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INTRODUZIONE

Numero 1

La psicologia dinamica è una branca della psicologia che si occupa dello studio delle dinamiche della
mente, ovvero della comprensione delle motivazioni che stanno alla base del comportamento degli
individui. Queste motivazioni sono i fattori interni che spingono una persona, in maniera consapevole o
inconsapevole, una data persona a comportarsi in un certo modo. Le motivazioni costituiscono
un’oggetto di studio complesso poiché riflettono il funzionamento mentale, cognitivo, emotivo e
affettivo dei soggetti. Studiare le motivazioni ci ha permesso di sviluppare forme di intervento clinico
per i casi psicopatologici.
Volendo delineare un quadro evolutivo della Psicologia Dinamica potremmo delineare tre diverse fasi
storiche:
1. nascita della disciplina nei primi anni del ‘900 grazie al contributo di Freud che ha affermato
l’idea del determinismo psichico inconscio secondo cui il comportamento degli individui è
soggetto a forze interne che lo guidano e lo modificano anche al di fuori della consapevolezza
2. inizio negli anni 30, studi condotti nel campo delle scienze sociali; hanno sottolineato
l’importanza della dimensione interpersonale e sociale cioè delle relazioni tra individui inseriti in
un determinato contesto sociale.
3. recenti contributi della psicologia cognitiva, psicobiologia e delle neuroscienze. Lo studio delle
aree cerebrali e delle connessioni neuronali ha permesso di evidenziare la relazione tra il modo
in cui il cervello si sviluppa, dalla nascita all’età adulta, e la storia psichica interpersonale di un
individuo.
S.FREUD: il modello psicoanalitico
«Tutto ciò che è cosciente va soggetto a un processo di erosione, mentre ciò che è inconscio è
relativamente immutabile». (S.Freud)
Freud nasce in Moravia nel 1856 e muore nel 1939 da una famiglia della piccola borghesia ebraica.
Dopo la laurea in medicina intraprende la carriera di ricercatore presso l’istituto di fisiologia diretto da
Brucke, dopo alcuni anni si avvia alla carriera medica come interno presso l’ospedale generale di Vienna,
spostando i suoi interessi dalla neuroanatomia alla neurologia anatomoclinica.
Successivamente si interesserà di neurologia clinica e quindi di psicopatologia, allontanandosi sempre di
più dall’impostazione centrale di Brucke.
Interessato alla comprensione delle nevrosi isteriche ed ossessive si trasferì a Parigi per seguire le lezioni
di Charcot sull’isteria e sull’ipnosi. Charcot era molto noto negli ambienti medici del tempo per la sua
minuziosa descrizione dei disturbi isterici e per le sue affermazioni circa la natura non organica del
disturbo, nonché noto per il trattamento dell’isteria. Egli affermava che l’isteria era una malattia
funzionale del sistema nervoso dovuta all’azione di eventi o situazioni traumatiche.
Tornato a vienna sarà fondamentale l’incontro con Josef Breuer che lo introdurrà all’utilizzo del metodo
catartico per il trattamento dell’isteria, il cui presupposto di base era che il disturbo isterico fosse
causato da un trauma che produce un blocco emotivo che deve essere liberato attraverso una scarica
emozionale chiamata ABREAZIONE legata al ricordo dell’evento traumatico. Questo metodo catartico si
basa sull’induzione di un lieve stato ipnoide che permette una condizione di passività e abbandono
necessari a questo processo. Negli studi si avverte la fatica a prendere le distanze dal modello medico
basato sullo scarto quantitativo e qualitativo tra normale e patologico. E’ mantenuta la separazione tra
un soggetto (terapeuta) e l’oggetto (il paziente). E’ sempre più centrale la malattia e non il malato.

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Il caso di Anna O.
Breuer, posto di fronte alla paziente Bertha Pappenheim, fondatrice della lega delle donne ebraiche,
identificata come Anna O., risulta più umano e rispettoso verso la sua sofferenza, da qui l’oscillazione di
Freud tra la convinzione che il trauma si produca una volta per tutte con un singolo episodio e la
sensazione che una molteplicità di episodi infantili rappresenti la base della specifica patologia.
