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dell’AMPLIFICATORE
OPERAZIONALE
di
Antonio Palladino
1
Sommario Generale
• Amplificatore Operazionale Ideale pag. 1
• Configurazione Invertente pag. 4
• Configurazione Non Invertente pag. 6
• Inseguitore di Tensione pag. 8
• Sommatore Invertente pag. 9
• Sottrattore pag. 11
• Derivatore Invertente Ideale pag. 14
• Derivatore Invertente Attivo pag. 18
• Integratore Invertente Ideale pag. 21
• Integratore Invertente Attivo pag. 24
• Amplificatore Logaritmico e Antilogaritmico pag. 27
• Circuito Moltiplicatore pag. 29
• Circuito Divisore pag. 30
• Codifica PCM pag. 31
• Campionamento pag. 32
• Circuito Sample & Hold pag. 33
• Trasformata di Laplace pag. 35
• Risoluzione di un’equazione differenziale pag. 37
• Logaritmi pag. 39
• Programmi Matlab pag. 41
• Bibliografia pag. 42
2
Premessa
1
AMPLIFICATORE OPERAZIONALE IDEALE
fig. A fig. B
Simbolo dell’amplificatore operazio- Sistema di doppia alimentazione per un amplificatore
nale operazionale
1
Negli schemi che seguiranno, per semplicità grafica, si ometteranno i termi-
nali di alimentazione, simmetrici rispetto al riferimento di massa.
fig. C
Circuito equivalente semplificato di un amplificatore operazionale.
Ri = resistenza d’ingresso; Rout =resistenza d’uscita; A * Vi = generatore ideale di tensione.
Nelle figure A, B e C sono indicati gli ingressi di segnale e il segno che vi ap-
pare indica rispettivamente l’ingresso invertente (segno -) e quello non in-
vertente (segno +).
Il significato di tale distinzione è il seguente:
• Se si applica un segnale all’ingresso invertente, mentre quello non inver-
tente è collegato a massa, l’uscita amplificata avrà fase opposta a quella
del segnale d’ingresso.
• Se si applica un segnale all’ingresso non invertente, mentre quello inver-
tente è collegato a massa, l’uscita amplificata avrà fase uguale a quella
del segnale d’ingresso.
2
tazione, perché appaiono simultaneamente ed in fase ai due ingressi, ed
hanno, quindi, effetto nullo sull’uscita.
3
CONFIGURAZIONE INVERTENTE
VS
is = ie + i f
ma poiché l’amplificatore operazionale assorbe correnti piccolissime, ie si può
trascurare, quindi
is = i f .
Vs − Rs ⋅ is + Vi = 0
Applicando lo stesso principio alla maglia di uscita in senso antiorario, si ha:
Vo + R f ⋅ i f + Vi = 0
Poiché Vi è circa uguale a 0, si ottengono le due espressioni:
Vs − Rs ⋅ is = 0
Vo + R f ⋅ i f = 0
Da queste si ha:
VS = Ri ⋅ iS
4
VO = − R f ⋅ i f
Dividendo membro a membro si ottiene il guadagno:
Vo − R f ⋅ i f
Avf = =
Vs Rs ⋅ is
Essendo uguali is e if, si ha che:
Rf
Avf = −
Rs
v s Rs ⋅ is
Rif = = = Rs
is is
5
CONFIGURAZIONE NON INVERTENTE
+VCC
i1
VO
i1 = i2 =
RS + R f
Sempre per la legge di Ohm si ha:
RS ⋅VO
V A = RS ⋅ i1 =
RS + R f
Applicando il 2° Principio di Kirchhoff alla maglia d’ingresso in senso orario si
ha:
vs − vi − v A = 0
6
e poiché per un amplificatore operazionale lineare risulta Vi circa uguale a 0,
si ha
vs − v A = 0
da cui:
vs = v A
Il guadagno Avf sarà uguale a:
VO Vo Vo 1 Rs + R f Rf
Avf = = = = = = 1+
Vs V A Rs Rs Rs Rs
⋅Vo
Rs + R f Rs + R f
Come si può facilmente osservare, il guadagno risulta sempre positivo e
maggiore o al limite, uguale ad uno.
NOTA. Nella configurazione non invertente non c’è la massa virtuale. È vero
che i due morsetti A e B hanno lo stesso potenziale, ma nessuno di essi è
collegato a massa.
