2005
MASINA DEPPERU
Per parlare di correzione dovremmo avere un modello standard di lingua immutabile nel tempo e
nello spazio, la cui infrazione ci farebbe riconoscere inequivocabilmente un errore.
Il sistema linguistico italiano è quanto mai instabile e soggetto a cambiamenti dovuti sia a un
generale ampliamento dell’uso della lingua che irrompe nella norma, attraverso la pressione esercitata dal
parlato e dalle varietà basse e colloquiali sia a una tendenza, peculiare non solo all’italiano, verso la
semplificazione del sistema e una maggiore permissività di forme non standard e di forestierismi. In
questa fase di transizione ci sono molti usi linguistici che gli stessi parlanti madrelingua sono indecisi se
accettare o considerare degli errori.
È noto che le lingue vive, in contrapposizione alle cosiddette morte, sono soggette a numerose
variazioni: diafasica, per esempio rispetto al registro; diatopica in relazione allo spazio geografico;
diastratica a seconda dei gruppi sociali; diamesica in rapporto al mezzo. Il comportamento che più si
attiene alla norma linguistico è quello non marcato. In un continuum linguistico dal più marcato al meno
marcato le sfumature presenti possono non essere delimitate in modo netto e solo quelle che si localizzano
in una fascia al centro risultano non marcate.
Alcune definizioni di errore fornite da insegnanti diversi possono inoltre evidenziare le varie
connotazioni che esso assume in base ai criteri scelti da chi valuta: complessità della lingua stessa,
appropriatezza al contesto, comprensibilità del messaggio, soggettività.
1. una deviazione dal sistema linguistico: tutto ciò che non rispetta una regola è sbagliato;
2. una realizzazione linguistica non adeguata alla situazione: un’espressione anche se corretta ma
non appropriata al contesto comunicativo è sbagliata;
3. una realizzazione linguistica che blocca lo scambio comunicativo: tutto ciò che non si
comprende nel messaggio è sbagliato;
4. una deviazione rispetto alla norma che l’insegnante ha in mente;
5. un dato relativo agli allievi in questione e dipendente dalla fase di apprendimento.
Alcuni punti creano perplessità o disorientamento: ciò che prescrive la grammatica a volte non
coincide con l’uso quotidiano dei nativi, per cui alcune espressioni si trovano ad essere effettivamente
usate ed accettate ma non in un contesto didattico dall’insegnante, sia di L1 che di LS. Se le grammatiche sono
rigorose per la morfologia e la sintassi, lo sono meno per la fonetica e la semantica. Berruto[1] riconosce
che la situazione linguistica italiana è particolarmente critica in quanto nessuno possiede l’italiano
standard come lingua materna.
Se non è possibile definire in modo univoco l’errore è però opportuno chiedersi cosa deve fare un
insegnante di fronte a un errore. Cattana e Nesci[2] suggeriscono appropriatamente di sfruttare l’errore
come fonte di informazione sul processo di apprendimento del discente. Da qui un’interessante e curiosa
metamorfosi: dai temuti e ripugnanti mostri incubi di ogni insegnante di lingua, specialmente in un’ottica
di esplicitazione delle strutture linguistiche allo scopo di evitare ogni possibile deviazione o incidente di
percorso, dall’errore che, se non viene immediatamente corretto, si corre il rischio di interiorizzare come
un’abitudine negativa, all’utilizzo degli errori per riflettere sul processo di apprendimento in atto.
Corder[3] affermava che commettere errori fa parte dello sviluppo normale del linguaggio, è un modo di
mettere alla prova le sue ipotesi sulla lingua che sta imparando. Tali ipotesi fanno parte del repertorio di
interferenza della lingua madre ma soprattutto delle strategie universali di apprendimento, quali la
semplificazione, l’ipergeneralizzazione, la regolarizzazione[4] e ad altri fattori personali. A seconda del
contesto comunicativo, dei livelli e dei bisogni linguistici dell’apprendente si deciderà quindi se tollerare o
correggere un errore.
