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Antonello Boschi

Le Corbusier
1925 Petite contribution à l’étude d’une fenêtre moderne, in Id., Almanach d’architec-
Mies and America Luca
Lanini
ture moderne, Les Éditions G. Crès et Cie, Paris, pp. 95-97. La transizione della villa moderna da bene
Le Corbusier, Jeanneret, Pierre
1927 Fünf Punkte zu einer neuen Architektur, in Alfred Roth (a cura di), Zwei Wohn- di lusso a prodotto di massa
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Mawer, Simon
2009 The Glass Room, Little, Braun, London; trad. it., La casa di vetro, BEAT, Milano Designing and building houses individually is an old fashioned idea… much too
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Palazzeschi, Aldo
1913 Una casina di cristallo (congedo), «Lacerba», 6, 15 marzo, pp. 55-56. Nel secondo dopoguerra – l’inizio di quel periodo che abbiamo de-
Ponti, Gio finito delle «utopie realizzate» – il surplus di capitali, materiali e forza
1957 Amate l’architettura. L’architettura è un cristallo, Vitali e Ghianda, Genova. lavoro, il baby boom negli Stati Uniti, il problema della ricostruzione
Ripellino, Angelo Maria delle città in Europa, mettono in moto una riflessione generale sul
1973 Praga magica, Einaudi, Torino. rinnovamento urbano della metropoli occidentale che costituirà l’os-
Rowe, Colin, Slutzky, Robert satura di tutto il dibattito della seconda metà del XX secolo. Sembra
1963 Transparency: Literal and Phenomenal, «Perspecta», 8, pp. 45-54, poi in Colin possibile realizzare finalmente un’idea di città che mette in relazione
Rowe, The Mathematics of the Ideal Villa and Other Essays, The MIT Press, paesaggio e architettura, sperimentazione delle avanguardie figurative
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Slutzky), in Id., La matematica della villa ideale e altri scritti (1990), a cura di
dei primi anni del secolo e nuove tecnologie edilizie che hanno avuto
Paolo Berdini, Zanichelli, Bologna 1993, pp. 147-168. un utilizzo intensivo durante il conflitto. Un’idea di città che ha le
Scheerbart, Paul proprie radici nell’Illuminismo, che ha avuto momenti di sintesi e di
1914 Glasarchitektur, Verlag der Sturm, Berlin; trad. it. Architettura di vetro, Adelphi, avanzamento nell’opera di Howard, di Garnier, di Le Corbusier, dei
Milano 1982. disurbanisti sovietici. Un’ipotesi urbana che ha come obiettivo il su-
1920 Glasshausbriefe (lettera a Bruno Taut, 10 febbraio 1914), «Frühlicht», 3, Fe- peramento della città ereditata dalla storia e che identifica nella natu-
bruar; trad. it. Lettere sul palazzo di vetro, in 1920-1922. Frühlicht. Gli anni ra il contesto entro la quale costruirla. Una natura che, a seconda dei
dell’avanguardia architettonica in Germania, Mazzotta, Milano 1974, pp. 19-20.
vari punti di vista, è scenario idilliaco, impalcatura produttiva, stato
Vellay, Marc
originario al quale tornare, paesaggio da contemplare.
1985 Agli estremi del mattone Nevada, «Rassegna», 24, dicembre, pp. 6-17.
Dopo il 1945 cambia la scala e l’urgenza dei problemi, la dimen-
Wright, Frank Lloyd
sione è diventata quella della distruzione delle città europee. È an-
1943 An Autobiography, Duell, Sloan and Pierce, New York; trad. it. Una autobiogra-
fia (1985), Jaka Book, Milano 2003.
che il momento nel quale le posizioni si divaricano e si specializza-
no: come va ricostruito il centro delle città? Come vanno edificate
le espansioni? Se prima del conflitto si riteneva possibile utilizzare
un identico metodo e le stesse tipologie per il ridisegno complessivo
della città, come aveva proposto Le Corbusier nella «Ville Radieu-
se», la cultura architettonica del dopoguerra elabora invece ipotesi
molto diverse per le varie parti della città, dando nuovo impulso agli
studi scientifici sulla loro natura, storia e modalità di insediamento.
A meno di quei luoghi, come tante città americane, dove di fatto non
esiste un centro e dove la dimensione territoriale è preponderante. Lì
si decide di edificare una città fatta di ville, di attrezzare il paesaggio

