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Matematica utile:
Una funzione composta deriva dalla composizione di due funzioni, in sintesi si definisce applicando
la seconda funzione alle immagini della prima.
è una funzione composta e la sua derivata si ottiene derivando la funzione ''esterna'' (la f, il cui
argomento è però la funzione g) e moltiplicandola per la derivata della funzione ''interna'' (la g):
alcuni esempi:
2) Equazioni differenziali
Cinematica
Accelerazione in un moto con traiettoria curva (paragrafo Rosati – fisica generale, volume 1)
è una funzione di moto, variabile nel tempo, e rappresenta la legge oraria del moto
stesso
in quanto è discusso il moto di un punto materiale (di massa m, che si immagina concettualmente
concentrata tutta nel punto stesso) non è necessario conoscere le forze agenti su di esso
dato un vettore r=r(rx, ry, rz), questo si può scrivere anche secondo le sue componenti (dello spazio
tridimensionale) , che diventano dei vettori se associati al versore corrispondente:
r = rx ^i + ry ^j + rz ^k
una tangente, così come una normale sono componenti intrinseche del vettore e il vettore velocità
ha solo una componente tangenziale alla traiettoria
dopo un certo periodo di tempo il punto P si è spostato sulla traiettoria è si trova ora in P1:
sapendo che
l'operatore di derivazione riconosce solo le grandezze che variano nel tempo, e in questo caso a
variare sono sia il modulo del vettore velocità (istantanea) che la direzione del suo versore;
applicando la regola di derivazione del prodotto (D[fg]=f'g+fg') si ottiene:
inoltre il secondo membro indica che l'accelerazione ha due componenti, una tangenziale e una
centripeta (a differenza della velocità che è puramente tangenziale) in quanto:
per dimostrare questa perpendicolarità si considera T2, e lo si vede come il prodotto scalare TxT=1
(il prodotto scalare tra due vettori è uno scalare con modulo dato dal prodotto dei moduli dei due
vettori moltiplicati per il coseno dell'angolo tra essi interposto) e di questo prodotto scalare si fa il
differenziale
ricordando che le derivate secondo Leibniz sono viste come rapporto tra differenziali, data una
funzione y=f(x) il suo differenziale è dy=f'(x)dx; quindi il differenziale del prodotto scalare TxT è:
dove teta è l'angolo di variazione del versore T, e si può arrivare così a scrivere:
per dimostrare l'equivalenza tra l'angolo di variazione e il versore T si considera la traslazione dei
versore nei due istanti considerati sul punto di intersezione dei prolungamenti delle normali relative:
e si ha che:
inoltre, considerando uno spostamento infinitesimo, si ricava che esso equivale al raggio della
traiettoria (r) moltiplicata per la variazione infinitesima dell'angolo:
e quindi si ha che:
dove il rapporto tra la velocità al quadrato e il raggio della traiettoria rappresentano la componente
centripeta dell'accelerazione, la cui funzione completamente esplicitata è quindi:
per dimostrare che la velocità presenta la sola componente tangenziale si deve considerare che la
velocità è definita come la derivata prima della legge oraria, s(t); considerando il rapporto
incrementale (che definisce la velocità media):
si nota che che in due punti distanti il vettore velocità non coincide con la
traiettoria, ma se si facesse tendere Δt a zero (ottenendo così la velocità
istantanea) si avrebbe, passando nell'infinitesimo:
Cinematica del corpo rigido
si definisce corpo rigido quel corpo per il quale, presi tre punti
interni ad esso, le distanze tra questi punti rimangono costanti nel
tempo (anche se dovesse variare la posizione del corpo stesso)
si parte considerando due sistemi di coordinate: uno inerziale (ovvero fermo o in moto rettilineo
uniforme) e uno solidale con il corpo
avendo:
il punto P, appartenente al corpo rigido rispetto agli assi spaziali ha coordinate P(x; y; z)
così come il versore T e la sua derivata erano perpendicolari tra loro, si ha in questo caso:
siccome la derivata di i è perpendicolare ad i stesso vuol dire che giace nello stesso piano
identificato dagli altri due versori, j e k; per una proprietà matematica si può esprimere i come una
combinazione lineare:
dove le lettere greche indicano dei parametri da determinare, ma ci sono sempre delle condizioni di
ortogonalità da rispettare:
sviluppando si ottiene:
e si arriva a:
allo stesso modo si procede per le altre due equazioni e si arriva al sistema:
di questi sei parametri se ne scelgono tre, perché tre sono le condizioni da
rispettare (quelle di ortogonalità tra versori); si scelgono dunque {α; β; δ} e gli
altri parametri diventano, di conseguenza:
ora si possono scrivere le tre tre relazioni tra derivate di versori come:
e si ottiene, sostituendo:
e dunque si ottiene:
dove nel prodotto vettoriale compare il seno (e dunque i vettor i viene nullo, perché trattandosi di
vettori uguali hanno angolo di interposizione nullo, e il seno di zero è zero)
e quindi:
ricordando che:
e si ha:
e si ottiene infine:
per il significato fisico di questa relazione si ha: gamma vettor r rappresenta il termine di rotazione,
mentre v con zero quello di traslazione
dopo un tempo infinitesimo dt, durante il quale il punto P si è spostato lungo la traiettoria s, la
situazione diventa:
questo perché, per quanto riguarda il primo caso (e analogamente si ha per il seconda) si ottiene:
sostituendo quanto ottenuto nella equazione ottenuta, con l'obiettivo di eliminare le derivate dei
versori (essendo difficile esprimere variazioni direzionali vettoriali con una matematica ''semplice''),
e arrangiando i termini si arriva ad avere:
questa è anche l'espressione della forza gravitazionale, che tiene i pianeti in orbita attorno al sole;
poiché questa forza è sempre radiale il termine associato al versore η va supposto nullo (non ci può
essere una componente tangenziale), quindi:
e preso:
fisicamente il termine r2 ha le dimensioni di una superficie (spostamento alla seconda: m2) mentre il
termine ώ quelle di un tempo alla meno uno (essendo la derivata rispetto al tempo di un angolo, che
essendo espresso in radianti non ha dimensioni – in quanto i radianti sono numeri puri, pertanto
adimensionali); quindi il prodotto r2ώ rappresenta una velocità areolare e si può dire dunque che:
considerando uno spostamento infinitesimo:
quanto discusso rappresenta l seconda legge di Keplero: la velocità areolare è costante, ovvero il
raggio vettore descrive aree uguali in tempi uguali (che equivale a dire che ds/dt si mantiene
costante nel tempo)
Dinamica
Dinamica del punto materiale non vincolato
Si basa sulla seconda legge della cinematica di Newton (F=ma) ed è una legge vettoriale, sulla
quale non si lavora ma che si proietta sugli assi
quindi:
ricordando che:
questa è una equazione differenziale omogenea, del secondo ordine, lineare, la cui incognita è la
funzione x=x(t); dalla teoria sulle equazioni differenziali si trova che la soluzione di questa è data
da:
per verificarne la veridicità si deriva la x (per ottenere la derivata prima e seconda) e si sostituisce
