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S O M M A R I O

I N T R O D U Z I O N E

I • I L S U O N O
I.1 I L SUONO

I.2 ARMONIA NATURALE

I.3 I L TIMBRO

I.4 CONSONANZA E DISSONANZA


Consonanza d’ottava - Consonanza di quinta - Dissonanza del tritono

I.5 CARTA DELLE FREQUENZE

I.6 TAVOLA DELLE ARMONICHE

I.7 TEMPERAMENTO
Temperamento pitagorico - Temperamento zarliniano o naturale - Temperamento equabile

I.8 ANALISI DELL’OTTAVA

I I • I N T R O D U Z I O N E A L L A M U SICA
(ortografia)
II.1 I NTRODUZIONE
Accidenti

II.2 LE CHIAVI

II.3 CHIAVI SPECIALI


Batteria - Chitarra - Basso - Percussioni non intonate

II.4 SEGNI D’ESPRESSIONE


Legato - Staccato - Staccatissimo - Trillo - Acciaccatura - Arpeggio - Glissando - Mordenti - Gruppetto

II.5 ABBREVIAZIONI
Ripercussioni - Tremolando - Barra obliqua - Ritornello - Simile

I I I • I L TE M P O
III.1 DURATA DELLE NOTE
Legatura di valore - Punto semplice

III.2 TEMPO
Tempo assoluto - Tempo relativo - Swing

III.3 ARSI & TESI

III.4 ACCENTAZIONE
Naturale - Artificiale (accenti dinamici)

III.5 DINAMICA
Indicazioni dinamiche generali - Indicazioni dinamiche individuali

I
III.6 METRO
Tempi semplici - Tempi composti

III.7 GRUPPI I RREGOLARI


Terzine - Duine - Quintina - Settimina

III.8 GRUPPI COMPOSTI


Nonina - Quindicina - Pizza - Denominatori dispari - Polimetria - Multiritmia - Poliritmia - Texture - Multiritmia

III.9 FIGURAZIONI R ITMICHE


Sincope - Contrattempo - Raggruppamenti semplici
Relazioni in base a metro e raggruppamento - Raggruppamento di gruppi irregolari

I V • L’A RMONIA
IV.1 I NTRODUZIONE ALL’ARMONIA TONALE
Intervalli alle voci basse

IV.2 CONDOTTA DELLE PARTI


Moto delle parti - Ottave e quinte parallele - Garibaldi - Contrappunto

IV.3 CIRCOLO DELLE QUINTE

IV.4 I NTERVALLI
Intervallo melodico, armonico, ascendente, discendente, cromatico
diatonico, omologo, semplice e composto, rivoltato

IV.5 TAVOLA DEI R IVOLTI DEGLI I NTERVALLI

IV.6 TAVOLA DEGLI I NTERVALLI


Consonanza e dissonanza

IV.7 DEFINIZIONE DI ACCORDO

IV.8 GRADI E TONALITÀ


Maggiore - Minore naturale - Minore armonica - Minore melodica

IV.9 BUCHI E TONALITÀ

IV.10 ALTRE SCALE


Scala pentatonica di DO maggiore - Scala esatonale di DO - Scala maggiore armonica di DO
Scala minore di Bach - Scala minore napoletana di LA - Scala minore orientale

IV.11 ALCUNE CONSIDERAZIONI SULLE TRIADI


Funzioni - Posizione e stato delle triadi

IV.12 CIFRATURA

IV.13 I MODI
Ionico - Dorico - Frigio - Lidio - Misolidio - Eolio - Locrio
Scala Lidia 7b - Scala Lidia aumentata - Scala Superlocria

IV.14 LA PENTATONICA
Blue note - Scala blues - Abbinamenti maggiore e minore

IV.15 ACCORDI DI SETTIMA

IV.16 LA DOMINANTE
Sostituzione del tritono - Dominanti secondarie

IV.17 LA SENSIBILE
Sensibile come dominante

IV.18 E STENSIONE DELL’ACCORDO


Accordi di quarta, sesta, nona, undicesima, tredicesima - Armonizzazione a sette voci

II
IV.19 TAVOLA DEGLI ACCORDI
Accordi a tre, quattro, cinque, sei, sette voci

IV.20 VOICING
Voicing a parti strette - Voicing a parti late

IV.21 AMBIGUITÀ TONALE E MODALE

IV.22 CADENZE
Cadenza perfetta, plagale, imperfetta, sospesa, semiplagale, d’inganno, evitata

IV.23 NOTE E STRANEE ALL’ARMONIA


Note di passaggio, di volta - Elisione - Anticipazione - Appoggiatura - Pedale - Ritardi

IV.24 MODULAZIONE
Modulazione diretta - Modulazione indiretta

IV.25 I NTERSCAMBIO MODALE

IV.26 LA L INEA DI BASSO


Voci estreme - Walking bass - Basso albertino - Basso rock

V • LA MELODIA
V.1 LA MELODIA

V.2 I NTERVALLI
Note dell’armonia - Appoggiature, note di volta, anticipazioni - Ostinato (pedale)
Cromatismi - Andamento melodico

V.3 FLUSSO RITMICO

V.4 FORMA
Indebolimento della forma - Riff

V I • A P P R O F O N D I M E N T I
VI.1 ANALISI
Brano n°1 - Brano n°2 - Brano n°3 - Brano n°4

VI.2 DISSONANZE
Dissonanza armonica, ritmica, linguistica (licenza poetica), concettuale

VI.3 LA PARTITURA D’INSIEME


Colla parte - Basso numerato

VI.4 LA PARTITURA ALEATORIA

VI.5 ARRANGIAMENTO

VI.6 STILEMI

III
A T E S T I C O N S I G L I A T I
B O P E R E C I T A T E
C I N D I C E D E I N O M I

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Alessandro Miani – REGOLE PER GIOCARE CON LA M USICA

I NTRODUZIONE

REGOLE PER GIOCARE CON LA MUSICA è rivolto ad un pubblico senza grandi


basi teoriche, e nemmeno pretese; non è un percorso di studi avanzato, ma nemmeno
per principianti, a metà strada tra un saggio ed un manuale; diciamo che si potrebbe
utilizzare come testo iniziale tralasciando molte parti, per poi approfondirle più avanti,
magari su testi più specifici.
Scopo principale del testo, è rendere il (futuro) musicista consapevole del suo operato,
esporgli più vie possibili per la realizzazione di un brano musicale, un arrangiamento,
insomma… per giocare con la musica.
Questo si propone appunto come il regolamento del gioco della musica.
Può rivelarsi inoltre utile anche ai soli esecutori che grazie alla teoria potranno
fissare più facilmente nella memoria ciò che il compositore aveva in mente ripercorrendo
più o meno la sua fase compositiva. È anche per questo motivo che mi sono dilungato
parecchio sull’analisi; essa ci permette di capire, almeno in minima parte, l’iter
compositivo di un autore.
In poche parole, la teoria serve ad ottenere buoni risultati senza grandi perdite di
tempo.
Esempio stupido:
dobbiamo improvvisare su una base.
Conoscendo il percorso armonico (ed ovviamente la tonalità) suoneremo fin da subito
le note “giuste”. Non avendo invece il concetto di tonalità in testa, dovremo allora
selezionare in tempo reale1 le note che suonano bene insieme, con il rischio di incappare
in non poche stonature e la conseguente mancanza di sicurezza. Esempio estremo di
una completa sicurezza teorica la abbiamo con Beethoven, che scrisse la “nona”
completamente sordo.
Appurato che la teoria musicale è necessaria, ora bisogna fare un ulteriore
distinzione: autodidatta o non?

L’autodidatta conquista.
Il didatta impara.

Semplicemente perché l’autodidatta si sceglie il suo piano di studi, con costante


interesse (ed una naturale selezione tra chi è motivato e chi no) semplicemente per il
fatto che si impara giocando, a dispetto di chi impara studiando! Se si ottengono
risultati, se si è soddisfatti, si continua, altrimenti si lascia stare; nessuno ci obbliga , e
non dobbiamo render conto a nessuno se non a noi stessi.
Ed è con grande soddisfazione che l’autodidatta farà diventare propria la sua
scoperta, e la custodirà gelosamente per sé, insomma… se l’è guadagnata! Parte
integrante del suo percorso di studi sarà l’errore, l’errore che ci aiuta a fissare nella
memoria, quello costruttivo. Come la critica: una buona critica costruttiva (ovviamente
con tanto di motivazioni) non fa mai male, anzi, ci pone nell’ottica di un costante
miglioramento.

1 Selezionare in tempo reale: un modo carino per dire “cercare”.

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Indirizzandomi principalmente all’autodidatta, con questo lavoro cerco di mettere
tanta “carne al fuoco”, accennando per esempio all’armonia cl assica e quindi alla
cifratura, ai voicings tipici del jazz, alle armonie rock, agli stilemi, senza fare alcuna
distinzione tra musica colta e musica triviale, cercando di indirizzare il lettore ad un
ascolto il meno possibile settoriale. Penso che il musicista non debba avere vincoli. Per
poter comporre, ma anche suonare, deve essere padrone di un vocabolario molto ampio,
che gli permetta di trovare le parole giuste al momento giusto.
Sono consapevole che molti dei temi trattati non verranno nemmeno presi in
considerazione, ma ci sono, ed esistono, almeno si prende conoscenza della loro
esistenza e chi vorrà potrà approfondirli in altre sedi.
Cerco dunque di non limitarmi nella quantità degli argomenti, ne consegue che molti
saranno trattati molto superficialmente, tuttavia grazie agli esempi musicali sarà il
lettore (mi auguro curioso) in grado di sceglierli e approfondirli.
È importante dunque lo studio, sia quello tecnico che quello teorico, ma più di tutto
è importante l’ascolto; per questo motivo al libro viene allegato un CD con tutti gli
esempi musicali.

Ci possono essere due diversi approcci al manuale:


- prima di tutti la lettura aiutata dall’ascolto
- poi nessuno nega che l’ascolto domini sulla lettura, e, trovando qualcosa
di utile si andranno poi a sfogliare le parti interessate.

STUDIARE O NON STUDIARE??

Sfatiamo il mito del musicista preparato2, l’unica differenza fra il “colto” e il “non
colto” è che il primo molte strade le ha già percorse, di conseguenza arriva prima di
quello che agisce d’istinto, aiutato da semplici ragionamenti.
Il musicista che sfrutta solamente l’orecchio andrà avanti per tentativi, fino a
quando il suo orecchio sarà soddisfatto.
Detta in poche parole, chi studia si può aiutare con la mente attraverso ragionamenti
e procedimenti già assimilati, ma soprattutto si può aiutare con la vista, quest è
davvero molto importante: ciò che sfugge all’orecchio può essere notato nella partitura.
Indubbiamente, procedere a tentativi, è molto più lungo, e più stressante, ma chi dice
che inconsapevolmente questo metodo non lo porti a trovare soluzioni più originali di
chi ha studiato? Non si può negare infatti, che il musicista senza teoria, azzarderà
più di quello preparato, qualunque cosa egli faccia, gli costerà sempre la stessa fatica.
Mentre il secondo attinge dalle sue conoscenze, il primo, non avendone, non avrà alcun
vincolo compositivo, sarà istintivo ed utilizzerà la memoria legata all’ascolto delle opere
dei maestri, quindi l’orecchio.

Ribadisco però, che la musica è un linguaggio, e come tale, per utilizzarlo bisogna
conoscere le parole ed il modo di legarle insieme. Solo attraverso queste conoscenze si
potrà formulare un discorso di senso compiuto con un inizio ed una fine, ma
soprattutto con un messaggio. È possibile anche unire delle parole che insieme suonano
bene, ma costruire un discorso è ben lontano dal fare un collage.
Il musicista preparato insomma, sa da dove parte e dove arriverà; ha piena coscienza
del suo operato.

Non c’è cosa peggiore però, del musicista (forse è meglio utilizzare strumentista) che
ostenta la propria bravura gratuitamente; potrei elencare una miriade di gruppi/solisti,

2 Jimi Hendrix, non aveva nozioni di armonia, eppure…

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Alessandro Miani – REGOLE PER GIOCARE CON LA M USICA

che arrivati ad un ottimo livello tecnico mettono in secondo piano (e a volte trascurano
completamente) il fine ultimo della musica, e cioè COMUNICARE. La tecnica nel
proprio strumento è indispensabile, ma penso che vada utilizzata al servizio
dell’espressione (il musicista tecnicamente preparato non avrà vincoli nel comporre, in
quanto sarà in grado di suonare tranquillamente tutto quello che scrive)3.
È una banalità, ma così banale, che nessuno vuole essere più banale!
E come si può fare a non cadere nel vizioso circolo del virtuosismo fine a se stesso?
Semplicemente ascoltando ascoltando e ascoltando, cercando di capire e riprodurre.
Solo così si amplierà il proprio vocabolario e potremo dire molte più cose, ma
soprattutto sensate. Ed è sempre grazie all’ascolto che ci si costruisce un proprio
linguaggio, un proprio modo del tutto personale di comunicare.

Come potremmo ammirare e contemplare la bellezza della basilica di San Pietro se


non avessimo le conoscenze e un minimo di sensibilità?
Che differenza passa fra San Pietro e la chiesetta di paese per un bambino di otto
anni? Forse nessuna, magari si sentirà più a suo agio nella chiesetta, o magari
rimarrà incantato dalla basilica, ma cosa potrà dire?

“Bella”

Questo bambino, che a otto anni non ha ancora maturato la propria sensibilità,
forse apprezzerà S. Pietro, ma non se lo saprà spiegare, e soprattutto non avrà le
parole per dirci quello che prova. Questo bambino infatti, ha un vocabolario molto
ridotto ed utilizza parole molto vaghe.
Tornato a casa, magari noterà che la sua chiesetta è più piccola, che il suono al suo
interno dura di più, che è meno decorata (meno barocca insomma!). Questa è
un’esperienza che il nostro bambino ha maturato, e la porterà sempre con se nella sua
biblioteca cerebrale pronta per qualsiasi consultazione.

Ma cosa c’entra San Pietro con un libro di teoria musicale??

Serve a ribadire che quello che leggerete ha il solo scopo di incuriosire, di porsi il
perché su qualunque cosa si ascolti, ma soprattutto invita a non farsi pregiudizi
musicali. Ammetto però, che nessuno di noi è immune al pregiudizio, c’è chi lo è di più
e chi meno; un modo per alleviare il flagello, è quello di ascoltare più musica possibile,
con un orecchio critico ed analitico, andando a trovare pregi e difetti (sicuramente
personali), utili a creare una nostra e personale sensibilità artistica.

3Steve Vai fa al caso nostro. La sua preparazione tecnica gli consente di sviluppare qualsiasi pensiero
musicale, uscendo così dal classico chitarrismo a pattern.

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I • I L S U O N O

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Alessandro Miani – REGOLE PER GIOCARE CON LA M USICA

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1.1 IL S UONO .

Il suono è un’onda che si propaga.


Disegniamo un suono:

Lo chiameremo tono puro, in quanto è la più semplice parte del suono, è una sinusoide. La
somma di più toni puri dà origine ad un suono complesso.
In natura i toni puri non esistono, tutti i suoni che ascoltiamo sono somme di toni puri,
tuttavia, grazie al sintetizzatore, è possibile crearli artificialmente; facendo vibrare una corda,
otteniamo una serie infinita (almeno in teoria) di onde sinusoidali, tutte multiple della prima,
e che chiameremo ARMONICHE.
Vediamo che cos’è un’onda:

L’orecchio umano percepisce frequenze che oscillano tra i 20 e 20.000 cicli al secondo4,
capiamo quindi, che un’onda che compie 10 cicli al secondo, non riusciremo a percepirla,
stesso discorso per una che ne compie 30.000.
Sopra è disegnata una sinusoide, sotto invece, tre sinusoidi e la loro somma; anticipiamo
che potrebbe essere la rappresentazione delle prime tre armoniche di un suono complesso.

f (frequenza)

2f

3f

f + 2f + 3f

4 La quantità di cicli al secondo la chiameremo Hertz (Hz); per frequenze al di sopra dei 1.000 Hz useremo il prefisso K (kilo).

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Alessandro Miani – REGOLE PER GIOCARE CON LA M USICA

I.2 ARMONIA N ATURALE .

Era noto già ai greci che in una corda, l’intonazione è direttamente proporzionale alla
lunghezza ed avevano espresso tali rapporti in frazioni.
Pitagora ad esempio, attraverso un ponticello mobile, è riuscito a trovare i rapporti tra le
varie intonazioni e le diverse misure della corda vibrante5 , scoprendo ad esempio che
mettendolo a metà, la corda avrebbe suonato un’ottava sopra; ad un terzo, un’ottava più
una quinta e così via.

Qui sotto mostriamo la serie delle armoniche generate da una corda in vibrazione,
intonata a 110Hz (LA2)6.

Diciamo ora che la serie delle armoniche è direttamente proporzionale alla porzione di
corda. La corda a vuoto equivale alla prima armonica, premuta a metà della sua lunghezza
equivale alla seconda, ad un terzo alla terza, e così via.
Porzione di
1/1 1/2 1/3 1/4 1/5 1/6 1/7 1/8 1/9 1/10 1/11 1/12 1/13
corda
Armonico
1° 2° 3° 4° 5° 6° 7° 8° 9° 10° 11° 12° 13°
equivalente
Hertz 110 220 330 440 550 660 770 880 990 1100 1210 1320 1430

Trovato il rapporto matematico tra la fondamentale e la sua quinta, andiamo a pescare il


DO 8, procedendo per quinte e partendo dal DO 1:

5 La lunghezza della corda vibrante viene chiamata diapason.


6 Il numero arabo che segue la nota indica l’ottava di appartenenza. Il DO 4 è il tasto centrale del pianoforte, il LA4 è il famoso LA del
diapason a 440Hz. Consiglio comunque di dare un occhiata alla carta delle frequenze.

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• sappiamo che la terza armonica sommata alla prima formano un intervallo
di quinta giusta (3f), ma all’ottava superiore, quindi se la vogliamo sulla stessa
ottava, dovremo dimezzare tale frequenza7.

Quindi: 3/2 dalla fondamentale (DO) per trovare la prima quinta (SOL)
(3/2) 2 dalla fondamentale per trovare la seconda quinta (RE) [3/2 x 3/2]
(3/2) 3 dalla fondamentale per trovare la terza quinta (LA) [3/2 x 3/2 x 3/2]
ecc…
fino ad arrivare al SI#, cioè il DO

Per trovare il DO 8 dobbiamo moltiplicare il DO 1 per (3/2) 12


quindi:

32,70 Hz X (3/2)12 = 4.242,7 Hz

Facciamo lo stesso con gli intervalli d’ottava: partiremo sempre da DO 1 e arriveremo a


DO 8:

32,70 Hz X 2 8 = 4.185,6 Hz

Il 27 (128) ottenuto sovrapponendo le ottave, è inferiore al (3/2)12 (129,746) ottenuto


dalla sovrapposizione di quinte.
Quale dei due DO sarà giusto?! Ammesso che ci sia un giusto o sbagliato.
Questo dubbio è utile per capire che il nostro sistema musicale (temperamento equabile)
è un compromesso.

7 Se per alzare di un’ottava raddoppieremo f, per abbassare dimezzeremo.

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Alessandro Miani – REGOLE PER GIOCARE CON LA M USICA

Col sistema delle quinte ascendenti Pitagora troverà i sette gradi che noi tuttora
utilizziamo, se avesse continuato (come abbiamo fatto nell’esempio sopra) avrebbe trovato
la spirale delle quinte.
Il temperamento equabile, riuscirà a chiudere il cerchio delle quinte.

Quinte Naturali Quinte del temperamento equabile

Torniamo alla serie delle armoniche, abbiamo detto che facendo vibrare una corda (ma il
fenomeno accade in qualsiasi suono intonato) si genera una frequenza fondamentale (f1),
assieme alla quale altre frequenze multiple (f1, f2, f3…) si sommano; i rapporti di ampiezza
tra esse e la fondamentale determinano anche il timbro dello strumento da cui provengono.
Vediamo qua sotto un esempio di come si potrebbero rappresentare delle armoniche con
un rapporto d’ottava:

a) tono puro a 110 Hz – f – LA2

b) tono puro a 220 Hz – 2f – LA3

c) tono puro a 440 Hz – 4f – LA4

d) tono puro a 880 Hz – 8f – LA5

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I.3 IL TIMBRO .

Qua sotto abbiamo inventato un’onda con vari rapporti d’ampiezza tra le varie
armoniche, abbiamo messo le prime 8 (x = f, frequenza; il numero prima del seno è invece
l’ampiezza).

y = sin x + 1/2 sin 2x + sin 3x + 1/3 sin 4x + 1/3 sin 5x + 1/6 sin 6x + 1/8 sin 7x + 1/2 sin 8x

Le armoniche, unite al tono fondamentale, consentono al nostro orecchio di percepire i


tre parametri fondamentali del suono:

ALTEZZA grave, acuto… frequenza


INTENSITÀ forte, piano… ampiezza
TIMBRO metallico, nasale… forma d’onda

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Alessandro Miani – REGOLE PER GIOCARE CON LA M USICA

Si osservino un paio di esempi; oltre alla rappresentazione dell’onda, viene illustrato al di


sotto l’ampiezza delle singole armoniche che formano l’onda fonale.

• y = sin x +1/2 sin 2x + sin 3x + 1/3 sin 4x + 1/3 sin 5x + 1/6 sin 6x + 1/8 sin 7x + 1/2 sin 8x

• Y = sin x + 1/2 sin 2x + 1/3 sin 3x + 1/4 sin 4x + 1/5 sin 5x + 1/6 sin 6x + 1/7 sin 7x + 1/8 sin 8x

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• Y = sin x + 1/3 sin 3x + 1/5 sin 5x + 1/7 sin 7x

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Alessandro Miani – REGOLE PER GIOCARE CON LA M USICA

I.4 CONSONANZA E DISSONANZA .

Brevemente: la consonanza si ha quando due o più suoni suonano bene al nostro


orecchio, la dissonanza quando suonano male. Più che da un fattore estetico e culturale, la
consonanza (di conseguenza la dissonanza) deriva, come tutta l’armonia e il percorso
evolutivo musicale8, dall’armonia naturale, cioè la serie delle armoniche:

la consonanza tra due o più suoni è direttamente proporzionale alle armoniche in


comune.

I.4.1 Consonanza d’ottava


Delle prime 8 armoniche ben 4 sono in comune ai due suoni.
Più armoniche sono in comune a due suoni, più si può dire che essi formano un
intervallo consonante.

I.4.2 Consonanza di quinta


Anche l’intervallo di quinta è molto consonante, ben 2 armoniche in comune.
Dopo l’ottava, l’intervallo più consonante è la quinta.

8 Henry Cowell, sostiene che il percorso musicale occidentale, abbia seguito la serie delle armoniche: il primo intervallo armonico

usato (nella prima polifonia, durante il medioevo) è stato l’ottava, poi le melodie vennero raddoppiate alla quinta ed alla quarta, raramente
alla terza. Tutta l’armonia tonale (dal 700 a prima che si sviluppasse la dodecafonia) si basa sulle triadi di terza. Infine col Novecento si
arriva agli accordi (o cluster) costruiti per seconde, e addirittura alla musica microtonale.

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I.4.3 Dissonanza del tritono
Molto dissonante, tra le prime otto armoniche, nessuna combacia, anzi, essendo molto
ravvicinate creano un effetto simile ad un ululato, molto utile in fase di accordatura.
Prendono il nome di battimenti9.

9 I battimenti si hanno tra suoni molto vicini in altezza, al limite della percezione dell’intonazione.

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Alessandro Miani – REGOLE PER GIOCARE CON LA M USICA

I.5 CARTA DELLE FREQUENZE .

Stiamo attenti a non prendere per oro colato questa tabella. Come già detto, essa è
frutto di un compromesso: il temperamento equabile. Non ha quindi nulla, a che fare
con l’armonia naturale, è una convenzione. È stato scelto di fissare il LA4 a 440 Hz, di
conseguenza sono state trovate e quindi stabilite anche le altre frequenze.

FREQUENZA
DO 261.63
OTTAVA

DO#/REb 277.18
NOTA

RE 293.66
RE#/REb 311.12
MI 329.62
DO 16.35 FA 349.23
DO#/REb 17.32 4
FA#/SOLb 370.00
RE 18.35 SOL 392.00
RE#/REb 19.44 SOL#/LAb 415.31
MI 20.60 LA 440
FA 0 21.83 LA#/SIb 466.17
FA#/SOLb 23.13 SI 493.88
SOL 24.50 DO 523.25
SOL#/LAb 25.96 DO#/REb 554.36
LA 27.50 RE 587.33
LA#/SIb 29.14 RE#/REb 622.25
SI 30.87 MI 659.26
DO 32.70 FA 698.46
DO#/REb 34.64 5
FA#/SOLb 739.99
RE 36.71 SOL 783.99
RE#/REb 38.89 SOL#/LAb 830.61
MI 41.20 LA 880.00
FA 43.65
1 LA#/SIb 932.33
FA#/SOLb 46.25 SI 987.77
SOL 49.00 DO 1046.50
SOL#/LAb 51.91 DO#/REb 1108.73
LA 55 RE 1174.66
LA#/SIb 58.27 RE#/REb 1244.51
SI 61.75 MI 1318.51
DO 65.41 FA 6 1396.91
DO#/REb 69.30 FA#/SOLb 1497.97
RE 73.42 SOL 1567.96
RE#/REb 77.78 SOL#/LAb 1661.22
MI 82.41 LA 1760.00
FA 2 87.31 LA#/SIb 1846.65
FA#/SOLb 2 92.50 SI 1975.53
SOL 98.00 DO 2093.00
SOL#/LAb 103.83 DO#/REb 2217.46
LA 110.00 RE 2349.32
LA#/SIb 116.54 RE#/REb 2489.01
SI 123.47 MI 2637.02
DO 130.81 FA 2793.83
DO#/REb 138.59 7
FA#/SOLb 2959.96
RE 146.83 SOL 3135.96
RE#/REb 155.56 SOL#/LAb 3322.44
MI 164.81 LA 3520.00
FA 3 174.61 LA#/SIb 3729.32
FA#/SOLb 184.99 SI 3951.07
SOL 196.00 DO 4186.01
SOL#/LAb 207.65 DO#/REb 4434.93
LA 220 8
RE 4698.64
LA#/SIb 233.08 RE#/REb 4978.04
SI 246.94 MI 5274.05

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I.6 TAVOLA DELLE ARMONICHE .

