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GNGTS 2014 Sessione 2.

Sappiamo davvero tutto sulla storia sismica italiana?


Qualche dubbio
Gruppo di lavoro sismologia storica e macrosismologia
Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia

Il gruppo di lavoro è costituito da ricercatori e tecnologi che all’interno dell’INGV negli


ultimi mesi hanno discusso e condiviso un documento di programmazione decennale. Ne fanno
parte, fra gli altri: Albini P., Arcoraci L., Azzaro R., Bernardini F., Bianchi M.G., Camassi R.,
Caracciolo C., Castellano C., Castelli V., Ciuccarelli C., Comastri A., D’Amico S., D’Amico
V., Del Mese S., Ercolani E., Graziani L., Locati M., Lolli B., Maramai A., Mariotti D., Meletti
C., Pessina V., Rossi A., Rovida A., Tertulliani A., Tuvè T., Vecchi M.
Premessa. Ci sono momenti in cui le contingenze storiche impongono di considerare con
molta attenzione quale sia lo stato delle conoscenze di un determinato settore di ricerca e le sue
prospettive di sviluppo, i nodi principali che quella ricerca dovrà affrontare e sui quali investire
le proprie risorse.
La sismologia storica italiana ha alle spalle un trentennio di lavoro, che ha dato risultati
indiscutibilmente di grande rilievo anche a livello internazionale, ma ha davanti a sé un futuro
incerto. E’ un settore di ricerca rappresentato da un numero esiguo di ricercatori, che hanno
quindi un limitato peso ‘contrattuale’, e pur sviluppando ricerche di riconosciuta rilevanza
culturale e sociale, viene percepito nella più ampia comunità sismologica e geofisica come una
nicchia che ha già dato il meglio di sé.
Proprio per questo un consistente numero di ricercatori di questa comunità, pur senza
la pretesa di rappresentarla completamente, ha sviluppato una riflessione sullo stato delle
conoscenze e sulle prospettive di sviluppo sul lungo termine del settore. Il testo che segue
raccoglie le riflessioni elaborate principalmente all’interno dell’INGV in forma di documento
di lavoro, e ne sintetizza gli esiti.
Introduzione. Uno degli obiettivi fondamentali della ricerca geofisica e vulcanologica è la
comprensione dei processi in atto all’interno della Terra i cui effetti si ripercuotono sull’uomo
e sull’ambiente. Molto importanti, in questo, sono le attività di ricerca strettamente finalizzate
alle valutazioni di pericolosità sismica e vulcanica (oltre che da maremoto), che consentano
di attuare efficaci politiche di mitigazione del rischio. Questi obiettivi hanno una indiscussa e
immediata rilevanza sociale e sono tanto più strategici in tempi di limitate risorse economiche,
in cui le esigenze applicative sono comprensibilmente più alte.
La condizione essenziale per il miglioramento delle valutazioni di pericolosità è la
disponibilità di basi di dati ampie, solide, affidabili e con adeguate soglie di completezza e
tra i dati che contribuiscono alle valutazioni di pericolosità ‘naturale’ (sismica, vulcanica, da
maremoto, ecc.) quelli che derivano dalla ricerca storica hanno un peso decisivo.
L’Italia oggi dispone di basi di dati storici su cui si è lavorato molto nell’ultimo trentennio,
che certo sono migliori di quelle disponibili in altri paesi ma non sono ancora le migliori basi
di dati possibili. Inutile dire che “migliore possibile” in questo caso non indica un prodotto che
tenda a un’irrealistica quanto irrealizzabile perfezione ma uno che, realisticamente, risponda
a quante più esigenze possibili da parte degli utenti e rappresenti, in qualsiasi momento, un
ragionevole compromesso tra esigenze di completezza, qualità e omogeneità dei dati da un lato
ed esigenze di uso immediato dall’altro.
Le considerazioni che seguono sono esplicitamente riferite allo stato delle conoscenze e
alle prospettive di sviluppo delle ricerche sulla storia sismica, ma sono ancor più riferibili
alle ricerche sulla storia eruttiva dei vulcani italiani e alla storia dei maremoti, settori in cui il
