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…conseguenti
Fr anco Donatoni
Bradley D. Decker
Preserving the fragment: Franco Donatoni’s Refrain, for eight instruments
Olivier Class
ISBN 978-88-7096-833-0
Franco Donatoni
Gravità senza peso
Atti del Convegno (Parma, 30 novembre 2013)
Prefazione xi
antecedenti…
Sandro Gorli
La Variazione nel pensiero compositivo di Franco Donatoni 11
Angelo Orcalli
Franco Donatoni e la generazione degli anni Venti 19
Rocco De Cia
Sulle difficoltà del comporre. Franco Donatoni attraverso
i suoi scritti 47
…conseguenti
Mario Baroni
Il maestro e la biondina. Franco Donatoni e il Duo pour Bruno 173
Sébastien Béranger
Spiri de Franco Donatoni, ou le développement organique d’un
matériau historique 205
Candida Felici
Intertestualità e processi compositivi in …ed insieme bussarono
e Rima di Franco Donatoni 233
Pierre Michel
Répétition, périodicités et agencements verticaux dans Fili
(pour flûte et piano, 1981) de Franco Donatoni 253
Pierre Michel
Franco Donatoni: Tema (1981) pour douze instruments 273
Pierre Boulez
Franco Donatoni: Tema 291
Bradley D. Decker
Preserving the fragment: Franco Donatoni’s Refrain, for eight
instruments 299
Olivier Class
La flûte dans l’œuvre de Donatoni 325
Bibliografia 349
Indice 361
∙ vi ∙
I seguenti saggi compresi nel presente volume sono apparsi in pubblicazioni
precedenti:
Donatoni, Une halte subjective Donatoni, Une halte subjective, «Musique en jeux»,
20 (1975), pp. 15–20.
∙ x ∙
Prefazione
Questo volume riunisce i saggi del primo convegno dedicato alla figura
di Franco Donatoni, tenutosi a Parma il 30 novembre 2013 (frutto del-
la collaborazione tra Casa della Musica, Università di Parma e Associa-
zione Dynamis Ensemble). Oltre alle relazioni del convegno, il presente
volume include alcuni saggi significativi con l’intento di riunire i frutti
delle ricerche più recenti su Donatoni, considerando che l’ultimo volume
interamente dedicato a questo autore risale ormai a venticinque anni fa
(Donatoni, a cura di Enzo Restagno, EDT, Torino 1990).
Gravità senza peso deriva dal titolo del saggio che inaugura il volume,
scritto da Maria Isabella De Carli; a sua volta tratto dalle Lezioni Ameri-
cane di Italo Calvino, ci è parso rappresenti mirabilmente il duplice volto
della musica e della figura di Donatoni, il rigore, spinto talvolta fino alla
soglia dell’autolesionismo, e la leggerezza del gioco, simbolo ricorrente
del comporre nelle parole dell’autore.
Il volume consta di due ampie sezioni, intitolate rispettivamente Ante-
cedenti… e …Conseguenti, due termini particolarmente cari a Donatoni,
che sfuggono a una definizione univoca; tuttavia egli ce ne ha offerto più
d’una nei suoi due libri Questo (1970) e Antecedente X (1980): l’anteceden-
te è «sogno, intuizione, immagine, visione, idea, fabulazione, fantastiche-
ria, riflessione» (Questo, p. 22); «vero formante delle forme, l’antecedente
non usurpa il luogo della musica: ad essa assegna […] il suo proprio luogo
e ne regge il cammino, in ancellare, dimessa prossimità. Ombra anteriore,
all’opera è priore e dell’autore è testimone» (Antecedente X, p. 28); «né
antecedente né conseguente sono musica, ma solo la rappresentazione di
essa che appare nel compositore e nella composizione composta» (Ante-
cedente X, p. 29). Abbiamo dunque incluso nella sezione Antecedenti…
scritti sulla poetica dell’autore, convinti che nel suo insieme inestricabile
l’antecedente comprenda tutto il vissuto e l’esperito, sia esso proprio di
una biografia interiore o esteriore. Nella prima parte compaiono quindi
saggi sul suo pensiero compositivo in genere e in particolare sulla rela-
zione tra compositore e interprete (Maria Isabella De Carli), sulla tecnica
della variazione come archetipo del comporre (Sandro Gorli), sulla figura
∙ Prefazione ∙
di Donatoni alla luce del più vasto contesto delle principali correnti di
pensiero del dopoguerra (Angelo Orcalli), infine sugli scritti di Donatoni
(Rocco De Cia). Questi ultimi appaiono oggi ai nostri occhi non solo oc-
casioni di enunciazione di poetica, ma anche opere dotate di un’autono-
ma dignità letteraria: in ogni caso esse si rivelano strumenti indispensabili
per qualsivoglia tentativo di comprensione — pur nella loro difficoltà —
della figura di Donatoni nel panorama musicale della seconda metà del
Novecento.