In questo specchietto vengono illustrate le prime 256 armoniche di tre suoni intonati. Si
noti che la fondamentale appare all’ottava in modo esponenziale a 2:

1° 2° 4° 8° 16° 32° 64° 128° 256°


e così via...
1 2 22 23 24 25 26 27 28

Significa che all’interno di queste ottave ci saranno tanti suoni quanto è il numero
dell’armonica rispetto alla fondamentale.

esempio:
Tra la 16° e la 32° armonica ci saranno sedici suoni.
Tra la 64° e la 128° armonica ce ne saranno sessantaquattro.
N° Arm. Freq Freq. Nota N° Arm. Freq Freq. Nota N° Arm. Freq Freq. Nota
fond. Arm. corrisp. fond. Arm. corrisp. fond. Arm. corrisp.
Hz Hz Hz Hz Hz Hz
1° 16,35 16,35 DO 0 1° 110 110 LA2 1° 440 440 LA4
2° 16,35 32,7 DO 1 2° 110 220 LA3 2° 440 880 LA5
3° 16,35 49,05 3° 110 330 3° 440 1320
4° 16,35 65,4 DO 2 4° 110 440 LA4 4° 440 1760 LA6
5° 16,35 81,75 5° 110 550 5° 440 2200
6° 16,35 98,1 6° 110 660 6° 440 2640
7° 16,35 114,45 7° 110 770 7° 440 3080
8° 16,35 130,8 DO 3 8° 110 880 LA5 8° 440 3520 LA7
9° 16,35 147,15 9° 110 990 9° 440 3960
10° 16,35 163,5 10° 110 1100 10° 440 4400
11° 16,35 179,85 11° 110 1210 11° 440 4840
12° 16,35 196,2 12° 110 1320 12° 440 5280
13° 16,35 212,55 13° 110 1430 13° 440 5720
14° 16,35 228,9 14° 110 1540 14° 440 6160
15° 16,35 245,25 15° 110 1650 15° 440 6600
16° 16,35 261,6 DO 4 16° 110 1760 LA6 16° 440 7040 LA8
17° 16,35 277,95 17° 110 1870 17° 440 7480
18° 16,35 294,3 18° 110 1980 18° 440 7920
19° 16,35 310,65 19° 110 2090 19° 440 8360
20°-29° ::: ::: ::: 20°-29° ::: ::: ::: 20°-29° ::: ::: :::
30° 16,35 490,5 30° 110 3300 30° 440 13200
31° 16,35 506,85 31° 110 3410 31° 440 13640
32° 16,35 523,2 DO 5 32° 110 3520 LA7 32° 440 14080 LA9
33° 16,35 539,55 33° 110 3630 33° 440 14520
34° 16,35 555,9 34° 110 3740 34° 440 14960
35°-61° ::: ::: ::: 35°-61° ::: ::: ::: 35°-61° ::: ::: :::
62° 16,35 1013,7 62° 110 6820 62° 440 27280
63° 16,35 1030,05 63° 110 6930 63° 440 27720
64° 16,35 1046,4 DO 6 64° 110 7040 LA8 64° 440 28160 LA10
65° 16,35 1062,75 65° 110 7150 65° 440 28600
66°-124° ::: ::: ::: 66°-124° ::: ::: ::: 66°-124° ::: ::: :::
125° 16,35 2043,75 125° 110 13750 125° 440 55000
126° 16,35 2060,1 126° 110 13860 126° 440 55440
127° 16,35 2076,45 127° 110 13970 127° 440 55880
128° 16,35 2092,8 DO 7 128° 110 14080 LA9 128° 440 56320 LA11
129° 16,35 2109,15 129° 110 14190 129° 440 56760
130°-255° ::: ::: ::: 130°-255° ::: ::: ::: 130°-255° ::: ::: :::
256° 16,35 4185,6 DO 8 256° 110 28160 LA10 256° 440 112640 LA12

Va ricordato che l’orecchio percepisce frequenze che vanno dai 20 ai 20.000Hz; sono
segnate in grigio le frequenze non percepibili.

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I.7 TEMPERAMENTO .

Temperamento: mescolare nelle giuste proporzioni. Nel nostro caso è la suddivisione


dell’ottava, appunto nelle giuste proporzioni (giusto o sbagliato comunque in questo caso è
abbastanza soggettivo e anche molto legato al contesto storico).

La scala (una successione ordinata e ripetibile di suoni), si adatta ad esso prendendo e


omettendo alcuni dei suoi suoni per creare la propria struttura.
Quello che vediamo qua sotto è la scala di diatonica di DO. Ci accorgiamo subito che è
diversa da quella cromatica in quanto mancano alcuni suoni.

Scala
cromatica

Scala
diatonica di
DO

DIATONICO : dal greco non due toni, di=due, a=non, tono=tono). Ogni grado della scala
diatonica potrà avere solo un nome. La scala maggiore, quella minore e minore armonica sono dette
anche scale diatoniche.

I.7.1 Temperamento pitagorico


Pitagora (proprio quello del teorema), già nel VI sec a.C., aveva temperato l’ottava
secondo la consonanza di quinta dalla serie delle armoniche; il procedimento è anche molto
semplice: facendo vibrare una corda, per “simpatia10 ” anche un’altra accordata ad una
quinta (cioè con la terza armonica) inizia a vibrare. Da qui, a trovare il rapporto 3/2 (cioè il
rapporto tra la quinta e la fondamentale) e a costruire una scala, il passo è breve.
Pitagora fa vibrare un FA, trova il DO, facendo vibrare il DO trova il SOL, poi il RE, LA,
MI, SI, FA#. Siccome il FA# entra in conflitto col FA, viene escluso.

Ordinate su un’unica ottava:

Ed ecco ora i rapporti tra i vari intervalli trovati da Pitagora:


10 Simpatia è in stretta relazione con “risonanza”. Molti strumenti sfruttano questo fenomeno, dalla viola d’amore al sitar, e tutti gli

strumenti provvisti di corde simpatiche. Queste, non vengono pizzicate, ma sono eccitate dalle vibrazioni delle corde suonate. Pitagora
ha sfruttato questo meccanismo per trovare la consonanza di quinta. A casa del vostro batterista avrete notato che a certe frequenze la
retina del rullante vibra: bene, è lo stesso principio.

19
(anticipiamo che i cent sono stati introdotti con il sistema temperato equabile, 100cent
corrispondono al nostro semitono, 1200 all’ottava)

Intervalli (in cent 11 ) Intervallo Nome


Grado della scala Rapporto
dal I grado (in cent.) Intervallo
I 1/1 0 - -
II 9/8 204 204 Tono
III 81/64 408 204 Tono
IV 4/3 498 90 Semitono
V 3/2 702 204 Tono
VI 27/16 906 204 Tono
VII 243/128 1110 204 Tono
VIII 2/1 1200 90 Semitono

Il temperamento pitagorico è basato sull’intervallo di quinta (in rapporto 3/2) e da quello


d’ottava (2/1), quindi gli unici intervalli consonanti sono quelli d’ottava e di quinta con il
suo rivolto (la quarta), la terza, la sesta e la settima sono ancora dissonanti. Bisognerà
aspettare il XVI sec e il temperamento naturale per renderli consonanti.

I.7.2 Temperamento zarliniano o naturale


Zarlino arriva al temperamento naturale dall’osservazione fisico-matematica delle corde
vibranti, la sua teoria, ancor più che quella pitagorica, deriva dalla serie delle armoniche,
trovando quindi i rapporti più consonanti, traducendoli in rapporti frazionari.

Intervalli (in cent) Intervallo Nome


Grado della scala Rapporto
dal I grado (in cent.) Intervallo
I 1/1 0 - -
II 9/8 204 204 Tono grande
III 5/4 386 182 Tono piccolo
IV 4/3 498 112 Semitono
V 3/2 702 204 Tono grande
VI 5/3 884 182 Tono piccolo
VII 15/8 1088 204 Tono grande
VIII 2/1 1200 112 Semitono

Il temperamento di Zarlino12 è chiamato anche naturale, perché?


Perché i rapporti da lui trovati sono quelli presenti in natura , il suo temperamento non è
stato inventato, è stato scoperto. Proviamo ora a trovarci i suoni della scala di LA maggiore
e a vedere in che rapporto sono con l’armonia naturale:

11 I cent derivano dal temperamento EQUABILE. 100 c. formano un semitono equabile, 1200 l’ottava; per questo motivo, nel

temperamento naturale, a differenza di quello equabile, non abbiamo cifre tonde, ad eccezione dell’ottava.
12 Gioseffe Zarlino, Istitutioni Harmoniche (1589)

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grado frequenze da rapporto controprova


I 110 x 1/1 = 110 110 / 110 = 1
II 110 x 9/8 = 123.75 990 / 123.75 = 8
III 110 x 5/4 = 137.5 550 / 137.5 = 4
IV 110 x 4/3 = 146.666666666667 *
V 110 x 3/2 = 165 330 / 165 = 2
VI 110 x 5/3 = 183.333333333333 **
VII 110 x 15/8 = 206.25 1650 / 206.25 = 8
VIII 110 x 2/1 = 220 220 / 220 = 1
* 146.666666666667 x 3 = 440 (quarto armonico, ottava)
La terza armonica è la quinta, quindi, la quinta della quarta è l’ottava.
**
183.333333333333 x 3 = 550 (quinto armonico, terza maggiore)
La terza armonica è la quinta, quindi, la quinta della sesta maggiore è la terza maggiore

Come abbiamo visto, ora TUTTI i gradi sono PERFETTAMENTE intonati secondo gli
armonici.

Ok, abbiamo accordato il nostro strumento in LA maggiore.


Ma se dovessimo affrontare un brano in DO maggiore??
Dovremo accordare nuovamente il nostro strumento, questa volta partendo da DO.

Per ovviare a questo problema, vennero realizzate tastiere “spezzate”dove tutti i tasti
delle alterazioni erano divisi in due, semitono grande e semitono piccolo. Ma come ben
possiamo immaginare, rimase un sistema circoscritto in un breve periodo di tempo, anche
perché, seppur le tastiere fossero spezzate, la modulazione a tonalità lontane13 era ancora
sconsigliata.

I.7.3 Temperamento equabile


Arriva il 1691, Andrea Werckmeister (1645 – 1706, organista e teorico musicale tedesco)
pubblica il suo “Musikalische Temperatur”, e con esso una gran rivoluzione. Prima di esso
il DO suonato da una tromba poteva essere diverso da quello del violino, ma anche da
quello del flauto; il DO di un flauto poteva essere diverso dallo stesso DO di un altro
flauto costruito altrove, ma soprattutto, il DO suonato da quel flauto sarà sicuramente
diverso da quello che per tutti noi è il DO, 261 cicli al secondo!
Per noi, ora, è scontato trovarci in una banda, in un’orchestra, nel garage del nostro
batterista, ed accordarci tutti con il LA a 440Hz; prima del temperamento equabile non lo
era.

Werckmeister ha dovuto fare una scelta: rinunciare alle consonanze perfette (parliamo
comunque di pochi cents) per dividere l’ottava in dodici semitoni uguali (equabili).
Il risultato è che ogni tonalità suona allo stesso modo, i rapporti saranno sempre gli stessi,
che sia DO maggiore, che sia DO# maggiore.
Capiamo che al tempo del sistema zarliniano, con uno strumento accordato “dal DO”
sarebbe stato impensabile suonare in SI maggiore o DO# maggiore, col temperamento
equabile invece, non c’è alcun vincolo, moduliamo tranquillamente da DO a DO#. Forse
perdendo un po’ quel sapore di un tempo che rendeva la triade più vera, più genuina…

13 Vedere circolo delle quinte.

21
Intervalli (in cent) Intervallo Nome
Grado della scala Rapporto
dal I grado (in cent.) Intervallo
I 1/1 0 - -
II 1/6 200 200 Tono
III 1/3 400 200 Tono
IV 5/12 500 100 Semitono
V 7/12 700 200 Tono
VI 3/4 900 200 Tono
VII 5/6 1000 200 Tono
VIII 2/1 1200 100 Semitono

D’ora in poi sarà possibile anche una modulazione cromatica, e in più tutti gli strumenti
verranno costruiti con questa scalatura. È una cosa fantastica! Il FA del flauto è uguale a
quello della tromba, dell’arpa e del violino! Non c’è più bisogno del doppio tasto nero.
Il più grande sostenitore della teoria di Werckmeister è senza dubbio Bach con il suo
“Clavicembalo ben temperato”: 24 preludi, 24 fughe per 2 libri e in tutte le tonalità!

Nel 1939 viene fissata la frequenza del LA a 440Hz i costruttori d’ora in poi saranno
vincolati a questa frequenza.

Sotto, vediamo la tolleranza del nostro orecchio alla stonatura:


notiamo che attorno alle frequenze (o alle ottave) centrali, un errore di 10 cent nell’accordatura
verrebbe subito percepita. Alle basse questa tolleranza sale. È anche vero che a molti i primissimi e
ultimissimi tasti del pianoforte, non ci danno quel gran senso di intonazione.

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I.8 ANALISI DELL’OTTAVA .

Analizziamoci ora l’ottava, e mettiamo in ordine crescente tutti gli intervalli che abbiamo
trovato:

Rapporto Cent Nome/Tipo intervallo

1/1 0.000 Unisono perfetto


25/24 70.672 Semitono piccolo zarliniano
256/243 90.225 Semitono pitagorico
1/12 100.000 Semitono del sistema equabile
16/15 111.731 Semitono grande zarliniano
10/9 182.404 Tono piccolo (minore) zarliniano
1/6 200.000 Tono del sistema equabile
9/8 203.910 Tono grande (maggiore) zarliniano
32/27 294.135 Terza minore pitagorica
1/4 300.000 Terza minore del sistema equabile
6/5 315.641 Terza minore zarliniana
5/4 386.314 Terza maggiore zarliniana
1/3 400.000 Terza maggiore del sistema equabile
81/64 407.820 Terza maggiore pitagorica
4/3 498.045 Quarta perfetta (rivolto della quinta perfetta)
5/12 500.000 Quarta giusta del sistema equabile
1024/729 588.270 Tritono piccolo pitagorico
45/32 590.224 Quarta eccedente zarliniana
1/2 600.000 Tritono del sistema equabile
64/45 609.776 Quinta diminuita zarliniana
729/512 611.730 Tritono grande pitagorico
7/12 700.000 Quinta giusta del sistema equabile
3/2 701.955 Quinta perfetta (terza armonica)
128/81 792.180 Sesta minore pitagorica
2/3 800.000 Sesta minore del sistema equabile
8/5 813.686 Sesta minore zarliniana
5/3 884.359 Sesta maggiore zarliniana
3/4 900.000 Sesta maggiore del sistema equabile
27/16 905.865 Sesta maggiore pitagorica
16/9 996.090 Settima minore piccola pitagorica
5/6 1000.000 Settima minore del sistema equabile
9/5 1017.596 Settima minore zarliniana
15/8 1088.269 Settima maggiore zarliniana
11/12 1100.000 Settima maggiore del sistema equabile
243/128 1109.775 Settima maggiore pitagorica
2/1 1200.000 Ottava perfetta

23
Si notino sotto, le proporzioni tra il temperamento naturale e quello equabile:

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25
I I • I N T R O D U Z I O N E A L L A M U SICA
(ortografia)

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27
II.1 INTRODUZIONE .

Il linguaggio musicale, come ogni linguaggio (parlato, scritto, di programmazione,


matematico), deve obbedire a particolari regole di sintassi e grammatica. È impensabile
poter affrontare un discorso orale o scritto se si conoscono solo le parole, ma non il modo
per poterle legare insieme, e così è il linguaggio musicale.
Scrivere una bella melodia (che poi è soggettivo e comunque legato al contesto storico e
culturale) significa scrivere un pensiero musicale, un tema, che sarà aiutato, sorretto e
valorizzato dall’armonia.

Qui sotto vediamo la tastiera del pianoforte con le note scritte.

Qui sotto c’è un pentagramma

Il nostro sistema di rappresentazione dei suoni, è abbastanza elementare: in verticale


rappresentiamo l’altezza del suono14, in orizzontale il tempo.
Di fronte ad un accordo (dove più suoni sono emessi contemporaneamente) parleremo
di verticalità, di fronte ad una melodia (dove i suoni si succedono) di orizzontalità.

Il pentagramma serve a fissare la posizione delle note, ed è formato da 5 righi (in musica
si dice rigo, non riga) e 4 spazi. In ogni rigo ed ogni spazio, noi andremo a sistemare le
NOTE MUSICALI, che sono formate da una testa uno stelo ed una coda.

14 ad ogni nota corrisponde una precisa frequenza. Il LA4 oggi non può che essere a 440Hz.

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Le note vanno inserite all’interno della battuta, che è lo spazio compreso tra le due
stanghette verticali.

in ordine: DO – RE – MI - FA – SOL – LA – SI – DO

Nel pentagramma possiamo scrivere solamente nove note (5 nei righi e 4 negli spazi).
Se dovessimo invece superarne l’ampiezza, i Tagli addizionali (prime e ultime tre note
dell’esempio sotto) farebbero al caso nostro.

Scriviamo quindi le note sul pentagramma in ordine crescente da DO 2 a SI5

II.1.1 Accidenti
I tasti neri del pianoforte sul pentagramma si indicano con il diesis ed il bemolle davanti
la nota alterata. Questi segni, prendono il nome di alterazioni o accidenti. Il diesis alza di un
semitono, il bemolle la abbassa, sempre di un semitono. Inoltre, esiste il doppio diesis e il
doppio bemolle, rispettivamente alzano e abbassano di due semitoni. Il bequadro annulla
qualsiasi alterazione precedente, compresa quella in chiave. Gli accidenti durano una
battuta, mentre le alterazioni in chiave durano fino a quando non ne subentra una nuova ad
annullare la precedente.

diesis [ bemolle Y bequadro Z doppio diesis ] doppio bemolle \

Si parla di suoni omologhi o omofoni quando due note diverse hanno la stessa
intonazione (pitch).

29
Questa qua sopra è la scala cromatica. In essa non c’è alcuna gerarchia, tutte le note
hanno la stessa importanza e tra di esse non c’è alcun rapporto tonale.

In un cambio di tonalità (in questo esempio da SI minore a SIb maggiore), deve essere
sempre segnata l’armatura in chiave precedente, salvo i casi in cui si aggiungono accidenti
(terza battuta, da due a quattro bemolli).
L’alterazione (di conseguenza anche il bequadro) dura per tutta la battuta, ma SOLO per
tutta la battuta.
Quando si scrive per strumenti con doppio pentagramma (tipo pianoforte), bisogna fare
attenzione agli accidenti sottintesi: se nella parte superiore vi è un accidente, nella parte
sottostante (ma anche nella stessa, se su un’altra ottava), va messo il bequadro o
l’alterazione tra parentesi (DO# nella prima battuta).

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II.2 LE CHIAVI .

Le chiavi sono strumenti indispensabili; senza di esse non potremmo usare il


pentagramma in quanto ci mancherebbe la chiave di lettura.
Le chiavi che si usano in genere sono tre:

Chiave di Violino o di SOL – il SOL si trova sul secondo rigo

Chiave di Contralto o di DO - Il DO si trova tra i due puntini, in qualunque


posizione sia la chiave
Chiave di Basso o di FA – Il FA si trova tra i due puntini, in qualunque
posizione sia la chiave

In base a come le disponiamo sul pentagramma, otteniamo i vari registri, che prendono il
nome dalle voci umane che utilizzano tali chiavi.

Notiamo che man mano che la chiave scende di registro il DO centrale sale di un rigo.

La chiave insomma ci dice che in quel punto c’è quella nota.


Proviamo a pensare gli esempi qua sotto senza una chiave…
Che note sarebbero?!

Vediamo come lo stesso DO (DO 4) si posiziona diversamente secondo la chiave di


lettura.

Sotto invece, abbiamo la stessa melodia, sulla stessa ottava, ma in chiavi differenti;
notiamo come viene scritta in posizioni diverse:

31
Esiste inoltre, la possibilità di poter usare una chiave (in genere di FA o SOL) che
trasporta all’ottava, sia superiore che inferiore.

Senza cambiare chiave c’è anche un metodo più veloce, che consiste nel tracciare una
linea tratteggiata sopra o sotto il rigo, scrivendo semplicemente 8va. Se sopra vorrà dire che
è stata scritta un’ottava sotto, quindi andrà eseguita all’ottava superiore; se sotto invece, il
contrario.

scrittura

esecuzione

32
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II.3 CHIAVI S PECIALI .

II.3.1 Batteria
Esiste anche una chiave di lettura per la batteria, solo che in questo caso non abbiamo
una frequenza stabilita, ma un componente.

Vediamo com’è organizzato un pentagramma per batteria:

Ovviamente, affinché possa essere letto da un batterista, dovrà avere la sua chiave!

a)Grancassa (cassa per gli amici)


b) Si trova solo nel caso ci fossero due grancasse, questa è quella di sinistra
c) Hit Hat (o charleston) con i piedi
d) Rullante (rullo per gli amici)
e) Rim shot
f) Tom1
g) Tom2
h) Tom3 / Timpano
i) Timpano
l) Hit Hat chiuso
m) Hit Hat aperto
n) Ride
o) Ride bell
p) Crash

Anche qui si cerca di indicare i suoni gravi nella parte bassa, e quelli acuti in quella alta.
Inoltre, si aiuta anche nella lettura, separando gli arti tra gambe e braccia.

Va aggiunto, che la scrittura per batteria è spesso ambigua e soggettiva (dipende molto
dai componenti utilizzati e da come si è stati abituati a scrivere); il problema si elimina
indicando con una legenda dove andranno disposti sul pentagramma le varie parti.

II.3.2 Chitarra
E anche la chitarra ha una sua particolare scrittura: si chiama tablatura.
Più che una chiave, è un sistema complementare al pentagramma. Ci indica le corde e i
tasti da suonare, ma la durata generalmente è omessa. Per questo tablatura e pentagramma
viaggiano sempre insieme. La tablatura, è composta da 6 righi e rappresenta la tastiera della
chitarra.

Vediamo l’esempio:

33
La tablatura è utile perché vengono indicati i tasti e le corde su cui suonare.
Lo stesso RE può essere eseguito su cinque differenti corde, è quindi utile sapere in quale
corda dobbiamo suonare.

II.3.3 Basso
Il discorso fatto per la chitarra vale anche per il basso.
Cambia solo il numero delle corde, ma la simbologia rimane sempre la stessa.

II.3.4 Percussioni non intonate


Per gli strumenti a percussione non intonati (ad esempio wood block, triangolo, tamburi,
piatti ecc…), esiste un’unica linea (un monogramma affermerei!), con la stessa chiave usata
dalla batteria, di tutti gli strumenti a percussione in genere, sempre non intonati. Gli
strumenti a percussione intonati (timpani, xilofoni ecc…) utilizzano le normali chiavi.
Penso che non ci sia bisogno di dire che gli strumenti non intonati, non necessitano
dell’armatura in chiave.

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II.4 SEGNI D’ESPRESSIONE .

II.4.1 Legato
Lega le note, vanno suonate senza interruzione. Il legato si sente bene negli strumenti a
suono prolungato (voce, fiati, archi), si sente di meno, ma è usato, anche negli strumenti a
percussione.

II.4.2 Staccato
Riduce della metà, un ottavo staccato lo suoneremo come un sedicesimo seguito da una
pausa.

II.4.3 Staccatissimo
Molto più staccato, riduce a un quarto. Le note saranno estremamente brevi. Quasi un
colpetto. Saremo noi a decidere quanto staccare, in base al brano e al nostro gusto
personale.

1
?

1
più legato

1
più staccato ?

3/4

1/2

1/4

35
II.4.4 Trillo
Quando sopra una nota scriviamo “tr” significa che questa va alternata alla nota superiore.
SEMPRE un grado congiunto. può essere anche cromatico, basta solo scrivere il
cromatismo a fianco.

II.4.5 Acciaccatura
L’accento è posto sulla nota reale (quella grande), questo segno si usa anche per le “ghost
notes” (note fantasma), il senso comunque rimane sempre quello. È una nota appena
percepibile.

il primo gruppetto di notine sono vere e proprie ghost notes, l’ultimo quarto invece è un
“flam”.

II.4.6 Arpeggio
Con il segno arpeggio a sinistra del gruppo di note, significa che le suoneremo dalla più
grave alla più acuta, salvo diversa indicazione. Talvolta viene esplicitato l’andamento con
una freccia all’estremità del segno: se verso l’alto (ma è raro perchè generalmente è
sottinteso), arpeggeremo in quella direzione, verso il basso nell’altra. Esteso su due
pentagrammi, lo suoneremo come un unico arpeggio, se diviso, li suoneremo
contemporaneamente.

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II.4.7 Glissando
Il glissando generalmente è una scala dove vengono scritte le note di partenza e di arrivo
collegate da una retta.
In strumenti quali violino, trombone (a coulisse), o anche chitarra elettrica (nel caso
dell’utilizzo della leva), oltre a coprire l’intera scala cromatica, comprende anche tutte le
frazioni di tono, così percepiamo la scala senza i “gradini” dei semitoni. Pensiamo alle Slide
guitars. In strumenti come il pianoforte o xilofoni, è diatonico, o cromatico. La scala, ha
una durata (come per l’arpeggio, fino alla penultima nota), pari a quella indicata dalla nota
di partenza. Dev’essere il più omogeneo possibile.

• glissando diatonico, come potrebbe essere uno xilofono, o un pianoforte.

• glissando cromatico, come un’arpa, o lo slide di una chitarra, o un violino

Citiamo il gruppetto e i mordenti, anche se oggi, non vengono più usati, o usati, ma
molto raramente.

II.4.8 Mordenti

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Vanno eseguiti molto rapidamente, l’accento è nella prima nota. Possono essere superiori
o inferiori.

• mordente superiore

• mordente inferiore

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II.4.9 Gruppetto
Simile al mordente, con una nota in più. Una specie di scaletta in terzine.

Vanno annotate inoltre, anche le pennate (che noi chitarristi conosciamo molto bene!) ed
il pedale per il piano.

^
Pedale

di fronte a questo segno il pianista premerà il pedale di risonanza

` di fronte a questo lo rilascerà

ù
Pennata

pennata in giù (le pennate vengono utilizzate anche dai violini)

ú pennata in su

39
II.5 A BBREVIAZIONI .

II.5.1 Ripercussioni
Per facilitare la scrittura, e la lettura di gruppi di note di ugual durata e intonazione,
vengono utilizzati particolari accorgimenti.

Le barrette oblique indicano la qualità delle note da ripetersi (nell’esempio sopra vediamo
sedicesimi e poi trentaduesimi) la nota invece rappresenta la durata complessiva; possono
essere messi sotto qualsiasi nota (anche semibreve).
Per le ripercussioni di note da un quarto basta mettere dei puntini sopra o sotto della
nota (che ovviamente dovrà durare più di 1/4!)

II.5.2 Tremolando
Per risparmiare spazio sulla partitura, e facilitarne anche la lettura, viene usato il tremolando.
È un gruppo di note dalla durata complessiva di una sola delle due; queste, vanno alternate
in base a quante lineette le uniscono.
Nell’esempio vediamo un DO ed un LA che durano un mezzo ciascuno, tra loro ci sono
due segni orizzontali: dovremo suonare DO e LA in sedicesimi per la durata complessiva di
2/4.

II.5.3 Barra obliqua


Questa viene usata per la ripetizione di una o più battute, o frammento sia armonico che
melodico. Posta dopo un movimento (inteso come parte della battuta) indica la ripetizione
dello stesso, con due puntini dentro una battuta vuota, la ripetizione della battuta
precedente, a cavallo tra due battute (ma in questo caso le stanghette sono due), si ripetono
le ultime due battute.

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II.5.4 Ritornello
Particolarmente utile per parti molto più lunghe, si ripete tutto il contenuto tra le due
barrette più grosse con i puntini. È possibile scrivere sopra il rigo quante volte va ripetuto il
ritornello. Attenzione! Ritornello nel senso che ritorna! Nell’esempio sotto suoneremo le
battute in questo ordine: 1, 2, 2, 3, 4.

Il ritornello può essere integrato dai numeri sopra la battuta.

In questo caso l’ordine sarà: 1, 2, 3, 2, 4, 5, 6, 7, 8.

1. è la parte da suonare alla prima volta.


2. è la parte da suonare la seconda.

Questo esempio è tratto dalla Suite della pizza.

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II.5.6 Simile
È possibile anche poter scrivere “simile” al di sotto di una parte, per indicare che
l’esecuzione sarà come la battuta precedente. È abbastanza generico, può essere usato in
diversi contesti.

Possiamo usarlo durante un passaggio in terzine, per non doverle scrivere per più battute,
bisogna però stare attenti a raggruppare i gruppi di terzine, in modo da facilitarne la
comprensione.

Ma anche per passaggi con un determinato tipo di esecuzione, in questo caso (sotto), ci
evitiamo di fare un puntino per ogni nota.

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43
I I I • I L TE M P O

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III.1 DURATA DELLE NOTE .

Finora abbiamo visto che le note hanno un’altezza, e dove vanno messe per
rappresentare un suono (sarebbe meglio dire una frequenza). Ma grazie al cielo questi suoni
possono essere lunghi o corti, e si parla quindi di durata ; ad ogni nota corrisponde una
pausa.

semibreve [ 4 / 4 ] minima [ 2 / 4 ]

semiminima [ 1 / 4 ] croma [ 1 / 8 ]

semicroma [ 1 / 16 ] biscroma [ 1 / 32 ]

Queste sono le più usate, ma capita anche di trovare la semibiscroma e la fusa,


rispettivamente da 1/64 e un 1/128, basta solo aggiungere i piedini alle gambe.