In effetti il problema è dato dal fatto che più traumi parziali sono alla base dei vari disturbi.
E’ Anna O. è una ragazza di 21 anni curata da Breuer tra il dicembre del 1880 e il giugno del 1882 ad
indirizzare Freud sulla strada della psicoanalisi e grazie a lei nascerà la TALKING CURE (letteralmente
cura della parola) in cui non interessa tanto la diagnosi ma la capacità di riconoscerli come persone che
soffrono.
In “Studi sull’Isteria” scritto in collaborazione con Breuer, quando la loro collaborazione era al termine,
Freud avanza l’ipotesi nella natura traumatica delle nevrosi e l’importanza della sessualità quale fonte di
traumi psichici, parlando proprio di teoria del trauma.
Il sintomo isterico è inteso come l’espressione di un conflitto sessuale che per mezzo dei meccanismi di
difesa della conversione viene scaricato sul corpo.
L’insoddisfazione del metodo catartico lo porterà a sviluppare un nuovo metodo detto “METODO
DELLE LIBERE ASSOCIAZIONI” che darà inizio allo sviluppo della psicoanalisi. Il lavoro di Freud non si
limita a identificare le cause che hanno portato ad un disturbo ma forma un vero e proprio metodo di
cura, il metodo psicoanalitico che diviene il procedimento per lo sviluppo della psicoanalisi.
Nello scritto sul caso di Anna O. viene elaborato da Freud uno dei più importanti concetti della tecnica
psicoanalitica, il concetto della RESISTENZA. Già Breuer aveva notato che la paziente durante il
trattamento poneva una serie di ostacoli che rendevano più complessa la cura così Freud comprese che
questi ostacoli erano l’essenza del disturbo in Anna e non degli effetti collaterali da rimuovere, questo
concetto diventa uno dei perni su cui si basa il trattamento psicoanalitico, dunque la psicoanalisi intesa
come trattamento del disturbo psichico può essere inteso come analisi delle resistenze cioè di quel
comportamento che il paziente metterà in atto in terapia e che deriva direttamente dal suo disturbo
psichico, per cui la risoluzione delle resistenze coinciderà con la risoluzione del disturbo stesso.
Per Freud la nevrosi è l’esito di un’eccessiva rimozione ovvero un meccanismo attraverso il quale si
impiega molta energia psichica per evitare che alcuni contenuti giungano alla coscienza, allo stesso
modo la resistenza agisce come una barriera durante il trattamento così da evitare che alcuni contenuti
rimossi vengano svelati o riattivati, dunque la resistenza proprio come la rimozione consiste
nell’impiego di energia psichica al servizio del disturbo.
In termini pratici la resistenza si manifesta attraverso il non ricorso o attraverso comportamenti passivo-
aggressivi come il rimanere in silenzio durante la seduta, arrivare in ritardo o non presentarsi proprio,
cioè tutti quei comportamenti verso il terapeuta o la terapia volti ad ostacolare il processo analitico.
Desiderio sessuale come forza motrice di ogni sintomo
Una svolta importante avviene con la presa di coscienza che eventi traumatici, considerati in
precedenza reali, possono essere invece il risultato di fantasie, le quali non sono meno pregnanti della
realtà ma si rivolge ai fattori interni come conseguente accentuazione del concetto di desideri inconscio.
In quest’ottica il sogno viene visto come l’appagamento di un desiderio inaccettabile, represso, come un
prodotto del sistema inconscio in cui la meta è la soddisfazione del desiderio.
Dunque, il desiderio (ed in particolare quello sessuale) inizia ad essere inteso come forza motrice di ogni
sintomo.
Il caso di Dora
Questo caso, scritto nel 1901, mostra un cambiamento rispetto agli studi sull’isteria sia nello stile
relazionale di Freud e nel suo modo di farsi coinvolgere in prima persona nel periodo in cui ebbe in cura
la diciottenne Dora.