7
INSEGUITORE DI TENSIONE
+VCC
-VCC
VO Rf Rf → 0
Avf = = 1+ = 1+ = 1+ 0 = 1
Vs Rs Rs → ∞
8
•
SOMMATORE INVERTENTE
v1 − Ri ⋅ i1 + vi = 0
essendo vi = 0, si ha:
v1
v1 − Ri ⋅ i1 = 0 ⇒ v1 = Ri ⋅ i1 ⇒ i1 =
R1
Analogamente si ricavano:
v2 v3
i2 = ; i3 =
R2 R3
Applicando il 2° Principio di Kirchhoff alla maglia di uscita (senso antiorario):
vo + R f ⋅ i f + vi = 0
essendo vi = 0, si ha:
vo
vo + R f ⋅ i f = 0 ⇒ vo = − R f ⋅ i f ⇒ i f = −
Rf
i 1 + i2 + i3 = if ;
9
Ora sostituendo nella relazione iniziale i1 + i2 + i3 = if le espressioni trovate ,
si ha:
v1 v2 v3 v
+ + =− o ⇔
R1 R2 R3 Rf
v v v Rf Rf Rf
vo = − R f ⋅ 1 + 2 + 3 = − ⋅ v1 + ⋅ v2 + ⋅ v3
R1 R2 R3 R1 R2 R3
Questo è il legame ingressi – uscita.
v1 R1 ⋅ i1
Rif 1 = = = R1
i1 i1
Analogamente Rif2 = R2 ; Rif3 = R3 .
È importante sottolineare che anche in questo caso, come nella configura-
zione invertente, il morsetto A è a massa virtuale.
10
SOTTRATTORE
Dobbiamo trovare vo' in funzione di v1'. Come si vede, tra vo' e v1' c’è una
configurazione non invertente:
vo′ R R
= Avf = 1 + 4 ⇒ vo′ = 1 + 4 ⋅ v1′
v1′ R3 R3
ora occorre ricavare il legame tra v1 e v1' :
l’Amplificatore Operazionale (A.O.) non assorbe corrente, pertanto la corren-
te i, da R1 scende tutta in R2.
Per la legge di Ohm si ha:
11
v1
i=
R1 + R2
sempre per la legge di Ohm si ha
R1 ⋅ v1
v1′ = R2 ⋅ i =
R1 + R2
(tale relazione si può anche ricavare mediante il partitore di tensione).
Infine:
R R R2
vo′ = 1 + 4 ⋅ v1′ = 1 + 4 ⋅ ⋅ v1
R3 R3 1 R + R2
schema 1 schema 2
Ora dobbiamo trovare vo" in funzione di v2. Come si può notare, abbiamo
capovolto lo schema 1 ed abbiamo ottenuto lo schema 2; sembra quasi una
configurazione invertente.
Osserviamo che l’A.O. non assorbe corrente, quindi all’interno di R1 e R2
non passa corrente. Basandoci sulla legge di Ohm:
v A = (R1 // R2 ) ⋅ i = 0
Il morsetto A è a potenziale nullo, quindi è praticamente a massa. Possiamo
allora affermare di essere di fronte ad una configurazione invertente:
12
vo′′ R R
= Avf = − 4 ⇒ vo′′ = − 4 ⋅ v2
v2 R3 R3
La vo generale è data dalla somma delle due uscite:
vo = vo′ + vo′′
R R2 R
vo′ = 1 + 4 ⋅ ⋅ v1 − 4 ⋅ v2
R3 R1 + R2 R3
13
DERIVATORE INVERTENTE IDEALE
14
Analisi nel dominio di Laplace
Z f ( s) R2
Avf ( s ) = − =− = − R2 ⋅ C1 ⋅ s
Z s ( s) 1
sC
Otterremo così la funzione di trasferimento che è:
Avf ( s ) = − R2C1 ⋅ s
Avf ( jω ) = − jωR2C1
15
Diagrammi di Bode
La funzione di trasferimento presenta uno zero nell’origine.
AAF
AU
ABF
16
con il disturbo ad alta frequenza vDAF(t) e con il disturbo a bassa frequenza
vDBF(t) .Quando il segnale viene derivato, oltre alla parte utile vengono deri-
vati anche i disturbi. Ora il disturbo a bassa frequenza è derivato con
un’amplificazione ABF, inferiore a quella AU con cui viene derivato il segnale
utile, e ciò è vantaggioso. Invece, il disturbo in alta frequenza subisce
un’amplificazione AAF superiore a quella del segnale utile: AAF>AU. Quindi,
con questo tipo di derivatore, la quota di disturbo in alta frequenza rispetto
al segnale utile viene ad aumentare notevolmente nel passaggio
dall’ingresso all’uscita.
