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Niente avrebbe più senso, se non vi è una realtà fisica, eppure, i res
extensa, come Cartesio aveva chiamato le sensazioni generati della
percezione tattile o visiva, permangono un fenomeno impossibile a
razionalizzare. Anche se pensati come agglomerati simili a massa
gelatinosa, io sono costretto a pensare un insieme particolare dei
componenti variabili. In questa singolarità dell'insieme pensato non resta
che individuare un'idea o un fenomeno. Ma se da un lato devo riconoscere
la necessità di ridurre le unità fisiche a meri fenomeni, né l'idealismo
generico, e ancora meno la Fenomenologia, sono in grado di giustificare la
nozione di direzione con la quale Parmenide aveva messo in moto la saga
dell'essere.
1. Il Monismo
Nonostante il mistero in cui rimane avvolta l'antitesi tra ciò che è e ciò
che non è, non vi è alcun dubbio che esiste un unico modo per pensare, ed è
quello che ammette qualche forma di differenziazione.
Una prima osservazione sul coinvolgimento della nozione di direzione
nei ragionamenti di Parmenide, riguarda la maniera con cui la dea viene
introdotta sulla scena, ed il piuttosto casuale contrasto con la formulazione
dell'aspetto più importante del delineato curriculum educativo… Se, con la
benevolenza della dea della giustizia, la quale perderebbe la sua funzione se
non era capace di infliggere una punizione con la sua mano sinistra, ad una
rappresentazione che appartiene ad un mondo ultraterreno viene attribuita
una differenziazione spaziale, l'espressione <<la ben rotonda verità>>
attribuisce al sostantivo dell'espressione una caratteristica come la
perfezione. Di differenziazione qualitativa della verità tutta tonda non esiste
proprio modo di parlare, eppure, una volta circoscritto l'obiettivo del viaggio
intrapreso nel regno della giustizia, durante il percorso della via che era
rimasta nascosta per i mortali, la caratteristica già attribuita alla verità del
cuore irremovibile, viene arricchita di attributi complementari dell'essere.
Ho intenzione di tornare sul tema dei segni diverse volte ancora, prima
di arrivare ad una esposizione in grado di compensare i passaggi blindati di un
italiano imparato svolgendo lavori precari, quasi esclusivamente a nero.
Perciò, chiederei un po' di pazienza, se alcune delle formulazioni che
seguiranno dovrebbero richiedere uno sforzo maggiore per la comprensione
rispetto alla precedente: Ogni oggetto matematico, così come qualsiasi
rappresentazione formale, prima di essere riportati a qualcosa diverso di sé,
esigono una differenziazione quantitativa riconducibile ad un concetto, a
partire del quale per analogia vengono create il resto delle rappresentazioni
numeriche. D'altronde, l'opposizione <divisibile-indivisibile>, di cui fa parte
una delle determinazioni dell'essere, viene Istituita, perché permette a
dividere i costruiti in precedenza numeri naturali in unità decomponibili ad
altre unità qualitativamente distinguibili, oppure a costituenti che non
ammettono più qualche determinazione significativa.
Ho insistito sulla nozione di relatività nel sottotitolo che ho dato al
testo, perché vi è un'importante differenza tra l'indagine sulla Natura
condotta da Parmenide, e quella sulla natura dell'uno effettuata in seguito da
Platone. Nonostante le perplessità che i rispettivi risultati suscitano,
nell'indagine di Parmenide l'essere viene ambientato solo occasionalmente e
solo metaforicamente da rappresentazioni spaziali. Nell'indagine orchestrata
da Platone invece, il vecchio Eleate non si stanca di utilizzare come argomento
una supposta immediatezza del luogo, che si potrà definire nelle metafore del
Parmenide storico, una malcapitata reiterazione della verità di cui il cuore non
conosce il tremore.
Devo dire già, da subito, poiché non avrò occasione di farlo in seguito,
che nel dialogo di Platone vi è estrema saggezza, così come una certa dose di
noncuranza nella costruzione degli argomenti, e che la descrizione appena
fatta della sua indagine non rende interamente giustizia al metodo utilizzato.
Tuttavia, per giustificare l'ironia della comparazione, mi permoto a riportare
un'altra maniera di concepire il luogo, come quella proposta dal filosofo
australiano Jeff Malpas nell'articolo: "Pensare topograficamente, luogo,
spazio, e geografia", (il cannocchiale n. 1-2 2017). "L'omogeneità e
l'uniformità dello spazio implica che lo spazio è quantificabile o misurabile, e
questo si chiarisce dall'etimologia del termine: in effetti, << spazio >> deriva
dal termine latino spazium , ed il greco spadion o stadion , termini che
comportano una sensazione di distanza misurabile o comunque di intervallo.
[....] Il luogo invece, è qualcosa di definito, essendo relazionato con la nozione
di limite: connessione, o superficie, la quale in sé è un limite. Il luogo fa parte
del termine greco chora , come sostrato di matrice, e in questo senso associa
la concezione contemporanea della nozione di luogo come posizionamento
del significato;la memoria. In questo senso il luogo, come contrapposto allo
spazio, assume caratteristiche che gli appartengono, e come tale il luogo è
essenzialmente una qualità - nello stesso tempo, le caratteristiche ascritte al
luogo, sono tali da dissociarlo da un altro luogo".
