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TESTIMONIANZA E IRRADIAZIONE

10 gennaio 2022

Lo scorso anno abbiamo cominciato ad approfondire gli aspetti concreti della vita nel Movimento
dei Focolari, quelli che noi chiamiamo COLORI. Ascoltiamo direttamente da Chiara una breve spiegazione
ed esposizione di questi aspetti.

Chiara - 18.11.1997 - I primi due aspetti - Introduzione


(…) Come a tutti è noto, il Signore, attraverso il carisma dell'unità, non ha avuto intenzione soltanto
di suscitare una spiritualità, ma un'Opera, nella Chiesa, a cui fu dato poi il nome di Opera di Maria o
Movimento dei Focolari. Ora, per avere un'Opera, occorre senz'altro un'anima (appunto la spiritualità
comunitaria nostra), ma è altrettanto necessario un ordinamento, una struttura, una regola. Perciò noi oggi
parliamo dell'interno dell'Opera, non di quello che vedono fuori. Ed il Signore ha pensato pure a questo.
Cioè, non è che la nostra struttura... non è che voi volontari siete nati così per caso, perché ci è venuto in
mente di far nascere i volontari, ma perché c’è stata un'ispirazione di Dio. Cioè come Lui ci ha ispirato tutti i
punti della spiritualità, ci ha ispirato anche tutto quello che era la struttura dell'Opera. Per questo non
crolla, non crolla.
Era - a quanto ricordo - il 1954, quindi ancora i primi tempi. Ormai la spiritualità risultava pressoché
completa - i dodici punti -, e una cosa ci era chiara - forse questo è nuovo, anche per voi come è stato nuovo
un pochino per me, quando sono andata a pescare in questi scritti - e una cosa era chiara per noi: noi
dovevamo essere un altro Gesù. Questa è la vocazione. Già nel '46 io scrivevo un appunto dove dicevo:
"L'anima deve mirare ad essere al più presto un altro Gesù. Far 'da Gesù' sulla terra. Prestare a Dio la nostra
umanità affinché la usi per farvi rivivere il suo Figlio diletto".
Ma come si poteva realizzare questo? Certamente - per noi era chiaro, chiarissimo - certamente
amando. Nell'amore si riassume tutta la legge cristiana. Se si ama, e quando si ama, si è un altro Gesù,
perché non siamo più noi. E si è Gesù in tutto quello che si fa. La nostra vita, dunque, doveva essere amore.
Se avessimo voluto definirci nel nostro dover essere, avremmo dovuto dire: "Noi siamo l'amore", proprio
come Dio è Amore. E se l'amore era la nostra vita, l'amore e solo l'amore doveva essere la nostra regola.
Ed ecco un'idea, forse un'illuminazione, che voi straconoscete e vivete. L'amore è luce, è come un
raggio di luce, che, quando attraversa una goccia d'acqua, si spiega in arcobaleno, dove si possono
ammirare i suoi sette colori. Tutti colori di luce, che a loro volta si spiegano in infinite gradazioni. E come
l'arcobaleno è rosso, arancio, giallo, verde, azzurro, indaco, violetto, l'amore, cioè la vita di Gesù in noi,
avrebbe avuto diversi aspetti, diversi colori, si sarebbe espressa in vari modi, diversi l'uno dall'altro.
L'amore, ad esempio, è comunione, porta alla comunione. Gesù in noi, perché Amore, avrebbe
operato la comunione (se eravamo amore avrebbe operato la comunione).
L'amore non è chiuso su se stesso, è di per sé diffusivo. Gesù in noi, l'Amore, sarebbe stato
irradiazione di amore.
L'amore eleva l'anima. Gesù in noi avrebbe innalzato la nostra anima a Dio. Ecco l'unione con Lui,
ecco la preghiera.
L'amore risana. Veramente noi siamo sani solo quando amiamo, quando pensiamo a noi stessi
siamo malati. L'amore risana. Gesù, l'amore nel cuore, sarebbe stato la salute della nostra anima.
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L'amore raccoglie più persone in assemblea. Gesù in noi, perché Amore, avrebbe riunito i cuori.
L'amore è fonte di sapienza. Gesù in noi, l'Amore, ci avrebbe illuminati.
L'amore compone in uno i molti, è unità. Gesù in noi ci avrebbe fusi in uno.
Sono queste le sette principali espressioni (principali perché ce ne sono tante), espressioni
dell'amore che avremmo dovuto vivere. Esse stanno ad indicare un numero infinito, il sette, un numero
infinito. Ebbene: queste sette espressioni dell'amore ci sono apparse subito la norma della nostra vita
personale ed avrebbero costituito anche la regola della nostra Opera nel suo insieme e, più tardi, nelle sue
varie diramazioni. Ed essendo l'amore, solo l'amore principio di ogni espressione: della comunione, della
salute, dell'apostolato, di ogni aspetto, essendo sempre Gesù che vive in noi in ogni manifestazione della
nostra vita, essa avrebbe avuto una meravigliosa unità. Io ricordo che frequentavo delle associazioni, ma
ricordo come stavo male di fronte all'idea che si faceva apostolato il sabato pomeriggio e basta. Cioè questi
pezzi di vita così staccati, ma dicevo: ma apostolato è portare Dio sempre.
Tutto sarebbe sgorgato dall'amore, tutto avrebbe avuto radice nell'amore, tutto sarebbe stato
espressione della vita di Gesù in noi. E ciò avrebbe reso l'esistenza dell'uomo non poco interessante e piatta
e disincantata, perché fatta di pezzi giustapposti e slegati fra loro, con il tempo per il pranzo che non ha
nulla a che fare con quello della preghiera, che non ha nulla a che fare con l'apostolato relegato magari a
quell'ora destinatagli, e così via, ma l'avrebbe resa attraente e affascinante, perché sempre Gesù che
cammina, sempre Gesù che vive. No: qui sarebbe stato sempre Gesù a fare apostolato, a lavorare, a
mangiare. Tutto sarebbe stato espressione sua. Era una regola quella che si presentava a noi - e lo si può
intuire - che, pur consona alla natura umana - perché è di noi mangiare, è di noi leggere, è di noi camminare
-, avrebbe avuto però un sapore anche e non solo terrestre ma celeste.
Lo statuto dell'Opera ed i regolamenti delle sue diverse diramazioni hanno riportato queste varie
espressioni dell'amore, della vita di Gesù in noi, come nostra regola e, quello che più importa, è che sono
stati approvati dalla Chiesa. Quindi come una cosa di Dio. (…)