alla equazione iniziale, per verificare che venga una identità (0=0):
e sostituendo:
ci sono comunque due parametri da determinare, A e φ (essendo ω definito come k/m), perché la
soluzione è ottenuta tramite due integrazioni successive (sono presenti dunque due costanti),
ottenibili tramite le condizioni iniziali, che sono:
sapendo che:
e dunque:
si ha quindi che:
perciò si ha:
si può trovare scritta anche nella forma (ricavabile dalle formule di bisezione) di:
Man mano che il corpo cade la sua velocità aumenta e questo porta a generare una maggiore
resistenza dell'aria al suo movimento: aumenta ovvero l'attrito dell'aria, che diventa rilevante per
cadute molto protratte nel tempo (non trascurabile)
e si tratta di una equazione differenziale di secondo ordine, non omogenea, lineare, la cui soluzione
è data da (secondo la teoria delle equazioni differenziali):
anche in questo caso si controlla calcolando le derivate prima e seconda e sostituendole nella
equazione iniziale:
e sostituendo:
da cui:
questa uguaglianza deve essere sempre verificata per qualsiasi valore di t, il che si verifica solo se i
due termini non esponenziali sono posti uguali a zero, ottenendo così un sistema dal quale si
ricavano due dei quattro parametri necessari:
che diventa:
che è effettivamente una identità (0=0)
infatti, nel caso di tempi infinitesimi, sempre per la serie di Taylor-Laurina si ha:
invece, a tempi molto grandi, quanto il fenomeno dura già da molto, la velocità raggiungerà un
massimo, che non potrà superare, determinato dalla sua massa, dalla costante di attrito e dalla forza
di gravità (matematicamente si vede calcolando il limite della funzione velocità per x tendente a più
infinito)
nell'infinitesimo si ha che:
Un punto si dice vincolato quando le sue coordinate devono soddisfare certe condizioni, e quindi
non tutte le posizioni dello spazio gli sono possibili.
Il vincolo in meccanica è rappresentato da una forza, chiamata reazione vincolare, della quale
bisogna tenere conto quanto si scrive la relazione F=ma, si ha quindi:
proiettata su un piano (l'unica cosa che si può fare con una legge vettoriale) da luogo a un sistema di
tre equazioni, che però ha ben sei incognite (infatti anche il vincolo R non è determinato ma va
trovato):
per la teoria matematica sui sistemi lineari, il teorema di Rouché -
Capelli si ha che un sistema di n incognite in k equazioni ha un
numero di soluzioni pari a:
aggiungendo due equazioni si avrebbero sempre sei equazioni, ma con cinque incognite, e il sistema
si semplificherebbe
una delle equazioni da aggiungere è F(x, y, z)=0 , rappresentante un piano; così facendo si fa
diventare il problema di statica, vincolando tutte e tre le posizioni che il punto può assumere e
consentendo di aggiungere solo un'altra condizione riguardante la posizione, ovvero G(x ,y, z)=0
si ricordi la definizione di distanza tra due punti nello spazio (tridimensionale), si ha che:
se si immagina di dare a ogni quantità un incremento infinitesimo, del tipo:
e si sostituisce nella formula precedente si nota che questa rimane inalterata: questo significa che gli
spostamenti virtuali, pur essendo degli spostamenti, e quindi non nulli, nella realtà è come se non
accadessero (perché sono appunto virtuali) – in sostanza il punto rimane nella sua posizione
in quanto i vettori si possono scomporre secondo le loro componenti la relazione precedente si può
scrivere anche come:
tutti questi vincoli sono anche detti vincoli privi di attrito, nel senso che lo stare sul piano non
interferisce con la natura del moto del corpo
un esempio è quello del pendolo semplice (chiamato così perché esiste anche il pendolo composto):
si ha quindi che:
ci sono però due incognite, il problema si risolve ricordandosi della relazione (di geometria
analitica) esistente tra arco e angolo, ottenendo quindi:
perché è s=Lφ
sostituendo si arriva a:
che diventa:
e infine:
una equazione differenziale del secondo ordine, omogenea e lineare; la cui soluzione è data da:
potendosi scomporre la forza e gli spostamenti infinitesimi ds secondo le loro componenti si può
anche scrivere (ricordandosi che il prodotto scalare agisce solo sui vettori, e non sugli scalari) che:
dove fx e fy sono le componenti della forza F, mentre dx e dy sono quelli dello spostamento
infinitesimo ds – manca la componente z, perché per semplicità si sceglie di fermarsi al solo caso
nel piano (e non nelle tre dimensioni)
intanto, presa una funzione u=u(x; y), si definisce differenziale totale di questa funzione un du tale
che:
nella cui espressione compaiono le derivate parziali – essendo u
funzione di due variabili si può derivare sia rispetto a una che rispetto
all'altra
in una derivata parziale si deriva solo rispetto a una incognita mentre l'altra è considerata come
fosse una costante – o moltiplicativa o additiva a seconda del caso; quindi, per esempio:
tornando alla espressione del differenziale totale, sia la derivata parziale di u rispetto ad x che
rispetto ad y rimane una funzione (sempre di due variabili) e si può dunque scrivere:
quando questo accade significa che esiste una funzione, u, tale che:
si ha che:
e la struttura è la stessa di quella di una differenziale totale, quindi si chiama du la funzione che sia:
e per vedere che non solo è un differenziale totale ma è anche uno esatto
si deve provare che sia:
fatto che si verifica nel caso la forza sia una forza conservativa (e una forza si
dice conservativa quando il lavoro svolto su un percorso dipende unicamente dai
punti iniziale e finale e non dalla traiettoria seguita per unirli)
dove a e b sono gli estremi degli infiniti percorsi che si possono seguire per andare dalla posizione a
alla posizione b; sviluppando si arriva a:
dove la funzione u è chiamata funzione potenziale (da non confondere con l'energia potenziale)
è una forza di attrazione, perché è presente il segno meno – il che sta ad indicare che il verso della
forza è si della stessa direzione del raggio ma ha verso opposto a quello convenzionalmente scelto
come verso positivo
se si vuole la sola componente relativa a x, ovvero fx, si ottiene che questa vale:
in questo caso:
e si verifica che sono effettivamente uguali, quindi esiste una funzione u=u(x; y) – la funzione
potenziale – con le caratteristiche di avere:
e questa funzione u è:
che è una funzione di funzione – una funzione composta – poiché la r esprime la
distanza tra due punti nel piano ( √x +y
2 2
)
la sua derivata parziale, rispetto alla x, dunque è:
dove:
si ottiene dunque:
la difficoltà di calcolare un integrale di linea è stata evitata, perché nel caso di forze conservative le
cose si semplificano, proprio perché la differenziale totale è anche esatta e si può introdurre una
ulteriore funzione (u) che semplifica i calcoli da svolgere
un esempio matematico:
e questo è un differenziale esatto perché si ha:
e si ottiene infine:
prima si era presa come definita la funzione potenziale (u), ora si vede da dove arriva questa
espressione: si ricorda che il differenziale totale che rappresenta l'integrando dell'integrale che
