Nonostante le opinioni comuni portino a credere il contrario, quasi sempre le cause di formazione
delle muffe e delle condense sono piuttosto semplici da individuare e da interpretare, anche se non
sono del tutto intuitive. I fenomeni correlati spesso si verificano contemporaneamente dando luogo
a interazioni reciproche che ne rendono più intensi gli effetti. Tuttavia, sfruttando alcune semplici
conoscenze scientifiche di base, le muffe e le condense possono diventare anche di facile
comprensione.
Le muffe e le condense
Spesso si ritiene che i fenomeni legati alle muffe e alle condense seguano dei comportamenti casuali,
inaspettati, non regolati dalle leggi naturali e quindi imprevedibili. Ciò avviene perché il nostro rapporto con
la natura è solitamente dominato da emozioni, sentimenti e percezioni ancestrali che non seguono
esattamente i criteri della logica e della ragione. L’acqua ha la capacità di esaltare e di galvanizzare la nostra
relazione con la natura rendendola ancor più incerta e indefinita. Perciò, la rugiada che appare
silenziosamente sulle superfici, con la successiva crescita di muffe ha rappresentato per la nostra specie, nel
corso della sua evoluzione, un mistero inestricabile, quasi un evento magico ma dalle conseguenze nefaste e
spesso devastanti.
Basti pensare ai primi agricoltori che vedevano i loro raccolti distrutti dalle muffe e forse ne attribuivano le
cause alla volontà degli dèi. La muffa spesso rendeva non più commestibili anche i cibi conservati, sono stati
numerosi i casi di intossicazioni dovute alla presenza di muffe negli alimenti.
Le prime muffe sono comparse sul pianeta Terra oltre un miliardo di anni fa quando le condizioni ambientali
erano proibitive, in assenza di ossigeno con l’atmosfera formata da anidride carbonica, metano, ammoniaca,
vapore acqueo ed altri gas, ma soprattutto, con pochissimo cibo a disposizione per lo più costituito da batteri
ed altri microrganismi primordiali. Nel corso dell’evoluzione le muffe si sono differenziate in funzione dei
vari ecosistemi, adattandosi volta per volta all’ambiente di insediamento in base alla temperatura, alla
disponibilità di acqua e di cibo.
Il primo documento che riporta la presenza delle muffe nelle abitazioni è la Sacra Bibbia, nel Levitico, terzo
libro del Pentateuco, fra le regole che Mosè riceve dal Signore vi sono quelle relative alla presenza delle muffe
in casa. Si prevede che sulle superfici dove è attecchita la muffa si debba applicare la calce e se dopo alcuni
tentativi la muffa dovesse comparire nuovamente, si dovrà demolire l’edificio.
Più precisamente il documento riporta le seguenti indicazioni:
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'Se la macchia di muffa compare di nuovo sui muri della casa, dopo che sono state tolte le pietre, e la casa
è stata raschiata e intonacata di nuovo,
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il sacerdote farà un nuovo esame della casa: se effettivamente la macchia è ricomparsa, vuol dire che la
muffa non può essere eliminata dalla casa e che la casa è impura.
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Bisognerà demolire la casa, tanto le parti in pietra quanto quelle in legno, e trasportare pietre, legname e
calcinacci in luogo impuro, fuori della città.
Evidentemente il problema “muffe” allora era considerato di estrema gravità al punto da dover prevedere la
demolizione della costruzione.
Le muffe sono dei microrganismi, cioè degli esseri viventi, che per poter sopravvivere e riprodursi hanno
assoluta necessità di acqua o più precisamente di umidità sufficientemente alta, prossima alla saturazione,
per un determinato periodo di tempo.
La condensa è l’acqua liquida che si forma quando la temperatura di una superficie è pari o inferiore a quella
del punto di rugiada dell’aria che vi si trova a contatto.
I fenomeni di variazione dell’Umidità Relativa nell’aria non seguono la proporzionalità ma bensì sono
esponenziali rispetto alla temperatura, cioè, la quantità massima di Umidità Assoluta, della quale l’Umidità
Relativa rappresenta una frazione percentuale, aumenta secondo una legge esponenziale in funzione della
temperatura.
Fig. 1 – Quantità di Umidità Assoluta contenuta nell’aria in funzione della sua temperatura.
La formazione di condensa avviene dal raggiungimento di un valore minimo di soglia, detto punto di rugiada,
e per tutti i valori più bassi, che è determinato dalla temperatura e dall’Umidità Relativa dell’aria.
