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Anatomia – la postura nel canto

La postura nel canto

Premessa:
Il corpo umano è una macchina complessa e al contempo perfetta,
almeno per quanto concerne gli aspetti strettamente fisiologici, qualora si
escludano eventuali problematiche di origine genetica e strutturale. Si ritiene sia
possibile per tutti indistintamente ottenere il controllo degli equilibri tra strutture
ossee e masse muscolari, un compendio di forze, leve, pressioni aeree che
consentono di controllare l’equilibrio verticale, detto stazione eretta.
E’ necessario considerare che la maggior parte degli equilibri strutturali
del corpo umano hanno come fulcro la colonna vertebrale, il nostro vero e
proprio asse portante.

E’ pertanto fondamentale permettere ad essa di trovarsi sempre in


condizione di asse verticale perfetto, ossia perpendicolare al terreno, senza
curve indicanti posture di cifosi (addome ricurvo su se stesso, gobba posteriore
sulle vertebre superiori) nè curve indicanti lordosi ( addome esposto verso
l’esterno con conseguente compressione delle vertebre inferiori e della zona
lombare).
Anatomia – la postura nel canto

Esempio di cifosi (destra) e lordosi (sinistra)

Le condizioni precedentemente indicate danno luogo nella maggior parte


dei casi a compensazioni involontarie delle strutture ossee e muscolari
connesse alla colonna o antagoniste delle stessa:

Esempio 1): nelle situazioni di cifosi si ravvisa una compressione forzata


della laringe causata dall’eccessivo ripiegamento del capo verso il basso con
conseguente sensazione di occlusione del cavo orale vittima del forzato
arretramento della lingua .Inoltre viene fortemente compromessa l’inspirazione,
poiché la muscolatura intercostale è impossibilitata alla dilatazione e il
diaframma non riesce ad aprirsi cioè a scendere verso il basso.
La capacità di estensione delle note emesse viene fortemente limitata,
cosi come la versatilità timbrica. Conseguenza frequente di questi errori
posturali, sono dolori articolari e intercostali, cosi come la tendenza alla
sofferenza ed infiammazione del tratto laringeo e delle stesse corde vocali,
spesso soggette ad un super-lavoro privo di adeguato sostegno.

Esempio 2): nelle situazioni di lordosi si ravvisa una tendenza


all’esposizione forzata della mandibola inferiore, un’eccessiva estensione del
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collo verso l’alto con conseguente restrizione dello spazio d’azione della laringe.
Inoltre si verifica l’indurimento del dorso linguale, unico possibile antagonista
della mandibola nel tentativo di ottenere una improbabile apertura della bocca,
punto fondamentale dell’emissione parlata e soprattutto cantata.
La muscolatura addominale si troverà ad essere costantemente in
tensione per contrastare la carenza di sostegno della colonna vertebrale,
rendendo impossibile l’apertura del diaframma, così come il suo successivo
innalzamento o la compartecipazione alla tecnica di appoggio (vedi
”L’appoggio”).

Ricerca dell’asse verticale

Esercizio: disposto lateralmente rispetto ad uno specchio verticale,


capace di contenere la tua immagine riflessa a figura intera, divarica
leggermente le gambe e osserva che formino un angolo perpendicolare con il
suolo, che il tronco sia il naturale proseguimento di questa ideale linea verticale
e che le spalle ed il collo siano a loro volta in linea con il tronco.
Inspira ed espira profondamente per almeno tre volte fino a che una
sensazione di rilassamento generale pervada tutto il corpo, di seguito controlla
nuovamente gli aspetti di linearità sopra indicati e procedi ad una rotazione di
90 gradi in modo che la tua immagine riflessa sia ora frontale .
Ora inspira ancora profondamente e a pieno carico rimani in apnea, indi
armato di un pastello, un rossetto o quant’altro possa asservire il tuo scopo,
traccia una linea orizzontale in corrispondenza di sopracciglia, labbro superiore,
mento e spalle. Questi tratti saranno il limite da non valicare durante
l’inspirazione e la soglia sotto la quale non discendere durante l’espirazione o
l’emissione parlata o cantata.