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DERIVATORE INVERTENTE ATTIVO
18
Analisi nel dominio del tempo
Sapendo che la f.d.t. è uguale al rapporto tra la trasformata di Laplace
dell’uscita e la trasformata di Laplace dell’ingresso, si ha:
Vo sτ
Avf = = − A⋅
Vs sτ + 1
sτ A ⋅Vs ⋅ sτ
Vo = − A ⋅Vs ⋅ =−
sτ + 1 sτ + 1
( sτ + 1) ⋅Vo = − A ⋅Vs ⋅ sτ
τ ⋅ sVo + Vo = − A ⋅τ ⋅ sVs
dvo 1 dv
+ vo = − A s
dt τ dt
Diagramma di Bode
La f.d.t. presenta uno zero nell’origine e un polo diverso da zero.
19
ftinf/10 ftinf ftinf ·10
1
Con ftinf indichiamo la frequenza di taglio inferiore: f t inf =
2πR1C1
Questo circuito risulta essere un derivatore invertente per frequenze di lavo-
ro comprese tra 0 e ftinf /10; per frequenze di lavoro superiori a f >10ftinf , ha
un guadagno costante ( Avf(s)= -R2/R1 ), e si comporta come una normale
configurazione invertente. Quindi, se lo si vede come un amplificatore inver-
tente, esso non amplifica ugualmente a tutte le frequenze, ma solo a partire
da ftinf * 10 in poi. È, cioè, un amplificatore delle alte frequenze (Passa–Alto).
Se invece lo si vede come un derivatore, bisogna precisare che esso deriva
solo segnali con frequenze comprese tra 0 e ftinf / 10; i segnali a frequenze
superiori non vengono derivati.
A differenza del derivatore ideale, i disturbi in alta frequenza subiscono
un’amplificazione limitata e non sussiste l’inconveniente di una eccessiva
amplificazione di tali disturbi; col derivatore ideale, invece, maggiore era la
frequenza del disturbo e più alta risultava la relativa amplificazione. In que-
sto caso, i disturbi in alta frequenza hanno sempre lo stesso guadagno.
20
INTEGRATORE INVERTENTE IDEALE
t
1
vo (t ) = vo (o) −
R1C2 ∫ v dt;
o
s
21
Analisi nel dominio di Laplace
1
Z f ( s) sC2 1 1
Avf ( s ) = − =− =− =−
Z s ( s) R1 R1 ⋅ C2 ⋅ s R1C2 s
Otterremo così la funzione di trasferimento che è:
1
Avf ( s ) = −
R1C2 s
1 1
Avf ( jω ) = Avf ( s ) =− =−
s = jω R1C2 s s = jω
jωR1C2
1
Avf ( jω ) = −
jωR1C2
Diagrammi di Bode
La funzione di trasferimento presenta un polo nell’origine.
22
Inconvenienti integrale ideale
Segnale totale: vs(t)= vu(t)+ vdaf(t) + vdbf(t)
vs(t): è il segnale totale
vu(t): è il segnale utile
vdaf: Disturbi ad alta frequenza
vdbf: disturbi a basse frequenza
Quando un segnale viene integrato, vengono integrati anche i disturbi. Ora il
disturbo ad alta frequenza è integrato con un’amplificazione A3 inferiore a
quella A2 con cui viene integrato il segnale utile, e ciò è vantaggioso.Il di-
sturbo in bassa frequenza, invece, subisce un’amplificazione ben superiore a
quella del segnale utile: A1 > A3. Se, poi, il disturbo in bassa frequenza fosse
costituito da un segnale costante, seppure piccolissimo, esso subirebbe un
guadagno infinito.
23
INTEGRATORE INVERTENTE ATTIVO
1 R2
R2 ⋅
sC2 sC2
1 1 sR2C2 + 1 R2
R2 // R2 +
Z f (s ) sC2 sC2 sC2 sR C + 1
Avf ( s ) = − =− =− =− =− 2 2 =
Z s ( s) R1 R1 R1 R1
R2 1 1
Avf ( s ) = − ⋅ = − A⋅
R1 sR2C2 + 1 sτ + 1
dove si è posto:
A pari al guadagno della configurazione invertente (-R2/R1);
τ pari alla costante di tempo R2C2 del circuito.
