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GNGTS 2007 SESSIONE 3.

primi 100 m di profondità, attraverso l’ausilio della tomografia geoelettrica (ERT). L’idea alla base
della tecnica proposta, è di ottenere informazioni della regione superficiale indagata, tali da poter
quantificare il fattore di static shift MT e di determinarne il segno.
Posto che, sia per la magnetotellurica che per la geoelettrica, il fattore di static shift (rispettiva-
mente f MT e f DC) è definito come il rapporto fra il valore di resistività apparente non disturbato e il
valore disturbato, dalla relazione (Spitzer, 2001):

(1)

si evince che, una volta noto f DC è possibile calcolare f MT. Dallo studio su modelli sintetici emer-
ge che l’utilizzo dei dati forniti dalla tomografia con il dispositivo Wenner-Schlumberger, permette
di risolvere questa equazione. Infatti, se un sondaggio MT ed una tomografia vengono eseguiti
lungo un profilo perfettamente coincidente, lo static shift emergerà nei dati di entrambi i metodi.
Poiché la tomografia non è altro che una serie di sondaggi allineati lungo lo stesso profilo, il pro-
blema dell’aliasing viene risolto in modo immediato, permettendo di distinguere i valori disturbati
da quelli indisturbati. Quindi, selezionando e riorganizzando i dati ottenuti da una tomografia in
modo adeguato, è possibile calcolare inequivocabilmente f DC (ampiezza e segno) e quindi f MT.
Inoltre, sono state ricavate delle linee guida per l’applicazione sul campo della tecnica proposta.
Studi sulla sensibilità del metodo MT rispetto alla presenza di piccole anomalie superficiali, mostra-
no che l’aumento dell’interdistanza tra gli elettrodi (dMT) funge da filtro passa-basso (Torres-Verdin,
1992). Infatti per dMT che tende ad infinito, la distorsione svanisce e quindi f MT tende a zero. Dallo
studio sui modelli sintetici si è osservato che, anche per le misure DC, sussiste la stessa dipenden-
za tra l’ampiezza della distorsione misurata e l’interdistanza fra gli elettrodi preposti al calcolo della
differenza di potenziale (dDC) Pertanto, la relazione (1) è valida, e quindi applicabile, fintantoché:

(2)

Infine, la tecnica proposta è stata applicata su dati reali. Il caso di studio di Ramacca è riporta-
to come esempio applicativo e conferma l’efficacia del metodo proposto.
Bibliografia
Ledo, J.; 2005: 2-D versus 3-D magnetotelluric data interpretation. Surveys in Geophysics, 26, 671-806.
Spitzer, K.; 2001: Magnetotelluric static shift and direct current sensitivity. Geophysical Journal International, 144, 289-299.
Torres-Verdin, C. and Bostick Jr., F.X.; 1992: Principles of spatial surface electric field filtering in magnetotellurics:
Electromagnetic array profiling (EMAP). Geophysics, 57: 603-622.
Vozoff, K.; 1991: The Magnetotelluric Method. In: Nabighian, M.N., Electromagnetic Methods in Applied Geophysics-
Applications, vol 2, chap 8, 641-711. Soc. Expl. Geophys., Tulsa.

TOMOGRAFIE DI RESISTIVITÀ PER LA DEFINIZIONE DELLO SPESSORE


E DEL CONTENUTO D’ACQUA DI COPERTURE PIROCLASTICHE. APPLICAZIONI
A MONTE DI VEZZI (ISCHIA)
M.G. Soldovieri(1), R. Di Maio(1), E. Piegari(2), C. Scotellaro(1)
(1) Dipartimento di Scienze della Terra, Università Federico II, Napoli
(2) Dipartimento di Scienze Fisiche, Università Federico II, Napoli

Le frane a colata rapida sono movimenti franosi generalmente indotti da eventi meteorici. Questi
fenomeni si verificano di frequente nella Regione Campania, i cui rilievi montuosi sono quasi uni-
formemente ricoperti dai depositi piroclastici derivanti dalla passata attività vulcanica. Tali deposi-
ti sovrastano complessi carbonatici fortemente fratturati e carsificati (penisola Sorrentina e zone

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Fig.1 - Mappa dell’area d’indagine geoelettrica. Le linee AA’ e BB’ indicano i profili ERT, le linee a valle delineano
le aree interessate dagli eventi franosi dell’aprile 2006 (da Iovino and Perriello Zampelli, 2007).

