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Un'assemblea strutturata: ordine e decoro

La presenza dell'assemblea non è tutto e non fa tutto: bisogna che questa assemblea rappresenti un
carattere che rivesta un'importanza considerabile nell'universo teologico come nella pratica pastorale dei
Padri: l'ordine, piuttosto che l'armonia. Non si tratta di una moltitudine informe, ma di una moltitudo
ordinata. Di fatto, il quarto secolo è il tempo dove molte cose si realizzano simultaneamente e, di più, in
maniera correlativa. Mentre lo spazio liturgico si allarga e si organizza nell'architettura basilicale, la forma
della preghiera -eucaristica in particolare- lasciata fino allora a un certo grado di improvvisazione, si precisa
esistesse nei grandi tipi di anafore. La canonizzazione dell'espressione liturgica è evidentemente solidale, a
sua volta, di quella della fede nei grandi concili successivi che precisano all'ortodossia, come d'altronde
della struttura ministeriale della Chiesa e diviene negli stessi tempi più ferma più complessa: non c'è da
stupirsi che alla gerarchizzazione s'accompagni una ieratizzazione della pratica cultuale. Nell'assemblea i
ruoli si precisano e devono essere tenuti; gli stati di vita (clero, laici, vergini, monaci) si distinguono, e
devono essere individuabili. Lungi dall'offrire pretesti a una visione demagogica, il popolo di Dio appare
come popolo organico, non senza qualche influenza del modello che offrono la società civile e il decoro
aulico.

Per esprimere il bello e buono ordine dell'assemblea cristiana, i Padri di lingua greca (soprattutto tra loro
questa tematica è presente) usano ordinariamente i termini taxis, eutaxia e eucosmia. Le due famiglie
semantiche, quella di taxis e quella di kosmos, riprendono le nozioni fondamentali e strettamente vicine nel
pensiero greco. Di fatto, è nei termini di taxis e di Kosmos, opposti a ataxia, che Platone pensa le
realizzazioni analogiche del bene, nell'attività umana, nei corpi, nell'anima e nella società politica, come
risulta da un testo molto significativo del Gorgia. Nello stesso tempo, nel Timeo, la bontà di Dio si manifesta
nella sua azione coordinatrice che "prende il tutto visibile e lo conduce dal disordine all'ordine", per cui lui
"ritiene che questo sia meglio di quello". Ma oltre l'accezione logica e retorica (ordine dei discorsi, se
necessario anche agli occhi dei greci), l'accezione maggiore di taxis, arriva dall'ambito militare: significa
l'ordine di battaglia, il posto assegnato a ciascun soldato, dei corpi della truppa. L’eutaxia designa il buono
stato degli eserciti, dei cavalli e la disciplina militare. Quanto alla eukosmia designa il buon ordine, la buona
condotta morale di quelli che beneficiano della paideia; Platone fa della eukosmia la sostanza e il termine
dell'educazione del suo programma, che combina l'insegnamento della grammatica da quella della Citaristi.
In breve, attorno a questa mozione d'ordine sembra cristallizzarsi tutto un ideale dalle manifestazioni
polimorfe, alla fede pratica, morale, estetica, spirituale, subisce le variazioni, in un senso quasi musicale, nel
corso di un'antichità plurisecolare nonché plurale.

Fatto rimarcabile, tutto questo vocabolario è ben rappresentato nella Bibbia greca; indica, senza dubbio,
che l'ordine è fatto oggetto di una preoccupazione costante multiforme del mondo ellenistico, che tratta di
retorica, di logistica, di politica e di euritmia morale. Taxis ha un'accezione gerarchica e sacerdotale in Sal
109,4 dove la parola traduce l'ebraico dibrah (secondo l'ordine di Melchisedec); ma è decisamente il senso
militare quello che si impone, in particolare nei Maccabei che totalizzano un numero importante di
referenze. Militare è ugualmente il senso che traduce l'ebraico degel, stendardo, in Nb 2,2. In 2Mac 4,37,
eutaxia, unito a sotrosine, significa la moderazione come virtù morale, mentre in 3M significa l'ordine del
Tempio. Il verbo eukosmein appare, con un significato politico, in un'evocazione elogio del Senato romano
in 1M 8,15; la connotazione liturgica di eukosmia è evidente in quella di Aronne, in Sir 45,7.