Per valori molto lunghi, troviamo la breve e la lunga, questi, insieme alla semibreve, sono
residui di vecchie forme di scrittura, in uso soprattutto nei secoli della polifonia (XIV-XVI
sec).

lunga [ 4 / 1 ] breve [ 2 / 1 ]

x Aggiungiamo anche il punto coronato. Posto sopra la nota (o accordo o pausa),


essa avrà una durata che sarà scelta dall’esecutore.

Nelle partiture per singoli strumenti, anziché segnare ad ogni battuta una pausa, se non si suona
per più battute viene indicata una “pausa lunga” quanto le battute. Così si risparmia carta ed è anche
più pratico.

Dall’esempio sopra si capisce che questo strumento, in un brano di 12 battute, suona solo alla
sesta ed alla settima, tutto il resto del tempo starà fermo.

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Il tutto si può riassumere in un semplice schemino, dove sono evidenti il rapporti di


durata.

1 semibreve = 2 minime, 4 quarti, 8 ottavi, 16 sedicesimi.

Inoltre la semibreve copre l’intervallo temporale di una battuta con metro 4/4, infatti ci
vogliono 4 quarti per formare la semibreve.

Ci sono anche altri modi per indicare la durata delle note:

III.1.1 Legatura di valore


Lega due note della stessa altezza, si utilizza anche per note a cavallo di una battuta. È
ovviamente impensabile una legatura di valore tra due note di diversa altezza.

III.1.2 Punto semplice


Aggiunge alla nota metà del suo valore. Deve seguirla (quindi si mette a destra) ed è
cumulativo, infatti troviamo anche il doppio punto ed il triplo punto, ognuno di essi aggiunge
1/2 al punto precedente. Viene usato anche con le pause.

a) 1/4 + 1/8 = 3/8 b) 1/4 + 1/8 + 1/16 = 7/16 c) 1/4 + 1/8 + 1/16 + 1/32 = 15/32

È interessante notare quanto manca per concludere una battuta con i vari punti:

Più aumentano i punti e più aumentano le code delle note.

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III.2 T EMPO .

Il tempo è la dimensione orizzontale, nel tempo i suoni si vanno a sistemare, ed è grazie


ad esso che possiamo parlare di ritmo, perché la musica si svolge nel tempo.
Mentre ascoltiamo musica, è ovvio che l’ascoltiamo nel tempo, come è ovvio che questo
tempo deve essere a grandezza d’uomo.
Mi spiego meglio:
un brano con note della durata di un anno, sarebbe quasi impossibile poterlo ascoltare
tutto no?! Una cadenza di due accordi che dura dieci minuti (cioè dieci minuti di SOL7!)
sarebbe ancora troppo grande. Come d’altronde un brano della durata di due secondi, con
all’interno strofa ritornello assolo e strofa sarebbe difficile poterlo apprezzare!
Pensiamo bene, alle altezze delle note, non sono forse anche loro in stretta relazione col
tempo? La frequenza non è forse espressa in cicli al secondo?

Il tempo nel nostro caso può essere inteso in due modi: tempo ASSOLUTO e tempo
RELATIVO:

III.2.1 Tempo assoluto


Tempo come andatura e velocità: generalmente viene indicato con i battiti per minuto
(bpm), e quindi è un’unità di tempo assoluta, ma non è raro, soprattutto nella musica
“colta”, trovare indicazioni di andamento come prestissimo, largo, adagio ecc…

III.2.2 Tempo relativo


Tempo come metro: metro come unità di misura, ad esempio 4/4, 3/8, 5/4, 9/8 ecc... Il
metro viene indicato all’inizio del brano, dopo la chiave e dopo le alterazioni; non viene più
mostrato, se non con un cambio di metro. Si capisce che questa è un’unità di tempo relativa,
in quanto che si suoni “velocemente” o “lentamente” i rapporti di durata all’interno
rimangono sempre gli stessi.

Qualsiasi brano ha una sua velocità. Può non avere un metro preciso, ma non può non
avere una velocità.
Il tempo e la materia prima della musica.

Quando all’inizio di un brano troviamo una nota da quarto seguita da un uguale ed un


numero come questa:

= 120 significa che:


• ci sono 120 battiti da un quarto in un minuto
• in ogni secondo avremo 2 battiti

Se invece troviamo un quarto puntato come questo sotto

= 60 significa:
• che ci sono 60 battiti da tre ottavi in un minuto
• che in ogni secondo avremo tre ottavi e che in un minuto avremo 60 battiti da tre
ottavi

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In poche parole: nel primo esempio battiamo il piede 120 volte in un minuto, nel
secondo caso, 60.

Seguono ora le indicazioni degli andamenti più frequenti con il corrispettivo tempo in
bpm. Spesso, specie nel XX sec, si usa scrivere l’andamento ed affiancarlo ai bpm, o solo i
battiti preceduti dalla scritta “a tempo”.

Andamento Tempo
Largo 40-60 bpm Moderato 108-120 bpm
Larghetto 60-66 bpm Allegro 120-168 bpm
Adagio 66-76 bpm Presto 168-200 bpm
Andante 76-108 bpm Prestissimo 200-208 bpm

III.2.3 Swing

ATTENZIONE!!

a) Cambia la scrittura, ma suona allo


stesso identico modo.

b)
È notevolmente diverso dai due
esempi sopra. Il piede andrà battuto più
lentamente, ogni tre ottavi (ma la durata
degli ottavi, questa volta, è identica ai
c) quarti della prima misura).

Sotto l’indicazione del tempo è possibile trovare questa simbologia, significa che dovremo
suonare un tempo swing, terzinato. Che l’ottavo (o il quarto) sarà diviso per 3 anziché 2; facendo
durare il primo il doppio del secondo.

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III.3 ARSI & TESI .

Guardate queste 2 note:

Sono uguali?
SI, almeno apparentemente.

Guardate queste:

Sono uguali?
NO.

Cosa cambia? Eppure apparentemente hanno altezza e durata uguale.


E invece sono diverse, anche se avessero lo stesso timbro e intensità. Almeno nell’intenzione,
ma sono diverse.
Nel primo caso non abbiamo alcun metro, non sappiamo se c’è una battuta, e quindi le note
sono identiche. Nel secondo invece le cose cambiano, c’è una stanghetta in mezzo alle due, vuol
dire che la prima nota è sull’ultimo quarto della prima battuta, la seconda sul primo; possiamo
dire (anzi, dobbiamo!) Che la prima è in levare [ ARSI ] e la seconda in battere [ TESI ].

E queste due?

Ok, cambia che ora la prima è in battere e la seconda in levare…


E QUINDI??

Come le suoneremo?

RISPOSTA: Le note in battere (cioè sul tempo forte) hanno la proprietà di essere più marcate
delle altre (salvo casi in cui viene indicato un accento dinamico in levare). L’accento non viene
mai indicato, in quanto già la stanghetta della battuta indica che la prima nota andrà marcata15.

Battere e Levare coincidono rispettivamente con Tempo forte e Tempo debole; ma anche con
Tesi ed Arsi, presi in prestito dalla poesia, (dal greco: Thesis = porre, Arsis =
elevazione) e che useremo per i nostri esempi.

Addirittura, per noi occidentali abituati ad ascoltare pop/rock, è naturale percepire una certa
quadratura metrica anche tra le battute. Abbiamo creato una gerarchia tra di esse in modo da
percepire (e di conseguenza a realizzare) cicli di quattro, otto, dodici e sedici battute.

Sentite come cambia se sotto mettiamo una linea di batteria:

• Esempio 1, parte in levare (Arsi)

15 Per l’uomo è impossibile percepire due note vicine uguali, ha la necessità di considerarne una più forte dell’altra. È nella nostra natura.

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• Esempio 2, parte in battere (Tesi)

Immaginate ora, con la stessa linea di batteria, come potrebbe suonare questo frammento
melodico:

E se lo facciamo iniziare sul tempo forte anziché debole, otterremo questo:

Avrebbe un senso completamente diverso, è un’altra melodia.

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III.4 A CCENTAZIONE .

III.4.1 Naturale
Il ritmo è un susseguirsi regolare di accenti forti e deboli.
Come nella lingua scritta c’è la parola e la sillaba, in musica c’è il movimento e l’accento (qui
accento è inteso come sottomultiplo del movimento).

? accenti
? movimenti

Provate a dire “casa”


Dove cade l’accento?
Sulla prima sillaba: càsa

Ora dite “Napoli”


L’accento cade sempre sulla prima sillaba: Nàpoli

Possiamo quindi schematizzare l’accentazione delle parole in questo modo:

ca-sa ? >>
na-po-li ? > >>

Ora diciamo “stanghette”


L’accento ora cade sulla seconda:

stan-ghet-te ? >
>>

Ora “perché”

per-ché ? >
>

Tutte le parole come sappiamo sono accentate, certi sono impliciti e non si mettono, altri tocca
metterli, vediamo come le possiamo scrivere in un sistema musicale:

ca-sa ? |>>
per-ché ? >|>
na-po-li ? |>>>
stan-ghet-te ? >|>>

È ovvio che se non ci fossero gli accenti forti, non ci sarebbero nemmeno quelli deboli!
Questi, sono accenti “naturali” all’interno della battuta, non vengono quindi scritti.

(Negli esempi che seguono gli accenti vengono indicati in maniera impropria, servono solamente a capire
l’accentazione neturale)
Vediamo un esempio in 4/4:

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1°: Molto forte 1°: >>>>


2°: Debole 2°: >
3°: Forte 3°: >>
4°: Debole 4°: >

Gli accenti si sentono molto bene in questa semplicissima parte di batteria:

Anche se la facessimo suonare ad un computer (Strumento freddo ed inespressivo per


antonomasia) percepiremmo comunque gli accenti. È un fenomeno naturale, come battere il
piede ad ogni quarto e le mani sul secondo e terzo (la batteria nasce da questa “esigenza”, le mani
sono il rullante, i piedi la grancassa16).

Anche se facessimo suonare un metronomo, programmandolo per non aver accenti, ci


ritroveremmo dopo un po’ a percepire un colpo forte seguito da tre deboli. È una questione
mentale. Chi sentendo il ticchettio di un orologio, non ha mai percepito un click forte e uno
debole? Tanto che se dobbiamo fare il verso dell’orologio facciamo “tic tac” e non “tic tic” o “tac
tac”, eppure il suono emesso dalla lancetta è sempre lo stesso!

Con gli ottavi il sistema di accentazione


naturale rimane invariato, vengono solo
aggiunti i sottoaccenti.

Anche con i sedicesimi il discorso non cambia.


In poche parole, andiamo ad aggiungere accenti via via meno marcati

16 We will rock you dei Queen è l’esempio lampante di come la batteria viene “simulata” da mani e piedi. O forse è il contrario? Prendete una

canzone a caso e iniziate a battere le mani a tempo come meglio credete e come più vi è naturale; vi ritroverete a farlo sui due accenti pari, se
invece batterete il piede, questo andrà su tutti i quarti.

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III.4.2 Artificiale (accenti dinamici)
Questi, a differenza degli accenti naturali, vengono indicati (con il segno “maggiore” sotto o
sopra la nota) ogni qualvolta ce ne sia la presenza e non hanno un posto prestabilito all’interno
della battuta. È un accento espressivo e serve a dare dinamica, si trovano generalmente su tempi
deboli appunto per rinforzarli. Sebbene inutile è metterne uno all’inizio della battuta, non
mancano casi particolari in cui la presenza di questo modifichi l’esecuzione, ma è assurdo che ad
ogni nota ci sia uno.

Sotto la melodia sono indicati i quarti di riferimento per notare dove cadono gli accenti
dinamici.
Un modo per accentare pùò essere anche un salto melodico ascendente:

Se ora quindi regolarizziamo l’accentazione melodica, per esempio facciamo un salto ogni tre
note, otterremo un raggruppamento, che da solo percepiremo come ternario, ma che all’ingresso
della batteria verrà subito inteso come un raggruppamento di tre su un tempo quadrato.

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III.5 D INAMICA .

La dinamica è in relazione all’intensità del suono, all’ampiezza d’onda se vogliamo, ma


“dinamica” non vuol dire necessariamente forte o piano. È l’insieme delle variazioni d’intensità in
un determinato periodo di tempo. Tanto un brano è dinamico quanto è presente in esso
un’escursione tra le parti in piano e quelle in forte, comprese le piccole accentazioni al suo
interno.
Se un brano è completamente in fortissimo, dall’inizio alla fine, avremo certamente tanta
intensità, ma non dinamica. Sarà molto più dinamico un brano che tocca il pianissimo e il mezzo
forte; la dinamica, cioè l’escursione, sarà ben maggiore. Non si può certamente trascurare il
quarto dei sei pezzi (Op. 6) di Webern se si parla di dinamica!
La concezione moderna di dinamica è stata introdotta durante il Settecento, dove si è iniziato a
fare largo uso di crescendo e diminuendo, ma già nel barocco e più precisamente nel concerto, era
suggerita dal contrasto tra “tutti” e il “solo” dove si alternava l’intera orchestra al solista17.
Ci sono svariati modi per ottenere dinamica, si può aumentare il numero di esecutori. In un
contesto rock però, soprattutto in registrazione, è molto utile raddoppiare le chitarre all’unisono;
questo crea un chorus18 naturale riempiendo non di poco lo spettro sonoro.

17 Il concerto barocco infatti si divideva in due orchestre, quella “grossa” e quella del “concertino”, solitamente affidata ad un solista o ad un
gruppo ristretto di strumenti.
18 Il chorus non è altro che un leggero e non costante sfasamento delle onde sonore.

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I segni dinamici si dividono in:

GENERALI: quando riguardano un gruppo di note, vanno messi sotto il rigo, o al centro dei
due, e durano finché non ne viene indicato un altro. Come i cartelli stradali, che durano fino alla
comparsa di uno nuovo.

INDIVIDUALI: esprimono la dinamica di una singola nota, vanno messi sotto o sopra (in base
a come è posizionata) la nota.

III.5.1 Indicazioni dinamiche generali


Possono essere integrate dai crescendo e diminuendo

Se questo sopra è il crescendo, provate ad immaginare come sia il diminuendo!


Queste integrazioni vengono utilizzate anche per indicare la velocità (assoluta, non relativa) in
un certo punto. Ad esempio possiamo trovare scritte del tipo accelerando, morendo, stringendo,
allargando, ecc… queste sono indicazioni di tempo. Per queste, è possibile trovare anche una linea
tratteggiata.

Possiamo trovare anche indicazioni di andamento tipo grazioso, meccanico, squillante, dolce, espressivo,
maestoso, ecc…

III.5.2 Indicazioni dinamiche individuali

• accento dinamico
La nota sarà più marcata delle altre.

L’accento dinamico possiamo combinarlo con gli staccati e staccatissimi.

• accento martellato
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Molto più marcato dell’accento dinamico, ma è meno frequente.

• forte piano
Scriveremo fp, quando una nota andrà attaccata forte e continuata piano.

Scrittura Esecuzione

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III.6 M ETRO .

Come è già stato detto, il ritmo è un susseguirsi regolare di accenti forti e deboli, ma ora
aggiungiamo che è il metro che ne stabilisce l’ordine. Parleremo allora di tempi semplici e tempi
composti, soffermandoci sull’accentazione di ognuno.
Il metro (o tempo) va indicato dopo la chiave e dopo le alterazioni, e stabilisce la durata
complessiva della battuta nonché (in linea di massima) la disposizione degli accenti.

Esempio:
• Se scriviamo 4/4 significa che la battuta durerà come 4 note da 1/4, infatti, se
moltiplichiamo 1/4 X 4 troviamo 4/4
• Se scriviamo 3/4 durerà come 3 note da 1/4.
• 6/8, 6 note da 1/8.

Si può quindi affermare che il numeratore è un numero che esprime una quantità, il
denominatore una qualità;

quantità quante?
qualità quali?

III.6.1 Tempi semplici


Sono caratterizzati da una divisione binaria.
I più frequenti sono il 2/4, il 3/4, il 4/4 ecc…

2 2 movimenti da l’uno Tempo binario


4 con 2 accenti* per movimento ( ) con suddivisione binaria
> >
3 3 movimenti da l’uno Tempo ternario
4 con 2 accenti per movimento ( ) con suddivisione binaria
> > >
4 4 movimenti da l’uno Tempo quaternario
4 con 2 accenti per movimento ( ) con suddivisione binaria
> > > >
*accento in questo caso indica la suddivisione del movimento.

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III.6.2 Tempi composti


Sono caratterizzati da una divisione ternaria.
I più frequenti sono il 6/8, il 9/8, il 12/8 ecc…
I tempi composti si ottengono moltiplicando il tempo semplice per 3/2
Es: 2/4 X 3/2 = 6/8, oppure, 3/4 X 3/2 = 9/8

6 2 movimenti da l’uno
Tempo binario
8 con 2 accenti* per movimento
( ) con suddivisione ternaria
> >
9 3 movimenti da l’uno Tempo ternario
8 con 2 accenti per movimento ( ) con suddivisione ternaria
> > >
12 4 movimenti da l’uno Tempo quaternario
8 con 2 accenti per movimento ( ) con suddivisione ternaria
> > > >

Oltre a semplici e composti, i tempi possono essere anche pari e dispari, lo stabilisce il numeratore:

PARI: 4/4, 6/4, 2/2, 2/4 ecc…


DISPARI: 3/4, 7/8, 15/16, 7/4 ecc…

Possiamo inoltre affermare, seppur presto, che il 12/8 altro non è che un 4/4 terzinato;
vediamo perché:

Se anziché pensare ad un 12/8 con tre ottavi per movimento noi pensiamo ad un 4/4 con tre
ottavi al posto di 2, otteniamo la stessa accentazione, ma scritta in maniera differente.

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Ma questo lo vedremo tra un po’ in occasione dei gruppi irregolari.
Vediamo ora come in uno stesso frammento melodico può cambiare l’accentazione naturale a
seconda del metro:

> > > >

> >

> > > > > >

> > > >

> > > >

Inoltre i tempi li possiamo anche sommare:

Una frase melodica con una particolare accentazione, può essere scritta con un metro che ne
faciliti la comprensione, di conseguenza, l’esecuzione.

Vediamo questo 9/8: il risultato che voglio ottenere è quello di due battute rispettivamente di
4/8 e 5/8. Scriveremo allora un tempo di 4/8 + 5/8 e con un segno tratteggiata segneremo le
due battute.

Scritto come 9/8 sarà un semplicissimo tempo


composto: 3 movimenti con 3 accenti ciascuno.

Così invece, sarà un metro composto, 4/8 + 5/8,


che non ha nulla a che fare con il 9/8 che tutti
conosciamo come tempo composto.

Una volta scritto il tempo, non servirà più


dividere i due metri, basterà tratteggiare una
battuta di divisione per marcarne la diversità,
oppure eliminarla, purchè sia scritta la somma dei
due metri.

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III.7 GRUPPI IRREGOLARI .

Abbiamo già visto che binario e ternario indicano sia la suddivisione della misura che quella del
movimento.

All’interno di una battuta, le note vengono raggruppate a seconda del metro; abbiamo visto
come il 6/8 ed il 3/4 contengano la stessa quantità di note, ma accentate (quindi raggruppate)
diversamente. Il 6/8 le raggruppa a tre, tanto che quando “battiamo il piede” a tempo lo facciamo
ad ogni quarto puntato, mentre il 3/4 ad ogni quarto.

Vediamo com’è possibile far suonare un 4/4 come un 12/8:

a)

b)

Le note sono le stesse, il metro è diverso. Nell’esempio


a) siamo in un tempo composto (12/8) dove l’unità di misura sarà il quarto puntato
b) siamo in un tempo semplice (4/4) dove l’unità di misura è il quarto e gli accenti al suo
interno sono due, ma grazie alle terzine, questo diventerà come un 12/8.

Vediamo meglio da vicino cosa si intende per gruppo regolare ed irregolare.

Per gruppo regolare intendiamo una figurazione ritmica che segue l’andamento del metro:
tutte le scomposizioni a 2 su tempi binari, a 3 sui ternari.

a) tempo binario

b) tempo ternario

61
E se volessimo tre note al posto di due?

Allora dovremo utilizzare i gruppi irregolari.

I gruppi irregolari sono tutte quelle figurazioni ritmiche che non sono divisibili per la più piccola
frazione del metro; appunto irregolari.
Un ottavo lo possiamo scomporre in sedicesimi, trentaduesimi, sessantaquattresimi e così via,
un gruppo irregolare no. Rimarrà sempre irregolare, e come se in una parte della battuta (o nella
battuta) viene cambiato il metro, tanto che si parla di rapporti/proporzioni.

Vediamone alcuni:

III.7.1 Terzine
Hanno un rapporto di 3:2 (si legge “tre su due”), cioè al posto di due ne mettiamo tre.
[ nà-po-li ] / [ nà-po-li-ù-di-ne ]19

Si notino le proporzioni:

una terzina di quarti dura come due quarti.


una terzina di ottavi dura come due ottavi o un quarto.
una terzina di sedicesimi dura come due sedicesimi, o un ottavo, quindi due terzine di
sedicesimi durano come un quarto.

Anche i gruppi irregolari si possono scomporre:


una terzina di minime vale come due terzine di quarti,
una terzina di quarti vale come due terzine di ottavi, e così via…

19Per aiutare a capire i gruppi irregolari, si usa prendere una parola con tante sillabe quante il gruppo e che abbia l’accento sulla prima sillaba. In
questo caso Napoli da solo indica le terzine, Napoli-Udine le sestine.

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III.7.2 Duine
Vengono impiegate nei tempi ternari ed hanno un rapporto di 2:3 (due su tre), cioè ne
suoneremo due al posto di tre.

Una duina di ottavi dura un quarto puntato (tre ottavi), ecco perché si dice “due su tre”.

Vediamo come si scompone la duina:


[ mò-ra ] / [ mò-ro-si-ta ]

Alla fine i gruppi irregolari sono: una “striscia elastica” che si adatta in una porzione di tempo;

COMPRESSA, nel caso delle terzine


ESPANSA, nel caso delle duine.

Chiameremo quindi la terzina e tutti i gruppi che aggiungono note


gruppi irregolari abbondanti.
Tutti quelli, come la duina che sottraggono
gruppi irregolari insufficienti.

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III.7.3 Quintina
È un gruppo irregolare abbondante, con il rapporto di 5:4, il meccanismo è sempre lo stesso:
[ sò-vrab-bon-dan-te ]

III.7.4 Settimina
È un gruppo irregolare abbondante dal rapporto 7:4
[ sù-per-so-vrab-bon-dan-te ]

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Riassumiamo i rapporti tra gruppi regolari e non.

Se il movimento è da 1/4, saranno regolari tutti i multipli20 e sottomultipli di 2.

gruppi gruppi
rapporto
regolari irregolari
2:2
3:2 abbondanti
4:4
5:4 abbondanti

7:4 abbondanti

Se il movimento è da 1/4 puntato, saranno regolari tutti i multipli21 e sottomultipli di 3.

gruppi gruppi
rapporto
regolari irregolari
2:3 insufficienti

5:3 abbondanti
3:3
4:6 insufficienti

5:6 insufficienti

6:6

20 Per multipli intendiamo qualsiasi potenza a base 2. Ad esempio 2, 22(4), 23(8), 24(16) ecc… 6 è irregolare, in quanto la base (2) si dovrebbe
elevare per un numero non intero.
21 Vale quanto detto alla nota precedente, solo che in questo caso i multipli, 2, 22(4), 23(8), 24(16), andranno moltiplicati per 3. quindi:

3 x 2 = 6, regolare;
3 x 4 = 12, regolare ecc…

65
A questo punto, capito il meccanismo, possiamo scrivere, quindi suonare, qualsiasi cosa:

Nell’esempio sopra ci sono 39 trentaduesimi, ne suoneremo 39 al posto di 32. Notiamo inoltre


che la scrittura dei gruppi irregolari è la stessa del metro, cioè abbiamo una quantità su qualità:

quantità quante?
qualità quali?

Solamente che questa volta è proporzionato alla battuta, o al gruppo di note.

Sotto invece…

…al denominatore abbiamo 24 perché:


In una battuta (4/4) ci sono 32/32,
avendo messo una pausa da 1/4 (quindi 32 : 4 = 8) che dura 8/32,
arriviamo a: 32 – 8 = 24
Il gioco è fatto!

Con la NONINA introdurremo i gruppi irregolari dentro i gruppi irregolari, chiamati anche…

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III.8 GRUPPI COMPOSTI .

III.8.1 Nonina
Un gruppo composto si ha quando si inserisce un gruppo irregolare all’interno di un altro,
vediamo questo semplice esempio:

La nonina è un gruppo irregolare abbondante con un rapporto di 9:8.


Sappiamo inoltre che 3 x 3 fa 9.
E perché allora queste nove note non le scriviamo come terzine di terzine?!
Si può fare anche così, e lo chiameremo gruppo irregolare composto.

III.8.2 Quindicina
Lo stesso discorso si può fare con la “quindicina”; basta che ad ogni nota di una terzina ne
mettiamo cinque, che formano una 3 quintine. Ma nche l’inverso, vale la proprietà commutativa,

infatti:

3 x 5 = 15 tre quintine = una quindicina


5 x 3 = 15 cinque terzine = una quindicina

67
Vediamo alcune relazioni nei gruppi composti:

Questa qua sotto, è una sovrapposizione di tre gruppi irregolari. Come al solito, nel rigo
inferiore sono indicati i quarti.

Vediamo cosa succede togliendo man mano qualche gruppo composto:

Nella prima battuta è un solo gruppo irregolare: terzina


Nella seconda, 2 gruppi irregolari: una terzina in una quintina

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Nella terza 3: una terzina in una quintina dentro una settimina

Per farsi un’idea di come suonano i tempi composti consiglio l’ascolto della Black page di Frank
Zappa, se possibile anche con la partitura sottomano.

III.8.3 Pizza
Siamo in tre in pizzeria: tagliamola quindi in tre terzi.

E se fossimo in quattro?

Fin troppo ovvio.

Ma se fossimo in sei, e tre volessero mangiare solo un quarto insieme?

non è forse una terzina di ottavi in un 4/4?

Quindi questo

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potremmo rappresentarlo così:

ed infine così:

III.8.4 Denominatori dispari


Dallo schema sopra percepiamo le proporzioni dei gruppi irregolari: tre su due, cinque su
quattro, sette su otto e così via. Questo discorso però si può fare anche col metro, chi ci
impedisce di pensare ad un 5/4 che dura quanto un 4/4? È la stessa identica cosa, ad ogni battuta
i conti torneranno.

Henry Cowell, sostiene che possiamo usare metri con al denominatore numeri diversi da 4 con
i suoi multipli e sottomultipli22.

In poche parole:

questo

22 Henry Cowell, Nuove risorse musicali (1958).

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è uguale a questo

Semplicemente perché abbiamo cinque quinti, cinque note che durano un quinto.
Questo perché il numeratore ci indica la quantità, il denominatore la qualità.

ATTENZIONE! È ben diverso dal cinque quarti.

5/4 vuol dire che vi saranno 5 note da un quarto


5/5 vuol dire che la battuta ha una durata di cinque note da un quinto (che come abbiamo
imparato a scuola: 5/5 è uguale a 4/4, ma anche a 3/3, sono tutti interi). In questo caso il gruppo
irregolare sarebbe la quartina, e suonerebbe come quattro note da un quarto.

Capiamo che l’utilizzo di questa scrittura, ci facilita la vita qualora dovessimo scrivere diverse
parti, una delle quali sempre in quintine, le altre con quartine. Avendo così diversi metri
contemporanei in un brano.

Contate ora la somma di ogni battuta e guardate il metro… Ritorna?

71
Polimetria?!

Distinguiamo la POLIMETRIA dalla MULTIMETRIA

III.8.5 Polimetria
Stratificazioni di diversi metri. Più metri contemporaneamente (quindi in verticale).