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Dapprima riluttante a curarsi, sistematicamente rifiuta le interpretazioni di Freud e da un lato mostra nel
TRANSFERT (che però ancora Freud non capisce) i suoi fantasmi e dall’altro si sottrae ad essi come ogni
adolescente. L’analista intuisce che vi sono legami tra lo sviluppo della prima infanzia e i conflitti attuali
della ragazza e che il sogno è una delle vie indirette per aggirare la rimozione. Sottolinea l’importanza
per le condizioni sociali e che i sintomi sono simbolo di conflitti attuali e pregressi, dunque evidenzia
l’interconnessione tra psicologico e somatico.
Relazione transferale, o transfert
Nel corso della sua elaborazione teorica sviluppò l’idea che esiste l’equivalenza tra disturbo psichico e
ciò che accade nel setting terapeutico fino a definire il concetto di nevrosi di transfert con il quale
sosteneva che la nevrosi si riattualizza all’interno della stanza di analisi, dunque un individuo affetto da
un disturbo nevrotico sposterà nel rapporto con il terapeuta o ripeterà nei confronti del terapeuta il suo
malessere psichico e sarà, attraverso la cura di questo rapporto cioè della NEVROSI DI TRANSFERT, che
si produrrà nella cura del disturbo nevrotico.
L’oggetto centrale della teoria psicoanalitica la relazione tra analizzando e analista, non la relazione in
quanto tale ma ciò che Freud definisce RELAZIONE TRANSFERALE ovvero l’insieme delle proiezioni e
delle fantasie di cui è investito l’analista, e che si basano sui ricordi e sulle esperienze antiche
dell’analizzando, in particolare sulle esperienze relazionali vissute con le figure genitoriali.
Controtransfert
D’altro canto l’analista proverà delle emozioni e dei sentimenti in risposta a quelli dell’analizzando e
Freud definisce il controtransfert come “L’insieme degli affetti di cui l’analista fa esperienza durante
l’analisi con un determinato paziente” solo attraverso il riconoscimento di tale dinamica il paziente
potrà liberarsi della psiconevrosi. Il percorso di analisi, dunque, deve andare a svelare l’insieme delle
proiezioni transferali dell’analizzando, in quanto ciò è una chiave d’accesso al mondo intrapsichico del
soggetto al suo inconscio. Grazie all’interpretazione della forma della relazione transferale l’analista può
comprendere, e restituire al paziente, la causa del disturbo.
Interpretazione
Il concetto di interpretazione, intesa come strumento della tecnica psicoanalitica è centrata sull’analista
che accoglie e comunica al paziente quale dinamica transferale è attualmente in atto.
L’interpretazione è definita transferale in quanto è intesa come svelamento del transfert, e una volta
che il paziente coglierà questo svelamento si realizzerà ciò che Freud chiama INSIGHT cioè quel
processo che si verifica quando il paziente impara qualcosa di nuovo su di sé, rappresenta l’agente
primario del cambiamento che l’analisi produce.
La metapsicologia
L’insieme delle elaborazioni sulla teoria della psicoanalisi sviluppate da Freud le ritroviamo nella
metapsicologia e comprende 5 saggi:
• Introduzione al Narcisismo (1914);
• Metapsicologia (1925);
• Al di là del principio di piacere (1920);
• Psicologia delle masse e analisi dell’Io (1921);
• L’Io e l’Es (1923).
All’interno di questi saggi Freud articola il suo pensiero sul comportamento umano attraverso 3 punti di
vista:
1. PUNTO DI VISTA TOPICO: in una prima descrizione (PRIMO MODELLO TOPICO) esprime il
pensiero Freudiano prima del 1901 in cui la mente è costituita da tre regioni, ciascuna dotata di
caratteri e funzioni proprie e in vario modo in comunicazione reciproca e sono l’inconscio, il
preconscio ed il sistema conscio.

