le rivendicò all’Ungheria il diritto d’essere «indipendente, una
nazione libera dall’interferenza straniera».
Gli avvenimenti precipitarono: il 13 marzo Vienna insorse
costringendo Metternich alle dimissioni a alla fuga. Era la
«Primavera dei popoli».
Il 14 marzo, a notte fonda, un messaggero, giunto a spron
battuto dalla capitale imperiale, informò l’Arciduca Stefano,
Palatino d’Ungheria, dei fatti di Vienna; nel corso della gior-
nata la strabiliante notizia giunse alla popolazione di Pest,
portata da un vapore che aveva disceso il Danubio. Tutti gli
ambienti politici si misero in moto: la Camera alta della Dieta,
immediatamente convocata, deliberò di inviare a Vienna una
rappresentanza delle due camere, in cui figuravano il moderato
István Széchenyi e il radicale Kossuth, con l’incarico di illu-
strare all’Imperatore le richieste del popolo ungherese. Mentre
i principali esponenti politici a Vienna stavano trattando una
60 serie di concessioni costituzionali, i radicali di Pest, guidati dal
ANGELO CERIZZA - A DURA VITA, A DURA DISCIPLINA

poeta Sándor Petőfi, inscenarono una grande dimostrazione


che culminò con la presentazione al municipio della petizio-
ne dei 12 punti114. Nella petizione, in sostanza, si chiedeva la
libertà di parola, l’istituzione di un governo separato ungherese
responsabile verso il parlamento ungherese, la convocazione
periodica delle Camere, l’uguaglianza civile e fiscale, la libertà
religiosa, l’introduzione della giuria nei processi, la liberazione
dei prigionieri politici, l’abolizione dei vincoli feudali. Si chie-
deva anche l’istituzione della Guardia Nazionale, l’allontana-
mento delle truppe imperiali straniere stanziate in Ungheria e
il divieto di inviare soldati magiari in altre regioni dell’Impero
(mentre sempre negli ambienti radicali si proponeva anche
il richiamo immediato dei reggimenti ungheresi già stanziati
fuori dalla patria). Infine si chiedeva la completa unione della
Transilvania al Regno d’Ungheria, il che tradiva l’imposta-
zione nazionalistica del movimento (la popolazione della
Transilvania, era in maggioranza rumena)115. Le richieste ven-
nero quasi tutti accettate: si procedette a nominare un nuovo
Governo municipale, il Comitato di salute pubblica, in cui erano
rappresentati anche i radicali.
Il Governo di Vienna, per parte sua, pure cedette (obtorto collo
e con ampie riserve mentali) e concesse ampie riforme costi-
tuzionali: l’Ungheria avrebbe avuto un suo parlamento, un suo
governo, un suo esercito, mantenendo con l’Austria il legame
dinastico. Il 3 aprile, l’Imperatore consentì che si costituisse
un governo a Pest - Buda con Lajos Batthyány come Primo
ministro e Lajos Kossuth alle finanze. E più ancora il 7, sempre
l’Imperatore promise solennemente che avrebbe esercitato i pro-
114
Dopo il discorso del 3 marzo, Kossuth aveva spinto i radicali a sostenere le sue
posizioni con una petizione popolare. La stesura del testo della petizione fu affidata
alla Società dei Dieci, espressione del circolo di scrittori democratici «La Giovane
Ungheria», di cui era personalità eminente il poeta Sándor Petőfi.
115
In Transilvania tre erano le nazionalità ufficialmente riconosciute: i Magiari, i Sasi (i
«Sassoni» discendenti di immigrati tedeschi lì giunti attraverso l’Ungheria nel XIV sec.)
e gli Székely (antico popolo magiarizzato). I Rumeni pur essendo in maggioranza non
erano in alcun modo rappresentati nelle diete. Edgar Hörsch, Storia dei Paesi Balcanici,
Einaudi, Torino, 2005, pagg. 15 e 52. Per la questione delle nazionalità nell’Impero
Asburgico vedi Angelo Ara, Fra nazione e impero, cit. pagg. 79 – 143. 61
pri poteri «in ogni questione civile, militare e clericale»
tramite il Governo ungherese116. Il Governo di Vienna aveva
accettato premuto soprattutto dalle necessità militari: la guerra
in Italia era in corso e le truppe ungheresi erano fondamentali
(e in cambio delle concessioni gli Ungheresi dovettero pro-
mettere di reclutare nuovi contingenti per l’Esercito di
Radetzky). La soluzione poneva molti e gravi problemi: nei suoi
confini storici l’antico Regno di Ungheria includeva Croati, Serbi,
Rumeni, Slovacchi cui si dava assicurazione circa i diritti
civili, ma nessuna concessione in tema di identità nazionale117.
Queste popolazioni ovviamente preferivano il diretto Governo
imperiale cui peraltro avrebbero potuto, e intendevano,
chiedere, come gli Ungheresi, ampia autonomia e il rispetto delle
loro identità nazionali. Lo scontro di nazionalità offrì ai
restauratori della dignità imperiale un’opportunità che
seppero ben cogliere118. Comunque, il 5 aprile, il Governo
Batthyány aveva ricevuto da Vienna l’ordine di fornire concrete
garanzie per l’arruolamento delle reclute destinate al teatro
italiano. Il Governo ungherese rifiutò l’invio immediato di
nuovi contingenti, ma non si spinse a chiedere il rimpatrio dei
soldati già impegnati in Italia, come chiedevano i radicali.
Intanto i Croati erano in agitazione e avevano trovato nel
barone Josip Jellačić un capo deciso. Jellačić era un orgoglioso
patriota croato: manifestava il proprio interesse per la
prospettiva illirica (unione di tutti gli Slavi del Sud), era gradito ai
liberali di orientamento antimagiaro, ma era noto per la sua
inossidabile fedeltà all’Imperatore - perciò molto stimato negli
ambienti di corte - ed era un rispettato comandante dei
reggimenti reclutati nella Frontiera Militare. Il 23 marzo venne
nominato Bano di Dalmazia, Croazia e Slovenia e due settimane
dopo comandante della Frontiera Militare. Ai primi di maggio il
116
Antonello Biagini, Storia dell ’Ungheria contemporanea, Bompiani, Milano, 2006,
pagg. 46 - 53.
117
Per Alan Sked la posizione ungherese fu in realtà più equilibrata. Per contro gli altri
popoli avrebbero dato anch’essi prova di notevole intollerante nazionalismo. Alan Sked,
Grandezza e caduta dell ’Impero Asburgico., cit., pagg. 90 - 100.
62 118
Roger Price, Le rivoluzioni del ’48, Il Mulino, Bologna, 1988, pagg. 82 – 85.
ANGELO CERIZZA - A DURA VITA, A DURA DISCIPLINA

Bano – con la scusa di un’ipotetica minaccia turca – mise alcuni


reparti sul piede di guerra e rifiutò di porsi agli ordini del Gover-
no ungherese. Latour, Ministro della Guerra a Vienna, di fatto lo
sostenne. Ma il Governo magiaro protestò e Vienna – temendo
che Jellačić fosse troppo precipitoso – cedette: il 7 maggio le
truppe imperiali stanziate in Ungheria vennero poste agli ordini
del Ministro della Guerra ungherese. Il Governo Batthyány per
parte sua dovette in cambio porre all’ordine del giorno il «soc-
corso italiano»119. Il 26 maggio, poi, una nuova rivolta a Vienna
consigliava la corte a rifugiarsi a Innsbruck.
Nel frattempo si ribellarono i Serbi della Voivodina che come
i Croati riconoscevano il Governo di Vienna, ma non quello
ungherese. I Serbi poi tanto per semplificare erano ortodossi
il che creò difficoltà con la cattolicissima corte di Vienna.
Comunque, proclamando tutti d’agire in nome dell’Impera-
tore, Serbi e Ungheresi iniziarono le ostilità, ma sempre per
semplificare i Rumeni del Banato, che volevano una loro chiesa
ortodossa sì ma rumena, dichiararono la loro fedeltà al Governo
d’Ungheria. Nonostante i problemi religiosi, Jellačić riuscì a
tener uniti Serbi e Croati, che erano disse «una nazione con un
unico sangue e due fedi». Tutti ricorsero all’Imperatore, ma gli
Ungheresi furono più lesti e il 10 giugno un decreto imperia-
le destituì Jellačić confermando l’autorità del Ministro della
Guerra ungherese sui reparti dell’Esercito imperiale stanziati
in Ungheria. Imperterrito il Ministro della Guerra di Vienna
continuò apertamente ad inviare denaro a Jellačić120 che per
parte sua ignorò totalmente il provvedimento di destituzione
119
Nella discussione finale, il 22 luglio, Kossuth non nascose le sue simpatie per i patrioti
italiani, ma di fatto fece approvare una soluzione di compromesso in cui si proponeva di
votare il soccorso italiano, ma contemporaneamente si facevano voti perché il conflitto
si risolvesse in un accordo che, fatta salva la dignità del trono imperiale, soddisfacesse le
«degne esigenze e libertà costituzionali del popolo italiano». Era in fondo un modo per
prendere tempo: si tacitava Vienna con una promessa che non poteva essere mantenuta
se non in tempi molto lunghi.
120
Secondo Alan Sked si trattò in realtà di pagamenti leciti e sostanzialmente dovuti
(pagamento delle pensioni alle vedove di guerra per esempio) e non somme erogate
segretamente con fini politici. Alan Sked, Grandezza e caduta dell ’Impero Asburgico.,
cit., pagg. 123 - 125. 63
e cominciò a concentrare truppe sulla Dráva. Ma era ancora
presto: la guerra in Italia non era finita.
Il Governo ungherese (e specialmente Kossuth), che di una
forza armata nazionale e sicura riteneva d’avere necessità, già
dal 16 maggio, quando era giunta la notizia della rivolta in
Voivodina, aveva iniziato a formare truppe nazionali arruolan-
do volontari fra tutti gli uomini dai 18 ai 40 anni da inquadrare
in battaglioni mobili. Era un esercito nuovo, di cittadini in
armi, direttamente agli ordini del Primo ministro ungherese:
l’Honvéd (letteralmente difensore della patria) a metà agosto
era forte di 10.000 uomini assolutamente fedeli al Governo
ungherese e completamente al di fuori della catena di comando
imperiale.
L’atmosfera a Pest rimaneva estremamente tesa.
Il 10 maggio 1848 i giovani radicali di Pest organizzarono
una protesta contro il generale Ignaz Lederer, comandante
in capo della Piazza, malvisto dalla popolazione e accusato di
ritardare la consegna di armi adeguate alla Guardia Nazionale,
benché negli arsenali militari giacessero quindicimila fucili in
ottimo stato. Circa un migliaio di persone (manifestanti, ma
per lo più semplici curiosi) da Pest si avviò verso Buda, con
l’intenzione di inscenare una rumorosa dimostrazione sotto le
finestre dell’abitazione del generale Lederer. Secondo la sto-
ria ufficiale del 23°, l’aiutante del comandante della Piazza,
tempestivamente informato delle intenzioni dei dimostranti,
ordinò al comandante della Hauptwache (composta di soldati
del «Ceccopieri»), l’Oberlieutenant Emil Czebaz, dello stesso
Reggimento, di intervenire immediatamente contro ogni assem-
bramento e, contemporaneamente, dispose che, a rinforzo dei
soldati del «Ceccopieri», accorressero un picchetto di granatieri
del Battaglione «Baussnern»121 e un contingente di corazzieri
121
Il Battaglione era composto di compagnie tratte dai reggimenti ungheresi di
fanteria 2°, 32°e 39° arruolati rispettivamente a Presburgo, Pest e Peterwardein.
Secondo Gustavo Massoneri, sarebbero stati volutamente impiegati soldati rumeni
del 39° particolarmente ostili agli Ungheresi. Gustavo Massoneri, Cenni storici della
Guerra dell ’indipendenza dell ’Ungheria nel 1848 – 49, Fiume, Stabilimento Tipo Lito-
64 grafico Emidio Mohovich,1898, pagg. 14–16. Nello Schematismus del 1848 non ri-
ANGELO CERIZZA - A DURA VITA, A DURA DISCIPLINA

del 3° Österreichisches Kürassier «König August von Sachsen».


Quando la folla tentò di avvicinarsi al Palazzo del Comando in
Piazza San Giorgio, l’Oberlieutenant, dopo aver gridato ai dimo-
stranti di sgomberare, ordinò ai suoi soldati di caricare a baionet-
ta inastata. La folla, premuta anche dai granatieri e dai corazzieri,
fuggì in disordine verso Piazza Dìsiz. E a questo punto avvenne
l’episodio che la storia ufficiale del Reggimento non ricorda:

senza frapporre indugio – scrive il cadetto Gustavo Massoneri


del «Ceccopieri» – ordinai al mio drappello, che assiepava la via, una
conversione retrograda affine di sgomberare il passo ed in tal guisa,
rimanendo il passaggio libero, una gran parte dei perseguitati riuscì
a porsi in salvo.
Molti però nel tremendo trambusto rimasero orribilmente mal-
trattati dalle armi dei granatieri, che incalzavano la gioventù senza
pietà, e molti presi dal panico per sfuggire al macello si gettarono
dagli spalti, chi maltrattandosi le membra ed anche taluni incontran-
do la morte122.

Scampati in questo modo alla carica dei soldati, - riprendia-


mo qui la storia ufficiale del 23° - i dimostranti si precipitarono
nella Chiesa dei Francescani e suonando le campane a stormo
chiamarono la popolazione alla rivolta. La guarnigione della
Fortezza di Buda fu messa in stato d’allarme: il I Battaglione
prese posizione a difesa del Forte, mentre la 4ª divisione (7ª
e 8ª compagnia) occupava il Ponte delle Catene, che univa la
Fortezza a Pest attraverso il Danubio. Il tumulto poi cessò,
quasi d’improvviso; tutto parve tornar tranquillo e i soldati
rientrarono nelle caserme.
Negli scontri c’erano stati molti feriti (e anche un morto
secondo gli U ngheresi); il Governo di Pest istituì una com-

sulta alcun cadetto con il nome di Gustavo Massoneri (vedi Appendice Documento 2).
La pubblicazione, però, presentava l’organigramma del Reggimento ai primi mesi
dell’anno 1848; il cadetto potrebbe essere giunto al 23° nei mesi successivi. «Cadetto
con grado di sergente» è il grado che il Massoneri stesso si attribuisce nel
frontespizio delle sue memorie, nelle quali tra l’altro asserisce d’essere già all’epoca in
contatto con patrioti ungheresi.
122
Gustavo Massoneri, Cenni storici., cit., pag 17. 65
missione d’inchiesta, presieduta dal Ministro dell’Interno.
Forse non è il caso di accettare completamente la tesi del
Massoneri di un agguato deliberatamente ordito dal Comando
imperiale (che come detto avrebbe volutamente impiegato truppe
rumene – i granatieri – particolarmente ostili agli Ungheresi)123.
Parrebbe comunque che il cadetto, invece d’esser punito, come
si aspettava, per aver «infranto la consegna», fosse lodato dal
comandante del Reggimento, l’Oberst Schifman e dal generale
Boineburg124. In ogni caso sembrerebbe proprio che i soldati
del «Ceccopieri», quella famosa notte, avessero avuto la mano "leg-
gera" e l’opinione pubblica di Pest non mancò di rilevarlo: «I soldati
italiani – scrissero i giornali – si sono distinti come popolo di cuore
e amante dell’ordine; loro non uccidono la gente come l’ungherese
e il tedesco»125.
Vista da parte imperiale la benevola disposizione dei cittadini di
Pest nei confronti del «Ceccopieri» non era che il frutto, pericoloso,
della costante e continua pressione di «agitatori» sui soldati. Era,
infatti, naturale in quella situazione che gli Ungheresi, e in partico-
lare i giovani liberal-radicali, operassero affinché dalla simpatia le
truppe italiane passassero a un concreto appoggio alla causa nazio-
nale magiara. Esponenti politici iniziarono a frequentare le caserme
incitando i soldati a fraternizzare con il popolo. In ciò non facevano
che inserirsi in una tradizione politica che risaliva a Mazzini, il quale
già negli anni Trenta aveva auspicato un’alleanza tra i popoli unghe-
rese e italiano in funzione anti asburgica, e che nel 1848 personaggi
come Terenzio Mamiani intendevano rilanciare126.

123
Gustavo Massoneri, Cenni storici.,cit., pag. 16.
124
Gustavo Massoneri, Cenni storici., cit., pag. 18.
125
Lázló Pete, Il colonnello Monti e la Legione italiana nella lotta per la libertà
ungherese. Rubettino Editore, Soveria Mannelli (Catanzaro), 2003, pagg. 30, 79 – 80.
126
Lázló Pete, Il colonnello Monti cit., pagg. 26 - 30; Pasquale Fornaro, Testimonianze
italiane sulla rivoluzione ungherese del 1848 - 1849, in «Rassegna Storica del
Risorgimento Italiano», supplemento al fascicolo IV, 1998, cit. pagg. 81 – 83.
Terenzio Mamiani, dal maggio all’agosto 1848 Ministro degli Interni e dal novembre
al dicembre 1848, Ministro degli Esteri di Pio IX, propose di inviare ambasciatori in
Ungheria in accordo con il Regno di Sardegna, che aveva aderito all’iniziativa, e Lajos
Splény, vecchio amico del Mamiani si era recato a Torino per iniziare, seppur non
66 ufficialmente, trattative con il Ministro degli Esteri sardo. Il quadro politico individuato
ANGELO CERIZZA - A DURA VITA, A DURA DISCIPLINA

Che in questa intricatissima situazione i Lodigiani e i Cremaschi


del «Ceccopieri», gli altri Lombardi del 7°«Kress» e i Trevigiani dello
«Zanini» fossero in agitazione non stupisce certo. Lontani mille
miglia dalle proprie case, in un paese, di cui ignoravano la lingua,
preda di gravi sconvolgimenti, i poveri soldati avevano seguito,
narrano le fonti ungheresi, con simpatia la rivoluzione, tanto che
gli ufficiali non erano punto sicuri che, in caso di scontri, gli ordini
di intervenire contro eventuali manifestanti sarebbero stati eseguiti.
Un giornale di Pest ebbe a scrivere degli Italiani: «non ci sparereb-
bero contro, anche se ricevessero l’ordine di farlo»127. Lázló Pete
osserva che: «Considerando che più della metà dei 7500 militari
regolari era composta di soldati del «Ceccopieri» e dello «Zanini»,
credo non esagerato affermare che alla vittoria della rivoluzione
delle Idi di marzo, avvenuta senza spargimento di sangue,
contribuirono in maniera determinante gli Italiani di con-
vinzioni ungarofile»128 .

prevedeva un’alleanza anti austriaca tra Italiani, Ungheresi, Croati e Serbi. Non era però
tempo: l’Ungheria non desiderava abbandonare l’Impero, nel cui quadro intendeva la
propria autonomia nazionale (e stava trattando in parlamento il «soccorso italiano» a
Radetzky); il Comando piemontese, per parte sua, distribuiva volantini ai soldati croati
incitandoli ad abbandonare l’Esercito austriaco per tornare in Croazia, minacciata dal
nazionalismo ungherese. Era, però, noto l’atteggiamento di molti soldati ungheresi
nei confronti della rivoluzione italiana. Nella primavera del 1848 nel Lombardo-
Veneto le truppe ungheresi assommavano a cinque reggimenti di fanteria, un
battaglione di granatieri e due reggimenti di ussari: molti fra questi soldati avevano
manifestato il loro appoggio, o quantomeno la loro comprensione, per i «ribelli»
italiani. Il 5 aprile Carlo Cattaneo e Pompeo Litta, a nome del Governo provvisorio
lombardo, comunicarono al Parlamento magiaro l’intenzione di riconsegnare alla
Madrepatria tutti gli Ungheresi catturati durante l’insurrezione. All’annuncio del
generoso proposito risposero gli Ungheresi da Pest «aver essi eccitato i Ministri a
richiamare i loro reggimenti; alla lettura del nostro indirizzo aver esclamato non potersi
più tollerare l’iniqua guerra; aver proclamato a nome del popolo ungarico non esser
figlio di quella libera terra chi combattesse contro la libertà». Carlo Cattaneo,
L’insurrezione di Milano nel 1848, Feltrinelli, Milano, 2011, pagg. 98 – 101.
Quando nel luglio nella Dieta d’Ungheria fu votato il soccorso italiano, Sándor Petőfi
gridò: « L’Italia non ci ha fatto male alcuno/ E vuole come noi la Libertà/ Vogliono su
di lei scagliarci? Di noi, là /Su quel confine, non andrà nessuno». Come già detto la
votazione fu in realtà solo un mezzo per prendere tempo.
127
Lázló Pete, Il colonnello Monti., cit., pag.75 .
128
Ivi, pag.77. Cfr. anche Jean Bérenger, Storia dell ’Impero Asburgico., cit., dove l’autore
a pag. 243 scrive a proposito dei fatti del 15 marzo: «Poiché la guarnigione, composta 67
In un resoconto anonimo di un soldato dello «Zanini» si
racconta:

A Pest, avendo nuova di Italia in Marzo 1848, il Reggimento


Zanini cominciò a rivoltarsi. Brivio e altri due soldati gridarono
«Evviva Pio IX». Bertuzzi gridò «Morte ai tedeschi!» e furono
puniti con 48 colpi di bastone. Fecero complotto col Reggimento
Ceccopieri di unirsi alla cavalleria Kress e marciare per Italia. Il
Capitano Bernardi, il primo tenente Venturini e il Capitano Guidi129
erano i promotori. Il complotto fu scoperto: il capitano Bernardi fu
posto in pensione ed andò in Italia, Guidi trasferito nel Reggimento
polacco Bianchi in Galizia 130.

Per inciso, secondo gli elenchi pubblicati da Lázló Pete, il


soldato Bertuzzi Francesco risulta essere nativo di Codogno131.

Così il 23 maggio, in una dichiarazione rilasciata ai giornali


di Pest, alcuni ufficiali della guarnigione della Fortezza di Buda
descrissero la difficile situazione degli ufficiali imperiali in
Ungheria ed espressero l’auspicio d’essere presto trasferiti in
Italia, nell’Armata del Feldmarschall Radetzky132.

Pentecoste di sangue

Poi l’atmosfera cambiò. Il Governo magiaro, cui il governo


di Vienna con provvedimento del 7 maggio aveva concesso il
controllo delle truppe imperiali stanziate in Ungheria, chiese ai
reggimenti di giurare fedeltà alla Costituzione ungherese. Non
era fatto di poco conto, poiché, come rilevarono, gli ufficiali del
«Ceccopieri», il Reggimento aveva già giurato, e solennemente,

di soldati italiani, non era sicura, il Consiglio di Luogotenenza capitolò di fronte alla
folla».
129
I tre ufficiali risultano nello Schematismus del 1848, pag 194.
130
Pasquale Fornaro, Testimonianze italiane sulla rivoluzione ungherese del 1848 - 1849,
cit., pag. 86.
131
Vedi Appendice (Documento 6).
68 132
Geschichte des k. und k. Infanterieregiments N. 23., II. Band., cit., pag. 41.
ANGELO CERIZZA - A DURA VITA, A DURA DISCIPLINA

fedeltà all’Imperatore. Potevano i due giuramenti coesistere?