La funzione di trasferimento è quindi:
1
Avf ( s ) = − A ⋅
sτ + 1
24
Vo 1
Avf = = − A⋅
Vs sτ + 1
1 A ⋅Vs
Vo = − A ⋅Vs ⋅ =−
sτ + 1 sτ + 1
( sτ + 1) ⋅Vo = − A ⋅Vs
τ ⋅ sVo + Vo = − A ⋅Vs
dvo 1 A
+ ⋅ vo = − ⋅ v s
dt τ τ
R1 sR2C1 R 1 1
Avf ( jω ) = Avf ( s ) =− ⋅ =− 2 ⋅ = − A⋅
s = jω R1 sR1C1 + 1 s = jω R1 1 + jωR2C2 1 + jωτ
Diagramma di Bode
La f.d.t. presenta un polo diverso da zero.
25
ftinf/10 ftinf ftinf ·10
1
Con ftsup indichiamo la frequenza di taglio inferiore: f t sup =
2πR2C2
Questo circuito risulta essere un integratore invertente per frequenza di la-
voro f>ftsup*10; per frequenze di lavoro inferiore a ftsup / 10, ha un guadagno
costante(Avf =- R2 / R1), ed è come una normale configurazione invertente.
Quindi, se lo si vede come un amplificatore invertente, amplifica segnali con
frequenze che si trovano tra 0 e ftsup / 10. È, cioè, un amplificatore con fil-
traggio delle basse frequenze (Passa – Basso). Se, invece, lo si vede come
integratore, bisogna precisare che esso integra solo segnali con frequenze
superiori a ftsup·10; i segnali a frequenze inferiore non vengono integrati . A
differenza dell’integratore ideale, i disturbi in bassa frequenza, compresa la
componente continua, subiscono un’amplificazione limitata e non sussiste
più l’inconveniente di una eccessiva amplificazione di tali disturbi; con
l’integratore ideale, minore era la frequenza del disturbo, più alta risultava la
relativa amplificazione.
26
AMPLIFICATORE LOGARITMICO E ANTILOGARITMICO
Relazione Ingresso-Uscita:
Nota: Si deve notare che la (1) vale finché il diodo è in conduzione diretta,
cioè finché la tensione d’ingresso vs>0.
27
Amplificatore Antilogaritmico Invertente
Nota: Anche la (2) vale finché il diodo è in condizione diretta, cioè finché
vs>0.
28
CIRCUITO MOLTIPLICATORE
I segnali da moltiplicare siano v1 e v2; essi vengono fatti entrare in due am-
plificatori logaritmici, da cui escono rispettivamente ln v1 e ln v2; successi-
vamente questi due segnali vengono addizionati (tramite un sommatore con
amplificatore operazionale) ottenendo così il segnale ln v1 + ln v2; ora, ricor-
dando la proprietà dei logaritmi secondo cui il logaritmo di un prodotto è u-
guale alla somma dei logaritmi dei singoli fattori si ha:
ln v1 + ln v2 = ln (v1·v2).
Il segnale così ottenuto viene inviato in un amplificatore antilogaritmico (e-
sponenziale, che realizza la funzione opposta del logaritmo:
ln (v1·v2)
vo = e = v1·v2
L’uscita è quindi pari al prodotto dei due segnali di tensione in ingresso.
29
CIRCUITO DIVISORE
Il circuito divisore differisce dal moltiplicatore per il solo fatto che il nodo
sommatore centrale è sostituito da un sottrattore (sempre realizzato con
A.O.).
ln (v1/v2)
vo = e = v1/v2
L’uscita è quindi pari al quoziente dei due segnali di tensione in ingresso.
30
CODIFICA PCM
Codifica PCM
Lato trasmissione, la codifica in digitale di un segnale analogico secondo la
tecnica PCM avviene concettualmente in due passi:
conversione analogico/digitale, che implica le operazioni di:
• campionamento del segnale analogico con frequenza pari a 8 kHz;
• codifica di ogni campione effettuata con almeno 12 bit/campione;
• compressione digitale del segnale; la dinamica del segnale viene com-
pressa in modo digitale per consentire la riduzione da 12 a 8 del nu-
mero di bit con cui si codifica ogni campione.