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Luca Lanini Mies and America. La transizione della villa moderna

con questo tipo edilizio che era invece pensato per una vita lontana di operare questa riunificazione, introducendo, attraverso l’intervento
dal disordine urbano. artificiale dell’architettura, una chiave di lettura razionale della realtà
Questo è il programma al quale lavorano dall’esilio americano esterna, determinando cioè un’appropriazione intellettuale della Na-
Hilberseimer e Mies van der Rohe. Un’ipotesi di grande ricchezza che tura da parte dell’osservatore» (Bocchi, 2010, p. 63).
tiene insieme l’apparato infrastrutturale di un paese sterminato, la Una silenziosa rivoluzione spaziale alla quale sono piegate la spe-
potenza e la scala di una Natura che non ha confronti con quella del rimentazione sui materiali, un prodigioso controllo delle tecniche co-
Vecchio Continente, la possibilità di realizzare finalmente la urbs in struttive (idolo davanti al quale troppo spesso si arrestano le esegesi
horto. Un’idea di città che produrrà – come vedremo – una profonda miesiane, a partire dai testi di Hilberseimer e Blaser). Un pensiero
alterazione dei principi sui quali era costruita la villa moderna, della radicale sulla forma architettonica nel quale scompaiono le distinzio-
sua ideologia, a incominciare dai principi di isolamento e di esclusivi- ni tradizionali tra gli ambienti, la loro sequenza funzionale, qualsiasi
tà che per secoli l’avevano definita. concezione tradizionale di vita domestica, l’idea stessa di famiglia.
Una mutazione che può essere osservata e compresa proprio a par- Un percorso sempre individuabile, dai primi esperimenti in chiave
tire dal drammatico cambiamento nella produzione di case unifami- neoclassica-schinkeliana, al classicismo temperato da allievo di Pe-
liari di Mies van der Rohe a cavallo degli anni Quaranta, attraverso ter Behrens, alle sperimentazioni sulla pianta a spirale della casa in
l’analisi che proponiamo di tre progetti di ville. Un cambio di para- cemento armato (1923), al tentativo di ribaltare sulla terza dimen-
digma dell’architettura della villa che avrà un’influenza determinan- sione il principio dello spazio infinito di De Stijl nella casa in mattoni
te nei capolavori di maestri californiani come Charles Eames, Pierre (1924), fino al Padiglione di Barcellona (1929).
Konig o Craig Ellwood (che fra tutti, sono quelli che rivendicano una Quest’ultima opera rappresenta però un punto di svolta nella pro-
genealogia diretta con l’architetto tedesco), «umanizzando», rimuo- duzione miesiana. Per Antonio Monestiroli «è evidente che il padi-
vendo il côté aristocratico e di fatto rendendo disponibile al mercato glione di Barcellona è una casa, e che il suo valore non sta tanto nella
di massa quell’esperienza di architettura. E che sono, non meno di sua particolarità formale, come molti sembrano indicare, quanto nella
Mies, tra i protagonisti di quell’epoca e di questo volume. sua semplice enunciazione degli elementi costitutivi della abitazione:
un tetto costruito autonomamente e un recinto che delimita un luogo.
Le divisioni interne sono secondarie, la loro disposizione ancora di
Case per misantropi più, anche se è l’aspetto della sua ricerca più discusso perché qui si
rendono evidenti i suoi legami con le avanguardie. Questa ricerca è
Le ville costituiscono una parte rilevante dell’opera di Mies van portata a compimento dopo dieci anni di lavoro con il progetto della
der Rohe almeno fino a tutti gli anni Cinquanta. Un tema che gli con- casa a tre corti, un progetto passato inosservato, eppure nella casa
sente un’inesausta sperimentazione su tecniche e materiali, ma soprat- a tre corti è contenuta la spiegazione del padiglione di Barcellona»
tutto l’evoluzione di un’idea di spazio il cui fine è «portare Natura, (Monestiroli, 2002, pp. 48-49, corsivo mio).
uomo e architettura ad una più alta unità» e che considera il pae- Su questo punto dissento dall’interpretazione di Monestiroli: se
saggio come la vera «necessità dell’uomo moderno». L’architettura il padiglione di Barcellona fissa il paradigma per l’architettura della
di Mies può essere compresa proprio a partire da questo principio: villa miesiana, non è perché il padiglione è una casa, ma perché come
costruire un rapporto pacificato e consolatorio con il mondo, legando padiglioni saranno concepite tutte le ville successive.
in un unico disegno Architettura e Natura, ove i due termini possano A partire proprio dalla casa a tre corti. Un progetto e una vicenda
essere percepite come parte di quella «più alta unità», ciascuna nella singolare che dal 1931 si prolunga fino agli anni Cinquanta1 (Tege-
sua autonomia e riconoscibilità grazie alla definizione formale dei re-
ciproci confini: «per Mies, il problema non è tanto quello di riunire
uomo e natura attraverso una compenetrazione fisica dell’artificiale
1
«The term Court Houses, which Johnson correctly used to categorize the Hubbe and
Ulrich Lange projects as well, applies to a series of Mies van der Rohe’s dwelling designs
e del naturale, dell’interno e dell’esterno – come a volte si è intesa from the thirties that as yet cannot be precisely dated or related to a concrete location or
la sua opera, riconducendola a categorie wrightiane – poiché anzi commission. It has seemed likely that Mies forced into inactivity by the restrictive cultural
architettura e natura giocano ciascuna un proprio autonomo luogo politics of National Socialists, was there attempting to perfect a concept that […] seems to
nel paesaggio (urbano e extraurbano che sia): piuttosto il problema è have originated during the time of his teaching in Dessau, which would confirm the date of
1931 as a starting point» (Tegethoff, 1985, p. 124).

