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fase più recente è nata grazie alla lungimiranza di pochi esponenti delle diverse realtà di ricerca
allora presenti in Italia e alla loro capacità di cogliere un momento favorevole per l’avvio di un
tipo di studi tanto necessario quanto difficile da perseguire, dato il suo carattere spiccatamente
interdisciplinare e innovativo, difficilmente inquadrabile nei contesti accademici ufficialmente
riconosciuti e quindi avaro di prospettive di carriera e di riconoscimenti materiali.
Durante tutto questo periodo la ricerca storica nel settore delle scienze della Terra ha potuto
usufruire di risorse umane limitatissime (poche decine di ricercatori nell’intero arco temporale
di attività, oggi ridotti a una quindicina scarsa da una durissima selezione naturale avvenuta nel
corso degli anni). Essa inoltre è sempre stata indirizzata da motivazioni estremamente vincolate da
esigenze contingenti di breve periodo, che hanno di fatto sempre impedito di affrontare il complesso
ma indispensabile sforzo di pianificare sul medio-lungo termine degli obiettivi di rivalutazione
complessiva delle conoscenze sulla storia sismica, vulcanologica e dei maremoti italiani.
Malgrado i gravissimi vincoli appena menzionati, la dedizione e l’interesse personale profuso
da tutti i ricercatori coinvolti ha permesso di ottenere un risultato tangibile di grande valore: una
base di dati rappresentata (a titolo di esempio e in termini estremamente restrittivi e incompleti)
dai cataloghi di eventi (terremoti, maremoti, eruzioni vulcaniche) e dalle informazioni correlate.
Questa base di dati, che pure è unanimemente riconosciuta tra le migliori al mondo, è tuttavia
ancora radicalmente limitata rispetto alle potenzialità di documentazione rappresentate dallo
sterminato patrimonio storico-documentario di questo paese e rispetto alle capacità di analisi rese
disponibili grazie alla maturazione di discipline specifiche (sismologia e vulcanologia storica).
Una brevissima ‘storia delle ricerche storiche’ in questi settori può aiutare ad apprezzare
meglio quale sia la situazione in cui ci troviamo attualmente.
La disciplina certamente più matura è la sismologica storica, il cui percorso inizia con il
Progetto Finalizzato Geodinamica nei primi anni Ottanta del Novecento, per iniziativa di alcuni
sismologi e geologi e con la collaborazione sporadica di alcuni storici. Il coinvolgimento di
storici di professione crebbe numericamente negli anni seguenti e fino alla prima metà degli
anni Novanta, per poi ridursi nuovamente a pochi ricercatori associati a enti di ricerca (oggi
dipendenti INGV, in tutto meno di una decina di persone). Negli altri settori di ricerca la
situazione è molto più critica, con una presenza di storici di professione pressoché nulla (settore
maremoti) o cominciata molto di recente e coinvolgendo pochissime persone (settore vulcani).
Relativamente alla vulcanologia storica occorre rilevare che la storia eruttiva dei vulcani
italiani non è finora mai stata affrontata in modo sistematico con gli strumenti della ricerca
storica. In realtà non esistono veri cataloghi storici descrittivi delle eruzioni dei vulcani italiani,
se non risalenti alla tradizione storico-vulcanologica di fine Ottocento-inizio Novecento, in cui
manca tuttavia l’analisi critica delle fonti storiche.
Dalla metà del Novecento in poi è prevalsa la compilazione di cataloghi delle eruzioni
di tipo parametrico. Il catalogo mondiale di riferimento (http://www.volcano.si.edu/volcano.
cfm?vn=211060) nell’ambito dello Smithsonian Institution è un mero elenco di date, spesso
basato, per la parte storica dei vulcani italiani, su studi molto datati, assunti senza il necessario
vaglio critico. Ad esempio, per quanto riguarda l’Etna, sono tuttora circa 30 le date di eventi che
sono ritenuti “attestati” o “dubbi” e che la ricerca storica dimostra invece chiaramente falsi.
Tutto ciò serva a sottolineare, come verrà dettagliato sotto, quanto siano ampi i margini
di miglioramento delle conoscenze oggi disponibili, sia nel settore della sismologica storica
che della vulcanologia storica, e come alcuni importantissimi temi di ricerca siano ancora
completamente da esplorare.
Ricerca storica e pericolosità. Tutte le elaborazioni di pericolosità sismica e vulcanica prodotte
in Italia negli ultimi quindici anni sono il risultato di “accelerazioni” motivate da contingenze
molto particolari. Tra esse si può citare in particolare il modello di pericolosità sismica prodotto
tra il 2003 e il 2006 in risposta a una pressante richiesta istituzionale successiva al terremoto di
San Giuliano di Puglia (2002): per predisporlo sono state utilizzate le basi di dati (sismologici,
geologici, ecc.) allora immediatamente disponibili, prescindendo da livello di completezza
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e omogeneità qualitativa dei singoli dati. Fino ad oggi non è mai stato possibile progettare un
percorso di lavoro di medio-lungo termine mirante a costruire una base di dati che renda disponibili
gli ingredienti necessari per stime più robuste della pericolosità da eventi naturali.