Di questi sette aspetti a cui Chiara accennava nel video, noi abbiamo approfondito il primo, il
ROSSO, e cioè l’amore che crea comunione. In particolare abbiamo detto che nel Movimento, sin
dall’inizio, si pratica la comunione dei beni materiali, ispirandosi alle prime comunità cristiane, e lo scopo è
quello di venire incontro alle necessità di quanti, tra noi e attorno a noi, sono nel bisogno. Ma oltre ai beni
materiali, si mettono in comune i beni spirituali, e quindi esperienze, gioie, dolori, talenti, tempo… Per
attuare questo aspetto - ci diceva Chiara - ci si specchia nella comunione dei santi e si vive sul modello della
Trinità, dove vale l’Omnia mea tua sunt, Tutto il mio è tuo.
Abbiamo poi approfondito il terzo aspetto, il GIALLO, e cioè l’amore che eleva a Dio e ci porta
all’unione con Lui. Questo aspetto riguarda quindi la vita interiore e l’unione con Dio. Per chi aderisce a
questo carisma, la strada tipica da percorrere per arrivare a Dio è l’amore al fratello. Si vive proiettati
“fuori”, nei fratelli, e si trova Dio “dentro”. Su questa base, anche la preghiera in senso stretto e cioè le
cosiddette pratiche di pietà - che rientrano in questo aspetto - concorrono poi alla nostra unione con Dio.