L’argomentazione, in sé, non era priva di fondamento, ma si
inseriva (questo dicono le fonti ungheresi) in un contesto di
attiva propaganda e di pressioni esercitate dagli ufficiali (croati
dicono gli Ungheresi) sulla truppa perché si mantenesse fedele
all’Impero, senza compromessi133. Gli ufficiali fecero anche
notare ai soldati, sensibilissimi su questo punto, che il nuovo
giuramento forse poteva aver effetti sulla durata del servizio
di leva. Il soldato ungherese non era obbligato dopo gli otto
anni di ferma a rimanere nella Landwehr fino a raggiungere
i vent’anni di servizio? In un momento in cui gli Ungheresi
procedevano a spron battuto ad organizzare battaglioni di
honvéd, l’insinuazione aveva un certo effetto. Comunque,
secondo la storia ufficiale del Reggimento, gli ufficiali diedero
aperta comunicazione al Ministro della Guerra ungherese, Lázár
Mészáros, di aver dato istruzione alla truppa perché «si mante-
nesse nella fedeltà e devozione alla causa imperiale».
Il primo giugno 1848 il Reggimento ebbe l’ordine di recarsi
sul Vérmező per prestare con le altre unità il famoso giuramen-
to, ma, aggiunge la storia ufficiale del 32°, «con munizionamen-
to da campagna» per ogni evenienza134. Dopo gli altri reparti,
venne il turno del «Ceccopieri» che si schierò regolarmente in
formazione, ma alla domanda di rito rivolta loro dal Ministro
della Guerra i soldati, armi al piede, risposero all’unisono: «No,
non giuriamo». La domanda fu allora ripetuta, ma identica fu

133
Molti ufficiali italiani avevano lasciato i reggimenti per tornare in Italia; notò un
cavalleggero del «Kress»: «appena si sentì che in Italia volevano sventolare la bandiera
tricolore, subito d’unanime consenso quei pochi ufficiali italiani, il fiore del Reggimento,
adducendo valevoli scuse, quittarono e se ne partirono, lasciando al Reggimento intero
il più gran cordoglio e rincrescimento, e quel che più, infesto solamente di Ufficiali
Croati e Tedeschi. Innegabile si è che essi partirono per soccorrere la patria, e per
illustrarsi di nobil gesta; ma lasciarono i propri figli viepiù stretti nel duro giogo della
schiavitù, e privi di coloro che potevano far rinascere a questo reggimento il desiderio
e la brama di battere e scuotere la propria tirannia» - Dalla relazione «Operazioni
della cavalleria in Transilvania», dalle carte Bianchi depositate presso l’Archivio di Stato
di Torino, pubblicata in Emilio Bettini, Danubio 1848, Hefti Edizioni, Milano 1993,
pagg. 159 – 167. In alcuni casi gli ufficiali italiani furono trasferiti o esautorati.
134
Geschichte des k. und k . Infanterieregiments N. 23., II. Band., cit., pag. 42. 69
la risposta: «No!». Dopo un rapido conciliabolo, si decise che
il comandante del Reggimento, Joseph Schifman, avrebbe letto
la formula tradizionale. Allora i soldati, benché non ancora
del tutto convinti, giurarono. Secondo la storia ufficiale nes-
suno s’accorse dello scambio di formule (ma ciò non è certo);
comunque i «no» si erano uditi e provocarono contestazioni da
parte del pubblico.
Il caso era clamoroso ed ebbe risonanza sulla stampa di Pest
e di Vienna con code polemiche e interpretazioni a dir poco
curiose. A chiarimento definitivo, l’Oberstlieutenant Johann
Sana, in quel momento comandante ad interim del 23°, inviò
una “confutazione” pubblicata sul n. 166 della Wiener Zeitung
del 16 giugno 1848:

Nell’articolo della Pester Zeitung N. 687 di questo mese, nel


quale tra l’altro si riferiva del giuramento delle KK truppe, tra gli
altri fatti non veri, di cui si tralascia la confutazione per la loro
scarsa importanza, viene testualmente scritto «Il turno giunse ora al
Reggimento “Ceccopieri”. Il Reggimento non si rifiutò di giurare sulla
Costituzione ungherese, solo le parole “difendere l’Imperatore contro
tutti i nemici” ferirono la sensibilità patriottica e risuonò un grido di
mille voci “No, no” […] allora giunse a cavallo il Ministro della Guerra,
Mészáros, che tenne, in italiano, un discorso ai soldati sospesi tra il
senso del dovere e l’amor di patria. E il discorso ebbe successo».
Di fronte a ciò, che è l’opposto della verità, dichiaro che non
intrighi ribelli o altro, né il dubbio che fosse da ritenersi colpa la
fedeltà alla Monarchia, furono le cause preminenti del rifiuto a
giurare, bensì la preoccupazione dei soldati che il giuramento
alla costituzione ungherese significasse rendere nulla la fede giurata
all’Imperatore e di dover aspettarsi un servizio più lungo con
l’inserimento nella guardia mobile.
Non erano poi venuti alla luce dubbi sulla costante fedeltà e
devozione della truppa alla Monarchia.
Il Reggimento condanna con indignazione come stolta e maligna
bugia una presentazione dei fatti tale da mettere in dubbio la sua
posizione nelle fila della K K Armata135.
135
Geschichte des k. und k. Infanterieregiments N. 23., II. Band., cit., pag. 42. Curiosamente
70 il fatto, clamoroso, non è minimamente ricordato da Gustavo Massoneri.
ANGELO CERIZZA - A DURA VITA, A DURA DISCIPLINA

A questo punto i rapporti tra la popolazione di Pest


e il Reggimento erano decisamente compromessi. Intanto
l’arruolamento degli honvéd proseguiva con successo, ma
poneva seri problemi logistici, soprattutto in termini di ricovero
e sistemazione delle reclute. Si ritenne perciò necessario
alloggiare le reclute nella Caserma degli Invalidi136 di Pest,
dove già erano quattro compagnie del II «Ceccopieri». Il
sovraffollamento, si sa, non favorisce la convivenza e in più altri
motivi contribuivano a peggiorare la situazione. Gli honvéd
ricevevano un soldo doppio di quello corrisposto ai soldati
regolari e le disuguaglianze nella paga non favoriscono i
buoni rapporti tra reparti militari.
Già in maggio si erano verificata alcune risse tra honvéd e
soldati: si trattava per ora di liti banali (forse la grappa era un po’
troppo di casa nella Caserma degli Invalidi). L’11 giugno 1848,
domenica di Pentecoste, avvenne il fatto più grave: nella cantina
della caserma, un honvéd accusò un italiano di averlo derubato di
un orologio. Ne nacque una lite cui intervennero i commilitoni
dei due litiganti e il tutto degenerò in una rissa generale.
L’Unterlieutenant Achille Bosisio era di picchetto quella sera
e intervenne: fu assalito, gettato in terra e malmenato dai
furibondi honvéd, mentre i soldati italiani, inferiori di numero,
non furono in grado di soccorrerlo. Giunse in quel momento
un drappello armato del «Ceccopieri» che fece uso delle armi
uccidendo un honvéd e ferendone gravemente un altro. La
notizia dello scontro corse nelle strade di Pest: alle 9 di sera una
folla di cittadini, honvéd e regolari ungheresi, armati di fucili,
accette, spranghe di ferro, si precipitò verso la Caserma degli
Invalidi circondandola completamente mentre le campane della
città suonavano a stormo. Sentinelle e ordinanze sorprese isolate
furono assalite. Dopo ripetuti tentativi la folla riuscì a sfondare il
portone della caserma e i soldati si ritirarono nelle camerate, dove
si barricarono. Alcuni ufficiali del Reggimento che si trovano in
città riuscirono, fortunosamente, a raggiungere i propri reparti:

136
Poi «Károly» 71
l’Unterlieutenant Karl von Fabrizii raccolse un gruppo di soldati
e riuscì ad aprirsi un varco nella folla; il Capitän-Lieutenant
Rudolf von Kottulinsky raggiunse la sua compagnia passando
dai tetti. Negli scontri persero la vita due ufficiali di un altro
reggimento che in abiti civili stavano raggiungendo i propri
alloggi nella Caserma e non c’entravano nulla. A questo punto
gli assalitori rivolsero la loro attenzione all’ospedale posto in
un’ala del palazzo. Qui l’ufficiale comandante, l’Oberlieutenant
von Hack, aveva già armato gli infermieri e fatto rinchiudere
nelle corsie gli honvéd ricoverati, circa cento; poi l’ufficiale
uscì dal cancello dell’ingresso dell’ospedale con la sciabola
sguainata, si diresse verso quello che sembrava guidare la folla,
un giovane, probabilmente uno studente, e gli puntò l’arma sul
petto: «Andate via, se no ti ammazzo!» Forse gli occhi dei due
uomini s’incrociarono e forse vi fu un lampo di buon senso.
Fatto sta che lo studente riuscì a convincere la turba a lasciar
perdere l’ospedale. A mezzanotte il Ministro della Guerra, il
solito Mészáros, si presentò alla caserma e intimò a quelli del
«Ceccopieri» di cedere le armi: ne ottenne un netto rifiuto. Iniziò
allora una sorta di armistizio e la folla cominciò a disperdersi. La
caserma comunque rimase bloccata e le compagnie, asserragliate
nelle camerate, tennero le armi alla mano. Il mattino dopo il
Ministro della Guerra chiese di nuovo la resa e minacciò l’uso
della forza, ma anche questa volta non ottenne che un secco
rifiuto.
Solo l’intervento del Conte Palatino, l’Arciduca Stefano, riuscì
alla fine a sbloccare la situazione: l’Arciduca convinse i soldati
ad imbarcarsi su dei battelli che li attendevano sul Danubio
per portarli lontani dalla città. Così le quattro compagnie del
II «Ceccopieri» lasciarono il Palazzo degli invalidi: Arciduca in
testa e con gli ufficiali a sciabola sguainata137.
137
Le fonti ungheresi tracciano un quadro simile, ma con non poche differenze. Così
secondo gli Ungheresi.
Il 5 giugno alcuni giovani ingiuriarono gli Italiani, fatti segno anche di un nutrito
lancio di sassi; i soldati reagirono e la folla si disperse. Pochi giorni dopo, l’11 giugno,
Domenica di Pentecoste, nella taverna della Caserma degli Invalidi, di nuovo honvéd e
72 soldati italiani si azzuffarono e questa volta nella rissa ci scappò il morto. Testimonianze
ANGELO CERIZZA - A DURA VITA, A DURA DISCIPLINA

Dei fatti della Caserma degli Invalidi scrisse anche la stam-


pa della capitale: la Wiener Zeitung del 14 giugno raccontò:
ungheresi, peraltro confuse, narrarono poi come gli honvéd avessero invitato gli Italiani
a bere con loro e che, per tutto ringraziamento, i soldati del «Ceccopieri» avessero
tentato di derubarli. Dopo una furibonda rissa gli Italiani furono cacciati, ma, aizzati dai
loro ufficiali, sempre secondo un testimone ungherese, tornarono armati, spalleggiati
da diversi commilitoni, e spararono ferendo gravemente alcuni honvéd. Erano le nove
di sera: al rumore degli spari una numerosa folla corse in soccorso degli honvéd e già
si prefigurava un assalto alla caserma, quando, per fortuna, giunse Lázár Mészáros: il
Ministro della Guerra ancora una volta si rivolse ai soldati in italiano, ma in
risposta ricevette un colpo di fucile che abbatté un ufficiale che stava al suo fianco.
Comunque gli Italiani si convinsero a rientrare nelle camerate, non prima però di
aver sparato una nuova salva di fucileria. Barricate dentro la Caserma, le quattro
compagnie del «Ceccopieri» non si arresero che mezzogiorno del giorno dopo. Gli
ufficiali furono incriminati e rimasero a Buda in attesa di processo; vi furono 8 morti
e 18 feriti gravi fra le due parti e quel giorno fu detto “la Pentecoste di sangue”. (Lázló
Pete, Il colonnello Monti., cit., pagg. 79 - 87). Eco dei fatti nella versione ungherese giunse a
Milano e trovò spazio sul periodico «Il 22 Marzo – primo giorno dell’indipendenza
lombarda» del 10 luglio 1848 con un indirizzo ai «Guerrieri del Ceccopieri».
Nell’articolo si affermava che gli incidenti erano conseguenza degli inganni orditi dagli
ufficiali imperiali, ma che comunque i rapporti tra Ungheresi e Italiani rimanevano
buoni almeno nella sostanza. Una versione di questo episodio è narrata in un
manoscritto anonimo conservato nell’Archivio di Stato di Torino che tratta del
«Ceccopieri» in Ungheria dal giugno 1848 fino alla resa del Forte di Lipót con
particolare riferimento alle vicende di un gruppo di soldati, detto poi «Truppa
Frangipane», che abbandonò la bandiera imperiale per passare sotto le insegne
ungheresi. (Reggimento Conte Ceccopieri fante. N.23. Archivio di Stato di Torino.
Raccolte Private. Carte Bianchi. Serie II, mazzo 6, incarto 3, n. 6; d’ora innanzi indicato
come «Manoscritto di Torino»). Secondo questo documento il soldato accusato del
furto sarebbe stato arrestato da alcuni militi della Honvéd e accompagnato alla caserma
circondato da una folla ostile. Il comandante della guardia della caserma,
Unterlieutenant Bosisio, confortato dal parere di altri ufficiali, avrebbe ritenuto arbitrario
l’arresto da parte di honvéd e lasciato di conseguenza libero l’accusato. La folla avrebbe
iniziato a rumoreggiare: in quel momento sarebbe giunto sulla scena un drappello di
soldati del «Ceccopieri» che avrebbe sparato sulla folla provocando 6 morti e 4 feriti (di
cui uno grave). La folla allora avrebbe sfondato la porta della caserma e avrebbe fatto
irruzione nel cortile dove sarebbero stati allineati i corpi delle vittime. I soldati delle
quattro compagnie del «Ceccopieri» si sarebbero barricati nel piano superiore dei
dormitori e si sarebbero arresi solo l’indomani per l’intervento del Ministro della
Guerra e del Conte Palatino, Arciduca Stefano. L’allontanamento da Pest sarebbe stato
eseguito dagli honvéd presente una folla ostile e gli Italiani sarebbero stati fatti segno di
pesanti ingiurie. Massoneri non ricorda l’episodio anzi scrive: «il Reggimento
italiano Conte Ceccopieri n. 23 […] con ordine improvviso e pressante venne trasferito
a Presburgo. La cagione di tale repentino trasloco non fu altro che la simpatia che i
cittadini delle due città [Buda e Pest] nutrivano e professavano agli individui
componenti il Reggimento. » (Gustavo Massoneri, Cenni storici, cit., pag. 19). 73
Da Pest ci inviano nuove notizie sul conflitto tra Italiani e
Ungheresi. 4 compagnie del Reggimento italiano «Ceccopieri»
avviarono una rissa con la guardia mobile ungherese alloggiata con
loro nella stessa caserma. Si venne ad uno scontro sanguinoso e i
cittadini presero le parti della guardia e alla fine gli Italiani furono
sopraffatti, disarmati e condotti con quattro battelli alla Fortezza di
Komárom. I torbidi nelle due città sorelle furono gravi e per tutta la
notte le campane suonarono a stormo.

Alcuni giorni dopo anche il Comando di Reggimento,


il I Battaglione e la 7ª e 8ª compagnia (del II Battaglione)
lasciarono Buda per Presburgo (Pozsony)138. Mentre dalla
sponda opposta del Danubio risuonavano gli insulti, ufficiali e
soldati presero congedo dalla popolazione di Buda con la
quale avevano, senza particolari incidenti, convissuto per più
di dieci anni. Dopo vari spostamenti, il primo agosto il
Reggimento risultava così dislocato: Comando, 5ª, 6ª, 7ª e
10ª compagnia in Presburgo con un piccolo distaccamento
nella Fortezza di Lipót (Leopoldstadt); 1ª, 2ª, 3ª, 4ª
compagnia, al comando dello Hauptmann Ivos von Bassarić in
Komárom; l'8ª compagnia a Brezova, nell’inquieta regione
slovacca; la 9ª e l'11ª compagnia in Verbó; la 12 ªcompagnia in
Pőstyén. Il 14 agosto la 3ª e la 4ª compagnia furono impiegate
nella repressione dei moti di St. Johann, ma il 23 di quel
mese le due unità erano già tornate a Komárom.

Intanto il 25 luglio a Custoza i Piemontesi erano stati sconfitti;


il 9 agosto era stato firmato l’armistizio e gli Austriaci tornavano
in Lombardia. Quello stesso mese la corte imperiale rientrò a
Vienna: il vento era cambiato. I rapporti tra ungheresi e Governo
imperiale erano ancora tesissimi. Nella prima metà di settembre
l’agitazione in Pest giunse al parossimo: il conte Palatino chiese
rinforzi e le compagnie 5ª, 6ª, 7ª e 10ª del «Ceccopieri», con
altri reparti dell’Armata, furono trasferiti a Pest. Richiamati
poco dopo a Presburgo, i soldati del «Ceccopieri», incrociarono

74 138
Bratislava.
ANGELO CERIZZA - A DURA VITA, A DURA DISCIPLINA

sul Danubio un battello imbandierato carico di giovani festanti:


seppero che erano studenti di Vienna che accorrevano in
soccorso di quelli che erano ormai i ribelli ungheresi.
Nel frattempo, a Brezova, per l’8ª compagnia si preparavano
guai. Il 21 settembre i soldati si rifiutarono di sparare sugli
Slovacchi che (tanto per semplificare anche in questo caso)
non avevano riconosciuto i Governo ungherese e si erano
ribellati, s’intende, sempre in nome dell’Imperatore. La truppa
si lasciò disarmare e solo lo Hauptmann Carl Saussaye, che la
comandava, riuscì a rientrare nelle linee: 9 Korporale, 8 Gefreite,
1 tamburo e 75 uomini (di cui 8 della 11ª compagnia) furono
catturati con il loro Feldwebel (che poi raccontò di un attacco di
6000 (!) ribelli). Lasciati liberi dagli Slovacchi, i soldati dell’8ª
furono assegnati alla sussistenza del Reggimento di fanteria
Nr. 3. Nella seconda metà di settembre tutte le compagnie,
salvo la 7ª e la 10ª rimaste a Presburgo, furono impiegate
nella repressione della rivolta slovacca e pare, questa volta,
si comportassero bene (quantomeno dal punto di vista del
Comando di Reggimento).

Il 29 agosto il Governo di Vienna aveva reintrodotto la


centralizzazione nelle questioni militari: l’Ungheria ebbe
l’ordine di interrompere la formazione del suo esercito nazionale,
il controllo dei Confini militari ripassò all’Imperatore e Jellačić,
il 4 settembre, tornò ufficialmente in carica. Il 27 settembre la
folla di Pest linciò il conte Ferenc Lamberg giunto da Vienna,
per tentare una composizione che evitasse il conflitto.
Vienna comunque riteneva giunto il momento di chiudere
i conti con l’Ungheria del Governo costituzionale. Fra le prime
misure vi fu quella di riprendere diretto controllo delle truppe
imperiali: in questo quadro il «Ceccopieri» ora concentrato a
Presburgo ricevette l’ordine di trasferirsi oltre la Morava.
In quel momento Presburgo formicolava di «agitatori» e ci
si aspettava che la popolazione si opponesse alla partenza del
Reggimento destinato a rafforzare le truppe del Bano Jellačić.
Il 7 settembre il ponte sul Danubio venne interrotto dai 75
patrioti e il giorno dopo una folla di cittadini e honvéd circondò
la caserma, mentre le autorità ungheresi comunicavano al
comandante imperiale della Piazza l’intenzione di opporsi con
ogni mezzo alla partenza del Reggimento. «Ceccopieri rimani
con noi»139 gridavano gli Ungheresi irrompendo nella caserma
con viveri e vino. Ma secondo la storia ufficiale del Reggimento,
i soldati, al grido «Viva l’Imperatore», incolonnati e inquadrati,
si misero in marcia140. Non andò proprio così, come si vedrà.
E comunque fu una partenza piuttosto precipitosa: vennero
abbandonati gli ammalati negli ospedali e i soldati comandati
in servizi esterni non fecero in tempo (o non vollero) rientrare
nei ranghi; si lasciarono intatti i magazzini del Reggimento e
delle compagnie e gli ufficiali dovettero rinunciare ai bagagli.
L’Auditor del Reggimento venne catturato;lo Hauptmann Linke,
che doveva preoccuparsi della cassa del Reggimento, venne
preso e malmenato e solo con l’aiuto di alcuni amici riuscì a
rientrare nei ranghi. Le famiglie degli ufficiali raggiunsero, a
mala pena e dopo alcune peripezie, un deposito reggimentale.
Tra le fila dei soldati covava il malcontento, ma questo la
storia ufficiale del 23° non lo dice.

Il 3 ottobre il Governo imperiale dichiarò guerra


all’Ungheria141: si pensava a una rapida campagna, ma non fu
così. Il Bano Jellačić, l’11 settembre, anticipando i tempi, aveva
già varcato con le sue truppe la Dráva; venne fermato a Pákozd
Velence, ma rimaneva una pericolosa minaccia.
Intanto a Vienna il 6 ottobre il Battaglione di Granatieri
«Richter» destinato a rinforzare le truppe di Jellačić si
ammutinò rifiutando di partire per l’Ungheria. In suo aiuto
si mossero le unità radicali della Guardia Nazionale e parte
della popolazione che nei radicali politicamente si riconosceva:
Latour venne linciato dalla folla e la Corte dovette di nuovo
fuggire, rifugiandosi nella munita Fortezza di Olmütz. Il
139
Geschichte des k.. und k. Infanterieregiments N. 23, II. Band., cit., pag. 50.
140
Geschichte des k. und k. Infanterieregiments N. 23, II. Band., cit., pag. 50.
76 141
Mike Rapport, 1848, Laterza, Bari, 2008, pagg. 387 - 388.
ANGELO CERIZZA - A DURA VITA, A DURA DISCIPLINA

Feldmarschall-Lieutenant142 Windisch-Grätz, che aveva a suo


modo riportato alla “ragione” la Boemia, marciò su Vienna in
soccorso della guarnigione (ridotta a 8000 uomini) che si era
ritirata nei sobborghi della città, dove era stata raggiunta, il 12
ottobre, dal Bano Jellačić (che mascherò così la sconfitta subita
a Pákozd Velence).

E così […] salì ancora di più la confusione, il soldato venne


trascinato nella guerra civile tra Ungheresi e Slavi (Serbi, Croati,
Slovacchi) e alla fine le truppe imperiali combatterono le une
contro le altre, tutte nella convinzione di battersi per la giusta causa
dell’Impero143.

Il 16 ottobre, Windisch-Grätz era nominato Feldmarschall: a


lui era affidata la riscossa delle armi imperiali. Domata Vienna,
l’Esercito imperiale, ordinato in un’Armata principale su
tre corpi d’armata (I Feldmaschall-Lieutenant Jellačić; II Feld-
maschall-Lieutenant Wrbna; Riserva Feldmaschall-Lieutenant
Serbelloni) per un totale di 50000 uomini, avrebbe operato sul-
la direttrice di Presburgo, Buda e Pest. Dalla parte della
Slovacchia sarebbero, inoltre, avanzati tre corpi distaccati:
quello del Feldmaschall-Lieutenant Simunich sulla direttrice di
Tyrnau (Nagyszombat), quello dell’Oberstlieutenant Frischein
che sarebbe sceso per Sillein (Zsolna, Žilina) e infine quello del
Feldmaschall-Lieutenant Schlick che avrebbe dovuto scendere
verso Miskolc. Alla destra partendo dalla linea di Wiener
Neustadt sarebbero intervenuti altri tre corpi (16000 uomini)
destinati al settore di Ödenburg (Sopron).
La situazione era preoccupante, per gli Imperiali, in
Transilvania, dove il Felmarschall-Lieutenant Puchner (a Nord)
e l’Oberst Urban (a Sud) dovevano fronteggiare i ribelli Székely
congiunti alle forze rivoluzionarie del generale Bem, e nel
Banato dove rimanevano agli Austriaci sostanzialmente solo
alcune fortezze isolate.

142
Tenente Feldmaresciallo; comandante di divisione/corpo d’armata.
143
Geschichte des k. und k. Infanterieregiments N. 23., II. Band., cit., pag. 41. 77
VIVA L ’IMPERATORE!

E la riscossa imperiale non poteva che cominciare da Vienna.


Il 13 ottobre il 23º Reggimento raggiunse il Bano Jellačić a
Schönau: di lì il I Battaglione si portò a Swechat e il II raggiunse
Rannersdorf.
L’attacco imperiale iniziò il 22 ottobre: 59 battaglioni, 67
squadroni con 200 cannoni (70000 mila uomini) accerchiarono
la città, mentre un corpo di copertura (dove era il II
«Ceccopieri») fu dislocato sulla Leitha a fronteggiare l’Esercito
ungherese che, condotto dal generale Moga, accorreva, senza
molta convinzione, in soccorso degli assediati. Il 26 ottobre, il
I «Ceccopieri» inquadrato nella Brigata «Gramont» iniziò ad
avanzare nel Prater, incontrando aspra resistenza144.
Il 28 ottobre venne ordinato l’assalto finale e il I «Ceccopieri»
fu impegnato nei combattimenti nella Leopoldstadt. Gli
Ungheresi intanto avevano cominciato a varcare la Leitha e
il I Battaglione raggiunse il II «Ceccopieri» su quel fronte.
Respinti gli Ungheresi a Swechat, Windisch-Grätzt completò
le operazioni e l’1 novembre 1848 cadde anche la città interna.
144
In un angolo del Prater si incontra un cippo, ancora oggi tenuto in perfette
condizioni, fatto erigere nei prini anni ’50 dell’Ottocento da soldati del IV battaglione
del Reggimento Grenzer «Szluiner» in memoria di un loro ufficiale caduto «per
adempiere al proprio dovere». Lo «Szluiner» era a fianco del «Ceccopieri» durante gli
78 scontri nel Prater.
ANGELO CERIZZA - A DURA VITA, A DURA DISCIPLINA

La prima fase della riscossa poteva dirsi conclusa: ora toccava


all’Ungheria, ma non sarebbe stato tanto facile. Il 2 dicembre
Ferdinando I il Buono abdicò a favore del nipote Francesco
Giuseppe. Ma il primo dicembre l’Armata era stata posta
in stato di guerra e già si era definito l’ordine di marcia: il I
«Ceccopieri» nella Reserve (poi III Corpo) del Duca Serbelloni,
Divisione Schwarzerberg, Brigata Liebler e il II nel II Corpo
del Feldmarschall-Lieutenant Wrbna, Divisione Csorich, Bri-
gata Fürst Jablonowski145.
Il 14 dicembre l’Armata imperiale varcò la Leitha146: di fronte
aveva un corpo di 30000 uomini agli ordini di Arthur Görgey,
comandante in capo dell’intera armata ungherese, e il Corpo
di Perczel, di minor consistenza numerica. Il Feldmarschall
Windisch-Grätzt puntò decisamente su Presburgo che cadde
senza opporre resistenza e il 27 cadeva Raab (Győr). Di qui il I
Corpo prese la via di Stuhlweissenburg (Székesfehérvár) per
intercettare il distaccamento di Perczel che tentava di
congiungersi con Görgey. A Moor Perczel venne sconfitto e
il I Corpo austriaco piegò verso Buda. Intanto il II Corpo
d’armata austriaco e la Reserve, il 29, erano giunti sotto i
bastioni della Fortezza di Komárom147, che non s’arrese e
venne sottoposta a blocco, mentre il grosso delle forze imperiali
proseguiva verso Pest. Il 31 dicembre il Governo ungherese lasciò
Pest per la Piazza fortificata di Debrecen, al di là del Tibisco.
Il comandante in capo dell’Esercito ungherese, Arthur
Görgey, decise di non difendere la capitale salvando così i suoi
trentamila uomini da certa disfatta. Il 5 gennaio Windisch-
Grätz entrava trionfante nella città; Görgey fu temporaneamente
sollevato dal comando supremo148 e gli Ungheresi tentarono di

145
Cfr Rüstow, W.,Geschichte des ungarischen Insurrectionskriegs in den Jahren l848 und
l849, Zurich, l860; Geschichte des k. und k. Infanterieregiments N. 23, II. Band., cit.,
pag. 57.
146
Una curiosità: le truppe imperiali portavano una fascia bianca sullo Shako, per
distinguersi dai nemici che ancora indossavano la stessa divisa austriaca.
147
Komorn.
148
Cfr. Conte F. Bettoni – Cazzago, Gli Italiani nella Guerra d ’Ungheria 1848 – 1849,
Storia e documenti, Fratelli Treves Editori, Milano, 1887, pag. 98. In realtà secondo 79
riprendere Pest, ma il 26 - 27 febbraio a Kápolna furono battuti.
Ma Kápolna non era stata battaglia decisiva: l’armata ungherese
era stata sconfitta ma non distrutta. Mentre le forze imperiali
assediavano ancora invano la Fortezza di Komárom minacciosa
spina nel fianco dell’Esercito imperiale fermo sul Tibisco,
gli Ungheresi potevano pensare alla rivincita. Nel marzo
lanciarono una poderosa offensiva che culminò, il 6 aprile 1849,
con la vittoria delle armi magiare a Isaszeg. Windisch-Grätz
venne esonerato dal comando.
Una novità per il «Ceccopieri»: il 27 gennaio 1849, l’Oberst
Joseph Schifman, dal 1845 comandante il Reggimento, fu
promosso General-Major e l’11 aprile fu comunicato il nome
del nuovo comandante, l'Oberst Alois Alnoch von Edelstadt149.

