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Giacomo Leopardi
1. Vita
Giacomo Leopardi nasce a Recanati il 29 giugno 1798. E’ il primogenito del conte Monaldo e della marchesa
Adelaide Antici. L’infanzia del piccolo L. è segnata dal carattere arcigno della madre che si occupò del
patrimonio della famiglia a seguito del dissesto del patrimonio nel 1803. All’età di 10 anni è gia in grado di
scrivere composizioni in latino e piccole trattazioni filosofiche.
Più importante dell’insegnamento dei precettori su il rapporto con la biblioteca paterna, ricchissima di testi
di erudizione, cultura classica ma anche una buona rappresentanza di testi letterari, italiani e stranieri. Tra il
1809 e il 1816 hanno luogo quei “sette anni di studio matto e disperatissimo” che conferiranno alla cultura
di L. una vastità e sicurezza straordinarie. Giacomo si farà la mano traducendo i classici: Omero, Orazio,
Esiodo e Virgilio. Nascono in questo periodo le prime opere come “Storia dell’astronomia”, “Saggio sopra gli
errori popolari degli antichi” e l’ “Orazione agli italiani in occasione della liberazione del Piceno” in cui
l’autore segue gli orientamenti reazionari del padre esaltando il vecchio dispotismo illuminato e si propone
di distogliere gli italiani da aspirazioni patriottiche. Dedicatosi a studi filologici si impadronì del latino, del
greco, dell’ebraico e del sanscrito e si dedicò allo studio dell’evoluzione storica delle lingue. Nel 1816 si
colloca quella che L. definì “conversione letteraria”, il “passaggio dall’erudizione al bello”. L’autore
abbandona gli studi filologici e si entusiasma per i grandi poeti: Omero, Virgilio e Dante. Legge inoltre i
moderni: Rousseau, la vita di Alfieri, Werther e Ortis. Dopo aver letto la de Stael entra in contatto con la
cultura “romantica”. Risalgono a questo periodo “le Rimembranze” e la cantica “Appressamento alla
morte”. Nel 1817 ha inizio la corrispondenza con il letterato piacentino Pietro Giordani, nel dicembre dello
stesso anno si innamora per la prima volta della cugina Gertrude Cassi Lazzari. L’amicizia con Giordani
favorisce la rottura con le posizioni cattoliche della famiglia e nel 1818 L. comincia a organizzare la sua
formazione in un sistema teorico originale e coerente. Nel ’19 in seguito alla visita di Giordani a Recanati L.
sente il bisogno di fuggire da quella specie di prigione ma il suo tentativo di fuga viene sventato dal padre e
cade dunque in un abbattimento ancora più profondo. Tra il 1819-22 L. affida allo Zibaldone molte sue
riflessioni che segnano la sua “conversione filosofica”, ovvero l’adesione ad una concezione materialistica e
atea. Il ’19 è un anno di intense sperimentazioni letterarie e avviene, a detta di Leopardi, il passaggio dal
“bello al vero”. Nel 1822 si reca a Roma presso gli zii Antici ma l’ambiente non piace a L., dunque nel 1823
fa ritorno a Recanati e si dedicherà alla composizione delle Operette Morali. Nel ’25 si reca a Milano ove
scriverà un commento al Canzoniere petrarchesco, nonché due Crestomazie della prosa e della poesia. Qui
incontrerà il vecchio Monti mentre a Bologna, invece, frequenterà Giordani e si innamora della contessa
Malvezzi. Sarà poi a Firenze nel 1827 ma rifiutò di collaborare con la “Nuova Antologia” di Vieusseux.
Neanche Firenze piace al poeta e dunque l’anno seguente andrà a Pisa ove comporrà A Silvia e Il
Risorgimento. E’ nuovamente costretto a fare ritorno a Recanati a causa della sua indigenza e compone altri
quattro canti. Nel ’30 torna a Firenze grazie al sostegno economico degli amici fiorentini che gli consentirà
di vivere in Firenze per un anno. Si innamora di Fanny Targioni Tozzetti e intanto consolida la sua amicizia
con Antonio Ranieri. Leopardi e Ranieri si trasferiscono infine a Napoli. Le condizioni di salute di L. si
aggravano. Leopardi muore a Napoli nel 1837.
• Storia del genere umano: Le Operette si aprono con la “Storia del genere umano”, una prosa che narra in
prospettiva mitica e allegorica le vicende dell’umanità. Essa, posta all’inizio di tutta la raccolta funge da
proemio, raccogliendo la prospettiva filosofica leopardiana. Qui L. mostra la prima fase del suo
pensiero(causa dell’infelicità è indicata nelle pagine dello Zibaldone sulla teoria del piacere), la tendenza a
un piacere infinito, inappagabile.Causa della decadenza storica dell’umanità sta nella cognizione del Vero
che, cancellando le illusioni, rende gli uomini meschini, egoisti e incapaci di grandi azioni. Bisogna però
vedere la storicità dell’infelicità pur sempre sullo sfondo di una infelicità universale. Emerge inoltre la
concezione provvidenziale della Natura: i mali esterni fisici rientrano nel suo piano, per far risaltare il pregio
del bene e far dimenticare agli uomini la loro noia. Posti dagli dei in un mondo senza varietà, gli uomini si
annoiano al punto di arrivare a uccidersi. Gli dei rendono allora più variato l’aspetto delle cose e Giove
sparge dolori e malattie, infondendo desideri nuovi per soddisfare i quali gli uomini siano costretti a fatiche
inaudite. Sparge successivamente alcuni “fantasmi”, quali Giustizia, Virtù, Gloria e Amor Patrio. Essi
risultano migliori e duraturi ma gli uomini divennero però crudeli e malvagi desiderando di conoscere la
verità. Infine Giove manda fra gli uomini la Verità, richiamando a sé tutti gli altri geni ma per non rendere
troppo dura la vita agli esseri umani lascia sulla terra Amore.Consolati dal’amore gli uomini da quel
momento vivono nella più completa infelicità, benché tentino di rifiutare ciò che la verità insegna loro.