La velocità di emissione di un codificatore PCM risulta pari a 64 kbit/s.
31
Decodifica PCM
Lato ricezione vengono effettuate le operazioni inverse rispetto a quelle di
trasmissione cioè:
• espansione del segnale, in modo da riportare da 8 a 12 i bit / campio-
ne;
• conversione digitale/analogico (D/A), che implica le operazioni di:
1. decodifica; permette di trasformare ogni gruppo di 12 bit in un
campione avente una data ampiezza;
2. quantizzazione; è dovuta al fatto che un campione viene codificato
con un numero finito di bit (12), per cui le ampiezze dei campioni
che si possono ricostruire sono anch’esse in numero finito e pari a
4096. La quantizzazione introdotta dai soli processi di conversione
A/D e D/A viene definita quantizzazione uniforme (o lineare). Con
il processo di compressione si passa, poi, a una quantizzazione non
uniforme (o non lineare);
3. ricostruzione del segnale analogico a partire dai campioni decodifi-
cati. Tramite un filtraggio è possibile riottenere un segnale analogi-
co sostanzialmente proporzionale a quello di partenza.
32
pionamento; è quindi necessario filtrare preventivamente il segnale
per definire con precisione la frequenza massima del segnale analogi-
co;
2. il campionamento deve prelevare un singolo valore da presentare al
codificatore. L’operazione di campionamento dovrebbe essere presso-
ché istantanea.
33
Il condensatore di memoria si carica al valore che assume un campione
(l’interruttore si chiude) e viene scaricato da un apposito segnale, applicato
a un interruttore di scarica, al termine della conversione A/D del campione
stesso. Al fine di consentire un aggancio rapido al nuovo valore da campio-
nare, il circuito che precede l’interruttore deve avere un’impedenza di uscita
molto bassa, sì da dar luogo ad una costante di tempo (RC) piccola (se la
costante di tempo è piccola, il condensatore si carica velocemente). Inoltre,
per non causare la scarica anticipata del condensatore, prima che possa es-
sere effettuata la conversione correttamente, è necessario che i circuiti che
seguono il condensatore presentino un impedenza di ingresso elevatissima.
E allora, in ingresso all’interruttore ed in uscita al condensatore vanno appli-
cati degli inseguitori di tensione (A.O. in configurazione non invertente che
ricordiamo presentano resistenza di ingresso infinita e resistenza di uscita
nulla), secondo il circuito che segue.
34
TRASFORMATA DI LAPLACE
In molti casi l’analisi dei sistemi lineari (tra essi rientrano i tipici circuiti
dell’Elettrotecnica costituiti da Resistori, Induttori e Condensatori) si sempli-
fica notevolmente se si ricorre ai metodi basati sulla trasformata di Laplace.
La trasformata di Laplace di una funzione reale di variabile reale f(t) (in una
funzione reale di variabile reale sia la variabile indipendente, sia la variabile
dipendente sono reali), definita per t ≥ 0, è una funzione complessa di va-
riabile complessa F(s) (in una funzione complessa di variabile complessa sia
la variabile indipendente, sia la variabile dipendente sono complesse) così
definita:
∞
F (s ) = L[ f (t )] = ∫ e − st f (t ) dt
0
a +i∞
f (t ) = L [F ( s)] =
1
∫
−1
e st F ( s) ds
2π i a −i∞
In questo caso, l’integrale è da calcolare nel piano complesso, lungo una ret-
ta verticale con ascissa costante pari ad a.
1. L[ f1 (t ) + f 2 (t )] = L[ f1 (t )] + L[ f 2 (t )] = F1 ( s) + F2 ( s)
La trasformata di Laplace della somma di due funzioni è uguale alla somma
delle singole trasformate.
35
2. L[k ⋅ f (t )] = k ⋅ L[ f (t )]
La trasformata di Laplace del prodotto di una costante per una funzione è
uguale al prodotto della costante per la trasformata della funzione.
Queste due proprietà si possono riassumere dicendo che la trasformata di
Laplace è un’operatore lineare.
d
3.
L f (t ) = s ⋅ F ( s) − f (o + )
dt
Questa proprietà evidenzia che se si trasforma la derivata di una funzione si
otterrà il prodotto di s (variabile complessa) per la trasformata della funzio-
ne non derivata. Vediamo così come alla derivazione nel dominio del tempo
corrisponde una semplice moltiplicazione per s nel dominio di Laplace.
t 1
4.