Nella seconda metà di aprile il Feldzeugmeister150 Welden,


che aveva rilevato il comando dall’esonerato Windisch-Grätz,
si vide costretto ad abbandonare Pest. L’intera Armata ripiegò
a protezione delle frontiere austriache, lasciando nella Fortezza
di Buda una Guarnigione di 4800 uomini al comando del
General-Major Heinrich Hentzi von Arthurm.

II «Ceccopieri»: operazioni in Slovacchia

Contemporaneamente il II «Ceccopieri», al comando del


Major Carl von Schivny St. Aulaire, trasferito nella Divisione
del Feldmarschall-Lieutenant Simunich, era impegnato in
operazioni in Slovacchia. Il 14 dicembre Simunich marciò
verso Nádas e di lì mosse contro una brigata nemica. Il 16 di
quello stesso mese gli Ungheresi erano sconfitti a Tyrnau
(Nagyszombat) e il Simunich si presentò d a v a n t i a l la
Fortezza di Lipót (Leopoldstadt, costruita nel 1664, ai tempi
il Bettoni il generale fu sollevato dall’incarico per le sue opinioni politiche: era infatti
sostenitore di un programma costituzionale moderato in antitesi con il radicalismo di
Kossuth. Cfr. Alan Sked, Grandezza e caduta dell ’Impero Asburgico., cit., pag. 99.
149
L’Oberst Alnoch era stato allievo dell’Accademia di Wiener Neustadt da cui era
uscito nel 1819.
80 150
Generale d’artiglieria.
ANGELO CERIZZA - A DURA VITA, A DURA DISCIPLINA

di Leopoldo I). L’assedio si concluse il 3 febbraio con la resa


del Forte151.
Dopo la presa di Lipót, il Feldmarschall-Lieutenant Simunich
ricevette l’ordine di raggiungere le truppe imperiali impegnate
nel blocco di Komárom. Si sperava che alla vista di un apparato
d’assedio così imponente la guarnigione della Fortezza si
arrendesse senza combattere. Ma fu speranza vana: Komárom
con i suoi 300 cannoni non cedette e Simunch si affrettò a
completare le opere d’assedio. Il 4 marzo l’accerchiamento
è concluso e il II «Ceccopieri» è impiegato in operazioni di
sicurezza e pattuglia agli avamposti. Sembra cosa semplice: in
realtà per i soldati ciò significava turni di servizio di 48 ore
senza interruzione. L’artiglieria d’assedio fu rinforzata e il
30 marzo giunse il Feldzeugmeister Welden; in accordo con
Simunich venne progettata un’ampia operazione d’assaggio
con lo scopo preciso di valutare la potenza di fuoco delle
artiglierie di Komárom e, in particolare, se nella Fortezza vi
fossero artiglieri in numero sufficiente per consentire un fuoco
contemporaneo da tutti i bastioni. L’attacco fu condotto su tre
colonne: in quella di centro era schierata la 2ª compagnia del II
«Ceccopieri», mentre in quella di sinistra prese posizione il resto
del Battaglione condotto da Schivny St. Aulaire, che, promosso
da Major a Oberstlieutenant, era in procinto di assumere il
Comando del I Battaglione.
Conclusa l’azione Welden tornò a Wienna; le operazioni
d’assedio ripresero con i soliti pesantissimi turni di servizio.
Questo almeno è quanto detto nella storia del «Ceccopieri»
basata ovviamente su documentazione ufficiale. Ma Massimo
Schlesinger nella sua Storia della Guerra d ’Ungheria fornisce una
versione ben più drammatica e forse più vicina alla verità dei fatti:

Welden erasi umiliato ad assumere il comando del corpo d’assedio


e menò seco artiglieria quanto gli arsenali del vecchio impero avevano
da anni raggranellato. Per suo ordine fu impreso l’assalto generale del

Protagonisti ne furono gli Italiani del «Ceccopieri» che combattevano sotto bandiera
151

ungherese e che erano nella guarnigione di Lipót. Vedi infra pagg. 106 - 108. 81
31 che venne rappresentato siccome un esame tattico. Giusta altri
rapporti codesto assalto fu una dimostrazione della follia, l’impresa
di un orgoglio mentecatto, un saggio della più crudele inumanità.
Welden fé montare per tre volte i suoi soldati all’assalto: tre volte l’una
dopo l’altra furono spinte contro i bastioni le colonne dei cacciatori
di cui la terza parte non trovò più la via di ritornare; la quarta volta
venne comandato l’assalto alle truppe italiane, ma queste rifiutarono
di andare incontro a certa morte. Welden fé allora schierare alle loro
spalle i dragoni per dare loro la caccia. Truppe austriache che facevano
fuoco le une sulle altre a vicenda e rotavano le loro spade le une contro
le altre. Welden che non vedevasi più sicuro della sua vita nel pro-
prio campo, fu reduce a Vienna […]152

Komárom era imprendibile sia con assalto diretto sia con


bombardamento d’artiglieria, confermò un ufficiale italiano
del genio, particolarmente esperto: unica via possibile era
sommergere la Fortezza con le acque del Danubio, ma sarebbero
occorsi mesi e costi altissimi in termini di vite umane e di
risorse materiali. Welden – Schlesinger è molto duro – era un
incompetente abituato ai modellini di Vienna non alle reali
operazioni sul campo contro fortezze poderose e ben difese.
E Komárom rimase là, imprendibile: inutili, come aveva detto
l’ufficiale italiano, i bombardamenti subito ripresi dal Simunich;
inutile anche l’insidia del tradimento organizzato in accordo con
artiglieri austriaci al servizio degli Ungheresi. Il complotto fu
scoperto e gli assalitori, che avrebbero dovuto trovare i cannoni
della Fortezza inchiodati, furono respinti con gravi perdite.
Le malattie intanto colpivano i soldati quanto il fuoco
nemico, né risparmiavano gli ufficiali: l’Oberstlieutenant Schivny
cadde ammalato, preda di febbre insistente e perniciosa, sì che si
dovette ricoverarlo a Presburgo; il comando del II «Ceccopieri»
venne assunto dal Major Anton Hofer del 44° fanteria.
Quando pareva, ed era opinione diffusa, che i giorni della
Fortezza fossero contati, gli assedianti ebbero notizia che
Görgey muoveva verso di loro. A Simunich non rimaneva che
152
Massimo Schlesinger, Storia della Guerra d ’Ungheria negli anni 1848 - 1849,
82 Tipografia della Svizzera Italiana, Lugano, 1851, pag. 192.
ANGELO CERIZZA - A DURA VITA, A DURA DISCIPLINA

sospendere l’assedio: il 21 aprile il ponte di barche sul Danubio,


costruito con tanta fatica allo scopo di consentire i movimenti
delle truppe imperiali, venne distrutto e Simunich ordinò di
ripiegare verso Presburgo, dove si stavano ritirando il II Corpo
d’armata e la Reserve, mentre il I Corpo d’armata si disponeva
a difendere le frontiere meridionali. Le compagnie 11ª e 12ª
del II «Ceccopieri» ebbero l’ordine di portarsi ad Aranyos in
operazione di copertura con una ½ batteria e una divisione del
«Kress». Ai primi di maggio la brigata «Sossay» fu passata in
rivista dall’Imperatore in persona in viaggio verso Varsavia dove
doveva concordare con lo Zar Nicola l’intervento dell’Esercito
russo in aiuto delle barcollanti sorti imperiali.
Il II «Ceccopieri» fu acquartierato in servizio di avamposto:
il 12 maggio fu avvistata un una brigata nemica e la Divisione
Simunich dovette entrare in azione, ma gli Ungheresi si
ritirarono ai primi colpi di cannone. Poi, il 17 di maggio, la
brigata «Sossay», fu aggregata alla Divisione Burits e posta agli
ordini dell’Oberst Collery.

Il Feldmarschall-Lieutenant Balthasar Simunich fu deco-


rato il 9 luglio con il Ritterkreuz dell’Ordine di Maria Teresa
e in quell’occasione ringraziò con uno scritto ufficiale tutti i
suoi soldati.

83
Disegno schematico del perimetro della Fortezza di Buda
84 con indicazione semplificata della dislocazione delle truppe.
ANGELO CERIZZA - A DURA VITA, A DURA DISCIPLINA

I «Ceccopieri»: assedio e caduta della Fortezza di Buda

L’Armata imperiale abbandonò Buda - il 23 aprile - lascian-


do asserragliata nella Fortezza una guarnigione di 4800 uomini
con 293 cavalli e 85 cannoni al comando del General-Major
Heinrich Ritter Hentzi von Arthurm.
Nella seconda metà d’aprile il I «Ceccopieri» era stato tra-
sferito nella Fortezza, dove era stato raggiunto, il 24 di quel
mese, dal nuovo comandante di Reggimento, l’Oberst Alnoch;
il comando del Battaglione era tenuto,ad interim, dallo Haupt-
mann Heinrich Benigni von Mildenberg (l’Oberstlieutenant
Schivny comandante effettivo, si ricorderà, giaceva ammalato
a Presburgo). L’unità era composta di: 1 Staboffizier153, 23
Offiziere, 10 Feldwebel, 49 Korporale, 56 Gefreite, 10 Spielleute, 9
Zimmerleute, 452 Gemeine, 6 Fourierschützen, 12 Privatediener.
(in totale 628 effettivi; 570 uomini validi; tra gli uomini di
truppa vi erano anche alcuni effettivi del II «Ceccopieri» e della
divisione granatieri) 154.
Nel 1849 Buda era un’antica fortezza in condizioni non
buone, trascurata per il lungo periodo di pace. Si estendeva
in direzione Nord - Sud lungo il corso del Danubio per circa
1500 metri in forma d’ellisse irregolare. Alla fortificazione si
accedeva attraverso quattro porte principali: a Nord il Wiener
Tor, a Ovest il Stuhlweissenburger Tor, a Sud il Burger Tor, a
Est, di fronte a Pest, il Wasser Tor. Una linea ideale tracciata
tra il Wasser Tor e il Stuhlweissenburger Tor consentiva di
dividere la pianta della Fortezza in due parti. Il perimetro della
parte settentrionale, più grande e più larga (500 metri circa

153
Ufficiale di stato maggiore.
154
Con il Battaglione italiano (6 compagnie) rimanevano a difesa della Fortezza:
il III Battaglione del 12° Galizisches-Infanterie-Regiment «Erzherzog Wilhelm»
(6 compagnie), il III Battaglione del 6° Warasdiner St. Georger Mil. Gränz – I.R. (6
compagnie), il III Battaglione del 10° Banal Mil. Gränz-Infanterie-Regiment (Erstes
Banal – 4 compagnie), il I Squadrone del 9° Dragoner «Erzherzog Johann»; il parco
d’artiglieria era composto di 20 cannoni da campagna e 65 pezzi da fortezza (mortai,
cannoni, obici) con i relativi artiglieri. Le truppe tecniche (pionieri, zappatori)
completavano la guarnigione. 85
nel punto di maggior ampiezza), era tracciato da tre linee
difensive (Fronti) ognuna delle quali aveva, dal punto di vista
militare, specifiche caratteristiche. Il Fronte orientale era una
linea spezzata che correva lungo il Danubio; il suo andamento
consentiva un efficace fuoco di fiancheggiamento che avrebbe
preso l’assediante di infilata. Era il lato più forte dell’intera
Fortezza. Il Fronte occidentale consisteva in quattro rondelle
collegate da cortine in un’unica linea di difesa che consentiva il
fuoco incrociato sull’antistante terreno pianeggiante; il pendio
su cui insistevano le sue mura era piuttosto alto e ripido. In sé la
linea era molto forte, ma poteva essere facilmente bombardata
da batterie piazzate sui colli che a una certa distanza correvano
ad essa paralleli; era una linea che presentava difficoltà sia per
la difesa sia per l’attacco.
Il Fronte Est e il Fronte Ovest erano fra loro collegati da
una linea difensiva (Fronte Nord) che correva con andamento
ad arco dalla IV rondella, d’angolo con il Fronte Ovest, fino
al VII Bastione (Josephibastion), in comune con il Fronte Est.
Il muro, che insisteva su una lieve scarpata, presentava il suo
punto debole nella parte ad Ovest che poteva essere facilmente
bombardata con artiglierie piazzate sui colli antistanti.
La parte a Sud della linea tra le due porte, più piccola e stret-
ta, di forma grosso modo di triangolo isoscele, era occupata dal
Palazzo Reale (Burg), con gli annessi giardini, che occupavano
il vertice meridionale ed erano protetti da una grande rondella
(XIII); proseguendo verso Nord, lungo il lato ovest, si incon-
trava un tratto di terreno a terrazze, poi il muro che fiancheg-
giava il nuovo maneggio reale. Questo tratto delle difese, come
si vedrà tenuto da reparti del I «Ceccopieri», non permetteva
il piazzamento di artiglieria e i soldati potevano contare su
qualche lancia granate e, soprattutto, sulle armi individuali,
comprese le granate a mano155.
Due acquedotti assicuravano alla guarnigione l’indispensabile
155
Josef Némedy, Die Belagerungen der Festung Ofen in den Jahren 1686 und 1849, Pest,
1853, Selbstverlag des Herausgebers, pagg. 50 – 55; Lázló Pete, Il colonnello Monti, cit.
86 pag. 133.
ANGELO CERIZZA - A DURA VITA, A DURA DISCIPLINA

approvvigionamento idrico: il primo (subito interrotto dagli


Ungheresi nei primi giorni dell’assedio) faceva capo a una fonte
posta su uno dei colli a Ovest; il secondo prendeva l'acqua
direttamente dal Danubio mediante due condotte forzate. Due
ponti collegavano allora Buda a Pest: uno di barche (che venne
incendiato il 23 aprile dagli Imperiali in ritirata) e l’ancor oggi
celeberrimo Ponte delle Catene.

Quando Windisch-Grätzt, il 5 gennaio, era entrato nel Forte


riteneva che la campagna d’Ungheria fosse di fatto finita e aveva
rinforzato le opere difensive di Buda limitatamente nell’ottica
di una possibile futura insurrezione dei cittadini di Pest. La
direzione dei lavori era stata affidata al General-Major Hentzi il
quale, anzitutto, a controllo dell’accesso al Ponte delle Catene
aveva fatto innalzare palizzate e a loro copertura aveva fatto
costruire all’imbocco del Ponte stesso un Blockhaus156. A rinforzo
era stata poi predisposta, nella parte sud orientale, una terrazza
ellittica bastionata per i fucilieri. Queste opere erano state
integrate in un dispositivo di difesa che, facendo perno su alcune
costruzioni civili collegate da palizzate, proteggeva le condotte
dell’acquedotto del Danubio in un doppio fronte trincerato
continuo dalle mura fino al fiume (Wasserretranchement).
Le mura settentrionali erano state munite di parapetto ed
elevate e altri provvedimenti erano stati presi per la sicurezza
del Palazzo Reale: gli accessi alle terrazze, erano stati protetti
con una piccola torre e erano stati approntati dispositivi di
difesa per le fanterie. Anche le quattro rondelle del fronte
occidentale erano state rinforzate. Infine il Ponte delle Catene
fu reso intransitabile, dopo che gli ultimi reparti imperiali erano
passati, e per ogni evenienza presso i piloni vennero piazzate
quattro grosse mine.
Il I «Ceccopieri» e il III Battaglione del 10° Banal Mil. Gränz-
Infanterie-Regiment furono dislocati all’interno della Fortezza,
mentre al Wasserretranchement stavano il III Battaglione del
156
Piccola e compatta opera difensiva, presidiata soldati di fanteria, in genere posta a
protezione di accessi a forti, ponti ecc. 87
«Wilhelm», il III «Warasdiner» e una batteria a piedi da 6 libbre.
Il comando di queste ultime postazioni fu assunto dall’ Oberst
Alnoch. Nel Wasserretranchement stabilì il suo comando anche
il General-Major Hentzi: l’ordine impartito alla guarnigione
era di resistere finché le scorte di viveri e munizioni e lo stato
delle opere l’avessero consentito.
Gli Ungheresi schierarono le loro forze tutt’intorno alla cinta:
il II Corpo sulle alture del Blockberg davanti al Burger Tor, il
I Corpo sul Fronte Ovest, il III Corpo sul Fronte Nord e la
Divisione Kmety di fronte al Wasserretranchement. Tutti con le
relative batterie di cannoni: in totale circa trentamila uomini e
100 pezzi d’artiglieria.
L’assedio iniziò il 4 maggio, di mattina,con un bombardamento
della batteria del II Corpo che aprì il fuoco senza aver ricevuto
alcun ordine, almeno secondo Arthur Görgey, comandante
l’Armata ungherese157. Fatto sospendere l’attacco, il generale
ungherese inviò un parlamentare ad intimare la resa con uno
scritto che conteneva:
La comunicazione che Buda era accerchiata dalle nostre
forze (è Görgey che scrive). L’opinione non essere cosa possibile
di mantenersi contro queste per lungo tempo in quella piazza.
L’intimazione d’arrendersi per essere trattati come prigionieri di
guerra onorevolmente (gli ufficiali conservando la spada, e la truppa
senza armi). La promessa che i prigionieri di guerra avrebbero avuto
umano trattamento anche nel caso che il presidio si fosse difeso sino
agli estremi sempreché fossero stati rispettati il ponte sul Danubio e
la città di Pest, donde non doveva la fortezza temere alcun attacco;
mentre impegnavo la mia parola d’onore che in caso contrario sarebbe
stato, dopo la presa della fortezza, passato a fil di spada tutto il
presidio. Un appello ai sentimenti patriottici del generale Hentzi, di
cui correva allora voce che fosse oriundo ungherese […]158.

157
Arturo Görgei, La mia vita e le mie opere in Ungheria negli anni 1848 e 1849.,
Stabilimento Tipografico Fontana, Torino, 1852, Vol. 3, pag. 102.
158
Arturo Görgei, La mia vita e le mie opere in Ungheria negli anni 1848 e 1849., cit.,
pag. 103.
Insistere nell’assedio e lasciare contemporaneamente ripiegare indisturbata l’Armata
88 imperiale verso le sue basi da dove sarebbe ripartita alla riscossa fu errore poi
ANGELO CERIZZA - A DURA VITA, A DURA DISCIPLINA

La risposta di Hentzi fu dura e smentì tutte le voci, cui


peraltro i generali ungheresi prestavano fede, di un presidio di
Buda demoralizzato e pronto ad arrendersi senza combattere
alle prime avvisaglie dell’assedio: Buda avrebbe resistito e, poiché
poi la Fortezza era sotto il fuoco di cannoni piazzati a Pest,
Hentzi riteneva giustificato bombardare la città (ma Hentzi
era in errore: i colpi provenivano dalla batteria del II Corpo
situata sulle alture di fronte al Burger Tor). Per quanto riguarda
l’appello al patriottismo ungherese, il General-Major ricordava
d’essere sì nato a Debrecen, ma da famiglia svizzera al servizio
dell’Impero e d’essere egli stesso naturalizzato austriaco.
Appena dopo il ritorno del parlamentare, tutte le batterie
ungheresi aprirono il fuoco, mentre la divisione Kmety si
lanciava all’assalto del Wasserretranchement. Sulla riva sinistra del
Danubio dalla parte di Pest una grande folla seguiva lo spettacolo
dei combattimenti con grandi grida di incoraggiamento per gli
attaccanti (e forse l’assembramento confermò l’impressione di
Hentzi che sulla riva di Pest si stavano preparando azioni contro
la Fortezza)159. L’attacco fu comunque un insuccesso pagato con
gravi perdite.
Intanto alle batterie ungheresi cominciavano a mancare, per
motivi logistici, le munizioni così che anche il bombardamento
rallentò. Scartato l’assalto diretto, si pensò, una volta risolto il
problema delle munizioni, di istallare una batteria da breccia
sui colli davanti al Fronte Ovest, a Sud della I Rondella; al
Comando della Fortezza di Komárom furono richiesti quattro

rimproverato al Comando ungherese, ma fu decisione più politica che militare adottata


a ragion veduta da Görgey. Il generale ungherese scriverà nelle sue memorie: «Se la
pronta caduta di Buda m’era sembrata in allora una sorgente di probabilità favorevoli
al mio progetto d’invitare in nome dell’Esercito ungherese, giunto che fosse vittorioso
sulla Leitha, tanto il Governo di Vienna quanto la Dieta di Debrecino ad un pacifico
accordo; doveva la maschia risposta che aveva avuto la mia intimazione dal generale
Hentzi convincermi tanto più dell’assoluta necessità che Buda fosse, o presto o tardi,
caduta prima che potessi menomamente pensare ad arrischiare con probabilità di
successo quel mio tentativo. (Arturo Görgei, La mia vita e le mie opere in Ungheria negli
anni 1848 e 1849., cit., pag. 107).
159
Geschichte des k. und k. Infanterieregiments N. 23. II. Band., cit. pag. 86. 89
pezzi da 24 libbre e uno da 18160 catturati agli Imperiali che
giunsero con un ritardo di una settimana, secondo Görgey,
per le resistenze ingiustificabili di Guyon, comandante di
Komárom.
Tra il nono e il decimo giorno dall’inizio dell’assedio la
batteria da breccia iniziò ad aprire il fuoco con tutte le altre161,
mentre gli assediati tentavano disperatamente di riparare i danni
e rafforzare le difese nei settori più minacciati. Nella notte tra
il 17 e il 18 maggio - secondo Görgey spinti dall’indignazione
per i bombardamenti di Pest ordinati da Hentzi il giorno 13
- gli Ungheresi tentarono un assalto generale, ma la breccia
aperta nelle mura dalla batteria risultò non ancora praticabile e
l’azione del I Corpo andò a vuoto come l’assalto del III Corpo,
poiché le scale d’assalto si rivelarono troppo corte. Ma l’attacco
del II Corpo «venne meno per la strenuità di quella parte del
presidio cui era affidata la difesa dei giardini del Palazzo Reale»
nel settore tenuto dal «Ceccopieri»162.
A questo punto fu deciso di lanciare, nei giorni successivi, lun-
go tutta la cinta della Fortezza (escluso il settore fronteggiante
Pest) attacchi non decisivi, condotti allo scopo di tenere la
guarnigione in costante allarme.
Alle truppe della guarnigione fu proibito lasciare il posto di
combattimento; i soldati dormivano, se ci fossero mai riusciti, sui
bastioni. Molti uomini del «Ceccopieri» erano continuamente
impegnati sotto il bombardamento ungherese nelle opere di
ripristino delle strutture difensive con grande pericolo: il giorno
20, alla breccia,il comandante del genio, lo Hauptmann Philipp
Pollini, mentre sovrintendeva lavori fu mortalmente colpito. Il
suo posto venne preso dallo Hauptmann Gorrini.
Il Comando ungherese riteneva che Hentzi, confuso dai
finti attacchi, si aspettasse, e a ciò si fosse preparato, un attacco

160
Il pezzo da 18 risultò poi già inchiodato e quindi inservibile.
161
A sinistra della batteria da breccia era operativa anche un’altra nuova batteria con
cannoni da 6 libbre.
162
Arturo Görgei, La mia vita e le mie opere in Ungheria negli anni 1848 e 1849., cit.,
90 pagg. 117 - 118.
ANGELO CERIZZA - A DURA VITA, A DURA DISCIPLINA

decisivo al Wasserretranchement e al Fronte Nord. Perciò il piano


per l’assalto finale, fissato per la notte del 21 maggio, prevedeva
(dopo un diversivo iniziale), invece, una decisa azione nel tratto
della linea difensiva compreso tra la breccia e i giardini del
Palazzo Reale, ritenuto più debole (dove erano dislocati,
come si ricorderà, reparti del I «Ceccopieri» con il Comando di
Battaglione alla XIII Rondella). Un’offensiva generale su tutti
i fronti avrebbe appoggiato l’azione163. Alle tre del mattino le
batterie ungheresi aprirono il fuoco: un’unica salva cui fece seguito
un inatteso silenzio. Era il segnale. Il I Corpo ungherese attaccò
alla breccia e alle terrazze, mentre il II Corpo avanzava contro il
Burger Tor, i giardini e la XIII Rondella. Contemporaneamente
il III Corpo concentrava i suoi sforzi sulla IV Rondella, d’angolo
tra il Fronte Ovest e il Fronte Nord. Alla XIII Rondella, la 3ª
compagnia del I «Ceccopieri» riuscì a fermare gli honvéd del
II Corpo che tentavano di risalire dai giardini del Palazzo
Reale, ma la 2ª compagnia, in difficoltà al Burger Tor,
chiese aiuto al comando di Battaglione.Lo Hauptmann Benigni
accorse con un lancia-granate e alcuni uomini della 3ª e
l’attacco fu bloccato. Contemporaneamente alla breccia la
situazione si faceva di momento in momento più difficile: di qui
giunse al Comando del I «Ceccopieri» e al comandante Hentzi,
nel Wasserretranchement, una pressante richiesta d’aiuto, mentre
dalla 2ª compagnia, immediatamente, l’Unterlieutenant
Mühlwert164 accorreva con alcuni uomini. Il General-Major
Hentzi, intanto, aveva ordinato alla 9ª divisione del III
«Wilhelm» di portarsi alla breccia dove ben tre assalti degli
honvéd (bersagliati anche dal fuoco della I Rondella) furono
respinti. Ma la 2ª compagnia, che oltre al Burger Tor,
presidiava anche le Terrazze, non riuscì, in quest’ultimo
settore, a contenere la pressione d e l I C o r p o : reparti honvéd
scalarono il muro, scesero nel maneggio reale, proseguirono
verso la breccia, ma si scontrarono con u n d r a p p e l l o d el I
163
Josef Némedy, Die Belagerungen der Festung Ofen in den Jahren 1686 und 1849., cit.,
pag. 123; Görgey nelle sue memorie non parla di questo piano d’attacco.
164
Cadrà in combattimento alla breccia. 91
«Ceccopieri» che, guidato dallo Hauptmann Benigni, cercava,
anch’esso, di raggiungere la breccia. Colti di sorpresa gli honvéd
ripiegarono nel maneggio per subito riprendere il tentativo
d’avanzata. Giunse in quel critico momento un reparto della 9ª
divisione del III «Wilhelm» con due cannoni: si riuscì a piazzarne
solo uno per mancanza di artiglieri e ancora una volta gli honvéd
furono bloccati. Per poco. L’attacco riprese: lo Hauptmann Benigni,
ferito e con il volto ridotto a una maschera di sangue, stramazzò a
terra165 e la sua piccola truppa si sbandò. Favoriti dalla superiorità
numerica, gli Ungheresi riuscirono a questo punto a prendere
sul fianco i difensori alla breccia: agli Imperiali non restò che
ripiegare su alcune case vicine e di lì continuare la resistenza.
Alle primissime luci dell’alba due bandiere ungheresi
comparvero sul muro alla breccia, mentre altri reparti honvéd
sopraggiungevano dirigendosi verso i giardini incontro ai
camerati del II Corpo. Un piccolo reparto italiano, con
un lancia-granate, in posizione presso la Rondella166 al
Stuhlweissenburger Tor, rimase completamente isolato. Poiché
ogni resistenza era ormai impossibile, espose una bandiera
bianca salutata con grida di gioia da reparti honvéd rimasti di
riserva. Gli Ungheresi presero a salire sulla Rondella aiutati
dagli Italiani che tesero loro i fucili. Un ufficiale imperiale salì
sulla postazione strappò la bandiera bianca e ordinò una
carica per respingere i magiari. Ma era troppo tardi e
l’ufficiale cadde sotto la fucileria degli honvéd che irrompevano
nella postazione mentre i soldati cedevano le armi167.