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Luca Lanini Mies and America. La transizione della villa moderna

thoff, 1985, pp. 124-126), per venti anni registrando nelle sue varie meccanismo antigravitazionale» che permette di far galleggiare nella
incarnazioni la trasformazione del pensiero di Mies e – di conseguen- luce la materia.
za – il cambiamento della percezione internazionale sull’architettura Esattamente come lo spazio di un museo o di un padiglione, a
della villa moderna. Un progetto già in gestazione durante i corsi al partire dalla genericità della pianta per finire allo studio luministico.
Bauhaus, che si precisa poi in alcune commesse reali – Casa Hubbe Uno spazio ostile alla vita domestica e all’intimità familiare, abitato
a Magdeburgo – per assumere una valenza autonoma e prototipale da misantropi che si sottraggono alla vista del mondo. Sappiamo che
(senza luogo e senza committente) in un gran numero di versioni, Mies nel suo appartamento berlinese conduceva una vita spartana, da
secondo un esemplare processo teoria-prassi-teoria. recluso, con il conforto di pochissimi oggetti materiali: qualche libro
Un principio insediativo molto chiaro, che sembra separare il de- di filosofia, una scultura di Picasso, una tela di Paul Klee. La casa a tre
stino dell’abitazione e dei suoi abitanti da quello della città e del pa- corti, come suggerisce Iñaki Ábalos, è un autoritratto dipinto su una
esaggio circostante. L’ampio recinto rettangolare in mattoni esclude tela bianca, la costruzione di un monumento a protezione del proprio
qualsiasi relazione con la città, con la strada e con l’orizzonte. Il ego, una villa dove l’architetto offre «se stesso come progetto» (Ábal-
paesaggio – costretto nelle geometrie del patio – è concepito come os, 2000, trad. it., pp. 38).
un altro elemento del progetto, brandello di «arcadia sintetica», na-
tura morta.
Ma anche un punto di vista estremo sull’abitare: sotto un bianco «Freiheit! Es ist ein Reich!»3
tetto planare sostenuto da pilastrini metallici cruciformi si artico-
la uno spazio domestico neutrale e indifferente, nel quale sembra Nel 1938, dopo incontri con Frank Lloyd Wright e Philip John-
possibile qualsiasi partizione distributiva, tanto da giungere, negli son, contatti con la direzione dell’Armour College di Chicago, Mies
ultimi disegni tracciati a Chicago nel 1947, alla definitiva scompar- si trasferisce precipitosamente negli Stati Uniti. Il primo incarico che è
sa di arredi e oggetti di uso: «alcune opere d’arte e qualche arredo chiamato a svolgere è la Resor House4. La Resor House rappresenta il
si alternano, quasi senza soluzione di continuità, agli elementi più primo drammatico distacco dal paradigma della villa miesiana euro-
architettonici. Gli arredi non assecondano le leggi del confort tradi- pea. Un volume a ponte che scavalca il torrente Mill Creek, poggiato
zionale né la specializzazione funzionale: di volta in volta assumono su quattro plinti e una piccola struttura di servizio già costruiti da
un diverso valore artistico ed architettonico, si trasformano in un Philip Goodwin. Rivestita da tavole in legno con un evidente citazio-
ulteriore momento chiave del sistema architettonico stesso» (Ábal- ne della tecnologia del balloon frame e attraversato da un camino in
os, 2000, trad. it., pp. 36-37). pietra da taglio come ultimo omaggio a Wright, la Resor House iden-
I collage che accompagnano questi progetti descrivono ambienti tifica la propria domesticità in una nuova relazione con la Natura,
immersi in una luce clinica e senza ombre, sospesi in un eterno presen- conquistando una posizione elevata, rinunciando al rapporto diretto
te nel quale è emendato l’accadimento, abitati solo da statue attiche. col suolo. L’ostico perimetro delle case a patio, che impediva qualsiasi
Uno spazio congegnato attraverso inganni prospettici, rimbalzi di in- rapporto col mondo che non fosse lo spazio mineralizzato delle corti,
finiti riflessi (sui carter in alluminio lucidato dei pilastrini metallici, è dissolto. La «geometria dello sguardo» proviene da un punto rial-
sui vetri mai completamente trasparenti, sull’acqua), simmetrie dis- zato che nel prosieguo dell’attività americana di Mies si andrà sempre
simulate: «il virtuale e il reale diventano di difficile distinzione. […].
La riflessione è il modo con cui Mies crea un muto teatro del mondo
pur mantenendo da esso la distanza critica»2 (Evans, 1990, trad. it., 3
«Libertà! Questo è un regno!» sono le parole esclamate da Mies uscendo sulla terraz-
pp. 47-48). Tutto in queste architetture congiura ad organizzare «un za dell’ufficio di Wright a Taliesin, la sua prima esperienza diretta con il paesaggio dell’he-
artland americano (Schulze, 1985, trad. it., p. 210).
4
Sulle circostanze della fuga di Mies dalla Germania cfr. Schulze, 1989, trad. it., pp.
205-216. Per capire quale sia la committenza del prestigioso expat berlinese ricordiamo che
2
La tesi di Evans è nota: gli spazi di una delle più articolate e libere architetture del la signora Helen Resor è una delle amministratrici del MoMA, il marito Stanley il presidente
Novecento sono governate in realtà da un sistema di controllo geometrico retto da una di una grande agenzia di pubblicità di Manhattan: aristocrazia finanziaria ed intellettuale di
simmetria che agisce secondo un’asse orizzontale, a differenza di quella bilaterale verticale New York. Mies inizia a lavorare al progetto nell’autunno del 1937 e continuerà fino al 1943,
del Classicismo. Considerazioni analoghe possono essere fatte, vista l’analogia che abbiamo producendo due versioni complete, cfr. Tegethoff, 1985, pp. 127-128 e McAtee, Cammie,
stabilito, per le case a patio degli anni Trenta e Quaranta. Cfr. anche Quetglas, 2001. 2001, Alien #5044325: Mies First Trip to America, in Lambert, 2001, pp. 156-180.

