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IL CAPITALISMO AMICO O NEMICO DELL'ARTE?

Di Mauro Francesco
Vm

Il rapporto tra l'artista e il mercato industriale è un tema affrontato più volte nel corso della storia e ancor più
nell'età contemporanea. Con lo sviluppo della modernizzazione muta completamente il ruolo dell'artista
all'interno della società: se prima l'artista rifiutava il commercio e il capitalismo, oggi l'artista si adegua
sempre di più alle leggi di mercato. E' inevitabile il cambiamento del mondo e dell'arte per mezzo del
sistema capitalistico, e coloro che si cimentano nell'analisi di questo fenomeno possono assumere due
posizioni: la prima afferma il capitalismo come assassino dell'arte, ridotta ormai a una semplice attività di
consumo; la seconda invece crede nel ruolo fortificante che il capitalismo esercita sull'arte, democratizzando
il suo senso estetico.
L'arte vede la sua più grande rivoluzione parallelamente all'avvento della società consumistica negli anni '60,
in un epoca in cui l'uomo assiste a un mutamento radicale per quanto riguarda il proprio benessere e la
propria vita quotidiana. Servizi quali la televisione, la radio, il cinema, la fotografia e il telefono fornirono
alla società nuovi sistemi di comunicazione e nuove abitudini dettate da un nuovo benessere diffuso dal
sistema capitalistico-tecnologico. Anche la pubblicità svolse un ruolo fondamentale nella trasformazione
sociale, in quanto utilizzata come strumento di comunicazione di massa, influenzando il gusto della gente
con spot pubblicitari, immagini e slogan. In questo contesto sociale-culturale gli artisti hanno reagito
promuovendo un'arte ispirata alla società contemporanea, un'arte che con un atteggiamento quasi ironico che
trasformasse lo spot pubblicitario in un'opera artistica, rappresentando in maniera simbolica la tristezza di
una società consumistica in cui l'uomo è solo un potenziale consumatore. E' il caso della Pop-Art, un
movimento artistico nato negli Stati Uniti negli anni '60. Il termine “Pop-Art” significa “arte popolare” intesa
come “arte di massa”, quindi un'arte che promuove prodotti riproducibili in serie e di facile interpretazione
per le masse. Con la “Pop-Art” l'arte non pone più la propria attenzione sull'espressione interiore, ma aspira
a fondersi con la pubblicità e i mass media, evolvendosi in mezzo di comunicazione di massa. In questo
modo cambia la relazione fra arte e spettatore: se prima lo spettatore considerava l'opera d'arte un'esperienza
introspettiva e contemplativa, unica nella sua autenticità ed irripetibilità, con l'era della riproducibilità
tecnica si perde l'originalità “hic et nunc” dell'opera d'arte, dal momento in cui è prodotta in serie e diffusa in
un contesto sociale di consumo quotidiano. Nonostante questo movimento nasca con l'intento politico di
denunciare il nuovo sistema capitalistico-consumista, la Pop-Art diventa parte integrante di tale sistema
creando opere riproducibili in quantità e allo stesso tempo di grande impatto psicologico nell'approccio
dell'uomo all'immagine artistica. L'uomo si trova così davanti a un'opera facile ed immediata, che quasi
inconsciamente considera interessante (proprio come uno spot pubblicitario). Questa nuova concezione di
arte di massa si estende fino ai giorni nostri, nell'era in cui tutto è considerato artistico: dal nuovo design
dell'Iphone X all'estetica della nuova Tesla Model Y. Il mondo artistico abbraccia così il mondo industriale e
viceversa, oggi più che mai il mondo è invaso da prodotti industriali che attraverso l'immagine estetica
provocano il gusto dell'acquirente. Dunque è evidente come l'incremento del sistema capitalistico-
consumista e le nuove tendenze artistiche ispirate ad esso abbiano coinvolto l'arte nella logica di mercato e di
consumo globale, indirizzando la società di massa verso un approccio immediato ed approssimativo al
prodotto.
Tuttavia il sistema capitalistico-tecnologico ha garantito una serie di vantaggi all'interno della società.
Secondo la logica capitalista per cui gli imprenditori producono un bene/servizio e i consumatori lo