Se passiamo al nuovo testamento, ritroviamo taxis e altre parole della stessa famiglia. È in un quadro
sacerdotale e liturgico che taxis appare con il senso di "classe", in LC 1,8; si riferisce in Paolo essenzialmente
al buon ordine nella comunità cristiana, nella sua dimensione morale senza peccato ma anche nella sua
dimensione liturgica, per il riferimento alla preghiera del pasto del signore che ne offre la manifestazione
più ovvia. "Mi rallegro a causa del bell'ordine (taxis) che regna presso di voi e della solidità della vostra fede
in Cristo" (Col 2,5). Se l'aggettivo ataktos e l'avverbio ataktos rinviano al "disordine" della condotta
individuale e alla mancanza di disciplina comunitaria, possiamo osservare che, da un punto di vista tematico
ancor più che lessicale, la nozione d'ordine appare strutturale nella prima lettera ai Corinzi: nel capitolo 11
in effetti, si parla del rapporto gerarchico che unisce l'uomo alla donna, per il buono svolgimento del pasto
del Signore; al capitolo 12, c'è l'apologia dei membri del corpo che formano un tutto organico; a capitolo
13, c'è la dimostrazione della superiorità dell'agape nella gerarchia dei carismi; dal punto di vista pratico, il
capitolo 14 stigmatizza la deriva anarchica che minaccia l'espressione comunitaria di questi carismi,
opponendo l'edificazione come quello che questa espressione al contrario cerca costantemente.
L'ouverture del capitolo per quanto riguarda la liturgia è evidente e Paolo riferisce tutte le sue
argomentazioni a una regola d'oro che si erige veramente come principio teologico: "Dio non è un dio di
divisione, ma un dio di pace". È il mondo della resurrezione che, nel capitolo 15, appare finalmente lui
stesso come ordinato, poiché pure, alla sequela di Cristo, “ciascuno resuscita nel suo ordine”.

La preoccupazione dell'ordine che i Padri manifestano nei riguardi della celebrazione liturgica e della
predicazione che svolgono a questo riguardo si radicano in un dato culturale del civiltà ellenistica e nella
parenesi paolina che possiede evidentemente un carattere esemplare. Abbiamo già sottolineato
ampiamente l'aspetto militare della nozione. Tutto ciò che i Padri dicono riguardo l’oggetto molto
particolare dell'ordine nell'assemblea cristiana partecipa incontestabilmente dell’ importanza che riveste la
metafora militare, in generale, nella loro riflessione teologica, spirituale e sacramentale. La celebrazione
liturgica è un marcatore privilegiato della condizione cristiana come militia Dei ed è alla festa pasquale, non
a un combattimento di morte, che invita la tromba della Chiesa. La milizia, mostrata poco prima dai martiri,
sembra aver scoperto lì, per i tempi di pace acquisiti in cui la Chiesa entrata, un nuovo teatro d'operazione
e di dimostrazione.

Conviene cominciare l'analisi dei testi di dalle Costituzioni apostoliche, in ragione del loro carattere
normativo e legislativo che si fa indirettamente eco di una pratica ben concreta. All'occorrenza non sarà
una metafora militare che noi metteremo in opera nel discorso indirizzato qui al vescovo, ma una metafora
nautica, come arriva coralmente dai Padri, tenendo conto dell'importanza della navigazione e del
commercio marittimo nel mondo mediterraneo di quell'epoca, metafora che sappiamo quale parte
ecclesiologica ha avuto sull’ambiente:

Quando tu riunisci la Chiesa di Dio, esigi, come il pilota di una grande nave, che le assemblee si tengano con
grande disciplina, e comanda ai diaconi, come a dei marinari, di assegnare il loro posto ai fratelli, come dei
passeggeri, con grande cura dignità […]. Loro (i diaconi) garantiranno che i laici si siedono dall'altra parte con
grande disciplina e calma, le donne a parte.

