La quinta puntata di Lessico Amoroso è dedicata a un tema
che va oltre la psicoanalisi, oltre l’Io, perché dilaga nei rapporti sociali e più in generale nelle dinamiche culturali proprie del mondo ‘occidentale’.
il suo titolo è ‘Violenza’. Una parola scomoda, gli scenari che
evoca sono diversi, come dimostra l’apertura della puntata che non poteva essere più significativa.
Come prima scena osserviamo una recita ovvero “Blondi (Il
cane di Hitler)”, e dietro le parole dell’attrice: immagini di quel padrone e del suo sottomesso, che gode nel sentirsi servo, che gode dell’obbedienza assoluta. Le donne di Hitler sono come Blondi.
Recalcati quindi ci sollecita, da subito, ad una riflessione: in
quanti rapporti umani, nella coppia in primis, la spinta appropriativa prevale? In quante relazioni, l’Altro diventa come la ‘roba’ di Mastro Don Gesualdo (o come la roba di Mazzarò, volendo restare nella metafora verghiana)? Ed ecco che Recalcati ci spiega che il discorso è in realtà più sottile di quanto sembri, perché il progetto amoroso non può non nutrirsi del desiderio di possesso: l’amante desidera l’Altro, ma non semplicemente il suo corpo, desidera la sua libertà. Il paradosso è evidente. Si può possedere una libertà? E tale libertà, in amore, può essere prigioniera? Come può essere libera una libertà prigioniera, avrebbe detto Sartre? Ebbene è quella libertà dell’Altro che sfugge all’Amato, e parafrasando Proust, Recalcati ci mostra come anche in un abbraccio qualcosa dell’amato scorra via con la velocità della luce.
L’amore crea mancanze, apre dei vuoti: è perché ti amo che
sento la tua mancanza. L’amore non chiude i vuoti, come la vulgata dell’amore spesso ci induce a credere, ma li genera perché la libertà dell’Altro è sempre sfuggente, sempre imprendibile. Questo vuoto crea ‘angoscia’, e la voce di tale angoscia spesso si tacita con la ‘violenza’. Per cancellare il vuoto, l’amato soffoca, cancella, sottomette la libertà dell’altro.
Da qui si dipana una riflessione dalla portata educativa
enorme, perché riguarda la nostra storia, la storia dell’Occidente, è memoria di ciò che è stato. Recalcati, col suo lessico cristallino, chiaro e limpido, ci parla dell’ideologia patriarcale che ha associato le donne alla libertà, all’imprevedibilità, all’imprendibilità anarchica intrinseca alla libertà, e che le ha considerate, per secoli, incarnazione del peccato, del sesso inteso come qualcosa di eretico. Recalcati evoca un passato di donne associate a Eva, la peccatrice per eccellenza, colei che infrange i divieti, colei che esercita la libertà di scelta. Donne figlie di Eva. La superbissima Eva, avrebbe detto Dante. La memoria va al Malleus Maleficarum, alla donna-strega, alla donna che non si lascia imbrigliare dalla legge.
Nella storia, nella nostra storia, spiega Recalcati, la donna ha
avuto una sola possibilità di riscatto: diventare come Maria Vergine, diventare la madre che nega la sua femminilità, la sua sessualità. Una donna monca, quindi, privata della sua natura. La donna o diventa Maria o è ‘puttana’. Di qui il diritto dell’uomo a giudicare, anche a ‘giustiziare’ la donna, a lapidare la puttana che non si lascia incatenare al ruolo di madre.
Dallo schermo a questo punto appaiono stralci dei Comizi
d’amore di Pasolini, un saggio eloquente della memoria del nostro Paese. Pasolini chiede a dei giovani calabresi cosa ne pensano del divorzio e questi giovani, col fare gradasso di chi si sente sostenuto dal gruppo, dichiarano che il divorzio non fa giustizia della mascolinità e che, se una donna tradisce, la si ammazza, altrimenti l’uomo resta ‘cornuto’.