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Luca Lanini Mies and America. La transizione della villa moderna

più specializzando in una piattaforma sacrale (Farnsworth House), spaziale. Nel Mies americano gli elementi funzionali non comparti-
producendo una frattura epistemologica chiara tra Natura e Artificio. mentano più con scatti neoplastici lo spazio della vita domestica, di-
A differenza delle visioni organiciste, la distinzione tra punto di osser- ventano dei nuclei ben definiti che schermano alcune visuali; i pilastri
vazione e l’oggetto da contemplare deve essere netto5. cruciformi, che tanto avevano infastidito Wright, non «picchettano»
Lo spazio dell’abitazione è definito da un soggiorno completamen- più la fluenza spaziale, ma trasmigrano verso l’esterno dell’edificio,
te vetrato, una sorta di macchina ottica, oggetto di una bellissima se- prima lungo il perimetro, con la Farnsworth House, poi al di fuori
rie di collage nei quali gli interni della casa sono posti in relazione con di esso con la 50x50 ft House e con gli anni tenderanno a ridursi di
varie campionature di paesaggio americano, nessuna delle quali ha numero aumentando in consistenza (cfr. Doimo, 2009, pp. 213-222).
una corrispondenza con il sito di progetto: praterie, deserti, canyons, Nella primavera del 1943 un’inondazione trascina via sia i piloni
montagne6. Il paesaggio, con la violenza della sua luce e dei suoi colori che l’ala di servizio. Mies produce una variante che incorpora quel-
viene risucchiato all’interno della vita domestica; le geometrie dell’ar- la che il maestro di Aquisgrana deve aver considerato una fortuna-
chitettura ne costituiscono solo la cornice e ne sistematizzano la vi- ta coincidenza, l’assenza di vincoli conduce a quella concinnitas alla
sione. Un altro esercizio sull’orizzontalità e la percezione, accentuata quale Mies aspira. Disancorata dai suoi legami contestuali (le struttu-
dal decentramento dei pilastrini rivestiti in bronzo rispetto al punto re presistente, il paesaggio peculiare dei monti del Grand Teton), nella
di vista e dalla successione delle pareti libere che si interpongono al sua seconda versione la Resor House lascia intravedere la possibilità
piano dell’orizzonte: un quadro di Klee, una parete rivestita in doghe di essere iterata industrialmente, come una qualsiasi forma tecnica:
di legno (ancora la Natura “addomesticata” dalla geometria e dalla non più autoritratto d’artista, ma meccanismo per abitare la Natura7.
prassi). Una sequenza ottica costruzione-cultura-natura: il Kunstlose
Wort che Mies ambisce a costruire.
L’osservazione/contemplazione del paesaggio non deve essere Houses for Mass Production
ostruita da alcun elemento, lo spazio della casa diventa quello di un
riparo coperto, il cui perimetro tende sempre più verso la trasparen- Nei primi anni Cinquanta Mies incrocia la domanda di case pre-
za assoluta. Il vetro, che nel Mies europeo era stato il luogo della fabbricate rivolta soprattutto al mercato dei veterani della seconda
riflessione, della moltiplicazione fantasmatica dell’architettura op- guerra mondiale8. Oltre alle ben note ricerche di Konrad Wachsmann,