La seconda parte del volume, …Conseguenti, comprende invece una
serie di saggi di taglio analitico, che si susseguono secondo la cronolo-
gia delle opere trattate. La sezione non ha alcuna pretesa esaustiva, ma
i saggi ci permettono di tracciare le principali linee di tendenza che si
sono succedute nel corso della sua carriera compositiva. Donatoni stesso
ha più volte analizzato a ritroso il suo percorso creativo, sottolineandone
le grandi fratture ma cogliendone anche i nessi, le relazioni sotterranee,
come nel caso dell’apparente contrasto tra periodo dell’indeterminazio-
ne (prima metà degli anni Sessanta) e quello immediatamente successivo
dell’automatismo combinatorio, l’uno testimonianza della scissione tra
materiale e atto compositivo, l’altro dell’«abbandono al materiale» (L’au-
tomatismo combinatorio, p. 80). Donatoni ci avverte che in realtà entram-
bi mostrano il rifiuto dell’autorialità, della volontà formante dell’autore:
nel periodo dei procedimenti automatici «il fatto che la partitura stabilisca
le note in tutti i parametri non significa una volontà organizzativa mag-
giore di quando le stabilivo approssimativamente» e «l’indeterminazione
in Etwas ruigher im Ausdruck esiste malgrado la determinazione grafica»
(Il materiale in opera, pp. 110–111). In realtà entrambi i periodi sono ca-
ratterizzati dal tentativo di «scardinare l’opera nella sua monolitica unità»
attraverso una «analisi demolitrice» (Il materiale in opera, p. 111). Yotam
Moshe Haber nella sua analisi di Per orchestra (1962), culmine del periodo
dell’indeterminazione, ne sottolinea appunto da una parte il debito nei
confronti del serialismo integrale praticato nel periodo di ‘apprendistato’,
dall’altra i legami con la poetica dei procedimenti automatici che caratte-
rizzerà opere successive come Etwas ruhiger im Ausdruck (1967).
Le analisi a posteriori del proprio operato da parte dell’autore non van-
no tuttavia sempre assunte in maniera acritica; la prima fase compositiva,
che Donatoni bolla come fase di apprendistato, caratterizzata dall’influsso
di Bartók, è indagata nel saggio di Maria Grazia Sità, che mette in luce il
contesto musicale degli anni Cinquanta in cui tale infatuazione si situa (la
∙ xii ∙
∙ Prefazione ∙
1. Boulez. XXème siècle: Matériau, serie di sei film, v, Nat Lilenstien (realizzazione), Pierre Bou-
lez, Ensemble Intercontemporain, © FR3, La Sept, Caméras Continentales, Ircam-Centre
Pompidou, Ensemble Intercontemporain, 1988.
∙ xiv ∙
∙ Prefazione ∙
Perché questo volume prendesse forma e vedesse la luce sono stati fon-
damentali la collaborazione, lo stimolo e l’aiuto di molte persone, tra i
quali in primo luogo Marco Capra, che ha sostenuto e accolto la giornata
di studi nella Casa della Musica di Parma; senza il suo contributo sempli-
cemente non vi sarebbe stato alcun convegno; Javier Torres Maldonado e
Fabrizio Fanticini, che hanno attivamente collaborato alla sua organizza-
zione; il GREAM dell’Università di Strasburgo e la fondazione Emarika,
che hanno sostenuto la pubblicazione del presente volume; Maria Isabella
De Carli, Sandro Gorli e Pierre Michel che sono stati prodighi di consigli,
mi hanno fornito informazioni, chiarimenti e preziosi materiali; le case
editrici Ricordi, Suvini Zerboni e Universal che hanno gentilmente au-
torizzato la pubblicazione degli esempi musicali; la Fondazione Sacher di
Basilea che ha consentito la pubblicazione degli schizzi. A tutti costoro e
ad altri ancora che non sono qui citati, grazie.