La presenza effettiva di un'assemblea non è abbastanza: il fatto di tenerla, se non contenerla, e confermarla
costituisce un preliminare indispensabile dell'azione liturgica, nonostante il rigore dell'ordine, sul modo
dinamico del viaggio. La separazione degli uomini e delle donne conviene a quest'epoca come una regola
che resterà anche nella mentalità parrocchiale. Resta che il buon ordine non è immobilismo e che la liturgia
dell'epoca si fa spesso processionale: la disciplina caratterizzerà dunque anche i movimenti dell’assemblea,
soprattutto quelli della comunione eucaristica:

poi avrà luogo il sacrificio; tutto il popolo starà in piedi e pregherà in tranquillità. Quando l'oblazione sarà
stata fatta, ciascun gruppo separatamente si comunicherà al corpo del Signore e al prezioso sangue con
ordine, rispetto e pietà, come ci si avvicina al corpo di un re.
Lo stesso senso della disciplina si fonda, in ultima analisi, sulla convinzione ecclesiologica estremamente
ferma che, da un punto di vista ministeriale, un posto ben preciso è stato riservato a ciascuno, non per il
capriccio di un'autorità umana, ma per l'istituzione positiva di Dio. La chiarezza con la quale è messo in
opera il dramma liturgico, in cui ciascuno fa i suoi propri atti, rivela di conseguenza immediatamente
percepibile l’ordo ecclesiasticus, ormai fortemente gerarchizzato, a tal punto da dare il via a tutta la
speculazione neoplatonica e mistagogica di uno Pseudo-Dionigi (gerarchia ecclesiastica). L'ordine
cerimoniale non è altra cosa che l'ordine stesso messo in azione, per così dire, l'ordine come stato e
costituzione sacramentale della Chiesa. E naturalmente, per gli uomini del quarto e quinto secolo, questa
visione ecclesiologica si alimenta, o piuttosto si sostiene di una visione cosmologica: quella di un universo
ordinato in cui ciascun elemento, ciascuna essenza, esegue il ruolo che le è stato provvidenzialmente
segnato. Durante la liturgia, specchio attivo della Chiesa, e anche dalla creazione, il microcosmo
dell'assemblea cristiana manifesta il macrocosmo, di cui ella costituisce l'Epifania. Le costituzioni
apostoliche, di nuovo, riflettono bene la coerenza di una tale concezione, in una sezione del libro ottavo
dove si dice l'importanza, tanto dal punto di vista liturgico che dal punto di vista disciplinare:

tutti in comune noi prescriviamo questo punto. Che ciascuno resti nel rango che gli è stato assegnato, senza
sorpassare i limiti, in quanto questo non viene da noi ma da Dio […] Quanto le creature inanimate osservano il
buon ordine, come la notte, il giorno, il sole, la luna, le stelle, gli elementi, le stagioni, i mesi, le settimane, i
giorni, le ore, assicurano il loro servizio secondo le disposizioni previste, tanto più non dovete permettervi di
uscire dall'ordine che noi abbiamo fissato secondo la volontà di Dio! Se non avessimo legislazione, né
distinzione di ordini, avremmo dovuto raggrupparci tutti sotto una sola denominazione; ma istruiti dal Signore
della gerarchia delle funzioni, noi abbiamo attribuito i vescovi quella del pontificato, ai presbiteri quella del
sacerdozio e ai diaconi, a servizio delle due funzioni precedenti, per cui il culto è celebrato correttamente.

Basilio di Cesarea si mostra in consonanza con le Costituzioni in un passaggio disciplinare del suo trattato
Sul battesimo dove, sulla base dell'apologia del corpo e delle membra in Romani 12, mette in guardia
contro la confusione dei ministeri, il reciproco sconfinamento delle funzioni e una certa anarchia di pretese
o di fatto (la parola liturgia, con il suo senso ministeriale, appare qui esplicitamente):

non c'è una ragione per cui noi abbiamo inteso queste parole del profeta: "Voi sarete chiamati sacerdoti di
Dio", per arrogarci tutti loro il potere di esercitare tale sacerdozio o tale liturgia; non è nel potere di uno di
prendere per lui la grazia donata all'altro, ma ciascun fedele dimora nei limiti propri del dono di Dio, come
l'apostolo ci insegna. Da una parte, in effetti, rivolgendosi a tutti dice: "vi esorto, fratelli, per la misericordia di
Dio, a offrire i vostri corpi come vittima vivente, santa, accetta a Dio", d'altra parte, rivolgendosi a ciascuno in
particolare, distingue chiaramente la liturgia che conviene a ciascun fedele che vieta mettersi in un posto che
non è il suo. Di più, ispirandosi al buon ordine che mantiene le parti del nostro corpo unite le une alle altre
per assicurarci un bell'aspetto e sicurezza, regola tra noi il buon ordine che piace a Dio nell'amore di Gesù
Cristo e che si applica le nostre relazioni gli uni con gli altri nella diversità dei nostri carismi.

