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COMITATO SCIENTIFICO DELLA COLLANA
Premessa 7
1 P. V. MENGALDO, L’edizione critica delle poesie di Sereni, in ID., Per Vittorio Sereni, To-
che si trova alle pp. 1126-43 dell’edizione citata, risale ad una conversazione tenuta da
Sereni alla fondazione «Corrente» nel 1982; stampata poi in «Incognita» e successiva-
mente, nel 1999, in «Poetiche».
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edizione critica a cura di D. Isella, Milano, Mondadori, 1995 (per comodità userò la si-
gla M). Per le sigle relative ai diversi testimoni richiamati nel corso di questo lavoro rin-
vio come d’obbligo all’apparato di Isella.
5 G. CONTINI, Come lavorava l’Ariosto, in ID., Esercizi di lettura sopra autori contempo-
ranei con un’appendice su testi non contemporanei, Torino, Einaudi, 1974, pp. 232-41.
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Il senso dei cinque versi che Sereni aggiunge alla prima versione del
testo, pubblicato già nel Diario d’Algeria del ’47 obbedisce ad un’esigenza
in primo luogo di chiarezza. Come conferma l’autore stesso in una prosa
(Due ritorni di fiamma)6 degli Immediati dintorni, si tratta di recuperare il
«preciso rapporto tra circostanza e testo» o tra la circostanza e la parola
che nel testo la restituisce. Da questo punto di vista si può dire che tutta
la fatica che l’apparato critico delle Poesie di Sereni ci testimonia non rap-
presenta che la necessità di recuperare proprio quel rapporto tra circostan-
za e testo: è dunque una questione in primo luogo di precisione e di
chiarezza. Non c’è dunque solo un rapporto tra essere e non essere, ma
ci sono anche diversi stadi dell’essere, o diverse modalità o tempi in cui
l’essere si dà. Certo, è vero, quando Sereni introduce quei cinque versi
che chiariscono il contesto di quel componimento sta scrivendo le poe-
sie degli Strumenti umani (è il motivo per cui li abbiamo qui richiamati)
e molte cose sono cambiate rispetto alla stagione di Diario d’Algeria, ma
non è cambiata e non cambierà quell’esigenza di stretta fedeltà tra testo
ed esperienza.
Torniamo ora alle correzioni vere e proprie. Per cominciare è neces-
sario far parlare proprio il curatore, Dante Isella, il quale nell’avvertenza
che apre la presentazione del materiale documentario scrive:
6 Si può leggere ora anche in V. SERENI, Poesie e prose, cit., pp. 620-23.
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Tutti questi problemi però non rappresentano che una faccia della
medaglia. Dall’altro lato infatti ci sono le difficoltà legate alla modalità di
rappresentazione di tale complessità.
La soluzione trovata da Isella comporta un apparato costruito su quat-
tro fasce che corrispondono ad altrettanti aspetti della stratificazione te-
stuale. Semplificando:
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no, Edizione Nastro & Nastro, 1993 (poi Torino, Einaudi, 2002 e 2005).
10 Si ricordi che ad Alain-Fournier la moglie di Sereni, Maria Luisa Bonfanti, aveva
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11 Il titolo è, come noto, anche montaliano (I morti, nella sezione Meriggi e ombre de-
gli Ossi di seppia), circostanza che avrà certo contribuito, e magari in modo determi-
nante, alla sostituzione.
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naturalmente anche Altro compleanno (che istituisce una coppia per così dire implicita).
14 A proposito del titolo Ancora sulla strada di Zenna, si possono ricordare le parole
che Sereni ha inviato per lettera a Fortini (M, pp. 508-09): «Ma questa [poesia] è im-
pegnativa, indipendentemente dall’effetto che potrà farti, positivo o negativo. Debbo ri-
cordarti che la più lunga poesia del mio primo libro s’intitolava Zenna? Paese dopo Lui-
no lungo il lago, al confine con la Svizzera. | “Il verde si rinnova” fino all’interrogativo
è tolto quasi di peso, o meglio colto a volo e messo in versi da una battuta dello zio Va-
nia, ascoltata a teatro e non letta (non ho qui il testo). | Avrei potuto intitolarla “Area
depressa”, ma significherebbe barare. Solo, la verosimiglianza d’un tale titolo può essere
un aiuto alla comprensione letterale, un dato di più, d’informazione puramente mate-
riale».