Candida Felici
Milano, luglio 2015
∙ xv ∙
Franco Donatoni, Milano 1985. © Roberto Masotti / Lelli e Masotti Ar-
chivio, per gentile concessione. La composizione alla quale Donatoni sta
lavorando è Still, per soprano leggero e sei strumenti, Ricordi, 133909,
Milano 1985.
…conseguenti
Franco Donatoni, Milano 1985. @ Lelli e Masotti, dal lavoro Musiche,
vedere come sentire, per gentile concessione. La composizione alla
quale Donatoni sta lavorando è Still, per soprano leggero e sei stru-
menti, Ricordi, 133909, Milano 1985, p. 6.
Maria Grazia Sità
1. La bartokkite in Italia
Ricordando l’inizio della sua attività compositiva, Franco Donatoni spes-
so prese le distanze dai suoi esordi bartokiani: continuò a professare nei
suoi scritti la sua devozione, anzi il suo ‘amore’ per Bartók,1 ma ebbe paro-
le abbastanza severe per le proprie composizioni scritte tra il 1950 e il 1955,
sotto l’innegabile influsso dello stile del compositore ungherese. Nel 1990,
nel corso della nota intervista autobiografica rilasciata a Enzo Restagno,
affermò a proposito di esse: «usavo un linguaggio d’accatto, dal quale non
ero capace di uscire. In fondo si trattava del linguaggio dei miei padri,
anzi dei miei nonni».2
Le composizioni scritte da Donatoni in quegli anni sono:
1950, Quartetto per archi – Drago, Magenta 1956
1951, Recitativo e Allegro per violino e pianoforte – Zanibon, Milano
1952, Concertino per archi, ottoni e timpano solista – Schott, London
1952, Sonata per viola sola – Zanibon, Milano
1952, Concerto per fagotto e archi – Drago, Magenta
1953, Sinfonia per archi – Boosey & Hawkes, London
1953, Ouverture per orchestra da camera – Zanibon, Milano
1954, Divertimento per violino e orchestra da camera – Schott, London
1954, Cinque pezzi per due pianoforti – Drago, Milano.
I critici dell’epoca ebbero per questi lavori l’interesse che si deve a un gio-
vane promettente, ma anch’essi non mancarono di notare la troppo scoperta
3. Massimo Mila, Lettera da Venezia, «La Rassegna Musicale», xxii/4 (1952), pp. 326–30: 329.
4. Mario Bortolotto, Le idee di Franco Donatoni, in Id., Fase seconda. Studi sulla Nuova
Musica, Einaudi, Torino 1969, pp. 227–51: 227.
5. Sulla presenza di Bartók in Italia cfr. i paragrafi Bartók in Italia I (1925) e Bartók in Italia
II (1939) in Maria Grazia Sità, Béla Bartók, L’Epos, Palermo 2008, e più ampiamente in
Virág Büky – Maria Grazia Sità, Bartók e l’Italia. Viaggi, contatti, concerti, «Fonti musi-
cali italiane», 18 (2013), pp. 119–75.
∙ 92 ∙
∙ Gli esordi bartokiani di Donatoni (via Guido Turchi) ∙
Curioso destino quello di questo musicista [Bartók], che finché visse fu quasi igno-
rato, e anche quando cominciò ad apparire la sua grandezza, si disse di lui che però
era un isolato, che non poteva «far scuola»; e adesso, da sette anni ch’è morto, an-
che i bidelli dei conservatori sanno metter giù come niente una melodia sghemba
in 5/8 alla Bartók! Veramente sembra giunto il momento di stabilire un divieto di
caccia nelle riserve ungheresi.6
∙ 93 ∙
∙ Maria Grazia Sità ∙
8. La notizia appare nel primo numero del periodico «Il Diapason», i/1 (1950), p. 23. Nella pub-
blicità alla Stagione 1949–50 appare il Programma delle attività di gennaio, in cui mercoledì 11,
alla Famiglia Artistica, via Gesù 12, ore 21, era prevista, per il Ciclo Béla Bartók, l’esecuzione
del V e VI volume di Mikrokosmos: al pianoforte Walter Baracchi, commento di Paolo Ru-
zicska. L’epistolario è edito in Béla Bartók, Lettere scelte, a c. di János Demény, Il Saggiatore,
Milano 1969, recentemente ristampato (2011) senza alcun aggiornamento.