pure strumento per sottrarre alla luce qualsiasi qualità fenomenica, nel 1945 la rivista «Arts and Architecture» diretta da John Entenza,
diventa in America un diaframma invisibile. La rinnovata percezione aveva redatto un bando per il Case Study House Program. Un piano
della Natura provoca una profonda revisione anche della dimensione per la realizzazione di una serie di prototipi di case unifamiliari che
riutilizzassero le tecnologie costruttive sviluppate durante il periodo
bellico, da affidare a maestri riconosciuti e giovani emergenti e con le
5
«Looking through the glass wall one is struck instead by an impression of visual distance, quali costruire lo sviluppo urbanistico delle città americane. Ad inco-
of detachment. The landscape here appears to the viewer no longer as spatial frame of reference, minciare da Los Angeles, con l’obiettivo di trasformarla in una città
but takes on a distinctly pictorial, almost stagelike character that Mies attempted to make even fatta di ville moderne.
more apparent by means of strictly frontal reproduction in parallel lanes of the panorama pre-
sented», Tegethoff, 1985, p. 28. In maniera abbastanza inaspettata nel programma che in quegli Questo il background culturale in cui viene sviluppato il proget-
stessi mesi Mies sottopone all’AIT troviamo scritto: «The goal of an Architecture School is to to per la 50x50 ft House for Mass Production, col quale si compie
train men who can create organic architecture» (corsivo mio). Detlef Mertins spiega tramite la transizione di Mies da artigiano-artista che, in maniera analoga a
Phyllis Lambert questa apparente contraddizione: «Mies continued to affiliate himself with the
pursuit of the organic but explained that, for him [Mies], organic architecture was something
different than it was for Wright. For Wright it meant that building grow out of the ground,
whereas for Mies it pointed to the relationship between the tip of a finger and the finger as a 7
«A crisp, monolithic form, elemental in character. Like a technical form, it appeared
whole, the finger to the forearm, and so on – a proportional relationship of parts to the whole irreducible and potentially reproducible in series. […]. The Resor House was a self-con-
as well as amongst parts of a whole to one another. This was a structural relationship in both tained, autonomous, anorganic crystal hovering just above the ground on either side of
the anatomical (functional) and mathematical sense» (Mertins, 2014, p. 237). a creek – a veritable epigone of chiselled American individualism in the rugged American
6
«Thus the photograph of the rugged mountain landscape collaged into the window West» (Mertins, 2014, p. 240).
frame, with cowboys on horseback, does not represent the actual view from the site but 8
Il principale impulso per lo studio di case prodotte industrialmente proveniva da Her-
suggests what could be considered a fantasy view on the architect’s part» (Mc Quaid, a bert Greenwald, l’imprenditore che aveva finanziato sia i Promontory Apartments (1949)
cura di, 2002, p. 90). che l’operazione Lake Shore Drive (1949), cfr. Mertins, 2014, p. 367.

