Sei sulla pagina 1di 2

Risarcimento del danno: quando è ammessa la domanda

nuova?

La domanda di risarcimento dei danni sopravvenuti al maturare delle preclusioni istruttorie, è ammissibile se ricorrono i presupposti previsti
per la rimessione nei termini.
E’ quanto precisato dalla Corte di Cassazione, Sezione Sesta Civile, nell’ordinanza 15 ottobre 2018, n. 25631.
{ordinanza_button}
Nella controversia in oggetto, una società immobiliare aveva convenuto in giudizio la propria inquilina, chiedendone la condanna al risarcimento dei
danni patiti, in quanto quest’ultima aveva rilasciato l’immobile locato tre anni dopo la scadenza del contratto, per cui, a causa del ritardato rilascio,
l’attrice aveva perduto la possibilità di locare l'immobile a terzi, a condizioni più vantaggiose.
Il Giudice di prime cure ha rigettato la domanda, così come la Corte Territoriale. Tale decisione è stata poi ribaltata dalla Cassazione.
In particolare, la Suprema Corte non ha condiviso la decisione dei giudici di merito secondo i quali, proposta una domanda di risarcimento del
danno da inadempimento contrattuale, l'esistenza e l'ammontare del danno deve essere valutato con esclusivo riferimento alla data di introduzione
del giudizio, e che, per l'accoglimento della domanda non hanno importanza i pregiudizi eventualmente sopravvenuti.
Nello specifico, la Corte d'appello ha qualificato come "sopravvenuto" all'introduzione della domanda il danno da lucro cessante, la cui esistenza è
stata provata dalla ricorrente depositando il contratto preliminare di locazione summenzionato.
In realtà, chiarisce la Cassazione, era mutata la prova del danno, non il danno in sè, rimasto il medesimo ab initio. Il mutamento della domanda
originariamente proposta è ammissibile quando: 1) l'attore riduca in corso di causa l'entità della somma inizialmente richiesta a titolo di risarcimento;
2) l'attore deduca che il danno originariamente dedotto in giudizio si sia incrementato in corso di causa, ferma restando la natura di esso e l'identità
del fatto generatore ; 3) l'attore, senza cambiare il fatto generatore della propria pretesa deduca che, dopo il maturare delle preclusioni, nel corso
del giudizio, si siano verificati danni ulteriori, anche di natura diversa da quelli descritti con l'atto introduttivo, impossibili da prospettare ab initio, e
chieda pertanto, di essere rimesso in termini ex art. 153 c.p.c. per poter formulare la relativa domanda.
{box_nel_testo_1}
La Suprema Corte ha precisato che dette tre ipotesi, ovvero la riduzione della domanda iniziale, la domanda di danni incrementali ed i fatti
sopravvenuti sono i soli casi in cui è consentito all'attore domandare il risarcimento di danni diversi, per quantità o, nella terza ipotesi, anche per
qualità rispetto a quelli prospettati con la citazione od il ricorso introduttivi del giudizio.
Orbene, la Corte d'appello, stabilendo che quello che era sopravvenuto era solo la prova del danno e non il danno, non avrebbe potuto ritenere
inammissibile la domanda di risarcimento di danni sopravvenuti, ma avrebbe dovuto verificare se nel caso in esame, sussistevano le tre ipotesi
sopra menzionate.
La Cassazione ha ritenuto fondato anche il secondo motivo formulato dalla ricorrente, la quale, con l’atto introduttivo del giudizio aveva
domandato il risarcimento del lucro cessante causato dall'inadempimento della controparte, per poi dedurre con la memoria conclusionale, nuove
prove a sostegno del danno patito.
Secondo la Suprema Corte, con tale deduzione, la società immobiliare non ha introdotto un nuovo tema d'indagine: il tema d'indagine era e restava
quello dell'accertamento del lucro cessante causato dall'inadempimento della Clinica, e l'unico elemento mutato era la prova offerta per dimostrare
se, quante e quali offerte la ricorrente avesse perduto.
I fatti costitutivi della pretesa, anche dopo il deposito della suddetta memoria, restarono dunque immutati, ad esser modificata fu solo la prova
offerta per dimostrare l'esistenza del danno, ma offrire nuove prove del medesimo fatto costitutivo non costituisce inammissibile mutamento della
domanda.
Pertanto, la Cassazione ha cassato la sentenza impugnata con rinvio.
Il giudice di rinvio, dovrà applicare i seguenti principi di diritto:
“(A) Nei giudizi soggetti al rito del lavoro, costituisce implicita istanza di rimessione in termini il deposito, con le note conclusive, di documenti
formati successivamente tanto alla domanda, quanto al maturare delle preclusioni istruttorie; a fronte di tale produzione, pertanto, il giudice non può
dichiararla inammissibile, ma deve valutare se ricorrano i presupposti di cui all'art. 153 c.p.c., ed in caso affermativo esaminare nel merito la
rilevanza probatoria dei documenti tardivamente depositati.
(B) Nel giudizio di risarcimento del danno (tanto da inadempimento contrattuale, quanto da fatto illecito) non costituiscono domande nuove: (a) la
riduzione del quantum rispetto alla originaria pretesa; (b) la deduzione dell'aggravamento del medesimo danno già dedotto con la domanda
originaria. La richiesta di risarcimento dei danni sopravvenuti al maturare delle preclusioni istruttorie, anche se di qualità e quantità differenti da
quelli richiesti con la domanda originaria, costituisce invece una domanda nuova, ma anche ammissibile se ricorrano i presupposti della rimessione
in termini, di cui all'art. 153 c.p.c..”
(Altalex, 31 ottobre 2018. Nota di Maria Elena Bagnato)

Pluris - Codice civile e Codice di procedura civile commentati online Costantemente aggiornati, con il commento d’autore e tutta la
documentazione normativa e giurisprudenziale. Gli strumenti di lavoro indispensabili per il professionista legale per interpretare, risolvere e
approfondire tutte le questioni sostanziali e processuali.
Prova i Codici civile e procedura civile commentati

(C) Altalex / Wolters Kluwer

Potrebbero piacerti anche