III.8.6 Multiritmia
Diversi metri disposti in successione, quindi in orizzontale (cambi di metro nel tempo)23

In fin dei conti si può riassumere che:


• -multi indica una diversità nel tempo
• -poli una diversità in verticale, cioè contemporaneamente.

di conseguenza

23 Stravinskij per fare un nome, con La sagra della primavera, ma anche tutto il progressive rock degli anni 70, o molta musica contemporanea.

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III.8.7 Poliritmia
Gruppi irregolari e non, (MA CON LO STESSO METRO!) a strati, in verticale24.

III.8.8 Texture
Se manteniamo intervalli molto ridotti e tra le voci c’è poliritmia, otteniamo una texture,
ovvero un tappeto sonoro, denso quanto il numero di voci. Rinnovo l’invito ad ascoltare Ligeti.

III.8.9 Multiritmia
Sequenze di gruppi irregolari e non.

La multiritmia è una pratica molto comune, da sempre usata. Le altre invece, vengono usate
molto nella musica contemporanea; capiamo però che un disco di Britney Spears pieno di tempi
dispari e poliritmie non venderebbe più di tanto.

La polimetria, infine, non è altro che l’estremizzazione di un procedimento naturale e molto


usato, cioè il raggruppamento:

24 György Ligeti (ramifications) tanto per fare un nome, ma nella musica contemporanea la poliritmia è molto usata.

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Per raggruppamento si intende un’accentazione regolare diversa dal metro; raggruppare a tre, a
cinque, ecc… Sopra ad esempio è un raggruppamento a tre.
Come se la parte sopra fosse scritta in 3/8, e quella sotto in 4/4. Notiamo che il nono accento
della parte superiore cade a metà della seconda battuta, quindi dopo 12/8.
12 non è forse il minimo comune multiplo tra 3 e 4?

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III.9 FIGURAZIONI RITMICHE .

Vediamo innanzitutto cos’è la sincope ed il contrattempo:


(come al solito il battere ed il levare viene indicato con i segni di pennata, sotto vi sono i quarti
di riferimento).

I.9.1 Sincope
È lo spostamento d’accento su un tempo debole, la nota dura anche sul tempo forte.

sincope

sincope

Ecco un’applicazione della sincope al soprano:

III.9.2 Contrattempo
Sul tempo forte vi è una pausa, la nota va suonata sul tempo debole.

75
…ed un esempio musicale anche per il contrattempo.

Questa volta è la chitarra a suonare in contrattempo.


Si può dire anche “suonare in levare”, ma è un gergo più da garage che da sala da concerto;
comunque il senso è sempre lo stesso.

III.9.3 Raggruppamenti semplici


Per raggruppamento si intende una particolare accentazione diversa dal metro e ripetitiva. Una
specie di polimetria, ma senza il bisogno di dover utilizzare due metri differenti. Il
raggruppamento è molto usato, grazie ad esso si interrompe la monotonia della ripetitività degli
accenti regolari.

Guardiamo l’esempio sotto:


Nel rigo singolo (l’ultimo) troviamo i quarti di riferimento, in poche parole, quando dovremmo
battere il piede, sopra abbiamo la melodia, e sotto solo la figurazione ritmica.
I segni utilizzati, sono quelli delle pennate ( in giù, generalmente in battere; in su,
generalmente in levare). Per suonare un simile pezzo, dove è evidente un raggruppamento di tre
sedicesimi, dovremo sempre sottintendere i sedicesimi che non suoniamo.
Al centro è illustrata la figurazione ritmica, in piccolo sono segnate le indicazioni di pennata
sottintese, o come lo penseremo per facilitarci la vita.

• Ritmicamente la canteremo così:


Ta-a Ta-a | Ta-a-a Ta-a-a Ta-a-a Ta-a-a Ta-a Ta-a | Ta

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Per batteria è lo stesso identico discorso, solo che al posto di su e giù avremo destra e sinistra. Per
marcare ancor più il raggruppamento, ogni accento viene eseguito sul rullante.

Notiamo che batteria e chitarra sono strumenti davvero simili, quello che si suona con la destra
alla batteria, sarà una plettrata in giù per la chitarra, e viceversa.

Infine lo possiamo raggruppare così:

Unendo le note raggruppate.

III.9.4 Relazioni in base a metro e raggruppamento


Questa è una parte davvero interessante, potremo osservare da vicino i rapporti che
intercorrono tra il raggruppamento ed il metro. Verranno analizzati i raggruppamenti più semplici,
quelli basati sul 3, 4, e 5, e le loro analogie. Per facilitarne la lettura è stata inclusa anche la parte di
batteria.

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• 3 su 4
Il più semplice ed il più usato è proprio il 3 su 4:

- in un 4/4 raggruppiamo a tre gli ottavi ottenendo così un ciclo25 di tre battute (come le
note raggruppate).
- gli accenti cadono alternandosi in battere è levare, questa è una caratteristica dei
raggruppamenti dispari.

- Questa volta, sempre in 4/4, raggruppiamo a tre i sedicesimi; il ciclo è sempre di tre
battute.
- Notiamo di divertente che la prima battuta inizia con tre sedicesimi, la seconda con due,
la terza con uno; la quarta di conseguenza inizierà con zero quindi riprende il ciclo da tre.
Stesso caso, inverso però, si ha alla fine di ogni battuta, dove l’ultima durata nella prima
misura è di un sedicesimo, nella seconda di due e nella terza di tre.
- Infine, ci accorgiamo che a metà della seconda battuta abbiamo l’accento del
raggruppamento che si sovrappone al secondo accento forte della misura, in poche parole
dopo 3/2. L’eterno ritorno del 2 e del 3!

• 4 su 3
Se raggruppiamo a quattro gli ottavi in un 3/4 basteranno due battute per completare il ciclo.

• 5 su 3
Il ciclo ora verrà completato in cinque battute, che siano ottavi o sedicesimi.

25Per ciclo intendo la sovrapposizione degli accenti del raggruppamento e del metro. Nel 4/4 l’accento forte cade all’inizio della battuta, ovvero
ogni quattro quarti od otto ottavi, nel 3/8 ogni 3; sovrapponendoli l’accento di entrambi cadrà sul Minimo Comune Multiplo, che è 12 (3 x 4). In
una MACROSTRUTTURA avviene lo stesso. Se l’accento comune si ha ogni tre battute, ed un giro (ipotizziamo) è composto da 4, allora vedremo
che gli accenti comuni ritorneranno ogni 12 battute.

||> 1 | 2 | 3 |> 4 | 5 | 6 |> 7 | 8 | 9 | > 10 | 11 | 12 ||> 13

12 è il numero delle battute per avere 4 accenti comuni, ma i giri sono 3. Ecco come la micro struttura influenza la macrostruttura.

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- Anche qui notiamo che se la prima battuta inizia con cinque ottavi, la seconda inizierà
con quattro (in quanto legati all’ottavo della prima misura), la terza con tre e così via.
Sempre stesso discorso per le durate alla fine della battuta: si inizia con un ottavo, per
arrivare all’ultima misura con cinque.

- Come tutti i raggruppamenti dispari gli accenti cadono alternati tra battere e levare, inoltre
si può facilmente osservare che ora, per concludere avremo bisogno di 15 quarti, il solito
minimo comune multiplo tra 3 e 5.

• 5 su 4
Anche qui ci sarà bisogno di cinque battute. I quarti necessari per comporre un ciclo ora sono
20.

- Raggruppiamo ad ottavi

- Raggruppiamo a sedicesimi

• 4 su 5

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Possiamo concludere infine, che il numero delle battute che compongono il ciclo è multiplo o
sottomultiplo del raggruppamento, e che sempre ritorna il m.c.m26.

- Se sotto infatti la somma dei quarti totali è 10

- Basterà raddoppiare la lunghezza delle note raggruppate per ottenere il 20 (5 x 4).

• 3 su 5
Il ciclo quindi è composto da:

- 3 battute totali
- 15 quarti

26 Minimo comune multiplo

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III.9.5 Raggruppamento di gruppi irregolari

• 4 terzine su 4/4

- Stesso discorso del 4 su 3, con l’unica differenza che ora viene cambiata l’accentazione
all’interno della singola battuta, ma il 12 è sempre presente.

- Questo raggruppamento è molto usato dai chitarristi, per esempio negli assoli:

81
I V • L’A RMONIA

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IV.1 INTRODUZIONE ALL’ARMONIA TONALE .

Questo già ci dice tutto. Sono le prime nove armoniche di un qualsiasi suono intonato.

Osserviamo gli intervalli che intercorrono tra una nota e l’altra:

DO DO ? ottava
DO SOL ? quinta
SOL DO ? quarta
DO MI ? terza maggiore
MI SOL ? terza minore
SOL SIb ? terza minore
SIb DO ? seconda maggiore

Notiamo, che man mano che saliamo gli intervalli diventano sempre più stretti.

Questi suoni formano un’armonia di dominante, che tenderà a risolvere alla quarta ascendente.
Ecco spiegato perché il quinto grado è così carico di tensione, e perché qualsiasi nota, presa
singolarmente (fuori da un contesto tonale) tenderà alla quarta ascendente.

L’armonia tonale si basa sull’intervallo di terza, inoltre, la disposizione delle armoniche, ci


consiglia di non tenere intervalli molto stretti nella regione grave. Più si scende e più c’è la
necessità di avere intervalli consonanti e sempre più ampi.

3a 5a 5a 8 va
cattivo buono sconsigliato buono

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IV.1.1 Intervalli alle voci basse


Qua sotto sono rappresentate le prime armoniche di tre suoni: DO 0, DO 4 e DO 8.

• DO0

Guardiamo le armoniche prodotte dal DO 0: nell’ottava del DO 4, quella a cui il nostro orecchio
(musicale), è più sensibile, ne avremo ben 1627, di conseguenza, sovrapporre ad essa una quarta o
una terza, andrebbe a creare, dentro quell’ottava una certa confusione…

• DO4

…confusione, che con il DO 4 non c’è. Infatti, la seconda armonica sarà il DO 5.

• DO8

Con il DO 8 le cose cambiano, non è più un problema di suoni troppo ravvicinati, ma un


problema di definizione.
Il DO 8 è all’incirca una frequenza di 4.000Hz, la seconda armonica sarà quindi di 8.000, la terza
di 12.000, la quarta di 16.000 e la quinta di 20.000; oltre il nostro orecchio non sente più nulla.
Difficilmente, in questa regione, ma soprattutto nella nona o decima ottava, si riesce a percepire
una consistente variazione di altezza.
Per questi motivi, i tasti estremi del pianoforte li percepiamo “scordati”.

27 Consultare la tavola delle armoniche.

85
IV.2 CONDOTTA DELLE PARTI .

IV.2.1 Moto delle parti


In Armonia il movimento delle parti prende il nome di condotta; in una condotta vi possono
essere più moti, vediamoli:

• Moto retto:
Quando due o più voci procedono nella stessa direzione.

• Moto contrario:
Quando una sale e l’altra scende.

• Moto parallelo:
Quando le voci procedono nella stessa direzione e con gli stessi intervalli.

• Moto obliquo:
Quando una delle due rimane ferma, mentre l’altra si muove.

Nel concatenamento degli accordi, in linea di massima, sarebbe bene far fare alle voci il minor
tragitto possibile, questo per evitare di incorrere in quinte ed ottave parallele, da sempre visto
come pessima condotta. Su triadi a distanza di terza le voci in comune sono 2; a distanza di
quinta invece una.

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Ecco il giro armonico28 di DO maggiore a quattro voci:

Aggiungiamo ora che nella scrittura le singole voci vanno trattate singolarmente. Sotto è
illustrato come andrebbero scritte per una miglior visualizzazione:

S
A

T
B

• Soprano e Contralto (viene chiamato anche Alto) nella parte superiore


• Tenore e Basso in quella inferiore

IV.2.2 Ottave e quinte parallele


Sentite questo:

e ora questo:

È sempre lo stesso percorso armonico (DO – FA – SOL – DO), ma nel primo caso tutte le
voci si muovono per moto parallelo, dando così un senso di monotonia, nel secondo invece, c’è
una maggior varietà nella condotta.

Diciamo ora che nell’armonia classica è vietato il moto parallelo di quinte ed ottave, spesso
anche quello retto.

Vediamo dov’erano queste quinte ed ottave:

28 Il giro armonico trae origine dal semplice concatenamento I, IV V, che però è stato modificato in I, VI, II, V. Il VI grado come sappiamo è il
parallelo del primo, nonché V del II, è stato quindi posto dopo il I. Il grado parallelo del IV è il II, che a sua volta è il V del V. Il gioco è fatto! Il
giro si presenta come tanti quinti gradi in caduta. Consiglio comunque di dare un’occhiata alle dominanti secondarie per non farsi strane idee su
quello che ho detto!

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IV.2.3 Garibaldi
Un movimento simile, risulta monotono in quanto vengono mantenuti sempre gli stessi
intervalli. Proviamo a pensare alla canzone popolare su Garibaldi:

Garibaldi fu ferito
Fu ferito ad una gamba
Garibaldi che comanda
Garibaldi bersaglier!

Era una specie di giochino dove al posto di qualsiasi vocale ne veniva impiegata solamente una,
come sotto:

Garabalda fa farata
Fa farata ad ana gamba
Garabalda ca comanda
Garabalda barsagl(i)ar!

Questo, è lo stesso effetto di un’armonia che si muove parallelamente; magari il senso si capisce,
ma risulta noioso e tuttavia senza enfasi; a causa del movimento parallelo risulta piatto, come la
canzone su Garibaldi con una sola vocale.

IV.2.4 Contrappunto
La condotta delle parti è molto importante qualora si decidesse di scrivere (ovviamente) a più
voci. Questo frammento di brano è scritto nello stile del contrappunto, che significa “nota contro
nota”. Esistono vari stili, legati più o meno alle varie epoche della storia della musica: c’è quello
rinascimentale, di Palestrina, di Bach, ma anche compositori contemporanei come Hindemith ne
fanno uso (Kammermusiken).
Il termine deriva dal latino punctum contra punctum, ovvero nota contro nota; questo si capisce
bene osservando le cinque specie.
Nel contrappunto domina la visione orizzontale, le varie voci si muovono autonomamente,
creando in verticale un’armonia. In esso vi sono più o meno le stesse regole dell’armonia,
differenziandole però a seconda dello stile e del periodo storico che si vuole ricreare.
Mi rendo conto che spiegare il contrappunto (ovvero più di cinquecento anni di musica!) in
cinque righe può sembrare un po’ riduttivo.

Il contrappunto si ha con due (ovviamente!) o più voci, generalmente si scrive a quattro o


cinque, non mancano casi però di scritture a ben superiori alle cinque voci; Biber scrive la sua
messa di Salisburgo per 53 voci!

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Vediamo le cinque specie:

PRIMA SPECIE
Nota contro nota

SECONDA SPECIE
Due note contro una

TERZA SPECIE
Quattro note contro una

QUARTA SPECIE
Sincopi

QUINTA SPECIE
Fiorito

Vediamo sotto un contrappunto fiorito a quattro voci:

89
IV.3 CIRCOLO DELLE QUINTE .

Il circolo delle quinte evidenzia molto bene il concetto di tonalità vicine e tonalità lontane.
Grazie all’armatura in chiave, notiamo subito che solo un suono cambia tra due tonalità vicine.

esempio:

in FA maggiore DO RE MI FA SOL LA SIb DO RE MI FA SOL

in DO maggiore DO RE MI FA SOL LA SI DO RE MI FA SOL

in SOL maggiore DO RE MI FA# SOL LA SI DO RE MI FA# SOL

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una quinta sotto (sinistra) una quinta sopra (destra)


DO maggiore
LA minore
(relativa minore, VI grado)
FA maggiore SOL maggiore
RE minore (relativa minore del MI minore (relativa minora del
FA maggiore) SOL maggiore)

Possiamo anche affermare, che la tonalità vicina è costruita su un accordo della tonalità escluso
ovviamente il VII grado, in quanto sull’accordo di sensibile non è possibile costruire alcuna
tonalità. O maggiore o minore, la tonalità diminuita non esiste.

91
IV.4 I NTERVALLI .

L’intervallo è la distanza tra due note.

IV.4.1 Intervallo melodico


Se le note sono distanti nel tempo, nel senso orizzontale, per esempio una melodia.

IV.4.2 Intervallo armonico


Nel caso che siano suonate contemporaneamente, nella verticalità.

IV.4.3 Intervallo ascendente


Quando la seconda delle due (o più) note sale

IV.4.4 Intervallo discendente


L’inverso dell’intervallo ascendente

Gli intervalli vanno sempre calcolati dal basso verso l’alto, cosicché RE – FA non sarà una
terza minore, ma una sesta maggiore; vedremo più avanti di capire il perché.

Esistono inoltre due tipi di semitoni: cromatici e diatonici.

IV.4.5 Intervallo cromatico


Quando due suoni a distanza di un semitono mantengono il nome, ad esempio SOL – SOL#
(A), RE – REb (B), RE# – RE (C)

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IV.4.6 Intervallo diatonico


Quando due suoni a distanza di un semitono cambiano il nome, ad esempio SI – DO (A), RE –
DO# (B), SIb – LA (C)

Infine, aggiungiamo che gli intervalli omologhi, semplici/composti e rivoltati.

IV.4.7 Intervallo omologo


Quando due intervalli diversi producono lo stesso suono.

a) seconda eccedente d) terza minore g) ??unisono ancor più che


b) terza minore e) quarta più che diminuita aumentato??
c) quarta più che f) ?? quinta ancor più che h) seconda aumentata
diminuita diminuita?? i) terza minore

Il calcolo degli intervalli deriva dalla scala diatonica, in quanto, è una scala dove ogni grado può
portare solamente un nome, diverso dagli altri; per questo motivo due suoni possono avere più
interpretazioni intervallari, ma un intervallo sarà sempre quel rapporto.

IV.4.8 Intervalli semplici e composti


a) L’intervallo semplice si ha quando non supera l’ambito d’ottava (SOL – SI).
b) L’intervallo composto invece, quando la supera, RE – MI è una nona maggiore.

Vedremo nelle estensioni degli accordi l’utilizzo di intervalli che superano l’ottava:

La nona è un’ottava più una seconda.


La decima è un’ottava più una terza.
L’undicesima è un’ottava più una quarta.
La dodicesima è un’ottava più una quinta.
e così via…

IV.4.9 Intervallo rivoltato


Si ottiene trasportando all’ottava alta la nota più bassa (b), o all’ottava bassa la più alta (c).
a) è l’intervallo originale.

93
Rivoltando un intervallo si può notare che: il maggiore diventa minore e viceversa, il diminuito
diventa eccedente e viceversa. L’altra cosa divertente è che l’intervallo originale ed il suo rivolto se
sommati danno 9. Mi spiego meglio:

• una terza rivoltata dà una sesta 3+6=9


• Una seconda dà una settima 2+7=9
• Una quarta dà una quinta 4+5=9

Inoltre:

Una terza minore rivoltata dà una sesta maggiore 3+6=9

a) SOL – SIb = terza minore


b) SIb – SOL = sesta maggiore

Una terza maggiore rivoltata dà una sesta minore 3 + 6 = 9

a) SOL – SI = terza maggiore


b) SI – SOL = sesta minore

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IV.5 TAVOLA DEI RIVOLTI DEGLI INTERVALLI .

Unisono ? Ottava giusta

Seconda minore? Settima maggiore Seconda maggiore ? Settima minore

Terza minore ? Sesta maggiore Terza maggiore ? Sesta minore

Quarta diminuita ? Quinta eccedente Quarta eccedente ? Quinta diminuita

Quarta giusta ? Quinta giusta

Quinta diminuita ? Quarta eccedente Quinta eccedente ? Quarta diminuita

Quinta giusta ? Quarta giusta

Sesta minore ? Terza maggiore Sesta maggiore ? Terza minore

Settima minore ? Seconda maggiore Settima maggiore ? Seconda minore

Ottava giusta ? Unisono

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IV.6 T AVOLA DEGLI INTERVALLI .
(in rapporto a DO)

Come si può notare dallo schema, le note degli intervalli che siano maggiori, minori, eccedenti e
diminuiti, mantengono sempre lo stesso nome.

Es: La sesta minore del DO è Lab


La sesta maggiore del DO è LA
La sesta aumentata del DO è LA#
La sesta diminuita del DO è LAbb

Come è anche vero che:


La sesta minore del DO è Lab
La quinta eccedente del DO è SOL#

ATTENZIONE! è sbagliatissimo scrivere un LAb al posto del SOL#!


Saranno i diversi contesti a stabilire se questo suono si chiamerà in un modo o
nell’altro.

Es: Un FA minore: Il terzo grado minore dell’accordo sarà LAb, non SOL#, la
seconda eccedente! Comunque rimanderemo questo discorso, ma giusto per anticipare,
l’accordo è una sovrapposizione di terze, non di seconde.

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Questo è un FA minore Questo non è un FA minore

Es: Siamo in tonalità di LA minore armonica, il grado che verrà sensibilizzato (cioè
portato a un semitono dalla tonica) sarà il settimo, non ci sogneremo mai di abbassare il
LA a Lab (TONICA DIMINUITA??). Quindi il SOL diventerà SOL#.

SBAGLIATISSIMO

Siamo in una scala diatonica, e come già detto ogni grado può portare solo un nome, diverso dagli altri.
Perché è sbagliato LAb? Perché altrimenti la nostra scala sarebbe strutturata come segue:

LA SI DO RE MI FA LAb LA errato
anziché
LA SI DO RE MI FA SOL# LA giusto

L’errore sta proprio nell’avere due diversi gradi della scala con lo stesso nome. Sbagliato.

Possiamo inoltre trovare la quinta più che diminuita anche in questa forma, senza doppio
bemolle:

Il suo rivolto sarà la quarta più che aumentata

97
Quando si parla di intervalli non si può trascurare l’aspetto fondamentale, e cioè la SONANZA.
La sonanza è una caratteristica intrinseca di due suoni presi in considerazione (sia armonicamente
che melodicamente), e che comprende CONSONANZA e DISSONANZA; e deriva quanto più
dalla serie delle armoniche (armonia naturale).
Consonanza = Riposo, stabilità
Dissonanza = Movimento, instabilità

IV.6.1 Consonanza e dissonanza

Consonanza perfetta ? ottava, quinta.


Le prime tre armoniche, rimane invariato in base al modo (a differenza delle terze e
seste).
CONSONANZE

Consonanza imperfetta ? terze, seste, maggiori e minori.


Sarebbe più consonante la terza maggiore, in quanto nella serie delle armoniche
viene prima. E poi, provate a fare un MI maggiore alla chitarra, e poi un MI minore…
Qual è quello che riempie di più??

Consonanza mista ? quarta.


Pur non cambiando nei due modi non viene considerata ne consonanza perfetta, ne
imperfetta. Appunto mista.
DISSONANZE

Dissonanza naturale ? seconde, settime, maggiori e minori.


Tutti gli intervalli che non danno il senso di riposo, ma facenti parte della tonalità.

Dissonanza alterata ? tutti gli altri.


Tutti gli intervalli che oltre a non dare il senso di riposo, quindi dinamici, non fanno
parte della tonalità. possiamo includere anche i cromatismi.

Aggiungiamo inoltre che un intervallo di seconda,


viene chiamato anche INTERVALLO CONGIUNTO. Specie in Armonia.

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IV.7 DEFINIZIONE DI A CCORDO .

L’accordo è un insieme di almeno tre suoni, distanti tra loro una terza.
Tutta l’armonia tonale si basa sulla sovrapposizione di terza.
L’accordo, è quindi una sovrapposizione di terze, la forma più semplice è la triade, poi la
quadriate e così via, fino ad accordi composti da sette suoni/voci.

Accordo a tre voci Accordo a quattro voci


DO – MI – SOL DO – MI – SOL – SI

Ne aggiungiamo un’altra?
Troviamo l’accordo di nona

Accordo a cinque voci


DO – MI – SOL – SI – RE

Un’altra ancora e poi un’altra e troviamo l’accordo di undicesima e tredicesima. L’accordo di


tredicesima, come possiamo immaginare contiene al suo interno tutti i suoni della scala diatonica.
È in assoluto l’accordo meno ambiguo.29

Accordo a sei voci Accordo a sette voci


DO – MI – SOL – SI – RE – FA DO – MI – SOL – SI – RE – FA – LA

29Si intende ambiguità tonale. L’accordo di tredicesima che abbiamo illustrato, non può essere che un accordo in tonalità di DO. Più voci
compongono un accordo e meno ambiguo diventa. Vediamo gli esempi:

Le note mancanti all’accordo sono quelle che possiamo alterare a nostro piacimento, addirittura in un bicordo (primo esempio) non riusciamo a
sapere nemmeno se esso è maggiore o minore.
Vediamo anche esempi di melodia:

Da queste poche note non riusciamo a capire il modo, manca la terza, la settima, la seconda e la sesta. Ci sono solamente il
primo il quarto ed il quinto grado (ammesso sempre che sia DO maggiore).

Aggiungendone un po’ capiamo che potrebbe essere un DO maggiore, potrebbe perché nessuno vieta che possa essere un
LA minore naturale.

Questo potrebbe essere un DO minore, ma mancando il LAb non possiamo dirlo con certezza, quindi perché non SOL
minore naturale?

Qua siamo quasi sicuri di essere in SOL minore armonico: terzo e sesto grado minori, e settima sensibilizzata.

99
IV.8 GRADI E TONALITÀ .

Nella musica tonale siamo abituati a sentir parlare di tonalità, e come abbiamo già ripetuto, nelle
scale (tonali) c’è una gerarchia, tutto ruota attorno ad una nota, il primo grado. Tutto nasce da
essa, ed in essa tutto converge.

Ma che cos’è questo famoso primo grado?!


È la tonica, la regina della tonalità.

I gradi della scala sono 7, guarda caso come le note che conosciamo.
I gradi vengono indicati con i numeri romani in ordine crescente.

Caratteristica della tonalità è la settima di dominante che precede l’accordo di tonica. Si è visto
spesso, anche nella musica modale dei secoli della polifonia, un qualcosa di simile ad una cadenza
perfetta, ma non si può considerarla ancora tale in quanto il concetto di accordo come unità
indivisibile non era ancora stato teorizzato. Tuttavia le possiamo considerare geniali anticipazioni.

Diamo un nome a questi suoni:

I grado = TONICA: è il grado che da il nome alla scala, attorno ad esso ruotano tutti gli
altri, li genera e li attrae contemporaneamente. Fa parte dei tre gradi detti Forti o
Tonali.
II grado = SOPRATONICA: è il II grado, ma anche il V del V.
III grado = MEDIANTE o MODALE: viene chiamata anche modale perché stabilisce il
modo.
IV grado = SOTTODOMINANTE: Il secondo dei tre gradi forti. Quando è presente
nell’accordo del VII o del V grado (di settima) prende anche il nome di
controsensibile.
V grado = DOMINANTE: è proprio il grado dominante della tonalità. È l’ultimo dei tre
gradi forti.
VI grado = SOPRADOMINANTE: su questo grado costruiamo la tonalità minore relativa.
VII grado = SENSIBILE: si chiama sensibile solo quando dista un semitono dalla tonica ed
appartiene alla triade del V o VII grado. Se non fa parte di questi gradi, o non
dista un semitono dalla tonica lo chiameremo VII grado minore. Quando questo
grado si chiama sensibile è costretto a risolvere sulla tonica.
(((VIII grado = TONICA)))

100
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e un’immagine:

- Secondo Schönberg

la scala è l’analisi dell’accordo


in effetti, prendendo i suoni singolarmente e disponendoli in successione, si ha
un’analisi.

l’accordo è la sintesi della scala


come è anche vero che prendendoli insieme, o solo alcuni (come può essere una triade)
si ha una sintesi.

Vediamo intanto che cosa sono questi gradi:

Su ognuno di questi gradi si può costruire un accordo, verrà chiamata triade, che nell’armonia
tonale, è una sovrapposizione di terze. Ognuno di questi suoni ha un nome: fondamentale, terza e
quinta30.