L’argomento della correzione degli errori è spesso problematico e controverso. Nonostante si rischi
sempre di essere considerati troppo, o troppo poco tolleranti, o rigidi, da studenti, colleghi, famiglie, o da
noi stessi, rimane la necessità di apportare delle correzioni agli errori degli studenti, con conseguente
valutazione, in determinati momenti, per certe attività e con adeguate modalità.
Il grafico seguente può dare un’idea degli elementi che intervengono nell’apprendimento e che
potrebbero causare errori:
Esempi di difficoltà insite nella lingua italiana per gli studenti romeni sono gli ausiliari ‘essere’ e
‘avere’ tra cui scegliere nella formazione dei tempi verbali composti. È frequente sentire ‘ho riuscito a
fare il compito’, oppure ‘ha sembrato una giornata difficile’, ‘gli ospedali hanno entrato in
funzione’, ‘i vigili hanno intervenuto’. Questa difficoltà è accentuata dal fatto che nella L1 romena non si
usa l’ausiliare ‘essere’ in questi casi, perciò si cade nell’ipodifferenziazione a favore del più familiare
‘avere’. Nell’inglese parlato dagli italiani, invece, è facile omettere la -s’ nella 3^ persona singolare del
presente: she go to the cinema, he come with me.
Gli errori dovuti alle strategie di apprendimento sono fra i più comuni: scendei dalla scale in gran
fretta; mi mangiai i diti per la rabbia. Quelli dovuti alle strategie di comunicazione danno origine a
espressioni quanto mai creative e divertenti, se non si cede all’evitamento della comunicazione per paura
di sbagliare. Es: Le città furono affettate dalla polluzione! Molte sono le interferenze negative della L1,
nonostante i numerosissimi casi di interferenze positive che facilitano invece l’apprendimento. In
grafemica, le doppie pressoch� inesistenti in L1 vengono evitate anche in LS: tratative, piutosto, grupo,
oppure usate lì dove non si deve: rifferimento, creppacuore, suiccidarsi; le malformazioni o sostituzioni
con: inscrita, conspirare, cauza, necessarii; l’omissione, o l’uso improprio di accenti e apostrofo: qual’ è,
fù,. Gli italiani in inglese omettono la pronuncia /h/ o pronunciano ‘th’ /v, f/; oppure -ed /èd/. In campo
lessicale, i falsi amici disturbano la comunicazione: programma anzich� orario, corso-lezione, uomini-
persone, pantofoli-scarpe, dare un telefono-un colpo di telefono, avere confidenza-fiducia. A livello
morfosintattico si rileva la grande difficoltà manifestata nell’uso improprio, omesso o aggiunto delle
preposizioni e articoli: sono nato in Bucarest, Romania perso occasione di partecipare, nella Romania
sono molti problemi economici. Data la grande propensione dei giovani romeni allo studio di varie lingue
straniere, capita che queste interferiscano tra di loro, come in: non lo sienti quando sale di casa (LS
spagnolo); gagnò molto da quest’affare (LS francese). Da un punto di vista culturale, un uso che
interferisce nella forma di cortesia è il ‘voi’ di associazione al ‘dumneavoastr�’, ‘Voi siete gentile! Per
‘Lei è gentile!’. Gli insegnanti spesso troppo consapevoli delle interferenze negative tra L1 e LS, cercano
di sottoporre gli studenti a ripetuti esercizi strutturali su quelle forme linguistiche ritenute difficili, come
l’uso del congiuntivo in italiano. L’effetto raggiunto è notevole quando gli studenti romeni si esprimono
con una correttezza a volte sorprendente che può superare quella di alcuni madrelingua, ma si corre il
rischio di sentire: ho visto che tu abbia cambiato idea subito, forse questa sia la spiegazione, è vero che
la situazione sia molto critica.
Non è consigliabile correggere tutti gli errori, n� in tutti i momenti in cui si rilevano.
I lapsus, secondo Pit Corder[6] (1983/1973), non sono errori intenzionali bensì casuali e
momentanei, che il parlante può commettere per vari motivi non legati alla padronanza linguistica e che
può correggere da solo anche immediatamente. A questa categoria, nella modalità del parlato,
appartengono le false partenze, le sostituzioni di un elemento con un altro, oppure l’omissione. Questa tipologia
non richiede evidentemente alcun intervento correttivo da parte del docente.