esprime il lavoro è anche esatto, come si è già visto facendone il test relativo; si ha dunque che:
e la verifica da fare è:
ora si ricava la funzione u, mettendo a sistema queste due espressioni (dove le due componenti della
forza gravitazionale sono già noti):
ma questo deve essere uguale anche alla componente in y della forza, che è essa stessa derivata
parziale di u rispetto a y:
dopo le opportune semplificazioni si ha: φ'(y)=0 – ovvero si trova che φ(y)=costante; perché la
derivata di una funzione costante è nulla. Prendendo questa costante uguale a zero (che si può fare,
essendo essa irrilevante nell'analisi differenziale: la derivata di una costante è zero), a questo punto
si ha che:
di solito le forze radiali sono tutte conservative, se si prende una forza non conservativa:
si ottiene dunque:
sostituendo:
si fa il solito test per valutare se questo differenziale totale sia anche esatto, deve risultare cioè che:
si osserva che non vengono uguali: il test è fallito – cioè non si tratta di un differenziale esatto ma è
solo totale, non ci sono semplificazioni possibili (come ci si aspettava, trattandosi di una forza non
conservativa)
se invece la forza applicata in P fosse stata definita come radiale:
rifacendo la verifica:
si ha:
che sono effettivamente uguali, vuol dire che esiste una funzione u tale che:
i due integrali danno risultati differenti, pur trattandosi dello stesso percorso: da A a B; questo si
spiega col fatto che la funzione arcotangente (la inversa della funzione tangente) è una funzione
POLIDROMA – a un valore della variabile dipendente corrispondono x valori di quella
indipendente; questo problema si risolverebbe se la funzione fosse monodroma (ovvero a un valore
della variabile dipendente corrispondente un solo valore di quella indipendente), cosa attuabili
considerando una restrizione del dominio della funzione tangente prima di invertirla (infatti, in
matematica, l'arcotangente assume solo i valori compresi tra -π/2 e +π/2)
Teorema delle forze vive
Il teorema delle forze vive riguarda il lavoro delle forze conservative: il lavoro compiuto dalla
risultante delle forze agenti su un corpo è uguale alla variazione di energia cinetica su quel corpo
Essendo la forza in questione conservativa, si può partire subito dall'integrale definito – poiché il
differenziale totale è sicuramente anche esatto:
si ha quindi che:
e dunque:
Per il teorema di conservazione dell'energia la somma di energia cinetica (T) e potenziale (V) – di
un sistema conservativo – si mantiene costante, ovvero:
e quindi si ha che:
e ricavando la velocità:
lungo il percorso tutta l'energia potenziale si è trasformata in energia cinetica: l'energia che era
presente all'inizio della discesa dello sciatore è la stessa presente alla conclusione della stessa – ha
solo cambiato forma (in questo senso si dice che la somma di T e V si mantiene costante)
riprendendo in considerazione il caso del pendolo semplice, questa volta studiato applicando il
teorema della conservazione dell'energia, si avrebbe che:
ricordando che un cateto è uguale al prodotto della ipotenusa per l'angolo a esso (al cateto)
adiacente; invece, detta y l'ordinata del generico punto P, si ha:
essendo di fronte a una forza conservativa (la forza peso), ci si può domandare quale sia quella
forza che derivata rispetto alla componente y fa ottenere proprio la fy – e si ha che:
a questo punto si applica il teorema di conservazione dell'energia in due punti: in quello di massima
estensione (ovvero nel punto di inversione del moto: dove la velocità si azzera – e di conseguenza
l'energia cinetica è nulla) e nel generico punto P; deve valere:
quindi:
in quanto la lunghezza del filo L è fissa, mentre l'angolo è funzione del tempo
e sviluppando:
esplicitando φ2:
facendo un controllo dimensionale deve risultare che le dimensioni di φ' sono quelle di un tempo
alla meno 1; essendo i radianti adimensionali (sono numeri puri) le sue dimensioni dipendono solo
dalla componente (2g/L)1/2 – quindi:
della φ' si cerca ora la derivata prima, e si ottiene – prestando attenzione allo sviluppa di questa
derivata composta:
ovvero:
ma essendo nell'infinitesimo:
e quindi:
e questa è la tipica equazione differenziale del moto armonico, che presenta la soluzione già vista;
quindi il pendolo semplice, affrontato anche con il teorema della conservazione dell'energia riporta
alla equazione tipica del moto armonico
si prende ora come esempio il ''giro della morte'', visto da un sistema inerziale (ovvero un sistema
solidale con le stelle fisse: che si muove cioè rispetto ade esso di moto rettilineo uniforme):
in A, quando il vagoncino entra nel ''giro della morte'' è presente la sola componente cinetica,
mentre in B, il massimo punto della traiettoria (oltrepassato il quale, se non si è staccato, il
vagoncino completa con successo il giro), oltre alla componente cinetica ne presenta anche una
potenziale (mgh); applicando dunque il teorema sulla conservazione dell'energia si ha:
quindi:
ciò che si deve determinare è la velocità che il vagoncino deve avere in B di modo da esercitare
ancora una azione sulle rotaie e ricevere dunque da queste una reazione che lo tengano incollato alla
traiettoria – per il terzo principio della dinamica ad ogni azione corrisponde una reazione uguale (in
modulo e direzione) e contraria (ovvero opposta in verso e punto di applicazione)
e quindi:
ovvero:
e questa è al minima velocità che deve presentare il vagoncino per rimanere sulla traiettoria
a questo punto si determina questo valore, dalla prima equazione:
e dunque:
e si ottiene infine:
Il principio dei lavori virtuali deriva dalla dinamica dei sistemi, e afferma che il lavoro complessivo
delle n reazioni vincolari è uguale a zero per tutti i possibili spostamenti virtuali:
il cui significato fisico era che la reazione vincolare presentasse solo componente
perpendicolare alla traiettoria
ora si considera il caso del pendolo composto, nel quale le cose sono un po' più particolari:
con
ma è presente anche una condizione di allineamento: infatti nel pendolo composto i due pendoli si
devono muovere in maniera coordinata
da un punto di vista fisico questo vuol dire che esistono due reazioni vincolari con componenti
tangenti alla traiettoria (R1 e R2) – per poter rispettare la condizione di allineamento infatti un
pendolo (il primo) deve avere velocità di oscillazione minore perché la sua frequenza è maggiore
mentre l'altro (il secondo), in quanto più lungo, deve avere velocità maggiore per stare al passo del
più veloce e raggiungere così un moto coordinato; sono si delle reazioni vincolari ma di tipo diverso
di quelle incontrate nel caso del punto materiale vincolato
Fluidodinamica
Statica dei liquidi
Nella statica dei liquidi il sistema non è in moto, dunque la legge della dinamica:
e si ha dunque che:
dove la forza Fi è una forza di tipo attivo e si può quindi sostituire al posto del vincolo nella
espressione del lavoro virtuale – si ha quindi:
due tipici esempi di forze attive sono la forza peso e la forza di pressione
la naturale conseguenza di questo principio (dei lavori virtuali) è che l'acqua si dispone nei