15 Per fare solo qualche esempio, si pensi per il primo tipo a Lettera da casa di Ber-
tolucci, a Lettera di Fortini e di Gatto ecc.; per il secondo a Frammento di Luzi, a Fram-
mento della martora di Orelli, ai vari Frammenti di Giudici ecc.; per il terzo a Su cartolina
di Caproni ecc.
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16 Un paio di esempi da Frontiera: «Il verde è sommerso in nero azzurri; | ma» [PG] >
«Il verde è sommerso in neroazzurri. | Ma» (Domenica sportiva 1-2); «la voce dolente di
sonno: | arretrava» [S2, Aut] > «la voce dolente di sonno. | Arretrava» (Poesia militare 3-
4). E uno da Diario d’Algeria: «un’iride cadeva nella danza | dei riflessi beati; | eri [...]»
[Co] > «un’iride cadeva nella danza dei riflessi beati: | eri» ([Troppo il tempo ha tardato]
5-7).
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1. «Sotto i miei occhi[,] portata dalla corsa» [Aut] > «Sotto i miei
occhi portata dalla corsa» (Ancora sulla strada di Zenna 7);17
2. «Ed ecco[,] è già mutato il mio rumore» > «Ed ecco già mutato
il mio rumore» (Ancora sulla strada di Zenna 32);18
3. «Dunque[,] ti prego[,] non voltarti amore» [Aut2 Aut3 (voltarti,)
Aut4] > «Dunque ti prego non voltarti amore» (Anni dopo 11);
4. «Poteva essere lei la nonna[,] morta | non so da quanti anni» [LS
GS Mar] > «Poteva essere lei la nonna[,] morta | non so da quanti
anni» [Aut5 Aut6 W1 W2 SUa] > «Poteva essere lei la nonna morta
| non so da quanti anni» (Ancora sulla strada di Creva 1-2);
5. «Quante[,] ancora verdi[,] intatte foglie | recava in grembo l’au-
tunno» > «e quante ancora verdi intatte foglie» (Ancora sulla strada
di Creva 9-10).
17 All’interno degli esempi, qui e altrove, le parentesi quadre e il grassetto sono in-
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1. «O mia vita[,] mia vita ancora ansiosa» (Pae) > «O mia vita mia
vita ancora ansiosa» (DA, Risalendo l’Arno da Pisa 1);
2. «Ma i volti[,] i volti» [Datt MS Ras] > «Ma i volti i volti non
so dire:» (SU, Via Scarlatti 11);
3. «che nulla[,] nulla è veramente mutato» [Aut] > «che nulla nul-
la è veramente mutato» (SU, Ancora sulla strada di Zenna 22).
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Per tutti questi casi, mi pare interessante non solo che la virgola venga
eliminata, ma anche che all’inizio ci fosse sempre. Mi pare in sostanza
che il passaggio confermi l’attenzione e la sensibilità di Sereni per la
‘messa in forma’ musicale del testo.
Per quanto riguarda le serie nominali si può notare come l’acquisto
sia tendenzialmente definitivo poiché in circostanze analoghe Stella va-
riabile dimostra fin da subito di rinunciare alla virgola. Si veda sia l’incipit
de Nell’estate padana («Campitello Eremo Sustinente») sia il verso finale
di Luino-Luvino («Valtravaglia Runo Dumenza Agra»). In entrambi questi
casi l’apparato non segnala lezioni con la virgola, neppure nelle primis-
sime fasi del processo creativo.