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Non deve stupire perciò se spesso basta la variazione di un solo °C di temperatura, ma anche meno, a parità
di altre condizioni per passare dalla assenza di condensa e/o di muffa, alla sua insorgenza e viceversa.
Gli apporti di acqua liquida possono avvenire anche per altre cause diverse dalla condensa come, ad esempio,
per infiltrazioni o per la perdita da impianti.
La risalita invece non può dar luogo alla formazione di acqua liquida e molto raramente causa la formazione
di muffe.
Le muffe preferiscono l’acqua pura, povera di sali, avente un pH leggermente acido. La condensa rientra
perfettamente in questi parametri, essendo acqua distillata perciò pura cioè priva di sali e con un pH fra il 5
e il 6. Le acque che entrano in contatto con il terreno invece si arricchiscono di sali disciolti e perdono
velocemente l’acidità diventando neutre o leggermente basiche.
Paradossalmente le muffe hanno bisogno di umidità ma non possono svilupparsi o riprodursi nell’acqua
liquida. Le condizioni più favorevoli sono quelle di valori di umidità in equilibrio (ERH) che variano fra il 70%
ed il 99,9%. Perciò le muffe si possono formare anche in assenza di condensa, se i valori di ERH in superficie
sono sufficientemente alti in modo continuativo, cioè almeno del 70% e per tempi piuttosto lunghi,
nell’ordine dei mesi. Se invece i valori di ERH sono molto alti, intorno al 95-99%, le muffe si svilupperanno in
tempi rapidissimi, nell’ordine dei giorni.
Il tempo minimo di formazione delle muffe (idrofile) in presenza di umidità prossima alla saturazione, cioè
quasi acqua liquida, è di 48 ore.
I valori di Umidità Relativa in equilibrio (ERH) ottimali che consentono lo sviluppo e la riproduzione delle
muffe sono diversi in funzione delle varie specie; perciò, queste vengono classificate secondo tre categorie:
idrofile, intermedie e xerofile.
Categoria ERH
Tab. 1 – Classificazione delle muffe in funzione dell’umidità ottimale per il loro sviluppo.
In assenza di acqua o di umidità sufficientemente alta le muffe possono arrestare i loro processi vitali per
tempi anche molto lunghi, nell’ordine di anni, riprendendo vitalità appena l’umidità torna a salire.
In funzione delle temperature ottimali per il loro sviluppo, le muffe si suddividono in psicrofile, che crescono
bene fra 0°C e 20°C (alcune possono sopravvivere anche a -20°C) e termofile, che invece crescono bene fra i
20°C ed i 45°C.
La maggior parte delle muffe si sviluppa fra i 15°C ed i 30°C con una crescita ottimale fra i 20°C ed i 25°C.
Con riferimento al pH della superficie, la maggior parte delle muffe si sviluppa fra valori di 4 e 8, preferendo
ambienti leggermente acidi, fra il 5 ed il 7, tuttavia, alcune specie possono crescere anche con valori più alti
fino a 11 o più bassi fino a circa 3, adattandosi ai diversi ecosistemi.
Il pH di una soluzione ci indica quanto questa sia acida o basica, può variare da 0 a 14 con il valore neutro di
7 che corrisponde all’acqua distillata. Con il pH da 7 a 14 si hanno soluzioni via via più basiche mentre da 7 a
0 le soluzioni sono progressivamente più acide.
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Le situazioni più frequenti
Escludendo i casi già citati dove l’acqua e l’umidità necessarie per la formazione delle muffe sono conseguenti
ad apporti indesiderati derivanti da infiltrazioni, dalla perdita di impianti, da inondazioni e in tutte le altre
situazioni conseguenti dove vi è accumulo di acqua residuale, le manifestazioni fungine possono verificarsi
negli edifici, con o senza condensa, essenzialmente per due motivi:
Una breve estensione dei concetti elencati sarà di aiuto per la comprensione dei fenomeni in esame.
Il valore dell’Umidità Relativa dell’aria interna è molto importante perché può essere la causa, diretta o
indiretta, che consente lo sviluppo delle muffe. Può variare idealmente fra lo 0% nel caso di aria
perfettamente secca ed il 100% nel caso di aria satura di vapore acqueo. Solitamente all’interno degli edifici
il range di oscillazione dell’Umidità Relativa è meno ampio e, tranne rari casi, varia fra il 30 e l’80%. Il valore
ottimale secondo la normativa italiana è del 50%, ammettendo comunque come accettabili i valori compresi
fra il 40% ed il 60%.