L'espressione "il buon ordine che piace a Dio nell'amore di Gesù Cristo" è caratteristica, non mancheremo
di notarlo nel passaggio, della fraseologia comune della spiritualità basiliana; facendo dell'agape la chiave di
volta, Basilio riequilibra la prospettiva strettamente ministeriale gerarchica, e tempera quanto potrebbe
avere di troppo rigido. La natura dell'ordine predicato e promosso non è dunque semplicemente una
tattica: contribuisce lui stesso alla costruzione del corpo ecclesiale nella carità tanto quanto lo rende
sensibilmente percepibile, poiché inoltre, per Basilio, la bellezza stessa consiste nell'ordine delle parti e
nell'ordinazione dell’insieme a un fine. Al di là di una semplice moda che potrebbe alimentare il terreno
intellettuale ordinario del loro pensiero, di conseguenza - ne dice l'importanza del principio dell'ordine nella
cosmologia stoica, nel principio gerarchico nel neoplatonismo -, è di un dato teologico che si parla per i
Padri, di un dato strutturale della fede della vita cristiana: il sacerdozio battesimale comune, il sacerdozio
ministeriale e la loro mutua articolazione.

Resta che la visione fermamente sacerdotale che emerge dai testi, con la distinzione molto marcata tra
clero e laici che comporta, genera naturalmente una certa maniera di considerare l'assemblea in se stessa e
nella sua partecipazione alla liturgia. Senza essere sacramentalmente ordinato, il popolo cristiano si trova
avvolto in una concezione ordinante. La celebrazione deve dare il posto e farlo apparire come popolo in
ordine. Di fatto, è questo spettacolo che, oltre al fatto del semplice radunarsi, suscita la meraviglia dei Padri
che ciò che propongono eventualmente all'ammirazione di quelli di fuori. Ecco lo schema che Cirillo di
Gerusalemme indirizza all'attenzione dei candidati al battesimo i quali non hanno ancora delle cose della
vita cristiana che una conoscenza tutta esteriore:

tu sei entrato; tu sei stato giudicato degno (di ricevere il battesimo); il tuo nome è stato scritto. Guarda che
spettacolo splendido che offre la costituzione della Chiesa! Considera che ordine e che disciplina! La lettura
delle scritture, la presenza delle classi scritte nel canone, il carattere soave dell'insegnamento! Sii
impressionato per il luogo e istruisciti di tutto ciò che si mostra te!

Si noti nell'ultimo testo la messa in rapporto di differenti realtà dove si manifesta l'organizzazione-
l'organicità cristiana: quella dello spazio, quella del tempo, quella del "personale" ecclesiastico, quella della
parola dispensata. Come la liturgia che è in effetti il suo ambito originario, la catechesi, regolata sulle
articolazioni del simbolo della fede, si presenta anche lei come un insieme costruito. In breve, c'è un
discorso molto vicino a quello di Cirillo che Gregorio di Nazianzo lascia nei suoi discorsi d’addio:

leva gli occhi attorno a te e guarda, a verifica delle mie dichiarazioni, chiunque tu sia. Vidi questa corona
intrecciata di gloria al posto dei mercenari di Efraim e della loro corona d'insolenza. Vedi il collegio dei preti
adornati di capelli bianchi e d'intelligenza, il buon ordine dei diaconi che non sono lontani dall'aver ricevuto lo
stesso spirito, la buona ordinazione dei lettori, l'ardore del popolo per istruirsi, altrettanto buono presso gli
uomini che presso le donne, che meritano lo stesso onore nel dominio della virtù.