9. Si vedano ad esempio il primissimo articolo presentato nel periodico, un saggio di Massimo
Mila su Mikrokosmos (Mila, Béla Bartók e il suo “Mikrokosmos”, «Il Diapason», i/1, 1950, pp.
2–6, che ripropone la recensione apparsa in «La Rassegna Musicale», xiv/6, 1941, pp. 259–61)
e il saggio Béla Bartók, Problemi lisztiani, «Il Diapason», i/4 (1950), pp. 15–9 (si tratta della
prolusione tenuta all’Accademia d’Ungheria nel 1936).
10. Orchestra sinfonica di Roma della Radio Italiana, diretta da Fernando Previtali.
11. Herbert Fleischer, Guido Turchi: Concerto per archi (De Sanctis [sic], Roma, 1950), «Il
Diapason», i/4 (1950), p. 31.
∙ 94 ∙
∙ Gli esordi bartokiani di Donatoni (via Guido Turchi) ∙
II e VI o della Suite per pianoforte op. 14. È quindi presente qui il riferi-
mento al Bartók energetico, rustico e materico, ma non viene adottato il
suo tipico movimento finale vitalistico (e in fondo ottimistico), quanto
quello ripiegato, irrisolto, mesto (per citare un termine che caratterizza
una sezione ricorrente nel Sesto quartetto).
Sarà interessante inoltre notare anche la scrittura dell’Elegia II, che co-
stituisce il terzo movimento e viene a trovarsi quindi quasi al centro del
Concerto (Esempio 3).
Si noti l’effetto con sordina (all’inizio pizzicato) su cui si staglia, sem-
pre nel pianissimo, una melodia centrica, ancorata alla nota si, circondata
dalla veloce ornamentazione in biscrome. Questa scrittura non può non
ricordare l’inizio del terzo movimento (centrale nella struttura ‘a ponte’)
del Quarto quartetto bartokiano (seppure a registri invertiti) — che a sua
volta si riferisce alla Musica della notte, quarto dei cinque pezzi pianistici
All’aria aperta.12
12. Sul rapporto con la Musica della notte del Quarto quartetto e su altri aspetti particolari dei
quartetti bartokiani, citati qui e più avanti, cfr. Maria Grazia Sità – Corrado Vitale,
I Quartetti di Béla Bartók. Contesto, testo, interpretazione, Lim, Lucca 2012. La partitura del
Quarto Quartetto cui qui si fa riferimento è Béla Bartók, Streichquartett IV, Universal Edi-
tion, UE 34311, Wien 1929.
∙ 96 ∙
∙ Gli esordi bartokiani di Donatoni (via Guido Turchi) ∙
Esempio 3. Guido Turchi, Concerto per archi, Elegia II, bb. 1–3
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∙ Maria Grazia Sità ∙
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∙ Gli esordi bartokiani di Donatoni (via Guido Turchi) ∙
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∙ Maria Grazia Sità ∙
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∙ Gli esordi bartokiani di Donatoni (via Guido Turchi) ∙
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∙ Maria Grazia Sità ∙
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∙ Gli esordi bartokiani di Donatoni (via Guido Turchi) ∙
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∙ Maria Grazia Sità ∙
La conclusione è quindi Adagio e nei toni del p e pp, tranne per l’ulti-
missimo intervento che rievoca il motivo f deciso, che era stato sviluppato
nell’ultimo movimento e che ha qualche somiglianza con il proto-motivo
donatoniano iniziale, nel carattere perentorio del gesto.