contributo di competenze storiche è ancora, pur in misura diversa, limitato.
Una lunga tradizione. In Italia la ricerca storica nel settore delle Scienze della Terra ha alle
spalle una tradizione quasi trentennale, che affonda le sue radici in una lunga tradizione che
ha avuto uno dei suoi momenti migliori fra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento. La
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fase più recente è nata grazie alla lungimiranza di pochi esponenti delle diverse realtà di ricerca
allora presenti in Italia e alla loro capacità di cogliere un momento favorevole per l’avvio di un
tipo di studi tanto necessario quanto difficile da perseguire, dato il suo carattere spiccatamente
interdisciplinare e innovativo, difficilmente inquadrabile nei contesti accademici ufficialmente
riconosciuti e quindi avaro di prospettive di carriera e di riconoscimenti materiali.
Durante tutto questo periodo la ricerca storica nel settore delle scienze della Terra ha potuto
usufruire di risorse umane limitatissime (poche decine di ricercatori nell’intero arco temporale
di attività, oggi ridotti a una quindicina scarsa da una durissima selezione naturale avvenuta nel
corso degli anni). Essa inoltre è sempre stata indirizzata da motivazioni estremamente vincolate da
esigenze contingenti di breve periodo, che hanno di fatto sempre impedito di affrontare il complesso
ma indispensabile sforzo di pianificare sul medio-lungo termine degli obiettivi di rivalutazione
complessiva delle conoscenze sulla storia sismica, vulcanologica e dei maremoti italiani.
Malgrado i gravissimi vincoli appena menzionati, la dedizione e l’interesse personale profuso
da tutti i ricercatori coinvolti ha permesso di ottenere un risultato tangibile di grande valore: una
base di dati rappresentata (a titolo di esempio e in termini estremamente restrittivi e incompleti)
dai cataloghi di eventi (terremoti, maremoti, eruzioni vulcaniche) e dalle informazioni correlate.
Questa base di dati, che pure è unanimemente riconosciuta tra le migliori al mondo, è tuttavia
ancora radicalmente limitata rispetto alle potenzialità di documentazione rappresentate dallo
sterminato patrimonio storico-documentario di questo paese e rispetto alle capacità di analisi rese
disponibili grazie alla maturazione di discipline specifiche (sismologia e vulcanologia storica).
Una brevissima ‘storia delle ricerche storiche’ in questi settori può aiutare ad apprezzare
meglio quale sia la situazione in cui ci troviamo attualmente.
La disciplina certamente più matura è la sismologica storica, il cui percorso inizia con il
Progetto Finalizzato Geodinamica nei primi anni Ottanta del Novecento, per iniziativa di alcuni
sismologi e geologi e con la collaborazione sporadica di alcuni storici. Il coinvolgimento di
storici di professione crebbe numericamente negli anni seguenti e fino alla prima metà degli
anni Novanta, per poi ridursi nuovamente a pochi ricercatori associati a enti di ricerca (oggi
dipendenti INGV, in tutto meno di una decina di persone). Negli altri settori di ricerca la
situazione è molto più critica, con una presenza di storici di professione pressoché nulla (settore
maremoti) o cominciata molto di recente e coinvolgendo pochissime persone (settore vulcani).
Relativamente alla vulcanologia storica occorre rilevare che la storia eruttiva dei vulcani
italiani non è finora mai stata affrontata in modo sistematico con gli strumenti della ricerca
storica. In realtà non esistono veri cataloghi storici descrittivi delle eruzioni dei vulcani italiani,
se non risalenti alla tradizione storico-vulcanologica di fine Ottocento-inizio Novecento, in cui
manca tuttavia l’analisi critica delle fonti storiche.
Dalla metà del Novecento in poi è prevalsa la compilazione di cataloghi delle eruzioni
di tipo parametrico. Il catalogo mondiale di riferimento (http://www.volcano.si.edu/volcano.
cfm?vn=211060) nell’ambito dello Smithsonian Institution è un mero elenco di date, spesso