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• INCONSCIO: è costituito da rappresentazioni pulsionali, ed è costituito da ciò che un
individuo ha dovuto rimuovere nel corso della sua esistenza. I suoi contenuti sono
regolati dal processo primario cioè da un pensiero irrazionale, e dal principio del
piacere che consiste nella ricerca della soddisfazione immediata del desiderio. Essi
sono ricostruibili tramite i loro derivati ad esempio attraverso i sogni.
• PRECONSCIO: è definito come "ciò che è capace di diventare cosciente". I suoi
contenuti possono essere portati alla consapevolezza attraverso uno sforzo di
attenzione, esso si pone a metà tra inconscio e conscio e segue le leggi del processo
di pensiero secondario: forma di pensiero guidata dall'esame di realtà e dalle
esigenze del contesto; è logico e razionale, tiene conto della realtà ed è basato sulle
strategie di problem solving.
• CONSCIO: I suoi contenuti sono immediatamente accessibili alla coscienza e si
basano sul principio di realtà e seguono le logiche del processo secondario. E’situato
al limite dell’apparato psichico e riceve le informazioni sia dal mondo interno che dal
mondo esterno.
2. SECONDA TOPICA anche definito MODELLO STRUTTURALE: Nel 1922 Freud scrive l'io e l'Es:
dove parla di una teoria strutturale che completa la prima topica. Essa parte dalla descrizione
delle istanze. A differenza della prima topica dove si parlava di luoghi, qui si parla di strutture,
necessarie per determinare il funzionamento dell'apparato psichico. Queste istanze non sono
completamente sovrapponibili alle altre. Esse sono l’ES, l’IO e il SUPER- IO.
• ES: Struttura psichica presente fin dalla nascita e caratterizzata dalla totale
estraneità della consapevolezza cosciente. Regolata dalle leggi del principio del
piacere e dal processo primario. Può essere definito come un serbatoio funzionale,
cioè un’istanza che contiene le pulsioni originarie presenti sin dalla nascita. Tutto ciò
che sta nell’es è inconscio ma l’es non coincide con l’inconscio come istanza della
prima topica poiché l’inconscio è inteso come luogo del rimosso.
• IO: l'io si stacca dall'es grazie alla vicinanza con il mondo esterno; si trova nella
scomoda posizione di dover mediare tra le richieste della realtà e i desideri dell'es. la
gestione della realtà corrisponde al super-io nel quale vige il principio di realtà. l'io
deve raggiungere la gratificazione pulsionale senza dispiacere. Esso è dominato dal
principio di realtà e dal processo secondario. Ha caratteristiche sia consce
(es.problem solving) che inconsce (meccanismi di difesa, pulsioni istintive).
• SUPER-IO:Svolge la funzione che prima era legata ai genitori. Vengono interiorizzate
le norme e i divieti e subentra questa istanza. Entra in gioco quando il bambino ha 5-
6 anni, al tramonto del complesso edipico. Esso eredita la severità e l'autorità dei
genitori, non l'amore. È la coscienza morale, funge da censura nei confronti dell'io. È
in parte inconscio in parte consapevole, segue entrambi i principi di realtà e del
piacere.
a. PUNTO DI VISTA DINAMICO: Freud ritiene che la vita psichica di ogni individuo sia il
risultato di una combinazione di forze, definite da F. pulsioni, tra loro antagoniste. Il
comportamento di un individuo è dunque l’esito dell’equilibrio tra il soddisfacimento di
tali spinte da una parte, e l’esigenza opposta che deriva dall’appartenenza dell’uomo alla
società.
Ogni pulsione per Freud è definita da 4 aspetti diversi:
a) Spinta: essenza stessa della pulsione ed agisce sul movimento della persona
(es.la pulsione a mangiare nella fase orale);
b) Meta: azione attraverso la quale si giunge al soddisfacimento della pulsione
(es. la suzione nella fase orale);
c) Fonte: zona del corpo da cui parte la pulsione (es.bocca nella fase orale);

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d) Oggetto: indica ciò per cui la pulsione raggiunge il suo soddisfacimento
(es.seno della madre durante la fase orale).
3. PUNTO DI VISTA ECONOMICO
Sviluppo psicosessuale del bambino
F. ritiene che esista una sessualità originaria presenta sin dalla nascita ed intesa di sostegno alle funzioni
vitali (es. alimentazione) ma che successivamente diviene autonoma (es. ricerca del piacere). Tale
sessualità è definita perversa e polimorfa sottolineando il suo carattere anarchico orientata
all’appagamento immediato.
Egli suddivide lo sviluppo psicosessuale del bambino in 5 stadi:
1) FASE ORALE: va dalla nascita sino ai 18 mesi, il piacere sessuale è legato in modo prevalente
all'eccitamento della cavità orale (alimentazione). Nel corso di questa prima fase, il piacere si
svincola dalla funzione nutriva e diviene autonoma (es. suzione del dito immediatamente dopo
l’allattamento);
2) FASE ANALE: va da 1 a 3 anni, in questa fase gli interessi del bambino si spostano dalla zona
orale a quella anale, parallelamente all’acquisizione del controllo delle funzioni sfinteriche da cui
il bambino trae appagamento;
3) FASE FALLICA: va dai 3 ai 6 anni, l’energia libidica si sposta alla regione genitale, che diviene la
zona erogena deputata all’appagamento delle pulsioni;
4) FASE DI LATENZA: va dai 6 anni alla pubertà, durante questa fase la libido è "dormiente" poiché
le pulsioni sessuali vengono sublimate verso altri scopi;
5) FASE GENITALE: ha inizio con la pubertà e prosegue lungo tutta la vita dell’individuo
consentendogli di sviluppare relazioni significative con il sesso opposto, grazie all'energia
libidica nuovamente concentrata nella zona genitale.
Meccanismo di fissazione
La successione da una fase all’altra è regolata dal meccanismo della fissazione che agisce in modo che
forme di comportamento proprie di stadi precedenti permangano per tutta la vita bloccando l’individuo
in un particolare stadio.
Nel corso dello sviluppo psicosessuale è possibile che l’individuo non riesca a superare i conflitti
incontrati e rimanga bloccato in uno di questi stati, ci parla in tal senso di personalità orale, anale, fallica
a seconda dello stadio non adeguatamente risolto. L’esito di questa successione è dipendente dalla
figura del genitore che deve affiancare alla pulsione del soddisfacimento del piacere il principio della
realtà, l’eccessiva gratificazione delle pulsioni o un’eccessiva frustrazione fanno sì che l’individuo
rimanga fissato e per questo il carattere non è altro che l’espressione degli effetti a lungo termine di tale
fissazione.
Complesso di Edipo
Si sviluppa intorno ai 3-4 anni (fase fallica).
Il bambino vede il padre come onnipotente, punitivo e castrante a causa del suo desiderio incestuoso
con la madre, sviluppa sentimento di odio verso il padre poiché è colui che si contrappone al suo
desiderio di possedere per sé la madre. Vedrà l’intercessione del padre come un divieto ad attuare i suoi
desideri incestuosi verso la madre e sviluppa un’angoscia definita CASTRAZIONE generata dalla fantasia
di punizione operata dal padre nei suoi confronti. Tale periodo supera questo periodo tramite la fase di
latenza caratterizzata da un’apparente calma pulsione in cui le energie vengono ridistribuite verso scopi
sostitutivi e il desiderio di voler possedere la madre si sostituirà al voler somigliare al padre slide, con
l'adolescenza se avrà un nuovo esplodere della pulsione la quale verso l'età adulta sarà indirizzata verso
la donna.
Se questo processo non dovesse svolgersi adeguatamente potrebbe succedere che l'angoscia della
castrazione del periodo edipico si trasformi in sintomo.

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Carl Gustav Jung
Occupa un posto di grande rilievo tra i pionieri della psicologia dinamica nella cultura europea, a cui si
riconosce di aver fondato un nuovo approccio teorico clinico definito da lui come psicologia analitica. Il
nucleo centrale della sua opera è la conoscenza degli aspetti più reconditi della psiche umana.