contenitori sempre presentando una superficie piana senza imperfezioni allo stesso livello
in quanto si tratta del prodotto scalare di due vettori che hanno la stessa direzione (quindi l'angolo
interposto è 0 – il cui coseno vale uno); e per il principio dei lavori virtuali questa quantità deve
valere zero:
in fluidodinamica si preferisce però esprimere le masse come prodotto tra volume e densità (ρV),
quindi si ha:
quindi si ha che:
ma deve semore valere il principio di invariabilità del volume, e quindi – dopo le opportune
semplificazioni – si ottiene:
l'espressione della legge di Stevino, che conoscendo densità del liquido e altezza della sua colonna
nel contenitore permette di calcolare la pressione
Legge di Pascal
Legge di Archimede
Geronte ordinò a Archimede di valutare la composizione percentuale della corona d'oro che aveva
commissionato a un fabbro, pensando di esserne stato fregato – con aggiunta di una percentuale di
argento (con il quale l'oro forma facilmente una lega); quindi Archimede fa due pesate, una all'aria –
trovando che la corona pesa 10kg – e una in acqua – notando che ''perde'' un peso di 6,27N
il fatto che in acqua la corona perda 6,27N di peso significa che la spinta di Archimede è proprio
6,27N
queste unità sono nel sistema metrico mks (metro, kilogrammo, secondo) – volendole trasformare in
quello cgs (centimetro, grammo, secondo) si usano le opportune conversioni:
quindi:
il sistema da risolvere è:
sapendo che la densità dell'argento è circa la metà di quella dell'oro si trova che l'oro rappresenta
solo il 75% della corona, il 25% della quale è argento
Dinamica dei fluidi ideali
Si definisce come fluido ideale il fluido che non presenta attrito, il cui moto è un moto stazionario e
in cui l'eventuale lavoro agente sul liquido (dovuto alle pareti del contenitore in cui esso si trova) è
sempre nullo, perché la forza e lo spostamento sono sempre perpendicolari tra loro
però nel caso di un fluido ideale la dipendenza dal tempo non esiste: la velocità è costante e il moto
è stazionario
Legge di Bernoulli
preso un tubo di flusso, ovvero una idealizzazione teorica di un condotto dove passa il fluido
considerato e composto interamente da quel fluido, immaginato composto tutto da acqua:
sulle due superfici agiscono due pressioni, p1 e p2, dove la seconda ha verso opposto rispetto alla
prima: in caso contrario il tubo si svuoterebbe (perché l'acqua sarebbe spinta a fluire solo in una
direzione) e verrebbe meno l'ipotesi di tubo di flusso (pieno di acqua)
questo per quanto riguarda la componente di pressione, ma essendoci un livello è presente anche
una relativa alla energia potenziale – la cui variazione in questo caso corrisponde al lavoro delle
forze gravitazionali:
per il teorema delle forze vive, secondo il quale il lavoro di un corpo corrisponde alla variazione di
energia cinetica di quel corpo, si ha:
si nota che sono tutte quante delle pressioni, dove in ρgh si riconosce la legge di Stevino, mentre per
dove l'altezza piezometrica è quella che dovrebbe avere un liquido perché abbia proprio la pressione
p – si ricava dalla legge di Stevino: ρgh=p , e quindi h=p/ρg
se nel MKS le grandezze erano LMT (lunghezza, massa, tempo) nel sistema pratico le grandezze
sono LFT, ovvero al posto della massa presente la forza (la massa è quindi considerata come una
grandezza derivata – dal secondo principio della dinamica di Newton, F=ma)
preso 1kg massa, esso pesa nel MKS 10N – mentre nel sistema pratico equivale ad 1kg peso: quindi
si ha che 1kgm=10N e 1kgp=10N – si ha dunque che:
anche per quanto riguarda la pressione ci sono diverse unità di misura che la esprimono:
Paradosso idrodinamico
nel caso le quote considerate siano grosso modo uguali si possono semplificare e, separando
pressione e velocità (semplificando g) si ottiene:
e quindi:
dunque se p2-p1 è maggiore di zero, ovvero se nel punto due la pressione è maggiore che nel punto
uno, si ha che anche v12-v22 è maggiore di zero e quindi che v1 è maggiore di v2 – ovvero il punto
che presenta pressione minore ha una velocità maggiore e viceversa
Dinamica dei fluidi reali
Nei fluidi reali è presente attrito e il liquido si considera composto da piani, infinitesimamente
vicini gli uni agli altri e ognuno con la sua velocità
in questi piani infinitesimamente vicini ogni piano a velocità maggiore tende a trascinare il piano a
velocità minore adiacente, e questo, a sua volta, tende a rallentare il piano a velocità maggiore
(secondo il terzo principio della dinamica); tra i vari piani, inoltre, non sono possibili scambi di
particelle di liquido perché esse hanno una e una sola direzione, quella parallela alla velocità. Tutto
questo si chiama moto laminare.
nella dinamica dei sistemi esistono due equazioni cardinali – anch'esse derivate dal secondo
principio della dinamica (F=ma), ma scritte in maniera differente – e per trovare la velocità del
liquido si parte dalla prima di esse, cioè dalla prima legge cardinale della dinamica dei sistemi:
e si ha:
si prende in considerazione la corona circolare presente tra le due circonferenze, basi dei due
cilindri interni al tubo:
la forza di pressione è:
si ha dunque che:
per quanto riguarda la forza di Navier, per mantenere lo stato di cose, la legge prevede che ci siano
una forza di accelerazione e una di d'accelerazione:
è presente il segno meno perché facc deve essere positiva, essendo una forza di accelerazione,
essendo il segno della derivata è negativo, questo perché:
ovvero:
rimane:
si possono integrare entrambi i termini: se sono uguali a zero loro lo devono essere anche le loro
primitive
ovvero ln0 non esiste; quindi in fisica, per ovviare a questo inconveniente, si pone A=0 e rimane:
si ha dunque che:
dimensionalmente si ha che:
sviluppando i calcoli si arriva a vedere che la portata è proporzionale a r4, quindi anche piccole
strozzature del tubo comportano grandi cali della sua portata
Termodinamica
Lo scopo della termodinamica è quello di trasformare il calore (che in pratica non p altro che una
energia) in lavoro meccanico. Per esempio in una locomotiva l'acqua è riscaldata e portata a
ebollizione e i vapori sono convogliati, sotto pressione, in dei tubi andando a muovere delle leve
che poi fanno muovere la locomotiva (esercitando di fatto un lavoro meccanico)
Un sistema termodinamico, dove per sistema termodinamico si intende una macchina dove al limite
è presente un gas e che è descritto dalle tre variabili di pressione, volume e temperatura (dove in
realtà solo due sono variabili in senso stretto, essendo la terza fissata tramite la legge dei gas
perfetti), quando si trasforma dando luogo a variazioni intrinseche (ovvero quelle che riguardano il
sistema stesso, e possono quindi coinvolgere variazioni di pressione, volume e temperatura) ed
estrinseche (riguardanti l'ambiente che circonda il sistema, e possono essere assorbimento o
cedimento di calore o aumento e diminuzione del lavoro meccanico – sono cioè delle variazioni di
energia) definisce delle trasformazioni puramente termodinamiche.