2. La Diade
"Questa concezione dei due principi supremi legati dal nesso bipolare e
la conseguente concezione dell'essere (a tutti i livelli dal più alto al più
basso) come una <<mescolanza>> di struttura sempre bipolare,
rispecchiano in maniera perfetta in dimensione metafisica, la
caratteristica tipica del pensare dei Greci a tutti i livelli, in particolare a
livello teologico, filosofico e morale."[.....]"Dai due principi supremi,
dunque, derivano i Numeri ideali, così come le Idee, che hanno
struttura numerica, e, di conseguenza, tutte le cose. Tuttavia Platone
non si è limitato a questa deduzione, e , a ghisa di riprova, ossia come
argomentazione di rincalzo essenziale, ha presentato anche uno
schema generale di divisione categoriale dell'intera realtà allo scopo di
dimostrare come tutti gli esseri siano effettivamente riportabili ai due
Principi, in quanto derivano dalla loro mescolanza. [....] Ecco lo schema
sinottico:
Per quel che sono in grado di immaginare io, c'è voluto molto tempo,
un'enormità di eventi e avventure azzardate, prima che la composizione
degli organismi primordiali aveva raggiunto una tale differenziazione a
permettere durante un primo stadio evolutivo l'acquisizione di una nozione
di direzione rudimentale, con l'apparizione di piccole isole abitate in mezzo
di un oceano vastissimo di atti riflettivi diversamente riconoscibili. Quello che
differenzia l'uomo dagli altri animali, costituendo un vantaggio rispetto alla
sua ridotta capacità di discriminare stimoli provenienti dagli organi percettivi,
è, che con la generazione di una sempre più complessa espressione emotiva
nella forma di comunicazione verbale, la nozione di direzione, di cui fa parte
la distinzione intuitiva di un qua e un là, ha assunto uno statuto
indipendente, puramente formale, di cui lo schema sinottico delle divisioni
categoriali di Platone ne prende atto, permettendo di stabilire un ordine
nell'apparizione dei concetti, con una necessaria inversione di 2a) e 2b).
Ormai deve essere diventato evidente che il testo si trascina con una
incidenza espressiva, a dir poco, accidentata, che tende a esagerare con le
comparizioni nei passaggi da un argomento all'altro, o a assottigliare troppo
il filo dell'esposizione, saltando da un'insinuazione all'altra, rischiando a
compromettere definitivamente una reputazione già compromessa in
partenza della gravità degli argomenti trattati. Ebbene, proprio perché la
reputazione di un profano conta più meno come quella di un ventriloquo
errante, in difesa dell'indecisione partitaria del portavoce del giovane
Socrate, posso permettermi ad osservare, che non di rado è estremamente
difficile a distinguere quello che si può chiamare un concetto, da quello che
è effettivamente una nozione; come la nozione di vuoto e il concetto di non
essere, per esempio, o la nozione di contraddizione dal concetto di
viceddizione... Per non parlare della misura e altri strumenti ancora,
indispensabili per lo svolgimento delle diverse funzioni dell'anima.
Si è già parlato della comunicazione verbale come tratto distintivo del
comportamento umano, ma prima di approfondire l'argomento ritengo utile
una triplice anticipazione: Al termine della prima deduzione della prima
ipotesi, Platone rifiuta a concedere esistenza all'uno esageratamente
identitario, prima di dare una piega diversa all'ipotesi: e se per ragioni
altrimenti non comprensibili la sostanzialità dell'uno che non sia indicibile
viene correlata tradizionalmente all'essenza del corrispettivo concetto, in
seguito cercherò a rendere comprensibile, perché l'essenza è un concetto a
parte, semanticamente più vicino al modo, e perché il ruolo esercitato dalla
nozione di direzione in una proposizione permette a smascherare l'impiego
illegittimo della nozione di differenza, transformado la scelta degli aggettivi
nel lavoro più estenuante durante la formulazione di un argomento.
Non vedo motivo a dubitare che oltre al assai più vasto registro di
sentimenti d'affetto rispetto ai suoi predecessori - o di frustrazioni di ogni
immaginabile sorta - gli ominidi, o almeno alcuni di loro, possedevano anche
la capacità di produrre un vasto gamma di suoni. Inoltre, non vedo possibile
spiegazione, che in una maniera o in un'altra, non include un periodo in cui
quel gruppo di individui che ha dato origine ad una specie in inarrestabile
espansione, hanno cominciato a imitare i suoni emessi dagli altri animali,
così come il cigolio di un albero, o il gorgoglio dell'acqua.
"da una parte dalla fiamma etereo fuoco che è mite, molto
leggero, a sé stesso in ogni direzione identico, rispetto all'altro, invece,
non identico; dall'altra parte anche quello in sé stesso, le caratteristiche
opposte: notte oscura, corpo denso e pesante"... "tutto pieno ugualmente
di luce e notte invisibile di entrambi alla pari, perché insieme a nessuna
delle due corrisponde il nulla".
………….
*O insufficienza mentale, come considerava i suoi contemporanei l'autore di "Così parlò Zarathustra" per
le loro credenze in un mondo oltre quel mondo che lui considerava l'unico modo veridico, prendendosela
tanto con l'autore della "Repubblica".
Bibliografia ragionata
Рада Михайловна Граноская, Əлементьl практической психологии -
Издательство Ленинградското университета, 1984 (Rada Mihailovna
Granovskaja, Editoria dell'Universita di Leningrado, 1984) p. 28