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Corso di Laurea: INGEGNERIA INDUSTRIALE CURR.

ENERGETICO
Insegnamento: ENERGETICA
Lezione n°: 15
Titolo: IL PETROLIO
Attività n°: 1

Facoltà di Ingegneria

Il petrolio

© 2007 Università degli studi e-Campus - Via Isimbardi 10 - 22060 Novedrate (CO) - C.F. 08549051004
Tel: 031/7942500-7942505 Fax: 031/7942501 - info@uniecampus.it
Corso di Laurea: INGEGNERIA INDUSTRIALE CURR.ENERGETICO
Insegnamento: ENERGETICA
Lezione n°: 15
Titolo: IL PETROLIO
Attività n°: 1

Facoltà di Ingegneria

Introduzione
Per liberare l'energia potenziale chimica dei combustibili sono indispensabili, allo
stato attuale dello sviluppo tecnologico, i processi di combustione

Quindi, anche nei prossimi anni, i combustibili fossili saranno bruciati


per estrarre il "potere calorifico" in essi contenuto

Appare perciò importante illustrare brevemente le proprietà chimico-fisiche dei


combustibili tradizionali, con particolare riferimento alle caratteristiche che
maggiormente ne influenzano l'impiego

Non è poi privo d'interesse delineare gli attuali indirizzi di ricerca e


sperimentazione nel settore della messa a punto di nuove tecnologie di
utilizzazione per i combustibili "sporchi", primo fra tutti il carbone

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Lezione n°: 15
Titolo: IL PETROLIO
Attività n°: 1

Facoltà di Ingegneria

Il petrolio
Si fa corrispondere la nascita dell'industria petrolifera all'inizio della perforazione
dei pozzi, verso la metà dell'Ottocento

Fino ad allora il petrolio che trafilava in superficie era utilizzato soprattutto nelle
lampade per illuminazione, in alternativa agli oli vegetali ed animali. Il petrolio
greggio si presenta come un “liquido viscoso, più o meno colorato”

Esso è costituito da una miscela d'idrocarburi che contiene anche piccole


percentuali di sostanze diverse come acqua, composti ossigenati, azotati e
solforati, oltre ad impurità varie quali, ad esempio, la sabbia

Il valore commerciale "a bocca di pozzo" del greggio è determinato,


fondamentalmente, da tre parametri:
9 il costo del trasporto dal luogo d'origine
9 la densità
9 il tenore di zolfo

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Attività n°: 1

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Il petrolio
Il valore commerciale aumenta :
al diminuire dei costi di trasporto

al diminuire della densità, perché una bassa densità garantisce una


“prevalenza d'idrocarburi leggeri” e quindi una miglior resa in distillati di
pregio

al diminuire della percentuale di zolfo, perché lo zolfo tende ad avvelenare i


catalizzatori di raffinazione e ad accumularsi in alcuni prodotti, come gli oli
combustibili

Nei petroli greggi si possono avere idrocarburi appartenenti a serie diverse. Con
riferimento alla figura si distinguono, ad esempio, idrocarburi:

(a) paraffinici saturi a catena lineare (Cn,H2n+2);


(b) olefinici non saturi (CnH2n,), con un doppio legame tra due atomi di carbonio
contigui;
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Il petrolio

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Attività n°: 1

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Il petrolio

(c) naftenici saturi o cicloparaffine (CnH2n), a struttura ciclica con legami semplici;

(d) aromatici non saturi della serie benzenica (CnH2n-6), con struttura ad anello;

(e) paraffinici saturi ramificati (CnH2n+2), simili ai paraffinici del gruppo (a) ma con
uno o più atomi d'idrogeno sostituiti dal radicale metile (CH3);

(f) olefinici non saturi (CnH2n-2), simili agli olefinici del gruppo (b) ma con due doppi
legami fra tre atomi di carbonio contigui.

Negli idrocarburi saturi gli atomi di carbonio non hanno doppi legami, mentre negli
idrocarburi insaturi due o più atomi di carbonio contigui sono uniti da un doppio, o
triplo, legame.

Due idrocarburi che hanno lo stesso numero d'atomi di carbonio e idrogeno ma


struttura diversa, si definiscono ISOMERI.
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Il petrolio
Così sono isomeri gli idrocarburi olefinici (b) e naftenici (c) caratterizzati dalla
stessa composizione CnH2n.

Analogamente, sono isomeri gli idrocarburi paraffinici lineari (a) e ramificati (e),
caratterizzati dalla stessa composizione CnH2n+2.