basato, per la parte storica dei vulcani italiani, su studi molto datati, assunti senza il necessario
vaglio critico. Ad esempio, per quanto riguarda l’Etna, sono tuttora circa 30 le date di eventi che
sono ritenuti “attestati” o “dubbi” e che la ricerca storica dimostra invece chiaramente falsi.
Tutto ciò serva a sottolineare, come verrà dettagliato sotto, quanto siano ampi i margini
di miglioramento delle conoscenze oggi disponibili, sia nel settore della sismologica storica
che della vulcanologia storica, e come alcuni importantissimi temi di ricerca siano ancora
completamente da esplorare.
Ricerca storica e pericolosità. Tutte le elaborazioni di pericolosità sismica e vulcanica prodotte
in Italia negli ultimi quindici anni sono il risultato di “accelerazioni” motivate da contingenze
molto particolari. Tra esse si può citare in particolare il modello di pericolosità sismica prodotto
tra il 2003 e il 2006 in risposta a una pressante richiesta istituzionale successiva al terremoto di
San Giuliano di Puglia (2002): per predisporlo sono state utilizzate le basi di dati (sismologici,
geologici, ecc.) allora immediatamente disponibili, prescindendo da livello di completezza
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e omogeneità qualitativa dei singoli dati. Fino ad oggi non è mai stato possibile progettare un
percorso di lavoro di medio-lungo termine mirante a costruire una base di dati che renda disponibili
gli ingredienti necessari per stime più robuste della pericolosità da eventi naturali.
Nello specifico, considerato che nelle valutazioni di pericolosità sismica i dati storici hanno
un peso nettamente superiore a quello di qualunque altro dato (intorno al 70-80%), e che negli
ultimi anni la mappa di pericolosità sismica è divenuta una vera e propria “bandiera” dell’intera
comunità scientifica, risulta evidente quanto sia (teoricamente) strategico il settore di ricerca
della sismologia storica italiana.
Le ricerche storiche e i dati macrosismici. Il testo che segue sintetizza, in modo
estremamente schematico (e per questo del tutto inadeguato) lo stato delle conoscenze degli
insiemi di dati resi disponibili dalla sismologia storica e dal lavoro di monitoraggio macrosismico,
evidenziando lacune, prospettive di sviluppo e temi critici che dovranno essere affrontati nel
prossimo futuro.
Sismologia storica. Le attività degli anni passati hanno consentito una rivisitazione
complessiva di quasi la metà dei circa 3.000 eventi ‘principali’ di altrettante sequenze sismiche.
Tali eventi sono stati desunti da cataloghi parametrici degli anni Settanta del Novecento e
confluiti nel catalogo terminale di quella stagione di ricerca (Postpischl, 1985).
Il livello di revisione di questi terremoti è estremamente vario: per quanto i terremoti più
forti siano stati studiati in modo relativamente approfondito, la larghissima maggioranza degli
studi disponibili è di carattere preliminare o intermedio (spesso, vecchi di vent’anni e più).
L’analisi delle caratteristiche e la distribuzione cronologica degli studi che costituiscono il
retroterra del catalogo CPTI11 (Tab. 1) mostra che, tra gli studi considerati, meno di un quarto
è di carattere avanzato e con basse (ma non nulle) probabilità di miglioramento significativo.
La maggioranza degli studi è invece di carattere intermedio o speditivo e presenta quindi ampi
margini di miglioramento. A tutto questo si aggiunga che un numero molto elevato di terremoti
in CPTI11 deriva da altri cataloghi parametrici privi di dati di base (801 eventi, oltre a 135
derivanti da database europei). Per quanto molti di essi siano stati recentemente rivisti in forma
preliminare (Molin et al., 2008; Camassi et al., 2011), il margine potenziale di miglioramento
è molto ampio: per fare solo un esempio sono stati individuati numerosi terremoti chiaramente
‘sottostimati’ il cui approfondimento potrebbe avere ripercussioni sulle stime di pericolosità di
alcune aree della penisola italiana.