Più sono bassi i valori di UR dell’aria interna e minori saranno le possibilità di formazione di muffe o di
condense sulle superfici più fredde.
Si considera il “rischio muffa” la condizione che determina valori di Umidità Relativa sulla superficie
dell’involucro edilizio pari o inferiori all’80%, come stabilito dalla norma UNI EN ISO 13788 e successivamente
in Italia dal Decreto Ministeriale DM 26/06/2015.
La condensa invece si forma con l’UR del 100% in superficie, ma solo sui supporti non porosi e non assorbenti.
Sui supporti porosi ed assorbenti invece, a causa dei fenomeni igroscopici e di condensazione capillare, la
massa porosa può raggiungere le condizioni prossime a quelle di saturazione anche con valori di UR
decisamente inferiori. Nella maggior parte dei materiali utilizzati nelle costruzioni, la condensazione capillare
inizia a formarsi a partire dal 50% di UR fino al 99,9%, ma su alcuni prodotti il fenomeno si riscontra già con
il 20% di UR.
In realtà occorre prendere in considerazione complessivamente numerosi aspetti del problema e non solo il
mero valore dell’UR in superficie, valutando se questo supera o no un determinato valore soglia. Più
precisamente è opportuno tener presente che la muffa si può formare sulle superfici anche con valori di UR
inferiori all’80%, se si verificano le seguenti condizioni:
• Superfici nutrienti per le muffe e igroscopiche, ad es. carta da parati, legno, cuoio, lana, pitture
acriliche oppure superfici coperte di sporco
• Apporti di umidità “a entrare” rispetto alla superficie, come ad esempio accade sulle pareti
controterra, in questi casi il valore di ERH, che è determinante ai fini delle esigenze trofiche delle
muffe, è superiore a quello dell’UR
• Tempi molto lunghi in condizioni di UR stabile, nell’ordine dei mesi
• Oscillazioni repentine dell’UR
In questi casi sono possibili le formazioni di muffe anche con valori di UR superficiali del 65%.
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In alcuni stati dai climi freddi, come ad esempio la Svizzera e il Canada, si raccomanda di contenere il valore
di UR dell’aria interna fra il 30% ed il 50% per evitare fenomeni condensativi e formazione di muffe sulle
superfici con temperature più basse, compensando eventualmente anche gli effetti dei ponti termici.
Per evitare di creare accumulo di umidità indesiderata è assolutamente necessario gestire il bilancio fra quella
immessa e quella estratta. In altre parole, bisogna fare in modo che venga evacuata la stessa quantità di
umidità che penetra nell’edificio, mantenendo il livello di UR sufficientemente basso, del 50% nella maggior
parte dei casi oppure inferiore se le condizioni climatiche del sito in esame sono particolarmente severe.
Fig. 3 – Edificio ermetico con apporti positivi di umidità al suo interno. La quantità di umidità evacuata deve
corrispondere a quella immessa con l’aria di rinnovo, più quella che viene apportata dalle attività degli
occupanti e da altre cause. (3)
Fig. 4 – Gli apporti positivi di umidità diffusiva dal terreno possono anche essere molto intensi, soprattutto
nei locali interrati se le pareti ed i pavimenti non sono stati protetti dall’umidità del terreno mediante degli
appositi sistemi impermeabilizzanti. (4)
Si consideri che mediamente ciascun occupante di un edificio produce una quantità di vapore acqueo
giornaliero fino a 3 kg, che se non correttamente evacuata, facilmente può dar luogo ad accumulo
indesiderato di umidità. Inoltre, l’umidità diffusiva dal contatto con il terreno (risalita, apporti laterali ecc.)
può immettere all’interno dell’edificio quantità variabili fra gli 80 ed i 300 grammi al giorno per ciascun
metro quadro di superficie evaporante.
Appare evidente, perciò, che i flussi di evacuazione di vapore acqueo devono essere adeguati sia in termini
di quantità che, soprattutto, di continuità.