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∙ Gli esordi bartokiani di Donatoni (via Guido Turchi) ∙
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∙ Gli esordi bartokiani di Donatoni (via Guido Turchi) ∙
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∙ Maria Grazia Sità ∙
sarà la figura che poi conclude il quartetto con gesto perentorio (come si
è ricordato sopra).
Anche altri aspetti del primo movimento vengono riproposti in questa
fase finale: ad esempio l’episodio che prende avvio da b. 10 nel primo mo-
vimento, con la figura ostinata in pizzicato al violoncello, torna nell’ulti-
mo, da b. 56, seppure presentando la figura in ostinato modificata.
Dall’ultimo movimento bartokiano, Donatoni mutua invece per il suo
movimento conclusivo l’episodio di intensificazione, quasi in stretto (in
Bartók sul proto-motivo, b. 375), qui con l’elemento cromatico del primo
movimento unito a quello con nota puntata dell’ultimo (da b. 125).
∙ 109 ∙
∙ Maria Grazia Sità ∙
Come si è già notato sopra, alla chiusa vitalistica del Quarto bartokiano,
qui, come in Turchi, si preferisce un’esplicita ripresa dell’Adagio, con la
melodia centrica al violoncello (con un episodio più esteso di quanto non
si verifichi in Turchi). Solo l’ultimo gesto, f deciso, modifica il senso di
questo finale.
L’idea di riprendere nella seconda parte del quartetto o nel movimento
conclusivo i materiali del primo movimento è molto bartokiana: si pensi
al Terzo quartetto con la «ricapitulazione» della prima parte (terminolo-
gia bartokiana) che ne è una rilettura. Uso il termine squisitamente dona-
toniano di rilettura in senso generico, ma evidentemente anche questa è
un’idea che a Donatoni può essere provenuta da Bartók. Anche nelle fa-
mose forme bartokiane a ponte molto spesso ciò che si trova nella seconda
metà del brano, al di là del ponte (per evocare l’immagine simbolica con-
tenuta nella Cantata profana), non è altro che una rivisitazione di quanto
era stato enunciato nella prima parte. Inoltre possiamo osservare che le
trasformazioni dei materiali qui coinvolte sono di tipo rigido: aggiunta o
espulsione di elementi, non sviluppo con plastiche trasformazioni di essi,
come sarebbe tipico del sonatismo classico. I frammenti si conservano:
sono solo fatti crescere o assemblati in maniera diversa.
∙ 110 ∙
∙ Gli esordi bartokiani di Donatoni (via Guido Turchi) ∙
17. Per questa e le citazioni successive cfr. Donatoni, Presenza di Bartók, pp. 87–8.
∙ 111 ∙
∙ Maria Grazia Sità ∙
mi aveva fatto nascere. O, forse, adesso ero già nato e osservavo con di-
stacco tutto ciò che non conservava la memoria della prima traumatica
rivelazione». Questa affermazione forse, a posteriori, può risultare più
comprensibile: c’è un lato beethoveniano in Bartók, che alcuni critici han-
no definito come ‘nuovo classico’ (non ‘neoclassico’) e c’è un ottimismo
che non è paesano, ma beethoveniano, e probabilmente questi sono gli
aspetti più estranei a Donatoni (forse quelli che la critica italiana degli
anni ’50 definiva il ‘lato umanistico’ di Bartók?).
Il Donatoni del 1981 tenta anche di individuare quali sono esattamente,
dal punto di vista tecnico, le «matrici originarie» che aveva rinvenuto in
Bartók, quelle che lui aveva plagiato da esordiente (parole di Donatoni),
ma che hanno un collegamento anche con la sua produzione degli anni ’80:
1. esposizione della cellula e crescita dell’organismo [per aggiunzione];
2. crescita e non sviluppo, conservazione del frammento;
3. giustapposizione di organismi: mutamento, non evoluzione [pro-
cedimenti antifonali variabili];
4. stasi della pulsazione, tempo continuo, condizione “notturna”, ru-
more, sussurro, vibrazione come mobilità timbrica in uno spazio
immobile18 [le caratteristiche della musica della notte].
