Il modello a cui Fedro s’ispira è Esopo, uno scrittore greco che gli antichi
considerarono l’iniziatore della favola letteraria: egli per primo avrebbe
raccolto il materiale favolistico greco dando forma letteraria ad una materia
che viveva soprattutto a livello popolare, rimanendo a data alla tradizione
orale. La favola divenne così un vero e proprio genere, costituito da brevi
racconti di fantasia, dotati di un signi cato pedagogico e morale: essi
proponevano modelli di comportamenti positivi o negativi, esprimevano una
visione della vita ispirata a una saggezza tipicamente popolare, con spunti di
critica sociale e di protesta degli umili e dei deboli contro i potenti e
prepotenti. I protagonisti della favola esopica sono molto spesso animali
parlanti, simboli di atteggiamenti umani; ma la tradizione esopica
comprendeva anche una serie di storielle con aneddoti e battute relativi allo
stesso Esopo (l’umile schiavo molto più intelligente e saggio del suo
padrone). Esopo scrive in prosa. Per quanto riguarda la stesura di favole in
poesia Fedro s’ispira agli autori Romani Ennio, Lucilio e Orazio che avevano
inserito il genere delle favole nelle loro raccolte di satire.
Lo scopo dichiarato nel prologo del I libro è duplice: il poeta intende divertire
ma anche monēre (ammonire, consigliare). Questo duplice intento viene
riproposto anche nel prologo del II libro: in esso Fedro ribadisce la sua stima
verso Esopo, e chiede al lettore che gli sia concesso di inserire qualcosa di
suo oltre a ciò che trova nel modello per garantire la varietas, in cambio di
benevolenza egli assicura che continuerà ad attenersi al criterio della
brevitas. La varietas e la brevitas risultano infatti i capisaldi della poetica
fedriana. La varietà s’muove dall’intento di superare gli schemi ripetitivi è un
po’ angusti della favola animalesca, e si manifesta chiaramente nel
passaggio dal primo libro, dominato dai animali parlanti, ai successivi, in cui
compaiono spesso altri personaggi come divinità dell’Olimpo, personaggi
mitologici, aneddoti su Esopo e Socrate; e troviamo inoltre alcune storielle e
raccontini non fantastici ma realistici. Dunque la varietas è il criterio a cui
Fedro si appella per rinnovare in parte il genere tradizionale attuando
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l’aemulatio del modello. L’emulazione non si esercita però soltanto
nell’ampliamento dei contenuti, ma anche nel campo delle scelte stilistiche;
Fedro infatti, pur adottando uno stile semplice, non rinuncia alla cura e
all’elaborazione stilistica e si attiene al criterio della brevitas. Quest’ultima si
manifesta specialmente nei dialoghi, essenziali e pregnanti, scritti in un
linguaggio colloquiale che assume movenze realistiche; ma si può
riconoscere pienamente anche nell’uso dei proverbi.
Il lupo e l’agnello
Un lupo e un agnello erano giunti allo stesso ruscello, spinti dalla sete. Più in
alto stava il lupo, molto più in basso l'agnello. Allora, spinto da una fame
ingorda, quel brigante cominciò la rissa; "Perché -disse-mi hai intorbidito
l'acqua mentre bevevo?" Ma l'agnello tremante:"Come posso, di
grazia, oh lupo, fare ciò di cui ti lamenti?" Dai tuoi sorsi ai miei scorre
l'acqua". Quello, messo alle corde dalla forza della verità,"Sei mesi fa -dice-
hai parlato male di me". Risponde l'agnello: "Veramente non ero ancora
nato" "Allora tuo padre, per Ercole, ha parlato male di me".
E cosi a erratolo lo sbranò con un'ingiusta morte. Questa favola è scritta per
quegli uomini che opprimono gli innocenti con falsi pretesti.
Morale: I prepotenti calpestano i deboli con falsi pretesti. Chi è dalla parte
del giusto talvolta non può nulla contro chi è più forte.
Analisi: Fedro denuncia la società del tempo che si basa sulla legge del più
forte. Infatti nonostante tutti e quattro gli animali abbiano collaborato per
catturare il cervo l’unico che ha mangiato la preda è il leone perché più
forte.
La morale – La favola vuole dimostrare che l’alleanza con i potenti non è mai
conveniente, visto che si è immancabilmente sopra atti da loro.
La volpe e la cicogna
non fare del male; ma se uno ti o ende, ripagano della stessa moneta: è la
morale della favola.
Morale: Non far del male, ma punisci chi ne fa a te con la stessa sua legge.
La volpe e l’uva
Spinta dalla fame una volpe tenta di raggiungere un grappolo d'uva posto sin
alto sulla vite, saltando con tutte le sue forze. Non potendo raggiungerla,
esclama: "Non è ancora matura; non voglio coglierla acerba!". Coloro che
sminuiscono a parole ciò che non riescono a fare, devono applicare a se
stessi questo esempio.
Morale: La morale del racconto è che non bisogna disprezzare ciò che non
si può ottenere. Questo comportamento della volpe è una tipica abitudine di
quelle persone che non riescono ad ammettere di non essere portati per fare
un determinato lavoro e, per nascondere le proprie lacune, mentono
sapendo di mentire: cambiando discorso, dando la colpa ad altro,
spregiandolo. possono sopravvivere solo con astuzia e prudenza, in questa
favola Fedro denuncia l’uso sbagliato dell’astuzia. infatti, la volpe che nella
tipologia convenzionale è simbolo di astuzia, qui applica il suo ingegno per
ingannare se stessa.
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