acquistano, viene garantita una stabilità economica e sociale, in quanto ogni individuo è alla ricerca del
proprio benessere (che sia di profitto o di consumo). Tutt'oggi la maggior parte della popolazione ha la
possibilità di usufruire dei beni e dei servizi offerti da tale sistema (seppure esisteranno sempre delle persone
più ricche e delle persone più povere). Per esempio anche le classi sociali meno abbienti hanno la possibilità
di andare a Teatro o nei Musei, ambienti che in passato erano destinati esclusivamente alle classi privilegiate.
Anche l'avvento della digitalizzazione è stato un fattore che ha permesso la diffusione dell'arte all'interno
della società: computer, telefoni, lettore CD, DVD, mp3 hanno concesso all'uomo di accedere con estrema
facilità al mondo artistico. Oggi nel 2020 basta un click per vedere la Gioconda di Leonardo, o per scaricare
“I Fiori del Male” di Baudelaire, o ancora per ascoltare la Quinta sinfonia di Beethoven. E' meraviglioso
vero? Un mondo in cui l'arte diventa fruibile a tutti coloro che dispongono di un semplice dispositivo
digitale. Eppure molti giovani ignorano l'arte e la cultura del passato, i Teatri e i Musei vengono sempre
meno visitati dalle nuove generazioni. Perchè?
Come già discusso in precedenza, con l'avvento della società consumistica e le nuove tendenze artistiche
ispirate ad essa, cambia completamente l'atteggiamento del pubblico e dell'artista verso l'arte. La società
attraverso i nuovi servizi (televisione, cinema, fotografia, telefoni, …) ha sviluppato una nuova cultura
dell'immagine, un nuovo approccio estetico all'immagine. Questo fattore di sviluppo sociale-psicologico
costituì per molti artisti un valido espediente per la costruzione di una propria carriera artistica. Per capire
meglio prendiamo in esame l'artista musicale che deve fare uscire il proprio album. Egli prima di pubblicare
il prodotto, si preoccupa di creare una immagine di sè, il più possibile coerente con i gusti delle masse.
Quindi pone la sua attenzione sulla creazione di una copertina accattivante, o di un video musicale che faccia
più visualizzazioni/ascolti possibili sulle piattaforme digitali. In questo modo l'artista vuole piacere al
pubblico, cerca di guadagnare consensi dalle masse per ricavare un profitto, adotta una strategia di mercato:
dare alla gente ciò che vuole, crearsi un'immagine di successo tra le masse per conquistare più fama
possibile. Così facendo si perde il senso primo dell'arte: espressione di una realtà lontana da quella che ci
circonda, esperienza interiore, sensazione, emozione, ricordo. Gli artisti sono sempre più coinvolti nel
mercato, che non si preoccupano tanto della qualità del prodotto, quanto della sua riproducibilità in quantità.
Di conseguenza l'artista diventa un fenomeno sociale, conosciuto, apprezzato e desiderato dalle masse. La
società, in particolare i più giovani, è stata condizionata e psicologicamente manipolata dalla cultura
moderna che la maggior parte si dimentica dei secoli precedenti di storia, arte e cultura. I giovani sono
sempre più interessati a ciò che accade nel presente, che non si interessano a ciò che è accaduto nel passato.
Questo è grave poichè è grazie all'arte del passato che si sviluppa un'arte del futuro. Col passare degli anni,
decenni, secoli, l'arte rischia di non evolversi più, decretando la morte dell'arte stessa.
La tecnologia e la digitalizzazione hanno inciso particolarmente sull'approccio dei giovani alla cultura: con i
nuovi dispositivi digitali si ha la possibilità di fruire del prodotto artistico in ogni momento e in ogni luogo.
Può sembrare una cosa positiva, siccome con questo sistema chiunque sia a disposizione di un dispositivo
digitale può ascoltare/vedere/leggere l'opera dove e quando vuole. Ma in questo modo l'uomo si abitua
all'idea di poter fruire dell'arte in maniera così semplice immediata, che quasi smette di valorizzarla nella sua
essenza artistica. L'arte perde così il suo potere comunicativo dato dalla sua autenticità, poiché la
digitalizzazione l'ha resa riproducibile e accessibile in qualsiasi momento ed in qualsiasi luogo.

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