Due isomeri molto noti, caratterizzati dalla composizione C8H18, sono


9 n-ottano a catena lineare
9 e isoottano a catena ramificata

Gli idrocarburi a catena lineare bruciano istantaneamente, mentre quelli a catena


ramificata bruciano più lentamente e quindi aumentano il potere antidetonante
nelle benzine

Infatti il numero di ottano delle benzine è definito come il parametro m che


caratterizza il potere antidetonante di una miscela costituita da m parti su 100 di
isoottano e da (100 - m) parti di n-eptano (C7H16 a catena lineare)

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Attività n°: 1

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Raffinazione del petrolio


Il petrolio greggio non è mai usato come tale ma viene sempre sottoposto a
"raffinazione", cioè ad un insieme di trattamenti che danno luogo ai prodotti finali
ed alle materie prime per l'industria petrolchimica.

Le tecniche di raffinazione più usate prevedono la distillazione


frazionata ed una serie di interventi complementari successivi destinati
ad aumentare la resa in frazioni pregiate, quali le benzine.

Il processo di DISTILLAZIONE FRAZIONATA è schematizzato nella figura seguente.

Il petrolio greggio viene riscaldato fino ad una temperatura di circa 360°C e quindi
fatto entrare a pressione atmosferica nella colonna di distillazione vera e propria.

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Raffinazione del Petrolio
Alla temperatura di ingresso ed alla pressione
atmosferica, solo una frazione del totale non è
vaporizzata e viene estratta dal basso come
residuo.

La parte vaporizzata sale nella zona alta della


colonna e, man mano che si raffredda, deposita per
condensazione le varie frazioni di idrocarburi.
Dalla zona più alta, e quindi più
fredda, della colonna fuoriescono
i gas come:
9 il metano (CH4),
9 incondensabili a temperatura
ambiente
9 il propano (C3H8) ed il butano
(C4H10) che si possono liquefare
aumentando la pressione a
temperatura ambiente.

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Raffinazione del Petrolio
Scendendo nella colonna si separano, in ordine
crescente di temperatura e densità
9 le benzine
9 il cherosene
9 il gasolio
mentre rimane, come RESIDUO, la frazione
pesante dalla quale si ottengono, successivamente
9 gli oli combustibili
9 i lubrificanti
9 gli asfalti

Come indicato in tabella, tutte


queste frazioni, o "tagli", sono
caratterizzate da diverse densità
medie e, soprattutto, da diverse
"curve di distillazione", cioé da
diversi intervalli di temperature di
ebollizione a pressione ambiente.
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Raffinazione del Petrolio

Al netto di perdite e consumi, la distillazione conduce a rese in frazioni leggere


dell'ordine del 15 ÷ 20% ed a rese in frazioni medie dell'ordine del 30 ÷ 50%.

Per migliorare la resa nelle frazioni leggere pregiate, si ricorre ai processi di


“pirolisi o piroscissione” (in inglese CRACKING), che permettono di rompere le
molecole più complesse:
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Raffinazione del Petrolio
per sola azione termica (cracking termico a temperature dell'ordine di 480° C)
ovvero
per azione del riscaldamento a temperature più ridotte ma in presenza di
catalizzatori (cracking catalitico).

Per indirizzare la piroscissione verso gli idrocarburi caratterizzati da un rapporto


H/C più alto, si può operare in presenza di idrogeno (idrogenazione).

In questo modo i legami multipli degli idrocarburi insaturi si possono


rompere e restaurare con idrogeno.

Così, ad esempio, è possibile passare da etilene, insaturo, ad etano saturo secondo


la reazione

H2C = CH2 + H2 ⇒ H3C – CH3

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Raffinazione del Petrolio
Per aumentare la resa in benzine si possono far combinare tra loro, in presenza di
catalizzatore, anche le frazioni gassose che si liberano durante il cracking,
ottenendo idrocarburi che restano liquidi a temperatura e pressione ambiente
(alchilazione).

Infine, per aumentare il potere antidetonante delle benzine è possibile modificare


la struttura molecolare degli idrocarburi paraffinici che le compongono, passando
da catene lineari a catene ramificate (reforming).

A seguito di tutti questi trattamenti, dai gas condensabili si ottengono i GPL (o gas
di petrolio liquefatti), mentre dai distillati leggeri (o benzine in senso lato), si arriva
alle benzine per autotrazione, alla "nafta vergine" (utilizzata come materia prima
nell'industria petrolchimica), ed al "carbo-turbo" (un carburante usato nelle turbine
aeronautiche).

Dalle frazioni leggere e medie si ottiene il cherosene (utilizzato soprattutto nelle


turbine terrestri), e dalle frazioni medie si ottiene il gasolio (impiegato nei motori
Diesel e negli impianti di riscaldamento).