Oggi vogliamo approfondire il secondo aspetto, l’ARANCIO. Come diceva prima Chiara, l'amore non
è chiuso su se stesso, è diffusivo di per sé. Testimonia e irradia Dio, e conquista così le anime a Lui. Questo
aspetto nei nostri Statuti è definito “Testimonianza e Irradiazione” e riguarda tutto ciò che va sotto il nome
di apostolato. Credo che sia un argomento che interessa tutti noi.

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In genere quando si parla di apostolato, si pensa subito ad un’azione esterna, ad un incontro… quasi
che l’apostolato sia una delle tante cose che si fanno durante la giornata o durante la settimana, e che
consista nell’organizzare qualcosa... Ma l’apostolato, nella sua essenza, è un’altra cosa: se noi amiamo Dio
e per Lui amiamo anche il prossimo, sia che si taccia, sia che si parli, questo fuoco che è dentro di noi non
può non contagiare le persone che avviciniamo. E il prossimo, amato, presto o tardi, è conquistato a
Cristo. Non si tratta quindi di fare apostolato, ma di essere fuoco.
In un testo dei primi tempi del Movimento leggiamo: “L’apostolato vero è quello che fai senza
accorgertene, perché ami. Succede spesso che mentre parli di scuola, o chiedi il pane al fornaio, chi ti è
vicino sente un qualcosa che non sa di esami, né di farina, né di ufficio, e il viso si distende e l’anima sua si
apre e scende inavvertitamente la luce di Dio. Così noi siamo nati alla vita ed altri hanno seguito la stessa
via. Poi ci hanno chiamati a parlare a tanti, a scrivere... ma mentre l’Opera si organizza per portare al largo
il Regno di Dio, sempre deve rimanere questo aspetto del nostro apostolato che consiste nell’amare, nel
lasciar vivere in sé Gesù, nel fare da Gesù per chi incontri. E non ti occorre parlare se vivi così! Chi avvicini, ti
interroga, perché ha già trovato qualcosa che lo affascina e ha sentito un balsamo scendere nella sua
anima”.
C’è poi un breve scritto di Chiara, rivolto ai giovani, che sintetizza il suo modo di intendere
l’apostolato: ”Sentiamo spesso il nostro cuore esplodere nel desiderio di dare a tutti l’immenso tesoro che
abbiamo trovato, Dio. Ringraziamo anzitutto il Signore e preghiamolo ardentemente, nel silenzio della
nostra stanzetta o davanti al tabernacolo, di farci apostoli veri. Poi, prima di parlare, incominciamo col fare
e cioè con l’amare. Anche di Gesù si dice: Incominciò con il fare e poi con l’insegnare. Guardiamoci attorno e
in quante persone incontriamo vediamo altrettanti Gesù. Amiamole. Soffrono? Soffriamo con loro. Godono?
Godiamo con loro. Hanno preoccupazioni? Consoliamoli delicatamente. Hanno pesi? Condividiamoli.
Vogliono giocare? Giochiamo con loro. Amano la musica? Amiamola anche noi. Vogliono fare gite?
Accompagniamoli. Debbono studiare? Aiutiamoli. Insomma amiamo, amiamo sempre, anche se ci costa,
facendoci uno con tutti in tutto, tranne che nelle cose non buone o cattive da cui logicamente dobbiamo
fuggire. Farsi uno con gli altri: ecco la nostra “tattica”. Poi l’amore sgelerà qualche cuore e ci verrà chiesto
perché agiamo così, che cosa ce lo fa fare. Sarà allora il momento di parlare, di spiegare; e le nostre parole
saranno comprese perché prima le hanno viste vissute da noi. Diceva un santo: La parola è l’ultima cartuccia
da sparare. E altri così ci seguiranno”.
Per Chiara dunque l'amore stesso dà testimonianza, l'amore al prossimo - come espressione
dell'amore di Dio - è il primo apostolato. Se noi amiamo, siamo come Gesù ci vuole: luce, lievito, sale, e
facciamo così, anche inconsapevolmente, apostolato. L’amore infatti - dice Chiara - è come un fuoco che, se
c’è, non può non ardere e consuma in altro fuoco ciò che incontra. Chi ama per Iddio, per il solo fatto che
ama, comunica agli altri il fuoco che ha in sé: Dio stesso. E sa donare poi, dove e quando occorre, anche la
parola. Ma, prima di donare la parola, dimostra in ogni occasione un amore senza misura. Solo così la
parola poi convince, perché poggia sulla testimonianza della vita. E’ quindi l’amore che fa di ogni cristiano
un apostolo. E l’apostolo ha in cuore una sola passione: portare Dio alle anime.