Tab. 1 - Distribuzione cronologica e “livello indicativo di avanzamento” degli studi che alimentano il catalogo CPTI11
(Rovida et al., 2011).

RACCOLTE DI STUDI n. di studi avanzato intermedio preliminare


Studi CFTI (Guidoboni et al., 2007) 540 ~ 170 ~ 133 ~ 237
Studi 2003-2008 94 ~ 40 di carattere preliminare
Studi 1996-2002 189 ~ 90 di carattere preliminare
Archivio GNDT, 1995 257 super speditivi
Studi 1988-1994 118 speditivi
Studi 1979-1987 123 speditivi e fortemente datati
BILANCIO COMPLESSIVO 1321 ~ 200 ~ 250 ~ 865
Bollettini macrosismici 162 fortemente disomogenei rispetto
> 1980 [questionari] ai dati elaborati dalla ricerca storica
DB Europei [Ecos, SisFrance] 135
Altri cataloghi parametrici 801 [in parte studiati da Molin et al., 2008]
Record strumentali 565
TOTALE 2984

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Monitoraggio macrosismico. L’aggiornamento della base di dati macrosismica è garantito


anche dai risultati delle attività di monitoraggio macrosismico. Una delle motivazioni più
forti che stanno oggi alla base di questa tecnica di indagine è rendere confrontabili i dati dei
terremoti recenti con quelli del passato (poiché anche i terremoti recenti possono essere letti
come “storici”).
Il monitoraggio macrosismico ha una lunga tradizione metodologica risalente alla stagione
della sismologia osservativa fra la fine dell’Ottocento e il primo decennio del Novecento.
Dopo il terremoto dell’Irpinia del 1980, questa tecnica di indagine ha avuto nuovo impulso,
in ambito Progetto Finalizzato Geodinamica e Gruppo Nazionale per la Difesa dai Terremoti,
con il rilievo diretto di tutti i maggiori terremoti italiani, contribuendo a definire e migliorare
procedure tecniche e strumenti di rilievo (per es. la definizione della nuova scala macrosismica
europea EMS nel 1992-98), e all’interno dell’allora ING con la raccolta di dati da questionari
attraverso la rete del Bollettino Macrosismico.
Il monitoraggio macrosismico di terremoti recenti condotto negli ultimi 15 anni è basato sul
rilievo diretto, sulla raccolta di documentazione giornalistica e amministrativa, ed in parte su
questionari (particolarmente utili per definire il campo completo di avvertibilità).
A partire dal 2001 i principali operatori impegnati nelle attività di rilievo diretto degli
effetti dei terremoti si sono organizzati in un gruppo operativo denominato QUEST (QUick
Earthquake Survey Team), dotato di un protocollo di intervento e di linee-guida procedurali;
la maggior parte dei membri del gruppo proviene dall’INGV (personale presente nelle sezioni
INGV di Bologna, Catania, Milano, Roma1, Roma 2 e CNT), con collaborazioni con operatori
di altri enti (Università, Dipartimento della Protezione Civile).
Il fatto che i terremoti recenti siano strumentalmente ben vincolati consente interpretazioni
più attendibili in chiave sismotettonica e di pericolosità. E’ pertanto importante mantenere una
continuità di questo tipo di indagine, per garantire una calibrazione reciproca tra dati storici e
moderni, soprattutto per quei terremoti che presentino analogie dal punto di vista del pattern
macrosismico.
Conclusioni: obiettivi per il prossimo decennio. L’attività di indagine storica sui terremoti
e di rilievo macrosismico ha caratteristiche non dissimili da quelle derivanti dalla gestione di
una rete di monitoraggio, in quanto il suo principale obiettivo è quello di raccogliere e analizzare
dati descrittivi della sismicità sia nel breve che nel lungo periodo. Questi dati sono essenziali
per la definizione dei processi sismogenetici, l’identificazione e caratterizzazione delle strutture
attive, le stime di pericolosità.
Per tale motivo l’attività di questo comparto andrebbe pianificata in una prospettiva decennale
che può essere sintetizzata nei seguenti obiettivi di medio e lungo termine:
a) studio approfondito di terremoti forti ma poco conosciuti;
b) aggiornamento sistematico, con nuove ricerche, degli studi sui terremoti presenti in
catalogo con basi di dati insufficienti, inclusa la revisione degli eventi basati sul solo
Bollettino Macrosismico;
c) studio di singole aree di particolare interesse (per stime di pericolosità o altro);
d) indagini a largo spettro per la sistematizzazione delle conoscenze su terremoti ignoti alla
tradizione sismologica e per approfondire le valutazioni di completezza storica;