165
L o Hauptmann Benigni, gravemente ferito, venne accolto dalla signora von Kranz,
la cui abitazione durante l’intero assedio di Buda fu adibita ad ospedale. L’ufficiale
fu insignito del Ritterkreuz dell’Ordine di Leopoldo e alla fine della guerra sposò la
signora von Kranz.
166
Geschichte des k. und k. Infanterieregiments N. 23,II. Band., cit., pag. 85. La postazione di
lancia-granate era posta secondo la Storia ufficiale del 23º tra la I e la II Rondella.
167
Josef Némedy, Die Belagerungen der Festung Ofen in den Jahren 1686 und 1849, cit.,
pag.132.
L’episodio fu notato anche dal comandante in capo ungherese: «..sventolava sopra una
delle traverse del ramparo di Weissenburgo una bandiera bianca improvvisato segno di
resa. Lo sventolare di quella bandiera non impediva tuttavia nullamente ai difensori
92 del rondello di Weissenburgo di continuare, per quanto lo permetteva la loro operosità,
ANGELO CERIZZA - A DURA VITA, A DURA DISCIPLINA

Cadevano intanto le altre rondelle del Fronte Ovest e i giardini


del Palazzo Reale, mentre i reparti, che ancora, trincerati nelle
case di fronte alla breccia, avevano resistito, ripiegavano, premuti
dagli honvéd, verso Piazza San Giorgio. In quel momento, dal
Wasserretranchement, giunse Hentzi che colse subito la gravità
situazione: sguainò la sciabola, cercò di ricomporre le fila delle
truppe imperiali e ordinò la carica alla baionetta. Colpito al basso
ventre, il General-Major cadde senza un grido168 fra le braccia
di un ufficiale del «Wilhelm», che lo portò al riparo affidandolo
ad un aiutante. I fanti del «Wilhelm» contesero agli Ungheresi
anche l’ultimo metro di terreno.
Hentzi, ferito gravemente, aveva inviato ad Alnoch nel
Wasserretranchement l’ordine di ripiegare verso la Fortezza
con tutte le forze ancora disponibili, ma il comandante del
«Ceccopieri» non ricevette mai quest’ ordine.
Intanto gli honvéd avevano invaso la Fortezza e le
truppe imperiali superstiti si erano rifugiate nella Caserma
Ferdinando. Rimaneva anche il Palazzo Reale dove un pugno
di soldati, tra i quali 50 del «Ceccopieri», con alcuni cannoni,
si apprestava all’estrema resistenza. Dalla Caserma Fer-
dinando venne inviata all’Oberst Alnoch una disperata
richiesta d’aiuto (e fu solo allora che Alnoch seppe di Henzti
ferito a morte), ma delle quattro compagnie «Wilhelm»
inviate solo due riuscirono a entrare nella Fortezza.
Il reparto, dopo un breve combattimento, accerchiato, e dopo

[…] un fuoco assai micidiale contro gli scalatori del 1° corpo della muraglia a terrazze;
[…] Dopo un certo lasso di tempo s’avvicinò però d’improvviso un uomo alla traversa,
afferrò la bandiera e la portò, con passo malfermo, verso il rondello di Weissenburgo.
Giunto colà, la piantò sul parapetto. Alcuni difensori di quel punto trovarono in questo
fatto un pretesto gradito per rinunziare alla resistenza. La maggior parte continuò a
fare fuoco. Si mostrò anzi di là a poco sul rondello un ufficiale, ne strappò quel segno di
resa e lo getto al suolo. Ma appena si fu allontanato, sventolava nuovamente la bandiera
bianca sul parapetto. Sembrò allora che l’idea della resa s’impossessasse della maggior
parte dei difensori […]». Arturo Görgei, La mia vita e le mie opere in Ungheria negli anni
1848 e 1849., cit., pagg. 126 - 127.
168
Secondo la Geschichte des k. und k. Infanterieregiments N. 23., II. Band., cit., pag. 98,
pare abbia avuto ancora la forza di gridare «Forza, ragazzi buttateli fuori». 93
aver perduto gli ufficiali che lo comandavano, finì col depor-
re le armi. Poi cadde anche il Wasserrentranchement.
L’Oberst Alnoch, dopo aver invano tentato di rientrare nella
Fortezza, prese con sé due compagnie di Grenzer e raggiunse il
Ponte delle Catene; di qui inviò l’aiutante di Battaglione con
la bandiera bianca ad offrire la resa a condizioni onorevoli, ma
l’aiutante venne immediatamente fatto prigioniero. Alnoch,
allora, si avviò verso le mine apprestate sul Ponte e accese le
micce, dopo aver freddato con un colpo di pistola un honvéd
che avanzava a fucile spianato. Una forte detonazione scosse
l’intera Fortezza e quando la nuvola di polvere sollevata dalla
deflagrazione si posò si vide il corpo martoriato del comandante
del «Ceccopieri» sul Ponte rimasto intatto, là a poca distanza da
dove giaceva l’honvéd ucciso dal colpo di pistola169. Il General-
Major Hentzi von Arthurm, giorni prima, aveva fatto togliere
le casse piene di pietre e l’esplosione ne era risultata indebolita.
Alla presa della Fortezza seguirono, secondo la storia
ufficiale del 23°170, scene raccapriccianti, ma purtroppo non
insolite: in tutte le case e cantine si diede la caccia ai soldati
imperiali molti dei quali, nonostante avessero cedute le armi,
vennero uccisi a sangue freddo; i corpi dei caduti vennero
spogliati, derubati e oltraggiati. Poi una folla, da Pest, irruppe
nella Fortezza: un gruppo di fanatici si precipitò nello
Schulhaus dove giaceva, ormai in agonia, il General-Major Hentzi.
L’ufficiale venne buttato su una carretta e trascinato per le vie
dell’abitato, mentre un’orchestrina suonava musica zigana; poi
finalmente, per intervento di alcuni ufficiali honvéd, venne
portato al Comando generale.

169
Secondo Josef Némedy, (Die Belagerungen der Festung Ofen in den Jahren 1686
und 1849., cit., pagg. 133 - 134), l’Oberst Alnoch raggiunse le mine poste all’inizio
dell’assedio sul Ponte delle Catene, per adempiere la minaccia fatta a suo tempo da
Hentzi. Chiamò uno zappatore e gli ordinò: «Accendi!» e, poiché nemmeno con un
secondo invito l’ordine venne eseguito, l’Oberst Alnoch impugnò la sua pistola e con
un colpo provocò l’esplosione del barile di polvere. Secondo un’altra versione il Ponte
venne salvato da Adam Clark, direttore dei lavori di costruzione dell’opera, che fece
inondare le camere di ancoraggio dove era stato piazzato l’esplosivo.
94 170
Geschichte des k. und k. Infanterieregiments N. 23., II. Band., cit., pag. 101.
ANGELO CERIZZA - A DURA VITA, A DURA DISCIPLINA

Il General-Major Hentzi von Arthurm morì il 23 maggio


all’una del mattino e il suo corpo venne spinto, piegato in
due, in un angusto deposito di divise dove già erano le spoglie
semicarbonizzate dell’Oberst Alnoch. Fino alla sera del 23
maggio venne consentito alla popolazione di prender visione
del triste trofeo; poi il giorno dopo i due corpi, in una bara
l’uno, quello di Hentzi, l’altro avvolto in lenzuolo, furono
portati nel cimitero militare di Buda dove già erano i corpi degli
altri caduti. E così all’aperto rimasero due giorni poiché le fosse
comuni non erano pronte.
Gli Ungheresi negarono ogni crudeltà e Massimo Schlesinger
pare di fatto accettare la loro versione:

Hentzi morì da eroe, il colonnello Auer [Alnoch comandante il


«Ceccopieri»] cadde per un atto di vandalismo che non sortì tuttavia
il suo effetto. Egli aveva a difendere il suo posto all’acquedotto e al
Ponte delle Catene e quando tutto era perduto scagliò, per dividersi
dal mondo con fracasso, il suo sigaro in un barile di polvere che
corrispondeva alla mina del ponte (disposta in modo da distruggere il
sopracolonnio ma non i pilastri di pietra). Il cadavere del colonnello
fu trovato alcuni giorni dopo completamente carbonizzato […] La
salma di Hentzi non venne maltrattata come asseriscono i nemici
d’Ungheria, né fu pomposamente seppellita come si narrò dall’altra
parte […]171.

Scrisse Görgey nelle sue Memorie:

I ripetuti bombardamenti di Pest mostravano chiaro abbastanza


qualmente premesse all’assediato essere trattato umanamente, e
diedi pertanto a tutte le sezioni dell’esercito assediante l’espresso
divieto di dare quartiere a chicchessia del presidio. Promisi un premio
particolare a chi mi avesse condotto prigioniero il comandante nemico,
dappoiché volevo dare su lui un esempio da atterrire tutti coloro che
cedono al solletico d’accrescere senza scopo gli orrori della guerra.
171
Massimo Schlesinger, Storia della Guerra d ’Ungheria., cit., pag. 213. È una versione
piuttosto ingiusta per quanto riguarda l’Oberst Alnoch: secondo la Storia del 23° la
decisione di far saltare il Ponte fu presa dopo che gli ungheresi avevano rifiutato di
concedere agli assediati una resa onorevole. 95
Il generale maggiore Hentzi cadeva nelle mie mani, ma ferito a
morte. Il moribondo era già chiamato ad una potenza superiore al-
la mia. Il presidio non fu poi passato a fil di spada. Ne ringrazi
esso anche al presente quegli stessi ufficiali de’ quali parte lasciava più
tardi la vita sul palco, parte geme tuttavia nelle prigioni d’Austria; e
serbi esso in onore la memoria dei suoi generosi nemici172 .

Secondo il comunicato ufficiale del Governo di Vienna del


31 gennaio 1850 nell’assedio di Buda morirono 26 ufficiali e
406 soldati dell’Armata imperiale; secondo la storia ufficiale
del 12° Galizisches Infanterie-Regiment «Erzherzog Wilhelm»
caddero 32 ufficiali e 418 soldati; secondo Die Verteidigung der
Festung Ofen nach hinterlassenen Tageblättern 26 ufficiali e
506 uomini di truppa morirono in combattimento e 4 ufficiali e
174 uomini per malattia; caddero prigionieri 113 ufficiali e
4091 soldati.
Sulla parte frontale del monumento eretto nel 1852 a Buda,
in Piazza San Giorgio, in memoria dei caduti nell’assedio,venne
scritto: «General / Hentzi,/ mit ihm / Oberst Alnoch /
samt / 418 Tapfern / starben hier / den Opfertod / für /
Kaiser / und / Vaterland / 1849»173

172
Arturo Görgei, La mia vita e le mie opere in Ungheria negli anni 1848 e 1849, cit., pag.
133. Il generale forse in questo modo indiretto pensava di aiutare molti ufficiali honvéd
ancora nel 1852 nelle prigioni austriache. Secondo Josef Némedy, (Die Belagerungen der
Festung Ofen in den Jahren 1686 und 1849., cit., pagg. 137 - 138) gli ufficiali ungheresi
cui venne consegnato Hentzi lo affidarono ai medici militari. Görgey in persona si
recò a visitarlo e si offrì di esaudire un suo ultimo desiderio ricevendo in risposta uno
sprezzante silenzio. Dei prigionieri solo i nativi ungheresi furono in qualche modo
perseguiti (come traditori e deferiti alla giustizia militare).
173
Generale Hentzi / con lui / Colonnello Alnoch / insieme a / 418 valorosi / morirono
qui / in estremo sacrificio / per / l’Imperatore / e / la Patria / 1849. Il 25 luglio 1899
il monumento dalla Piazza di San Giorgio venne spostato nel cortile della scuola dei
Cadetti di Buda. I poveri resti dei caduti nella difesa, esumati dalla fossa comune,
vennero deposti sotto il monumento sulle cui lapidi laterali erano incisi i loro nomi;
non fu possibile indicare per ogni soldato il reggimento di appartenenza. Certo però
che non pochi cognomi là scolpiti suonano ancora oggi comuni nella Provincia di Lodi:
Arrigoni, Avelli, Bassi, Bernabé, Bozzi, Clerici, Dall’Aglio, Denti, Donda, Esposti,
Esposto, Gardoni, Gavina, Gidini, Leoni, Manfredi, Manzoni, Marazzoni, Mondini,
Moroni, Orzi, Parmeggiani, Pesenti, Piazza, Polenghi, Pozzini, Quadri, Rosa, Rensi,
96 Rubini, Salvadelli, Sarti, Sartori, Soresini, Stroppa, Toscani, Uboldi, Valenti.
ANGELO CERIZZA - A DURA VITA, A DURA DISCIPLINA

Per quanto riguarda il I «Ceccopieri», il comunicato del


Governo scrive di 7 ufficiali e 95 soldati caduti. Ma secondo
le fonti reggimentali i morti in combattimento sarebbero stati più
di 100. Secondo altre fonti ancora 53 o 46174.
La storia dell’assedio ebbe anche un seguito di polemiche.
In una lettera ai famigliari il conte Ceccopieri, Inhaber del
Reggimento così commentò:

Sono stato assai angustiato per aver perduto il nuovo colonnello


che aveva dopo pochi giorni raggiunto il Reggimento e che si trovava
a Buda col primo Battaglione […] Buda d’altronde non era
fortezza da sostenere un vivo assedio, tanto più che è dominata da
alture che il nemico occupò senza difficoltà, poiché vi sarebbe
abbisognato molta truppa per guardarla ed il nemico aveva ricevuto
più di 30000 uomini oltre a numerosa artiglieria di grosso calibro.
Quello che più mi duole si è che si attribuisce appunto al
Battaglione Italiano che v’era di guarnigione d’aver avuto
connivenza col nemico e così per questo tradimento aver
cooperato alla presa di questa Piazza per parte dei rivoltosi
ungheresi […]175

E in effetti sul comportamento del I «Ceccopieri» circolarono


voci poco lusinghiere.

Le capitain Benic176 du Régiment banal avait raconté en 1849 à


Essek, après avoir été rançonné, pubbliquement à la table dans une
auberge qu’on avait vu pendant l’assaut de Bude le 21 mai des soldats
du bataillon italien du régiment Ceccopieri tendre leurs mains aux
insurgés pour les faire monter sur le rempart, des autres attirèrent en
haut les rebelles au bout de leur fusil, et que la place aurait pu tenir
encore quelques jours sans cette exécrable trahison.

174
Geschichte des k. und k. Infanterieregiments N. 23., II. Band., cit., pag. 101.
175
Piero Ceccopieri Maruffi, La rivoluzione del 1848 - 49 in Austria – Ungheria nella
corrispondenza del Conte Ferdinando Ceccopieri in «Deputazione di Storia patria per le
antiche provincie modenesi – Atti e Memorie 1999» ser.XI, XXI, Aedes Muratoriana,
Modena 1999, pag. 491.
176
Nello Schematismus del 1848, pag. 259, nel 10° Banal, risulta un Oberlieutenant
Conrad v. Bennich. Come detto, il III del 10°era a Buda con il I«Ceccopieri». 97
Plût au ciel que ce brave capitaine eût eu la berlue, quand il croyait
remarquer ces infamies. Allons croire que l’héroique défense de
Bude ne fut point souillée par quelque trahison, et que les soldats
du régiment Ceccopieri eussent suivi le noble exemple de leurs
compatriotes à Santa Lucia près de Verone, qui se jetèrent la baïonette
croisée dans le camp ennemi177.

C’era, a dire il vero, negli Ungheresi l’aspettativa che gli


Italiani non avrebbero combattuto, anzi sarebbero passati dalla
loro parte. Nei primi giorni dell’assedio il quartier generale
dell’Armata ungherese riuscì a far penetrare nella Fortezza
alcuni honvéd confusi tra venditori che contrabbandavano
generi alimentari. Gli honvéd riferirono di dichiarazioni di
simpatia per la rivoluzione ungherese e di scarsa motivazione
alla guerra da parte degli Italiani178. Pareva anche a più di un
osservatore che i soldati del «Ceccopieri» ponessero ben scarsa
diligenza nell’esecuzione dei lavori di rinforzo alle fortificazio-
ni e mostrassero uno scarso entusiasmo che spesso rasentava
l’insubordinazione. In sostanza – nota il Pete179 - c’era una
generale diffidenza verso gli Italiani che alimentava sospetti
peggiori. Così, dopo la resa, numerose furono le testimonianze,
ungheresi e austriache, a carico dei fanti italiani. Ma lo Haupt-
mann Benigni comandante da interim del I «Ceccopieri» non
raccontò di alcun episodio di tradimento180. In realtà forse si
può accettare la versione dello Schlesinger:

Quanto poi risguardo al tradimento del Battaglione italiano


Ceccopieri, mentovato tante volte e altrettanto negato, è questo un

177
Le ban Jellacic et les évenéments en Croatie depuis l ’an 1848, par le Lieutenant-
feldmaréchal Joseph baron Neustaedter, Bibliotèque de l’Institut Français de Zagreb,
première série - Tome II, Institut Français de Zagreb, 1942, pagg. 264 - 266.
178
Josef Némedy, Die Belagerungen der Festung Ofen in den Jahren 1686 und 1849., cit.,
pag. 102; la convinzione, poi, che gli Italiani non avrebbero combattuto si basava sulla
interpretazione del manifesto pubblicato il 26 luglio 1848 dal Governo provvisorio di
Milano e dalle dicerie riportate in un rapporto del capo della polizia di Pest. Lázló Pete,
Il colonnello Monti., cit., pag. 134.
179
Lázló Pete, Il colonnello Monti,, cit., pag. 135.
98 180
Lázló Pete, Il colonnello Monti., cit., pag. 135.
ANGELO CERIZZA - A DURA VITA, A DURA DISCIPLINA

fatto che certamente doveva riuscire di grande rilievo per il Ministero


della Guerra austriaco. L’umanità rimase indifferente innanzi alla
questione se gli Italiani abbiano gridato il loro viva prima che i Croati
intonassero il loro zivio. E’ provato per mezzo di un tribunale militare
dell’Austria che quelli [gli Italiani] non hanno prestato soccorso agli
assalitori, sebbene abbiano rese le armi appena i primi Ungaresi furono
sul parapetto. I Croati continuarono a combattere nelle vie e solo
all’arrivo di alcuni uffiziali dello Stato maggiore ungarese fu posto
fine al trambusto […]181

Anche accettabile è l’opinione del Pete che in parte coincide


con quella sopra ricordata: «la maggior parte del battaglione
italiano, 600 uomini, anche se non molto motivato, resistette
fino alla fine, […] una piccola parte – per convinzione o per altro
– aiutò invece gli assedianti con la sua inerzia oppure cambiando
bandiera»182. L’episodio più sopra narrato della bandiera bianca
presso la I Rondella sembra accreditare simile versione.
Sull’origine della diceria venne anche data anche una curiosa,
ma non per questo inattendibile, versione:

Gli Italiani furono vittime di un equivoco: in breve, qualche giorno


prima dell’attacco ungherese, il Comando della fortezza aveva chiesto
quaranta uomini di buona volontà perché si calassero nel fossato e
lo ripulissero, sotto la guida di un ufficiale del Genio, delle macerie
prodotte dal bombardamento nemico. I quaranta volontari furono
trovati naturalmente tra gli Italiani che si calarono nel fossato con
delle funi, e con esse risalirono sui bastioni. Questo andirivieni di
uomini, che scendevano e scalavano così insolitamente le mura della
fortezza, aveva ispirato l’odiosa diceria che gli Italiani avessero tirato
con le funi all’interno di Buda i rivoltosi ungheresi.183

In chiusura, ad onore del Comando austriaco, che pur


all’inizio aveva accreditato l’accusa di tradimento, val la pena di
181
Massimo Schlesinger, Storia della Guerra d ’Ungheria , cit., pag. 207.
182
Lázló Pete, Il colonnello Monti., cit., pag. 137.
183
Piero Ceccopieri Maruffi, Un illustre soldato massese., cit., pag. 51. I fatto riportato
sembra ricordare l’episodio avvenuto il 20 maggio quando morì il comandante del
Genio Pollini. 99
riportare le parole della Commissione d’inchiesta correttamente
istituita il 31 gennaio 1850:

Non ci sono dubbi riguardo alla fedeltà dimostrata fino alla fine
dal Reggimento sia dagli ufficiali che dai soldati; tutti con tenacia
e grande coraggio hanno difeso la fortezza. Con il loro prodigioso
comportamento hanno sconfitto i soldati introdottisi attraverso una
breccia: la forza soverchiante è riuscita ad ottenere la vittoria solo a
prezzo di pesanti perdite d’ufficiali e soldati. Nella difesa di Buda
sono caduti 406 uomini: il I Battaglione di fanteria Ceccopieri ha
perso 7 ufficiali e 95 soldati. Il Ministero della Guerra annota, con
sincera soddisfazione, di poter smentire le false notizie tanto a lungo
diffuse per offendere la dignità del Reggimento più volte nominato
ed afferma ufficialmente che all’eroica difesa di Buda questo reparto
ha partecipato, come tutti gli altri del presidio, con identico coraggio
e fedeltà184.

Comunque sia, i difensori di Buda avevano reso un grande


servizio alla causa asburgica: con la loro ostinata resistenza
consentirono all’Armata imperiale di ripiegare senza particola-
ri difficoltà verso le proprie basi, da dove sarebbe ripartita
la riscossa.

Gli Ungheresi avevano disperato bisogno di uomini


addestrati: non lesinarono né in lusinghe né in maltrattamenti
per convincere i soldati del I «Ceccopieri» a passare sotto
il Tricolore d’Ungheria. Alla fine, alcuni cedettero, ma non
vollero impugnare le armi contro l’Impero, così che si dovettero
impiegare come infermieri e domestici. Questo secondo la
storia ufficiale del Reggimento185. Ma non andò esattamente
così: troveremo un centinaio di ex prigionieri di Buda in divisa
honvéd (ma nessun ufficiale).

Il I «Ceccopieri» a questo punto non esisteva più. Con decreto


dell’Inhaber dell’8 luglio 1849 il Comando del Reggimento
184
Lázló Pete, Il colonnello Monti., cit., pag. 132; Geschichte des k. und k. Infanterieregiments
N. 23., II. Band., cit., pag. 104.
100 185
Geschichte des k. und k. Infanterieregiments N. 23., II. Band., cit., pag. 102.
ANGELO CERIZZA - A DURA VITA, A DURA DISCIPLINA

veniva assunto ad interim dall’Oberstlieutenant Carl Schiwny


de St. Aulaire e con lo stesso decreto la sede del I Battaglione
veniva trasferita a Mantova per la ricostituzione dell’unità. Una
nota del Feldmarschall Radetzky fece presente che tutti i soldati
in permesso o in licenza degli otto reggimenti italiani erano
stati richiamati e che, almeno da quella parte, non c’erano più
uomini disponibili; il Ministero della Guerra autorizzò allora
l’arruolamento in tutti i Werbbezirke italiani.
Il Comando di Reggimento giunse a Mantova nel settembre
del 1849 e il Battaglione ricostituito rimase nella Fortezza del
Quadrilatero fino al maggio del 1850186.