Credo che chi conosce bene la musica di Donatoni troverà queste pa-
role tranquillamente riferibili allo stile donatoniano degli anni Ottanta,
come chi conosce Bartók le troverà calzanti per molti brani bartokiani.
Naturalmente sembrano valide anche per il Primo quartetto donatoniano
e per il Quarto di Bartók (e qui sarebbe interessante approfondire quanto
di questi aspetti in Bartók derivi proprio da quella matrice folklorica da
cui all’epoca sembrava doveroso prendere le distanze, ovviamente distil-
lata e trasfigurata).
Accogliendo questi suggerimenti donatoniani, Gianmario Borio, nel
suo saggio del 1987 dedicato alla ‘poetica della figura’ del Donatoni di que-
gli anni, usa questi quattro aspetti per «ricavare criteri di interpretazio-
ne per The Heart’s Eye e concetti guida per una definizione della poetica
figurativa».19 The Heart’s Eye, come è noto, è un quartetto del 1979 che
viene segnalato fra le opere importanti nell’ottica della svolta stilistica di
Donatoni verso l’uso del concetto di ‘figura’. Se quindi Bartók è ancora
così importante, secondo Donatoni (e secondo Borio), nella produzione
∙ 112 ∙
∙ Gli esordi bartokiani di Donatoni (via Guido Turchi) ∙
donatoniana degli anni ’80, allora quei lontani esordi così profondamente
bartokiani non sono proprio totalmente da dimenticare, come suggeriva
Bortolotto nel saggio citato sopra.
A conclusione di queste osservazioni, sembra interessante anche nota-
re che nella vicenda artistica di Donatoni in posizione biografica impor-
tante vengano a trovarsi spesso proprio dei quartetti. Lo rilevava lo stesso
autore:
[...] I miei quartetti non sembrano certo nascere da un disegno determinato; ogni
volta vengono però a infiltrarsi nei momenti cruciali, nelle fasi di cambiamento. Il
primo era un lavoro di scuola, un’opera che poteva benissimo andare perduta e che
quindi non ho avuto remore nel distruggere. Il primo vero e proprio, quello che vin-
se il premio e che fu pubblicato dalle Edizioni Drago, quello non ho potuto distrug-
gerlo. Il secondo è quello che ha stabilito un passaggio verso un tipo di scrittura alla
Luigi Nono nel 1958. Quello successivo, nel 1964, connotava un periodo aleatorio,
mentre quello elettronico ha un carattere episodico. Il quinto è The Heart’s Eye e
segnava un deciso cambiamento non solo nell’uso della scrittura retroversa ma an-
che nell’impiego di materiali spuri, tonali e diatonici soprattutto, ai quali avrei fatto
ricorso nei lavori successivi. Il sesto quartetto, [...], mi sembra che funzioni come un
indicatore del mio procedere attuale più sciolto e sereno, un procedere in cui i codici
agiscono semplicemente come mezzi di ordinamento compositivo.20
20. Donatoni, Un’autobiografia, p. 69. I quartetti successivi al primo sono: Quartetto II per archi
(1958), Suvini Zerboni, ESZ.5557, Milano 1959; Quartetto III (1961), per nastro a quattro piste,
Suvini Zerboni, ESZ.5824, Milano 1961; Quartetto IV. Zrcadlo (1963), per quartetto d’archi,
Suvini Zerboni, ESZ.6113, Milano 1964; The Heart’s Eye (1979/80), per quartetto d’archi, Ri-
cordi, 133065, Milano 1985: La Souris sans sourire (1988), per quartetto d’archi, Ricordi, 134712,
Milano 1988.
21. Cfr. «Il Diapason», ii/12 (1951), p. 36. La compositrice e violinista polacca Grazyna Bacewicz
(1909–1969) vinse con il quarto dei suoi sette quartetti. La medesima notizia, con i medesimi
errori, appare anche nella «Rassegna Musicale», xxi/4 (1951), p. 327.
∙ 113 ∙
∙ Maria Grazia Sità ∙
∙ 114 ∙
Bibliografia
Penteo, o dell’apparenza, «il verri», xiii/30 (luglio 1969), pp. 86–93, ristampato in
Il sigaro di Armando, pp. 42–7, e in Passione e dialettica della scena: studi in
onore di Luigi Squarzina, a c. di Claudio Meldolesi, Arnaldo Picchi e Paolo
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nardo Pinzauti, Musicisti d’oggi. Venti colloqui, ERI, Torino 1978, pp.