Nasce nei dintorni di Basilea nel 1875, dopo la laurea in Medicina proseguì la sua formazione come
psichiatra presso l'ospedale di Zurigo diretto da Breuer, esponente di spicco della psichiatria dinamica in
aperto contrasto con l'approccio organicistico.
Lì Jung fu incoraggiato ad utilizzare test psicologici per studiare i processi mentali e gli fu affidato la
conduzione di esperimenti con il reattivo dell'associazione mentale i cui risultati andarono a costituire le
basi empiriche di alcuni concetti centrali del suo modello. Gli insegnamenti i Breuer lo avvicinarono a
Freud, che negli stessi anni si era fatto molta strada negli ambienti psichiatrici europei. In Freud e Jung
trovava un vero maestro che aveva sviluppato una teoria del funzionamento mentale secondo cui la
psicopatologia non fosse il frutto di una degenerazione cerebrale ereditaria ma piuttosto il risultato di
complessi processi mentali costituiti lungo il periodo infantile.
I rapporti con il fondatore della psicanalisi diventarono molto intensi, tanto che fu lo stesso Freud ad
affidargli la presidenza dell'associazione psicoanalitica internazionale fondata a Norimberga nel 1910,
nonché la direzione esecutiva della prima rivista psicanalitica.
Tuttavia nel corso di pochi anni divenne sempre più evidente la distanza con il maestro viennese che lo
portò, nel 1913, a dimettersi dall’associazione psicoanalitica.
Nel corso degli anni ampliò la sua costruzione teorica che lo portò alla psicologia analitica, denominata
inizialmente come psicologia dei complessi, assumendo un ruolo di prestigio nei paradigmi scientifici del
tempo. Fu proprio l’esperienza maturata nell’ospedale psichiatrico di Zurigo con patenti psicotici e
l'utilizzo del relativo dell'associazione mentali a condurre Jung verso la teoria dei complessi.
Secondo questa teoria il funzionamento psichico di ciascun individuo è articolato in complessi ovvero in
diversi insiemi di rappresentazioni, pensieri e ricordi del tutto inconsci dotati di un proprio tono emotivo
o valore affettivo. I complessi sono il motore che spinge al raggiungimento di determinate mete, infatti
Jung li definisce fenomeni vitali della psiche.
Come si originano?
Rispetto alla concezione freudiana nella quale il complesso e posto sempre in relazione alle vicissitudini
della sessualità, nella psicologia junghiana è legato a una diversa concezione della libido e alla nozione di
simbolo e archetipo.
Per libido intende l’energia psichica in senso ampio, motore di ogni manifestazione di vita dell’uomo, è
quindi un sinonimo di energia vitale che abbraccia tutti gli ambiti della vita di ognuno di noi. La libido
assume due diverse direzioni:
• Progressiva: verso il mondo esterno
• Regressiva: verso il mondo interno.
La progressione si riferisce al continuo processo di adattamento alle esigenze del mondo esterno e gli
ostacoli di questo processo producono fenomeni di regressione che danno luogo alla riattivazione dei
contenuti inconsci e di vecchi conflitti interiori.
La libido intesa come una spinta motivazionale in senso ampio può distribuirsi tra conscio e inconscio,
soggetti reali o rappresentazioni simboliche e infatti può essere sottoposta a delle trasformazioni che
Jung attribuisce a un apparato di conversione simbolica, attraverso le quali la libido viene trasformata in
simbolo. I simboli svolgono un'azione fondamentale di mediazione tra conscio e inconscio essendo
espressioni di contenuti più o meno accessibili alla coscienza e se adeguatamente tradotti possono
permettere il processo di crescita psicologica e l'individuazione intesa come il perseguimento di
un’autonomia individuale dagli stereotipi culturali, e quindi come costruzione di un'individualità a partire
alla cultura comune.

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La mente come una “totalità”
Jung concepisce la mente come una totalità che è conscia e inconscia allo stesso tempo.