Se il I «Ceccopieri» non esisteva più, il II era molto malconcio.


A inizio giugno dal II Battaglione venne tratta una divisione,
formata dai veterani dell’8ª e 11ª compagnia che, agli ordini
dello Hauptmann Rudolf von Kottulinsky, venne trattenuta in
zona d’operazioni, mentre il resto del Battaglione, un ufficiale
di stato maggiore, 12 ufficiali e 226 uomini, venne avviato, via
Vienna, al deposito di Gerasdorf, dove avrebbe dovuto ricevere
i complementi. Ma una volta a Vienna il Battaglione venne
trattenuto a sostituire il X I X Battaglione Jäger; solo dopo
la metà di giugno raggiunse il deposito dove finalmente
ricevette gli attesi complementi: 402 reclute italiane.

Il 30 maggio il Feldmarschall-Lieutenant Freiherr Julius von


Haynau sostituì Welden al comando in Ungheria. Nel frattempo
in virtù degli accordi tra il Governo di Vienna e quello di San
Pietroburgo un corpo di 130000 Russi era pronto ad entrare in
azione ai confini galiziani mentre una divisione russa, la 9ª, era
già in linea sul Danubio187.

Del «Ceccopieri», durante le fasi finali della campagna, in


linea rimasero la Divisione Kottulinsy e la Divisione Granatieri.
186
Geschichte des k. und k. Infanterieregiments N. 23., II. Band., cit., pag. 102.
187
L’Esercito russo era già intervenuto in aiuto degli Imperiali in Transilvania prima
dell’accordo ufficiale. 101
Quando Haynau aveva assunto il comando, la situazione per
l’Esercito imperiale poteva ben dirsi disastrosa. Il I Corpo del
Bano Jellačić da Buda aveva disceso il Danubio verso Sud a
protezione delle frontiere meridionali, mentre il II Corpo e
l a R e s e r ve s i e r a no c o n c e n t r a t i i n P r e s b u r go.
L’insurrezione d ominava in tutto il paese. Ma l’accordo
raggiunto con l’Impero Russo avrebbe di lì a poco ribaltato la
situazione. Il 17 giugno il principe Paskević dal passo di Dukla
iniziava ad avanzare per Kaschau (Kassa, Košice) e Hidas-
Nemethy in direzione di Miskolc. Il 28 dello stesso mese si
mosse l’armata di Haynau, rinforzata dalla 9ª divisione russa di
Paniutine, e un altro corpo russo agli ordini del generale
Lüders entrava in azione contro Bem in Transilvania. Mentre
l’armata del principe Paskević respingeva gli Ungheresi di
Dembinski verso Sud, Haynau costringeva Görgey da
Komárom a ripiegare verso Est. Il 4 agosto Dembinsky era
sconfitto a Szőreg e ripiegava su Temesvár (nella cui
Fortezza una guarnigione imperiale era assediata fin
dall’aprile)188 dove era raggiunto dal Corpo di Bem. Ma qui l’8
agosto gli Ungheresi erano di nuovo sconfitti.
Görgey, ripiegò verso Arad, ma alla notizia della sconfitta di
Temesvár, si ritirò verso Vilagos e, dimessosi Kossuth, il 13
agosto ordinò all’armata ungherese di deporre le armi. Bem e
Guyon, che si erano portati nella valle del Maros, parevano
ancora intenzionati a resistere, ma dovettero presto desistere.
L’imprendibile Komárom si arrese solo il 28 settembre, non
senza aver dato, nella notte tra il 2 e il 3 agosto, con
un’improvvisa e violenta sortita una dura lezione alla Brigata
Csorich dell’Armata imperiale.

188
La Fortezza di Temesvár (Timişoara) tenuta ostinatamente dalla guarnigione
imperiale era assediata dall’ aprile 1849 da truppe ungheresi dell’Armata del generale
Jozsef Bem, comandate dal Peretzi. Venne liberata il 9 agosto dall’Armata di Haynau:
tra le truppe imperiali della guarnigione figuravano quattro compagnie dello «Zanini»
che nel gennaio del 1849 erano tornate sotto le bandiere imperiali abbandonando
l’Esercito ungherese. Lázló Pete, Il colonnello Monti., cit., pag.107; Georg Baron von
Rukavina, nel Giornale dell ’assedio di Temesvár, Tipografia Carlo Vimenti, Modena,
102 1851, pag. 83, scrive di tre compagnie, il numero dei soldati è però identico: 320.
ANGELO CERIZZA - A DURA VITA, A DURA DISCIPLINA

COMUNQUE UN T R I COLORE

La truppa «Frangipane»

Come si ricorderà, (ora conviene fare un passo indietro),


l’ordine impartito ai primi di settembre al «Ceccopieri» di
abbandonare Presburgo per raggiungere le truppe di Jellačić
non lasciò i patrioti ungheresi indifferenti e ciò è riconosciuto
dalla storia ufficiale del Reggimento189: vi furono perorazioni
ufficiali da parte delle autorità e pressioni sui soldati da parte
dei patrioti. Si passa però sotto silenzio che queste azioni
qualche risultato conseguirono anche se non così eclatante
come poi volle la vulgata patriottica italo-ungherese. Si
ammette comunque che un certo numero di soldati per ragioni
più o meno di servizio non avessero seguito il Reggimento.
Tra le truppe, ovviamente, c’era una vecchia conoscenza: il
cadetto, con il grado di sergente, Gustavo Massoneri, il quale
non aveva certo rinunciato alle sue convinzioni antimperiali
e alle sue simpatie per la causa ungherese. Secondo la sua
versione dei fatti, l’Oberst Schifman ordinò al Reggimento di
uscire dalla Wassercaserme, dov’era acquartierato, per dirigersi
fuori città, come per una normale esercitazione. Giunta che

189
Geschichte des k. und k. Infanterieregiments N. 23., II. Band., cit., pag. 50. 103
fu la truppa fuori dalla cinta, fu fatta schierare in quadrato
e l’Oberst comunicò gli ordini ricevuti con un discorso in
cui richiamava i soldati alla fede giurata all’Imperatore. Ma i
patrioti, che avevano seguito il Reggimento, si avvicinarono ai
soldati tentando con i più appassionati discorsi di trattenerli190.
Tra questi si distinse l’ingegnere ferroviario, triestino, ma
fiumano di origine, Giovanni Baldini, che, in quei luoghi per
lavoro, aveva sposato la causa ungherese191. Comunque sia il
Reggimento, nella sua marcia verso le truppe del Bano, varcò
la Morava e si accampò presso il villaggio di Marchegg, dove
si andavano concentrando altre truppe imperiali. Massoneri,
a suo dire, iniziò la sua campagna patriottica aiutato da
«bassi ufficiali uno per nome Lovarina Giuseppe di Lodi e
l’altro Nicolini Giovanni di Soresina (Cremona)». Secondo
Massoneri tutta la «bassa forza» sarebbe stata pronta alla
diserzione. Ma una spia avrebbe informato il Comando del
tentativo di fuga in massa sicché molti, braccati e inseguiti dai
Grenzer e dalla cavalleria, furono catturati; altri si dispersero in
cerca di scampo. Solo Massoneri, Nicolini e Lovarina, con circa
150 uomini sarebbero riusciti a raggiungere le linee ungheresi
dopo una rocambolesca fuga nelle paludi della Morava192. Il

190
Gustavo Massoneri, Cenni Storici., cit., pag. 23.
191
Secondo il Manoscritto di Torino il Colonnello Schifman esortò i soldati a obbedire
agli ordini imperiali e fece incolonnare il Reggimento: comparve a questo punto un
cavaliere, Giovanni Baldini, che galoppando lungo la colonna avrebbe incitato i soldati
a non abbandonare la causa ungherese.
192
Gustavo Massoneri, Cenni Storici., cit., pagg. 26 – 32; Lázló Pete, Il colonnello
Monti., cit., pag. 89; Vedi Appendice (Documento 6). Negli elenchi non compare
alcun Lovarina; compare per contro un Nicolini Francesco carrettiere classe 1821 di
Soncino. Nel Manoscritto di Torino Lovarina sarebbe originario di Bergamo. Secondo
il Manoscritto di Torino il malcontento serpeggiava tra le truppe: era stato infatti
comunicato il ripristino delle punizioni corporali e l’abolizione del soprassoldo di 4
kreuzer deciso a suo tempo dal Governo ungherese. Incitati dal Cadetto Massoneri, 75
uomini, (sui 250 che avrebbero aderito al progetto di fuga) sarebbero riusciti, eludendo
la sorveglianza, ad abbandonare il Reggimento e a tornare a Presburgo.
Secondo Katrhin Stitzler 600 soldati del «Ceccopieri» avrebbero abbandonato il
Reggimento raggiungendo le linee ungheresi. All’inizio d’ottobre la maggior parte
dei soldati e tutti gli ufficiali (più di 400 uomini) sarebbero poi ritornati sotto le
104 bandiere imperiali. Kathrin Sitzler, Die Italienische Legion., cit., pagg. 36 - 37.
ANGELO CERIZZA - A DURA VITA, A DURA

15 ottobre il commissario di Presburgo informava il Governo


ungherese della costituzione di una milizia mobile volontaria
dislocata a Köpcsény che il commissario stesso chiamò «Truppa
Frangipane»193: in essa confluirono, con i disertori condotti dal
Massoneri, i soldati del «Ceccopieri» rimasti «per servizio» a
Presburgo dopo la partenza del Reggimento, altri Italiani,
disertori di altri reggimenti e civili, sempre Italiani, residenti in
Ungheria. Il 17 ottobre la «Frangipane» si unì al grosso
dell’Esercito magiaro accampato sul fiume Leitha: qui trovò
un plotone di soldati di cavalleria italiana. Erano cavalleggeri
del «Kress»194.
193
Massoneri, nei suoi Cenni Storici, cit., pag. 34, asserisce di essere stato incaricato
direttamente da Kossuth di condurre immediatamente con i soldati italiani
disponibili un’azione sulla Morava, il 13 ottobre. Nei giorni successivi si sarebbe
organizzato un corpo italiano su tre compagnie, una al comando dello stesso Massoneri,
con il grado di tenente, la seconda dell’ingegner Baldini, la terza del capitano Svoboda,
viennese. Tutto il reparto fu posto agli ordini di un ufficiale di cui il Massoneri asserisce di
non ricordare il nome. Secondo il Manoscritto di Torino il reparto venne costituito
raggruppando i soldati fuggiti con il Massoneri, altri soldati del «Ceccopieri» che
erano rimasti in città e non avevano seguito il Reggimento e un plotoncino, sempre
del «Ceccopieri», che a Komáron aveva aderito alla causa ungherese ed era stato inviato
a Presburgo. Il comando venne assunto dall’ingegner Giovanni Baldini, con Gustavo
Massoneri promosso prima sottotenente poi tenente. Da rilevare che i soldati lombardi
avrebbero ottenuto l’assicurazione che a guerra finita avrebbero potuto immediatamente
tornare a casa.
La divisione così organizzata venne chiamata dal commissario stesso «Frangipane». La
letteratura da me consultata non chiarisce il motivo di questa denominazione: comunque,
«Frangipane», oltre essere il nome della nobile famiglia romana, indica una pianta
tropicale (Plumeria) acclimatata in Europa nel Primo Settecento che per il suo profumo
ricordava quello di un’essenza distillata nel Medioevo da M. Frangipane, della già citata
nobile famiglia. «Frangipane» è anche il nome di una nobile famiglia croata (Frankopan)
signora di Gradec Rovoznik, nell’isola di Veglia, che riteneva essere discendente di un
casato romano imperiale e aveva ottenuto, sulla base di documenti, oggi ritenuti falsi,
concessi da Martino V, il riconoscimento della parentela con i Frangipane romani. Nel
1669 Fran II Krsto Frankopan con il cognato Petar Zrinski, Bano di Croazia, progettò
una rivolta armata contro l’Imperatore per sottrarre al casato degli Asburgo la Croazia e
l’Ungheria con l’aiuto della Turchia e della Polonia. Scoperti e arrestati i due congiurati
furono giustiziati il 30 aprile 1671 nella Fortezza di Wiener Neustadt.
194
Nella primavera del 1848 il 7° «Kress» (composto di soldati milanesi, lodigiani,
cremaschi, pavesi e di altre città lombarde) era acquartierato a Pér, Peremarton,
Veszprém, Tapolca, Hajmáskér, Palota, Csákvár, Kocs e Szöllös.
Nel settembre di quell’anno i sei squadroni del «Kress», che operavano inquadrati nei
reparti inviati a fronteggiare il Bano Jellačić, furono distribuiti a Budakeszi, Budaőrs,
Bia, Etyek, Bicske e, nel maggio, a Somogy. Due di questi squadroni ricevettero, poi, 105
In soccorso di Vienna

Il 28 ottobre l’Esercito ungherese varcò la Leitha per


correre in soccorso di Vienna assediata dal Windisch-Grätz;
due compagnie della «Truppa Frangipane» dalla riva destra
del Danubio dovevano agire di copertura al Corpo ungherese
che avanzava verso Ovest. Il 30 ottobre sul fiume Schwechat
gli Ungheresi furono affrontati dagli Imperiali: la «Frangipa-
ne» con tutte le sue compagnie era in prima linea al centro
dello schieramento. Non fu giorno fortunato: gli Ungheresi
furono respinti. Quello stesso giorno Vienna cadeva sotto il
controllo dell’Esercito imperiale dopo due giorni di aspri
scontri. Dalla capitale Windisch-Grätz fece appello ai soldati
disertori della causa imperiale - che (secondo lui) avevano
sbagliato - perché abbandonassero l’Esercito ungherese per
tornare alla fedeltà all’Imperatore.
Nemmeno il tempo di respirare: la controffensiva austriaca
era già imminente e prologo ne fu l’attacco condotto dal
Feldmarschall-Lieutenant Balthasar Simunich nei Piccoli
Carpazi.
Il primo novembre la «Frangipane» entrò nella brigata
inviata a intercettare il Corpo del Simunich, ma il Feldmarschall-
Lieutenant abilmente si sottrasse allo scontro sì che gli

l’ordine di trasferirsi a Zombor e il 14 agosto giunsero a Marcali; dieci giorni dopo il


2° squadrone giungeva a Babocsa.
A questi reparti era affidato il compito di controllare la riva della Dráva, ma il
Comando il 4 settembre preferì allontanarli inviandoli a S t u h l w e i s s e n b u r g
(Székesfehérvár), nelle retrovie. Il Governo ungherese non aveva gran fiducia nel
«Kress» e ne aveva motivo. Il 19 settembre cavalleggeri del «Kress» a Marcali si erano
uniti ai Croati e il Bano Jellačić, dopo che un maggiore del «Kress» aveva disertato
con i suoi soldati la bandiera ungherese, indirizzò un ordine del giorno al Reggimento
lombardo: sperava che i reparti che si stavano dirigendo verso Stuhlweissen-
b u r g sarebbero tornati sotto le insegne imperiali. E questo di fatto avvenne Dopo la
sconfitta di Pákozd, il Bano Jellačić in ritirata accolse gli ultimi gruppi di cavalleggeri
rimasti con gli Ungheresi: solo in 11 rimasero a fianco degli honvéd. Però, in
settembre, un gruppo di 56 soldati inviati in Transilvania per acquistare cavalli per il
Reggimento, venne disarmato dalla popolazione poi che era giunta notizia del
tradimento del «Kress». L’8 ottobre i 56 cavalleggeri giurarono fedeltà alla bandiera
106 ungherese: chiedevano solo a guerra finita di poter tornare a casa.
ANGELO CERIZZA - A DURA VITA, A DURA DISCIPLINA

Ungheresi occuparono Tyrnau (Nagyszombat)195 proseguendo


in un inseguimento reso difficile dalle condizioni atmosferiche e
dalla mancanza di viveri. Ricevuti rinforzi (tra questi si
ricorderà era il II «Ceccopieri»), i reparti austriaci tornarono
all’offensiva e il 16 dicembre gli Ungheresi furono battuti
proprio presso la stessa città di Tyrnau. Il Comando ungherese
mentre il grosso dell’esercito si ritirava decise di tenere la
Fortezza di Lipót, ritenuta per altro non in grado di reggere
ad un assedio. Una guarnigione di circa 1800 uomini fu
lasciata sui bastioni: la «Frangipane», con una forza di tre
compagnie di 150 uomini ciascuna, ne fece parte196.
Pochi giorni dopo Simunich comparve sotto i bastioni di
Lipót e fece iniziare il bombardamento; con scarsi risultati,
poiché le granate esplodevano a mezz’aria ben prima di
toccare le installazioni della Fortezza e ciò pare fosse
dovuto sostanzialmente all’imperizia degli artificieri. Alla
stessa imperizia è da addebitarsi l’esplosione che distrusse
la polveriera del Corpo austriaco, avvenuta poco dopo il
bombardamento197. Ai primi di gennaio Simunich abbandonò
l’assedio per fronteggiare un corpo ungherese che muoveva a
liberare l’Ungheria settentrionale: in quell’occasione Massoneri
propose una sortita che avrebbe potuto prendere Simunich
tra due fuochi. Non era la prima che gli Italiani proponevano
una sortita per ricongiungersi all’Esercito ungherese e ciò era
comprensibile poiché per il Comando imperiale erano disertori
e per di più colti con le armi in pugno. Il comandante del Forte
ricusò la proposta, ma diede comunque la sua parola che in
caso di resa avrebbe tutelato i militari italiani. Poi che il Corpo
ungherese di soccorso venne richiamato in un altro teatro di
guerra, Lipót fu di nuovo investita dall’artiglieria imperiale.

195
Trnava.
196
Gustavo Massoneri, Cenni Storici, cit., pag. 68. Al comando della «Truppa
Frangipane» troviamo Gustavo Massoneri, promosso capitano poi che Giovanni
Baldini era stato catturato dagli Austriaci durante una missione (Giovanni Baldini
verrà fucilato nel marzo del 1849). Massoneri probabilmente sopravaluta il contingente
italiano.
197
Si parlò di sabotaggio organizzato da un ufficiale imperiale di nazionalità magiara,
ma la voce è ritenuta assolutamente infondata. 107
Non rimase che la resa, ma il comandante del Forte nei termini
della capitolazione si “dimenticò” di tutelare, come aveva
promesso, gli Italiani. Lo Hauptmann Linke, ufficiale del II
«Ceccopieri»198 ora in forza alle truppe del Simunich, individuò
14 ufficiali e sottufficiali, tra i quali i sergenti Lovarina e
Nicolini, che, accusati d’aver istigato i soldati alla diserzione,
furono consegnati alla corte marziale. I soldati furono arruolati
senza tanti complimenti nelle truppe imperiali199. Anche
Massoneri fu catturato, processato e condannato a morte, ma
riuscì a fuggire e lo ritroveremo, sempre a fianco degli Ungheresi.

La Legione italiana

L’aperto conflitto con l’Austria riaprì le porte a un’intesa


italo-ungherese che già proposta all’inizio del 1848 era stata di
fatto lasciata cadere; ora però la situazione appariva ben diversa
soprattutto da quando Jellačić aveva occupato Fiume, l’unico
sbocco sul mare del Regno d’Ungheria. In ottobre la Dieta
ungherese richiamò in patria i soldati magiari ancora in Italia e
in quell’occasione il Comitato di difesa con un proclama ordinò
«alle sue truppe valorose stanziate in Italia che immediatamente
ricusino di battersi» e rivolse agli Italiani un appello affinché

198
Vedi Appendice (Documento 2)
199
L’episodio è ampiamente rammentato nel Manoscritto di Torino. Il capitano
Massoneri si sarebbe fermamente opposto alla resa, fino a stracciare la bandiera bianca
fatta esporre dal comandante la Fortezza, maggiore Ordódy, che venne poi sospettato
di tradimento. In effetti Ordódy venne condannato a soli tre anni di prigione, mentre
due ufficiali honvéd il tenente Filőp Gruber, comandante delle fortificazioni, e László
Mednyánsky, direttore della artiglieria, che si erano decisamente opposti insieme agli
Italiani alla resa, furono condannati a morte: la condanna venne sospesa, ma fu poi
eseguita per ordine di Haynau. Lázló Pete, Il colonnello Monti., cit., pag. 98; Daniél
Irány, Charles-Louis Chassin Histoire Politique de la Rèvolution de Hongrie 1847 – 1849,
Pagnerre, Libraire- Editeur, Paris, 1860, Seconde partie, La guerre, pagg. 229 - 230.
In circostanze simili ma nella località di Gorgai (Györg?) almeno secondo il Libro
d ’oro del Comune di Codogno, venne catturato il codognese Francesco Mondani, che,
riconosciuto, fu riarruolato e inviato all’assedio di Venezia. Qui disertò di nuovo e
passò dalla parte dei difensori della città lagunare. Cfr. Libro d ’oro del Comune di
108 Codogno n. 173.
ANGELO CERIZZA - A DURA VITA, A DURA DISCIPLINA

aiutassero i soldati a tornare in patria200.


In questo quadro, e nella convinzione che presto la guerra in
Italia sarebbe ripresa, si riavviarono gli approcci diplomatici tra
il Governo sardo e quello ungherese.
Con l’insediamento del Governo Gioberti, il 15 dicembre
1848, i contatti diplomatici conobbero un’accelerazione che
culminò con un effettivo scambio di rappresentanze ufficiali:
Lajos Splény a Torino e il conte Alessandro Monti201 in
Ungheria. Ricevuto l’incarico e le istruzioni, Alessandro
Monti, il 30 dicembre 1848, iniziò il viaggio verso Pest. Evitò
l’itinerario più breve e logico attraverso la Dalmazia, poiché
questa via era strettamente sorvegliata dagli Austriaci e passò
in nave da Ancona all’Albania per giungere a Belgrado: di lì
era sua intenzione varcare clandestinamente il Danubio. Ma
non era così facile: due volte tentò inutilmente di varcare il
grande fiume ottenendo solo d’essere catturato dai Russi e,
maltrattato e interrogato, dovette bruciare le sue credenziali.
Nuove credenziali potevano essergli consegnate solo dal
più vicino ambasciatore del Regno di Sardegna che era a
Costantinopoli. Con i nuovi documenti avuti nella capitale
200
Lázló Pete, Il colonnello Monti., cit., pag. 42.
201
Alessandro Monti (20 marzo 1818 – 22 maggio 1854) frequentò l’accademia
del genio militare di Vienna; entrato nell’Esercito imperiale, nel 1847 raggiunse
il grado di capitano del Reggimento di cavalleggeri «Hohenzollern». Nel marzo
del 1848, in congedo a Brescia, partecipò all’insurrezione antiaustriaca: organizzò
la Guardia Nazionale e si segnalò nei combattimenti in Brescia tanto da essere
nominato comandante delle milizie cittadine e di due battaglioni italiani che avevano
abbandonato le bandiere austriache. Seguì il generale Allemandi come capo di stato
maggiore della Divisione Lombarda che operava nel Trentino, incarico poi confermato
anche dal generale Durando, che aveva sostituito l’Allemandi. Dopo Custoza, ritiratosi
in Piemonte, cercò invano di entrare nell’Esercito sardo. Con il Ministro Perrone e poi
con il Governo Gioberti iniziarono i contatti con il Governo ungherese per uno
scambio di ambasciatori e una cooperazione militare in chiave antiaustriaca. In questo
quadro il Governo piemontese decise di inviare Alessandro Monti a Pest quale
ambasciatore. Per la figura del conte Alessandro Monti e la sua missione in Ungheria
cfr. Conte F. Bettoni – Cazzago, Gli Italiani nella Guerra d ’Ungheria 1848 –1849, Storia
e documenti, Fratelli Treves Editori, Milano, 1887; Pasquale Fornaro, Testimonianze
italiane sulla rivoluzione ungherese del 1848–1849, in «Rassegna Storica del
Risorgimento Italiano» supplemento al fascicolo, IV, 1998; Lázló Pete, Il colonnello
Monti e la Legione italiana nella lotta per la libertà ungherese., cit. 109
turca, Monti tornò il 2 maggio a Belgrado e qui apprese, da un
telegramma spedito da Torino il 30 Marzo, che l’Esercito sardo
era stato sconfitto a Novara il 23 marzo1849. La sua missione
era dunque finita ancor prima d’iniziare. Praticamente a titolo
personale (pur cercando di farsi accreditare come incaricato
segreto), il 10 maggio riuscì finalmente a passare in Ungheria
e ad incontrarsi con Kossuth, nel frattempo nominato
Presidente governatore del Regno d’Ungheria, poi che, il 14
aprile202 , il Parlamento ungherese aveva dichiarato decaduta la
dinastia degli Asburgo.