30 Questo procedimento prende il nome di armonizzazione, da ARMONIA. Se ci pensiamo, armonia è la verticalità della musica, mentre melodia,
l’orizzontalità. Armonizzare significa quindi erigere; costruire in verticale.

101
IV.8.1 Maggiore

A vederle così sembrano tutte uguali (linea linea linea oppure spazio spazio spazio), eppure, se
andiamo a vedere i rapporti di terza in ognuna di esse, scopriamo che qua sopra ci sono tre tipi di
triade:

DO - I grado è composta da una 3°M + 3°m


RE min - II grado è composta da 3°m + 3°M
MI min - III grado è composta da 3°m + 3°M
FA - IV grado è composta da 3°M + 3°m
SOL - V grado è composta da 3°M + 3°m
LA min - VI grado è composta da 3°m + 3°M
SI dim - VII grado è composta da 3°m + 3°m

Ne aggiungiamo una (la triade eccedente) e costruiamo le quattro triadi partendo da DO.

a) triade MAGGIORE
3°M + 3°m = 4sem + 3 sem
si trova sul I, IV e V grado della scala maggiore

b) triade MINORE
3°m + 3°M = 3sem + 4 sem
si trova sul II, II e VI grado della scala maggiore

c) triade DIMINUITA
3°m + 3°m = 3sem + 3 sem
si trova solo sul VII grado della scala maggiore

d) triade ECCEDENTE
3°M + 3°M = 4sem + 4 sem
nella tonalità maggiore non esiste

Potremmo fare un ulteriore distinzione tra essi:


quelli che formano una quinta giusta saranno CONSONANTI, quelli con la quinta diminuita o
eccedente saranno DISSONANTI.

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Ricapitolando:

I 4+3=7 Accordo Maggiore Consonante DO maggiore


II 3+4=7 accordo minore Consonante RE minore
III 3+4=7 accordo minore Consonante MI minore
IV 4+3=7 Accordo Maggiore Consonante FA maggiore
V 4+3=7 Accordo Maggiore Consonante SOL maggiore
VI 3+4=7 accordo minore Consonante LA minore
VII 3+3=6 accordo diminuito dissonante SI diminuito

IV.8.2 Minore naturale


Ora vediamo i gradi della scala minore naturale:

armonizziamola a tre voci:

La scala minore naturale è costruita sul VI grado della scala maggiore, le note sono le stesse, ma
cambiano i rapporti all’interno. La tonica (in questo caso che siamo in LA) non è più il DO, ma il
LA, di conseguenza, il IV e V grado saranno rispettivamente RE minore e MI minore.

Come possiamo notare, questa scala è priva della sensibile, toccherà quindi sensibilizzare il VII
grado.

103
IV.8.3 Minore armonica
Alzando di un semitono il VII grado, questa scala godrà di una sensibile, e di conseguenza di un
vero e proprio accordo di dominante (accordo maggiore del V grado), quindi di tutte quelle
proprietà dinamiche risolutive della dominante.

Questa qua sopra è la scala di LA minore armonica, si differenzia da quella naturale per il VII
grado sensibilizzato, grazie a questo godrà di tutte le proprietà armoniche di tensione e
risoluzione della scala maggiore.

Armonizziamola a tre voci:

quindi

I 3+4=7 accordo minore Consonante LA minore


II 3 +3 =6 accordo diminuito dissonante SI diminuito
III 4 + 4 =8 accordo eccedente dissonante DO eccedente
IV 3+4=7 accordo minore Consonante RE minore
V 4+3=7 Accordo Maggiore Consonante MI maggiore
VI 4+3=7 Accordo Maggiore Consonante FA maggiore
VII 3+3=6 accordo diminuito dissonante SOL# diminuito

IV.8.4 Minore melodica


Questa scala è un incrocio tra quella maggiore e quella minore, inoltre cambia intervalli a
seconda che sia ascendente o discendente.

Salendo, il I, II, III, e IV grado fanno parte di una scala minore; il V, VI, e VII di una maggiore
che ha come tonica il V grado della precedente.
In poche parole, la minore melodica ascendente è una scala maggiore con la terza minore,
quella discendente è una minore naturale.

Possiamo facilmente constatare che è una riserva di nove suoni. Quando si sale il VI e VII
grado sono maggiori e ma la modale rimane minore (altrimenti avremmo la normalissima scala
maggiore), quando si scende il VI e VII grado tornano minori.

104
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Armonizzandola…

… 13 triadi.

Andiamo a vedere di che tipo sono:

I 3+4=7 ACCORDO MINORE Consonante LA minore


II 3 +3 =6 accordo diminuito dissonante SI diminuito
3+4=7 accordo minore Consonante SI minore
III 4+3=7 Accordo Maggiore Consonante DO maggiore
4 + 4 =8 accordo eccedente dissonante DO eccedente
IV 3+4=7 accordo minore Consonante RE minore
4+3=7 A CCORDO MAGGIORE Consonante RE maggiore
V 3+4=7 accordo minore Consonante MI minore
4+3=7 A CCORDO MAGGIORE Consonante MI maggiore
VI 4+3=7 Accordo Maggiore Consonante FA maggiore
3+3=6 accordo diminuito dissonante FA# diminuito
VII 4 + 3 =7 Accordo Maggiore Consonante SOL maggiore
3+3=6 accordo diminuito dissonante SOL# diminuito

105
IV.9 BUCHI E TONALITÀ .

Se la tonalità vi è ancora difficile da capire, fotocopiate questa pagina e fate dei buchi al posto
dei quadratini neri; spostate quindi il primo buco della tonalità che vi interessa conoscere e
troverete le note che la compongono.

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IV.10 ALTRE SCALE .

IV.10.1 Scala pentatonica di DO maggiore


Vedi capitolo dedicato. Accenniamo che deriva dalla sovrapposizione di quinte:

I II III V VI VI
T T T+s T T+s

IV.10.2 Scala esatonale di DO


Suddivide l’ottava in sei toni, di conseguenza viene a mancare la sensibile. Quarto quinto
e sesto grado sono alzati. Capiamo, vista la sua simmetricità che non possiamo che averne
due di queste scale: una che parte da DO e una da DO#. Viene anche chiamata scala a toni
interi o scala di Debussy.

I II III IV# V# VI# VIII


T T T T T T

IV.10.3 Scala maggiore armonica di DO


Deriva dall’interscambio modale, prende in prestito dal minore il VI grado.

I II III IV V VIb VII VIII


T T s T s T+s s

IV.10.4 Scala minore di Bach


Scala minore con VI e VII grado alzato. Può essere considerata anche una minore
melodica ascendente, che rimane tale sia in salita che in discesa.

I II III IV V VI# VII# VIII


T s T T T T s

107
IV.10.5 Scala minore napoletana di LA
È una minore armonica con il II grado abbassato.

I IIb III IV V VI VII# VIII


s T T T s T+s s

IV.10.6 Scala minore orientale


Vi è mantenuto l’intervallo di seconda eccedente, tipico della cultura orientale. Può essere
considerata anche un minore armonica con la quarta eccedente.

I II III IV# V VI VII# VIII


T s T+s s s T+s s

RELAZIONE SESTA
NAPOLETANA CON SCALA!!!

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IV.11 ALCUNE CONSIDERAZIONI SULLE TRIADI .

Ora diciamo che:


L’ARMONIA È LA TEORIA DEL COLLEGAMENTO DEGLI ACCORDI

L’armonia funzionale si basa principalmente sui tre gradi forti, gli altri quattro sono considerati
paralleli o sostitutivi; un ulteriore distinzione avviene tra armonie principali e armonie derivate,
cioè con quinta giusta e non, cosicché il settimo grado (diminuito) è considerato un derivato,
ovvero una settima di dominante con fondamentale sottintesa.
Parte dell’armonia funzionale sono i rivolti, intesi come lo stesso aggregato accordale, ma con
diversa disposizione di suoni; durante il barocco, e quindi con la teoria del basso continuo, il
rivolto non era considerato tale, ed il basso era sempre inteso come nota fondamentale.
Dalla seconda metà dell’Ottocento, e specialmente con Wagner, si iniziò ad introdurre
numerevoli cromatismi, molti dei quali erano solo di colore31, ma altri già preannunciavano uno
sfaldamento nell’armonia funzionale.
Nel Novecento con Schönberg, prima attraverso l’emancipazione della dissonanza32 chiamata
anche atonalità e poi con la dodecafonia, il sistema dell’armonia funzionale andrà in pensione.
La dodecafonia è un sistema ordinato che nega la predominanza di qualsiasi nota. Utilizza tutto
il patrimonio cromatico dove non c’è alcun rapporto funzionale; deve essere stabilita prima però,
la serie che verrà utilizzata per tutto il componimento.

IV.11.1 Funzioni
Ma che ruolo hanno questi accordi?
Nel sistema tonale ci sono tre aree che fanno parte di una gerarchia, dove la Tonica regna su
tutto, vediamone le funzioni:

- Area di TONICA: [ riposo ] troviamo il I ed il VI grado (anche il III, molto raro però nella
letteratura classica, ma non di certo in quella pop/rock), sono i gradi che ci danno senso di riposo.
- grado principale: I
- gradi secondari : VI e III

- Area di SOTTODOMINANTE : [ preparazione ] troviamo il IV ed il II grado, sono quelli che ci


conducono alla dominante, preparano la tensione. Il IV grado è tra l’altro a metà strada (in
termini di tensione) tra il V ed il I, non è statico come il primo, ma nemmeno dinamico come il
quinto. Per questo il più delle volte precede la dominante.
- grado principale: IV
- grado secondario : II

- Area di DOMINANTE : [ tensione ] troviamo il V ed il VII grado, quelli più carichi di tensione,
il prurito. Questo perché tali triadi hanno al loro interno la sensibile, suono carico e dinamico,
che tende alla tonica.
- grado principale: V
- gradi secondari : VII

31 La nota o accordo di colore non ha alcuna funzione, colora l’armonia, la arricchisce ma non le fa cambiare funzione.
32 Le dissonanze non richiedono più una risoluzione. Si evitano quindi tutti gli intervalli consonanti che ricordino il vecchio sistema tonale.

109
- La differenza tra la triade maggiore e quella minore è nella terza, alzando di un semitono
cromatico la terza minore otteniamo quella maggiore. possiamo anche fare il procedimento
inverso.
- La triade diminuita si può ottenere alzando di un semitono cromatico la fondamentale
dell’accordo maggiore, o abbassando la terza e la quinta sempre di un semitono.
- La triade eccedente si può ottenere alzando di un semitono cromatico la quinta
dell’accordo maggiore, o abbassando di un semitono cromatico la fondamentale.

Qua sotto vediamo le più importanti relazioni tra le triadi in tonalità maggiore e le relative
tensioni.

Ma perché il I, IV e V grado sono così importanti?


Perché da soli racchiudono tutta la tonalità.
Il I grado si sa, è il centro tonale, ma gli altri due?
Grazie a questi due gradi (ma soprattutto grazie alla settima di dominante) percepiamo la
tonalità. Questi due gradi sono complementari: il quarto grado esclude tutte le alterazioni che nel
circolo delle quinte si raggiungono salendo con i diesis, il quinto quelle con i bemolli.
È ovvio che se ci troviamo un SOL maggiore non potremo mai essere in tonalità di FA
maggiore no? In quanto la terza del SOL dovrebbe essere minore. Stesso per il FA (sia maggiore
che minore) che non potrà mai far parte della tonalità di SOL maggiore, perché il SOL maggiore
in chiave ha il FA# (come il FA maggiore ha il SIb).

IV.11.2 Posizione e stato delle triadi


Finora abbiamo visto i suoni che compongono le triadi, li abbiamo visti sempre allo stato
fondamentale, cioè con la nota che da il nome alla triade messa al basso.
Ma possiamo avere anche la terza e la quinta al basso, o qualsiasi altro suono dell’accordo,
questi li chiameremo rivolti.
Il RIVOLTO è una particolare disposizione dei suoni che compongono la triade, più
precisamente in base alla nota che sta al basso.

Abbiamo già accennato ai rivolti quando si parlava degli intervalli, vediamo ora lo stato delle
triadi e quadriadi (accordi di settima):

Fondamentale al basso ? stato fondamentale


Terza al basso ? primo rivolto
Quinta al basso ? secondo rivolto
Settima al basso ? terzo rivolto

110
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Aggiungiamo anche la posizione, cioè la nota della voce più acuta.

Fondamentale ? posizione d’ottava


Terza ? posizione di terza
Quinta ? posizione di quinta

a) Stato fondamentale | in posizione di quinta


b) Stato fondamentale | in posizione di ottava
c) Stato fondamentale | in posizione di terza

d) Stato di primo rivolto | in posizione di ottava


*
e) Stato di primo rivolto | in posizione di quinta

f) Stato di secondo rivolto | in posizione di terza


g) Stato di secondo rivolto | in posizione di quinta
h) Stato di secondo rivolto | in posizione di ottava

*Aggiungiamo, che se ci troviamo di fronte ad un primo rivolto, sarà sempre bene evitare di
raddoppiare la terza (per questo motivo negli esempi d) ed e) tale suono è assente se non al basso)
della triade, in quanto è già al basso. Rafforzando questo suono si verrebbero a creare delle
tensioni che lo snaturerebbero. Anziché un DO maggiore in primo rivolto lo percepiremmo
come un MI min 6 senza quinta, o come un ritardo sulla quinta di un MI minore.
Questo discorso però non vale per la quinta, che si può tranquillamente raddoppiare.

111
IV.12 C IFRATURA .

Da qui in poi per capire al meglio gli esempi, sotto ad ogni accordo scriveremo il proprio grado
con un numero romano, se sarà rivoltato scriveremo a fianco, con i numeri arabi lo stato di tale
accordo.

Questo procedimento prende il nome di basso numerato, e trae origine dal basso continuo
barocco, dove sotto la linea del basso venivano indicati gli intervalli delle voci superiori.
Chiaramente, prima della nascita dell’armonia, e quindi dell’accordo come struttura verticale, era
impossibile avere un basso numerato, in quanto esisteva (nei secoli della polifonia, fino al XVI
sec) una concezione orizzontale della musica; l’accordo (o meglio triade) come parte unica ed
indivisibile non era ancora stato codificato.
Il basso numerato segue un procedimento elementare: partendo dalla nota del basso, si
costruisce l’accordo con gli intervalli segnati dopo il numero romano.
Vediamo riassunti in una tabella le cifrature più usate. La triade allo stato fondamentale non
necessita di alcun basso numerato, tuttavia, è possibile trovarlo :

TRIADI
5 DO + 5a = SOL
stato fondamentale 3
oppure 5 oppure nulla
DO + 3a = MI

6 MI + 6a = DO
primo rivolto 3
oppure 6
MI + 3a = SOL

6 SOL + 6a = MI
secondo rivolto 4 SOL + 4a = DO

ACCORDI DI SETTIMA (quadriadi)


7 DO + 7a = SI
stato fondamentale 5 oppure 7 DO + 5a = SOL
3 DO + 3a = MI

6 MI + 6a = DO
6
primo rivolto 5 oppure
5
MI + 5a = SI
3 MI + 3a = SOL

6 SOL + 6a = MI
4
secondo rivolto 4 oppure
3
SOL + 4a = DO
3 SOL + 3a = SI

6 SI + 6a = SOL
terzo rivolto 4 oppure
4
oppure 2 SI + 4a = MI
(settima al basso) 2
2 SI + 2a = DO

Si ricorda che i numeri rappresentano gli INTERVALLI, e quindi, in base


all’armonizzazione della scala su cui è costruito l’accordo, l’intervallo sarà
minore, maggiore giusto ecc...

112
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Esempi:
Se scriviamo 3 e 5, significa che dalla nota del basso dovremo sovrapporre una terza e una
quinta, SEMPRE rispetto al basso. Il numero romano che anticipa la cifratura indica il grado di
appartenenza.

Queste sotto sono triadi allo stato fondamentale.

V 5
3 I 53

Qualora ci fosse una voce (numero arabo) alterata, basterà affiancarle un + se aumentata, un –
se diminuita.

V 5+ 5
3 V 3-

È inoltre possibile segnare la condotta di una voce.


Nell’esempio sotto, vediamo una triade di DO maggiore in primo rivolto, la voce più acuta è
l’unica a muoversi; con una linea per ogni nota indicheremo che quelle voci rimarranno ferme e
segnaleremo solamente quella che si muove.

6 5 4 5
I 6_________ V ______
3_________

Se il basso è l’unica voce a muoversi, allora basterà una linea per tutte le altre voci.

La linea orizzontale insomma, significa “tenere”.

113
IV.13 I M ODI .

In principio era il modo, poi la tonalità.

Il nostro sistema tonale deriva dagli antichi modi ecclesiastici (medioevo), che a loro volta sono
stati importati dalla cultura greca. Il concetto di armonia, è nato intorno al XVI sec, con
Monteverdi, tra i primi ad avere avuto una visione “verticale” piuttosto che “orizzontale” della
musica; inoltre è stato il primo ad aver utilizzato la settima di dominante che risolve sull’accordo
di tonica nel tempo forte.

E va assolutamente ricordato che:

Nei modi non c’è la gerarchia del sistema tonale, non ci saranno quindi
cadenze, modulazioni e quanto altro ricordi il sistema tonale. Non si parla più di
dominante, sensibile ecc, ma di gradi e basta.

114
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I gradi qui non stabiliscono più funzioni e vengono interpretati melodicamente, dando quindi
più importanza all’intervallo che all’armonia che ne risulta dalla stratificazione melodica.
Nella musica moderna però i modi sono utilizzati con una concezione più verticale che
orizzontale; in poche parole un “vecchio vino in una botte nuova”.

I modi utilizzano sempre lo stesso materiale sonoro, ma organizzato in maniera differente, gli
esempi mostrano l’origine della scala (primo pentagramma) e la trasposizione in DO (secondo
pentagramma):

IV.13.1 Ionico ( T - T - S - T - T - T - S )

I – II – III – IV – V – VI – VII

è costruito sul I grado, è la nostra scala maggiore

IV.13.2 Dorico ( T - S - T - T - T - S - T)

I – II – IIIb – IV – V – VI – VIIb

è costruito sul II grado, è una scala minore con il sesto grado alzato

IV.13.3 Frigio ( S - T - T - T - S - T - T )

I – I I b – IIIb – IV – V – V I b – VIIb

è costruito sul III grado, è una scala minore con il secondo grado abbassato

115
IV.13.4 Lidio ( T - T - T - S - T - T - S )

I – II – III – IV# – V – VI – VII

è costruito sul IV grado, è una scala maggiore con il quarto grado alzato

IV.13.5 Misolidio ( T - T - S - T - T - S - T )

I – II – III – IV – V – VI – VIIb

è costruito sul V grado, è una scala maggiore con il settimo grado abbassato

IV.13.6 Eolio ( T - S - T - T - S - T - T )

I – I I – IIIb – IV – V – V I b – V I I b

è costruito sul VI grado, è la nostra scala minore naturale

IV.13.7 Locrio ( S - T - T - S - T - T - T )

I – IIb – IIIb – IV – Vb – VIb – VIIb

è costruito sulVII grado, non è paragonabile a nessuna scala in quanto ha il secondo


grado abbassato, terzo grado abbassato, quinto grado abbassato, sesto grado
abbassato, settimo grado abbassato.

Ogni modo ha un suo carattere ed una sua nota caratteristica, li abbiamo ordinati dal più
brillante (con più #) al più scuro (con più b).

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Ora vengono usati in una maniera più moderna.

Sentiamone l’effetto:

Locrio

Frigio

Eolio

Dorico

Misolidio

Ionico

Lidio

117
Sotto invece, vengono proposti in una veste più arcaica, data da un flusso ritmico più lineare.
È stato preso il celebre “Inno alla gioia”, che TUTTI conoscono, tratto dall’ultimo movimento
della nona sinfonia di Beethoven, l’ho un po’ modificato (al fine di poter utilizzare tutte e dodici
le note) e trasportato nei sette modi:

Ionico (DO maggiore)

Dorico (II di SIb maggiore)

Frigio (III di LAb maggiore)

Lidio (IV di SOL maggiore)

Misolidio (V di FA maggiore)

Eolio (VI di MIb maggiore, oppure DO minore)

118
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Locrio (VII di REb maggiore)

È giusto sapere inoltre, che è possibile costruire scale modali anche dai gradi della minore
armonica e melodica, ma arrivati a questo punto, ritengo pura nozionistica impararsi a memoria i
nomi di queste scale, l’importante è sapere da dove derivano e come sono costruite.

IV.13.8 Scala Lidia 7b


Costruita sul IV grado della minore melodica ascendente, è molto interessante notare che il IV
grado è alzato, ed il VII abbassato, come nell’armonia naturale.

IV.13.9 Scala Lidia aumentata


Costruita sul III grado della minore melodica ascendente

IV.13.10 Scala Superlocria


Costruita sul VII grado della minore melodica ascendente

119
IV.14 LA PENTATONICA .

È una scala diatonica maggiore a cui viene tolto il IV ed il VII grado, è composta quindi da
cinque suoni. Dalla soppressione di questi due gradi si ricava una scala con una forte ambiguità
tonale, ne consegue un impiego molto meno limitato delli normali scale maggiori/minori.

• Manca l’intervallo di semitono


• Manca il IV e VII grado
• Manca il tritono

La mancanza di tali gradi ci impedisce di creare la settima di dominante, cioè la “tonica


rivelatrice”33, quindi, una scala senza tensione, di conseguenza davvero molto versatile34.

Vediamo perché versatile:

Sono messe a confronto tre scale diatoniche vicine (nel circolo delle quinte), con la X abbiamo
segnato le note mancanti alla pentatonica, e sopra abbiamo messo la loro alterazione. Notiamo,
che se uniamo tre pentatoniche di tonalità vicine, troviamo la scala diatonica maggiore della
tonalità centrale.
In poche parole, la pentatonica toglie i gradi caratteristici, quelli che distinguono una tonalità
dalla sua vicina.

Anche nella pentatonica si distingue il maggiore dal minore, inoltre possiamo costruirci i 5
modi pentatonici, ognuno di essi partirà da uno dei cinque gradi.

33 Andare a vedere il paragrafo sulla dominante per capire perché tonica rivelatrice.
34 Pensiamo che il 90% dei dischi rock, e il 99% di quelli blues, sono basati sulla pentatonica.

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1° modo 2° modo 3° modo

4° modo 5° modo

A noi interesseranno principalmente il 1° ed il 5° modo, ovvero:


• la PENTATONICA MAGGIORE (1° modo)
• la PENTATONICA MINORE (5° modo)

IV.14.1 Blue note


Spesso, nella pentatonica minore, viene aggiunta una nota di passaggio, che lega la quarta e la
quinta, essa prenderà il nome di BLUE NOTE, ed è la quarta aumentata.

IV.14.2 Scala blues

5° modo pentatonico Scala blues

!
La scala blues non è altro che la pentatonica minore.
Viene chiamata scala blues quando viene utilizzata in un’armonia maggiore.

Come si può notare siamo in DO maggiore (DO – SOL 7), ma usiamo il quinto modo
pentatonico di MIb, ovvero la pentatonica di DO minore; il FA# è la blue note.

121
Ora, perché non unire la pentatonica maggiore e quella minore assieme?

Otterremo otto suoni, se aggiungiamo la blue note, nove.


Vediamo un esempio:

Che assomigli per caso al modo misolidio e al modo dorico uniti?

Certo!

Infatti, la scala blues viene utilizzata molto nel…


Blues!
Dove tutti i gradi sono maggiori con settima minore; questo fa si che qualsiasi grado
(generalmente i tre più importanti: I, IV, V) abbia un ruolo sia statico che dinamico. Vediamo un
tipico giro blues:

||: DO7 | DO7 | DO7 | DO7 | FA7 | FA7 | DO7 | DO7 | SOL7 | FA7 | DO7 | DO7 :||

Ecco qua sotto come suona un classico giro blues.


Come possiamo notare tutti i gradi sono dominanti, su ogni grado, in poche parole, possiamo
utilizzare una misolidia, ma anche le due pentatoniche, sia maggiore che minore.

122
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//

IV.14.3 Abbinamenti maggiore e minore


Ma come è possibile usare la pentatonica minore in un’armonia maggiore, è impossibile il
contrario, ovvero una pentatonica maggiore in un’armonia minore.

• Pentatonica minore in un contesto minore (LA min, SOL, FA, SOL).

• Pentatonica maggiore in un contesto minore (LA min, SOL, FA, SOL).


Fa davvero schifo!

123
• Pentatonica maggiore in un contesto maggiore (LA, MI/SOL#, FA# min, MI/SOL#).

• Pentatonica minore in un contesto maggiore (LA, MI/SOL#, FA# min, MI/SOL#).

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IV.15 ACCORDI DI SETTIMA .

Generalmente chiamate anche quadriadi, in quanto sono accordi composti da quattro suoni.
Vengono raggruppate in SPECIE , in base agli intervalli che le compongono. Nel maggiore
troviamo quattro specie.

MAGGIORE

Prima specie [ V sia del maggiore che del minore armonico]

DO 7

È l’accordo di dominante, chiamata anche settima di dominante. È la settima più settima che ci
sia, quella con maggior tensione, in quanto al suo interno è presente il tritono35 (in questo caso
MI SIb) tra la terza e la settima.

Seconda specie [ II, III, VI del maggiore; IV del minore armonico ]

DO min 7

È un accordo minore con la settima minore.

35 Il tritono è un intervallo di tre toni, insieme alla settima maggiore e al suo rivolto (seconda minore), è l’intervallo più dissonante. Diabolus in
musica, così era chiamato nel medioevo, qundo le dissonanze, seppur usate, erano da limitare al massimo. Con l’armonia tonale, il tritono
all’interno dell’accordo di dominante, è stato considerato una dissonanza naturale.

125
Terza specie [ VII del maggiore; II del minore ]

DO dim 7

È l’accordo semidiminuito con la settima minore, nel modo maggiore può essere solo che sul
VII grado.

Quarta specie [ I, IV del maggiore; VI del minore ]

DO maj 7

Lo troviamo sul primo e sul quarto grado, molto colorato.

Con il minore armonico introduciamo anche la quinta, la sesta, e la settima specie:

MINORE ARMONICO

Quinta specie [ VII del minore ]

DO dim 7Y

È l’accordo diminuito, composto solamente da terze minori.


Si trova sul VII grado della minore armonica.

126
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Sesta specie [ I del minore ]

DO min ?

La troviamo sul I grado della minore armonica.

Settima specie [ III della minore ]

DO + maj 7

La troviamo sul III grado della minore armonica.

Il minore melodico, pur essendo composto da nove suoni, non introduce nulla di nuovo.

La settima di dominante è forse la quadriade più importante: da sola basta a farci percepire la
tonalità nonostante che al suo interno non sia presente la tonica.
Il IV grado (settima dell’accordo) ci esclude tutte le tonalità che secondo il circolo delle quinte
sono in senso antiorario; Il VII (terza dell’accordo), quelle in senso antiorario.

SOL 7 ? SOL SI RE FA
esclude la tonalità di FA esclude la tonalità di SOL maggiore in
maggiore in quanto necessita quanto necessita del FA#
del SIb

127
IV.16 LA D OMINANTE .

Si trova sempre sul V grado, ed è il più importante del sistema tonale, se esteso con la settima,
dichiara inevitabilmente la tonalità.

L’accordo sulla dominante, ha una naturale propensione a risolvere sulla tonica: il SI (la terza)
tende al DO in quanto sensibile, il SOL (fondamentale) se al basso sale al DO, se nelle voci
intermedie rimane fermo36.
Con la settima, III e VII grado si muoveranno per moto contrario (vedere cadenze).

SOL – SI – RE – FA: tra il SI ed il FA abbiamo l’intervallo di quinta diminuita, il tritono. Il SI


esclude le tonalità del circolo delle quinte discendente (quindi la tonalità di FA maggiore, perché
in chiave è presente il SIb), il FA di quelle ascendenti (quindi SOL maggiore, in quanto richiede il
FA#).