0∫
L f (τ )dτ = ⋅ F ( s)
s
Questa proprietà dice che se si trasforma l’integrale di una funzione si otter-
rà il quoziente tra la trasformata della funzione non derivata e s. Vediamo
così come alla integrazione nel dominio del tempo corrisponde una semplice
divisione per s nel dominio di Laplace.
36
RISOLUZIONE DI UN’EQUAZIONE DIFFERENZIALE
v s (t ) = t
l’equazione differenziale si caratterizza così:
dvo 1 A
+ ⋅ vo = − ⋅ t
dt τ τ
Consideriamo l’equazione omogenea associata e risolviamola:
dvo 1
+ ⋅ vo = 0
dt τ
dvo 1 dvo 1 dvo 1 dvo 1
dt
= − ⋅ vo ;
τ vo
= − ⋅ dt;
τ ∫ vo τ ∫
= − ⋅ dt; ∫ vo
=−
τ∫dt;
1 1 1
1 − ⋅t + c − ⋅t − ⋅t
ln( vo ) = − ⋅ t + c; vo = e τ =e τ ⋅ e = ke
c τ
τ
1
− ⋅t
vo = ke τ
omog . (1)
vo = a ⋅ t + b;
37
dvo
=a
dt
Sostituendo nell’equazione completa si ha:
dvo 1 A
+ ⋅ vo = − ⋅ t ;
dt τ τ
1 A a b A a b A
a + ⋅ ( a ⋅ t + b) = − ⋅ t ; a+ ⋅t + =− ⋅ t; ⋅t + a + =− ⋅t
τ τ τ τ τ τ τ τ
a A a = − A
τ = − τ
b = − a ⋅ τ = A τ
a + b = 0
τ
vo particolare = a ⋅ t + b = − A ⋅ t + A ⋅τ (2)
vo ( 0 ) = 0
sostituendo nella (3) si ottiene:
1
− ⋅0
vo (0) = ke τ − A ⋅ 0 + A ⋅τ = ke 0 + A ⋅τ = k + Aτ = 0 ⇒ k = − Aτ
L'equazione diviene così:
1 1
− ⋅t − ⋅t
vo = ke τ − A ⋅ t + A ⋅ τ = − A τe τ − A ⋅ t + Aτ
ed infine:
1
− ⋅t
vo = A ⋅ [τ (1 − e τ ) − t]
38
LOGARITMI
x
L’equazione a = N ammette sempre soluzione, sotto la sola condizione che
a e n siano numeri positivi ed a diverso dall’unità. Il numero x che soddisfa
l’equazione esponenziale si dice logaritmo del numero N a base a e si denota
con
log a N
x
Le due equazioni a = N e x = log a N sono quindi equivalenti fra loro, e
concluderemo col dire che il logaritmo di un numero (positivo), in una data
base (positiva, diversa da 1), è l’esponente che bisogna dare alla base per
ottenere il numero dato.
39
log a m = x e log a n=y
e quindi
x y
m=a , n=a
Dividendo membro a membro, viene
x y x-y
m/n =a /a =a
Perciò
log a (m / n) = x - y = log a m - log a n.
40
LISTATO DEI PROGRAMMI MATLAB PER LA REALIZZAZIONE
DEI DIAGRAMMI DI BODE DEI MODULI
DIAGRAMMA BODE DERIVATORE IDEALE DIAGRAMMA BODE INTEGRATORE IDEALE
R2=10e3; R1=10e3;
C1=159e-9; C2=159e-9;
num=[-R2*C1 0];\ num=[1];
den=[1]; den=[-R1*C2 0];
f=logspace(0,4,1000); f=logspace(0,4,1000);
ome=2*pi*f; ome=2*pi*f;
[mod,fase]=bode(num,den,ome); [mod,fase]=bode(num,den,ome);
G=20*log10(mod); G=20*log10(mod);
% %
% GRAFICO MODULO % GRAFICO MODULO
clg; clg;
semilogx(f,G); semilogx(f,G);
axis([1 10000 -40 40]); axis([1 10000 -40 40]);
grid; grid;
title('diagramma di Bode del modulo'); title('diagramma di Bode del modulo');
xlabel('frequenza [Hz]'); xlabel('frequenza [Hz]');
ylabel('modulo [dB]'); ylabel('modulo [dB]');
41
BIBLIOGRAFIA
42