Nel marzo del 1849 il maggiore Vince Győzei era stato


incaricato dal Governo ungherese di organizzare, attorno a due
compagnie del 16° fanteria «Zanini» decimato a Kápolna203 e
che in quel momento erano di guarnigione a Debrecen una
«Legione italiana». In essa confluirono ciò che restava del-
la «Frangipane» e un certo numero di prigionieri di guerra
e volontari civili204.
Il 30 aprile la Legione italiana contava 403 uomini su tre
compagnie con un organico complessivo di 2 capitani (la terza
compagnia era agli ordini di Gustavo Massoneri che catturato a
Lipót era riuscito a fuggire dalla prigionia austriaca), 1 tenente,
3 sottotenenti, 12 sergenti maggiori, 76 caporali, 3 tamburini, 9
carpentieri e 297 soldati. La Legione, inquadrata nella Honvéd,
ebbe una sua uniforme: colbacco nero con cordoncino verde -
bianco - rosso, Rock verde scuro con colletto e revers ai polsi rossi.
I bottoni erano bianchi: i primi due non erano abbottonati perché
si vedesse il rosso del bavero. I calzoni erano grigio scuro205.
202
Mike Rapport, 1848., cit., pag. 469.
203
Pasquale Fornaro, Testimonianze italiane., cit., pagg. 79 - 102. Buona parte del
Reggimento «Zanini», arruolato nella provincia veneta (Treviso in particolare), nel
marzo del 1848 alla notizia dell’insurrezione in Italia decise di passare dalla parte
ungherese. Nel febbraio del 1849 il Reggimento fu decimato a Kápolna e gran parte
dei soldati cadde prigioniera.
204
Molti di essi erano deportati Lombardo-Veneti liberati dal Governo magiaro nel-
l’ottobre del 1848. Cfr.Antonio Gianola, Deportati Lombardo-Veneti ad Arad dal 1832
al 1848 estratto da «Corvinia» vol. XXI – XXIV, (1931- 1932) Franklin, Budapest 1933
110 205
Kathrin Sitzler, Die Italienische Legion., cit., pag. 40.
ANGELO CERIZZA - A DURA VITA, A DURA DISCIPLINA

Il 20 maggio Győzei venne promosso e destinato ad altro


incarico206 e al suo posto fu nominato il capitano Camillo
Fedrigoni, di origini italiane, ma austriaco di nascita e residente
in Ungheria. Il 25 maggio, infine, Kossuth nominò Alessandro
Monti comandante della Legione, alla quale, in quegli stessi
giorni, venne consegnata la bandiera: al centro dello stendardo
campeggiavano gli stemmi d’Ungheria, il Biscione di Milano
e il Leone di Venezia, circondati da un ramoscello d’ulivo.
Il 29 maggio per intervento diretto di Kossuth fu offerta ai
prigionieri del «Ceccopieri» catturati a Buda la possibilità di
arruolarsi nella Legione.
Per il nuovo reparto erano pronti piani grandiosi. Se il
23 marzo sul campo di Novara erano cadute le speranze di
rivincita piemontese, Venezia resisteva; Kossuth il 20 aprile
scrisse direttamente a Daniele Manin annunciandogli l’invio
di un ambasciatore accreditato e il 21 maggio l’ambasciatore,
János Bratich207, espose allo stesso Manin la proposta del
Governo ungherese: l’Ungheria avrebbe immediatamente
inviato, con una o più navi appositamente allestite, soccorsi
alla città lagunare assediata e iniziato un’offensiva terrestre in
direzione dell’Adriatico. Per parte sua Venezia avrebbe dovuto
trasportare a Fiume i soldati ungheresi che avessero raccolto
l’appello di Kossuth di abbandonare l’Armata imperiale. (Ma
solo 19 raccolsero quell’appello). L’obiettivo finale era di
marciare sulla Lombardia, provocare un’insurrezione e offrire
ai Piemontesi un’altra possibilità di rivincita. Rilevante, come
ovvio, sarebbe stato il ruolo della Legione nel portare soccorso a
Venezia e nel sollevare, con l’esempio e la propaganda, i popoli
lombardi. Anche Roma resisteva e anche con Roma furono
avviati contatti diplomatici.
Ma la «Primavera dei Popoli» stava per finire in Italia come
in Ungheria e il piano rimase solo una coraggiosa intenzione.

206
In realtà ebbe difficoltà con i soldati che chiedevano che la Legione fosse composta di
soli Italiani e comandata da ufficiali italiani.
207
Lázló Pete, Il colonnello Monti cit., pagg. 155 - 156. 111
Ungheria ultimo atto

I Russi, cui Francesco Giuseppe aveva chiesto aiuto, erano


già pronti e, prima dell’accordo, come detto, erano già
intervenuti in Transilvania, nel febbraio 1849, pare per
richiesta dei Sassoni di Hermannstadt.
La situazione ai primi di giugno era, per gli Ungheresi,
disperata: l’armata di Haynau avanzava da Ovest, mentre
un'altra armata imperiale guidata dal Bano Jellačić premeva
da Sud. Ai primi di giugno i Russi, attraverso il passo di
Dukla208, entrarono in Ungheria. Görgey, che si ritirava da
Komárom verso Weitzen, e Dembinsky, che si ritirava, da
Miskolc verso il Danubio, non riuscirono a riunire le loro
forze. Dembinsky ripiegò verso Szeged, inseguito da Haynau e
Görgey, premuto dai Russi, ripiegò verso Arad, poi che la sua
armata era stata battuta a Debrecen.
Il 19 giugno la Legione italiana lasciò Debrecen per Szeged
dove si accampò il primo luglio: qui Monti chiese che tutti
gli Italiani presenti nella Honvéd fossero riuniti nella
Legione, compresa la Banda reggimentale dello «Zanini».
Il 16 luglio la Legione contava più di novecento uomini su
due battaglioni. Il II Battaglione era composto dei soldati che
si erano arruolati nella Legione attorno alla metà di giugno: dei
280 uomini che lo componevano più di cento provenivano dal
I «Ceccopieri». Alla fine di luglio anche il «Gruppo cavalieri
Kress», 67 cavalleggeri, fu incorporato nella Legione italiana.
L’unità era ancora in fase di organizzazione, quindi, quando
ebbe il suo battesimo del fuoco nel Corpo di Dembinsky. Il 29
luglio Monti era nominato generale della divisione, appena
organizzata, in cui venne inserita la Legione sotto la guida del
capitano Giuseppe Decarlini. La divisione Monti aggregata al
VI Corpo d’armata era composta di 26 compagnie di fanteria e
9 di cavalleria con una batteria di 6 cannoni.
Haynau, con 46000 uomini, intanto si avvicinava a Szeged
dove era trincerato il Corpo che Dembinsky era riuscito di
112 208
Oggi in Slovacchia.
ANGELO CERIZZA - A DURA VITA, A DURA DISCIPLINA

nuovo mettere in linea, inferiore per numero al Corpo austriaco


e formato per la metà reclute inesperte. L’Armata austriaca
mosse su tre colonne: il Feldmarschall con 25000 uomini investì
direttamente Szeged, con la colonna di Franz von Schlik alla
sua sinistra e quella di Georg Ramberg alla sua destra. Il 2
agosto Ramberg si apprestava a varcare il Tibisco con l’evidente
intenzione di aggirare le posizioni magiare: il Comando ungherese
gli mandò contro alcuni battaglioni, mentre, la stessa notte,
ordinava al grosso delle truppe di ripiegare su Szőreg sulla riva
sinistra del Tibisco. Il giorno 3 agosto 1849 i legionari italiani
nelle loro divise chiaramente ispirate al tricolore andarono in
battaglia: si combatté tutto il giorno nelle paludi. Ramberg fu
fermato e riuscì a passare il fiume solo il 5 agosto, piegando verso
nord alle spalle del grosso delle truppe ungheresi. La Legione
perse molti uomini e solo di alcuni se ne conosce il nome: tra
i caduti il soldato semplice Antonio Mondini di Soresina e tra
i feriti Anelli Paolo, Giuseppe Molti (entrambi di Castiglione
d’Adda), Giuseppe Porcellini di Cavenago, Giovanni Scegolo e
Giovanni Panieri di Lodi209.
Il 4 agosto intanto Haynau aveva scatenato l’attacco
principale su Szőreg: sconfitti210 e minacciati di accerchiamento,
agli Ungheresi non rimaneva che ripiegare su Temesvár211.
Qui le truppe di Dembinsky riuscirono a ricongiungersi con
i reparti del generale Bem (dove erano state distaccate due
compagnie della Legione italiana), che battuti dal russo Lüders,
si erano ritirati dalla Transilvania. L’8 agosto le due compagnie
italiane distaccate si ricongiunsero con la Legione italiana.
A Temesvár la Legione italiana schierata all’ala destra si
batté bene, ma le sorti dell’Armata ungherese erano già segnate:
l’Armata si sbandò e solo pochi reparti, tra cui la Legione
italiana, riuscirono a ritirarsi in ordine e combattendo verso
Lugos. Alla notizia della sconfitta, Görgey, plenipotenziario
dopo le dimissioni di Kossuth, si arrese al russo Paskević il
209
Vedi Appendice (Documento 6). Negli elenchi si indica Castion (Lodi).
210
Nel corso di questi combattimenti cadde il poeta Sándor Petőfi.
211
Vedi nota 188 a pag. 102. 113
13 agosto a Vilagos212. L’imprendibile Komárom cedé solo un
mese dopo213.
Due giorni prima Lajos Kossuth, da Arad, aveva scritto al
Colonnello Alessandro Monti:

Io considero quale un dovere d’onore di esprimere a lei signor


colonnello, ed alla Legione italiana sotto i suoi ordini, i miei speciali
ringraziamenti per la condotta veramente militare e le valorose azioni
colle quali ella e la sua brava Legione si distinsero continuamente
nelle ardue pugne che si succedettero nel Banato dal principio di
questo mese, con che ella comprovò una simpatia per l’Ungheria della
quale la mia nazione si ricorderà sempre con gratitudine.
Mentre la prego di fregiare quale testimonianza di questo
sentimento il di lei valoroso petto dell’ordine al merito militare di
terza classe le trasmetto sei consimili decorazioni da distribuire in
mio nome ai più prodi della sua Legione.
Io nulla più ardentemente desidererei che di poter testimoniare
la mia più intima simpatia per la libertà della di lei patria in modo
altrettanto nobile quanto ella e i suoi provarono coi fatti la loro per
l’Ungheria.
L. Kossuth, governatore214

Sugli Ungheresi si abbatté la dura repressione di Haynau (che


già si era guadagnata sinistra fama e non solo Brescia)215.
212
In realtà il vero vincitore della campagna era Haynau; arrendersi ai Russi fu atto
provocatorio di spregio nei confronti dell’Armata imperiale. Si sperava, anche, in una
certa clemenza, poiché il generale russo non aveva mai palesato alcuna animosità nei
confronti degli Ungheresi.
213
Gunther Rothenberg, L’Esercito di Francesco Giuseppe., cit., pag. 41; Alan Sked,
Radetzky., cit., pagg. 78 - 79.
214
Lajos Kossuth a Alessandro Monti, Arad 11 agosto 1849. Pubblicata in: Conte F.
Bettoni – Cazzago, Gli Italiani nella Guerra d ’Ungheria 1848 –1849., cit., pag. 148. La
Legione italiana al culmine della campagna, contò un migliaio di uomini. Era inquadrata
nella Honvéd come reparto di cacciatori. Ebbe divisa propria i cui colori erano ispirati
al tricolore italiano.
215
Nel complesso 490 ex ufficiali dell’Esercito ungherese furono processati e 231 furono
condannati a morte (ma in circa la metà dei casi le sentenze non furono eseguite). Il 6
ottobre, ad Arad, furono eseguite le condanne a morte di 13 alti ufficiali ungheresi (la
Storia ungherese li avrebbe ricordati come i Martiri di Arad). Anche 114 civili (tra cui il
Primo ministro Batthyány, fucilato il 6 ottobre 1849) furono condannati a morte. Lajos
114 Kossuth riuscì a riparare in Turchia, poi a Londra e infine a Torino, dove morì nel 1894.
ANGELO CERIZZA - A DURA VITA, A DURA DISCIPLINA

Sotto la protezione dei Turchi

Circa 5000 soldati dell’Armata ungherese cercarono rifugio


nei paesi vicini, in Serbia anzitutto. Fra questi vi erano i legio-
nari italiani, in massima parte ex soldati di reggimenti imperiali
e quindi agli occhi degli Austriaci disertori colti con le armi in
pugno216. Il 20 d’agosto ciò che rimaneva della Legione, 500
uomini, la metà circa degli effettivi dei tempi migliori, giunse
a Tekia, presso la cittadina di Orsova in territorio serbo. Qui
consegnò le armi, come di prassi, alle autorità locali, ma non
la bandiera. Da Orsova i legionari si rifugiarono a Vidino in
territorio turco e lì rimasero accampati, protetti lealmente dal
Sultano dalle pretese di estradizione di Austria e Russia. Ma
sorse presto altra questione: i turchi avviarono una intensa azione
di proselitismo per convertire all’Islam i rifugiati. In realtà non
si trattò di una questione religiosa o almeno non solo religiosa:
la conversione all’Islam avrebbe fornito una protezione assoluta
dalle richieste di estradizione e offerto la possibilità di entrare
nell’Esercito turco in caso di conflitto con gli Austro-
Russi. Alcuni alti ufficiali e soldati, polacchi e ungheresi,
passarono all’Islamismo e con essi circa una quindicina di
Italiani, tra cui il lodigiano Valentino Riboni217.
L’intervento diplomatico della Gran Bretagna allontanò
ogni rischio di conflitto e mise fine alle pressioni di Vienna,
ma il Governo turco dovette consentire a un inviato austriaco,
il generale Franz Edler von Hauslab, di offrire un’amnistia
ai soldati purché avessero scelto di rientrare nei territori
dell’Impero. Dei cinquemila rifugiati tremila decisero di
accettare il perdono e coloro che non avevano terminata la ferma

216
Alessandro Monti stesso era considerato un disertore: nel marzo del 1848 a Brescia,
infatti, aveva abbandonato il proprio Reggimento, per prendere parte all’insurrezione
contro gli Austriaci. «Dopo la battaglia di Novara s’imbarcò a Genova alla testa di
una legione italiana per l’Ungheria dove continuò la sua operosità nell’alto
tradimento», scrisse di suo pugno Radetzky da Verona il 18 gennaio 1853 al maresciallo
conte Mazzucchelli. Conte F. Bettoni- Cazzago, Gli Italiani nella Guerra d ’Ungheria.,
cit., pag. 162.
217
Vedi Appendice (Documento 6). 115
furono avviati ai vecchi reggimenti; gli altri poterono tornare a
casa senza particolari problemi.Trentadue Lodigiani e Cremaschi
accettarono il perdono imperiale218. Il sergente Leonardo Ferri,
di Codogno,219 fu il più acceso sostenitore del ritorno sotto
l’Impero (e per questo fu bastonato e cacciato dal campo) 220.
Monti, per sé e per chi intendeva seguirlo fino in fondo, aveva
chiesto di tornare in Piemonte e d’essere arruolato nell’Esercito
Sardo, ma ciò poneva non pochi problemi. Il comandante della
Legione Italiana, un tempo ufficiale austriaco, come i suoi
compagni era un disertore e come tale, secondo gli accordi in
vigore, avrebbe dovuto essere consegnato agli Austriaci. Monti
e i suoi legionari rimasti, in ottobre, vennero avviati a Gallipoli
in attesa di rimpatrio. Attesero fino a gennaio del 1850, quando
il Governo sardo accordò loro tramite il Governo turco il
permesso di rimpatrio senza inviare però né navi né soccorsi
in denaro. Generosamente la Porta mise a disposizione una
fregata, la Jasy-Allah, che il 14 marzo fece vela verso Malta e la
Sardegna. Il 5 maggio i nostri legionari sbarcarono a Cagliari.
Tra di essi vi erano dieci Lodigiani e Cremaschi.

218
Vedi Appendice (Documento 6)
219
Vedi Appendice (Documento 6). Lázló Pete, Il colonnello Monti., cit., pag. 203 e nota.
116 220
Lázló Pete, Il colonnello Monti., cit. . pag. 203 e nota.
EPILOGO
ANGELO CERIZZA - A DURA VITA, A DURA DISCIPLINA

Nel settembre del 1849, il «Ceccopieri», ricostituito e


riorganizzato secondo le disposizioni del periodo 1848 – 1849,
era così dislocato: Comando e I Battaglione in Mantova, II
in Vienna dove sarebbe stato raggiunto, in novembre, dal III
Battaglione.
Il 27 di settembre morì Johann Strauss padre: alla banda
del 23°, con quella del 2° Reggimento di artiglieria, toccò, il
mesto compito di portare l’estremo saluto all’illustre musicista.
Suonò, arrangiato a marcia funebre, il valzer lento Wanders
Lebewohl (Addio del viandante)221. Il primo gennaio il II e il
III «Ceccopieri» partirono per Praga e qui furono raggiunti, il
28 febbraio, dal Comando di Reggimento. Poi altre novità: la
divisione di riserva (deposito)222 venne dislocata a Cremona e da
Lodi passò a Cremona anche la Haupt -Werbberzirks - Station.
Il 7 marzo giunse anche il nuovo comandante del Reggimento,
Oberst Ernst Hartung: l’ufficiale rilevò l’Oberstlieutenant Carl
Schivny von St. Aulaire che dalla morte dell’Oberst Alnoch
221
Eduard Strauss, Erinnerungen, Johann N. Vemay, Sd, pag. 16. I Reggimenti
imperiali erano noti per le loro bande che tradizionalmente tenevano concerti all’aperto
per le popolazioni delle città in cui si trovavano di guarnigione, ma anche in teatri
prestigiosi. A Cremona i concerti del III «Ceccopieri» erano particolarmente
apprezzati. Piero Ceccopieri Maruffi, Un illustre soldato massese., cit., pag. 46.
222
Vedi pag. 30. 119
deteneva l’interim. Ma la novità più grande di quel periodo della
storia del Reggimento fu il cambio del nome: il 5 di giugno
morì il Conte Ferdinado Ceccopieri e con alta decisione del 10
di quel mese Paul Freiherr von Ajroldi fu nominato Ihaber del
23° che quindi divenne il Lombardisches Infanterie-Regiment
«Paul von Ajroldi» Nr. 23.
Il 5 novembre venne istituito, per ogni reggimento di fanteria,
il IV Battaglione (e contemporaneamente venne soppressa la
divisione di riserva): il IV «Ajroldi», composto della 21ª, 22ª,
23ª, 24ª compagnia e posto agli ordini del neo promosso Major
Attilius Baronchelli, venne dislocato in Cremona. Cambiò il
tradizionale shakò: il copricapo assunse la forma a tronco di
cono, le coccarde furono sostituite dall’aquila bicipite e, per la
truppa, una rosetta in ottone prese il posto di quella di lana.
Nel 1850 la tensione con la Prussia raggiunse livelli molto
elevati e il 21 novembre l’Armata fu posta in stato di allarme:
l’«Ajroldi» venne inviato in Boemia con altre cospicue forze
imperiali. Ma tutto si chetò: i Prussiani dovettero subire
l’umiliazione di Olmütz (non se ne sarebbero dimenticati).
Poi l’allarme per la guerra di Crimea: di nuovo l’Armata in
stato di guerra, permessi annullati, richiami, movimenti di
truppa. Ma per l’Impero la guerra non vi fu. Nel 1855 con gran
soddisfazione dei soldati venne abolita la pena del corridoio, ma
rimase la pena del bastone. Proprio nel 1855 il Major Friederich
Freiherr von Sternegg venne promosso Oberst, comandante il
Reggimento; avrebbe tenuto il comando fino al 4 luglio 1859.
Quell’anno - il IV «Ajroldi» era a Lodi, tornata, Haupt
- Werbberzirks - Station, mentre gli altri tre battaglioni
erano dislocati nel Küstenland - il Comando dell’Armata
ordinò l’immediato rientro di tutti gli uomini dal permesso
e la formazione di un quinto battaglione con i riservisti
contestualmente richiamati. Il V «Ajroldi», dislocato in
Piacenza, era completo il 25 maggio e il 5 giugno ricevette
l’ordine di portarsi a Pest.
Il 20 marzo il IV Battaglione, con una forza di 385 uomini,
120 lasciata un piccola guarnigione nel Castello di Lodi, partì,
ANGELO CERIZZA - A DURA VITA, A DURA DISCIPLINA

anch’esso, per il Küstenland. L’«Ajroldi» non partecipò alle


battaglie della Seconda Guerra d’Indipendenza ciò nonostante
ebbe un decorato al valore, il Korporal Giuseppe Carminotti
della 27ª compagnia. Il Korporal Carminotti, nel maggio -
giugno del 1859, con 7 Gemeine, era comandato nel posto di
polizia di confine a Magenta. Dopo la battaglia del 4 giugno
seguì le truppe imperiali in ritirata e rientrò regolarmente al
suo Battaglione, il V, che da Piacenza stava per partire per Pest.
Carminotti era un vecchio soldato, era lombardo di nascita e la
sua ferma stava per scadere, ma preferì rimanere nell’Esercito
imperiale rinunciando per sempre al rimpatrio. Dopo tanti
anni di servizio, in fondo, la sua Patria era il Reggimento. Fu
decorato con medaglia d’argento al valore di 1ª classe il 27
ottobre 1859.
Comunque il 24 giugno c’era stata la battaglia di
Solferino con tutto ciò che ne conseguì. L’Oberst von Sternegg,
nominato General-Major, comandante la I Brigata dislocata
a Verona, aveva lasciato il comando del 23° a Rudolf von
Kottulinsky, nominato Oberst «con supremo ordine scritto» il 4
luglio 1859. Toccò a lui, che nel 23° aveva servito per 28 anni
percorrendo tutti i gradi della carriera, chiudere la lunga fase
italiana del Reggimento. Nell’agosto del 1859 i soldati
lombardi iniziarono a concentrarsi nei depositi loro assegnati in
vista del rimpatrio. L’8 dicembre erano tutti giunti a Goito o a
Castellucchio dove li attendevano le autorità sarde.
Il 31 dicembre 1859, con il Normalverordnungsblatt n. 195,
il Reggimento fu sciolto. Quella stessa sera l’Oberst Rudolf
Graf von Kottulinsky firmò un Tagesbefehl in cui esprimeva
tutto il suo rincrescimento e contemporaneamente formulava
la speranza e il desiderio che il nuovo Reggimento destinato a
portare il numero 23 potesse mostrarsi all’altezza della
considerazione e della fama che il Reggimento lombardo era
riuscito a conquistarsi.

Il nuovo Reggimento cui alludeva il conte Kottulinsky era


il neo costituito Ungarisches Infanterie-Regiment «Ajroldi, Paul 121
Freiherr» Nr. 23 con Ergänzungs-Bezirks und Rechnungskanzlei
a Zombor nel Comitato di Bács - Bodrog in Voivodina (oggi
in Serbia). All’Oberst Rudolf Graf von Kottulinsky sarebbe
stato assegnato il comando di un altro storico Reggimento
italiano: il Venezianisches Infanterie - Regiment «Hohenlohe –
Langeburg, Gustav, Heinrich, Prinz, FML» N. 13 che altro
non era che il vecchio «Wimpffen», Reggimento che come
si ricorderà arruolava nel distretto di Padova223.

Però i vecchi soldati del 23° lodigiano soldati rimanevano.

Deputazione amministrativa del Comune di Codogno


Codogno 15 gennaio 1860
Al Reverendss.mo ed Illustre Sig. Don Giuseppe Bianchi Prevosto
Parroco Mitrato Vicario Foraneo Vescovile in Codogno

Giusto ordine superiore tutti i soldati di fanteria provenienti


dall’Esercito Austriaco devono nei giorni sotto indicati presentarsi al
Comando militare della Provincia in Lodi onde essere passati in ras-
segna per la scelta di quelli da assegnarsi ai Reggimenti Granatieri; e
precisamente nel giorno di Martedì 10 andante i militi nati negli anni
1834 e 1835, e nel successivo giorno di Mercoledì quelli nati negli
anni 1836, 1837 e 1838.
Per quanta diffusione possa dalla scrivente essere data a tale supe-
riore ingiunzione, potendosi sempre ritenere che la pubblicazione dal
pergamo nelle ore di maggior concorso, riesca proficua al raggiungi-
mento dello scopo, si officia perciò l’accostumata di Lei compiacenza,
Reverendiss.mo Sig. Parroco, affinché voglia compiacersi di notificare
al Popolo la preavvertita determinazione.
Coglie la scrivente di buon grado quest’occasione per riconfermar-
le i sensi della inalterabile stima e considerazione.
La deputazione Comunale224

Alessandro Monti era morto di tifo il 22 maggio 1854:


aveva ancora con sé la bandiera della Legione con gli stemmi
d’Ungheria, il Biscione di Milano e il Leone di Venezia.
223
Isabella Dal Fabbro, Il Contro Risorgimento., cit., pag. 23 – 70.
La deputazione comunale di Codogno al parroco di Codogno, Codogno 15 gennaio 1860,
224

122 Archivio Storico della Collegiata di Codogno, Cart. 86 fasc. 7.


Appendice
ANGELO CERIZZA - A DURA VITA, A DURA DISCIPLINA

Documento 1

Elaborazione dallo «Stato di riparto comunale del contingente


di N. 299 individui da requisire nella suddetta Provincia la di
cui popolazione soggetta alla leva terrestre 1846 ascende a
215.569 anime colla dimostrazione delle frazioni da imputarsi
a debito ed a credito nella leva successiva».
Quello del 1846 è l’ultimo del gruppo dei prospetti di
riparto di leva conservati nell’Archivio della Sottoprefettura
di Lodi (Archivio Storico Comunale di Lodi, Sottoprefettura,
Cart. 129) compilati dagli uffici della soppressa provincia di
Lodi – Crema.
Il prospetto mostra di seguito: la popolazione complessiva
al primo gennaio 1846; il numero dei giovani soggetti a leva
(classi 1825-1824-1823-1822-1821); la quota assegnata con la
frazione di uomo; la quota depurata dal numero dei volontari e
dei forzati; la quota definitiva considerando il debito o il
credito pregresso; il contingente effettivamente richiesto; la
quota rimasta a debito; la quota rimasta a credito.