Nella settima di dominante, la parte più importante è il tritono (terza e settima), capiamo, che
anche se modifichiamo la quinta, l’accordo non cambia la sua funzione (data appunto dal tritono),
da qui nasce la sostituzione del tritono nelle dominanti.

IV.16.1 Sostituzione del tritono


Abbiamo detto che il tritono è la parte più caratterizzante della settima di dominante, quella con
più tensione.
Sappiamo inoltre che il tritono divide esattamente l’ottava, è l’unico intervallo che rivoltato
cambia nome, ma il suono rimane lo stesso.
La sostituzione in pratica, consiste nel cambiare accordo, mantenendo sempre l’intervallo di
tritono, invertendo però i ruoli delle due note (siamo sempre nell’accordo di dominante): terza e
settima dell’accordo di dominante diventeranno rispettivamente settima e terza del suo sostituto.

Esempio:

SOL 7, dominante del DO è composto da SOL – SI – RE – FA, il tritono è tra SI e FA. Il SI è


la terza, il FA è la settima.
Invertendo i loro ruoli troveremo una nuova quadriade, il REb 7, che lo chiameremo sub V7
(sostituto della settima di dominante).

36Una qualsiasi nota tenderà sempre alla quarta ascendente o quinta discendente. Questo si spiega osservando il fenomeno delle armoniche; dato
un suono, si svilupperà una serie di altri suoni che formeranno un’armonia di dominante, e come sappiamo la dominante risolve sulla tonica, o per
quarta ascendente, o quinta discendente.
f armoniche ? f armoniche
SOL (sol re sol si re fa sol) ? DO (do sol do mi sol sib do)

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Enarmonicamente SI e FA (terza e settima di SOL 7) corrispondono a DOb e FA (settima e


terza di REb 7).

Si osservi l’esempio:

Queste quattro battute sono tutte caratterizzate dalla sostituzione della dominante; il SOLb 7 è
la dominante sostitutiva del FA sostituendo così il DO 7, il FAb 7 sostituisce il SIb 7 e così via...

IV.16.2 Dominanti secondarie

Qual è la dominante del DO?


SOL maggiore
E quella del SOL?
RE maggiore
Ok, a posto così…

L’accordo costruito sul secondo grado della scala di DO maggiore è il RE minore, se lo


facciamo diventare maggiore, e quindi il FA naturale (ovvero la terza) verrà alzato a FA#,
diventerà la dominante del nostro quinto grado.
Questo procedimento è molto usato per le modulazioni, ma non solo: potremo arricchire il
nostro brano “colorandolo” con un po’ di dominanti secondarie qua e là.

Si osservino queste sequenze:

I V V I V7 di IV IV I V I

Il DO 7 diventa la dominante del IV grado.

129
Trasportiamola in LA minore armonico:

I V V I V7 di IV IV I V I

Anche qui la tonica diventa la dominante secondaria del IV grado.

Ora, prendiamo il giro armonico di DO e divertiamoci con le dominanti secondarie:

I VI II V di V V V7

Facciamo fare il movimento cromatico ad una sola voce, sotto scriviamo la parte a quattro voci:

Ed ora un’altra variazione, con un basso un po’ più movimentato. A dare il colore della
dominante secondaria ora è il basso (terza misura) in veste di terza dell’accordo del II grado.

I I6 VI VI2 II6 V6 di V V V7

Ecco le dominanti secondarie in DO maggiore:

SOL 7 (SOL - SI - RE - FA) DOMINANTE è V di I (DO maggiore)


LA 7 (LA - DO# - MI - SOL) dominante secondaria è V di II (RE minore)
SI 7 (SI - RE# - FA# - LA) dominante secondaria è V di III (MI minore)
DO 7 (DO - MI - SOL - SIb) dominante secondaria è V di IV (FA maggiore)
RE 7 (RE - FA# - LA - DO) dominante secondaria è V di V (SOL maggiore)
MI 7 (MI - SOL# - SI - RE ) dominante secondaria è V di VI (LA minore)

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IV.17 LA SENSIBILE .

Finora abbiamo parlato di “accordo diminuito” riferendoci alla triade del settimo grado; bene.
Ora però diciamo che se a quattro voci, l’accordo con la quinta diminuita, acquisterà due nomi, in
base alla settima.

• Se la settima è minore verrà chiamato semidiminuito 3° specie


• Se la settima è diminuita verrà chiamato diminuito 5° specie

SI dim 7 (VII grado di DO maggiore) SOL# dim 7b ( VII grado di LA min. armon.)

SEMIDIMINUITO DIMINUITO

_ A tre voci, l’accordo sul VII grado, spesso viene considerato come una settima di
dominante con la fondamentale mancante.

Infatti: SOL 7 ? SOL SI RE FA


SI dim ? SI RE FA

Oppure: MI 7 ? MI SOL# SI RE
SOL# dim ? SOL# SI RE

Caratteristica del VII grado della minore armonica, è la suddivisione dell’ottava in quattro
intervalli di terza minore; ne consegue un arpeggio davvero caratteristico e dal suono
inconfondibile.

E proprio per la gran quantità di tritoni (da ogni grado infatti è possibile averne uno), questa
“scala” necessita di rapida risoluzione, in quanto carica di tensione, proprio come succede in Big
bad moon di Satriani37.

IV.17.1 Sensibile come dominante


L’accordo diminuito può essere usato anche come dominante.

Prendiamo la progressione DO maj7 e RE min 7:

37 Lo stesso arpeggio di Satriani è usato al limite del gusto dai chitarristi neoclassici.

131
DO maj7 RE min 7
Questi due accordi possiamo unirli semplicemente alzando di semitono la fondamentale del
DO ed abbassando la settima; ottenendo così un DO# dim 7b, sensibile di RE minore, ma
anche…

DO maj7 DO# dim 7b RE min 7

…dominante con la fondamentale omessa!


infatti:

DO maj7 LA 7/9b RE min 7

Questo accordo infatti (LA 7/9b), ha tutte le caratteristiche della dominante di RE minore
armonico, e cioè il DO# e SIb (sensibile e sesta minore).

Sentiamola contestualizzata:

In questo caso (terza misura) il passaggio da DO a RE, non è una vera e propria sensibile, è più
una dominante secondaria, ma il procedimento è quasi sempre lo stesso, ovvero collegare
cromaticamente due gradi congiunti. Al posto del LA in primo rivolto avremmo potuto
tranquillamente abbassare il LA a SOL ed avere quindi un DO# dim (e perché no anche un LA 7
in primo rivolto con fondamentale mancante?!).

Le sensibili usate come dominanti secondarie sono davvero usatissime, provate ad ascoltare
Carletto il principe dei mostri di F. Migliacci, F. Fujio e A. Kobayashi, sigla dell’omonimo cartone
animato.

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IV.18 ESTENSIONE DELL’ACCORDO .

Cosa significa estendere un accordo? Significa aggiungergli una voce.


E per aggiungere una voce bisogna sommare alla nota più acuta dell’accordo una terza.
Rinfreschiamo la memoria.
Abbiamo la triade di DO:

DO – MI – SOL ? aggiungiamo una terza ? DO – MI – SOL – SI

la terza del SI?


è il RE

quindi

DO – MI – SOL – SI – RE

È anche vero che non siamo costretti a seguire sempre questa successione, o meglio: possiamo
anche “colorare” il nostro accordo senza bisogno di avere tutta la sequenza di terze, questi
accordi diventeranno sospesi qualora mettessimo una nota di colore al posto di una dell’armonia38,
alterati (la scrittura anglosassone è add, che rende molto meglio l’idea) nel caso che questo suono
sia semplicemente aggiunto.

Ad esempio:

DO sus 4 DO – FA – SOL

DO 4 DO – MI – FA – SOL

Quando si scrive DO5 significa che abbiamo un bicordo (due suoni) di quinta, le note che lo
compongono saranno DO – SOL. Si usa anche scrivere DO 5 no 3rd, per mettere in evidenza che
manca l’intento modale.

DO 5 DO 7 no 3rd DO 7 no 5th
DO – SOL DO – SOL – SIb DO – MI – SIb

Bisogna però fare attenzione!


Più voci si aggiungono e più l’accordo diviene instabile e dissonante, si deve quindi cercare di
non far perdere all’accordo la sua funzione tonale ad esempio: aggiungere alla triade costruita sul
primo grado una settima ed una quarta, si verrebbe a creare il tritono, quindi quest’accordo sarà
contemporaneamente dinamico e statico. Bisognerà dunque fare attenzione ai rapporti interni.

38 La maggior parte delle volte la nota sospesa è la terza maggiore, ma non è impossibile trovare anche la terza minore (Mama said, Metallica).

133
IV.18.1 Accordi di quarta
Sono triadi a cui viene aggiunto il quarto grado (della triade ovviamente).

Se la triade è maggiore sarebbe bene sospendere la terza o usare la quarta eccedente, per non
creare battimenti tra la terza maggiore e la quarta giusta (semitono).

DO 4# DO sus 4 DO 4
da evitare possibilmente

Nella triade minore non è necessario alzarla e nemmeno sospendere la terza

DO m 4

Stesso discorso per la triade diminuita

DO dim 4

Vediamo come si comportano le quadriadi con la settima:


abbiamo già detto che bisogna fare attenzione ai rapporti interni dell’accordo, vediamo da
vicino l’accordo di settima costruito sul I grado esteso con la quarta.

Tra il FA ed il SI (rispettivamente IV e VII grado) si


viene a creare il tritono, tanto che possiamo anche
DO maj7 sus4 immaginarlo come SOL 7 add4 SOL 7 add4

IV.18.2 Accordi di sesta


Sono triadi a cui viene aggiunto il sesto grado.
Generalmente viene presa la sesta maggiore, sugli accordi del sesto e settimo grado, è
inevitabile l’utilizzo della sesta minore.

DO 6 DO m 6 DO m 6b

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Notiamo come le stesse note che


compongono il DO 6 possono essere
interpretate come un LAm 7.
DO 6 LA m 7

IV.18.3 Accordi di nona


Può essere maggiore, minore (b), ed eccedente (#) e di solito implica la settima minore,

DO 9

ma possiamo esporre una nona anche con la settima maggiore. Questo accordo si troverà solo
sul I e IV grado della scala maggiore.

DO maj7/9

Se scriviamo add 9 possiamo anche omettere la settima. Questo accordo, seppur raro lo
possiamo trovare anche scritto col numero 2 (d'altronde la nona è una seconda).

DO add 9 oppure, ma raro DO2

È possibile anche avere la nona e sesta senza bisogno della settima (ma se va messa è maggiore)
e nemmeno della quarta.

DO 6/9 DO min 6/9

135
IV.18.4 Accordi di undicesima
L’undicesima è il quarto grado dell’accordo, ma al di sopra dell’ottava.
Le regole della quarta in merito alla sospensione, o alla scelta del suono, sono valide anche per
l’undicesima, cambia però, che l’accordo di undicesima comprende, oltre alla quarta giusta, la
settima minore e la nona maggiore.

DO min 11 DO sus 11 DO 7/11#

IV.18.5 Accordi di tredicesima


Racchiudono in loro tutta la scala, la tredicesima è la sesta.
Un accordo di tredicesima comprende: sesta maggiore, settima minore, nona maggiore, può
essere esclusa l’undicesima.

DO sus 13 DO 13/9b DO 13/11#/9b

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IV.18.6 Armonizzazione a sette voci


Scriviamo ora, tutte le estensioni di tutti i gradi della tonalità di DO maggiore e le relative
minori. Armonizzare a sette voci significa costruire un accordo con tutti gli elementi della tonalità,
ne consegue che questi, saranno gli accordi meno ambigui della tonalità.
Prezzo da pagare: c’è tutto, ma non sa di niente. Troppi colori mescolati d’altronde creano
confusione.

Scala di DO maggiore

I DO maj7/4/6/9
II RE min 7/4/6/9
III MI min 7/4/6b/9b
IV FA maj7/4#/6/9
V SOL 7/4/6/9
VI LA min 7/4/6b/9
VII SI dim 7/4/6b/9b

Eviteremo di armonizzare anche la scala minore naturale, in quanto otterremo la stessa identica
armonizzazione di quella maggiore.

Scala di LA minore armonica 39

I LA min ? /4/6b/9
II SI dim 7/4/6b/9b
III DO+ maj7/4/6/9
IV RE min7/4#/6/9
V MI 7/4/6b/9b
VI FA maj7/4#/6/9#
VII SOL# dim 7b/4b/6b/9b

39Nei trattati jazz il VII grado sensibilizzato è considerato enarmonicamente uguale al VIII abbassato, così che, in tonalità di LA minore armonica,
se consideriamo il SOL# uguale a LAb, il FA (VI grado) potrà essere anche minore, come il RE diminuito.

137
Scala di LA minore melodica ascendente

I LA min ? /4/6/9
II SI min 7/4/6b/9b
III DO+ maj7/4#/6/9
IV RE 7/4#/6/9
V MI 7/4/6b/9
VI FA# dim 7/4/6b/9
VII SOL# dim 7/4b/6b/9b

____

Concludiamo dicendo che tutte le estensioni vengono scritte prendendo come riferimento
quelle della dominante in tonalità maggiore.

Terza Quinta Settima Nona Quarta Sesta


Fondamentale
maggiore giusta minore maggiore giusta maggiore
SOL SI RE FA LA DO MI

Il sesto grado della tonalità minore quindi, avrà un’estensione di sesta minore, scriveremo
quindi “6b”.

QUINDI:

Il nome dell’accordo è assoluto!! In qualsiasi tonalità si trovi (sia dentro che fuori) porterà
sempre lo stesso nome.

Ecco in questo schemino, le estensioni del SOL. Tutte quelle naturali


sono ovviamente in tonalità di DO maggiore, infatti il Sol è la
Dominante.
SOL – DOb = 4b SOL – DO = 4 SOL – DO# = 4#
SOL – MIb = 6b SOL – MI = 6 SOL – MI# = 6#
SOL – LAb = 9b SOL – LA = 9 SOL – LA# = 9#
SOL – FAb = 7b SOL – FA = 7 SOL – FA# = maj7

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IV.19 TAVOLA DEGLI ACCORDI .

SIGLA in DO STRUTTURA Armonia in DO

IV.19.1 Accordi a tre voci


DO I – III – V

DO min I – III Y – V

DO dim I – III Y – V Y

DO + (DO ecc) I – III – V [

DO sus 4 I – III – V

DO sus 9 I – III – V

IV.19.2 Accordi a quattro voci


DO 7 I – III – V – VII Y

DO min 7 I – III Y – V – VII Y

DO dim 7 I – III Y – V Y – VII Y

DO maj7 (DO ? ) I – III – V – VII

DO dim 7b I – III Y – V Y – VII YY

DO min maj7 (DO min ? ) I – III Y – V – VII

DO + maj7 (DO ecc ?, ) I – III – V [ – VII

DO dim maj7 (DO dim ? ) I – III Y – V Y – VII Y

DO + 7 (DO ecc 7) I – III – V [ – VII Y

DO add 9 I – II – III – V

DO min add 9 I – II – III Y–V


DO add 9b I – II Y – III – V

DO 4# I – III – IV [ – V

139
DO min 4 I – III Y – IV – V

DO dim 4 I – III Y – IV – V Y

DO 6 I – III – V – VI

Do min 6 I – III Y – V – VI

DO min 6b I – III Y – V – VI Y

IV.19.3 Accordi a cinque voci


DO 9 I – II – III – V – VII Y

DO maj7/9 I – II – III – V – VII

DO 6/9 I – II – III – V – VI

DO min 6/9 I – II – III Y – V – VI

DO sus 11 I – II – IV – V – VII Y

IV.19.4 Accordi a sei voci


DO 11# I – II – III – IV [ – V – VII Y

DO min 11 I – II – III Y – IV – V – VII Y

IV.19.5 Accordi a sette voci


Accordi a sette voci

DO 13 I – II – III – IV – V – VI – VII Y

DO 9b/11#/13 I – II Y – III – IV [ – V – VI – VII Y

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IV.20 V OICING .

I voicing sono insiemi di 3, talvolta 4, suoni che sintetizzano accordi a 4 o più voci. Per far
questo vengono selezionate alcune note (quelle più importanti dal punto di vista funzionale,
spesso anche per il colore) e tralasciate delle altre.
Possono inoltre essere a parti late ed a parti strette:
• a parti strette vengono sviluppati entro l’ottava
• a parti late oltre l’ottava

IV.20.1 Voicing a parti strette


I voicing a parti strette nascono dall’esigenza dei pianisti jazz di poter eseguire tutta l’armonia
con una sola mano (quella sinistra, infatti vengono chiamati anche left-hand voicings), mentre
l’altra esegue la melodia. Vanno eseguiti nelle zone centrali. In linea di massima si esclude sempre
la tonica e la quinta, raramente la terza, nel caso di un accordo diminuito o semidiminuito, la
quinta non potrà mancare, in quanto suono caratteristico. Generalmente la terza non viene
esclusa, in quanto omettendola, non percepiremmo il modo, tuttavia, negli accordi sospesi di
quarta, questo suono manca.

Si dividono in tre categorie, in base alla voce più bassa:


- CAT. A – vengono costruiti partendo dalla TERZA
- CAT. B – vengono costruiti partendo dalla SETTIMA
- CAT. C – vengono costruiti partendo dai gradi rimanenti

CAT A, sulla terza

• La prima voce ad essere esclusa è la TONICA


• La seconda, sarà la QUINTA giusta (la quinta diminuita no in quanto distingue il
minore dal diminuito)
• Le estensioni vanno tenute in quanto sono quelle che lo colorano e gli
conferiscono identità all’interno della scala.

Viene tolta la tonica perché il più delle volte l’accordo è desumibile anche senza la sua presenza;
inoltre, è anche la nota che il più delle volte viene suonata dal basso.

DO 9 DO min 9 DO 13

CAT B, sulla settima

Come per i voicing della categoria A, la prima voce ad essere esclusa è la TONICA,
successivamente la QUINTA.

141
DO 9 DO min 9 DO 13

CAT C, sui gradi restanti

Nella categoria C è possibile costruirli anche sulla tonica, escludendo di conseguenza la terza o
la quinta.

DO 7 DO 7 sus4 DO add9

Anche sugli altri gradi è possibile costruire un voicing:


sulla nona o sulla sesta, escludendo la tonica
sulla quarta escludendo la tonica e la quinta

DO 9 DO 13 sus DO 6/9

IV.20.2 Voicing a parti late


Un accordo a parti late si ha quando è esteso altre l’ottava.
Non essendoci il problema dello spazio (l’ottava), non è necessario omettere suoni, anzi, spesso
vengono anche raddoppiati, e per di più questi suoni, il più delle volte sono la fondamentale e la
quinta.

DO maj7/9 DO 6/9

Nel caso di una quinta diminuita o eccedente, si metterà, come seconda voce, una settima, per
evitare di avere una dissonanza nella regione grave.

DO + maj7/9 DO dim 7/9


mettendo la nona alla voce più acuta è stato evitato l’intervallo di quinta eccedente o diminuita
tra le voci estreme.

Sentite la sonorità dei voicing, come suonano jazz:

142
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Un altro utilizzo dei voicing, in un contesto un po’ più funky però:

143
IV.21 AMBIGUITÀ TONALE E MODALE .

Un accordo, per essere definito tale, deve essere composto da almeno tre voci. Da queste
stabiliremo se sarà maggiore, minore, diminuito o eccedente, ma non potremo mai affermare con
certezza, se estrapolato dal suo contesto, su che grado e in che tonalità esso sia costruito.

II grado di DO maggiore
IV grado di LA minore naturale
RE min 7 I grado di RE minore naturale
VI grado di FA maggiore
V grado di SOL minore naturale
III grado di SIb maggiore

I grado di RE minore armonico e melodico40


RE min ?

V grado di SOL maggiore


V grado di SOL minore armonico e melodico
RE 7 VII grado di MI minore naturale

I grado di RE maggiore
III grado di SI minore naturale
RE maj7 IV grado di LA maggiore
VI grado di FA# minore naturale e armonico

Ora, teniamo un bicordo di RE – LA (RE 5), e proviamo a suonare in varie tonalità di RE,
sentendo come cambia la sonorità alterando uno o due gradi.
Ovviamente, più note ci saranno nell’accordo, e meno libertà avremo di “inventarci” gradi. Su
un bicordo di quinta giusta, dovremo mantenere solamente tale intervallo (in poche parole
possiamo usare tutti i modi, escluso il locrio), su uno di tredicesima, siamo vincolati dall’uso di
quelle sette note, al massimo useremo delle note di passaggio, ma i gradi saranno solo quelli
stabiliti dall’accordo.

40 Se si considera il MI# uguale a FA, come molti trattati, allora il RE min ? potr à essere anche il VI grado di FA# minore armonico, ma se
intendiamo la scala di FA# maggiore armonica, allora il FA rimane naturale.

144
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RE minore naturale

RE minore armonico

RE minore melodico

RE maggiore

145
IV.22 C ADENZE .

Alla fine di una frase, o di un discorso musicale, è molto probabile trovarsi di fronte ad una
cadenza. La cadenza è la punteggiatura del discorso musicale, come nel linguaggio scritto
troviamo punti e virgole, in musica, ci sono delle particolari successioni accordali che possono
lanciare o far riposare il discorso musicale.

IV.22.1 Cadenza perfetta [ V ? I ]


La più semplice e la più energica, il PAM-PAM del liscio. Alla fine di un brano prende il nome
di cadenza compiuta. Soprattutto se a quattro voci (cioè con la settima) diventa un potentissimo
elemento di conclusione, in quanto, al suo interno coesistono gli elementi più dinamici della
tonalità: il V grado ed il tritono, composto dal IV e VII grado.

È preferibile che la terza e la settima della triade di dominante si muovano (anzi, RISOLVANO)
rispettivamente alla fondamentale ed alla terza dell’accordo di tonica. Ed è ancora più conclusivo
quando il basso sale di una quarta ascendente.

SOL 7 DO SOL 7 DO SOL 7 DO

SOL DO MI 7 LA min

Spesso, in un brano in tonalità minore, la cadenza perfetta attuata sul primo grado reso
maggiore, la terza di questo accordo la chiameremo terza piccarda.

I IV I V I IV V V6 I 3+

IV.22.2 Cadenza plagale [ IV ? I ]


Non è conclusiva come quella perfetta a causa della poca tensione della sottodominante, infatti
plagale deriva dal greco plaghios che significa obliquo, laterale, in questo caso quindi secondario.
Chiamata anche cadenza dell’amen per il suo carattere solenne e per l’utilizzo che se n’è fatto nei
secoli della polifonia.

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IV.22.3 Cadenza imperfetta [ V ? I6 ]


Anche questa, come quella plagale non eguaglia la cadenza perfetta, risolve sempre sul primo
grado, ma essendo questo, rivoltato, lascia ancora aperto il discorso.

IV.22.4 Cadenza sospesa [ I ? V ]


Il contrario della cadenza perfetta, il mezzo più efficace per creare tensione. Fermandosi alla
dominante si ottiene il massimo grado di tensione.

IV.22.5 Cadenza semiplagale [ I ? IV ]


Da un senso di sospensione meno duro della cadenza imperfetta, sempre per il fatto che il
quarto grado non è dinamico quanto il quinto.

IV.22.6 Cadenza d’inganno [ V ? VI ]


La dominante risolve sul sesto grado, il relativo minore. Dopo tutto, il VI grado ed il I hanno in
comune ben due suoni, e casualmente sono proprio i suoni dove la settima di dominante va a
risolvere (SI e FA risolvono rispettivamente su DO e MI).

147
SOL LA min SOL 7 LA min

IV.22.7 Cadenza evitata [ V ? * ]


Viene considerata una cadenza evitata il collegamento della dominante ad un altro grado di
un’altra tonalità, è preferibile collegare due dominanti diverse tonalità, per esempio SOL
(dominante di DO) e MI (dominante di LA). Ma anche da un RE (dominante del SOL) a un FA
(dominante del SIb).

SOL MI SI 7 FA

Ecco qua sotto, illustrate le cadenze con le relative tensioni dei singoli gradi.

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IV.23 N OTE ESTRANEE ALL’ARMONIA .

Le note estranee all’armonia nascono con il concetto di tonalità, che considera l’accordo come
unità prima ed indivisibile. Ne consegue che tutti questi “abbellimenti” sono in funzione
dell’accordo stesso.

IV.23.1 Note di passaggio


Possiamo pensarle come un tragitto da un punto A ad un punto B. Può essere un movimento
diatonico o cromatico, ma è sicuro che deve essere per grado congiunto, altrimenti lo
chiameremo arpeggio. Generalmente si trovano su tempi deboli, ma in una lunga successione è
inevitabile toccare sia il tempo debole che quello forte.

a) diatonico
b) cromatico e diatonico

IV.23.2 Note di volta


Durano meno della nota reale e servono a dare più movimento alla melodia, ma anche
all’armonia.

a-b) a distanza di tono


c-d) a distanza di semitono

La nota reale deve essere sempre sul tempo forte.

Vediamo un utilizzo delle note di volta alla voce più acuta:

Vediamone uno un po’ più rock, la nota di volta è usata dal basso, inoltre, sempre il basso usa
un pedale di LA.

149
Ora invece portiamo la nota di volta ad un’armonia, cioè facciamo muovere un’armonia intera,
la chitarra:

IV.23.3 Elisione
Simile alla nota di volta, cambia che le due note estranee all’armonia distano un intervallo
congiunto da quella reale. La circondano. Nell’esempio sono indicate col segno +.

Infatti, notiamo che DO e LA sono le note estranee all’accordo di SOL (primo della seconda
battuta), esse racchiudono il SI.

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IV.23.4 Anticipazione
L’anticipazione espone sul tempo debole la nota che segue su quello forte.

IV.23.5 Appoggiatura
L’appoggiatura è una specie di ritardo, ma NON è un ritardo, in quanto la nota che viene prima
di quella che fa parte dell’armonia, non fa parte dell’accordo precedente, ma è una nota di colore.

Qui sotto vediamo un’appoggiatura preceduta da un’anticipazione. La risoluzione


dell’appoggiatura avviene sul tempo debole, con un movimento di tono o semitono; nell’esempio
sotto sul secondo sedicesimo di ogni quarto.

IV.23.6 Pedale
Si dice pedale quando una nota rimane ferma per 2 o più battute, nel rock, ma soprattutto nel
pop, è molto usato, sia alle voci alte che a quelle basse.

L’esempio sopra ci mostra un pedale di due note, MI e SI, alle voci alte. Notiamo che le corde
di MI e SI della chitarra suonano sempre a vuoto.

151
Esistono inoltre i pedali d’accordo, o semplicemente un accordo in cui solo il basso si muove:

e possiamo immaginarlo così:

Vediamo un altro esempio:

anche questo lo potremmo immaginare così:

Un altro esempio: siamo in RE maggiore e teniamo un pedale di RE alle due voci estreme.

IV.23.7 Ritardi
Il ritardo è il prolungamento di una nota di un accordo su quello seguente, devono risolvere per
grado congiunto, il loro effetto è una dissonanza (di 7°, 9°, ma anche 4 sospesa) che va a risolvere
su un grado dell’armonia seguente.
Il ritardo si divide in tre fasi:
- preparazione: è la nota dell’armonia precedente a cui deve essere legata. MAI di durata
inferiore alla percussione, altrimenti non ci sarebbe il tempo di percepire il ritardo.

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- percussione: è la nota estranea alla seconda armonia, quella che andrà a risolvere su una
dell’armonia seguente
- risoluzione: la nota della seconda armonia

Qui sopra troviamo un classico esempio dove la nota in ritardo è la sensibile sull’accordo di
dominante; possiamo pensarlo allora anche come un SOL sus 4.
Un altro esempio di ritardi, questa volta ogni accordo ha un ritardo

RIFARE ESEMPIO MUSICALE!!!!!!!!

In ambito pop/rock è molto usato ritardare la terza della dominante con una accordo di sus 4.

In maggiore:

6 7_______________________
IV IV V4 3 I

In minore:

6 7____________________________
IV V4 3 I

153
IV.24 MODULAZIONE .

Modulare significa cambiare tonalità.