Ma c’è un tipico apostolato che il nostro carisma chiama a vivere: per far conoscere Cristo agli altri,
occorre rimanere nella mutua e continua carità e nell’unità, ricordando le parole di Gesù: Da questo tutti
sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri. E ancora: Siano anch’essi una cosa
sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato. Noi daremo al mondo una testimonianza di Dio, solo

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se tra di noi ci sarà l’amore scambievole, l’unità, se gli altri vedranno tra di noi quel fuoco che Gesù è
venuto a portare sulla terra. L’apostolato allora non è - come dicevamo prima - organizzare incontri,
catechesi o missioni, neanche voler conquistare le anime, ma principalmente e anzitutto amarsi a vicenda.
Nel Movimento certamente si fanno incontri e attività le più varie per irradiare il nostro spirito, ma
alla base di tutto questo fare ci deve essere l’amore reciproco: è questo il distintivo dei cristiani, la nostra
vera divisa, da cui gli altri possono capire che siamo seguaci di Gesù ed essere attirati da Lui. L’amore
reciproco dunque testimonia e irradia Cristo. E così inizia la rivoluzione cristiana, quella rivoluzione che i
primi cristiani diffusero in tutto il mondo allora conosciuto per cui Tertulliano diceva: Siamo nati ieri e
abbiamo invaso il mondo.

Ascoltiamo ora Chiara su questo argomento. Oltre ad approfondire i concetti che abbiamo detto
finora, in questo intervento Chiara sottolinea altri punti ugualmente importanti:
 L'apostolato è costitutivo della vita cristiana.
 Ancora: un amore che non conquista, si spegne. Al tempo stesso l’amore ai fratelli deve essere
disinteressato, e non finalizzato alla conquista. Dobbiamo amare i fratelli per Dio.
 E poi: nell’apostolato occorre far calcolo anche del dolore. Se sei sulla croce - dice Chiara - attirerai
tutti a Gesù. Pure la preghiera e la mortificazione sono utili allo scopo.
 Nel suo intervento, poi, Chiara nomina Luce ardente. È un monaco buddista che aveva conosciuto
Chiara e aderito allo spirito del Movimento. Chiara gli aveva dato questo nome: Luce ardente.