L’uomo del patriarcato, ricorda Recalcati, ha crocifisso la
libertà della donna, ha negato la sua parola, come mostrano altre scene, questa volta di una fiction che ha avuto uno straordinario successo di pubblico: L’amica geniale (tratta dall’omonimo libro della Ferrante). La scena riprodotta è quella in cui Lila, l’amica geniale, la bambina ribelle che non si lascia piegare alla legge del rione, subisce la violenza di un ragazzino che vuole strapparle la lingua perché lei aveva osato, a scuola, essere più brava di suo fratello. Trafiggere la lingua con uno spillo, privare la donna della parola, della libertà della parola. L’ideologia del patriarcato è la brace che sottende a tutte le forme di violenza che si esercitano verso la libertà femminile, verso il diritto a non essere solo ‘Maria’.
Recalcati, a questo punto, apre un altro capitolo della sua
riflessione che lui stesso definisce più ‘scabroso’ e meno esplorato nei commenti ai fatti di cronaca che riguardano il femminicidio e la violenza. Il tema è quello del ‘rifiuto della femminilità’ nella vita inconscia della donna stessa. Il lessico psicoanalitico spiega che, se l’uomo riesce a trovare la sua identità nel fallo, nella ‘parata fallica’, la donna, essendo incarnazione dell’héteros, non può essere individuata in ‘una’ norma – neanche nel godimento sessuale – . Di conseguenza,accade che non è solo l’uomo a rifiutare la femminilità, ma anche la donna che, nella ricerca di una sua identità, può essere vittima di un’angoscia interiore, di un vuoto inconscio che sovente viene colmato da una pedagogia sadica, quella dell’uomo, del pedagogo violento, dell’uomo che vuole essere bussola della donna, ma che, in realtà, ne è carnefice. Splendida, a questo proposito, la clip dell’attore Mario Perrotta. Recalcati ci parla si donne che sentono il peso della loro intrinseca diversità, donne che non sono riuscite a incardinarsi nei contorni di ciò che loro stesse, che il partner o la società ha voluto disegnare per loro. Forse per la prima volta in tv, in una modalità diversa rispetto a quella cronachistica, oppure giudicante, oppure approssimativa, si parla di héteros, di diversità in termini nuovi.
Non c’è dubbio che l’operazione di Recalcati sia in qualche
modo una piccola rivoluzione perché,, nonostante non sia una lezione per esperti, nonostante l’ascoltatore inesperto ignori la differenza tra reale, immaginario e simbolico, Recalcatiriesce a portare in tv il codice linguistico psicoanalitico per guardare il mondo delle relazioni, il mondo dell’altro che è fuori di noi e dentro di noi.
In una realtà in cui le assolutizzazioni dicotomiche del lessico
social arrivano fino alla politica, in un mondo in cui se una cantante italiana – amata dai giovanissimi – si permette di pronunciare una frase di apertura ai diversi, allo straniero, viene perentoriamente lapidata con un “meglio se apri le gambe” (con uno stuolo di commenti che in qualche modo legittimano una tale frase), in un mondo in cui le etichette scientiste ingabbiano la persona in codici alienanti (penso al mondo della scuola in cui spesso se sei diverso rispetto ad una norma – qual è la norma? – sei da subito incasellato in una formula), in un mondo in cui la storia, la letteratura, la filosofia sembrano non servire più a niente, ecco, in un mondo così, Recalcati ci offre uno sguardo sulla famiglia, sull’amore, sulle relazioni e su noi stessi finalmente più profondo.
Il lessico psicoanalitico arriva a uno pubblico più vasto, la
psicoanalisi diventa finalmente uno scrigno che si apre e le lotte di quartiere degli addetti ai lavori – che sembrano essere più figlie ed espressione di sentimenti invidiosi che critiche oneste- fanno male alla necessità che oggi abbiamo di educarci ai sentimenti e al rispetto, come una magnifica Serena Dandini in chiusura della puntata sottolinea.