interne dell’Appennino campano) o substrati costituiti da tufi vulcanici e lave (area flegreo-napole-
tana e isola di Ischia). Pertanto, le condizioni di stabilità di versanti particolarmente acclivi sono
sensibilmente legate al grado di saturazione della copertura piroclastica più superficiale, maggior-
mente esposta al cambiamento delle condizioni climatiche. Poiché la resistività elettrica è un para-
metro fisico fortemente influenzato dal contenuto d’acqua, la sua valutazione su versanti potenzial-
mente instabili può risultare di notevole ausilio per la mitigazione del rischio da frana a colata rapi-
da. In questo lavoro sono presentati e discussi i risultati di tomografie di resistività eseguite all’iso-
la d’Ischia nell’area interessata dal disastroso evento franoso dell’aprile 2006, con l’obiettivo di i)
definire gli spessori della copertura piroclastica e, conseguentemente, dei volumi di materiale che
potrebbero eventualmente essere coinvolti in futuri eventi franosi, ii) fornire una stima indiretta
(mediante confronto con i risultati di analisi di laboratorio) del contenuto d’acqua della copertura
piroclastica che, se messa in relazione con le pendenze locali, può dare utili indicazioni sulle con-
dizioni di stabilità dell’area.
L’isola di Ischia è ubicata al bordo nord-occidentale del Golfo di Napoli e rappresenta un horst
vulcano-tettonico, il cui assetto geologico è stato fortemente condizionato dall’intensa attività vul-
canica verificatasi nell’area. I recenti fenomeni franosi hanno interessato il versante settentrionale
del M.te di Vezzi (Fig. 1), ubicato nel settore sud-est dell’isola (Vezzoli, 1988).
L’indagine geoelettrica è consistita nell’esecuzione di due tomografie di resistività (ERT) 2D
lungo i profili AA’ e BB’ di Fig. 1. Come mostrato in figura, i due profili sono perpendicolari tra
loro e posizionati nella parte sommitale del M.te di Vezzi, a monte delle aree in frana inaccessibili.
E’ stata scelta la tecnica tomografica in quanto consente di ottenere ricostruzioni di estremo detta-
glio del modello strutturale del sottosuolo sulla base dei forti contrasti di resistività tra suoli piro-
clastici (massimo 102 Ω · m, in condizioni umide) e duomi e/o flussi di lava (i cui valori di resistivi-
tà variano generalmente nell’intervallo 102÷104 Ω · m). Le misure sono state eseguite utilizzando il
georesistivimetro IRIS-SYSCAL PRO, con un cavo multielettrodo a 24 canali distanziati di 5 m. Di
conseguenza, la lunghezza di ciascun profilo è risultata di 115 m. L’estensione dei profili ha per-
messo di raggiungere, in base alla configurazione elettrodica scelta, una profondità di indagine di

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Fig. 2 – Tomografia di resistività lungo il profilo AA’ di Fig. 1. Le linee tratteggiate delineano un possibile
andamento delle unità geologiche che caratterizzano l’area investigata. LEGENDA: 1a) depositi cineritici; 1b)
livello pomiceo; 2) livello superiore alterato del duomo lavico oppure depositi pomiceo-scoriacei della Formazione
di M.te di Vezzi; 3) duomo lavico.

circa 20 m sotto il piano campagna. I dati sono stati invertiti utilizzando l’algoritmo RES2DINV
(Loke and Barker, 1996), tenendo conto degli effetti topografici che caratterizzano l’area indagata.
Le Figg. 2 e 3 mostrano le sezioni di resistività ottenute dall’inversione dei dati osservati lungo
i profili AA’ e BB’, rispettivamente. In particolare, il modello relativo al profilo AA’ (Fig. 2) eviden-
zia uno strato relativamente conduttivo (valori di resistività compresi nell’intervallo 30÷100 Ω · m)
lungo quasi tutta la sezione, con uno spessore variabile da 5 a 8 metri. Questo strato (unità 1a in
Fig. 2), si sovrappone ad una struttura molto più resistiva (unità 2 in Fig. 2) caratterizzata da valori
di circa 800 Wm. In accordo con i risultati di studi geologici condotti nell’area da Di Nocera et al.
(2007), lo strato conduttivo potrebbe essere attribuito alla Formazione cineritica di Piano Liguori,
mentre il corpo resistivo sottostante potrebbe essere associato sia alla parte superiore del duomo
lavico (unità 3 in Fig. 2), caratterizzata da discontinuità aperte riempite dal materiale sovrastante più
fine (De Vita et al., 2007), sia alla presenza di depositi pomiceo-scoriacei associati alla fase esplo-
siva più giovane della Formazione di M.te di Vezzi. Inoltre, lo strato resistivo in affioramento (unità
1b in Fig. 2), che si osserva nella parte più settentrionale del profilo e fino ad una profondità di circa
2 m, potrebbe essere attribuito a un livello di pomici grossolane a basso contenuto d’acqua appar-

Fig. 3 - Tomografia di resistività lungo il profilo BB’ di Fig. 1. Le linee tratteggiate delineano un possibile
andamento delle unità geologiche che caratterizzano l’area investigata. LEGENDA: 1a) depositi cineritici; 2) livello
superiore alterato del duomo lavico oppure depositi pomiceo-scoriacei della Formazione di M.te di Vezzi; 3) duomo
lavico.