Legenda
Pop=Popolazione complessiva; leva=totale giovani delle 5 classi soggette
a leva (1825-1824-1823-1822-1821); quota=assegnata al Comune; v=n
volontari da sottrarre alla quota assegnata; f=n forzati da sottrarre alla quota
assegnata; q.dep= quota depurata dal numero dei volontari e dei forzati;
deb.p=debito con l’anno precedente; cred.p= credito con l’anno precedente;
q.def=quota definitiva; ar.ti=arruolati; deb.s=debito con l’anno successivo;
cred.s=credito con l’anno successivo

125
126
Distretto I di Lodi

Comune pop. leva quota v f. q.dep. deb. p cred,p. q.def. ar.ti deb.s cred.s
Lodi 18156 303 25,1829 1 2 22,1829 0,3754 21,8075 22 0,1925
Chiosi di porta Adda 975 38 1,3524 1,3524 0,4656 1,818 2 0,182
Vigadore 423 0,5867 0,5867 0,2338 0,3529 0,3529
Chiosi di porta Regale
e Torre dei Dardanoni 2152 69 2,9849 2,9849 0,3456 3,3305 3 0,3305
Chiosi di P.ta Cremona 1383 50 1,9183 1,9183 0,101 2,0193 2 0,0193
Cornegliano 348 6 0,4827 0,4827 0,0025 0,4802 1 0,5198
Pezzolo de’ Codazzi 338 11 0,4688 0,4688 0,2143 0,6831 1 0,3169
Campolungo con
Andreola 700 23 0,9709 0,9709 0,2814 0,6895 1 0,3105
Ca de’ Zecchi 350 11 0,4855 0,4855 0,2769   0,7624 1 0,2376
Bottedo 280 0,3884 0,3884 0,2334 0,155 0,155
Lodi Vecchio con
S. Maria 3208 106 4,4496 4,4496 0,0682 4,3814 4 0,3814
Santa Maria in Prato 311 0,4314 0,4314 0,433 0,0016
Pezzolo di Tavazzano
e Bagnolo 461 18 0,6394 0,6394 0,0037 0,6431 1 0,3569
Salerano 1015 1,4078 1,4078 0,0905 0,3173 0,3173
San Zenone 795 35 1,1027 1,1027 0,2413 1,344 1 0,344
Villarossa e Mairano 485 0,6727 0,6727 0,4085 0,2642 0,2642
Casaletto 272 0,3773 0,3773 0,4791 0,1018
Gugnano 342 0,4744 0,4744 0,1192 0,3552 0,3552
TOTALE
DISTRETTO 31994 670 44,3768 1 2 41,3768 1,6484 2,725 39,4036 39 2,5198 2,2196


Distretto II Paullo

Comune pop. leva quota v f. q.dep. deb.p cred.p q.def. ar.ti deb.s cred.s
Tribiano 631 14 0,8752 0,8752 0,343 0,5322 1 0,4678
Paullo c. Villa Ambrera 1610 43 2,2331 2,2331 0,0401 2,2732 2 0,2732
Angelo Cerizza - A dura vita, a dura disciplina

Merlino c. Marzano e
Vaiano 917 12 1,2719 1,2719 0,1704 1,1015 1 0,1015
Comazzo c.Gardinoe
Lavagna 979 11 1,3579 1,3579 0,4682 1,8261 2 0,1739
Quartiano 824 12 1,1429 1,1429 0,0027 1,1402 1 0,1492
Cervignano 728 8 1,0098 1,0098 0,0774 1,0872 1 0,0872
Galgagnano 462 5 0,6408 0,6408 0,2655 0,9063 1 0,0937
Cologno 874 12 1,2123 1,2123 0,2155 1,4278 1 0,4278
Dresano 422 2 0,5853 0,5853 0,1168 0,7021 1 0,2979
Sordio 364 7 0,5049 0,5049 0,0022 0,5027 1 0,4973

127
128
Mignete c. Muzzano 521 4 0,7226 0,7226 0,2539 0,9765 1 0,0235
Villa Pompeana 214 0,2968 0,2968 0,0772 0,2196 0,2196
Modignano 699 5 0,9695 0,9695 0,298 0,6715 1 0,3285
Tavazzano 264 1 0,3662 0,3662 0,2909 0,0753 0,0753
Mulazzano c. Virolo 913 15 1,2664 1,2664 0,3164 0,95 1 0,05
Cassino d’Alberi 406 10 0,5631 0,5631 0,2952 0,2679 0,2679
Isola Balba 383 0,5312 0,5312 0,137 0,6682 1 0,3318
Zelo Buon Persico
c.Bisnate 961 11 1,333 1,333 0,087 1,246 1 0,246
Casolate 198 8 0,2746 0,2746 0,1656 0,109 0,109
Montanaso 586 3 0,8128 0,8128 0,1071 0,9199 1 0,0801
Arcagna 279 5 0,387 0,387 0,0783 0,3087 0,3087
TOTALE
DISTRETTO 13235 188 18,3573 18,3573 1,6815 2,1269 17,9119 18 2,2654 2,3445


Distretto III Sant’Angelo

Comune pop. leva quota v f. q.dep. deb.p cred.p q.def. ar.ti deb.s cred.s
Sant’Angelo 7738 345 10,7328 10,7328 0,1392 10,5936 11 0,4064
Vidardo 544 19 0,7545 0,7545 0,4655 0,289 0,289
Castiraga 323 8 0,448 0,448 0,4688 0,0208
Villanova 940 23 1,3038 1,3038 0,1636 1,4674 2 0,5326
Massalengo 760 34 1,0541 1,0541 0,2199 0,8342 1 0,1658
Valera 862 29 1,1956 1,1956 0,0251 1,2207 1 0,2207
Caselle 1087 38 1,5077 1,5077 0,3123 1,82 2 0,18
Marudo 763 35 1,0583 1,0583 0,2484 0,8099 1 0,1901
Cazzimano 587 22 0,8142 0,8142 0,1423 0,9565 1 0,0435
Ca dell’Acqua 540 16 0,749 0,749 0,4777 1,2267 1 0,2267
Guazzina 153 8 0,2122 0,2122 0,2029 0,4151 0,4151
Triulzina 197 6 0,2732 0,2732 0,1539 0,1193 0,1193
Orgnaga c.Fissiraga e
Bonora 744 19 1,032 1,032 0,1041 0,9279 1 0,0721
Bargano 626 17 0,8683 0,8683 0,5134 1,3817 1 0,3817
Angelo Cerizza - A dura vita, a dura disciplina

Mongiardino 395 12 0,5479 0,5479 0,0754 0,6233 1 0,3767


TOTALE
DISTRETTO 16259 631 22,5516 22,5516 1,9127 1,7998 22,6853 23 1,6525 1,988


Distretto IV di Borghetto

Comune pop. leva quota v f. q.dep. deb.p cred.p q.def. ar.ti deb.s cred.s
Borghetto 4831 110 6,7007 6,7007 0,0653 6,6354 7 0,3646
Graffignana 1834 86 2,5438 2,5438 0,3279 2,2159 2 0,2159

129
130
San Colombano 6102 146 8,4636 8,4636 0,1807 8,2829 8 0,2829
Cavenago 1198 49 1,6617 1,6617 0,2744 1,3873 1 0,3873
Mairago 1771 71 2,4564 2,4564 0,3585 2,0979 2 0,0979
Grazzanello 232 4 0,3218 0,3218 0,1027 0,4245 0,4245
Caviaga c.Muzza
Piacentina 730 34 1,0126 1,0126 0,0754 0,9372 1 0,0628
Soltarico 234 9 0,3246 0,3246 0,0452 0,2794 0,2794
Ossago c.Brusada e
Grazzano 1283 61 1,7796 1,7796 0,0981 0,1223
1,8777 2

Cepeda 162 3 0,2247 0,2247 0,303 0,0783
Motta Vigana c.
Lanfroia 570 19 0,7906 0,7906 0,0453 0,7453 1 0,2547
San Martino in Strada 1518 79 2,1055 2,1055 0,0962 2,2017 2 0,2017
Sesto 165 7 0,2289 0,2289 0,036 0,1929 0,1929
Ca de’ Bolli
c.Pompola 346 15 0,4799 0,4799 0,1559 0,6358 1 0,3642
TOTALE
DISTRETTO
20976 693 29,0944 29,0944 0,4529 1,7117 27,9139 27 2,0825 1,2469


Distretto V di Casalpust.


Comune pop. leva quota v f. q.dep. deb.p cred.p q.def. ar.ti deb.s cred.s
Casalpust.c. Pizz.Vitt.
e Zorlesco 8360 48 11,5955 11,5955 0,1876 11,4079 11 0,4079
Castiglione 3407 47 4,7256 4,7256 0,0733 4,7989 5 0,2011
Terranova c. C.Passerini,
Rov. 1545 3 2,143 2,143 0,1816 2,3246 2 0,3246
Bertonico 1790 11 2,4828 2,4828 0,0336 2,4492 2 0,4492
Brembio c. C. del Bosco 2887 41 4,0043 4,0043 0,0255 4,0298 4 0,0298
Livraga c. Ca de Mazzi 3184 18 4,4163 4,4163 0,242 4,1743 4 0,1743
Melegnanello 744 9 1,0319 1,0319 0,467 1,4989 2 0,5011
Angelo Cerizza - A dura vita, a dura disciplina

Turano 786 2 1,0902 1,0902 0,3535 1,4437 1 0,4437


Robecco 383 2 0,5312 0,5312 0,4769 0,0543 0,0543
Orio 1702 11 2,3607 2,3607 0,4437 1,917 2 0,083
Cantonale 81 3 0,1124 0,1124 0,1855 0,0731
Secugnago 1411 14 1,9571 1 0,9571 0,1773 1,1344 1 0,1344
Ospedaletto 1573 17 2,1818 2,1818 0,3829 1,7989 2 0,2011
Camairago 1122 3 1,5562 1,5562 0,4105 1,9667 2 0,0333
TOTALE
DISTRETTO 28975 229
40,189 1 39,189 1,6887 1,9522 38,9986 38 2,0182 1,0927

131
132
Distretto VI di Codogno


Comune pop. leva quota v f. q.dep. deb.p cred.p q.def. ar.ti deb.s cred.s
Caselle Landi 2418 65 3,3538 3,3538 0,3133 3,0405 3 0,0405
Castelnuovo Bocca
D’Adda 2136 47 2,9627 2,9627 0,0194 2,9433 3 0,0567
Meleti 1024 43 1,4203 1,4203 0,0088 1,4291 1 0,4291
Maccastorna 372 15 0,516 0,516 0,3697 0,8857 1 0,1143
Cavacurta 1301 21 1,8045 1,8045 0,2263 1,5782 2 0,4218
Codogno 9730 126 13,4958 13,4958 0,2634 13,2324 13 0,2324
Triulza 576 3 0,7989 0,7989 0,4193 1,2182 1 0,2182
Gattera Majocca 489 5 0,6783 0,6783 0,0084 0,6699 1 0,3301
Corno Giovine 1357 43 1,8822 1,8822 0,2825 1,5997 2 0,4003
Corno Vecchio 465 5 0,645 0,645 0,2342 0,8792 1 0,1208
Lardera 185 0,2566 0,2566 0,2027 0,0539 0,0539
Fombio 1297 6 1,799 1,799 0,502 2,301 2 0,301
Regina Fittarezza 145 1 0,2011 0,2011 0,0095 0,2106 0,2106
Guardamiglio 2050 43 2,8434 2,8434 0,1278 2,9712 3 0,0288
Maleo 3881 53 5,3831 5,3831 0,219 5,1641 5 0,1641
Mezzano Noceto 264 22 0,3662 0,3662 0,3898 0,0236
Mezzano Passone 487 26 0,6755 0,6755 0,2363 0,4392 0,4392
San Fiorano 1578 47 2,1887 2,1887 0,5056 2,6943 3 0,3057
San Rocco al Porto 2256 56 3,1291 3,1291 0,2804 3,4095 3 0,4095
St. Stefano 2560 61 3,5508 3,5508 0,0501 3,5007 4 0,4993
Corte Sant’Andrea 366 5 0,5077 0,5077 0,2062 0,3015 0,3015
Somaglia c Mirabello e
Senna 4654 118 6,4552 6,4552 0,0769 6,3783 6 0,3783
TOTALE
DISTRETTO 39591 811 54,9139 54,9139 2,4573 2,4943 54,9005 54 3,1783 2,3014


Distretto VII di Pandino

Comune pop. leva quota v f. q.dep. deb.p cred.p q.def. ar.ti deb.s cred.s
Angelo Cerizza - A dura vita, a dura disciplina

Corte Palasio 1444 69 2,0029 2,0029 0,0051 1,9978 2 0,0022


Abbadia di Ceredo 400 15 0,5548 0,5548 0,1395 0,6943 1 0,3057
Tormo 277 12 0,3842 0,3842 0,3685 0,0157 0,0157
Agnadello 1363 82 1,8905 1,8905 0,1709 1,7196 2 0,2804
Spino 961 53 1,3329 1,3329 0,1529 1,18 1 0,18
Boffalora 655 31 0,9085 0,9085 0,1426 1,0511 1 0,0511
Fracchia 189 8 0,2621 0,2621 0,5193 0,7814 1 0,2186
Crespiatica 856 41 1,1873 1,1873 0,3498 0,8375 1 0,1625
Dovera 1623 89 2,2511 2,2511 0,3431 2,5942 3 0,4058
Roncadello 441 19 0,6117 0,6117 0,0641 0,5476 1 0,4524

133
134
Pandino 1756 81 2,4356 2,4356 0,0641 2,3715 2 0,3715
Gradella 252 14 0,3495 0,3495 0,2027 0,5522 1 0,4478
Nosadello 217 8 0,301 0,301 0,0577 0,3587 0,3587
Rivolta 3653 182 5,0668 5,0668 0,3808 4,686 5 0,314
Vailate 2254 110 3,1264 3,1264 0,0988 3,2252 3 0,2252
TOTALE
DISTRETTO 16341 814 22,6653 22,6653 1,5037 1,5562 22,6128 24 1,2022 2,5894


Distretto VIII di Crema

Comune pop. leva quota v f. q.dep. deb.p cred.p q.def. ar.ti deb.s cred.s
Crema 8392 241 11,6399 1 10,6399 0,0549 10,585 11 0,415
Capergnanica 1215 73 1,6852 1,6852 0,3155 1,3697 1 0,3697
Chieve 1019 49 1,4134 1,4134 0,4413 1,8547 2 0,1453
Casaletto Ceredano 1069 50 1,4827 1,4827 0,4221 1,0606 1 0,0606
Credera 943 40 1,308 1,308 0,4004 1,7084 2 0,2916
Izzano 1319 58 1,8295 1,8295 0,0506 1,7789 2 0,2211
Salvirola 254 8 0,3523 0,3523 0,1288 0,2235 0,2235
Madignano 1156 39 1,6034 1,6034 0,3781 1,9815 2 0,0185
Montodine 2446 118 3,3927 3,3927 0,4833 3,876 4 0,124
Moscazzano 906 43 1,2566 1,2566 0,3037 0,9529 1 0,0471
Rovereto 501 20 0,6949 0,6949 0,0221 0,717 1 0,283
Ombriano 1503 57 2,0847 2,0847 0,0781 2,0066 2 0,0066
S. Michele 772 26 1,0708 1,0708 0,2848 1,3556 1 0,3556
Passerera 475 13 0,6588 0,6588 0,1021 0,5567 1 0,4433
Rubbiano 566 18 0,7851 0,7851 0,1233 0,9084 1 0,0916
Porta Ombriano 1109 60 1,5382 1,5382 0,2574 1,7956 2 0,2044
Vairano 648 22 0,8988 0,8988 0,4503 1,3491 1 0,3491
Ripalta Arpina 933 55 1,2941 1,2941 0,1992 1,0949 1 0,0949
Ripalta Nuova 905 46 1,2553 1,2553 0,088 1,1673 1 0,1673
Ripalta Vecchia 228 7 0,3162 0,3162 0,2279 0,0883 0,0883
Ripalta Guerrina 494 17 0,6852 0,6852 0,227 0,9122 1 0,0878
S. Bernardino 1483 60 2,057 2,057 0,4672 1,5898 2 0,4102
Angelo Cerizza - A dura vita, a dura disciplina

Castelnuovo 507 15 0,7032 0,7032 0,0511 0,6521 1 0,3479


Santa Maria della
Croce 952 40 1,3205 1,3205 0,2142 1,1063 1 0,1063
Zappello con Bolzone 875 38 1,2137 1,2137 0,2702 1,4839 2 0,5161
TOTALE
DISTRETTO 30670 1213 42,5402 1 41,5402 3,3382 2,7034 42,175 44 1,8219 3,6469

135
136
Distretto IX di Crema


Comune pop. leva quota v f. q.dep. deb.p cred.p q.def. ar.ti deb.s cred.s
Capralba con
Campisico 577 29 0,8003 0,8003 0,0015 0,7988 1 0,2012
Farinate 330 20 0,4577 0,4577 0,4134 0,0443 0,0443
Offanengo 2197 108 3,0473 3,0473 0,319 3,3663 3 0,3663
Ricengo 521 31 0,7226 0,7226 0,2666 0,456 0,456
Bottaiano con Portico 461 23 0,6394 0,6394 0,1462 0,4932 1 0,5068
Pieranica 510 26 0,7073 0,7073 0,3991 1,1064 1 0,1064
Torlino con Azzano 567 37 0,7864 0,7864 0,3013 0,4851 1 0,5149
Casaletto Vaprio 578 29 0,8017 0,8017 0,248 1,0497 1 0,0497
Quintano 318 17 0,4411 0,4411 0,2255 0,6666 1 0,3334
Sergnano 1109 62 1,5382 1,5382 0,4378 1,1004 1 0,1004
Pianengo 756 38 1,0486 1,0486 0,4557 1,5043 2 0,4957
Trezolasco 133 11 0,1845 0,1845 0,3904 0,5749 1 0,4251
Camisano 898 39 1,2456 1,2456 0,248 0,9976 1 0,0024
Casale 378 19 0,5243 0,5243 0,2614 0,2629 0,2629
Gabbiano 321 14 0,4452 0,4452 0,3452 0,7904 1 0,2096
Vidolasco 439 28 0,6089 0,6089 0,1406 0,4683 1 0,5317
Trescorre 1076 53 1,4924 1,4924 0,4066 1,899 2 0,101
Scannabue 709 26 0,9834 0,9834 0,1493 0,8341 1 0,1659
Palazzo 428 22 0,5936 0,5936 0,4197 0,1739 0,1739
Monte 421 13 0,5839 0,5839 0,266 0,8499 1 0,1501
Cassine Gandini e Capri 392 27 0,5437 0,5437 0,0981 0,4456 0,4456
Vaiano 1539 72 2,1346 2,1346 0,2918 1,8428 2 0,1572
Bagnolo 1998 90 2,7713 2,7713 0,4498 3,2211 3 0,2211
Cremosano 580 24 0,8045 0,8045 0,1586 0,9631 1 0,0369
Campagnola 292 10 0,405 0,405 0,243 0,648 1 0,352
TOTALE
DISTRETTO 17528 868 24,3115 24,3115 3,9069 3,1757 25,0427 27 2,2266 4,1839
Angelo Cerizza - A dura vita, a dura disciplina

137
Documento 2

Il Corpo ufficiali del «Ceccopieri» nel 1848 e nel 1850 così


come appare nei Militär- Schematismus des österreichischen
Kaiserthumes, Aus der kais. kön. Hof- und Staats- Aerarial-
Druckerei, Wien, anni 1848 e 1850.
Si tenga presente che dal nome non sempre si deduce con
correttezza la nazionalità dell’ufficiale.

1848

23
Lombardisches Infanterie-Regiment.

Haupt-Werbbezirks-Station: Lodi - Stab: Ofen

1814 errichtet; 1815 Mauroy de Merville, Franz Freih., FML;


1817 Greth, Carl, FML; 1827 Söldner v. Söldenhofen,
Joseph. FML.;

1837 Ceccopieri, Ferdinand Gr., FML.

Stabs – Officiere
Oberst u. Regts.-Comdt. Schifman, Joseph
Obstlts. Sana, Johann, EKO-R. 3.
Hartmann, Georg (General–
Commando
Adjutant in Inner
Oesterreich)
Majors Schivny St. Aulaire, Carl Edl. v. (Indigena von
Ungarn)
Geropoldi, Liberale, EKO-R. 3.
138 Zaghen, Jacob.
ANGELO CERIZZA - A DURA VITA, A DURA DISCIPLINA

Hauptleute
Rapaié v. Ruhmwerth, Georg. / Bassarich v. Ivos, Pet./ Volpini
Joh. / Enk von der Burg, August./ Merkl, Franz Ritt. v. /
Linke, Jos. / Verzola, Alois., / Terzaghi, Carl Fabius. / Marten,
Peter. / Kublang v. Seltenhof Rob. / Benigni Edl. v. und zu
Mildenberg, Heinr. Ritt. (görzisch. Herr und Landmann) /
Skodnik, Franz Ign .

Capitän-Lieutenants
Kottulisky, Rud. Gr. / Facco, Ant. / Lego, Joh./ Confalonieri,
Anton / Baronchelli, Attil.

Oberlieutenants
Monterverde, Franz. / Saussaye, Carl. / Forian, Carl. /
Majocchi, Fort. / Baselli, Jos. Freih. / Facco, Carl. / Linke,
Johann. / Villata v. Villatburg, Joh. Ritter. / Fabrici, Jos./
Steffensen, Johann. / Berlekovic, Jos. / Brzesina v. Birkenhain,
Franz. / Mejatsch, John. / Belegishanin, Joh. / Csebaz, Emil v.
/ Larisch, Nicol. / Kirschy, Karl Freih. (Div. – Adj). / Petainek,
Jos / Maillart v . Landrevile, Carl Gr / Mayer, Mich.

Unterlieutenants
Lovák, Eduard. / Guckler, Ferdin. Edler v. (Brig.-Adj.).
/ Schennet, Anton. / Govorcsin, Constant. (Bat.-Adj.) /
Vitali, Carl v. / Schuster, Hermann. / Cattalinich, Dragimir.
/ Vander-Stadts, Adolf v. / Müller v. Mühlwerth, Franz. /
Rosenzweig, Johann (Bat.-Adj.). / Riedler, Ferd. / Bosisio,
Achilles. / Stoikovich, Wasa. / Greskovits, Alex. / Wescher
Edl. v. Piberau, Carl (Bat.-Adj.). / Kurelecz, Anton. / Terzaghi,
David. / Kochen, Gustav Edler v. Patteri, Alphons Marq. /
Gröller, Albin Edl. v. (Herr u. Landmann in Tirol) / Geyso,
Aug. Freih. v /.

Roch, Heinrich. / Prato, Victor Napoleon Gr. (Herr zu


Segonzano, Herr u. Landm. in Tirol) / Ballacs, Constant../
Preveden, Adolph. / Besozzi, Paul v. / Prieger, Eduard. / 139
Fabrizii, Carl v. / Schivny St. Aulaire. Ludw. Edl. v. / Driquet
Edl. v. Ehrenbruck, Eduard. / Kuppis, Gustav Quir. / Parisini,
Geminian. / Hack, auf Bornimbs Emanuel Ritter v. / Veigl,
Franz / Rosa, Ferdinand / Uslar-Gleichen, Otto Ulrich Freih.
/ Millanovich, Jos.

Cadeten
(k. k.) Cottomboni, Anton. / Oreskovich, Johann. / Kögeln,
Wenzel. / Fidler, Carl. / (Reg.) Baggi, Albert Fulvius Anton.
/ Bosisio, Ernst. / Bourcard, Franz. / Colombi Dellabianca,
Andreas Carl de. / Della Torre, Guido nobile. / Kölgen,
Gustav. / Lorenzi, Gust. de. / Lukinich, Joh. v. / Majneri,
Anton nobile / Marenzi, Ferd. Freih. v. / Pelley, Joseph. /
Petrovich , Johann / Pinter, Carl v. / Raskay, Ludwig v. / Dei
Conti Sarti, Jos../ Skodnik, Rudolph. / Stefanelli, Anton
Stephan de. / Tommasich, Joseph v.

Vom Stabe
Reg. Caplan. Denti, Anton
- Auditor Leuzendorf, Ludw. Ritt. v. (Herr und Landmann
in Steiermark, GTB, Hptm.)
- Arzt. Quiquerez, Ferdin., Dr.
- Rechnungsf. Haupt, Stephan, Obrlt
- Adjutant Břzesina v. Birkenhain, Franz, Obrlt.
Bataillons- Adjutanten. (Sind in der Rangliste bezeichnet.)
Regiment-Agent. Spitzer, Alois, Dr. (in Wien)
R weiss, A. und Kr. carmoisinroth (wie Nr. 43); P lichtblau,
w. Kn

140
ANGELO CERIZZA - A DURA VITA, A DURA DISCIPLINA

1850

23
Lombardisches Infanterie-Regiment.

Haupt-Werbbezirks-Station: Lodi

1814 errichtet; 1815 Mauroy de Merville, Franz Freih., FML.;


1817 Greth, Carl, FML; 1827 Söldner v. Söldenhofen,
Joseph. FML.;

1837 Ceccopieri, Ferdinand Gr., FML225

Stabs – Officiere
Oberst u. Regts.-Comdt. Hartung, Ernest, ÖEKO-R. 3, MVK
Obstlt. (Vacat)
Majors. Terzaghi Carl
Sternegg, Friedr Freih. v.

Hauptleute 1. Classe
Verzola, Alois. / Kublang v. Seltenhof, Rob / Kottulinsky,
Rud. Gr/ Lego, Joh./ Delser , Jos., ÖEKO-R. 3, MVK ,
CGO- R1 ./ Baronchelli, Attil./ Monteverde Franz./ Saussaye,
Carl./ Baselli, Joseph Freiherr. / Berlekovich, Jos. / Brzesina
v. Birkenhain, Franz / Belegishanin, Joh. / Csebaz, Emil v.
/ Kirschy, Carl Freih. (s.n) / Petainek, Jos., MVK (s.n.) /
Drassenovich v. Posertve, Adalbert.

Hauptleute 2. Classe
Mayer, Mich./ Guckler, Ferd. Edler v./ Schennet, Anton /
Govorcsin, Constant / Vitali, Carl v./ Schuster, Hermann,
MVK . (beim GQM Stabe, s.n.) / Vander-Stadts, Adolph von
/ Rosenzweig, Johann (s.n.)