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Luca Lanini Mies and America. La transizione della villa moderna

Marcel Duchamp decontestualizza e rende poetici oggetti legati all’e- tettura e costruzione10. Eppure la sottile ambiguità della casa 50x50
dilizia corrente, al poeta-tecnico della produzione industriale. ft è palese: di nuovo una casa costruita come se fosse un museo, un
Se fino ad allora la casa per Mies era stata uno spazio definito piccolo padiglione. Lo schema costruttivo è il medesimo delle aule
da un tetto ed un recinto, poi da un tetto e una piattaforma elevata, immaginate da Mies alla fine della sua prodigiosa carriera, aule de-
con questa villa l’abitazione è riassunta unicamente da un tetto. Un stinate appunto ad accogliere musei e gallerie d’arte. Ogni dimen-
grande tetto metallico nervato, sospeso su quattro pilastri mediani. sione tipologica è bruciata, come ogni distinzione tra gli ambienti
Non più il piano assoluto del soffitto a velario che conquista inedite che devono accogliere la sfera privata dell’intimità e quella pubblica
dimensioni spaziali con i suoi aggetti, ma una copertura tettonica della vita associata. Lo spazio dove si svolge la vita degli uomini è lo
che funge da grande metafora dello stato tensionale bidirezionale a stesso: unico, circonfuso di luce, abitato da opere d’arte e dal quale
cui è sottoposta. traguardare la natura, coperto da un tetto che ha lo stesso senso delle
Una pianta quadrata di 16 metri di lato, un piano astratto nel cupole per gli antichi, una forma che contenga per analogia le leggi
quale molte disposizioni sono possibili grazie a partizioni fatte da dell’universo.
pareti libere e da tendaggi. Mies studia soluzioni a una, due, tre ca- Un museo come casa e una casa come museo, una casa che è un
mere da letto, dove anche il nucleo centrale dei servizi può variare museo perché espone sé stessa e la vita che al suo interno si svolge.
(unici punti fissi le discese degli impianti). La dinamicità e la mute- La transizione è compiuta: la villa moderna è diventata opera d’arte
volezza della vita moderna è ancorata al mondo fenomenico dalla autonoma nell’epoca della riproducibilità tecnica11.
forma stabile del quadrato di copertura. Quasi una composizione
suprematista – avvertiamo echi di Ivan Leonidov, lo spazio assoluto,
la pianta che consente la contemporaneità di varie attività umane e Riferimenti bibliografici
ovviamente di Malevich, per l’aura metafisica che attinge la forma
Ábalos, Iñaki
geometrica – se non fosse che in Mies la forma geometrica coincide 2000 La buena vida: visita guiada a las casas de la modernidad, Gustavo Gili, Barcelo-
con un sistema costruttivo. Ma la costruzione per Mies è un mezzo, na; trad. it. Il buon abitare. Pensare le case della modernità, Christian Marinotti
non un fine. Il fine è la creazione dello spazio moderno per l’abitare Edizioni, Milano 2009.
umano attrezzando la natura attraverso la tecnica. Attraverso forme Blaser, Werner