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tenente alla Formazione di Piano Liguori. Analoghi valori di resistività, infatti, sono stati osservati
su materiali pomicei delle coperture piroclastiche presenti sui versanti del salernitano in località
Sarno e Nocera (De Vita et al., 2006; Di Maio et al., 2007). Osservando la tomografia di resistività
lungo il profilo BB’ (Fig. 3), perpendicolare alla massima direzione di pendenza del versante in
frana (Fig. 1), lo strato cineritico della Formazione di Piano Liguori è ben riconoscibile anche in
questa sezione, così come il sottostante basamento lavico. Tuttavia, è opportuno sottolineare che lo
strato conduttivo, attribuito alla Formazione di Piano Liguori, in questa sezione presenta spessori
più piccoli (2 m ÷ 6 m) e variazioni di pendenza meno significative rispetto a quelle osservate nel
modello relativo al profilo AA’. In ogni caso, poiché la direzione del profilo AA’ coincide con la
direzione di immersione degli strati, la morfologia di Piano Liguori è verosimilmente associabile
all’andamento dello strato conduttivo superficiale evidenziato dal modello di Fig. 2.
Infine, è importante osservare che, sebbene le misure di resistività siano state eseguite nella sta-
gione estiva (circa 4 mesi dopo l’evento franoso), i valori di resistività che caratterizzano i materia-
li cineritici sono alquanto bassi (Figg. 2 e 3), chiara indicazione della capacità di questi materiali di
ritenere acqua.
Dall’analisi delle tomografie di resistività è stato possibile identificare i volumi di materiale
piroclastico che ricoprono il sottostante basamento lavico. In particolare, all’interno della copertu-
ra piroclastica mostrata dalla sezione di Fig. 2, è stato possibile individuare due differenti litologie:
uno strato cineritico (unità 1a) e uno strato pomiceo (unità 1b). Osservazioni in sito e analisi di
laboratorio rivolte alla caratterizzazione di eventi franosi in terreni piroclastici (Calcaterra et al.,
2003; De Vita et al., 2007), sembrano indicare che, generalmente, l’innesco dell’evento franoso è
da attribuire alla saturazione di strati pomicei superficiali di modesto spessore (~ 2 m). Questi, in
virtù dell’elevata porosità e della naturale esposizione ai cambiamenti climatici, sono frequente-
mente soggetti a variazioni del contenuto d’acqua, che può rivelarsi un fattore determinante nell’in-
nesco di un evento franoso.
Al fine di stimare la percentuale di contenuto d’acqua delle coperture piroclastiche investigate,
i valori di resistività osservati in situ sono stati confrontati con quelli ottenuti da misure di labora-
torio (Di Maio et al., 2007) su campioni piroclastici analoghi, sia per litologia che per porosità, al
variare del contenuto d’acqua. Il confronto ha permesso di stimare un contenuto d’acqua variabile
tra il 25% e il 35% per i depositi cineritici (unità 1a) e un contenuto d’acqua variabile tra il 35% e
il 50% per il livello pomiceo (unità 1b). Tali valori indicherebbero una condizione di parziale satu-
razione dei terreni investigati, in quanto le misure di laboratorio hanno mostrato che la completa
saturazione si osserva con un contenuto d’acqua maggiore del 60% per terreni cineritici e maggio-
re dell’80% per quelli pomicei.
Bibliografia
Calcaterra D., de Riso R., Evangelista A., Nicotera M.V., Santo A. and Scotto Di Santolo A.; 2003: Slope instabilities in the
pyroclastic deposits of the Phlegrean district and the carbonate Apennine (Campania, Italy). International Workshop on
Occurrence and Mechanisms of Flows in Natural Slopes and Earthfills – Iw-Flows2003, Sorrento.
De Vita P., Agrello D. and Ambrosino F.; 2006: Landslide susceptibility assessment in ash-fall pyroclastic deposits surrounding
Mount Somma-Vesuvius: Application of geophysical surveys for soil thickness mapping. Journal of Applied Geophysics, 59,
126-139.
De Vita P., Celico P., Di Clemente E. and Rolandi M.; 2007: Engineering geological models of the initial landslides occurred on 30
April 2006, at the Mount di Vezzi (Ischia Island). Italian Journal of Engineering Geology and Environment, (in press).
Di Maio R., Piegari E., Scotellaro C., Milano L. and Roberti N.; 2007: Water content evaluation of pyroclastic soils by laboratory
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Di Nocera S., Matano F., Rolandi G. and Rolandi M.; 2007: Contributo sugli aspetti geologici e vulcanologici di M.te Vezzi (Ischia).
Italian Journal of Engineering Geology and Environment, (in press).
Iovino M. and Perriello Zampelli S.; 2006: Le frane del 30 aprile 2006 del M. Vezzi (Ischia, NA) nel contesto delle frane di
scivolamento-valanga-colata nei suoli vulcanici in Campania. Italian Journal of Engineering Geology and Environment, (in
press).
Loke M.H. and Barker R.D.; 1996: Rapid least-squares inversion of apparent resistivity pseudosections using a quasi-Newton
method. Geophysical Prospecting, 44, 131-152.
Vezzoli L.; 1988: The island of Ischia. CNR Quaderni de “La Ricerca Scientifica”, Roma, 114(10), 1-122.

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