In una trasformazione isoterma il prodotto tra pressione e volume, a temperatura costante, è una
costante – e nel piano PV è rappresentato da una iperbole equilatera:
siccome si ha una espansione la temperatura tenderebbe a diminuire, perché rimanga costante (come
deve essere in una trasformazione isoterma) l'ambiente deve cedere calore al sistema
termodinamico; questo calore è un calore positivo, che il sistema trasforma in lavoro meccanico
in termodinamica le variabili più utili per descrivere il fenomeno sono però pressione, volume e
temperatura; si divide e moltiplica dunque per una superficie e si ottiene:
in forma differenziale
ricordando che:
e che quindi:
sostituendo si ha:
si ottiene:
questo lavoro è un lavoro positivo in quanto il numero di moli (n) è positivo per definizione, la
temperatura è indicata in gradi Kelvin (e non può quindi assumere valori negativi), R è la costante
dei gas (un valore positivo) e siccome VB è maggiore di VA il loro rapporto è un numero maggiore di
uno e quindi il suo logaritmo è positivo
il significato fisico di questo lavoro positivo è che il lavoro è trasferito dal sistema termodinamico
all'ambiente esterno, fosse stato negativo sarebbe stato dall'ambiente al sistema; mentre il calore si
definisce positivo se è ceduto dall'ambiente al sistema, viceversa negativo
altra trasformazione è la trasformazione adiabatica, nella quale non c'è nessun scambio di calore tra
sistema ed ambiente; si ha dunque che:
ovvero:
dove j è una costante dipendente solo dalle unità di misura usate, si può fare quindi in
modo che valga 1 – e in tal caso si ha:
come si vedrà con il secondo principio della termodinamica, una parte del calore il sistema lo
restituisce all'ambiente e quindi ci saranno dei limiti alla sommatoria – nella quale dovranno
comparire anche dei termini negativi
questo per quanto riguarda una trasformazione ciclica chiusa, per una trasformazione
termodinamica aperta (come ad esempio una trasformazione isoterma) si ha:
dove ΔU rappresenta una funzione, che si chiama energia interna del sistema; questa funzione però
non si conosce precisamente ma ha delle caratteristiche: è una funzione di stato, ovvero,
matematicamente, la sua variazione dipende solo dal valore che la funzione assume nello stato
iniziale e finale, e non da come sia il percorso effettuato tra di essi
la funzione U è variabile di una (al più due) tra pressione, volume e temperatura; per stabilire con
certezza quale sia c'è la esperienza di Joule – che è una trasformazione adiabatica nella quale non
viene compiuto lavoro:
anche il volume assume un certo valore, dove per VI si intende VA+VB e per VF sempre VA+VB :
la situazione si può vedere anche in una seconda maniera, mantenendo tutto invariato tranne il
modo di esprimere il volume – che in questo caso è visto all'inizio solo come VA mentre alla fine è
VA+VB . Ma questo cambiamento è irrilevante perché U è una funzione di stato e comunque si
ragioni gli stati iniziale e finale del gas sono gli stessi; quindi:
delle tre variabili, quella che sicuramente non è variata in questa trasformazione è la temperatura:
quindi l'energia interna per un gas ideale è una funzione della temperatura
nel caso della isoterma, per il primo principio della termodinamica si ha:
se si ha una trasformazione a volume costante, segue che dV=0 e di conseguenza dU=dQ e dunque
si ha:
la relazione che si usa per vedere la dipendenza della energia interna dalla
temperatura
così come c'è il calore specifico a volume costante, c'è anche il calore specifico a pressione costante
– e sono legati da una relazione:
ma si ha anche che:
ora, dalla legge di stato dei gas ideali, si ha che PV=RT (perché si è posto n=1); se ne fa il
differenziale totale e si ottiene:
e si sostituisce in:
ottenendo:
dove:
e quindi:
dove il rapporto tra calori specifici si può indicare con K, essendo costante, un numero solitamente
maggiore di 1 in quanto spesso – per uno stesso materiale – il calore specifico a pressione costante è
maggiore di quello a volume costante; si ha quindi una differenziale a variabili separabili che
diventa:
integrando:
si ottiene:
ovvero:
e dunque:
da cui si ottiene:
e quindi:
Per quanto riguarda il secondo principio della termodinamica, esistono due enunciati – che
comunque trattano lo stesso fenomeno:
-dicitura di Clausius: è impossibile trasportare del calore da un corpo più freddo ad uno più caldo
spontaneamente (è possibile solo se si fornisce un lavoro esterno)
-enunciato di Kelvin: è impossibile una trasformazione termodinamica il cui unico risultato è quello
di prendere da un solo termostato del calore e trasformarlo interamente in lavoro meccanico (ovvero
una macchina termica non potrà mai avere un rendimento del 100%, perché un certo calore sarà
dissipato comunque nell'ambiente)
Per vedere che questi due enunciati esprimano effettivamente lo stesso principio (il secondo
principio della termodinamica) si pensa, concettualmente, di andare contro le ipotesi di uno,
verificando che facendo ciò si va necessariamente contro le ipotesi dell'altro:
si vede quindi che i due enunciati trattano dello stesso fenomeno, perché andando contro uno si va
anche contro l'altro – analogamente se si partisse dal principio di Kelvin
quindi la somma è:
ricordando che:
ovvero:
e per la seconda:
quindi per aumentare il rendimento di una macchina termodinamica si deve aumentare T1 – ovvero
la temperatura del termostato dal quale si prende il calore – perché T2 è la temperatura
dell'ambiente, sulla quale non si può agire; comunque si operi sarà un rendimento sempre minore di
uno, perché T1>T2
il secondo principio della termodinamica ha anche una rappresentazione matematica:
nelle trasformazioni reversibili si considera l'uguale, in quelle irreversibili solo il minore; questa
dicitura è equivalente a quelle del tipo:
esplicitando si ottiene:
il meno si può eliminare invertendo il cammino del percorso (una delle proprietà degli integrali):
il che vuol dire che la quantità dQ/T è indipendente dal cammino percorso, ovvero è una funzione
di stato: la ENTROPIA – che è definita da:
definizione di validità generale, sia per le trasformazioni reversibili che irreversibili, ma che non
può essere applicata come partenza nel calcolo dell'entropia nel caso delle trasformazione
irreversibili – si avrebbe infatti, considerando una situazione analoga a quella della esperienza di
Joule, con due contenitori di uguale volume separati da un foro molecolare, in uno dei quali è
presente un gas ideale a una certa pressione e temperatura che ne occupa tutto il volume; il quale in