Si può modulare direttamente o indirettamente;

• se la modulazione è diretta, significa che non vi è alcuna preparazione, la nuova


tonalità viene presentata con il nuovo accordo all’improvviso.
• se la modulazione è indiretta, dovremo utilizzare degli accordi in comune al nuovo
tono. Di questi accordi però ne cambierà la funzione.

Gli accordi in comune li chiameremo accordi perno.


Facciamo un esempio:
Il DO maggiore è il primo grado del DO maggiore, ovvio. Ma perché non può essere anche il
quarto del SOL maggiore? O il Quinto del FA? Il sesto del MI minore? O il terzo del LA minore,
settimo del RE minore…
Bene, queste che abbiamo elencato sono le tonalità vicine a DO maggiore:

IV.24.1 Modulazione diretta


Ora vediamo un tipico salto di tono, usatissimo nella musica leggera:

DO: I IV I V I IV I V I

RE: I IV I V I IV I V I

IV.24.2 Modulazione indiretta (progressioni modulanti)


Vediamo una possibile progressione modulante da DO maggiore a MI minore:

DO: I V VI III VI III


SOL: IV I III VII6 I V7 I
Accordi
perno

Notiamo come il MI min cambia funzione:


- nella quarta battuta fa parte di DO maggiore ed è presente come terzo grado
- nella sesta ha un ruolo ambiguo, è sia III di DO che I di MI min
- nell’ottava siamo ancora incerti se siamo in SOL maggiore o MI minore, dopo il SI7 non
ci saranno più dubbi, esso avrà confermato la tonalità di MI minore.

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Da DO possiamo raggiungere il SOL maggiore, aggiungendo una settima di dominante al RE,


che penseremo anche a renderlo maggiore; grazie alla dominante secondaria infatti è possibile
modulare.
Prendiamo il giro armonico di DO, per mezzo del RE maggiore, andremo in SOL.

DO: I I6 IV IV2 II 3+
SOL: V V6 I

Vediamo ora un esempio di modulazione con tanto di melodia. Tutti gli esempi sotto
sono tratti dal brano Techno I, IV, V.

Questa sotto è la melodia originale, costruita sul classico giro I IV V:

Dobbiamo andare in LA minore. Come facciamo?


Potremmo fare così:

Usando il SI dim 7 come accordo perno tra DO maggiore e LA minore, infatti è sia VII di
DO che II di LA. Con il MI 7 (settima di dominante di LA) otterremo dunque la cadenza
perfetta preparata dal II grado.

155
Potremmo ora provare a trasformare il SI dim 7 (II grado di la minore naturale) in SI 7
(dominante di MI) e magari concludere in LA maggiore.

Ammettiamo di essere in SOL maggiore. Trasformando il SOL (quindi I di SOL


ovviamente) in SOL 7 (V di DO) possiamo ritornare alla tonalità d’impianto:

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IV.25 INTERSCAMBIO MODALE .

Spesso nelle tonalità maggiori, si usa prendere in prestito materiale dal modo minore; cosicché
un FA min in tonalità di DO maggiore è giustificato perché triade costruita sul IV grado di DO
minore.

157
IV.26 LA L INEA DI BASSO .

Il basso è secondo solamente alla melodia.


Se facciamo un’ipotetica classifica dei fattori d’importanza di un brano musicale, (generalmente)
il basso occupa una buona posizione. Sotto, sulla sinistra vediamo gli elementi disposti secondo il
loro ambito, a destra secondo la loro importanza in un contesto musicale.

ALTEZZA IMPORTANZA
1. Melodia principale 1. Melodia principale
2. Controcanto o coro 2. Basso
3. Armonia 3. Flusso ritmico
4. Flusso ritmico 4. Controcanto o coro
5. Effetti o strumenti di colore 5. Armonia
6. Basso 6. Effetti o strumenti di colore

Le voci estreme sono appunto quelle che percepiamo con più facilità; è per questo motivo che
in armonia è sconsigliato per esempio avere tra basso e soprano un intervallo di tritono, appunto
perché più esposto.

IV.26.1 Voci estreme


Facciamo un esempio:
Nella melodia ci troviamo di fronte un DO, questo potrà far parte di una qualsiasi armonia:
• Fondamentale di DO
• Terza di LA
• Quinta di FA
• Settima di RE
• Nona minore di SI, oppure nona maggiore di SIb
e così via…

Il basso quindi ci aiuterà (o almeno dovrebbe) a capire l’armonia in cui ci troviamo, ma non è
sempre così facile! Anche con il basso potrebbero rimanere dubbi.
MI al basso e DO al soprano: Può essere un MI min e il DO diventa la sesta minore, oppure un
DO maggiore in primo rivolto, un LA in secondo rivolto, o perché no anche un FA con la
settima al basso.

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In linea di massima possiamo dire che il movimento del basso incide parecchio sulla
comprensione armonica.

Facciamo un esempio:
Un basso che si muove sulle note MI SOL# SI DO# MI, difficilmente lo percepiremmo cosi:

ma come abbiamo visto già per il giro blues, potremmo considerare queste due battute
composte interamente da un accordo di MI maggiore, ed il DO# (essendo per ben due volte sul
tempo debole) è solamente una nota di passaggio. Questo sopra è un esempio di walking bass.

IV.26.2 Walking bass


Letteralmente è il basso che cammina, ed è l’accompagnamento standard del Jazz. Questa
sensazione è data dal fatto che si usa sempre su un tempo swing, non velocissimo, ma nemmeno
lentissimo, si muove sempre con regolarità metrica (lo troviamo sempre sul quarto), in più il più
delle volte si muove per grado congiunto e comunque quasi mai forma ampi intervalli.
Sul primo quarto quasi sempre viene messa la fondamentale, e nei tempi deboli vengono anche
impiegati cromatismi di passaggio.

IV.26.3 Basso albertino


In poche parole è il padre del basso che cammina. Si muove sempre sulle note dell’armonia, ma
non è obbligato a muoversi sui soli quarti, può assumere qualsiasi figura ritmica.

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Un altro tipo di basso è quello che fa da controcanto. Per una buona realizzazione sarebbe bene
osservare le regole dell’armonia classica, quindi niente ottave e quinte parallele, e se possibile
muoversi per moto contrario rispetto alla voce principale. L’esempio sotto è tratto dal notturno in
DO minore; se vogliamo, possiamo considerarlo contrappunto di seconda specie a due voci.

IV.26.4 Basso rock


Nella musica rock il basso è inteso più come un “cassa intonata dal suono prolungato” ovvero,
le da un’intonazione e ne prolunga il suono. Nella maggior parte dei casi, basso e grancassa
viaggiano in omoritmia41.

Altre volte invece, la anticipa, quasi appoggiandola.

Spesso invece, come accade nell’heavy metal per esempio, il basso perde la sua importanza
ritmica/melodica e serve solo ad ispessire il suono di chitarra. È usato praticamente come una
frequenza, sprovvisto quindi di una propria parte.
Per fare un esempio, è come se scrivessimo a tre voci, e quella più bassa la raddoppiassimo
all’ottava inferiore.

41 Stesso ritmo, ovvero unisono ritmico.

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V • LA MELODIA

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V.1 L A M ELODIA .

È inutile che stiamo tanto a girarci intorno; la melodia, per la maggior parte delle persone è
l’elemento più importante, quello che prima di tutti viene ricordato. È così e non possiamo farci
niente.
Una bella (ed efficace) melodia, rimane tale anche se suonata al synth piuttosto che al
clavicembalo (un nome a caso: Wendy Carlos) e viceversa.
Il cavallo di battaglia della melodia è che può essere canticchiato sotto la doccia; chi mai
riuscirebbe (escluso Demetrio Stratos) a cantare un’armonia?!

La melodia è:
• gli INTERVALLI che la compongono
• il RITMO: accenti, durate delle singole note, pause
Meglio legheremo questi elementi e più facilmente otterremo un buona FORMA

Inoltre, una melodia è una realtà autonoma, con o senza armonia/arrangiamento, essa deve
restare tale ed essere sempre riconoscibile, ma soprattutto completa, non deve dare l’impressione
che manchi qualcosa.

Il più delle volte, la melodia crea una curva (arco), una morbida curva che tocca l’apice verso la
fine. Come abbiamo visto indietro, le tensioni delle varie cadenze, lo stesso si potrebbe fare con
la melodia, le più efficaci generalmente, hanno una forma ad arco dove la salita crea una tensione,
ci si aspetta qualcosa, e la discesa, ci dice che siamo verso la fine, e ci rilassiamo.

Generalmente la melodia prevale su tutto il resto quando:


- Il volume è maggiore.
- Si trova nel registro più acuto (ma non per questo ultrasuoni!).
- La condotta ritmica e quella melodica sono ben definite (la pausa è il miglior
amico del melodista).
- L’armonia non è estremamente complessa (il ruolo dell’armonia è quello di
sorreggere e valorizzare la melodia. Un’armonia troppo complessa svierebbe
l’attenzione).

Una melodia deve essere cantabile!


E ovviamente piacevole.

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V.2 I NTERVALLI .

V.2.1 Note dell’armonia


Una melodia può essere composta prevalentemente dalle note di un’armonia, come può essere
questa sotto:

Ma anche questa:

La differenza è che nella prima tutte le note formano la sola triade di DO maggiore, nel
secondo invece identifichiamo tre accordi: DO maggiore, RE minore e SOL maggiore.

V.2.2 Appoggiature, note di volta, anticipazioni


Anche nelle melodia possiamo trovare l’appoggiatura, il pedale (in questo caso prende il nome
di ostinato), ed ovviamente anche la nota di volta e l’elisione.
Ecco cosa troviamo in questa melodia:

Nella melodia si possono introdurre anche cromatismi apparentemente gratuiti:

…ma osservando bene, il LA# è un’appoggiatura, ed il RE# è la sensibile che scende anziché
salire alla tonica.

V.2.3 Ostinato (pedale)


Sotto invece, troviamo un ostinato davvero MOLTO usato nel pop; si tratta di far tenere alla
melodia per più battute la stessa nota, o un gruppo di poche note, mentre l’armonia si muove:

165
Infatti abbiamo uno stesso elemento che si ripete per tre volte, inoltre, lo stesso materiale (LA e
SI) viene ripreso alla fine.

V.2.4 Cromatismi
Ed ecco un altro esempio di melodia cromatica. Notiamo però, che la maggior parte delle note
sui tempi forti formano un’armonia di LA minore:

Tanto che al basso facciamo eseguire le sole note del bicordo LA – MI. In realtà la melodia
cromatica è solamente nelle prime due battute, tutti i cromatismi della battuta successiva fanno
parte di una semplice scala cromatica.

V.2.5 Andamento melodico


Poco fa abbiamo parlato di curve…
Osserviamo questa melodia:

Il punto più alto è il DO della settima misura. La melodia parte con un intervallo di terza
discendente che sale per grado congiunto ritornando quindi alla nota di partenza; questo è il
nostro inciso (MI DO RE). L’intervallo di terza non viene superato fino alla quarta battuta, SOL –
DO, quinta discendente. Inoltre, l’intervallo LA-DO della sesta battuta è sesta discendente, e
DO-DO (a cavallo tra sesta e settima misura) come intervallo d’ottava.
Oltre ad un ampliarsi di intervalli notiamo anche che la melodia sale, toccando punti via via più
alti: nella prima misura vi è un MI, nella seconda un SOL e nella quarta idem. Va notato però che
i due DO della quarta misura li percepiamo più alti di quelli precedenti, in quanto si trovano su
un tempo debole; per questo motivo, anche il salto SOL – DO viene ammorbidito. Alla sesta
battuta abbiamo un LA, e nella settima abbiamo il punto più alto della melodia, il DO che scende
di un’ottava in due sole battute. Insomma, sei battute per salire di una sesta (MI – DO), e due
sole per scendere di un’ottava (DO – DO).

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Ecco l’andamento della melodia con i punti più alti:

Ed ecco che la forma ad arco è rispettata!

Potremmo anche aggiungere che un ambito d’ottava la renderà più facilmente cantabile, come
del resto una prevalenza di gradi congiunti (cantare due none consecutive forse non è per tutti
molto semplice no?).

Possiamo dunque concludere che:

- l’ambito d’ottava,
- la prevalenza di gradi congiunti,
- la forma ad arco,

Sono indicazioni per creare in linea di massima una melodia efficace.

MA NON È UNA REGOLA!!!

167
V.3 FLUSSO R ITMICO .

L’altro elemento importantissimo è il flusso ritmico.


Troppe note della stessa durata la rendono statica o solenne, come d’altronde un’eccessiva
varietà ritmica la rendono poco memorizzabile e movimentata. Il punto di valore e le pause
saranno sicuramente di grande aiuto qualora si volesse rompere la monotonia degli ottavi. Ma
non è detto: qua sotto vediamo la stessa melodia con due flussi ritmici diversi. Di grande aiuto
sono anche i gruppi irregolari, se usati con parsimonia ed in punti strategici si possono rivelare
infallibili agenti di memorizzazione!42

• la melodia originale

• La stessa melodia basata sui sedicesimi anziché sugli ottavi:

Sinceramente non penso si possa dire quale sia la migliore, sono due melodie diverse,
utilizzabili entrambe, ma in contesti differenti. La prima sembra più una filastrocca (il fatto di
aver le durate più o meno uguali la rende più facile da canticchiare), la seconda potrebbe far parte
di un brano da discoteca dei ’70.
In maniera del tutto intuitiva, nella melodia si può parlare anche di accelerazione e
decelerazione.

Accelerazione
Decelerazione

Questo contribuisce a spingere o a rilassare la nostra melodia, come d’altronde giocare con le
altezze, o con i gruppi irregolari che creano dissonanze ritmiche, oppure usando le sincopi che
spostando gli accenti sono molto utili a dare movimento.

42 Pensiamo a Volare di Domenico Modugno.

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V.3.1 La testa
Tratto distintivo di una melodia è la TESTA (cioè l’inizio, l’attacco), che può essere sul tempo
forte o debole. Influenzerà non poco il flusso ritmico successivo, e di conseguenza quello
generale.
Vediamoli qui sotto:

ANACRUSICO

Se ha inizio in levare, ed è preceduto da una sorta di “introduzione”, allora prende il nome di


anacrusico, pensiamo per esempio al valzer di J. Strass Sul bel Danubio blu. Queste “prime note”
spingono la melodia, la caricano di importanza. Vediamo sotto un esempio estratto dal mio
Virtualizer:

Il motivo inizia con un arpeggio di DO che si conclude in battere sulla tonica, inoltre, il flusso
ritmico generale, per la sua ripetitività, ricorda molto un rullata militare, sedicesimi quarti ed
ottavi si alternano regolarmente; il quarto è molto ben scandito.

ACEFALO

Se l’inizio è preceduto da una pausa allora prende il nome di acefalo (ovvero senza testa).
Troviamo invece un caso molto interessante in Hero of the day dei Metallica: la melodia della
strofa parte sull’ultimo ottavo della prima battuta, quindi palesemante acefala, giocando con una
lunga pausa da un mezzo da strofa a strofa il ritornello parte invece due ottavi prima, quindi
anacrusico. Potremmo però vedere anche nella strofa una melodia anacrusica, se la consideriamo
di tre battute; partirebbe quindi un ottavo prima.

Il più delle volte, se la melodia acefala appartiene ad un chitarrista, possiamo dedurre che sia
stata scritta improvvisando; spesso infatti, nell’improvvisazione, non c’è il tempo di organizzare al
169
massimo il discorso musicale, quindi prima si ascolta l’armonia, poi si esegue la parte melodica.
Nel frattempo però ci ritroviamo sul secondo o terzo quarto della misura43.

TETICO

Se inizia sul tempo forte prende il nome di tetico.

43 Satriani fa al caso nostro: Nell’album Flaying in a blue dream ci sono ben 8 melodie acefale, di cui 2 sono per voce; le rimanenti melodie vocali e
tutte anacrusiche sono 4. Nelle rimanenti 6 canzoni non è stato possibile rintracciare alcuna melodia. Sembra quasi che si preferisca anticipare con
la voce e ritardare con la chitarra. Questo perchè le linee di voce generalmente, ancor prima di essere definite melodicamente, hanno già una
propria accentazione dovuta alla metrica del testo (rimando all’accentazione naturale), quindi il posizionamento nella battuta risulta più semplice di
una melodia strumentale.

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V.4 FORMA .

Affinché una melodia sia piacevole all’ascolto (e di conseguenza anche facile da ricordare) è
necessario che al suo interno ci siano delle ripetizioni sia ritmiche che melodiche.
La melodia è un discorso musicale, può essere brevissimo come lunghissimo, non ha
importanza; ma come tutti i discorsi deve avere un senso compiuto.
Non c’è differenza tra una frase ed un romanzo, entrambi però dovranno dire qualcosa di
sensato.
L’inciso è la sillaba (qua sotto indicata con la lettera dell’alfabeto greco) del discorso musicale,
più incisi formano una “parola” (lettere minuscole), più parole una frase (lettere maiuscole), più
frasi un discorso. Nell’esempio sotto, con l’apostrofo sono indicate le variazioni.

Notiamo fin da subito una certa ripetitività, ma non per questo monotonia. La melodia è
strutturata in maniera davvero semplice, [ A ] potrebbe essere interpretata come una domanda
(infatti lascia aperto il discorso), ed [ A’ ] come la risposta di [ A ], [ A ] della quinta e sesta battuta
come una nuova domanda, e [ B ] come risposta conclusiva. Potremmo inoltre raggruppare [ A e
A’ ] e [ A e B ] in modo da ottenere una grande domanda ed una grande risposta44.

DO SOL DO DO7 FA LA min RE min SOL DO


a a ß d a a ß d’ a a ß d’’ e e e e’ ß d’
a b a b’ a b c b’
A A’ A B
?? !!

44 Possiamo inoltre continuare a giocare con queste domande/risposte facendo in modo che l’intero esempio sia una domanda, e che segua una
risposta della stessa dimensione; il tutto poi sarà un ulteriore domanda per un ulteriore risposta, e così via fino a creare una macrostruttura che giri
attorno a questa formula.

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Notiamo l’inciso a, grazie ad una legatura di valore, possiamo anche trasformare ß in a,
ottenendo così più omogeneità ritmica, ma amnche più monotonia.

ß a

Diventa ancora più filastrocca di prima.

Proviamo a semplificare ulteriormente riducendo tutte le durate ad un quarto:

Il carattere rimane, ma rischia di diventare eccessivamente noioso.


Peggio della noia però potrebbe essere un flusso ritmico non lineare senza elementi che si
ripetono:

V.4.1 Indebolimento della forma


Torniamo ora alla prima versione: la melodia inizia con due incisi esattamente identici (a, a),
per forza di cose, questi due frammenti saranno diversi, e si sente.
Estremizzando il tutto e riducendo a a due MI da un quarto, potremo parlare di indebolimento
della forma, ovvero, quando il nostro orecchio (anzi, cervello) è talmente assuefatto da ciò che
sente che ogni minima variazione diventa una rivoluzione.

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Questo accorgimento è molto usato nel pop, e consiste nello scrivere delle strofe molto piatte,
senza grandi escursioni melodiche o grandi cambiamenti ritmici, per poi esplodere sul ritornello.
Capiamo dunque che anche un minimo cambiamento è utile a creare interesse.

Nell’esempio sotto viene schematizzato l’interesse di un ascoltatore medio:

Man mano che il MI viene ripetuto, l’interesse scende sempre di più, per poi impennarsi alla
prima variazione; subito però ritorna un MI, e ci si aspetta un cambiamento, almeno fino alla
battuta seguente, e invece nulla, quindi l’interesse scende ancora più velocemente (in quanto si è
reduci da due battute di MI e ci si immagina che continui ancora).
Ma ecco che alla quinta misura subentra una variazione (al secondo quarto come alla terza
battuta), lo stesso elemento di prima, ma questo lega tutta la seconda parte, ricca di nuovi
elementi, che permettono di riacquistare l’interesse.

Le ripetizioni di questo tipo non sono per forza di cose nocive, se usate sapientemente hanno
un effetto davvero strabiliante! Keith Jarrett nella prima parte dei Köln Concert, circa verso il
ventesimo minuto, utilizza un ostinato che porta avanti e sviluppa fino alla fine del brano
(ventisei minuti!) e tutto questo senza creare un minimo di noia, anzi, rinnovando sempre più
l’interesse di chi ascolta.

V.4.2 Riff
L’anima del rock è il riff. In poche parole è una melodia che svolge le funzioni di un’armonia.
Il riff deve essere ripetuto più volte, spesso lo troviamo nella forma più semplice:

[ A B A C ], semplificabile in [ A e B ]. Ed proprio nel riff che vediamo sviluppata meglio la


teoria della domanda/risposta.

Ma di forme ce ne possono essere infinite, i maestri della forma, a parer mio, sono i Metallica.
Prendete Enter sandman, in tutta la canzone c’è un solo ed unico riff sviscerato e sviluppato, è
stato variato per ben sette volte.

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V I • A P P R O F O N D I M E N T I

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VI.1 AN A L I S I .

VI.1.1 Brano n°1

L’esempio sopra mostra una possibile contestualizzazione di cromatismi.

Nelle prime due battute abbiamo abbiamo un movimento cromatico discendente eseguito dal
basso (MI, RE#, RE, DO#), nelle ultime due un pedale di MI alla voce acuta. Il collegamento MI
– SI/RE#, è abbastanza elementare, non ci sono note in comune, ma è un classico passaggio I –
V6. Il RE maggiore, pur essendo fuori tonalità (settimo grado abbassato) è giustificato per il FA#
in comune con il SI. Il DO# minore è chiaramente in tonalità e sfruttando una nota in comune
(MI, terza sia di DO# che di DO) può essere collegato al DO maggiore, e siamo nella seconda
parte. Mettendo una nona al RE e sfruttando il MI come pedale (in comune sia al DO maggiore
che al MI maggiore) uniamo anche questi tre accordi.

VI.1.2 Brano n°2

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Il brano è stato scritto per 2 chitarre acustiche, basso e batteria, ed è la classica progressione MI
min – RE – DO, la più usata nella storia dell’heavy metal!45

45 Gli Iron Maiden hanno basato tutta la loro discografia su questi tre accordi!

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Inizia una chitarra arpeggiata accompagnata dal basso, la struttura dell’introduzione è la classica
A B A C (quella del riff), suddivisibili a loro volta in due parti, dove all’elemento a si alternano b
b’ c.

Potremmo considerare il primo accordo, un accordo add 9, infatti vi è un appoggiatura sul terzo
grado.
Alla quarta battuta abbiamo un SOL+maj7 ed un SI con la quinta al basso, cambia solo una
nota, tra i due accordi, ma il suo raddoppio (questa nota è il SOL) fa si che domini sulle altre,
dunque SOL+maj7 e non SI6/SOL; è interessante notare l’andamento del basso, che si muove
sempre per grado congiunto, fino a scendere alla tonica (SOL, FA#, MI), su cui vengono
costruiti gli accordi: SOL+maj7, SI/FA#, MI min.
All’ultima battuta dell’introduzione abbiamo un DO min: è un interscambio modale del DO
pensato come quarto grado di SOL maggiore (relativa del MI minore), quindi DO in SOL minore.
Questo spiega il MIb al posto del RE#. Senza l’interscambio non saremmo mai arrivati a
costruire un DO minore, piuttosto avremmo avuto un DOsus9#, sospesa perché la terza minore
sarebbe stata sostituita dalla nona eccedente.
Il basso procede quasi sempre per grado congiunto, se fa un salto, lo fa per intervalli
consonanti, il salto alla quarta battuta è di quinta. Nelle ultime due battute, il basso che sale
anziché scendere, dà all’introduzione un senso di chiusura, ma con un che di sospeso, infatti si
ferma sul sesto grado; sempre il basso con il suo cambiamento di “rotta” anticipa il nuovo
accordo. Se il DO min fosse stato inserito sul movimento di basso delle battute precedenti (che
ormai è stato già assimilato, ben 3 volte), ci avrebbe spiazzato, un cambiamento troppo
improvviso. Nel basso delle misure 7-8 mantiene sempre lo stesso ritmo, e anche gli stessi
intervalli (sempre una seconda), ma sale anziché scendere, ed il nostro orecchio la percepisce
come una novità, ma non ne è stravolto.
Con l’ottava misura , assieme alla batteria, ha inizio l’assolo di chitarra, un crescendo fino alla
ventiquattresima misura.
Dall’ottava alla quindicesima battuta, la linea di batteria può essere inquadrata in una griglia di
ottavi, ovvero, la più piccola unità di valore è l’ottavo, poi, inizia ad utilizzare anche il sedicesimo.
Questo crescendo ritmico è stato usato per dare più movimento sul finale, per creare più tensione.
La tonalità qui diventa SOL maggiore, anche se in teoria ogni accordo è inteso modalmente
come modo ionico. Altro elemento che concorre a dare più movimento e a creare un senso di
crescita è il basso che si muove sempre per grado congiunto, ma ascendente, dove tutti gli accordi
sono maggiori.
Aggiungiamo inoltre che questo brano si basa prevalentemente su questa cellula ritmica:

In poche parole, la nota puntata, che siano quarti o sedicesimi, è l’elemento caratterizzante, se
notiamo, tutti i rilanci di batteria, sono sempre raggruppati a tre.

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VI.1.3 Brano n°3

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Il brano n°3 è la riduzione su due pentagrammi di Mary in the clouds, un pezzo da discoteca. Al
suo interno coesistono elementi stilisticamente agli antipodi, legati tra loro dal regolare flusso
ritmico del walking bass.
Il brano è composto essenzialmente da due motivi, quello della parte [B] e quello della parte [C],
che non è altro che la risposta al primo. L'introduzione è composta nelle prime due battute dal
controcanto del secondo motivo (esposto nella sezione [E]), successivamente entrano i bassi
"Tunz Tunz" che ci fanno intuire un brano da discoteca, almeno fino a quando si somma un'altra
voce, con un marcato senso rock/blues spiazzante per questo contesto.
Ecco che nella sezione [B] viene esposto il primo tema, è spensierato, allegro, infantile, dovuto
anche ai primissimi salti di terza sui tempi forti, quasi una filastrocca; ma se il vero tema è quello
proposto nella sezione [E], allora nelle ultime due battute abbiamo una variazione ancor prima
dell'esposizione! Infatti noteremo due frammenti di scale cromatiche che partono da MI e da
FA#, se osserviamo bene, notiamo che sui tempi forti cadono le note della melodia originale, e
quindi altro non sono che note di passaggio cromatiche: MI – SOL, FA# – LA; e come se non
bastasse, scopriamo che la misura 12, è uguale alla 32, ma anch'essa con un passaggio cromatico.

Con la sez. [C] finisce l'introduzione, quindi entra il secondo motivo in risposta al primo. È
molto più fluido ed ampio, fluido perchè utilizza il walking bass, ampio perchè pur occupando la
stessa quantità di battute, non viene ripetuto. Possiamo quindi dire che la parte interrogativa (nel
senso che necessita di una risposta) del primo occupa due battute, altrettante la parte affermativa;
nel secondo queste due pa rti occupano 4 misure ciascuna che a loro volta potrebbero essere
divise in un ulteriore domanda/risposta.

Primo motivo:

Secondo motivo:

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Inoltre, l'ultima battuta del secondo motivo è la stessa della seconda del primo, ma vista la sua
posizione, ci dà un senso molto più conclusivo. Il secondo tema viene riproposto nella sezione
[D] in vesti "antiche" in quanto gli viene aggiunto un controcanto, ed il basso da walking bass
diventa il basso di un contrappunto.
Le sezioni [E] ed [F] non introducono nulla di nuovo, tutte e due riutilizzano tutto il materiale
già esposto in precedenza, cambia solo il controcanto del secondo motivo che viene trasportato
due ottave sopra, per alleggerire la parte e per non ricreare l’effetto contrappuntistico.
Nella sez. [G] abbiamo un cambio di tonalità: il primo tema diventa maggiore e il basso,
sfruttando le note dell'armonia, diventa un basso albertino.
La sez. [H] introduce per la prima volta un accompagnamento vero e proprio, cambiando il
flusso armonico e introducendo dei semplici voicing, rendendolo un po' più "suonato" grazie
anche alla "batteria" con una parte un po' più vera, più jazz e meno “Tunz Tunz”.
Nella cinquantatreesima misura si ritorna al MI maggiore della sez [G] e con [I] ci si avvia alla
conclusione, intuibile dalla melodia dal flusso ritmico più regolare ed un’armonia più rilassata.

VI.1.3 Brano n°4

L'esempio sopra è tratto dalla mia Belgrado, le parti che per ora ci interesano sono solamente tra
basso e batteria, di cui prenderemo in esame il flusso ritmico.
Già a prima vista appare qualcosa di strano, notiamo che la metratura tra i due è diversa, ma di
questo avevamo già parlato a proposito della multimetria, andiamo a vedere nello specifico: la
batteria esegue un 4/4 + 7/8, il 7/8 tra l'altro è della peggior razza, in quanto non è altro che un
4/4 con accentazione in quarti meno un ottavo; tanto per capire la forma più banale ed
elementare.
È stata scelta però, per non andare ad aggiungere strani accenti al risultato complessivo,
compromettendone l'effetto polimetrico.
Il basso invece, ragiona in quarti, lo sfasamento tra i due si ha quindi con la terza battuta (di
entrambi), dove l'ascoltatore si troverà davanti un bivio:

<<Mi concentro sulla batteria o sul basso??>>

181
Ogni strumento ha un suo campo d'azione relativo. La batteria sappiamo è uno strumento
ritmico, il basso ritmico e melodico, la chitarra armonico e melodico, il flauto melodico, il
pianoforte prevalentemente armonico, ecc... Il basso, se preso assieme alla batteria, acquista molta
più importanza melodica che ritmica. I tamburi della batteria, per forza di cose, sono intonati,
emettono una nota, ma se ascoltiamo batteria e pianoforte, di certo questa nota sarà irrilevante e
non inciderà sulla comprensione armonica del pezzo. Va aggiunto però, che questo campo
d'azione è facilmente influenzabile dal volume dello strumento.
Tutto questo quindi per dire che facciamo molta meno fatica ad ascoltare la batteria, ne
consegue che il nostro esempio nel complesso, per l'orecchio suona come un 4/4 + 7/8, sulla
carta invece è come lo abbiamo scritto.
Un ulteriore polimetria (ma non è stata indicata per non appesantire la vista del lettore) si ha
all'interno della linea di batteria: mentre cassa e rullo lavorano in 4/4 + 7/8 il charleston corre per
conto suo, non ha metro, tiene solo i quarti. È un effetto davvero carino in quanto al cambio di
metro, è come se cadesse sul levare, per gli altri lo è, ma per lui no!

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VI.2 D ISSONANZE .

Finora abbiamo visto le dissonanze armoniche, cioè quando due (o più) suoni producono tra
loro battimenti nelle armoniche. Ma la dissonanza può essere anche ritmica, verbale,
concettuale… e così via.

Vediamo intanto cosa dice il dizionario sulla dissonanza.


DISSONANZA: 1 (mus.) la qualità sgradevole di un intervallo o di un accordo, in base a una valutazione
soggettiva oppure in base a una classificazione teorica
2 (fig .) discordanza, disarmonia: dissonanza di colori, di idee.

Bene, la dissonanza è dunque soggettiva, e legata al contesto culturale. Ammettiamo però, che
difficilmente un intervallo d’ottava o di quinta risulterà dissonante, ma questo discorso non si può
fare per una quarta eccedente.

VI.2.1 Dissonanza armonica


Infatti, in un contesto consonante come l’armonia tonale, la quarta eccedente (o la quinta
diminuita) risulterà dissonante, in un contesto dissonante, risulterà più consonante di altri
intervalli.

Abbiamo detto però che la consonanza è in stretto rapporto all’armonia naturale, infatti:

Se rapportiamo questi intervalli con quelli in natura:

Scopriamo che i primi sono quelli più consonanti.


Fin qua nulla di nuovo.

Abbiamo detto che esiste la dissonanza ritmica… cos’è??


VI.2.2 Dissonanza ritmica

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Pensiamo ai gruppi irregolari.
Non è forse una dissonanza?

Forse, la terzina ormai la accettiamo, un po’ come le settime nell’armonia tonale46 , ma le


quintine, o i gruppi composti, per noi sono ancora duri da assimilare, diventando quindi una
dissonanza, perchè in disarmonia col regolare flusso ritmico.

Vediamo ora, un esempio di una ritmica dissonante:

Generalmente viene chiamata poliritmia, ma è una vera e propria dissonanza ritmica.


Le terzine di ottavi su sedicesimi creano veramente un effetto particolare, pensiamo anche che
la cassa (in questo caso doppia) tiene un tappeto di sedicesimi, questo crea nella nostra mente una
griglia binaria, che nella prima battuta viene rispettata, ma nella seconda no, creando così la
dissonanza ritmica.

Dissonanza, in poche parole è tutto ciò che necessita di risoluzione, tutto ciò che suona
“sbagliato” al nostro orecchio. Ma non solo.

VI.2.3 Dissonanza linguistica (licenza poetica)


Di fronte ad un errore di ortografia, grammaticale, rimaniamo colpiti da quello che leggiamo, ci
viene una sorta di fastidio, e subito pensiamo:
“È un errore di stampa?”
“È un ignorante l’autore?”
“Che sia stato il volere dell’artista ed un chiaro intento artistico?”

Gli Elio e le storie tese ricorrono spesso ad espedienti lessicali (supportati da un vocabolario
musicale più unico che raro); pensiamo alla canzone First me, secondo me degli Elio e le Storie Tese
(Eat the Phikis), dove l’italiano viene tradotto letteralmente in inglese senza intaccare però la
sintassi italiana. Per una persona abituata a sentir parlare inglese balza subito all’orecchio la
formulazione dei periodi totalmente errata.

VI.2.4 Dissonanza concettuale


Un altro esempio: questa volta Luciano Berio.
Il pezzo in questione è Coro per voci e strumenti, scritto a metà dei ’70. In Coro ci sono due tipi
di testi: quelli popolari, e quelli di un singolo (Pablo Neruda); l’autore ricorre ad un espediente
davvero originale, e cioè di far cantare al solista i testi popolari, al coro invece quelli del singolo
scrittore.

Michel Chion nel suo saggio sull’audiovisione parla addirittura di dissonanza audiovisiva,
facendo l’esempio di una telecronacaciclistica: alle immagini dei ciclisti, i cronistisovrappongono
dei dialoghi che seppur di carattere ciclistico, non hanno nulla a che vedere con la gara trasmessa.

46Prima dell’ingresso dell’armonia nella storia della musica, la settima veniva utilizzata solo come nota di passaggio, ora invece come accordo
autonomo con caratteristiche proprie.

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VI.3 LA PARTITURA D’INSIEME .

Per partitura d’insieme s’intende una partitura per più strumenti, può essere orchestrale, vocale,
per complesso rock (a pag. XXX si vede un esempio per basso chitarre e batteria), quartetto jazz,
e chi più ne ha, più ne metta. Insomma, più strumenti in una pagina. Sotto abbiamo un esempio
di una partitura orchestrale della durata aprossimativa di 50 secondi:

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La prima cosa che va detta, è che sarà molto difficile (quasi impossibile) far suonare a ognuno
di questi strumenti una parte diversa senza che diventi rumore; generalmente si scrive a 4, 5, 6
voci e poi si passa all’orchestrazione.
Scrivere a 4 voci non significa che solo 4 strumenti suoneranno, possono suonare anche tutti,
molti di questi saranno dei raddoppi, in poche parole ci saranno quattro condotte melodiche.
Altro punto importante: vediamo che ci sono armature in chiave differenti: mentre tutti gli
archi (strumenti in DO) sono scritti in DO troviamo il corno in MI che in chiave ha quattro
bemolli, questo corno è uno strumento traspositore47.

VI.3.1 Colla parte


Quando ci troviamo di fronte ad una parte solista accompagnata, per esempio di un violino ed
un’arpa, è possibile trovarsi l’indicazione colla parte, il che significa, che lo strumento
accompagnatore (in questo caso l’arpa) deve seguire il solista. È possibile integrare la scritta con
l’indicazione dello strumento da seguire, ad esempio colla parte di violino. Viene impiegato per parti
particolarmente espressive, dove è richiesto all’esecutore (in questo caso violinista) di utilizzare
con libero arbitrio (e quindi espressivo) il tempo assoluto, dilatandolo e restringendolo secondo
un’esigenza espressiva.

VI.3.2 Basso numerato


In certe partiture, soprattutto barocche e classiche, in presenza di strumenti a tastiera (organo o
clavicembalo), le parti venivano indicate col basso numerato48.

5 5 5 6 5
4

Nell’esempio sopra notiamo che nella partitura va annotato ogni dettaglio, in questo caso, l’uso
del pizzicato da parte dei violini, ma anche un cambio di strumento:

47 Va detto che non tutti gli strumenti suonano in DO. Molti, soprattutto quelli a fiato, sono accordati in altre tonalità, ad esempio: il DO di un
clarinetto in SIb corrisponde al SIb di un piano, il DO di un piano invece al RE dello stesso clarinetto .
48 Vedere paragrafo “basso numerato”

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• takes clarinet in D - Lo strumentista, o tutta la sezione dei clarinetti in LA devono


appoggiare e prendere quello in RE, nell’esempio sopra ad esempio, hanno il tempo di
una battuta.

• sul SOL - È preferibile che i violini primi suonino sulla corda di SOL, la prima.

• divisi – si usa per strumenti che possono eseguire più note contemporaneamente, divisi
significa che la sezione dei violini primi verrà divisa (in questo caso in due), e alcuni
suoneranno la parte superiore, altri quella inferiore. Se non ci fosse stato scritto, tutti i
violini primi avrebbero suonato la stessa parte a due voci.

• solo - quando appare questa scritta significa che solo uno strumentista della sezione
(qualunque essa sia) deve suonare.

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VI.4 L A PARTITURA ALEATORIA .

Il Novecento è stato forse il secolo più prolifico della storia della musica, o almeno quello con
più capitoli da scrivere.
Pensiamo a tutte le avanguardie, al blues, al jazz, al rock ed alla musica elettronica, è cambiato il
modo di ascoltare la musica, è nato il disco e con esso il mercato musicale, ma soprattutto è
cambiato il modo di fare e di pensare musica.
Schönberg ha rotto con l’armonia tonale sviluppando la dodecafonia, e da lui si è andati sempre
più avanti cercando nuove soluzioni espressive, nuovi metodi di scrittura, integrando alla classica
orchestra qualsiasi tipo di “rumore” ed effetto.
George Gershwin introdusse in Un americano a Parigi i clacson delle automobili, Luigi Russolo
creò l’intonarumori, John Cage “preparò” il piano, e Karlheinz Stockhausen lega gli elicotteri al
quartetto d’archi! Ma a parer mio è degna di nota la musica aleatoria.

Aleatorio deriva da alea, (dal latino un gioco di dadi), quindi casualità, indeterminatezza.

Ma si distingue dalla musica indeterminata in quanto cambia la mentalità con la quale essa viene
scritta.
• La musica indeterminata viene scritta (come nel caso di Cage), anzi, composta, grazie
al caso: durate, altezze, timbri, dinamiche, vengono escono dal lancio dei dadi, da una
moneta. John Cage scrive ha scritto parecchi lavori con questo sistema, tra cui spicca
Fontana mix.
• Nella musica aleatoria invece, gli elementi non vengono scelti dal caso, ma
dall’esecutore, a cui gli si comunica, attraverso la partitura, quali elementi potrà
improvvisare.
È possibile avere uno schema ritmico e dire all’esecutore di improvvisarci sopra note o accordi,
magari limitando la scelta ad un intervallo; oppure vengono scritte solamente le altezze delle note
e sta all’esecutore improvvisare le durate. Insomma, il vocabolario musicale si è decisamente
ampliato!

Per fare un esempio, ora vengono riportati alcuni simboli grafici tratti dalla legenda della
partitura di Heterophonie di Mauricio Kagel.

Scegliere una tra le note dell’intervallo dato.

Scegliere una delle due note date.

Scegliere se registro acuto o grave. Se grave sarà di breve durata, se acuto, il


contrario.

Altezza indeterminata, ma durate stabilite.

Scegliere tra le note più grave (o acute) dello strumento.

Prendere la nota più grave (o acuta) dello strumento.

Pausa breve
?
?
Pausa lunga

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Potremmo indicare delle altezze approssimative anche con una linea sul pentagramma (infatti, è
già stato detto che l’altezza del suono è rappresentata dalla verticalità, la temporalizzazione
dall’orizzontalità).

Questo tipo di rappresentazione è molto utilizzata dai compositori per indicare per esempio
l’andamento di un nastro magnetico con dei suoni pre registrati; la linea rappresenta quindi il pitch
del nastro.

E perché non dare solamente le altezze, lasciando all’esecutore di stabilire le durate? Come ha
fatto Marcel Duchamp nel suo Erratum musicale.

Capiamo quindi che di simboli ce ne possono essere un’infinità, l’importante è cercare di


rendere graficamente l’idea (anche scrivere a priori è una buona idea) di quello che si vuole
ottenere.
Molti compositori hanno scritto dei “pannelli” (come sotto) che poi sarebbe stato compito
dell’esecutore assemblarli come meglio pensava. Qua sotto ne vediamo otto. Questa pratica
prende il nome di forma aperta, in quanto l’elemento lasciato alla scelta dell’esecutore è proprio la
forma.

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Ecco un utilizzo dell’alea in campo rock49: la chitarra C ha l’unico vincolo di suonare accordi di
settima minore, essi potranno essere maggiori o minori, ma dovranno sempre avere la settima
minore e seguire la ritmica scritta.

Consiglio inoltre l’ascolto di Trout mask replica di Captain Beefheart (1969), prodotto tra l’altro
da Frank Zappa. Il disco è un fantastico esempio di alea; non può assolutamente mancare.

49 Questo frammento di brano è tratto dalla mia The sky.

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VI.5 ARRANGIAMENTO .

L'arrangiamento può essere inteso in un certo senso come la cara vecchia orchestrazione,
pensiamo algi arpeggi d'arpa in Sherazade di Rimsky Korsakoff e quelli tanto amati da Peter Buck,
chitarrista dei REM; pensiamo agli "strappati" orchestrali di Stravinskij, preziosa fonte linguistica
per i Dream Theater; pensiamo anche alla canzone Hide and seek di Himogen Heap, a metà strada
tra le prime forme di polifonia e gli studi elettronici di Stockhausen; e alla già citata Toxic, dove
secondo me, si può parlare in tutti i sensi di orchestrazione pop.
L'arrangiamento è quindi quello che sta intorno alla melodia, all'armonia, e perchè no, loro
stesse. È il modo di sviluppare un'idea.
Questo concetto prende ben forma quando si parla di Variazione.

Le variazioni sono un tema caro ai "vecchi" compositori, le troviamo dal barocco di Tartini
(l'arte dell'arco Op. 5) alla dodecafonia di Schönberg (Variazioni per orchestra Op. 31), passando per
Beethoven (Variazioni su un valzer d i Diabelli Op. 120), ed anche nei Metallica in Enter sandman.
Poche pagine fa, parlando della melodia, abbiamo avuto l'occasione di trovarci di fronte a più
variazioni della stessa.

Un'altra parte interessante dell'arrangiamento è la citazione.


Shostakovic cita il Guglielo Tell di Rossini nella sua quindicesima ed ultima sinfonia, Frank
Zappa è un abuso di citazioni (emblema della citazione zappiana è Rhymin man in Broadway the
hardway). Nel mio Virtualizer è presente la citazione del famoso inno alla gioia circondato però da
quattro chitarre in poliritmia. Come la citazione in The sky di Einstein on the beach di Philip Glass e
Bob Wilson, che con l'aggiunta di un gran riverbo sfocia in un Tantra buddista; ed ecco che la
citazione diventa anche stilistica.

Un caso molto particolare e degno di nota sono i Beatallica, che fondono (nel vero senso del
termine) canzoni degli inglesi e degli americani Beatles e Metallica.

Si chiama cover nel rock (ma non solo), il rifacimento di una musica preesistente.
Sempre i Metallica ed i Guns n' Roses hanno registrato due lavori: rispettivamente Garage inc. e
The spaghetti incident?. Non mancano esempi di "cover" anche nel campo colto: pensiamo al quarto
movimento della sinfonia Aus Italien di Richard Strauss che gira tutto attorno alla canzone
Funiculì funiculà, e non a caso il movimento si intitola Vita popolare napoletana!
Anche Bach ha "fatto cover" scrivendo corali su mottetti preesistenti.
Wendy Carlos ripropone pezzi classici eseguiti al Synth, gli stessi brani che ripropongono i
gruppi power metal con le chitarre distorte e la doppia cassa!

Vediamo ora sotto come un'idea può essere sviluppata; di strade ovviamente ce ne sono infinite,
ed è quindi compito del compositore scegliere quella che più gli si addice, e della sua sensibilità
scegliere quella più indicata. A meno che non ci sia la chiara intenzione artistica di creare un
ossimoro musicale.

193
Questa notte l’usignolo mi ha canticchiato nell’orecchio questa melodia. È una melodia
moderna, una tipica melodia per voce che possiamo ritrovare in Max Pezzali come in molti altri
talentuosi melodisti, caratterizzata soprattutto dal contrattempo.

Troviamoci gli accordi: tralasciata la prima battuta, d’introduzione, nella seconda, grazie
all’intervallo di terza DO-MI possiamo utilizzare un DO maggiore (nessuno ci vieta di usare un
LA minore comunque). Nella terza entriamo con un RE, in linea di massima possiamo scegliere
tra RE min, SOL magg e SI dim... visto l’andamento della melodia opterei per un SOL maggiore.
E così continuiamo fino ad armonizzare tutta la melodia.
Vi racconto un segreto: non c’è nessun uccellino. La melodia è stata scritta direttamente sul giro
di accordi.

Armonizziamola a due voci.


Come le prime forme di polifonia, in omoritmia. Aggiungiamo una seconda voce a distanza di
terza/quarta da quella principale, stando attenti a non cambiare il senso dell’armonia. Infatti le
note aggiunte appartengono tutte alle armonie viste sopra.

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Ed ora armonizziamola a tre voci, sempre omoritmicamente, e sempre stando attenti a


mantenere le armonie precedenti.

Ispirandoci al celebre canone di Pachelbel (anche perchè il giro è quello!) lo armonizziamo a


quattro voci, però questa volta in contrappunto. Parte la linea di basso, poi quella del contralto,
quindi il tenore ed infine la melodia vera e propria. Questa melodia, che è prevalentemente in
contrattempo, ben si incastra nelle tre voci sottostanti, creando un contrasto stilistico
pop/barocco, ma carino.

195
Utilizziamo i voicing.
Non c’è tanto da dire, l’armonia è molto più colorata, in più, l’andamento ritmico dei voicing
concorrono a rendere il pezzo ancor più movimentato.

Ora invece, la riarmonizzeremo.


Mantenendo sempre la stessa melodia, porteremo in minore l’armonia, cambiando però anche i
gradi.

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Adesso trasporremo la melodia in minore, mantenendo gli stessi gradi dell’armonia, trasportata
anch’essa in minore.

Ma possiamo anche cambiare il metro, l’importante è mantenere il senso:

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VI.6 STILEMI .

Cosa hanno in comune queste canzoni?

Quella che non sei, Piccola stella senza cielo (Ligabue);


Il mio nome è mai più (Ligagiovapelù);
One of us (Joan Osbourne);
That dont impress me much (Shania Twain);
Tieni il tempo, Gli anni, Hanno ucciso l'uomo ragno (883);
Self esteem (Offspring);
I will sing (Don Moen);
Misunderstood (Bon Jovi);
Zombie (The Cranberries);
The passenger (Iggy Pop);
Splendid Isolation (Warren Zevon);
Been Around the world (Cracker);
Svegliarsi la mattina (Zero Assoluto);
Before You (Vineyard);
I Think The Answer's Yes (The Beautiful South);
I Know Why The River Runs (Julie Miller);

Semplicemente che tutte girano attorno ad un giro armonico:

I - VI - III – VII
del minore naturale

Bene, questo giro è uno STILEMA, cioè un modulo stilistico ricorrente, un PATTERN. Può essere
di un compositore (ma non solo, uno stilema può essere anche di un pittore, scrittore, architetto),
o di un’intera corrente artistica, addirittura di un’epoca.

Quindi, questo giro armonico può essere considerato uno stilema del XX secolo, un mezzo
facile e sicuro per raggiungere l’orecchiabilità di una canzone e quindi il successo, ma attenzione,
non è immune all’etichetta di “già sentito”. Anzi, proprio a questo è dovuto il suo successo.
L’ascoltatore medio oggi è pigro, si avvicina alla musica 50 aggrappandosi proprio a questi
stratagemmi dettati dalle dure regole del mercato.

Ammettiamo di aver “scritto” una canzone con questo giro in minore: I – VI – III – VII.
Un ascoltatore di medio/alta cultura musicale dirà:
1- Ha finito la fantasia
2- Ha bisogno di soldi

Una persona senza grande interesse musicale ma che ascolta la radio al lavoro per otto ore al
giorno dirà:
1- Carina, ricorda vagamente questa, quella e quel’altra canzone...
2- È proprio una bella canzone!

50 Generalmente di consumo, ma non per questo disprezzabile

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Ora invece scriviamo una canzone in cui, in un certo punto si presenta questa sequenza:

I – I2 – VI – VI2 – IV

Ma... è l’Aria di Bach!

Sia l’ascoltatore medio/alto, sia quello che non ascolta musica diranno che questa è l’aria di
Bach.

Tutto questo per dire che lo stilema non è un plagio.

Se questo sotto fosse un plagio...

...allora l’inventore di questo pattern dovrebbe essere l’uomo più ricco del mondo!

Anche nella letteratura classica non mancano veri e propri esempi di pattern. Quante volte
abbiamo sentito in Bach questa progressione?

Tanto che il chitarrista Yngwie Malmsteen per rievocare Bach (penso sia questo il suo intento)
nel suo Concerto Suite For Electric Guitar And Orchestra ne abusa forse più di quanto lo facesse lui
stesso!

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I N D I C E D E I N OM I E D E L L E OP E R E

883 Il Mio Nome È Mai Più


Gli Anni, La Donna, il Sogno e il Grande Incubo, 1995 LIGETI, GYÖRGY
Hanno Ucciso L’uomo Ragno, Hanno Ucciso l’Uomo Ramification
Ragno, 1992 MALMSTEEN, YNGWIE JOHANN
Tieni Il Tempo, il Sogno e il Grande Incubo, 1995 Concerto Suite For Electric Guitar And Orchestra, 1998
BACH, JOHANN SEBASTIAN METALLICA
Aria Dall’ouverture N°3 In RE BWV 1051 Enter Sandman, Black Album, 1991
Il Clavicembalo Ben Temperato BWV 846-893 Hero Of The Day, Load, 1996
BEATALLICA Mama Said, Load, 1996
BEATLES MIANI, ALESSANDRO
BEETHOVEN, LUDWIG VAN Belgrado, Alessandro Miani, 2005
4° Mov. Dalla Nona Sinfonia “Corale” Op. 125 Mary In The Clouds, Alessandro Miani, 2005
Variazioni Su Un Valzer Di Diabelli Op. 120 Notturno In DO Minore
BERIO, LUCIANO Suite Della Pizza
Coro Techno I, IV, V
BIBER , HEINRICH IGNAZ FRANZ The Sky, Alessandro Miani, 2005
Missa Salisburgensis a 53 Virtualizer, Alessandro Miani, 2005
BON JOVI MIGLIACCI, FRANCO
Misunderstood, Bounce, 2002 Carletto Il Principe Dei Mostri
BUCK, PETER MILLER, JULIE
CAGE, JOHN I Know Why The River Runs, Broken Things, 1999
Prepared Piano MODUGNO, DOMENICO
Fontana Mix Volare
CAPTAIN BEEFHEART MONTEVERDI, CLAUDIO
Trout Mask Replica, 1969 NERUDA, PABLO
CARLOS, WALTER O FFSPRING
Switched-On Bach 2000, 1992 Self Esteem, Smash, 1994
CHION, MICHEL O SBOURNE, JOAN
L’audiovisione. Suono Imagine Nel Cinema, Lindau , Torino One Of Us, Relish, 1995
1999 PACHELBEL, JOHANN
COWELL, HENRY Canon “A 3 Violinis Con Suo Basso”
Nuove Risorse Musicali, Lim, Lucca 1998 PALESTRINA, GIOVANNI PIERLUIGI
CRACKER PEZZALI, MAX
Been Around The World, Gentleman's Blues, 1998 PITAGORA
DEBUSSY, CLAUDE Q UEEN
DENZA, LUIGI We Will Rock You, News of the World, 1977
Funiculì Funiculà REM
DON MOEN ROSSINI, GIOACCHINO
I Will Sing, I Will Sing, 2000 Guglielmo Tell
DREAM THEATER RUSSOLO, LUIGI
DUCHAMP, MARCEL L’intonarumori
Eratum Musicale SATRIANI, JOE
ELIO E LE STORIE TESE Big Bad Moon, Flying in a Blue Dream, 1989
First Me Second Me, Eat The Phikis, 1996 SCHÖNBERG, ARNOLD
FUJIO, FUJIKO Variazioni Per Orchestra Op. 31
Carletto Il Principe Dei Mostri SPEARS, BRITNEY
GARIBALDI, GIUSEPPE Toxic, In the Zone, 2003
GERSHWIN, GEORGE STOCKHAUSEN , KARLHEINZ
Un Americano A Parigi Helicopter String Quartet
GLASS, PHILIP STRATOS, DEMETRIO, Cantare la Voce, 1978
Einstein On The Beach STRAUSS, JOHANN
GUNS N’ ROSES Sul Bel Danubio Blu
The Spaghetti Incident?, 1993 STRAUSS, RICHARD
HEAP, IMOGEN Vita Popolare Napoletana, Sinfonia Aus Italien
Hide And Seek, Speak for your Self, 2005 STRAVINSKIJ, IGOR
HENDRIX, JIMI L’uccello Di Fuoco
HINDEMITH , PAUL La Sagra Della Primavera
Kammermusiken TARTINI, GIUSEPPE
IGGI POP L’arte Dell’arco Op. 5
The Passenger, Lust for Lie, 1977 THE BEAUTIFUL SOUTH
IRON MAIDEN I Think The Answer’s Yes, Choke, 1990
Discografia Intera THE CRANBERRIES
JARRETT, KEITH Zombie, No need to Argue, 1994
The Köln Concert, 1975 TWAIN, SHANIA
KAGEL, MAURICIO That Dont Impress Me Much, Come on Over, 1997
Heterophonie VAI, STEVE
KOBAYASHI, ASEI WAGNER, RICHARD
Carletto Il Principe Dei Mostri WEBERN , ANTON
KORSAKOFF, NIKOLAY RIMSKY Sei Pezzi Op. 6
Sheherazade, Symphonic suite, Op. 35 WERCKMEISTER , ANDREA
LIGABUE, LUCIANO Musikalische Temperatur, 1691
Quella Che Non Sei, Buon compleanno Elvis, 1995 WILSON, BOB
Piccola Stella Senza Cielo, Ligabue, 1990 Einstein on the beach
LIGAGIOVAPELÙ

200
Alessandro Miani – REGOLE PER GIOCARE CON LA M USICA
WWW.ALESSANDRO-MIANI.COM

ZAPPA, FRANK
The Black Page N°1, Zappa In New York, 1978
Rhymin Man, Broadway the Hardway, 1988
ZARLINO, GIOSEFFE
Istitutioni Harmoniche, 1589
ZERO ASSOLUTO
Svegliarsi La Mattina, 2006
ZEVON, WARREN
Splendid Isolation, Transverse City, 1989

201

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