Nello specifico, considerato che nelle valutazioni di pericolosità sismica i dati storici hanno
un peso nettamente superiore a quello di qualunque altro dato (intorno al 70-80%), e che negli
ultimi anni la mappa di pericolosità sismica è divenuta una vera e propria “bandiera” dell’intera
comunità scientifica, risulta evidente quanto sia (teoricamente) strategico il settore di ricerca
della sismologia storica italiana.
Le ricerche storiche e i dati macrosismici. Il testo che segue sintetizza, in modo
estremamente schematico (e per questo del tutto inadeguato) lo stato delle conoscenze degli
insiemi di dati resi disponibili dalla sismologia storica e dal lavoro di monitoraggio macrosismico,
evidenziando lacune, prospettive di sviluppo e temi critici che dovranno essere affrontati nel
prossimo futuro.
Sismologia storica. Le attività degli anni passati hanno consentito una rivisitazione
complessiva di quasi la metà dei circa 3.000 eventi ‘principali’ di altrettante sequenze sismiche.
Tali eventi sono stati desunti da cataloghi parametrici degli anni Settanta del Novecento e
confluiti nel catalogo terminale di quella stagione di ricerca (Postpischl, 1985).
Il livello di revisione di questi terremoti è estremamente vario: per quanto i terremoti più
forti siano stati studiati in modo relativamente approfondito, la larghissima maggioranza degli
studi disponibili è di carattere preliminare o intermedio (spesso, vecchi di vent’anni e più).
L’analisi delle caratteristiche e la distribuzione cronologica degli studi che costituiscono il
retroterra del catalogo CPTI11 (Tab. 1) mostra che, tra gli studi considerati, meno di un quarto
è di carattere avanzato e con basse (ma non nulle) probabilità di miglioramento significativo.
La maggioranza degli studi è invece di carattere intermedio o speditivo e presenta quindi ampi
margini di miglioramento. A tutto questo si aggiunga che un numero molto elevato di terremoti
in CPTI11 deriva da altri cataloghi parametrici privi di dati di base (801 eventi, oltre a 135
derivanti da database europei). Per quanto molti di essi siano stati recentemente rivisti in forma
preliminare (Molin et al., 2008; Camassi et al., 2011), il margine potenziale di miglioramento
è molto ampio: per fare solo un esempio sono stati individuati numerosi terremoti chiaramente
‘sottostimati’ il cui approfondimento potrebbe avere ripercussioni sulle stime di pericolosità di
alcune aree della penisola italiana.
Tab. 1 - Distribuzione cronologica e “livello indicativo di avanzamento” degli studi che alimentano il catalogo CPTI11
(Rovida et al., 2011).
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j) interazione diretta con il Centro di Pericolosità Sismica (CPS), per la definizione delle
priorità di ricerca e utilizzo dei dati prodotti;
k) revisione delle conoscenze sulla sismicità delle aree di confine (oltre che di alcuni
terremoti ‘mediterranei’ con vaste aree di propagazione) tramite la collaborazione di
gruppi di ricerca europei;
l) supporto all’attività dell’archivio europeo AHEAD anche in relazione al progetto di
lungo periodo EPOS, considerandolo come l’ambito in cui realizzare le collaborazioni
internazionali;
m) ultimo, ma non meno importante, formazione di nuovo personale per garantire continuità
all’attività del settore.
Tutto questo lavoro, che richiede energie, risorse umane e tempi molto lunghi, può portare
a un notevole miglioramento delle conoscenze sulla storia sismica italiana, sia in termini di
estensione sia di completezza delle serie storiche, alla realizzazione di un database integrato per
una rivalutazione complessiva dei dati stessi (inclusa una significativa omogeneizzazione delle
stime di intensità) e di conseguenza a un importante contributo alle stime di pericolosità.
Forte di una matura esperienza a livello nazionale, la tradizione e le metodologie sviluppate
dalla sismologia storica e dalla macrosismica hanno avuto un ruolo di traino anche nel panorama
europeo. L’Italia è oggi leader in Europa nel campo delle citate discipline, ruolo riconosciuto
dal coordinamento di vari progetti della Comunità Europea e dal coordinamento di un Working
Group ESC 2012-2016 dedicato ai dati di sismologia storica.
Le ricerche storiche, inoltre, offrono l’opportunità di comprendere meglio le dinamiche
economiche e sociali determinate dall’impatto dei grandi terremoti e i processi che determinano
i livelli di vulnerabilità materiale e culturale delle società, elementi essenziali per pianificare
politiche efficaci di mitigazione del rischio.
Gli obiettivi sopra enunciati sono molteplici e impegnativi, ma necessari per dare un respiro
strategico a ricerche che hanno un forte impatto su scelte pubbliche di grande rilievo economico
e sociale.
Bibliografia
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catalogo dei terremoti italiani: revisione della sismicità minore del territorio nazionale, Quaderni di Geofisica,
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