Anche nel caso di errore sistematico lo studente non è ancora in grado di correggersi, sebbene sia
in grado di fornire delle spiegazioni su come sia avvenuto. In questa occasione l’insegnante può essere
d’aiuto per far riflettere sulle false ipotesi formulate dallo studente sulle regole e indurlo alla correzione.
Secondo la teoria che l’errore pre-sistematico può essere visto come ipotesi di funzionamento
linguistico che l’apprendente fa sulla lingua target in base alle conoscenze e competenze che possiede in
quel m omento e che rivela il suo stadio di interlingua,[7]cioè quel sistema linguistico intermedio fra L1 e
LS, quella competenza provvisoria con caratteristiche di entrambe che è perfezionabile nel tempo .
Risulterebbe addirittura controproducente intervenire dall’esterno con delle correzioni che andrebbero al di là
delle capacità di acquisizione in quel determinato momento del processo di insegnamento/apprendimento e
che avrebbero un effetto punitivo anzich� correttivo. Le occasioni di costruzione di aspetti regolari del
sistema linguistico che si presenteranno in seguito ciclicamente con programmazione a spirale saranno,
invece, più efficaci per l’acquisizione.
È soprattutto nel caso di errori post-sistematici che l’insegnante deve rilevare l’errore e invitare gli
studenti all’autocorrezione, predisponendo delle adeguate esercitazioni di rinforzo o recupero.
A seconda dello scopo e della tipologia dell’attività, si può ritenere più o meno opportuno
intervenire con delle correzioni o auto-correzione.
Se prendiamo in considerazione le attività di produzione orale e i loro relativi scopi, vediamo che nel
caso di esercizi strutturali, delle esecuzioni di canzoni, di poesie, di drammatizzazione e di role-taking, esiste
una probabilità minima di fare errori, ma se dovessero comunque verificarsi dovrebbero essere corretti subito
dal momento che il loro scopo è quello di fissare delle strutture mediante la ripetizione. Mentre i monologhi, i
role-making e i role-playing, in cui prevale l’obiettivo comunicativo e socio-affettivo di sentirsi liberi di
esprimersi anche con qualche scorrettezza grammaticale, possono facilmente presentare degli errori che, se non
compromettono lo scambio comunicativo, non è opportuno correggere.
Nella produzione orale che si prefigge lo scopo di fissare dei modelli è bene correggere
tempestivamente, onde evitare l’occasione di fossilizzare l’uso errato.
Se, invece, un’attività mira allo sviluppo della fluency e gli studenti producono errori che però non
inficiano la comprensione del messaggio, non bisognerebbe bloccare la comunicazione, cosa che va a
scapito della spontaneità e della fiducia in se stessi[8]. L’insegnante potrebbe prendere appunti sugli errori
commessi e sottoporli alla riflessione degli studenti in un momento successivo per un’eventuale auto-
correzione.
Nella produzione scritta che mira a consolidare delle regole ortografiche, o morfo-sintattiche, o
lessicali, è auspicabile una correzione puntuale. Ma, se lo scopo dell’attività è prioritariamente
comunicativo, oppure implica il coinvolgimento di varie abilità anche complesse, sarebbe più efficace far
riflettere, discutere, confrontare fra pari, eventualmente spiegare agli studenti la devianza nelle loro
produzioni, affinch� giungano a una consapevolezza dei propri mezzi linguistici e delle strategie
d’apprendimento e di comunicazione attivate per poi darsi degli obiettivi graduati di sviluppo ulteriore.
Nella produzione scritta, attività del tipo: dettato, ricopiatura, trascrizione di dialoghi o monologhi,
la correzione è assolutamente necessaria, sia essa collettiva che auto-correttiva.
Nelle risposte aperte a domande su un testo scritto o orale, quindi attività che hanno lo scopo di
verificare la comprensione, eventuali errori morfosintattici possono essere sorvolati.
Il riassunto, la parafrasi, la stesura di appunti, sono attività che richiedono abilità medio-alte di tipo
non solo linguistico ma anche cognitivo, come individuare le informazioni, riformularle, astrarre concetti.
Quindi, se questi testi dovessero presentare numerosi errori e di diversi tipi si deve presumere che il
compito o il testo di partenza proposti erano a un livello superiore rispetto a quello effettivo degli
studenti.
Per la guida alla stesura, e successivamente per l’autocorrezione, sarebbe utile fornire in anticipo
agli studenti una griglia simile a quella per la valutazione, che includerà oltre agli aspetti di tipo
ortografico, morfosintattico e lessicale, i descrittori di coesione e di coerenza testuale, di gerarchizzazione
delle informazioni, di adeguatezza allo scopo e al destinatario. Questa griglia è utile anche all’insegnante
per mettere a fuoco gli obiettivi didattici che si vogliono misurare. Se si tratta di studenti di livello medio-
alto è opportuna una correzione puntuale e completa, ad eccezione degli appunti che non richiedono
accuratezza formale.
La produzione di testi rivolti a destinatari specifici con un preciso scopo comunicativo, come le
cartoline, i biglietti di auguri, le e-mail, le domande di lavoro, le lettere, richiede maggiore attenzione
all’adeguatezza comunicativa, piuttosto che a quella meramente morfosintattica. A un livello avanzato,
però, non vanno trascurati neanche i criteri di correttezza e di rispetto dei requisiti del genere testuale. La
correzione può sempre avvenire con griglie sia in modalità individuale che con gli studenti che si
scambiano i testi.
Forse la produzione scritta più alta e impegnativa è rappresentata dalla traduzione scritta, che
richiede una padronanza linguistica, testuale e pragmatica davvero avanzata. Il testo e il registro finale,
per essere considerati adeguati, non dovrebbero dare l’impressione di essere stati tradotti da un’altra
lingua. Tradizionalmente sia la traduzione libera, secondo il senso, che la traduzione letterale, parola
per parola, metteva al centro dell’operazione il testo originale di partenza da tradurre. Più recentemente
la traduttologia ha dovuto prendere atto della presenza condizionante del lettore e proporre una
traduzione comunicativa, il cui prodotto deve realizzare l’equivalenza traduttiva tra il testo di partenza
e il testo di arrivo. Le fasi[9] che precedono l’atto traduttivo vero e proprio comprendono: la lettura e
comprensione del testo globale, l’analisi traduttologia, che comporta una selezione accurata delle
peculiarità testuali in base al criterio della rappresentatività culturale del testo di partenza, e la
valutazione delle espressioni invariabili da salvaguardare, perch� assolutamente necessari per
raggiungere l’equivalenza traduttiva. La complessità delle strategie e delle tecniche messe in atto è tale
da richiedere una verifica e valutazione del prodotto ad ogni tappa del lavoro. Intervenire nella
correzione è perciò un compito assai delicato, in quanto si dovrebbe individuare il momento adeguato
del processo che ha generato la difficoltà. È vero, però, che la maggior parte delle traduzioni degli
studenti sono solo a scopo scolastico di manipolazione e di pratica di strutture linguistiche, il che
autorizzerebbe un intervento di correzione puntuale come per gli esercizi strutturali.
Come correggere
Negli orientamenti didattici degli ultimi tempi, al centro dell’insegnamento c’è lo studente che deve
soddisfare i propri bisogni formativi anche in prospettiva di un life long learning, o formazione permanente.
L’insegnante assume un ruolo di facilitatore, organizzatore, consulente, mediatore, e non più di unico detentore
delle conoscenze da trasmettere in modo autoritario e unidirezionale. Il che significa che bisogna creare delle
condizioni di apprendimento in cui gli studenti riescano ad attivare in modo positivo e interattivo le loro
strategie di apprendimento. Specialmente nel caso di studenti adulti con forti motivazioni personali ad
imparare, affinch� si verifichi l’acquisizione è importante creare un vero e proprio patto formativo fra
insegnante e studente, in cui gli obiettivi, i metodi e i percorsi siano esplicitati e partecipati in modo
responsabile. Ne consegue che anche i momenti di correzione e di valutazione, un tempo deputati alla sola
responsabilità dell’insegnante, devono essere ora condivisi da insegnanti e studenti.
Autonomia
Con questa prospettiva di apprendimento si devono necessariamente aggiungere dei nuovi obiettivi
a quelli prettamente linguistici, che sono di sviluppo di strategie di apprendimento quali le strategie
cognitive, metacognitive, socio-affettive, di comunicazione e di compensazione[11]: un saper fare e saper
imparare. A un approccio che vede la partecipazione attiva e interattiva degli apprendenti si aggiunge la
prassi della riflessione sul processo e sui risultati dell’esperienza d’apprendimento, cioè una
metacognizione che stimoli la presa di coscienza delle procedure seguite e incoraggi a formulare
autonomamente interpretazione e spiegazioni dei dati, sia in modo individuale che in cooperazione con gli
altri apprendenti. Per un adeguato sviluppo dell’autonomia gli apprendenti saranno coinvolti n tutte le fasi
del percorso didattico, fino ad arrivare a quelle dell’autocorrezione e autovalutazione, in modo graduato
nelle età più giovani e più avanzato negli adulti.
Tecniche di autocorrezione
Lo studente può autocorreggere il proprio compito o quello di un altro; può lavorare da solo o in
coppia o in piccolo gruppo. Si può lavorare su testi con errori segnati e classificati dall’insegnante in
modalità di tutoring, in cui uno studente più competente collabora con uno meno esperto. Oppure, si può
lavorare su un testo con poche, se non affatto, indicazioni di correzione da parte dell’insegnante, che
richiederebbe molto impegno e molta responsabilità, perciò sarebbe da proporre a uno stadio avanzato
nell’abitudine all’autocorrezione.
Ai livelli iniziali, l’autocorrezione può essere svolta in coppia o in piccoli gruppi e può riguardare attività
di attribuzione di etichette giuste, fornite dall’insegnante, a errori sottolineati o già corretti. Esempi di etichette
sono: accento, articolo, ausiliare, avverbio, congiunzione, doppie, ecc, che andrebbero attribuite agli errori
corrispondenti allo scopo di riconoscere la tipologia dell’errore commesso.
Consapevolezza
Se si interviene per la correzione delle produzioni scritte si può disporre di varie tecniche in
base ai livelli di competenza degli apprendenti e agli scopi delle attività proposte. Essi sono in
ordine di crescente attività del discente: la correzione comunicativa, più adatta ai testi dei
principianti, la correzione rilevativa che evidenzia gli errori post-sistematici, la correzione
risolutiva per rilevare e correggere, la correzione classificatoria che coinvolge attivamente gli
studenti e li rende consapevoli della tipologia dei loro errori.
L’utilizzo di etichette classificatorie dettagliate, rispetto alla più semplice griglia con ortografia,
morfologia, sintassi, lessico, stile, sembra permettere un’analisi e una correzione più mirata ai particolari
e può essere adattata alle esigenze specifiche degli studenti in esame, dell’insegnante, dell’obiettivo
dell’attività o dell’unità. A titolo esemplificativo si dà una lista con abbreviazioni suggerite: accento,
accordo, articolo, ausiliare, avverbio, congiunzione, doppie, genere, lessico, modo, negazione, nome,
numero, ortografia, persona, preposizione, pronome, punteggiatura, tempo, verbo.
Neanche l’insegnante si dovrebbe sottrarre a un’analisi. Se non ci fossero le condizioni per attivare
delle modalità di osservazione fra pari su cui fare delle riflessioni insieme, rimarrebbero le possibilità di
ricorrere all’auto-osservazione con audio/videoregistrazioni durante le attività didattiche, oppure l’uso di
questionari che forniscano dei dati plausibili sui comportamenti e atteggiamenti di studenti e insegnante.
Siamo consapevoli che iniziative di questo genere non hanno alcuna pretesa di scientificità n� di
obiettività, ma che sono solo alcune tecniche, fra le tante, che aiutano a raccogliere dati per poterli
analizzare e su cui riflettere. Ecco una proposta di questionario:
Come procedere:
2. riflettere sui punti deboli. Le risposte che sono contenute nelle ultime due colonne dovrebbero
offrire dei per riflettere sulle possibili discrepanze tra insegnamento e apprendimento, che probabilmente
sono la causa di alcuni degli errori più frequenti.
Conclusioni
Questa breve argomentazione su una questione molto complessa che coinvolge diverse discipline
ed atteggiamenti professionali non ha assolutamente la pretesa di offrire facili soluzioni, quanto di
presentare una modesta proposta di alcune esperienze personali, sia pragmatiche che di riflessioni
teoriche su alcuni assunti che sembrano meglio adattarsi alla realtà socio-culturale che si vive nelle classi
e durante le attività di apprendimento delle lingue straniere. La parola chiave che ritorna più di frequente
è ancora il rispetto sì del discente ma anche dell’insegnante che sceglie un metodo integrato o eclettico a
seconda del suo stile di insegnamento e delle strategie messe in atto dai suoi discenti in un determinato
momento dell’apprendimento linguistico.
Rezumat
Acest articol ��i propune s� analizeze tehnica corect�rii gre�elilor. Este potrivit s� ne �ntreb�m
despre atitudinea profesorului �n fa�a unei gre�eli, ce trebuie s� corecteze �i c�nd, care sunt aspectele de
ameliorat, care sunt tehnicile de autocorectare �i demersurile reparatorii sau corective.
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
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www.learningpaths.cjb.net
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[1]
G. BERRUTO, 1987, Sociolinguistica dell’italiano contemporaneo, Roma, La Nuova Italia Scientifica.
[2]
A. CATTANA, M. T. NESCI, 2004, Analizzare e correggere gli errori, Guerra edizioni, Perugia.
[3]
S. P. CORDER, 1983, Introduzione alla linguistica applicata, Il Mulino, Bologna.
[4]
CATTANA, NESCI, op. cit. Semplificazione: scelta di una struttura o elemento meno complesso, per esempio
la riduzione della gamma dei pronomi; ipergeneralizzazione: estensione di una regola morfosintattica anche a
casi in cui non è prevista; regolarizzazione: riduzione di tutte le eccezioni non conosciute alla regola generale
nota.
[5]
Consiglio d’Europa, 2001, Common European Framework of Reference for Languages: Learning,
Teaching, Assessment.
[6]
S. P. CORDER, op. cit.
[7]
L. SELINKER, 1972, “Interlanguage”, in International Review of Applied Linguistics, X; ARCAINI, E.,
PY, B. (a cura di ), 1984, Interlingua. Aspetti teorici e implicazioni didattiche, Istituto Enciclopedia Italiana,
Roma.
[8]
BALBONI E. PAOLO, 1994, Didattica dell’italiano a stranieri, Bonacci (editore), Roma.
[9]
GRASSO, DANA, 2003, Traduttologia e traduzione, Meteor Press, Bucarest.
[10]
Nella teoria di S. KRASHEN, 1982, Principles and Practice in Second Language Acquisition, Oxford, il
filtro affettivo è quell’insieme di variabili psico-affettive, quali l’ansia, la mancanza di autostima, o di adeguata
motivazione, che ostacolano l’acquisizione linguistica.
[11]
L. MARIANI, 1996, Stili e strategie nelle dinamiche di apprendimento/insegnamento della lingua, Anno XXV,
LEND. Strategie cognitive che aiutano a rielaborare le informazioni (inferenza, associazione, classificazione);
metacognitive che aiutano ad autogestire l’apprendimento (pianificazione, controllo, autovalutazione); socio-
affettive: chiedere feedback, cooperare, auto-motivarsi, ridurre lo stress; comunicative e di compensazione con
cui si cerca di ovviare ai limiti di una bassa competenza linguistica e socio-culturale con le potenzialità
comunicative (chiedere aiuto/conferma; adattare il messaggio, usare fattori paraed extralinguistici).
[12]
Liberamente tradotto e adattato da: www.learningpaths.cjb.net