seguito fluisce molecola per molecola tramite il foro – non compiendo di fatto lavoro meccanico –
determinando una trasformazione adiabatica (quindi con dQ=0 e pdV=0):
se volendo calcolare l'entropia si partisse dalla definizione di questa:
ovvero da ΔS=ΔQ/T si avrebbe ΔS=0 perché è zero ΔQ (in quanto è una
trasformazione adiabatica) – questo risultato è però gravemente erroneo,
perché si è calcolata l'entropia per una trasformazione irreversibile come
se fosse reversibile; essendo l'entropia una funzione di stato dipende
unicamente dallo stato iniziale e finale, e non dal cammino percorso, si
può quindi pensare di andare dallo stato iniziale a quello finale
seguendo una trasformazione isoterma – essendo la temperatura costante
durante il processo, si parte dunque applicando il primo principio della
termodinamica:
e quindi:
dunque l'entropia è:
ma essendo:
perché il volume totale (V2 – presente alla fine) è il doppio di quello iniziale
(V1), perché i due contenitori hanno lo stesso volume
si ha:
Espressione della entropia di un gas perfetto
lo stato iniziale, A, è identificato da due parametri di volume e temperatura, mentre quello finale da
due variabili di volume e temperatura:
si trova:
ma essendo:
si ha:
ottenendo:
si ha ora:
e applicando ancora una proprietà dei logaritmi (la somma di logaritmi di base uguale equivale al
logaritmo del prodotto degli argomenti):
nel caso di una adiabatica anche il termine TVK-1 è costante – e per questo si dice che le
trasformazioni adiabatiche sono isoentropiche – e si avrebbe:
Trasformazioni irreversibili
ovvero, esplicitando:
si ha che:
ovvero:
dunque si arriva a:
in un sistema isolato, quale è l'universo – che contiene tutta la materia esistente e non ha nulla
all'esterno - , non si può avere un trasferimento di calore con l'esterno (perché essendo isolato non
interagisce per definizione, e nel caso dell'universo non avrebbe neanche con cosa da interagire
essendo stato questo definito come tutta la materia esistente): si tratta dunque di un sistema
adiabatico – per il quale ΔQ=0 e dunque è nullo anche l'integrale a secondo membro della
espressione dell'entropia, si ha quindi:
ovvero:
quindi l'entropia dello stato finale del sistema è maggiore di quella iniziale: si ha che l'entropia
dell'universo è in continuo aumento
Esempio pratico
Si abbia un corpo A a temperatura T1 e una capacità termica C1 (dove la capacità termica è definita
come massa per calore specifico); si abbia poi un corpo B a T2>T1 e con una C2=C1=C – in questo
caso la temperatura finale è data dalla media aritmetica delle due temperature ((T1+T2)/2), ma solo
perché le due capacità termiche sono uguali. Essendo:
e:
in quanto:
si ha:
ovvero:
quindi:
e:
ottenendo nuovamente:
Carica elettrica
Alle grandezze fondamentali del sistema MKS se ne aggiunge una nuova, la carica elettrica (Q) e si
ha dunque il sistema MKSC (dove C sta per Coulomb) – dove le grandezze sono LMTQ; invece nel
sistema CGS:
la legge di Coulomb diventa, in quanto per questioni legate alle unità di misura
si ha k=1 :
quindi si ha che:
Campo elettrico
Lo scopo primario della elettrologia è determinare il campo elettrico, che è per definizione dato dal
rapporto tra la forza elettrica (di Coulomb) e una carica q:
dove q0 è la carica di prova, usualmente considerata unitaria e positiva – che viene usata per sondare
il campo elettrico generato dalla carica sorgente (q)
si vede chiaramente che il campo elettrico è un campo vettoriale, e il versore – da come è già stato
definito – non è altro che un vettore unitario giacente su r
la conversione tra unità di misura MKSC (C – Coulomb) e CGS (franklin) è data da:
Potenziale elettrico
Il potenziale in un punto è definito come il lavoro compiuto dalle forze del campo per trasportare
una carica unitaria positiva da un punto P all'infinito
che diventa:
ed essendo:
si può scrivere:
e si ottiene che il potenziale vale:
si troverà che una carica può essere distribuita solo sulla superficie del corpo, se conduttore, o in
tutto il volume, se dielettrico, e si avranno quindi:
e:
da:
e si ottiene:
e a questa funzione U si da il nome di potenziale elettrico – indicato con V:
con la seguente dicitura il campo elettrico può essere espresso come il gradiente negativo di V:
dove il gradiente è un operatore, che si indica simbolicamente con la lettere greca nabla:
vettoriale perché contiene i versori i, j e k – differenziale perché sono presenti anche le derivate,
viste come rapporto tra differenziali (derivate viste secondo la definizione di Leibniz):
però l'operatore nabla non agisce solo sulle grandezze scalari, ma anche su quelle vettoriali; quindi
quando agisce sul campo elettrico (che è vettoriale) può agire sia scalarmente che vettorialmente –
quando agisce scalarmente su una grandezza vettoriale il risultato è uno scalare, e non si chiama più
gradiente ma divergenza:
quando invece agisce vettorialmente sul campo elettrico il risultato è una grandezza vettoriale, e in
questo caso si chiama rotore; si ha:
quindi si ha che:
Disco uniformemente elettrizzato
Si abbia un disco, di spessore infinitesimo, uniformemente carico – ovvero con una distribuzione
superficiale di carica costante:
disegnando due circonferenze internamente al disco si viene a determinare una corona circolare –
nel disegno evidenziata in verde – di superficie:
si ha dunque che:
che dimensionalmente risulta effettivamente una superficie, essendo il prodotto
di due lunghezze
la quantità di carica nella corona circolare è data dal prodotto tra la superficie della stessa e la
distribuzione superficiale di carica:
facendone l'integrale:
ottenendo:
le linee di forza del campo elettrico sono perpendicolari al disco e hanno una sola direzione: x; si ha
quindi solo da fare:
per quanto riguarda invece l'angolo solido si deve considerare non una circonferenza ma una sfera:
la calotta sferica è una parte della sfera determinata da un taglio operato sulla sfera stessa:
si ha:
si ha quindi:
si ha quindi:
che in forma
vettoriale è:
il massimo valore dell'angolo solido si ha quando l'intera sfera è considerata alla stregua di una
calotta sferica: essendo la superficie della sfera 4πR2 si ha:
Per sfera conduttrice si intenda una sfera di rame, ed essendo conduttrice che sia piena o vuota non
è rilevante in quanto la carica si distribuisce solamente sulla superficie esterna
si ha quindi:
integrando:
dunque:
si ha:
si controlla quale sia effettivamente la primitiva derivando il denominatore dell'integrando:
serve un mezzo, che è già presente fuori dall'integrale a denominatore: lo si porta quindi dentro
l'integrale
la sfera conduttrice uniformemente carica si comporta dunque come se tutta la carica fosse
concentrata nel suo centro (nel punto O) e il campo elettrico vale quindi:
se invece il punto P fosse stato interno alla sfera si avrebbe (a+R)-(R-a) invece di (a+R)-(a-R):
ed è anche una quantità costante essendo tutte quantità costanti quelle che vi compaiono (il raggio
della sfera è costante e la distribuzione di carica superficiale pure): da questo risulta che all'interno
della sfera il potenziale è costante mentre il campo elettrico nullo:
Dipolo elettrico
Di questa distribuzione di carica, di tipo dipolo elettrica, si vuole calcolare il potenziale in un punto
P; per le cose dette in precedenza il potenziale sarà:
e si ha quindi:
da quanto detto segue che il campo elettrico di una distribuzione di tipo dipolo elettrica non varia
secondo un termine q/r2 ma secondo uno q/r3 essendo il potenziale del tipo k/r2 (e non k/r)
e quindi si ha che:
il vettore P si può scrivere secondo le sue componenti:
si ha che:
dove anche il vettore r può essere scritto secondo le sue componenti (in questo caso x e y):
a questo punto si sono ottenute le componenti del campo, che risulta essere dunque:
ovvero:
sviluppando il radicando:
che diventa:
si ha dunque:
si ha che:
e quindi:
il campo è infine:
Il teorema di Gauss
Il teorema di Gauss, afferma che i campi vettoriali radiali dipendenti dal reciproco del quadrato
della distanza dall'origine hanno un flusso attraverso una qualunque superficie chiusa che dipende
solo dalla carica in essa contenuta ed è indipendente dalla posizione interna delle cariche che lo
generano:
per definizione queste espressioni enunciano il flusso del vettore campo dove n è la normale alla
superficie
si avrebbe lo stesso
problema del caso della
superficie concava
dal teorema di Gauss discendono alcuni corollari, il più importante dei quali afferma che all'interno
di un conduttore (per esempio una sfera piena di rame) non ci sono cariche e anche che è nulla la
componente tangenziale del campo – è diversa da zero solo la componente normale alla superficie;
questo vuol dire, fisicamente, che gli elettroni – quando si elettrizza un conduttore – si dispongono
sulla superficie dello stesso. Questo fatto si usa anche per definire un conduttore, che è tale da avere
solo cariche distribuite sulla sua superficie e una componente del flusso tangenziale nulla
che afferma che se il campo è scomposto in due componenti l'unica che può esistere è quella
perpendicolare, si ha infatti:
e dovendo essere zero questa quantità, è possibile solo se la componente tangenziale è nulla
si ha dunque che se n è la normale alla superficie l'unica componente del campo che si considera è
quella lungo la normale
Equazioni di Maxwell per il campo elettrico
applicando il teorema della divergenza si può trasformare l'integrale di superficie in uno di volume
e viceversa – in questo caso:
la seconda equazione di Maxwell deriva dal fatto che il campo elettrico è un campo conservativo,
ovvero la sua circuitazione è nulla:
e anche in questo caso si considera che non può essere nulla la superficie, e ricordando che il rotore
di E equivale al prodotto scalare tra l'operatore nabla ed il vettore campo elettrico si può vedere
E x n come un vettore (è la proiezione di E lungo n) – quindi si che ha rot(E) x n è la proiezione di
questo vettore lungo la normale, quantità che non può essere nulla: l'unica cosa che può essere nulla
è il rotore di E:
e per trovare il campo elettrico da queste due equazioni esse si devono mettere a sistema:
il campo è conservativo:
dove e0 è la carica di
polarizzazione: e0=-div(π)
teorema di Gauss
si ha quindi:
ovvero:
ed infine si ottiene:
Dielettrici
Nelle trattazioni precedenti si è calcolato il campo elettrico in spazi vuoti, ora lo si considera in uno
spazio contenente materiale polarizzabile (dielettrico); in un dielettrico in presenza di un campo
elettrico si instaurano delle cariche positive e negative, solo se però il campo elettrico è preesistente
si dimostra che la somma delle cariche interne presenti in un dielettrico è nulla: un dielettrico è
neutro
un dielettrico, quando la distanza tra le cariche è grande, si comporta come un dipolo elettrico e si
ha che:
ogni elemento di volume del dielettrico è proporzionale, tramite il vettore pi greco (che rappresenta
il vettore di polarizzabilità elettrica), ad un momento di dipolo
e il potenziale come:
rappresenta gli infiniti punti del dielettrico che
hanno componente x', y' e z'
l'operatore gradiente opera su r, in quanto questo contiene le variabili x, x', y, y', z e z' :
il meno sparisce e si ha un gradiente positivo: è tutto uguale, l'unica cosa differente è che si
moltiplica per -1 (perché in questo caso si è fatta la derivata parziale di x', che viene -1, e non di x,
essendo arbitrario quale scegliere)
nell'espressione del potenziale si è messo πdv al posto di P perché il dielettrico a grandi distanze si
comporta come un dipolo elettrico; volendo ricavare il potenziale dal suo differenziale si integra:
si dimostra che:
quindi:
e si ha che:
si ha dunque:
e da questo si vede che il dielettrico genera una distribuzione di carica di tipo sigma, cioè
distribuzione di carica superficiale – quindi il campo elettrico di un dielettrico polarizzato è uguale
a quello dato da una distribuzione di carica superficiale sigma
da
si ha:
Infatti nel fenomeno del magnetismo esistono soltanto cariche elettriche polarizzate; sarà sempre
presente un polo negativo e uno positivo (un nord ed un sud), per quanto si possa provare a separare
in due un magnete le parti ottenute si organizzano nuovamente in uno stato polarizzato
Il campo magnetico statico è un campo conservativo, come lo è il campo elettrico, e ciò vuol dire
che anche dalla circuitazione del campo magnetico si ottiene:
una differenza si riscontra nella formulazione della prima legge di Maxwell, ricordando dal caso
dielettrico:
e quindi:
si è capito che un circuito percorso da corrente genera un campo magnetico grazie alla esperienza di
Oersted, ovvero: un circuito disposto in parallelo al meridiano terrestre (l'allineazione è garantita da
una bussola) è disposto vicino ad una bussola – se si chiude il circuito e si lascia scorrere la corrente
non si verifica nulla; se invece quando si chiude il circuito la bussola è posizionata sopra (o sotto) il
circuito si osserva che quest'ultima ruota di 90° (il verso di rotazione dipende dal verso della
corrente).