Note: tutti gli esercizi a noi noti riguardanti la respirazione, la dizione, il


canto in generale daranno migliori risultati in presenza delle condizioni sopra
indicate.
Anatomia – la postura nel canto

Il nostro stesso aspetto strutturale potrà trarre beneficio da questa


rieducazione dell’asse verticale e ci potrà offrire una migliore distribuzione delle
tensioni ossee e muscolari, una maggiore apertura della cassa toracica ed una
sensazione generale di naturalezza e di assenza di fatica, condizioni
fondamentali per la ricerca della migliore esecuzione.

Postura del collo.

Il collo è un insieme complesso di ossa , muscoli ,cartilagini, tendini, fasci


nervosi, vene e arterie, è il nodo fondamentale di congiunzione tra la testa ed il
resto del corpo umano, ed è sede tra l’altro del nostro apparato respiratorio e
fonatorio inteso come sede della laringe e delle corde vocali.
Insomma il collo è il canale all’interno del quale avvengono i movimenti
necessari a generare la prima fase della fonazione.
Due sono le condizioni possibili per il collo e le muscolature ad esso
connesse:

1. corto e largo: in questa condizione il collo conosce il massimo relax, la


mandibola tende a lasciarsi cadere priva di inutili tensioni, la cartilagine
cricoide, non esposta, si muove in scioltezza lungo l’asse verticale senza
generare tensioni di contorno o conseguenze sulla fonazione.
E’ certamente questa la miglior condizione possibile per una corretta
fonazione, in considerazione del “relax”, come massima aspirazione per la
generazione di un suono corretto. Non bisogna però dimenticare che il
mantenimento costante di questa postura senza adeguata considerazione
dell’estensione delle note verso l’alto può e deve comunque essere
considerato un errore, in quanto le note di estensione maggiore richiedono
naturalmente uno spostamento verso l’alto della laringe, pertanto una
forzatura della postura sopra indicata sarebbe impedimento ad un processo
naturale.
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In buona sostanza sarà necessario adeguare la postura all’estensione


raggiunta, onde consentire la miglior condizione fonatoria possibile.

2. lungo e stretto: in questa condizione il collo si restringe e tende a sostenere


la propria postura, definibile come innaturale, attraverso un sistema di
compensazioni tensive che andranno ad interessare la laringe e soprattutto
le muscolature di contorno della stessa.
Pertanto sarà possibile cantare in questo modo, ma inevitabilmente la
mandibola tenderà ad irrigidirsi ed esporsi nel tentativo di aprire la bocca, si
assisterà ad una involontaria ricerca delle risonanze anteriori del palato
rigido, con suoni indirizzati sullo stesso in maniera diretta, senza
coinvolgimento del palato molle e dei risuonatori superiori.

Note: La condizione posturale ideale è quella che consente il massimo risultato


in assenza di sforzo, perché il canto non deve mai comportare sforzi o atti di
pressione se non a livello della muscolatura diaframmatica e dei suoi
antagonisti.
Sarà quindi scopo della nostra ricerca ottenere il miglior suono possibile
nel rispetto delle condizioni naturali di posizione, che saranno comunque
interne ad un generale discorso di equilibrio posturale corporeo.

Postura delle spalle

Le spalle rappresentano la sommità verticale della nostra struttura


toracica, dalla cui postura possono dipendere conseguenze rilevanti per la
capacità di inspirazione così come per la capacità di risalita del diaframma.
Sempre ad esse è imputabile il relax della colonna vertebrale nella sua parte
superiore, così come la possibilità di dilatazione delle cassa toracica.
Tre sono le condizioni possibili per la postura delle spalle.
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1. spalle aperte: condizione naturale e corretta, l’ideale per una ottimale


apertura della cassa toracica e per una compressione completa del
diaframma verso l’alto durante la fonazione sostenuta o forte.
A questa condizione si lega un primo concetto di ancoraggio ( vedi “ Gli
ancoraggi”) definito delle spalle, grazie al quale molte delle tensioni che
andrebbero involontariamente a ripercuotersi sulla laringe durante la
fonazione di note alte possono essere distribuite sulla muscolatura del
trapezio e dei dorsali.

