di Roberto Caracci
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La potenza del sacro, quella che indirettamente si rivela anche in un
dio pioniere come Dioniso, demone-dio, viene trasformata e
neutralizzata da Aristotele attraverso l'equivalenza
potenza=possibilità (dynamis). Quella dynamis che salvaguarda il
principio di non contraddizione e tutto il sistema epistemico
aristotelico in quanto sottintende l'Atto prima di sé, l'entelechia, e
dunque prevede uno sviluppo circolare, organico, dove la fine (l'atto)
è già nell'inizio (la potenza). Proteron energheia dynameos: l'atto
prima della potenza, che risulta dunque non forza distruttiva ma
potenzialità, germe, possibilità di uno sviluppo della meta annunciata
nell'entelechia. Ma così, commenta Vitiello, in Aristotele la filosofia
-neutralizzando la potenza- si è già liberata dal sacro. L'indistinzione
del Sacro, nella Potenza, è già Distinto: il caos è salvo nella forma e
nelle figure dello sviluppo.
L'uomo non può aspirare, oggi meno che mai, ad una visione
sistemica e 'panoramica' del mondo, in quanto esserci storico e
situato. Rimane un abitatore del Tempo e del mondo. Eppure,
nell'epoca dell'oblio della memoria del Sacro, egli non è nel tempo
come una cosa del tempo e non è nel mondo come una cosa del
mondo: egli, dice, Vitiello è nel tempo e nel mondo, ma non del
tempo e del mondo. Egli è differente, in senso radicale: e la sua
differenza va abitata. Abitare la differenza come un estraneo, tra
l'oblio e memoria del sacro, vuol dire rispettare quel tu, e
quell'alterità che è nel proprio io, se è vero che dall'io come terza
persona di Aristotele e l'io come prima persona di Cartesio, occorre
sostituire la seconda persona di un io come tu, come altro da me.
Abitare la differenza, fenomenologicamente, è anche un essere-fra,
un trovarsi accanto. Partecipazione, inter-esse, responsabilità, sono
tutti abiti etici correlati a questo corrispondere all'attimo, a ciò che
dell'attimo è accadimento ed evento.
RC