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Nella maggior parte dei casi per evacuare correttamente l’eccesso di umidità dagli ambienti si ricorre alla
ventilazione, che consiste nel ricambiare l’aria interna con una certa frequenza. Si definisce appunto il
parametro dei “ricambi/ora” che indica quante volte in un’ora viene ricambiato l’intero volume dell’aria
interna di un ambiente, sia abitativo che con qualsiasi altra destinazione d’uso. Il corretto numero di ricambi
d’aria per ogni ora non è esattamente definito da una norma o da una legge, esistono diverse norme sia
nazionali che interazionali alle quali riferirsi, tenendo però presente che le abitudini e i comportamenti degli
occupanti possono essere diversi e tali da influenzare in maniera marcata i bilanci fra l’umidità apportata e
quella evacuata. La più utilizzata anche se si tratta di una norma piuttosto datata è la UNI 10339:1995 dal
titolo “Impianti aeraulici ai fini di benessere. Generalità, classificazione e requisiti. Regole per la richiesta
d'offerta, l'offerta, l'ordine e la fornitura. “
Inoltre, anche l’edificio può avere delle caratteristiche tali da incidere sui flussi di umidità che si verificano al
suo interno. Per esempio, se ci si affida all’aerazione, cioè all’apertura delle finestre per assicurare il ricambio
dell’aria interna, se l’edificio ha le finestre che affacciano tutte sullo stesso lato e magari si trova in una
posizione raccolta e in un sito poco o per nulla ventoso, è chiaro che a parità di tempo di apertura degli infissi,
la quantità d’aria ricambiata sarà decisamente inferiore rispetto a un altro edificio situato in una zona
ventosa, che ha le finestre sui due lati opposti.
È inoltre molto importante che l’evacuazione dell’umidità sia il più possibile continua e non intermittente,
per questo motivo si fa notare che la definizione di “ricambi/ora” intende che il ricambio dell’aria interna
debba essere effettuato ogni ora e non una o due volte al giorno come solitamente avviene, altrimenti le
stesse norme avrebbero adottato il parametro del “ricambio giornaliero”. Solitamente, quando non si
installano gli impianti automatici di ricambio dell’aria, chiamati anche di “Ventilazione Meccanica
Controllata” o VMC, si adotta il valore convenzionale di 0,5 ricambi/ora (che è diverso da 12 ricambi/giorno)
e che può essere idoneo nella maggior parte dei casi anche se ultimamente si preferisce utilizzare un
maggiore ricambio come, ad esempio, valori di 0,7 o di 0,8 ricambi/ora nel residenziale abitativo.
I problemi di muffa sono dovuti per buona parte ai seguenti due fattori che possono anche agire
contemporaneamente incrementando in modalità sinergica i loro effetti:
• Difetti dell’edificio, ad esempio ponti termici, finestre su un solo lato, materiali non idonei, finiture
nutrienti per le muffe come le pitture acriliche, assenza di sistemi che consentano l’aerazione
naturale o la ventilazione forzata ecc.
• Errori di gestione, come, produzione eccessiva di vapore, scarsi ricambi d’aria, condizioni igieniche
precarie ecc.
È possibile in parte sopperire alle carenze di ciascun fattore migliorando parzialmente l’altro. Ad esempio, se
un edificio presenta dei difetti che favoriscono la formazione di muffe come dei ponti termici marcati, è
possibile impedire le formazioni fungine attraverso una maggiore ventilazione. Inoltre, se in un edificio si
verificano dei picchi momentanei di umidità dovuti al comportamento degli occupanti, come avviene nei
musei dove le condizioni termoigrometriche devono essere il più possibile stabili e si ha l’accesso di numerosi
visitatori contemporaneamente, si può modificare l’edificio rivestendo le pareti interne con materiali molto
igroscopici come la terra cruda, gli intonaci di argilla o le lastre di calcio silicato che attenuano i valori di picco
per sopperire alla non corretta gestione degli apporti di vapore.
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Fig. 5 – Muffa che si è sviluppata sulla superficie in legno, perciò nutriente, di un mobile.
In un locale interrato di Desio (MB) erano stati accatastati dei mobili dal precedente proprietario
dell’abitazione. Dopo circa un anno, anche senza alcun problema apparente di umidità eccessiva e senza
nessun allagamento dei locali posti al di sotto della quota del terreno, tutti i mobili sono stati completamente
aggrediti dalle muffe che li hanno resi perciò inservibili.
Il fenomeno rientra nella casistica della formazione di muffe in assenza di saturazione ma con l’Umidità
Relativa molto alta, fra il 70 e l’80%, per tempi molto lunghi, nell’ordine dei mesi. In questo caso si tratta di
muffe xerofile che possono svilupparsi, in tempi sufficientemente lunghi, anche con valori di UR inferiori
all’80%. Per prevenire il fenomeno sarebbe stata necessaria una corretta ventilazione continuativa atta a
eliminare l’umidità diffusiva proveniente dai pavimenti e dalle pareti (vedi Fig. 4) mantenendo basso il valore
medio dell’UR interna. I mobili non erano più recuperabili e sono stati conferiti a discarica.
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Fig. 6 – Formazione di Carie secca del legno (Serpula lacrymans) su una parete controterra e sui mobili.
In una graziosa villa d’epoca della città di Torino, nel locale interrato in parte regolarmente utilizzato,
riscaldato e dotato di un adeguato sistema di Ventilazione Meccanica Controllata, si sono formate su alcune
pareti e su diversi mobili di legno delle vistose macchie di color marrone e dei filamenti lanuginosi di colore
bianco. Nonostante le condizioni termoigrometriche fossero stabili e ottimali, cioè UR intorno al 50% e
temperatura di circa 20°C, perciò tali da rendere praticamente impossibili le formazioni di muffe, in questo
tipo di ambiente si può facilmente sviluppare un fungo, la Serpula lacrymans, particolarmente dannoso per
il legno, che cresce anche sui muri e prende il nome di carie secca del legno.
Si tratta di un organismo particolarmente invasivo, diffuso nelle zone di montagna e più raramente in città,
che si sviluppa bene anche con bassa umidità ambientale e tollera anche le temperature rigide, è considerato
il distruttore più dannoso dei materiali da costruzione in legno per interni nelle regioni temperate.
È molto presente in Canada, negli USA e in UK, dove causa dei danni molto ingenti alle costruzioni ma
fortunatamente in Italia è piuttosto raro. Paradossalmente, in questo caso la ventilazione ha aggravato il
fenomeno perché la Serpula lacrymans preferisce le zone più ventilate rispetto a quelle di aria calma, infatti
solitamente l’infestazione inizia proprio dai pozzetti di ventilazione.
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Fig. 7 – Formazione di funghi sui materiali di un archivio documentale.
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La maggiore presenza di formazioni biologiche in prossimità dei pavimenti è dovuta sostanzialmente a due
fattori:
• Minore temperatura delle superfici più vicine ai pavimenti rispetto a quella dell’aria interna causata
da un fenomeno noto come “asimmetria radiativa”. Praticamente, il calore radiante emesso
naturalmente dai raccoglitori presenti sugli scaffali raggiunge tutte le superfici che sono “in vista”
rispetto all’irraggiamento. Le superfici dei pavimenti e delle pareti perimetrali, che sono più fredde,
emettono meno energia termica “di ritorno” rispetto a quella ricevuta. Perciò, poiché l’energia
radiante emessa dai libri è superiore a quella restituita dalle superfici dei pavimenti e dei muri, di
fatto questa condizione corrisponde a un raffreddamento delle superfici dei libri che è tanto
maggiore quanto più questi sono vicini alle superfici fredde. Si tratta di variazioni minime ma capaci
di modificare sostanzialmente il comportamento delle muffe.
• Flussi naturali convettivi dovuti all’aria calda che essendo più leggera si porta spontaneamente verso
l’alto mentre quella fredda si trattiene in basso. Solitamente nel regime invernale l’aria in prossimità
dei pavimenti ha da 1 a 3 °C in meno rispetto a quella più prossima al soffitto.
In conseguenza di una temperatura più bassa, l’Umidità Relativa dell’aria più vicina ai pavimenti è
corrispondentemente più alta. Questo è un caso tipico dove con un minimo innalzamento della temperatura
dell’aria interna, oppure della temperatura dei pavimenti, si possono ottenere risultati anche definitivi per
l’eliminazione del problema lamentato.
Bibliografia
1) AA VV: Attenzione muffa Guida ai problemi di umidità e muffa nelle abitazioni; Dipartimento federale
dell’interno DFI, Ufficio Federale della Sanità Pubblica UFSP (CH)
2) AA VV: Mould in Housing; Canada Mortgage and Housing Corporation (CA)
3) Argiolas M.: Muffe e condense negli edifici, Maggioli Editore
4) University of Minnesota Extension (USA)
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