ripetibili, iterabili in serie, secondo un principio di democrazia della 1965 Mies van der Rohe. Die Kunst der Struktur, Verlag für Architektur Artemis, Zü-
rich-Stuttgart; trad. it. Mies van der Rohe, Zanichelli, Bologna 1991.
bellezza e del mercato che sarebbe stato inconcepibile per il Mies 1985 Atrium, Wepf & Co. AG Verlag, Basel.
berlinese. Non ville per l’intellettuale aristocratico rigorosamente Bocchi, Renato
single che sembra vivere nelle sue opere tedesche (i suoi clienti ber- 2010 L’architettura come impalcatura per vivere il paesaggio, in Id., Progettare lo spa-
linesi erano pittori, filosofi, critici d’arte), ma case per il common zio e il movimento. Scritti scelti di arte, architettura e paesaggio, Gangemi Edito-
re, Roma, pp. 60-77.
man. O, molto più probabilmente, per quello che Mies ritiene debba
Capozzi, Renato
essere l’uomo comune americano9.
2011 Le architetture ad Aula: il paradigma Mies van der Rohe, Clean, Napoli.
Mies anche a Chicago resta però un grande creatore di finzioni,
Cara, Davide
magistralmente dissimulate all’interno di un discorso stringente e as- 2001 Ludwig Mies van der Rohe. Casa di campagna in cemento, casa di campagna in
sertivo che sembra volerle occultare nell’identità assoluta di archi- mattoni, Unicopli, Milano.

10
Goldsmith racconta un episodio rivelatore dell’atteggiamento di Mies riguardo la
9
«Goldsmith [il principale collaboratore di Mies in quegli anni] was skeptical about the «verità strutturale». Tra le soluzioni per la copertura della 50x50 ft House vengono provate
open plan for family living: “I thought it was a huge step to suggest that… I said incredulous- e calcolate diverse tipologie strutturali. Quella che da i risultati migliori, consentendo una
ly, one day to Mies, ‘Do you mean you can raise this family with children, parents in this open sezione delle travi minori e un comportamento statico più efficiente è quella con la tessitura
plan and adjust some walls?’” “Ja”, said Mies, “there’s a distance, and it reminds me of some strutturale a 45° rispetto al quadrato. Né i calcoli né i disegni furono mai sottoposti a Mies
ski lodges or one yacht or sailboat”. He thought it could be done if you had a venturesome perché non gli avrebbe mai accettati. Cfr. Mertins, 2014, p. 461.
client”. But at the some time, it was clear to Goldsmith that Mies embarked on the project 11
Non è casuale che proprio la 50x50 ft House sia stata oggetto di un’installazione Gravity
for a 50x50 House with “a more artistic vision, [a] more architectural vision. It was to get a is a Force to be Reckoned With (2009) di Iñigo Manglano-Ovalle. Un suo modello in scala
beautiful space which could be arranged in various ways”» (Mertins, 2014, p. 459). reale giace capovolto, onde enfatizzarne l’aspetto assoluto e oggettuale: un museo in un museo.

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Luca Lanini Mies and America. La transizione della villa moderna

Carter, Peter Neumeyer, Fritz


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