Questo significa che il campo elettrico genera un campo magnetico che giace su un piano
perpendicolare al piano ove giace il filo attraversato dalla corrente – e ha verso dato dalla regola
della mano destra
Dal fatto che l'ago ruota di 90° si deduce la legge di Biot-Savart, che fornisce il campo magnetico
per un circuito rettilineo indefinito di piccola sezione percorso da corrente; intanto la statica è
basata su due regole:
- la risultante delle forze agenti su un corpo deve essere nulla: R=0
- deve essere nulla anche la risultante dei momenti delle forze agenti: M=0
si ha:
se l'ago non si muove devono valere contemporaneamente R=0 e M=0, partendo da quest'ultima si
ha:
ed essendo inoltre:
si può scrivere:
e semplificando m si ottiene:
e questo esprime una proporzionalità inversa tra il campo magnetico e la distanza a cui si trova il
punto P nel quale si vuole trovare il valore del campo:
e quindi:
si ha dunque che:
ovvero:
ovvero la vecchia misura (m) è k volte quella nuova (m') – mentre l'unità di misura della nuova
misura è k volte l'unità di misura della vecchia misura
si può quindi lavorare toccando le formule, che esprimono solo in che sistema di misura si sta
operando (il fenomeno non cambia):
oppure si pone:
se si pone:
si ha:
da cui derivano:
La prima legge di Laplace è una ipotesi (una intuizione), senza correlazione sperimentale, ma che se
applicata si vede funzionare e consente di trovare il vettore di induzione magnetica H in un punto P
esterno ad un circuito percorso da una corrente di intensità I:
si ha che:
essendo:
da questa relazione si può trovare il campo magnetico nel punto P; nell'integrando è presente un
prodotto vettoriale: vuol dire che nei calcoli si deve scomporre questo vettore nelle sue componenti
il suo risultato è un vettore di modulo |a||b|senα, direzione data dalla perpendicolare al piano
indicato dai due vettori e verso dato dalla regola della mano destra
il meno presente nella espressione della seconda componente deriva dal fato che la formula generale
del calcolo dei determinanti è del tipo:
la riga è sempre determinata, quindi i è unitario, mentre a variare e j: quando j è dispari l'esponente
diventa pari e il meno sparisce – mentre se j è pari l'esponente viene dispari e il meno rimanere
essendo questa legge ipotetica, senza correlazione sperimentale, la prima legge di Laplace viene
applicata ad un filo rettilineo indefinito percorso da corrente (di cui ho già trovato il vettore H) –
ricavando nuovamente il vettore H e verificando se risulta quello aspettato
la corrente si dice stazionaria se la quantità di carica che passa nella sezione nel tempo T è costante
e quindi si ha:
ed essendo:
si ha:
e si può scrivere:
ottenendo:
avendo che:
si ha:
e l'integrale diventa:
che nel nostro caso si può scrivere, dato che l'operatore deriva coordinate diverse da quelle su cui
opera l'integrale, come:
e si ha infine la relazione:
Lamina Magnetica
si è formata così una lamina magnetica in ogni punto della quale si può individuare sia una carica
positiva, che la relativa carica negativa – similmente al caso del dipolo elettrico: solo che in questo
caso si ha il momento di dipolo magnetico:
a caratterizzare la lamina c'è una quantità, la potenza della lamina magnetica, definita come:
dove sigma è la densità di carica magnetica di superficie e delta la distanza tra le due
facce della lamina
si può scrivere:
si ha:
ed essendo:
si ottiene:
Il principio di equivalenza aiuta perché fare un integrale di linea non è agevole; inoltre il campo
magnetico di un circuito qualsiasi è comparabile al campo magnetico di una lamina magnetica che
possiede determinate caratteristiche (teorema della circuitazione), che sono: il contorno della lamina
deve coincidere con quello del circuito e la potenza della lamina deve essere uguale alla intensità di
corrente che attraversa il circuito.
e in generale:
avendo λ=1 (ovvero nel CGS) si ha che il campo magnetico è dato da:
avendo un circuito, circondato da una lamina (che si prende avente l'interfaccia positiva uscente dal
piano in quanto la corrente circola in verso antiorario), si ha un punto P a distanza r che presenta
una carica magnetica positiva – esclusivamente a livello teorico, perché in realtà il monopolo
magnetico non esistente
si ha dunque:
nell'integrando si ha:
ottenendo:
ovvero:
ovvero:
un risultato uguale si ottiene se si applica alla lamina magnetica – con le caratteristiche determinate
in precedenza – la stessa configurazione:
Circuitazione del vettore campo magnetico
Le equazioni di Maxwell davano come risultato rot(E)=0 nel caso elettrostatico, mentre si ha
rot(H)=0 in quello magnetostatico – in quanto entrambi i campi sono conservativi; inoltre si aveva
che div(E)=4πρ nel caso elettrostatico – valido per le cariche vere (ovvero quelle preesistenti) – che
per i materiali polarizzabili diventava:
con:
nel campo magnetico la situazione non cambia, solo che le cariche presenti non sono preesistenti
ma derivano da polarizzazione, quindi:
con:
e questo nella magnetostatica significa che nel volume ispezionato non sono mai
presenti cariche elettriche vere (ma solo polarizzabili)
la circuitazione del campo magnetico H dovuto a correnti è diverso da zero (a differenza di quella
del campo elettrico, che è nulla) e si dimostra essere:
Un solenoide è un apparato cilindrico attorno al quale è avvolto un circuito percorso da corrente che
induce un campo magnetico.
Volendo trovare il campo magnetico (H) in un punto P – giacente sull'asse del cilindro – si fa
appello al principio di equivalenza e si può vedere il campo di questo solenoide come quello di una
lamina magnetica: in questo caso le basi del cilindro – essendo il potenziale in un punto interno del
cilindro nullo perché il vettore I e la normale sono ortogonali tra loro
si ha quindi:
quindi:
e si ha:
e dunque:
Per valutare il campo magnetico internamente al solenoide si considera invece di separare in due il
solenoide e porre un punto P in mezzo alle due parti ottenute a una distanza infinitesima da
ciascuna:
il campo magnetico in P è:
e si ha:
il 2π è il valore del primo angolo solido, in quanto il punto si trova infinitamente vicino alle
superfici e quindi si ha un valore medio rispetto a quello massimo che l'angolo solido può assumere
(ovvero 4π) – considerando anche la normale, di segno opposto, si ha uniformemente nei segni:
ottenendo:
ovvero:
si ha:
ovvero:
volendo ricavare la seconda dalla prima si agisce sulla formula – e quindi si cambia la misura (non
l'unità):
e quindi si ha:
con:
e si ottiene:
ovvero:
e dunque: