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IL POTERE DELLE IMMAGINI: REAZIONE E REPRESSIONE

Lo scopo di questo libro non si propone di determinare cosa sia la reazione, ne quale sia la relazione, si
occupa invece dei modi in cui si può parlare di comportamento che gli stessi fruitori possono riconoscere.
Ci sono persone cui le pitture e le sculture provocano uno stato di eccitazione sessuale, c’è chi le mutila e
chi le bacia, chi piange in loro presenza e chi si mette in viaggio per vederle, chi ne è commosso , chi per
mezzo delle immagini esprime un ringraziamento, chi si aspetta di esserne elevato. La gente ha sempre
reagito in questo modo e le cose oggi non sono mutate. Ciò accade nelle società che chiamiamo primitive,
sia nelle società moderne, a est, a ovest, in Africa e in America, in Asia e in Europa.
In un romanzo greco si racconta la storia di una donna che dopo 10 anni di matrimonio non aveva ancora
avuto figli, dopo qualche tempo la pancia cresceva e si accorse di aspettare una bambina, che nacque
bianca (colorito strano per gli etiopi); la ragione era quella che la donna durante il momento in cui venne
concepita fissò il quadro di Andromeda nuda e per questo motivo generò qualcosa simile a lei. Oppure
Dionisio in quanto deforme, non desiderava avere figli simili a lui, così ogni volta che dormiva con la moglie
era solito porle un bel quadro davanti gli occhi. Giulio Mancini in un suo scritto “condicerazioni sulla
pittura” suggerisce che in questi casi non succede che l’immagine si imprime nel feto, ma sono i genitori che
con lo stesso desiderio imprimono nel feto l’immagine desiderata. Nonostante il tentativo di fornirci una
spiegazione valida ci sembrano delle cose totalmente fantastiche; ma se si considera l’idea secondo cui non
si dovrebbe tenere un quadro che raffiguri persone che non esistano in carne ed ossa in camera da letto
incominciamo a intuire che la questione non è poi così bizzarra.
Spostiamoci dalla camera da letto a quella dei bambini, Giovanni Dominici raccomanda di tenere nella
camera dei bambini delle pitture o delle sculture della buona figura di Gesù.
Il testo di Dominici è anche un momento chiaro e significativo della necessità di prendere in considerazione
tutti i possibili usi delle immagini e tutte le immagini, dagli usi elevati e dall’arte dotta, agli usi plebei e
all’arte popolare. Domini inoltre sembra supporre che l’efficacia delle immagini proceda da una sorte di
identificazione tra il fruitore e ciò che è rappresentato dall’immagine stessa; in questo modo il bambino
vedendo nella propria cameretta il dipinto del bambino Gesù che dorme in grembo alla Madre verrà
catturato dall’oggetto simile a lui.
Se si pensa ad un condannato a morte che conforto si può immaginare di offrire? Nel 16 e 17 secolo delle
confraternite per offrire sollievo ai condannati gli tenevano davanti gli occhi delle tavolette dipinte su
entrambi i lati: da una parte una scena della passione di Cristo e dall’altra una scena di martirio. Ma
un’immagine poteva davvero avere un effetto consolatorio? Perché si pensava che le immagini potessero
avere un efficacia migliore alle parole?
Questo solleva una questione importante e cioè rapporto tra convenzione e convinzione e quindi
comportamento.
Forse le immagini non funzionano sempre allo stesso modo perché i tempi cambiano. Durante i grandi
movimenti iconoclasti hanno cercato di eliminare le immagini e si sono scagliati contro quadri e statue
specifiche. Noi non siamo soliti sfogare la nostra rabbia su immagini conservati in luoghi pubblici.
L’immagine può suscitare in noi vergogna ostilità ma non ci indurrebbe a sfogare la nostra violenza su di
essa o si? Nessuno può rispondere a questa domanda con certezza, per una serie di ragioni connesse
all’immagine, al suo aspetto e a ciò che rappresenta.
Per autori come Molano o il cardinal Paleotti il danno arrecato dalle immagini nasceva da convinzioni simili.
Se in camera da letto c’è un ritratto di qualcuno c’è anche la possibilità che si possa desiderare che quadro ,
ecco la ragione per cui si raccomanda di non tenere quadri raffiguranti persone di cui non si potesse
possedere l’originale. Ciò che accomuna il punto di vista di tutti questi scrittori sull’efficacia delle immagini
è la convinzione implicita che i corpi rappresentati da o in esse godano in qualche misura dello status di
corpi vivi.
E’ forse in questo campo che si può parlare del problema della repressione; teniamo il corpo presente
nell’immagine, rifiutiamo il nostro coinvolgimento con esso e neghiamo il riconoscimento consapevole di
quegli aspetti della nostra sessualità che esso sembra minacciare o rivelare. Ad Esempio nel corso del 400 e
500 furono prodotte centinai di immagini che mostravano i genitali di Gesù bambino proprio al centro della
composizione. In questo caso o si negavano in maniera palese i fatti pittorici o l’osservatore imbarazzato
poteva rimanere nel dubbio sull’entità della repressione. Se guardiamo alla Venere di Urbino di Tiziano o
alla Venere di Dresda di Giorgione è vero che sono quadri affascinanti dal punto di vista stilistico ma
sarebbe sbagliato non ammettere la possibilità di una reazione connessa alla sessualità, al piacere e alla
proiezione del desiderio. Naturalmente la questione è molto più complessa, in primo luogo può essere che
l’artista voleva dipingere un quadro erotico, ma può anche aver voluto usare bene e con ricchezza i colori;
in secondo luogo a determinare l’acquisto non deve essere stato per forza l’elemento sessuale, ma anche
fattori come per esempio l’abilità artistica del pittore.
Quando entriamo in una galleria di quadri a volte ci si può commuovere, ma per il resto quando vediamo
un quadro ne parliamo in termini di colore, composizione ed espressione.
Quello che si vuole affermare non è che i fruitori moderni reagiscono allo stesso modo degli spettatori
cinquecenteschi o che le sculture erotiche indiane suscitano negli occhi degli occidentali la stessa reazione
che negli indiani; lo scopo è semmai quello di tracciare un diagramma delle reazioni e poi considerare
perché le immagini stimolino o provochino quel tipo di reazione.
Un’altra domanda da farci è: la nostra reazione è più forte di fronte ad un quadro dipinto appeso ad un
luogo pubblico oppure di fronte ad una stampa che possiamo tenere sempre con noi e tirare fuori quando
vogliamo?
Si tratta di scavare ciò che si trova al di sotto della conoscenza di classe e dei condizionamenti, fino ad
arrivare alle riflessioni e ai sintomi cognitivi.
L’opera d’arte è percepita attraverso i sentimenti così come attraverso i sensi.

IL DIO NELLE IMMAGINI


Una ragazza decide di fare un lungo viaggio per visitare una Vergine che si trova le Quercy, lei non va per
pregare, arrivata lì e tutto quel che trova è un insignificante statuetta brutta, con un atteggiamento
sprezzante sul volto e afferma di essere arrabbiata con lei. La ragazza si era quindi arrabbiata con la statu
come persona e non come oggetto. Quello che ci viene suggerito è che non si può credere che la Vergine sia
nell’immagine a meno che non si creda nella Vergine, allora poiché vogliamo che lei sia lì ci concentriamo e
ciò che vi è rappresentato diviene presente. Si crede che sia l’immagine piuttosto che la Vergine a operare,
ma naturalmente l’immagine funziona solo a causa della fusione tra immagine e prototipo; ed è questa la
fusione contro cui ha infierito tutta la teoria delle immagini. Non ci dovremmo mai dimenticare che questi
sono solo quadri, sculture o modelli di cera. Né è un esempio una sorprendente cerimonia in Nigeria in cui
uomini si vestivano con una maschera terrificante ed era come se in quel momento che la maschera
(immagine) sembra acquisire un efficacia in seguito ad una consacrazione che investiva la maschera di
poteri terribili.
Che le pietre nere meteoritiche note come BAITULIA divenissero oggetto di adorazione culturale nella
Grecia antica è documentato fin dai tempi più antichi e sappiamo anche che certe pietre prive di forma
dette BRETADES vennero in uso come statue di culto di talune divinità culturali. Plutarco ricorda un bretas ti
Artemide che per la maggior parte dell’anno era tenuto coperto, ma in certi giorni veniva portato in
processione e in queste circostanze nessuno poteva guardarlo negli occhi perché avrebbe causato morte e
terrore. La lezione che si ricava è dunque di non sottovalutare il potere emotivo delle forme che si
avvicinano all’aspetto umano o animale nei modi più indistinti e collegare questa comprensione con
resoconti di poteri con loro attribuiti.
Le prime statue culturali greche erano note come XOANA erano fatte di legno e alcune anche in pietra.
I primi xoana erano senza mani, senza piedi e senza occhi, allora per quale ragione diamo a questo oggetto
un attribuzione divina? Ed è qui che ci si pone un altro problema: quello di dare il nome ad un immagine; si
può mettere sullo stesso piano la scelta del nome con la consacrazione e concludere allora che è solo
perché una statua porta il nome di un Dio o è consacrato che viene a partecipare delle qualità
soprannaturali della divinità. La questione acquisisce un terzo elemento problematico: la statua è divina
perché sembra venire dal cielo oppure perché porta il nome di un dio? L’attribuzione del nome o la
consacrazione possono rendere efficace l’oggetto ma solo dopo che sia successo qualcosa che ne suggerisca
la divinità.
In definitiva la forma era ciò che trasformava l’oggetto in divinità; Dedalo il primo scultore tra gli uomini
riuscì a dare gli arti alle statue, aprire i loro occhi e dare l’oro l’apparenza della vita. Esse infatti parvero più
soprannaturali e divine e da qui sorge subito una domanda: l’ammagine è percepita come divina a causa dei
suoi attributi che la rendono simile al vero o a causa della sua forma arcaica?
Si ha bisogno di una gamma sufficientemente estesa di materiale tale da consentirci l’estrazione di
campioni casuali per arrivare ad affermazioni analitiche sul comportamento. Non c’è ragione di escludere
bizzarri, arguti o arrabbiati perché tutti ci forniscono delle informazioni importanti.

IL MITO DELL’ANISCONISMO
L’uso de termine anacronismo è variegato, va dall’implicazione di un’assenza di immagini a quelle delle
immagini figurative e poi con un passaggio all’astensione dalla raffigurazione di ciò che si considera
spirituale. Di conseguenza l’aniconismo finisce per essere inteso come indice del grado di spiritualità di una
cultura.
Le religioni MONOTEISTICHE ad esempio nonostante la disapprovazione di Maometto hanno posseduto
un’ampia varietà di immagini; nonostante tutte le innegabili proibizioni contro la rappresentazione
specialmente della divinità, l’idea di una cultura senza immagini materiali va contro l’esperienza e la storia.
Qualsiasi cultura condivide la convinzione che quanto più una religione è sviluppata spiritualmente meno
ha bisogno di oggetti materiali che veicolino il raggiungimento del dio; la gente dovrebbe essere in grado di
istaurare un rapporto adeguato con dio senza la mediazione di oggetti. Ma sfortunatamente la gente non
riesce, ha bisogno di oggetti materiali che possano servire almeno all’immaginazione. Di conseguenza
l’oggetto può essere confuso con ciò che esso rappresenta.
Qual è il rapporto tra immanenza e animazione da un lato e il concetto di risultato artistico dall’altro? E’ un
rapporto messo in evidenza dalle immagini incatenate, venivano infatti legate per evitare che se ne
andassero e facessero danni, infatti se le pietre o alberi sono lavorate in maniera da suggerire arti o tratti
fisionomici possono parere capaci di scappare via. E’ l’arte che ha fatto sembrare l’oggetto più vicino alla
vita ma allo stesso tempo le produzioni sono animate da qualità soprannaturali già attribuiti agli oggetti non
lavorati.
Quindi l’anaconismo suggerisce che mentre noi saremmo capaci di formulare una differenziazione estetica,
le società primitive no. L’arte non porta con se né la possibilità di accantonare ciò che è animato, ne il
diritto di dimenticare le conseguenze implicite nel far parere gli oggetti come figure che vivono tra noi.
Due termini hanno turbato tutto il discorso sulla storia delle immagini: SIMBOLISMO e MAGIA. Se c’è
qualcosa da imparare dagli oggetti e dalle immagini di culto è che le motivazioni simboliche non sono
assolutamente generabili. I simboli non sono segni. La simbolicità non è una proprietà degli oggetti ma delle
rappresentazioni concettuali che li descrivono o li interpretano. Importante è il SEMIOLOGISMO cioè
l’attribuzione di senso vista come parte essenziale dello sviluppo simbolico nella nostra cultura.
La magia può essere pertinente quando le immagini vengono impiegate per ammettere scopi magici

LA CONSACRAZIONE
Il rito della consacrazione consisteva nel rito della lavatura e dell’apertura della bocca che segna la
transizione dall’oggetto inanimato, prodotto dall’uomo all’oggetto dotato di vita. La consacrazione di
un’immagine quindi la rende operativa o quanto meno effettua un cambiamento nelle sue modalità di
funzionamento. Si sono visti però casi in cui gli oggetti operavano anche prima della consacrazione; in
questo caso è giusto fare una distinzione tra oggetti ritrovati dalle rocce meteoritiche o scoperte negli alberi
e immagini create dal’uomo per specifici scopi culturali. Nel primo caso l’oggetto può operare e fornire
miracoli prima della consacrazione, nel secondo caso invece è la consacrazione a investire l’immagine di
proprietà e dei poteri successivamente attribuiti.
La consacrazione nella maggior parte dei casi consiste nell’apertura degli occhi, considerata molto
pericolosa da coloro che l’eseguono, è eseguita dall’artista che ha creato la statua e questo rituale è
circondato da molti tabù infatti l’artista dipinge gli occhi in un momento favorevole ed è lasciato solo con i
suoi colleghi con il tempio chiuso, mentre tutti gli altri stanno lontano anche dalla porta esterna; per di più
l’artista non osa guardare la statua in faccia, ma le volge le spalle e dipinge al di sopra delle spalle in uno
specchio. Non appena ha finito di dipingere viene portato fuori bendato. L’atto di dare la vita e pieno di
pericoli, perché l’occhio spesso ha uno sguardo particolarmente insidioso, ma c’è un’altra ragione per la
paura di rendere un’immagine animata ed è che la capacità di fare ciò può sembrare trascenda i normali
poteri umani.
Si parla inoltre di prassi teurgica che consisteva in azione volte ad animare le immagini degli dei e a dotarle
di potere e movimento e in secondo luogo essa dipendeva dall’impiego di un medium in trance attraverso il
quale il dio potesse parlare e fare profezie.
Nella cristianità occidentale le cerimonie di consacrazione non rivestivano una grande importanza, è vero
che tutti gli altari devono essere benedetti prima di poter diventare ufficialmente oggetto di devozione e
venerazione , ma le benedizioni che hanno luogo sembrano piuttosto pro forma. Nel cristianesimo però un
fenomeno collegabile già nel 4 secolo per la consacrazione delle chiese erano necessarie le reliquie.
In definitiva possiamo dire che la consacrazione è una questione centrale, in quanto attiva l’immagine ; le
immagini funzionano perché sono consacrate, ma al tempo stesso funzionano anche prima di essere
consacrate.

PELLEGRINAGGIO
Il pellegrinaggio oggi lo conosciamo solamente nel senso molto generico di un lungo viaggio fatto per
visitare un illustre o per vedere opere d’arte particolari; in passato invece i pellegrinaggi erano un
fenomeno esteso cronologicamente, geograficamente e culturalmente. Alcuni andavano per un dovere
sociale, altri perché era la cosa giusta da fare, altri ancora per prendersi un periodo di vacanza e
distrazione, ma alla base di tutti i pellegrinaggi ci sta un elemento di speranza.
In numerosissime occasioni il pellegrinaggio ha origine da un immagine che opera miracoli che si trova in
una collocazione più elevata e adeguata.
Importa allora l’aspetto dell’immagine? Il solo fatto che uomini e donne scelgano di recarsi in santuari
particolari anziché sceglierne uno antico qualsiasi non giustifica a pieno una risposta affermativa:
semplicemente troppi altri fattori sono coinvolti nelle scelte, quali ad esempio la possibilità di seguire un
itinerario di viaggio piacevole. Naturalmente è possibile che la gente compia uno speciale sforzo per vedere
l’immagine principale in un santuario particolare, ma potrebbe essere a causa della sua fama o perché si
viole la conferma di esserci stati.
Vi sono poi tutte le centinaia di immagini di quadri che si pretende siano stati dipinti da san Luca, quelli
trasportati dall’aria, quelli nati spontaneamente e così via. Insomma si potrebbe forse pensare che
immagini apparentemente rozze o comini come per esempio le madonne di Loreto funzionano solo a causa
delle loro splendide sistemazioni? Evidentemente no, è sufficiente leggere i numerosi resoconti spesso di
come quelle stesse immagini operavano quando erano ancora fuori al freddo, appese ad un albero o
dipinte su qualche angolo della strada; esse quindi funzionavano ancora prima di essere collocate in
raffinati e sontuosi santuari.
Per considerare meglio la questione dobbiamo considerare le immagini secondarie e quindi copie o piccole
immagini o quegli oggetti che i pellegrini si portano via come souvenir: in questo caso allora importa solo il
loro aspetto. Il primo requisito da tenere a mente nell’indagine è la cautela, infatti la somiglianza può
sembrare tale senza esserlo. Queste riproduzioni minori possono essere piccoli ricordi dei nostri grandi
viaggi, ma da esse ci aspettiamo che portino alla nostra vita un pò della grazia immanente alle immagini più
grandi e alle figure che esse riproducono.

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