Il vero simbolo è, per Jung, sempre frutto della Cooperazione tra coscienza e inconscio.
La coscienza
L'architettura psichica si compone di tre modalità di funzionamento:
1- la coscienza
2- l’inconscio personale
3- l’inconscio collettivo
la coscienza è indissolubilmente legata all’io inteso come una funzione della personalità volta ad
esprimere il mondo esterno quello psichico.
L’inconscio personale
Le esperienze e contenuti psichici che non fanno parte della coscienza, e che tuttavia sono sempre
suscettibili ad emergere, delimitano lo spazio dell'inconscio personale. Esso riflette la trama degli studi e
gli avvenimenti di ogni individuo essendo costituito da ricordi che sono andati perduti, rappresentazioni
rimossi intenzionalmente, e dai contenuti che non sono ancora maturi per la coscienza.
L'inconscio personale non esaurisce l'intera dimensione inconscia ma possiede un carattere universale
che accumuna l'intera umanità.
L’inconscio collettivo
Questa idea dell'inconscio collettivo nasce dalla convinzione l'esistenza di simboli universali che si
manifestano a livello individuale nei sogni, nei disegni, nell’immaginazione, nei deliri mentre a livello
collettivo si manifesta nei miti, nelle fiabe e nelle opere d’arte.
I contenuti dell'inconscio collettivo sono gli archetipi che hanno un carattere universale immutabile e
perpetuo. Gli archetipi costituiscono la memoria dell'umanità che permane in un inconscio che si
trasmette per un'eredità genetica, l'inconscio collettivo appare così come il deposito di tracce
mnestiche latenti proveniente dal passato ancestrale di ognuno di noi, devono essere visti come
potenzialità espressive e generali che preformano l’esperienza.
Esistono diversi archetipi tra cui persona che può essere inteso come l'immagine che l'individuo dà di sè
agli altri, la persona può anche essere intesa come la somma degli atteggiamenti convenzionali che
l'individuo adotta in seguito all'appartenenza a certi gruppi. Alcuni individui si identificano
eccessivamente con questo archetipo perdendo il contatto con la loro personalità più autentica.
Un altro archetipo è l’ombra la quale è l’altro lato della personalità, la parte oscura che si oppone all’io
cosciente, essa rappresenta i contenuti psichici rimossi dell'inconscio personale e in particolare sia
quegli aspetti inaccettabili per l’io sia quelli di carattere positivo che permettono di attingere alle celate
potenzialità individuali.
Infine avremo l'anima che è il femminile che fa parte dell'uomo come sua femminilità inconscia
costruisce una figura ideale presente nell’uomo, tale immagine interna viene proiettata sulla donna
amata a cui si attribuiscono spesso qualità che in realtà non le appartengono, e infine l'animus che è
invece l'elemento maschile inconscio della donna.
E’ importante rappresentare un punto di congiunzione tra la dimensione individuale e quella collettiva
dell'esperienza soggettiva, ciò rappresenta il sè, il quale è in tal senso strettamente connesso al
processo di individuazione.
Perché l’io possa evolversi è necessario che riesca a integrare le due spinte verso l’interno e verso
l'esterno e che possa arrivare ad esprimere la sua parte più unica e personale, ovvero il suo Sè.
Il processo di individuazione costituisce l'esperienza principale che l'individuo possa fare lungo tutto
l'arco della sua vita e in quanto processo di scoperta della propria autenticità richiede una particolare
determinazione nella ricerca e nella realizzazione del proprio progetto esistenziale.

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Tipi psicologici
Per cercare di spiegare le differenze individuali e le diverse caratteristiche di personalità Jung in “Tipi
psicologici” del 1921 individua 2 atteggiamenti fondamentali e quattro funzioni psicologiche che
combinati insieme in maniera specifica possono originare peculiari tipi psicologici.
I 2 atteggiamenti fondamentali sono:
• l’estroversione
• l’introversione
da cui dipende il tipo di relazione che l’individuo sviluppa con se stesso e l’ambiente. L'atteggiamento
introverso porta ad anteporre la vita psichica soggettiva all'oggetto e alla realtà è, quindi, del tutto
privilegiato il mondo interiore a discapito della realtà esterna.