e) ricostruzione delle sequenze per la progressiva integrazione critica di tutte le informazioni
su foreshocks e aftershocks;
f) monitoraggio sistematico, con procedure e strumenti di lavoro coerenti, di tutti i terremoti
recenti, integrazione dei dati di rilievo parziali e aggiornamento in tempo reale della
banca dati macrosismica;
g) standardizzazione delle modalità di assegnazione dell’intensità macrosismica;
h) miglioramento del calcolo dei parametri dei terremoti storici;
i) pianificazione degli aggiornamenti delle nuove release del catalogo parametrico dei
terremoti CPTI e relativo database delle intensità DBMI (Locati et al., 2011);
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j) interazione diretta con il Centro di Pericolosità Sismica (CPS), per la definizione delle
priorità di ricerca e utilizzo dei dati prodotti;
k) revisione delle conoscenze sulla sismicità delle aree di confine (oltre che di alcuni
terremoti ‘mediterranei’ con vaste aree di propagazione) tramite la collaborazione di
gruppi di ricerca europei;
l) supporto all’attività dell’archivio europeo AHEAD anche in relazione al progetto di
lungo periodo EPOS, considerandolo come l’ambito in cui realizzare le collaborazioni
internazionali;
m) ultimo, ma non meno importante, formazione di nuovo personale per garantire continuità
all’attività del settore.
Tutto questo lavoro, che richiede energie, risorse umane e tempi molto lunghi, può portare
a un notevole miglioramento delle conoscenze sulla storia sismica italiana, sia in termini di
estensione sia di completezza delle serie storiche, alla realizzazione di un database integrato per
una rivalutazione complessiva dei dati stessi (inclusa una significativa omogeneizzazione delle
stime di intensità) e di conseguenza a un importante contributo alle stime di pericolosità.
Forte di una matura esperienza a livello nazionale, la tradizione e le metodologie sviluppate
dalla sismologia storica e dalla macrosismica hanno avuto un ruolo di traino anche nel panorama
europeo. L’Italia è oggi leader in Europa nel campo delle citate discipline, ruolo riconosciuto
dal coordinamento di vari progetti della Comunità Europea e dal coordinamento di un Working
Group ESC 2012-2016 dedicato ai dati di sismologia storica.
Le ricerche storiche, inoltre, offrono l’opportunità di comprendere meglio le dinamiche
economiche e sociali determinate dall’impatto dei grandi terremoti e i processi che determinano
i livelli di vulnerabilità materiale e culturale delle società, elementi essenziali per pianificare
politiche efficaci di mitigazione del rischio.
Gli obiettivi sopra enunciati sono molteplici e impegnativi, ma necessari per dare un respiro
strategico a ricerche che hanno un forte impatto su scelte pubbliche di grande rilievo economico
e sociale.
Bibliografia
AHEAD Working Group. AHEAD, the European Archive of Historical Earthquake Data, doi:10.6092/INGV.IT-
AHEAD, ultimo accesso 11/12/13.
Camassi R., Castelli V., Molin D., Bernardini F., Caracciolo C.H., Ercolani E., Postpischl L.; 2011: Materiali per un
catalogo dei terremoti italiani: eventi sconosciuti, rivalutati o riscoperti, Quaderni di Geofisica, 96, INGV, Roma,
51 + 391 pp.
Guidoboni E., Ferrari G., Mariotti D., Comastri A., Tarabusi G., Valensise G.; 2007: CFTI4Med, Catalogue of Strong
Earthquakes in Italy (461 B.C.-1997) and Mediterranean Area (760 B.C.-1500). INGV-SGA. http://storing.ingv.
it/cfti4med/
Locati M., Camassi R., Stucchi M. (eds); 2011: DBMI11, la versione 2011 del Database Macrosismico Italiano.
Milano, Bologna, http://emidius.mi.ingv.it/DBMI11. DOI: 10.6092/INGV.IT-DBMI11
Molin D., Bernardini F., Camassi R., Caracciolo C.H., Castelli V., Ercolani E., Postpischl L.; 2008: Materiali per un
catalogo dei terremoti italiani: revisione della sismicità minore del territorio nazionale, Quaderni di Geofisica,
57, INGV, Roma, 75 pp. + 1396 [CD-Rom]
Postpischl D.; 1985: Catalogo dei terremoti italiani dall’anno 1000 al 1980. Progetto Finalizzato Geodinamica.
Quaderni de «La Ricerca Scientifica», n. 114, v.2B.
Rovida A, Camassi R., Gasperini P., Stucchi M. (eds); 2011: CPTI11, la versione 2011 del Catalogo Parametrico dei
Terremoti Italiani. Milano, Bologna, http://emidius.mi.ingv.it/CPTI, DOI: 10.6092/INGV.IT-CPTI11

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