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Raffinazione del petrolio
Dalle frazioni pesanti, più o meno mescolate con gasolio, si ottengono gli oli
combustibili, tanto più pregiati quanto minore è la loro viscosità (e cioè, in pratica,
quanto maggiore è il loro contenuto in gasolio).
Commercialmente, gli oli combustibili vengono distinti in:

fluidissimi: con viscosità a 50°C inferiore a 3°E;

fluidi: con viscosità a 50°C compresa tra 3 e 5°E

semifluidi: con viscosità a 50°C compresa tra 5 e 7°E

densi: con viscosità a 50°C maggiore di 7°E.

In queste definizioni la viscosità, misurata in gradi engler (°E),


rappresenta il rapporto tra il tempo di efflusso da un certo viscosimetro di
200 g del liquido nelle condizioni di prova ed il tempo di efflusso dello
stesso volume d'acqua alla temperatura di 20 °C.

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Raffinazione del Petrolio
Poiché lo zolfo si concentra nei residui di distillazione, il tenore di zolfo negli oli
combustibili aumenta con il ridursi del contenuto in gasolio e, quindi, tende ad
essere tanto maggiore quanto maggiore è la viscosità.

Negli oli combustibili ad alto tenore di zolfo (ATZ) la percentuale di zolfo deve
essere inferiore al 3% negli oli fluidissimi, fluidi e semifluidi, ed inferiore al 4%
negli oli densi.

Va tuttavia rilevato che, in Italia, non vengono più venduti gli oli combustibili ATZ,
in quanto messi al bando nell'Unione Europea.

Di conseguenza, attualmente sono commercializzati soltanto oli combustibili, sia


fluidi sia densi, indicati col nome di BTZ, e caratterizzati da un tenore di zolfo
"basso", cioè inferiore all' 1%.

Dalle frazioni residue della distillazione, non trasformate in oli combustibili, si


ottengono oli lubrificanti, oli per trasformatori, bitumi ed altri prodotti destinati ad
usi non energetici.
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Attività n°: 1

Facoltà di Ingegneria

Utilizzazione dei Prodotti Petroliferi


Come si è detto, l'impiego energetico dei prodotti petroliferi comporta
inevitabilmente un qualche processo di combustione, necessario a liberare il potere
calorifico.

Come si può rilevare dalla tabella seguente, i valori dei poteri calorifici dei prodotti
petroliferi sono compresi in intervalli piuttosto ristretti, in conseguenza di una
relativamente modesta variabilità nella composizione elementare.

La differenza tra il potere calorifico superiore Hs ed il potere calorifico inferiore Hi


aumenta con il contenuto di idrogeno, ed è perciò maggiore nei distillati a minore
densità.

A seconda dell'impiego, le combustioni dei prodotti petroliferi possono aver luogo


in bruciatori od in motori.

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Utilizzazione dei Prodotti Petroliferi

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Attività n°: 1

Facoltà di Ingegneria

Combustione nei bruciatori


I bruciatori sono dispositivi aventi due principali funzioni:
1. da un lato provvedere alla polverizzazione del combustibile (atomizzazione)
2. dall'altro assicurare l'intimo mescolamento del combustibile con l'aria
comburente.

I bruciatori devono, inoltre, mantenere la fiamma stabile nel tempo con una
configurazione idonea alle caratteristiche della camera di combustione.

Gli atomizzatori, che sono i componenti più importanti dei bruciatori, possono
essere di tipo meccanico o pneumatico.

Negli atomizzatori meccanici il combustibile viene nebulizzato facendolo passare


attraverso un ugello di diametro ridotto, oppure lanciandolo contro un disco
rotante ad alta velocità.

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Insegnamento: ENERGETICA
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Attività n°: 1

Facoltà di Ingegneria
Combustione nei bruciatori
Negli atomizzatori pneumatici, invece, il combustibile arriva a bassa pressione ad
appositi orifizi lambiti esternamente dal fluido nebulizzante, costituito da vapore
d'acqua od aria.
All'uscita dagli orifizi il combustibile entra in contatto con il fluido nebulizzato ad
alta velocità, e viene così suddiviso in goccioline minute.

COMBUSTIONE NEI MOTORI

Nei motori a ciclo Otto l'accensione è comandata da una scintilla, mentre nei motori
a ciclo Diesel l'accensione è prodotta dall'aumento di temperatura causato da una
compressione adiabatica.

I carburanti da utilizzare nelle due categorie di motori devono quindi


avere caratteristiche assai diverse tra di loro.

Nei motori a CICLO OTTO, si utilizzano benzine con un potere antidetonante


abbastanza elevato in modo da evitare fenomeni di autoaccensione, anche in
presenza di rapporti di compressione volumetrici relativamente alti (dell'ordine di
8.5 nei motori attuali).
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Lezione n°: 15
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Attività n°: 1

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Combustione nei bruciatori
Storicamente, l'aumento del potere antidetonante è stato ottenuto con l'aggiunta
di particolari additivi, quali il piombo tetraetile.