Ma torniamo ora a Gli strumenti umani. E prendiamo l’attacco de
L’alibi e il beneficio:
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Le portiere spalancate a vuoto sulla sera di nebbia Le portiere spalancate a vuoto sulla sera di nebbia
nessuno che salga o scenda se non nessuno che salga o scenda se non
una folata di smog o la voce dello strillone una folata di smog la voce dello strillone
– paradossale – il Tempo di milano, l’alibi – paradossale – il Tempo di Milano l’alibi
e il beneficio della nebbia, cose occulte e il beneficio della nebbia cose occulte
camminano al coperto, muovono verso di me […] camminano al coperto muovono verso di me […]
19 I puntini di sospensione sono del resto un tratto tipico della poesia novecentesca.
Si legga quanto a proposito di Montale scrive Elisa Tonani: «A partire dalle Occasioni,
infatti, i punti di sospensione diventano, insieme con la lineetta, uno degli appuntamen-
ti fissi di una testualità che ricorre agli strumenti tipografico-interpuntivi propri della
modernità per segnalare la frizione tra il livello realistico e quello allegorico, tra l’atten-
zione minuziosa al dettaglio di natura e la sintesi induttiva che ne scaturisce» (E. TO-
NANI, Punteggiatura d’autore. Interpunzione e strategie tipografiche nella letteratura italiana dal
Novecento ad oggi, Firenze, Cesati, 2012, p. 252).
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Gina, | […]?»), che però è successiva (1963, pubbl. nel 1964, mentre quella di Sereni è
pubblicata in rivista nel ’60).
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1. «nel giro d’una notte» [W1 W2 W3 App] > «nel giro di una notte»
(Viaggio all’alba 2);
2. «d’una vacanza» [Sua Rend SPF] > «di una vacanza» (Appunta-
mento a ora insolita 33);
3. «d’un settembre» [SUa QP] > «d’un settembre» [QPa] > «di un
settembre» (Nel sonno I, 4);
4. «d’un usignolo» [Sua QP Coll] > «di un usignolo» (Nel sonno V,
14);
5. «d’un giorno» [SUa QP Coll] > «di un giorno» (Nel sonno VI, 16);
6. «d’una musica» [SUa QP Coll] > «di una musica» (Nel sonno VI,
18).
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Altri casi:
1. «ch’erano» [SUa Par] > «i pochi fogli che erano i miei beni»
(Un sogno 14);
2. «d’Anna Frank» [SUa El Pan Ma] > «germe | dovunque e ger-
moglio di Anna Frank» (Dall’Olanda. Amsterdam 24-25);
3. «d’andare» [Aut3] > «fingono a ogni giro di andare via» (Panto-
mima terrestre 41);
4. «Ed ecco in cos’erano» [Aut1, Car1] > «Ecco in cosa erano» (La
pietà ingiusta 8).
Nella maggior parte dei casi le vocali di appoggio, che nella lingua
scritta si celano dietro l’apostrofo, nella lingua parlata vengono pronun-
ciate (già Serianni nota che nello scritto l’elisione appare in declino ri-
spetto al XIX secolo).23 Bisognerà dunque considerare anche la spinta
che in favore di questi interventi è legata alla necessità di una sorta di
‘ammodernamento’ della propria scrittura poetica rispetto ad un uso che
si andava consolidando.24 Sarà poi significativo il fatto che tale tipo di
correzione non si riscontra se non molto raramente in Frontiera o in Dia-
rio d’Algeria, in cui le forme elise sono del resto presenti con ampiezza:
segno evidente di una mancata, o scarsa, attenzione a quell’altezza per gli
aspetti orali del testo, o in altri termini per la sua resa materiale.25
Anche da questo punto di vista si possono ancora ricordare le parole
di Mengaldo, che ha affermato di non conoscere «nel nostro secolo nes-
sun poeta che abbia saputo come lui [cioè come Sereni] conservare nella
parola scritta il tono e le inflessioni della parola parlata; anzi: della voce
che parla […]. In questo le capacità di modulazione del poeta erano ine-
sauribili e microscopiche, e sempre ottenute coi mezzi più semplici».26
intervento che introduce l’apostrofo e uno che lo elimina sia nella prima che nella se-
conda raccolta: «s’uno» (Fta PG) > «Ma quelle su uno svolto strette a sciami» (F, Can-
zone lombarda 7), «di acqua» (S1) > «fresca d’acqua nel vento» (F, Poesia militare 2); «d’un
mattino» [Po, V] > «azzurre di un mattino» (DA, Belgrado 10), «mi attardo» [GM] >
«m’attardo» (DA, [Se la febbre di te…] 11).