2. spalle chiuse: intese come curve verso l’interno della cassa toracica.
Questa condizione deve essere considerata scorretta in quanto limitante
nei confronti dell’atto inspiratorio come di quello fonatorio.
il protrarsi nel tempo di tale postura crea conseguenti curve cifotiche
sulla colonna vertebrale e determina un aspetto generale tipico della figura
depressiva, sintomatica dell’impossibilità di comunicare apertamente con il
mondo circostante, né attraverso la forma parlata, né in quella cantata.

3. spalle troppo aperte: intese come eccessivamente ritratte verso il dorso.


Questa condizione deve essere considerata scorretta in quanto limitante
nei confronti della tensione muscolare del torace ( con conseguenze sulla
laringe soggetta ad eccessiva pressione), della respirazione durante la fase
intercostale.
E’ inoltre tipica della figura egocentrica, sintomatica di una forma di
comunicazione unilateralmente posta e spesso invisa all’ascoltatore che
inevitabilmente cercherà di evitarla.

Note : le considerazioni espresse precedentemente riguardo l’influenza


degli aspetti posturali sulla tipologia di emissione, meglio ancora sul risultato di
una fonazione in tali condizioni, sono di primaria e fondamentale importanza. La
padronanza del proprio suono è figlia del controllo sulla propria struttura
generale corporea, mentale ed emozionale; difficilmente potremo trovare
interessante una voce che si ponga al nostro ascolto in forma depressa a meno
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che essa rappresenti, e qui si entra nel campo delle probabilità, il nostro stato
d’animo in quel preciso momento. Attenzione non stiamo parlando di quali
parole o frasi vengano cantate ma dell’incertezza o peggio della disistima con la
quale frasi di qualsiasi tipo vengano poste.
Allo stesso modo sarà sgradevole una proposta vocale carica di
presunzione e di superiorità, ed in tutta sincerità molti di noi cantanti, più o
meno umili, cadono frequentemente nella sensazione dell’auto compiacimento
vocale, in quella volontà di onnipotenza che cancella l’emozione nell’ascoltatore
generandone il successivo rifiuto. In fondo non ci interessa sentire quanto
qualcuno sia bravo se non comunica con noi, non ci interessa assistere alla sua
magnificenza, se non per brevi tratti di iniziale stupore.
I grandi della vocalità, ma se vogliamo dell’arte in genere, sono ricordati
per l’amore e l’umanità per la dolcezza e la follia, per l’idealismo e la
disperazione, addirittura per la debolezza espressa nelle loro opere, che
nascevano dal bisogno di comunicare stati d’animo e sensazioni del tutto
umane e normali.
Non c’è nel cantare nulla di divino, sennonché si classifichi come tale la
forma, ben sapendo tutti noi che i miracoli sono considerati tali in quanto capaci
di mutare l’inevitabile corso delle cose. In molti avremmo voluto che una
canzone cambiasse più di una cosa ma questo realmente non è mai accaduto,
grandi e piccole voci hanno narrato grandi e piccole storie, nulla di meno, nulla
di più…
Ecco come la presunta divinità del cantare sfumi in un alito di vento.
Sono le emozioni espresse e riconducibili all’ascoltatore a generare la
fortuna di un artista, la storia musicale insegna a tutti noi che cantanti con
estensioni del tutto irrilevanti hanno ottenuto spazi di livello mondiale grazie al
loro suono e alla loro capacità di comunicazione emotiva. Insomma credere in
se tanto da avere il coraggio di esprimersi, e pronti un istante dopo ad essere
umili, perché dare è il miglior modo per potersi aspettare di ricevere qualcosa

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