Si ricorderà che la nozione d'ordine è fondamentale in tutti gli ambiti nel pensiero del Nazianzeno, al punto
che lui ha prodotto un discorso intero dove, per giustificare il fatto che nessuno può parlare delle cose di
Dio a vanvera, porta la sua dimostrazione sull'onnipotenza dell'ordine nell’universo. Quanto al bell'ordine
ecclesiastico vantato nel passaggio che noi veniamo a citare, Gregorio suggerisce un po' più avanti che lui
ha personalmente contribuito e che questo è in parte opera della sua parola segnata da amore e da
moderazione: il pastore-oratore è raccomandato come il principio attivo del eukosmia. Si noterà che
l'immagine della corona, che qui serve a evocare l'assemblea cristiana nel suo ritrovarsi festivo, è
particolarmente frequente presso Efrem di Nisibi che ne precisa la composizione in un inno pasquale piena
di freschezza:

che il grande pastore intreccia


come dei fiori le sue omelie,
i preti il loro pareggi molto belli,
i diaconi le loro proclamazioni, i giovani il loro alleluia,
i bambini piccoli le loro canzoni,
le vere genitori nonni ritmati,
i notabili le loro beneficenze
e la gente comune le loro vite:
i nostri meriti, lui (il Cristo) li moltiplica!
Ciò che rallegra la vista di Giovanni Crisostomo infine, non è solamente l'ampiezza della folla che accorre
alla liturgia, ma il bell'ordine che fornisce un indice della sua maturità cristiana e spirituale.
C’è un dominio, in tutti i casi, nel quale la sensibilità dei Padri all'ordine si rivela particolarmente acuta:
quello della salmodia e del canto che rappresenta, di fatto, un elemento considerevole nella parte che
l'assemblea prende all'azione liturgica. L'armonia, traccia divina nell'universo, è la faccia estetica
dell'ordine, tanto quanto tutto il suo risultato, e se pastori sono così attenti a garantire concretamente
questo nell'ordinario dei tempi è in definitiva per permettere a quello di manifestarsi all'intimo degli esseri.
Gregorio di Nissa, organizzatore dei funerali di sua sorella Macrina, racconta come si è preso cura di
seguirne lui stesso l'assistenza, non solamente sul criterio di una divisione dei sessi, ma secondo un
progetto tutto acustico e musicale:

io separai, nel popolo che affluiva, gli uomini e le donne, unendo la moltitudine delle donne al coro delle
vergini e la folla degli uomini al gruppo dei monaci, e feci in modo che la salmodia che proveniva dagli uni e
dagli altri fosse unica, ben ritmata e armoniosa, come nel canto di un coro, perfettamente omogeneo grazie
alla melodia comune a tutti.

Traduzione più immediata dell'ordine realizzato in seno all'assemblea celebrante, l'armonia del canto
possiede un valore di "sacramento cosmologico"; un significato ecclesiologico ed una efficacia ecclesiale
inestimabile, cui torneremo più avanti. È in questa prospettiva che Giovanni Crisostomo, commentando il
Salmo 65,1, vieta tra l’altro l’ataxia, l'anarchia vocale:

ma, dicono, è attraverso il rumore che il profeta suggerisce di esprimere la dossologia: gridate al signore,
tutta la terra! Noi non più, non è questo rumore che noi vietiamo, ma il grido che non significa niente; non la
voce di lode, ma la voce del disordine, le rivalità reciproche, le braccia che si levano in aria invano e a caso, i
piedi che scalpitano, le maniere disordinate e appariscenti, e tutte quelle cose infantili di quelli che passano il
loro tempo nei teatri e negli ippodromi.

Dalla sua parte, al termine di un'evocazione lirica del mare nella quarta omelia su l’Hexaemeron, Basilio
paragona al rumore cadenzato dei flutti il mormorio regolare che si eleva dall'assemblea in preghiera e si
felicita del suo bel vestito; noi troviamo qui l’eutaxia con la sua doppia modalità, musicale ed ecclesiale:

se il mare è bello e merita le lodi divine, altrettanto non c'è nulla di più bello della riunione di questa
assemblea, dove il rumore coinvolto delle voci è come il mare che si infrange sulla riva: voci di uomini, di
donne e di bambini, si levano per mezzo delle preghiere che noi indirizziamo a Dio! Meritate dunque
l'approvazione del Signore, mantenendo meglio che potete questo bell'ordine, in Gesù Cristo, nostro Signore.