Resta solo la possibilità che si venga visitati dall’amore celeste, una divinità che consola gli esseri meritevoli
delle miserie della vita.
• Dialogo della Natura e di un Islandese: il tema dell’infelicità trova massima esplicazione nel dialogo che un
islandese intrattiene con la natura. L’islandese ha fuggito per tutta la vita la natura convinto che essa renda
gli uomini infelici. Infine si imbatte nella Natura stessa, un’inquietante e gigantesca figura di donna. Dal
dialogo emerge il totale disinteresse della Natura al bene e al male degli uomini. E’ la Natura stessa ad
affermare le leggi di un rigoroso materialismo: la scomparsa di questo o di quell’altro individuo non tange
minimamente l’interesse della Natura.
• Dialogo di Federico Ruysch e delle sue mummie: in questo dialogo viene affrontato il tema della morte.
L’operetta si apre, eccezionalmente, con un testo poetico, il Coro di morti nello studio di Federico Ruysch. I
morti dichiarono di fuggire la vita come da vivi fuggivano la morte e di essere più al sicuro dai mali
dell’esistenza. Con i morti, concluso il loro coro comincia a dialogare lo scienziato Federico Ruysch. La
conclusione è che la morte è più un evento piacevole che doloroso, riducendo la sensibilità e perciò il
desiderio del piacere viene meno anche la facoltà di soffrire. Le curiosità del vivo riguardano l’esperienza
del morire e della morte ma le risposte sono insoddisfacenti, l’esperienza del morire non si accompagna ad
alcuna sensazione fisica; la morte è l’assenza di dolore. In riferimento alla teoria del piacere, la morte è un
evento piuttosto piacevole che doloroso, toglie la facoltà di soffrire e di percepire l’insoddisfazione del
desiderio.
• Dialogo di Plotino e Porfirio : in questo dialogo si affronta la questione del suicidio. Plotino si è reso conto
che l’amico ha intenzione di uccidersi e pertanto tenta di dissuaderlo. I due filosofi convergono però in un
giudizio radicalmente negativo: solamente la noia rappresenta adeguatamente l’insensatezza dell’esistenza
umana. Plotino adduce vari argomenti contro il suicidio ma Porfirio li smonta tutti. Plotino nega che il
suicidio sia contro natura in quanto la condizione stessa dell’uomo lo è. La posizione di L. nei confronti del
suicidio è problematica.Plotino e Porfirio sono entrambi proiezioni di L. stesso che porta avanti istanze
contrapposte. Tesi a favore del suicidio:Porfirio è sostenitore del suicidio, nelle sue battute sono ripetuti
tutti i motivi del pessimismo leopardiano; la vanità di tutte le cose; la noia; la natura e il fato nemici del
genere umano. La morte si presenta come farmaco a tutti i mali. La polemica contro Platone e la sua teoria
dei premi e delle pene dell’aldilà la scia trasparire la consueta poetica contro la religione e i suoi effetti
nefasti. Tesi contro il suicidio: la tesi principale che Plotino adduce è il dolore che causerebbe alle persone
care. L. aveva sempre sostenuto che la sua filosofia non professava l’odio per l’uomo ma al contrario
all’amore per la creatura irrimediabilmente infelice. Nel finale dell’operetta si manifesta a pieno questo
atteggiamento di pietà verso i propri simili, che genera il bisogno di solidarietà. Questa operetta apre la
strada alla riflessione della “Ginestra”.
• Dialogo di un venditore di almanacchi e di un passegere:Insieme al dialogo di Tristano e di un amico
furono composte nel ’32. Esso è un ipotetico dialogo tra un venditore di calendari e un passante. Il
venditore propone un punto di vista ottimistico della vita dicendo al passante che l’anno venturo sarà più
bello dei precedenti. Il passante invece gli contrappone una visione pessimistica: l’unico piacere è quello
che sta nel futuro, perché il piacere consiste nell’attesa.
• Dialogo di Tristano e di un amico: Tristano finge dialogando, con l’amico che lo accusa di eccessivo
pessimismo, di aver cambiato parere e di aver infine aderito all’ottimismo delle ideologie dominanti. In
questa Operetta L. prende chiaramente le distanze dalla cultura contemporanea, rivendicandole con
ironia.Questo rifiuto si accompagna ad un sentimento di pietà e di adesione alle sorti del genere umano.