Alla morte del conte Ferdinando Ceccopieri, proprio nell’anno 1850, il Reggimento,
225

come detto, ebbe un nuovo Inhaber nella persona del Feldzeugmeister Paul von Ajroldi . 141
Oberlieutenants.
Riedler, Ferd:/ Bosisio, Achilles./ Wescher Edl. v. Piberau,
Carl / Kochen, Gustav Edler v. / Patteri, Alphons Marq /
Boniperti, Johann v. / Gröller, Albin Edl. v. / Geyso, Aug.
Freih. v. / Roch, Heinr. / Prato, Victor Napoleon Gr. / Ballacs,
Constant / Preveden, Adolph / Fabrizii, Carl v. / Schivny
St. Aulaire, Ludw. Edel. v. / Parisini, Geminian / Hack auf
Bornimbs, Emanuel Ritter v. / Uslar-Gleichen, Otto Ulrich
Freih. / Cottomboni, Anton / Galassi,Peter (s.n) / Aschieri, Jos
/ Oreskovich, Johann MVK / Henning, Frieder. (s.n)

Unterlieutenants 1. Classe
Veigl, Franz. / Popovich, Georg. / Hild, Gustav, MKV / Pisani,
Hieronimus. / Schivny de St. Aulaire, Franz. / Wazlawiczek
Franz (Bat.- Adj.) Izerfy, Joseph, O². / Gerelli, Carl. /
Ballentovich, Ludwig (Bat. Adj.) / Stehlik, Eduard / Jemrich,
Eduard / Bogschütz, Johann. / Sivkovich, Thomas (Bat – Adj.)
/ Aleidinger, Jos. / Cisotti, Franz. / Schöfflein, John. / Airoldi,
Girolamo Ritter v. / Mairon, Leonhard / Bourcard, Franz. /
Pelley, Jos. / Strohall, John. / Ballentovich, Franz. / Boticelli,
Jos. / Maculan, Stephan. / Kerniaic, Paul (s.n.).

Unterlieutenants 2. Classe
Petainek, Stephan. / Pleskott, Georg. / Ostini, Franz Freih.
/ Bonistabile Heinrich. / Biegler, Eduard. / Schivny de St.
Aulaire, Emil. / Grillowtzer, Wilh./ Pinter, Carl. / Tyrowycz,
Michael. / Gaál, Sigm. O² / Parsche, Jos. / Doré, Franz. /
Raimond, Gustav v. / Schubert, Franz. / Wallner, Franz. /
Grognet d’Orleans, Felix. / Jäger, Mathias.

Cadeten
(k. k.) (Vacat.) / (Reg.) Lenhardt, Alfr.

Vom Stabe
142
Reg. Caplan. Denti, Anton
ANGELO CERIZZA - A DURA VITA, A DURA DISCIPLINA

- Auditor Leuzendorf, Ludw. Ritt. v. Herr und Landmann in


Steiermark, Hptm.
- Arzt Opitz, Thomas, Dr der Medicin und Chirurgie,
Magister der Augenheilkunde und Geburtshilfe .
- Rechnungsf. Stutz, Anton, Obrlt
- Adjutant Hild, Gustav, Untrlt.
Bataillons- Adjutanten (Sind in der Rangliste bezeichnet.)
Regiment-Agent Spitzer, Alois, Dr. (in Wien)
R weiss, A. und Kr. carmoisinroth (wie Nr. 43); P lichtblau,
w. Kn

143
Documento 3

Elenco degli ufficiali del III «Ceccopieri» che, durante i


moti del 1848 in Italia, rimasero fedeli all’Imperatore d’Austria
(Geschichte des k. und k. Infanterieregiments N. 23, pag. 128)

Hauptleute: Franz Ritter von Merkl, Josef Delser, Anton


Confalonieri, Peter Marten226
Oberlieutenants: Josef Berlekovich, Anton Schennet, Costantin
Govorksin.
Unterlieutenants: Albin Ritter von Gröller, Heinrich Roch,
Costantin Ballács227, Adolf Preveden,
Geminian Parisini, Otto Baron Uslar-
Gleichen, Peter Galassi, Friedrich Hennig.

Fedeli all’Impero rimasero anche i soldati di una pattuglia


inviata a Casalpusterlengo in appoggio al locale comando di
finanza agli ordini dell’Unterlieutenant Eduard Prieger (la pat-
tuglia si unì alla colonna del Benedek proveniente da Pavia). La
pattuglia era così composta:

Korporal: Angelo Taccani


Gemeine: Josef Papetti, Franz Begna, Baptist Faggiani, Lorenz
Durizzi, Gaetan Ferri, Alois Appiani, Fedele Cania,
Angelo Leoni, Felix Rossi, Anton Cochi, Adam
Giudici228.

Elenco degli ufficiali del III «Ceccopieri» che, durante i moti


del 1848, aderirono alla causa italiana (Geschichte des k. und k.
Infanterieregiments N. 23, cit., pag. 128)
226
Inviato come corriere a Milano rimase con lo stato maggiore di Radetzky fino alla
fine della campagna.
227
Rimasto in Cremona con incarico organizzativo riuscì poi a imbarcarsi, per l’aiuto di
un finanziere suo padrone di casa (che aveva aderito alla rivoluzione), su un trabaccolo
diretto a Venezia. Di lì raggiunse Trieste e poi infine Buda.
144 228
Furono inviati ad altri reggimenti di linea e fecero la campagna d’Italia.
ANGELO CERIZZA - A DURA VITA, A DURA DISCIPLINA

Hauptleute: Franz Skodnik, Anton Facco.


Oberlieutenants: Fortunato Majocchi, Carl Facco, Johann
Villata Ritter von Villaburg, Josef Fabrici,
Johann Steffensen. ( Johann Steffensen era
ungherese. Dopo la guerra rimase in Italia
in forza all’Esercito sardo. La sua vicenda
è stata narrata Barbara Ratana Sakulsuvarn
nell’articolo Ritratto di una famiglia unghe-
rese nell’Italia dell’Ottocento in «Rivista di
Studi Ungheresi» Nuova serie, n. 3 2004,
pag.77).
.
Unterlieutenants: Dragimir Cattalinich, David Terzaghi,
Eduard Driquet Edler von Ehrenbruck,
David Guardi.

145
Documento 4

Elenco dei soldati del «Ceccopieri» con cognome italiano


decorati al merito dell’Impero per atti di valore compiuti nel
periodo 1848-1849.

Cognome Nome grado anno Battaglia Decorazione



Arrigoni Gemeiner 1849 Buda Med.d’argento di II
Azzoni Felix Zimmermann 1849 Brescia Med.d’argento di I
Bassino Johann Gefreiter 1849 Buda Med.d’argento di II
Bellinghieri Manfred Korporal 1849 Komarom Encomio
Beltrami Alois Korporal 1849 Buda Med.d’argento di II
Benzi Johann Korporal 1849 Buda Med.d’argento di II
Bonetti Felix Korporal 1849 Komarom Encomio
Bosco Josef Zimmermann 1848 Vienna Med.d’argento di II
Brambati Alois Gemeiner 1849 Buda Med.d’argento di II
Brusatti Kaietan Korporal 1849 Komarom Encomio
Cairo Coelestin Gemeiner 1848 Vienna Med.d’argento di II
Campari Karl Gemeiner 1849 Brescia Med.d’argento di I
Carminotti229 Giuseppe Korporal 1859 Magenta Med.d’argento di I
Cattaneo Paul Feldwebel 1849 Buda Medaglia d’oro
Cattani Gemeiner 1849 Brescia Encomio
Chialla Nicolaus Korporal 1849 Komarom Encomio
Codecca Anton Dom. Korporal 1849 Brescia Encomio
Colombini230 Johann Korporal 1849 Nagyszombat Med.d’argento di II
Corbani Johann Korporal 1849 Buda Med.d’argento di I
Corini Franz Korporal 1849 Brescia Encomio
Cortellazzi Anton Gemeiner 1849 Buda Med.d’argento di II
Costa Sisto Feldwebel 1849 Buda Med.d’argento di II
Dadati Gemeiner 1849 Brescia Encomio
Demintone Franz Gemeiner 1849 Buda Med.d’argento di I
Denti Gemeiner 1849 Brescia Encomio
Dioli Franz Korporal 1849 Komarom Med.d’argento di II
Dorio Oratio Gemeiner 1849 Komarom Encomio
Farenzi Gemeiner 1848 Vienna Med.d’argento di I

229
Giuseppe Carminotti non partecipò direttamente alla battaglia. Fu premiato per la
sua fedeltà alla bandiera (vedi pag. 121).
230
Giovanni Colombini, Feldwebel a riposo, morì l’8 luglio 1897 a Bátaszék in Ungheria
all’età di 85 anni. Il figlio, Oberst Carlo Colombini, fu decorato con l’Ordine della
146 Corona di Ferro di II classe.
Angelo Cerizza - A dura vita, a dura disciplina

Ferroni Gemeiner 1849 Brescia Encomio


Fortuna Peter Korporal 1849 Buda Med.d’argento di II
Fumagalli Johann Gemeiner 1849 Brescia Encomio
Fumagalli Josef Gemeiner 1849 Buda Med.d’argento di II
Gatti Josef Korporal 1849 Buda Med.d’argento di II
Gazzaniga Paul Gemeiner 1849 Komarom Encomio
Germani Johann Korporal 1849 Brescia Med.d’argento di I
Giudici Anton Gemeiner 1849 Komarom Med.d’argento di II
Gotti Josef Korporal 1849 Nagyszombat Med.d’argento di II
Invernici Gemeiner 1849 Brescia Encomio
Leoni Peter Gemeiner 1849 Buda Med.d’argento di II
Lobbia Privatediener 1849 Buda Med.d’argento di II
Macculan Alois Korporal 1849 Komarom Med.d’argento di II
Madaschi Gemeiner 1849 Brescia Encomio
Magni Karl Korporal 1849 Komarom Med.d’argento di II
Magri Angelo Grenadier 1849 Pered Encomio
Marchetti Anton Grenadier 1849 Pered Encomio
Marcon Johann Korporal 1848 Vienna Med.d’argento di II
Marcon Johann Feldwebel 1849 Buda Med.d’argento di II
Mariffa Ludwig Gemeiner 1849 Nagyszombat Med.d’argento di II
Matucello Sebastian Korporal 1849 Buda Med.d’argento di II
Mazzini Johann Korporal 1849 Brescia Encomio
Merlo Josef Gemeiner 1849 Buda Med.d’argento di II
Molin Anton Korporal 1848 Vienna Med.d’argento di II
Moltrasio Gemeiner 1849 Brescia Encomio
Mombelli Kostantin Gemeiner 1849 Brescia Med.d’argento di II
Mondani Fortunato Feldwebel 1849 Pered Encomio
Ogliari Michael Korporal 1849 Buda Med.d’argento di II
Padovan Anton Korporal 1849 Komarom Med.d’argento di II
Paganini Lorenz Korporal 1849 Buda Med.d’argento di I
Pedroni Gemeiner 1849 Brescia Encomio
Pelicioli Ferdinand Zimmermann 1848 Vienna Med.d’argento di II
Perasino Alois Korporal 1849 Brescia Med.d’argento di II
Persico Johann Korporal 1849 Brescia Med.d’argento di II
Piacentini Fermo Korporal 1849 Brescia Med.d’argento di II
Polenghi Korporal 1849 Pered Encomio
Pozzi Gemeiner 1849 Brescia Encomio
Preda Josef Korporal 1849 Komarom Encomio
Prerosti Kornelius Korporal 1849 Brescia Encomio
Priori Alois Zimmermann 1849 Brescia Encomio
Raselli Gemeiner 1849 Brescia Encomio
Ravasio Johann Gefreiter 1849 Buda Med.d’argento di I
Rigamonte Thomas Gemeiner 1849 Komarom Med.d’argento di II
Rinaldi Peter Gefreiter 1848 Vienna Med.d’argento di II 147
Scorsetti Anton Korporal 1849 Komarom Encomio
Settimini Johann Gemeiner 1849 Brescia Med.d’argento di II
Simonini Josef Gemeiner 1849 Komarom Med.d’argento di II
Soffientini Philipp Zimmermann 1849 Nagyszombat Med.d’argento di I
Soffientini Gemeiner 1849 Brescia Encomio
Sposti Bartolom. Gemeiner 1849 Nagyszombat Med.d’argento di II
Suglieni Franz Gemeiner 1848 Vienna Med.d’argento di II
Tromboni Gemeiner 1849 Brescia Encomio
Uggée Johann Tambour 1849 Brescia Encomio
Viamello Franz Gemeiner 1849 Buda Med.d’argento di I
Villa Angelo Gemeiner 1849 Buda Med.d’argento di I

148
Angelo Cerizza - A dura vita, a dura disciplina

Documento 5

Elenco degli assenti dalla residenza legale pubblicato a piede


del manifesto del 20 gennaio 1849 ordinati per comune (Vedi
pag. 56)

Bottajano Costi Giovanni


Casaletto Ceredano Marchini Giacomo
Casaletto Ceredano Marchini Angelo
Casaletto Ceredano Gandini Francesco
Casaletto Ceredano Gandini Achille
Casaletto Ceredano Gandini Andrea
Casapusterlengo Luccini Carlo
Castelnuovo Bocca d’Adda Donghi G.B.
Castelnuovo Bocca d’Adda Donghi Luigi
Castelnuovo Bocca d’Adda Dansi Giovanni
Codogno Baciocchi Luigi
Codogno Pastori Giuseppe
Codogno Caviaga Giovanni
Codogno Valarani Francesco
Codogno Negroni Angelo
Codogno Pedrazzini Davide
Codogno Mondani Alessandro
Codogno Delle Donne Luigi
Codogno Ruggeri Biagio
Codogno Carera Salvatore
Codogno Cavana Livio
Codogno Cavana Fulvio
Codogno Mola Luigi
Codogno Dansi Annibale
Codogno Borsa Giuseppe
Codogno Lamberti Bartolomeo
Codogno Lupatini Giuseppe
Codogno Fugazza Giacomo
Codogno Fraschini Marcello
Codogno Pallavera Pietro
149
Codogno Delle Donne Pietro
Codogno Vercellesi Felice
Codogno Quirci Davide
Codogno Sormani Gio. Batt.
Cornogiovine Caccialanza Luigi
Cornogiovine Faruffini Giovanni
Cornogiovine Dadice Annibale
Cornogiovine Rosi Gaetano
Cornogiovine Tonani Gaetano
Cornogiovine Fusari Bartolomeo
Cornogiovine Rò Carlo
Credera Tessadori Agostino
Credera Moretti Giovanni
Credera Fanganini Giovanni
Guardamiglio Roverselli Giovanni
Gugnano Rossi Ambrogio
Lodi Galimberti Innocente
Lodi Crocciolani Eugenio
Lodi Capellini Giuseppe
Lodi Bay Enrico
Lodi Chioso di Porta Cremonese Passarini Pietro
Lodi Chioso di Porta Regale Raguzzi Antonio
Lodi Chioso di Porta Regale Rossetti Bernardo
Lodi Chioso di Porta Regale Rossetti Biagio
Lodivecchio Bianchi Francesco
Lodivecchio Forsenti Pietro
Lodivecchio Rengotti Angelo
Lodivecchio Rivalta Mosè
Lodivecchio Persiceri Carlo
Mezzana Dadati Giacomo
Offanengo Lingiari Domenico
Ricengo Righetti Giovanni
S. Colombano Galotta Pietro
S. Colombano Boselli Emilio
S. Colombano Galleani Francesco
S. Colombano Gradi Emilio
150
Angelo Cerizza - A dura vita, a dura disciplina

S. Colombano Gradi Giuseppe


S. Colombano Brugnani Giovanni
S. Colombano Zacchetti Luigi
S. Colombano Bordoni Pietro
S. Colombano Erba Attilio
S. Colombano Zamboni Casimiro
S. Colombano Uggé Giuseppe
S. Colombano Baldini Giuseppe
S. Colombano Inzaghi Giuseppe
S. Colombano Coldani Domenico
S. Colombano Albanesi Francesco
S. Colombano Parisi Giuseppe
S. Colombano Panigada Giovanni
S. Colombano Inzaghi Gaetano
S. Colombano Sterza Giuseppe
S. Fiorano Fadigati Gio. Batt.
S. Fiorano Carera Carlo
S. Michele Ferrari Giovanni
S. Rocco Cavallettiu Giovanni
S. Rocco Badiaschi Luigi
S. Rocco Marubbi Antonio
S. Stefano Sanbarbieri Acquilino
S. Stefano Lusani Santo
Salvirola Esposto Melchiade
Salvirola Taloni Ercole
Somaglia Ferrari Carlo
Somaglia Pedrazzini Giuseppe
Somaglia Villa Modesto
Trescorre Raimondi Luigi
Vailate Alessandi Angelo
Vailate Moro Natale
Vailate Donesana Luigi
Vailate Donesana Lorenzo
Villarossa Premoli Carlo

151
Documento 6

Lodigiani e Cremaschi nella Legione italiana in Ungheria

La lista è un’elaborazione dell’elenco pubblicato da Lázló


Pete, Il colonnello Monti e la Legione italiana nella lotta per
la libertà ungherese, Rubettino Editore, Soveria Mannelli
(Catanzaro), 2003, pag. 237 - 260. L’elenco di 700 nomi, come
avverte il prof. Pete, non include tutti i legionari e presenta
incongruenze e possibili errori nei nomi e nelle date di nascita
(ove sono pubblicate). Ciò nonostante un controllo a campione
effettuato dall’autore di questo saggio per quanto riguarda i
nomi dei Codognesi ha rivelato che l’elenco rappresenta un’ot-
tima base di partenza per un’indagine precisa da effettuarsi
sulla documentazione anagrafica disponibile nel territorio.
Nella tabella accanto al luogo d’origine, al cognome e nome,
alla classe d’età, sono indicati il reggimento d’appartenenza,
il grado, con quale modalità il soldato pervenne alla legione e
la sua sorte finale (amnistiato dall’amministrazione austriaca,
sbarcato a Cagliari nel 1850, convertito all’Islam).

152
Città Cognome Nome Classe Prof. Reggimento Grado Entrato Sorte
Alberghetto1 Salvaderi Carlo 1824
Arcagna Sbarra Leopoldo 1818 Ceccopieri caporale
Bagnolo Bonomi Francesco 1821 Ceccopieri soldato
Borghetto Madé Giuseppe Ceccopieri soldato prigioniero amnistiato
Capralba Moro G.Battista 1824 Ceccopieri soldato prigioniero amnistiato
Casalp. Bramini Cristoforo Kress soldato prigioniero amnistiato
Casalp. Fraschini Luigi Kress soldato prigioniero amnistiato
Casalp. Parenti Giovanni 1822 recluta soldato
Casalp. Prechi Luigi 1825 carrettiere soldato
Casalp. Sarri Giovanni 1819 ortolano sergente
Angelo Cerizza - A dura vita, a dura disciplina

Caselle Landi Bonfanti Marco 1824 soldato


Caselle Lurani Tornicelli Vittorio 1825 Ceccopieri soldato
Castion Anelli Paolo soldato
Castion Brambati Luigi 1823 Ceccopieri caporale
Castion Molti Giuseppe soldato
Cavenago Porcellini Giuseppe 1824 Ceccopieri soldato
Codogno Balzarelli Gaetano 1824 Ceccopieri soldato
1
Così negli elenchi pubblicati da Lázló Pete, Il colonnello Monti. Cit. pag. 257. Presumibilmente, se corretta l’indicazione della provincia (LO), è da
intendersi Borghetto.

153
154
Codogno Bertuzzi Francesco Ceccopieri soldato prigioniero amnistiato
Codogno Bocoti Francesco Ceccopieri soldato prigioniero amnistiato
Codogno Ferri Leonardo Wipffen sergente prigioniero amnistiato
Codogno Ganelli Giovanni 1821 muratore Ceccopieri soldato
Codogno Pezzi Luigi 1815 garzone Ceccopieri soldato prigioniero amnistiato
Codogno Ravera Giuseppe 1822 Ceccopieri caporale
Codogno Storla Luigi Ceccopieri soldato prigioniero amnistiato
Codogno Stringhetti Angelo 1823 calzolaio soldato
Codogno Zuccotti Giuseppe Ceccopieri soldato prigioniero amnistiato
Crema Malio Francesco villico Karoly Ferd. caporale prigioniero Cagliari
Crema Ortori Giuseppe 1820 caporale
Crema Ottaviani Antonio Ceccopieri soldato prigioniero Cagliari
Crema Piacentini Giovanni 1826 Ceccopieri soldato
Crema Suardi Giacomo 1824 sarto
Crema Tressini Luigi soldato amnistiato
Crespiatica Milanesi Giuseppe 1823
Dovera Costa Angelo 1819 Ceccopieri tenente prigioniero Cagliari
Livraga Sfondrini Luigi 1827 sarto soldato
Lodi Anelli Giuseppe Ceccopieri soldato prigioniero amnistiato
Lodi Biella Angelo caffettiere Ceccopieri soldato prigioniero Cagliari
Lodi Bonelli Giuseppe 1828 muratore Ceccopieri soldato
Lodi Calzolani Bassano 1822 droghiere soldato
Lodi Dosi Carlo 1824 Ceccopieri soldato
Lodi Fedeli Giovanni Ceccopieri soldato prigioniero amnistiato
Lodi Gastoldi Domenico Ceccopieri caporale disertore amnistiato
Lodi Giulini Luigi 1823 calzolaio Ceccopieri soldato prigioniero amnistiato
Lodi Ingeloni Francesco Ceccopieri caporale prigioniero amnistiato
Lodi Lungarini Angelo 1826 orefice Ceccopieri soldato prigioniero amnistiato
Lodi Malacarne Gaetano Ceccopieri soldato prigioniero amnistiato
Lodi Marinardi Angelo 1819 vetturale? Ceccopieri soldato
Lodi Mariscotti Salvatore 1826 panettiere Ceccopieri soldato
Angelo Cerizza - A dura vita, a dura disciplina

Lodi Martinelli Giovanni soldato prigioniero


Lodi Mazzucchi Giovanni Ceccopieri soldato prigioniero amnistiato
Lodi Mosconi Angelo 1820 falegname Ceccopieri soldato
Lodi Motti Giacomo 1819 Ceccopieri caporale
Lodi Ostenda Leopoldo 1823 soldato
Lodi Panieri Giovanni soldato
Lodi Riboni Valentino 1824 conciatore Ceccopieri soldato prigioniero ISLAM
Lodi Scegolo Giovanni soldato
Lodi Tanzini Luigi Ceccopieri tenente I prigioniero Cagliari

155
156
Maleo Cornali Santo Ceccopieri tamburino prigioniero amnistiato
Merlino Pavesi Angelo 1825 tessitore Ceccopieri soldato prigioniero amnistiato
Modignano Sala Domenico 1824 soldato
Moscazzano Tomella Giovanni 1823 Ceccopieri soldato
Offanengo Ferrari Giuseppe 1820 villico Ceccopieri tenente I prigioniero amnistiato
Ombriano Spinelli Antonio muratore Ceccopieri caporale prigioniero Cagliari
Orio Aleazzi Giorgio 1821 Ceccopieri soldato
Ossago Travi Giovanni 1829 soldato
Pandino Assandri Antonio muratore Ceccopieri soldato prigioniero Cagliari
Pandino Barziga Luigi Ceccopieri sergente prigioniero amnistiato
Pandino Milliavacca Alberto Ceccopieri caporale prigioniero amnistiato
Paullo Ceribini Domenico carrettiere Ceccopieri soldato prigioniero
Paullo Cipolla Giovanni 1824 mugnaio Ceccopieri soldato prigioniero amnistiato
Paullo Boerchi Carlo Ceccopieri zappatore prigioniero amnistiato
Ripalta Bragotti Luigi 1825 soldato
Rivolta Esposto Luigi 1820 Ceccopieri caporale
Robecco Fonfoni Pietro Ceccopieri soldato prigioniero amnistiato
Robecco Gilberti Giacomo Ceccopieri prigioniero amnistiato
Robecco Magnifici Luigi 1825 Ceccopieri soldato
Robecco Purini Angelo muratore Ceccopieri soldato prigioniero amnistiato
Robecco Savi Natale carrettiere Kress soldato prigioniero Cagliari
Robecco Strina Lazzaro Ceccopieri soldato prigioniero amnistiato
Roncadello Storti Alessando muratore
S. Angelo Arrigoni Bernardo 1819 tessitore Ceccopieri soldato prigioniero Cagliari
S. Angelo Grignani Giovanni Kress soldato prigioniero amnistiato
S. Angelo Pozzoli Angelo Zanini soldato prigioniero amnistiato
S. Bernardino Pigola Giovanni 1817 Ceccopieri soldato
S. Fiorano Froletti Luigi 1824 Ceccopieri soldato prigioniero amnistiato
S. Stefano Bolzoni Giuseppe 1823 barbiere soldato
S. Stefano Fregoni Gerolamo 1822 cuoco soldato
Senna Capelletti Domenico 1821 Ceccopieri soldato prigioniero amnistiato
Angelo Cerizza - A dura vita, a dura disciplina

Torlino Pavesi Giovanni Ceccopieri


Vaiano Ceresa Pietro 1820 barbiere soldato
Vailate Nava Francesco 1823 soldato
Vidardo Malquattro Giuseppe 1820
Zelo B.P. Ciarebini Giovanni 1824 muratore Ceccopieri soldato disertore Cagliari

157
Indice

Presentazione Pag. 3
Marco Pizzo
Museo Centrale del Risorgimento di Roma

I Il Reggimento austro – lodigiano Pag. 5


A dura vita/a dura disciplina Pag. 7
Il reggimento lodigiano-cremasco Pag. 27

II Il “Quarantotto” Pag. 45
Il III «Ceccopieri» in Italia Pag. 47
I e II «Ceccopieri» a Buda e a Pest Pag. 60
Viva l’Imperatore Pag. 78
Comunque un Tricolore Pag. 103

Epilogo Pag. 117

Appendice Pag. 123


Finito di stampare a Fidenza nel mese di gennaio 2013 | Mattioli 1885

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