Chiara - 18.11.1997 - I primi due aspetti - L’apostolato


(…) E adesso passiamo al secondo aspetto: l'irradiazione o, come più comunemente si chiama,
l'apostolato. L'argomento è vastissimo. Ci limitiamo a cogliere qua e là negli scritti dei primi anni alcune
indicazioni. Ma, già leggendo qualche pagina riguardante questo aspetto, si capisce che quello che disse
Giovanni Paolo II per la spiritualità, vale anche per l'apostolato: "La prima scintilla ispiratrice è l'amore". Sì,
è stato l'amore, una scintilla accesa, che ha diffuso luce attorno ed è esplosa in incendio nel mondo. Anche
per questo secondo aspetto, come per il primo, mi soffermerò sulla parte spirituale, mentre invito a cogliere
i fini, i vari metodi e i mezzi dell'apostolato negli statuti e nei regolamenti dell'Opera.
L'amore irradia, l'amore stesso dà testimonianza. So che, in genere, si afferma: "L'amore è l'anima
dell'apostolato". Ma secondo me non è così: l'amore è il primo apostolato, l'amore al prossimo come
espressione dell'amore di Dio. Qui vorrei sottolineare una cosa a voi: non amate il prossimo, amate Dio. E
per lui amate il prossimo, perché allora guadagnerete un sacco di anime. Era questo disinteresse di
conquistare anime che ha fatto esplodere il Movimento a Trento. Cioè non è che noi volevamo conquistare,
sapevamo che l'Ideale era l''ut omnes', ma noi amavamo Dio e per amore, siccome bisogna amare il
prossimo, amavamo il prossimo. Quindi non con l'attaccamento ad avere tante anime, ma con
l'attaccamento a Dio. Ed è questo disinteresse che fa meraviglia anche ai Vescovi. Mi dicevano: "Ma ci vuole
proprio questo disinteresse, Chiara? Ma non è che dobbiamo nella parrocchia farci...". E no, non devono
farsi il loro gruppetto. Loro, certo, è volontà di Dio farsi il gruppetto dell'Azione Cattolica, non so, però lo
facciano come volontà di Dio, perché è volontà di Dio, per Dio. Sempre per Dio. E questo disinteresse è
qualche cosa di formidabile per l'apostolato. Se invece si bada: "Oh, io ho solo tre anime in quella
parrocchia…", "Oh, ho solo due anime…", così non si combina niente! Non si combina... perché c'è un
interesse, l'interesse di avere qualcuno, di avere qualcosa.