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113–9.
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sto–settembre 1971), pp. 22–3; con il titolo Il modello suggerito, in Il sigaro
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1970), pp. 14–5, ristampato in Il sigaro di Armando, pp. 56–7.
Arnold il nutritore, «Lo spettatore musicale», vi (gennaio–febbraio 1971), pp.
35–7, ristampato in Il sigaro di Armando, pp. 66–8.
Frammento interanalitico di un futuro anteriore, «Lo spettatore musicale», vi
(maggio–giugno 1971), ristampato in Il sigaro di Armando, pp. 58–61.
Igor: il carpentiere e la sua pece, «Chigiana», xxviii (nuova serie viii, 1971), pp.
19–23, ristampato in «Lo spettatore musicale», vii (marzo–giugno 1972),
pp. 62–4, in Il sigaro di Armando, pp. 62–5, e in Stravinskij oggi. Atti del
Convegno internazionale. Milano, Teatro alla Scala, 28–30 maggio 1982, a
c. di Anna Maria Morazzoni, Unicopli, Milano 1986 (Quaderni di Musica/
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Lied, «Chigiana», xxix-xxx, nuova serie ix-x (1972–73), p. 228.
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le funzioni introproiettive quale metodo di comporre, articolo dattiloscritto
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Giacomo Puccini nelle testimonianze di Berio, Bussotti, Donatoni e Nono, «Nuo-
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La Grande Aulodia di Maderna, «Chigiana», xxxi, nuova serie xi (1974), p. 375.
Opera nove, «Chigiana», xxxi, nuova serie xi (1974), pp. 377–8.
∙ 350 ∙
∙ Bibliografia ∙
∙ 351 ∙
∙ Bibliografia ∙
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Antecedente X. Sulle difficoltà del comporre, Adelphi, Milano 1980.
Marches per arpa, Clair per clarinetto, «Chigiana», xxxvii, nuova serie xvii
(1980), p. 261.
L’automatismo combinatorio, in Proposte musicali, Aqui Terme 1980, ristampato
in Il sigaro di Armando, p. 80.
Dopo il fuoco la voce, intervista a c. di Pietro Gallina, «Banchetto Musicale»,
1980, ristampato in Il sigaro di Armando, pp. 127–9.
Su Fili – The Heart’s Eye – L’ultima sera – Le ruisseau sur l’escalier, in Dopo l’a-
vanguardia: prospettive musicali intorno agli anni ’80, Festival Internazio-
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ottobre 1981, Venezia 1981.
La somiglianza della continuità, in La musica, le idee, le cose, a c. di Aldo Brizzi
e Renzo Cresti, Centro Musicale Fiorentino, Firenze 1981, pp. 52–3, ristam-
pato in Il sigaro di Armando, pp. 81–2.
Processo e figura (Fiesole 1981), in Il sigaro di Armando, pp. 83–6, poi pubblicato
con l’aggiunta di un commento critico in «Quaderni della Civica Scuola di
Musica», 13 (1986), pp. 69–73; traduzione francese Processus et figure, «En-
tretemps», 2 (1986), Dossier Franco Donatoni, pp. 95–9.
Presenza di Bartók (Venezia 1981), in Il sigaro di Armando, pp. 87–91.
Wagner, Abbado, Frigerio, Squarciapino, Strehler (sulle difficoltà del vedere), in Il
sigaro di Armando, pp. 92–5.
Lame, due pezzi per violoncello solo, «Chigiana», xxxviii, nuova serie xviii
(1982), pp. 292–3.
Il cammino dell’identificazione, intervista a c. di Angelo Valori, «Prospettive mu-
sicali», i/2 (1982), ristampata in Il sigaro di Armando, pp. 7–11.
Il tempo del comporre (1982), intervista a c. di Roberto Donatoni, in Il sigaro di
Armando, pp. 12–6.
Il sigaro di Armando. Scritti 1964–1982, a c. di Piero Santi, Spirali Edizioni, Mi-
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