Ordo, dispositio, modus: queste nozioni che Agostino non cesserà di elencare, non trovano proprio nel
discorso della musica il loro sito originale e del resto non è da lì che lui stesso ne comincia
l'approfondimento? Lui ha la convinzione che esse toccano il mistero più intimo di Dio dell'universo.
Divenuto manifesto attraverso il canto dell'assemblea, l'ordine liturgico è per conseguenza lontano
dall'essere accessorio: relativo a questo doppio mistero e ordinato alla comunione escatologica, la quale si
intrattiene della diversità stessa di quelli che lei adatta gli uni agli altri, ha valore di agente efficace tanto
quanto di epifania. Come la musica che essa mette ordinariamente in gioco, la liturgia è in definitiva una
disciplina, uno strumento e un apprendistato di ecclesialità, un'ascesa spirituale che conduce a Dio, Misura
suprema. Qui si rivela decisamente l’adpetitus ordinis; ora questo appetito è aumentato non dalla mania,
ma dlla tendenza naturale di tutti gli esseri creati.

Questa disciplina è così concreta che pastoralmente i Padri hanno dovuto realizzarla e intrattenerla. Essa
riguarda tutto il luogo della celebrazione che non può essere né indifferente né profano: nel 341 il sinodo di
Gangres, nel suo sesto canone, aveva condannato coloro che celebravano i misteri divini al di fuori dei
luoghi designati ufficialmente per il culto, decisione di cui Basilio si fa eco nel suo trattato Sul battesimo,
rivolgendosi al clero:
quanto noi, siamo assicurati che il comandamento (che riguarda l'offerta, Gen 4,7) è in pericolo per la
violazione del luogo, principalmente se celebriamo i misteri sacerdotali in luoghi profani, perché una tale
azione indica disprezzo da parte del celebrante, e di più essa scandalizza in molte maniere, che colpiscono
l'uno in un modo, l'altro in un altro.

La disciplina riguarda l'ambiente generale dell'atto liturgico, suscettibile di certe derive, perché, in un
mondo ancora spontaneamente molto pagano, può diventare pretesto per scivolamenti di bassa lega. In
Africa per esempio, come attesta più volte la sua corrispondenza, Agostino deve lottare contro la pratica
delle laetitae, festini e si svolgevano nei cimiteri, oppure nelle chiese, per celebrare la memoria dei martiri.
Oltre la licenziosità e le degenerazioni mondane, il bell'ordine proibisce la mancanza di discrezione negli
abiti e l'insolenza dei vestiti, femminili in particolare. È un topos omiletico favorito di Giovanni Crisostomo,
nella tradizione degli scritti neotestamentari (1Tm 2,9-15; 1Pt 3,3-4) e di Clemente di Alessandria:

è conveniente e salutare astenersi totalmente dai trucchi. Se loro si rifiutano, che se ne astengano almeno
quando si recano alla casa della preghiera. Perché, in effetti, dimmi, quando vai alla Chiesa, fare tutto questo?
Sarà che reclama questo genere di bellezza quello che ci viene a pregare e a cui vai a confessare i tuoi
peccati? È la bellezza interiore che lui cerca, la pratica delle buone opere, l'elemosina, la temperanza, la
compunzione, la fede rigorosa. Ma tu, tu fai meno di tutto questo e chi ingegna fare inciampare un gran
numero di spensierati, e all'interno della Chiesa stessa! Tu vieni al porto per preparare te stessa il naufragio;
tu vieni verso la medicina per farti curare le tue ferite e tu le aggravi, e torni indietro!

Il bell'ordine dell'assemblea liturgica non consiste allora solamente nell'epifania occasionale del suo
carattere organico e gerarchico, da un punto di vista collettivo; si realizza anche, dal punto di vista
individuale, dalla decenza profonda di ciascuno: l’eukosmia (armonia della struttura) è inseparabile dalla
eutaxia (rettitudine del comportamento), altrimenti detta la bellezza dell'ordine. Ma questa bellezza,
lontana dall'essere artificiale o prestata, emana tutta solamente dall'essere cristiano stesso, dall'essere
battesimale in ciò che ha di più naturale. In ciascuno di coloro che partecipano, è in definitiva l'immagine di
Dio come criterio radicale della bellezza che la liturgia mette in luce, affinché l'assemblea intera, composta
di tante immagini, abbia il dono di presentire l'essenziale bellezza di Dio.

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