26 P.V. MENGALDO, Ricordo di Vittorio Sereni, «Quaderni piacentini», n.s., 9 (1983), pp.
3-18, poi in ID., La tradizione del Novecento. Nuova serie, Firenze, Vallecchi, 1987, ora in
ID., Per Vittorio Sereni, cit., pp. 3-27 (p. 18).
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27 Quattro versi sono ridotti a due con i due senari che sono riscritti in una più ca-
sedici sillabe. Si noti tra l’altro l’assenza di punteggiatura che nella prima lezione era
surrogata, come abbiamo detto, dalla pausa versale.
30 Qui invece, ed è mi pare il caso più tipico, tre versi sono ridotti a due riformu-
landone la scansione, che segue più pacificamente la sintassi: un settenario che si im-
punta fortemente sul relativo; un novenario e un dodecasillabo danno vita ad un ende-
casillabo di 4a7a seguito da una misura più lunga di 15 sillabe, interpretabile come dop-
pio ottonario.
31 Un ottonario seguito da un quadrisillabo è riportato ad un dodecasillabo (con
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perdente al suo riapparire» [Aut2 A] > «Ma volano gli anni, e solo
calmo è l’occhio che antivede | perdente al suo riapparire» (Il
grande amico 5-6);32
8. «contro i passi furtivi | che ti portano via» [SUa Els SPF] >
«contro i passi furtivi che ti portano via» (Situazione 22);33
9. «Avvinghiati lottammo | alla spalletta del ponte» [SUa] > «Av-
vinghiati lottammo alla spalletta del ponte» (Un sogno 20).34
Se nel primo esempio il taglio del verso non aumenta le pause, già
implicite nella sintassi, il secondo caso è diverso, poiché è messo in evi-
tica staccata su due versi è ricomposta in uno solo, evitando di accentuare le pause (co-
me magari sarebbe avvenuto in F o in DA). Il risultato è un doppio settenario.
34 Un settenario più ottonario è riformulato in un endecasillabo ipermetro, o me-
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arriverò a vederla” le rispondo. * (Non saremo | più insieme, dovrei dirle)») il gradino
35 Il verso a gradino spezza un endecasillabo regolare, mentre ai vv. 16-17 («“Non |
viare a F. MAGRO Lettura di «A Parma con A.B.», in Vittorio Sereni. Un altro compleanno.
Atti del Convegno di studi, Milano-Luino 24-26 ottobre 2014, a cura di E. Esposito,
Milano, LED, 2014, pp. 205-24.
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37 Per una prima tipologia dei versi a gradino rinvio a R. ZUCCO, Versi a gradino nel
primo Caproni, «Istmi», 5-6 (1999), pp. 125-52, ora in ID., Gli ospiti discreti. Nove studi su
poeti italiani (1936-2000), Torino, Aragno, 2013, pp. 27-58.
38 Basti qui il rinvio alla quarta di copertina di Versi guerrieri e amorosi, Torino, Ei-
naudi, 1990.
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Si possono qui notare varie cose, tra cui l’eliminazione della virgola
(che rientra in un discorso già fatto), e la soppressione di un avverbio –
«oramai» – che pare in effetti avere un po’ del sentimentale. L’elimina-
zione di questo avverbio comporta inoltre una riformulazione dell’asset-
to versale con la perdita di un endecasillabo (sia pure un endecasillabo
non canonico: «La splendida, la tripudiante pioggia» o «La splendida, la
brulicante pioggia») più settenario, per una sorta di endecasillabo iper-
metro, o con falsa partenza (l’endecasillabo è perfetto a partire dal secon-
do aggettivo: «* la delirante pioggia s’è quietata»; messo in rilievo pro-
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La stessa scelta del gerundio vociferando rispetto al poco più che descrit-
tivo imperfetto fremeva è un acquisto notevole. Si perde l’endecasillabo,
ma in compenso, immediatamente, la figura di Saba si anima.