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Allora qui dico: Il primo apostolato è l'amore. L'amore è il primo apostolato, l'amore al prossimo
come espressione dell'amore a Dio. Ogni membro dell'Opera non è chiamato solo ad evangelizzare sulla
linea dell'"Andate e predicate a tutte le genti". Anche quando la parola entra in azione, non è solo
un'esposizione della fede cattolica che facciamo. Essa ha da essere sorretta dalla testimonianza, dall'amore:
aver amato prima, e corredata dall'esperienza: raccontare le esperienze. Così è stato dei primi cristiani, così
è ora. Questa cosa che l'amore è l'apostolato, è il primo apostolato, c'è sempre stato nella Chiesa, e vorrei
raccontarvi due esempi.
Uno nella Chiesa primitiva. E uno adesso, che già lo sapete, ma io ve lo racconto lo stesso, un'altra
volta. Per far tutto l'arco dei 2000 anni, no? Allora c'era questo Pacomio, che era un giovane egiziano,
arruolato dai romani, e faceva parte della Legione Tebana. Ad un dato punto questa legione si trova in un
paesetto, in una cittadella, dove tutti i soldati erano stanchi, pieni di piaghe, affamati. Ad un dato punto,
Pacomio, e anche gli altri, si accorgono che dalle case escono delle persone, e vengono, prendono su quelli
che erano sdraiati per terra dalla stanchezza o dalla fame, li portano nelle loro case, curano le piaghe, li
rivestono, li lavano. Questo Pacomio resta meravigliato - naturalmente era un pagano - resta meravigliato,
e dice: "Se sarò liberato - perché erano schiavi della Legione - crederò a questo Dio, al Dio di questi qui".
Difatti è stato liberato, e lui si è convertito, ha chiesto il battesimo, è diventato quel santo che è, cioè san
Pacomio, il quale ha fondato il cenobio, il primo cenobio, che significa che mentre prima c'erano gli eremiti
che andavano soli, e gli anacoreti nel deserto, lui ha capito da quell'esempio che il cristianesimo è amarsi, e
allora ha fondato questi cenobi dove ci sono più persone che cercano... ha messo a fondamento la koinonia,
l'amore reciproco. Così erano i primi cristiani.
Adesso noi arriviamo al nostro Luce Ardente, voi la sua storia la strasapete. Cos'è che l'ha cambiato,
cos'è che gli ha fatto nascere l'idea che magari Dio esiste? E' stato l'esempio di Loppiano, sono stati i nostri
focolarini, sono stati quei religiosi che erano lì a Loppiano, i quali appunto quando lui metteva fuori le
scarpe, gliele facevano trovare pulite; metteva fuori il vestito, era pulito e stirato; alzavano la temperatura,
portavano coperte. E lui ha chiesto: "Ma perché fate questo?" e la risposta è stata: "Perché ti amiamo".
Allora lui è venuto da me, come si sa, e mi ha detto: "Dio forse esiste". Ma tirare questa conclusione dalle
scarpe pulite... è solo la grazia di Dio. Vuol dire che l'amore è il primo apostolato.
Da una lettera ancora del '48 - cinque anni dopo la nascita del Movimento - si capisce come l'amore
è il motore dell'apostolato. Due cose si capiscono: che l'amore è quello che fa l'apostolato; e si capisce come
l'apostolato è costitutivo della vita cristiana; cioè non si può essere cristiani e andar solo a pregare, andar
solo a far ore di adorazione, andar solo in processione. Se non si ama, non si è cristiani, se non si cerca la
pecorella... non si è cristiani. Allora da una lettera del '48 si capiscono queste due cose: che l'amore è il
motore dell'apostolato, e come l'apostolato è costitutivo della vita cristiana.
Scrivevo a delle giovani: "Tutta la città cada nella fornace dell'Amore del Cuore di Gesù - eravamo
nel '48 -. Sorelle mie, Gesù gode al sapere che altre sorelle si sono unite a voi, ma nello stesso tempo piange
perché voi avete fatto poche conquiste al Suo Cuore. Perdonate se vi dico così! Dovrei prima di tutto
rimproverare me, ma lasciate che vi dica il mio pensiero! Non ditemi che i vostri concittadini sono duri… Non
è vero: TUTTO VINCE L'AMORE! - scritto grande così -. E' l'amore che manca nel nostro cuore! E noi troppo
spesso crediamo che amare Dio significhi soltanto frequentare ambienti religiosi, pregare a lungo, fare ore
di adorazione. Non è questa la religione! E' cercare la pecorella smarrita, è farsi tutto a tutti! E' amare
praticamente, dolcemente, fortemente, tutte le persone che ci stanno accanto come sé stessi e desiderare