Attualmente, per evitare la presenza di piombo nella benzina, si


preferisce aumentare il numero di ottano modificando la composizione
mediante l'aggiunta di etanolo o metanolo (benzina verde).

Nei motori a CICLO DIESEL si utilizzano invece gasoli con buona capacità di
autoaccensione.
Il gasolio viene introdotto, già atomizzato, nella camera di combustione (od in una
precamera) durante una fase del ciclo nella quale si sono già raggiunte
temperature sufficienti ad innescare l'autoaccensione.
La capacità di autoaccensione si valuta in base al numero di “cetano”, dal nome
dell' idrocarburo omonimo che è facilmente infiammabile.

Il numero di cetano dei gasoli è infatti definito come il parametro m che


caratterizza la capacità di autoaccensione di una miscela costituita da m parti su
100 di cetano e da (100 - m) parti di a-metil-naftalene, un idrocarburo difficilmente
infiammabile.
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Insegnamento: ENERGETICA
Lezione n°: 15/S2
Titolo: CONSOLIDAMENTO
Attività n°: 1

Facoltà di Ingegneria

Consolidamento

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Insegnamento: ENERGETICA
Lezione n°: 15/S2
Titolo: CONSOLIDAMENTO
Attività n°: 1

Facoltà di Ingegneria
Consolidamento

Rispondere alle seguenti domande:

Cos’è il petrolio?

Quali sono i fattori che influenzano il costo del petrolio?

Qual è la differenza tra idrocarburi a catena lineare e ramificata?

Come avviene la raffinazione del petrolio?

Quali sono i sottoprodotti petroliferi? E quale i loro utilizzi?

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Insegnamento: ENERGETICA
Lezione n°: 15/S3
Titolo: CONTAMINAZIONE AMBIENTALE
Attività n°: 1

Facoltà di Ingegneria

Contaminazione ambientale

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Insegnamento: ENERGETICA
Lezione n°: 15/S3
Titolo: CONTAMINAZIONE AMBIENTALE
Attività n°: 1

Facoltà di Ingegneria
Contaminazione dell’ambiente

L’inquinamento da idrocarburi può essere sistematico o accidentale. Quello


accidentale è prodotto, nella maggior parte dei casi, dal riversamento in mare di
ingenti quantità di petrolio da petroliere coinvolte in incidenti di navigazione ed è
causa di considerevoli danni agli ecosistemi marini e litorali.

Tra gli incidenti più gravi verificatisi negli ultimi


decenni si ricordano quello della Torrey Canyon,
che nel 1967 riversò nelle acque al largo della
Cornovaglia 860.000 barili (107.000 tonnellate)
di petrolio, e quello della Exxon Valdez, che nel
marzo del 1989 contaminò l’intera baia di Prince
William, in Alaska, con ben 240.000 barili
(30.000 tonnellate) di greggio.

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Insegnamento: ENERGETICA
Lezione n°: 15/S3
Titolo: CONTAMINAZIONE AMBIENTALE
Attività n°: 1

Facoltà di Ingegneria
Contaminazione dell’ambiente

Il più grave in assoluto fu, tuttavia, quello


verificatosi nel 1979 al largo di Trinidad e
Tobago: la collisione di due superpetroliere, la
Aegean Captain e l’Atlantic Empress, provocò
allora la fuoriuscita di circa 2.160.000 barili
(270.000 tonnellate) di petrolio.

Solo il 10% degli idrocarburi che contaminano i


mari proviene, tuttavia, da riversamenti
accidentali. Il resto proviene da fonti croniche,
quali infiltrazioni naturali, perdite di raffinerie o
di impianti di trivellazione su piattaforme in
mare aperto e, soprattutto, lo scarico a mare di
acque di zavorra da parte di navi cisterna e
petroliere.

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Corso di Laurea: INGEGNERIA INDUSTRIALE CURR.ENERGETICO
Insegnamento: ENERGETICA
Lezione n°: 15/S3
Titolo: CONTAMINAZIONE AMBIENTALE
Attività n°: 1

Facoltà di Ingegneria
Contaminazione dell’ambiente

La fonte principale dell’inquinamento marino da idrocarburi rimane, tuttavia, lo


scarico in mare di acque contaminate nel corso di operazioni di lavaggio delle
cisterne, contribuendo, così, a produrre un tipo di inquinamento sistematico, o
cronico, spesso molto più grave di quello accidentale.
L’impiego di questa tecnica di lavaggio è stato limitato, a partire dagli anni
Settanta, da una serie di convenzioni internazionali.

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