L’atteggiamento estroverso induce invece a dare un valore preponderante l’oggetto, ovvero alla realtà
esterna a scapito della fantasia e dei processi soggettivi, c’è quindi una prevalenza ad aderire a farsi
aderire dall'ambiente e a porsi in sintonia con le esigenze della collettività.
Ogni individuo è in possesso di entrambi i meccanismi.
Funzioni psicologiche
Questi due atteggiamenti uniscono a quattro funzioni psichiche:
• pensiero: è la funzione che si basa sulla conoscenza e sulla comprensione razionale delle cose;
• sentimento: è la funzione valutativa della realtà, cioè il modo in cui diamo un valore positivo o
negativo alle cose.
ENTRAMBE LE FUNZIONI SONO DEFINITE A RAZIONALI IN QUANTO CONSENTONO DI FARE UN
GIUDIZIO E UNA VALUTAZIONE DELLA REALTÀ MA OPERANDO SU REGISTRI DEL TUTTO OPPOSTI
RISULTANO IN ANTITESI E INCOMPATIBILI TRA DI LORO
• intuizione: è la percezione sensoriale della realtà così come essa si offre;
• sensazione: l’incontro del soggetto con la realtà, ovvero il modo attraverso cui la stessa viene
letta e vissuta dell’individuo.
ENTRAMBE SI ESCLUDONO A VICENDA E SONO DEFINITE FUNZIONI IRRAZIONALI.
Come gli atteggiamenti fondamentali anche le quattro funzioni dovrebbero seguire la legge di
compensazione psichica così da evitare che ciò che è estraneo alla coscienza possa esercitare pressioni
eccessive da compromettere l'adattamento e la crescita.
Otto tipi psicologici
In rapporto alle possibili combinazioni tra funzioni e atteggiamenti Jung ha individuato 8 tipi psicologici:
• Tipo di pensiero introverso: caratterizzato dal primato del pensiero che deriva dalle proprie idee
e dalla propria interiorità;
• Tipo di pensiero estroverso: esalta fino alle estreme conseguenze l'oggettività del pensiero
tanto da far prendere il sopravvento a componenti dogmatiche;
• Tipo di sentimento introverso: vive con molta intensità gli affetti ha la tendenza ad isolarsi ed
esercita spesso un fascino misterioso;
• Tipo sentimento estroverso: è caratterizzato principalmente dalla sfera affettiva che però
riflette quella della collettività;
• Tipo sensazione introversa: pone gli oggetti al servizio delle proprie sensazioni intime;
• Tipo sensazione estroverso: è guidato dalla ricerca del piacere e il suo rapporto con l'ambiente è
mediato principalmente dalla ricerca;
• Tipo intuizione introversa: colui la cui conduzione è mossa da esigenze interne inconsce, tipica
degli artisti sognatori;
• Tipo intuizione estroversa: che è orientata verso l’oggetto, ma il valore delle cose non risiede in
quello che già è conosciuto ma in quello che potrebbe divenire.
Con tale approccio, apparentemente descrittivo, Jung propone una nuova ipotesi psicodinamica.

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I contenuti inconsci della mente non provengono solo dalla rimozione, in quanto risulta inaccettabile
alla coscienza, ma possono essere aspetti nuovi, potenzialità di adattamento e creatività poco esplorate
che se integrate nella prospettiva della coscienza producono un ampliamento della coscienza di se
stessi ma anche della visione della realtà esterna.
Così la psicopatologia può essere descritta come un mancato sviluppo delle potenzialità individuali che
lascia alcune funzioni mentali quasi sopite.
L’analisi come metodo di cura
L'analisi è l'unico metodo di cura considerato uno strumento potente per attivare quei contenuti e
quelle funzioni inconsce che la coscienza ha bisogno di integrare per riprendere uno sviluppo guardato
della personalità.

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