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per esse ciò che si desidera per noi. Di queste anime il Signore ha urgente bisogno: di anime di fuoco.
Amiamo. Allarghiamo la cerchia dell'unità al maggior numero di anime possibile. Questo è amore di Dio!".
Ogni tanto poi la Chiesa ci chiedeva degli statuti. Allora noi dovevamo lasciare un po' tutto e
concentrarci per mettere giù questi statuti. Nel '54 dopo esserci per alcun tempo concentrati nello stendere
la struttura essenziale dell'Opera, ecco cosa scrivevo: "Si sta avvicinando l'ora in cui dobbiamo rilanciare nel
mondo il nostro Ideale come un incendio. Perché ciò sia, è necessario però ripristinare nel nostro animo
quella vita così fruttuosa che avevamo i primi tempi, quando conquistavamo a Dio moltissime persone, solo
perché desideravamo esprimere al Signore il nostro amore - quello che ho detto prima -. Questo disinteresse
era la calamita che attirava molti, per cui attorno a noi si formava la comunità. Ricordate?".
Se da questa ora portate via solo questo, io sono contenta abbastanza.
Nel '56 la nostra corrispondenza era già diretta alle altre nazioni, dove iniziava il Movimento. Qui si
scrive in Francia: “Carissime francesi, le vostre letterine mi hanno portato la vostra gioia per la giornata
tenuta a Grenoble. I nostri sono tornati pieni di gaudio. Mi dissero che sembrava loro di rivivere i primi
tempi dell'Ideale (dieci, tredici anni fa) - adesso sono 54 anni fa - quando le prime focolarine vivevano in
Piazza Cappuccini. Questa cosa mi ha fatto immensamente contenta, perché ho pensato così: se dieci anni
fa non c'era quasi ancora nulla in Italia, ma solo un grande fuoco a Trento, ed ora l'Italia qua e là è seminata
d'Ideale, fra qualche anno sarà così anche in Francia. Io sono certa, perché non siete voi la forza del nostro
Movimento, ma Gesù fra voi ed Egli compie cose grandi. Certo però che Gesù si serve di noi. E perciò vi
scongiuro, col cuore in mano, di amarLo alla pazzia! La Francia deve cadere nella rete di Gesù. Dio lo vuole:
venga il Suo Regno, venga, venga! Voi siete piccole, povere, piene di difficoltà, ma appunto per questo Dio
opererà. Così ha fatto con noi, così farà con voi".
Per meglio diffondere il nostro Ideale, poi, si faceva moltissimo calcolo del dolore. "Carissima, sono
stata tanto contenta della tua lettera: vi ho sentito l'anima di colei che Gesù ha chiamato a seguirlo nel suo
abbandono. Approfitta della solitudine in cui ti ha lasciata per trovarti sola con Lui, ma poi esci subito ad
adempiere il suo volere, che è di portare un incendio nel mondo. Se sei sulla croce, attirerai tutti a Gesù”.
Si raccomandava poi - a riprova che la nostra è una spiritualità comunitaria e personale insieme -, si
raccomandava preghiera e mortificazione per riuscire allo scopo. "Carissime responsabili di zona, il Centro
ha deciso che voi personalmente visitiate, portando in ogni anima l'incendio dell'amore di Dio, tutta la zona.
Mentre svolgete quest'opera, siate ardentissime nella preghiera e nell'unione con Dio, affinché questo
compito così delicato possa esser fatto in profondità con ottimi risultati e le persone possano rendere il
massimo per la Gloria di Dio. Tenetevi lontane e mortificate dal mondo che vi circonda. Mai tanto bene
conosceremo quello che succede, e si deve sapere, come quando saremo unite a Dio solo e perdute
completamente nel nostro Ideale".
Il fuoco che Gesù ha portato è l'amore e l'amore conquista. E' del '55 questo brano: "'Fuoco sono
venuto a portare...' Ma perché fuoco? Perché Lui è fuoco; perché Cristo è Dio e Dio è amore! Ma il fuoco c'è
quando consuma qualche cosa, quando conquista. Un amore che non conquista si spegne! Quindi non può
lusingarsi una persona di aver Cristo in sé, se questo fuoco non brucia, se questo fuoco non conquista". Ma
questa è una conseguenza del nostro amare Dio e per Lui i fratelli.
E poi qui c'è una cosa che io mi ricordo sempre, molto bella. Il tipico apostolato del Movimento poi
sta soprattutto nello svolgerlo in unità: "Che siano uno, affinché il mondo creda". Ed è in questa necessaria
ed obbligatoria unità, per chi segue questa spiritualità, che sta il "di più" della nostra irradiazione e, se così
si vuole, del nostro apostolato. "Di più", perché ciò non è generalmente richiesto a chi vuol fare apostolato...