41 Ma anche casi contrari: «del Tresa» [Aut1] > «di un fiume» [A un compagno d’in-
fanzia II, 13]; «pieni zeppi di marchi e di fiorini» [AutA] > «pieni zeppi di valuta»
[Dall’Olanda II, 2].
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5. «Solo vera è l’estate, luce | che vi livella» (Aut) > «Solo vera è
l’estate e questa sua | luce che vi livella» (DA, [Solo vera è l’estate]
1-2).
1. «Quanti anni per capirlo, | troppi per esserne certi» [Aut] > «E
tu, quanti anni per capirlo: | troppi per esserne certo» (Il tempo
provvisorio 10-11);
2. «che presto arretreranno» [Aut] > «che presto da me arretre-
ranno via via» (Ancora sulla strada di Zenna 30);
3. «Io lo so che non piansi quella fine» [Aut6] > «Oggi lo so, non
piansi quella fine» (Ancora sulla strada di Creva 31);
4. «e da quel giorno | d’amore più non ti parlai, amore mio» [W1] >
«E da quel giorno | e quell’ora | d’amore più non ti parlai amo-
re mio» (Ancora sulla strada di Creva 47-49);
5. «L’anima, quello che diciamo l’anima e non è | che rimorso»
[Aut] > «L’anima, quello che diciamo l’anima e non è | che una
fitta di rimorso» (Intervista a un suicida 1-2).
1. «la sete invereconda che si rinnova» [W1 W2 W3] > «una sete
che oscena si rinnova» (Il tempo provvisorio 2).
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42 Il sintagma «nell’intima bruma» può aver risentito di un sonetto di Valéry (Le bois
amical, 1890), tradotto da Bassani, e pubblicato sul «Corriere padano» il 28 marzo del
1937, con il titolo appunto de L’intimo bosco («Avevamo pensieri puri | d’accanto, lungo
i sentieri; | ci tenevamo per le mani | senza dire… tra i fiori oscuri. || Camminare
come due amanti | soli nella notte dei prati; | spartire te, frutto d’incanti | o luna degli
smemorati. || Poi siamo morti sul muschio | soli soli nel dolce bosco | tra le grandi
ombre mormoranti; || e ci siam ritrovati nei pianti | fratello mio di silenzio, | là in
alto, nell’immensa luce»). Devo il suggerimento a Cristina Stevanoni, che ringrazio.
43 Con acquisto di un endecasillabo.
44 Le forme della vita che si sgretola è in un Osso montaliano (Non rifugiarti nell’ombra).
45 Spento metaforizza morto e disfatto intensifica spento: tra morto e spento inoltre non
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intercorre la stessa gradazione che intercorre tra spento e disfatto; possibile anche il ri-
cordo di Inf. VI, 42: «tu fosti, prima ch’io disfatto, fatto».
46 Si ha qui l’acquisto di un endecasillabo, ma di 5a.
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2. «vogliono torvo il tuo cielo» [Aut] > «le nuvole | che strette
corrono strette sul verde, | spengono canto e domani | e torvo
vogliono il nostro cielo» (Finestra 18-21);
3. «non quagliano acque lacustri e pioppi commoventi» [Car4] >
«non quagliano acque lacustri e commoventi pioppi» (Intervista a
un suicida 33);
4. «Ingoiano tutto le nuove belve» [Datt] > «Tutto ingoiano le
nuove belve, tutto» (Nel vero anno zero 18);
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È chiaro, come ha già rilevato Mengaldo, che «in un poeta che vive
di oscillazioni e auto-correzioni come Sereni, la natura prosastica di una
frase o di un verso ha bisogno di essere compensata dall’animazione re-
torica dei suoi elementi».48 Anche se non sempre questa è l’unica dire-
zione correttoria e a volte è evidente – come abbiamo visto – una ricer-
ca di maggiore chiarezza anche sintattica.
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