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un apostolo in genere va da solo. Troviamo scritto: "Immedesimarsi con Gesù, essere altro Gesù. E ciò per
tutti quelli che ci stanno accanto, senza distinzione di persona. E poi, non appena il nostro spirito ha fatto
breccia in un'anima, legarla a sé perché Gesù sia vivo fra noi, e in Lui trovare la forza per conquistare altre
anime al perfetto amore di Dio".
I nostri Vescovi del mondo ecumenico mi hanno chiesto: "Chiara, la via più breve per portare l'Ideale
nelle nostre diocesi?”. Era un anglicano. “Ma - dico io - sarebbero tante, anche predicare... Ma vuole proprio
sapere la via più breve, vuole proprio sapere la via più breve?". Dico: "Lei torni in diocesi, e chiunque
incontra, sia la sua mamma, la sua sorella, sia il portiere, sia il sacrestano, sia un ragazzino, sia una
ragazzina, lei cominci ad amare come ha imparato qui; se l’altro per caso capisce, se lo leghi a sé, anche un
bambino, e metta Gesù in mezzo, e da lì partirà la rivoluzione nella sua diocesi". E' stato contento.
C'è un episodio che è rimasto impresso nel fondo del mio cuore. Mi sembra bellissimo. Questo è il
bellissimo che dicevo prima. Esso è il segreto della nostra irradiazione, il punto da cui occorre partire. Così è
riportato in un discorso del 1962, e lo sapete tutti, ma sentite com'è bello: "Andavo per le strade di
Einsiedeln, e vedevo passare tante persone di vari Ordini religiosi - perché è un ambiente di santuario,
bellissimo -. Erano così belli quei vestiti diversi, di suore, di padri, sullo sfondo di una natura splendida. E ho
capito lì che veramente i fondatori hanno avuto un'ispirazione per vestire i loro successori in quella data
maniera. Fra gli altri mi facevano impressione, ma un'impressione particolare le piccole sorelle di Foucauld.
Passavano in bicicletta, avevano una faccetta vivissima con quei fazzoletti da lavandaie; un viso vivo che
ricordava alla mia anima quella frase che riguardava il fondatore Foucauld, il quale - così si disse - ha
gridato il Vangelo con tutta la sua vita. Infatti quelle suore sembrava dicessero: Beati i poveri di spirito,
beati quelli che piangono... Non erano le beatitudini che il mondo vorrebbe, erano lo scandalo del Vangelo.
Mi è venuto dentro, allora, un grande desiderio di dare anch'io, anche esternamente, la mia testimonianza.
Ma non mi veniva la risposta. A un dato momento mi incontro con una mia compagna - era la Natalia - e le
dico: Sai, ho visto come quelle suore fanno apostolato su di me e non tanto a parole, ma con la loro divisa, e
desideravo che anche noi lo potessimo fare. Ma da che cosa possono conoscere Dio da noi? Ah - faccio io -
‘Da questo conosceranno che siete miei discepoli, se vi amerete gli uni gli altri’”. L'amore reciproco era,
dunque, la nostra divisa. Il morire nella carità reciproca per noi è il nostro tipico apostolato. Se poi facciamo
uso anche della parola e "guai a noi se non evangelizziamo" anche così, se poi con gli anni abbiamo sentito
l'urgenza e la vocazione, vorrei dire, di predicarla persino dai tetti, se facciamo discorsi, se li moltiplichiamo
per il bene di molti, così come permettono i moderni mezzi di comunicazione, tutto ciò deve venire dopo. (…)

Conclusione
In questo momento di pandemia in cui nelle parrocchie, nei movimenti e nelle comunità non è
possibile svolgere tante attività di apostolato che si facevano prima, un apostolato centrato sull’amore ad
ogni fratello o sorella che incontriamo e sull’amore reciproco tra di noi (e non sul “fare”) ci pare quanto
mai attuale perché forse è l’unico che in questa situazione possiamo svolgere.
Concludiamo con queste parole di Chiara: ”L’amore vuole unire, conquistando. Guarda dunque ogni
fratello amando. Lasciati possedere dal fratello - per amore di Gesù -, lasciati “mangiare” da lui - come altra
Eucaristia -; mettiti tutto al servizio di lui, che è servizio di Dio, e il fratello verrà a te e t’amerà. L’Amore poi
uscirà ad amare altri fratelli. Dio in te rapirà i cuori, accendendovi la Trinità che in essi riposa magari, per la
grazia, ma vi è spenta. E attorno a te crescerà la comunità come attorno a Gesù: dodici, settantadue,
migliaia… E’ il Vangelo che, affascinando, rapisce e trascina”.
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