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2018/19
Teoremi dimostrati nel corso.
ATTENZIONE!!!!. Nel corso di matematica generale sono stati presentati teoremi
per i quali è richiesta la conoscenza del solo enunciato e teoremi dei quali è stata data
anche la dimostrazione.
Per conoscere l’elenco completo dei teoremi enunciati nel corso, e quindi richiesti in
sede di prova d’esame, lo studente può consultare i registri delle lezioni, disponibili alla
sezione “Link ai registri delle lezioni” del sito:
https://elearning.ec.unipi.it/course/view.php?id=867
In questo documento sono riportati esclusivamente i teoremi per i quali è
richiesta anche la dimostrazione.
Teorema 1.2 (Teorema degli zeri) Sia f : [a, b] → R una funzione continua tale
che f (a)f (b) < 0. Esiste allora un punto x̄ ∈ (a, b) tale che f (x̄) = 0.
Dimostrazione. Per il Teorema di Weierstrass, f ammette valore massimo e mini-
mo e tutti i valori compresi tra il massimo ed il minimo. Indichiamo con M il valore
massimo e con m il valore minimo. Poiché f (a)f (b) < 0 f (a) ed f (b) hanno segno
discorde. Di conseguenza, poiché m ≤ f (a) e m ≤ f (b) si ha m < 0; analogamente,
poiché M ≥ f (a) e M ≥ f (b), si ha M > 0. Poiché f assume tutti i valori compresi
tra m < 0 e M > 0, esiste un punto x̄ ∈ (a, b) tale che f (x̄) = 0. ♣
1
Teorema 1.3 (Rapporto tra derivabilità e continuità) Sia data una funzione f :
X → R, x0 ∈ X punto interno. Se f è derivabile in x0 allora f è continua in x0 .
Dimostrazione. Dobbiamo calcolare lim f (x). Per definizione di limite, x 6= x0 e
x→x0
quindi
ovvero, f è continua in x0 . ♣
ovvero x0 non può essere né un punto di massimo né un punto di minimo e questo con-
traddice l’ipotesi. In modo del tutto analogo si dimostra che non può essere f 0 (x0 ) < 0,
da cui la tesi. ♣
2
Teorema 1.5 (Teorema di Rolle) Sia f una funzione definita e continua nell’in-
tervallo chiuso e limitato [a, b] e derivabile nell’intervallo aperto (a, b), con
f (a) = f (b). Esiste allora almeno un punto x0 ∈ (a, b) tale che f 0 (x0 ) = 0.
Dimostrazione. Poiché f è definita e continua in un intervallo chiuso e limitato [a, b],
per il teorema di Weierstrass, f assume massimo e minimo valore. Indichiamo con M
ed m rispettivamente il massimo ed il minimo valore di f .
Se M = m, f è costante e quindi qualsiasi punto x0 interno all’intervallo soddisfa la
tesi del teorema in quanto la derivata di una costante è la funzione nulla.
Se M 6= m, poiché f (a) = f (b), f assume almeno uno dei due valori M o m in un
punto interno x0 e quindi, per il Teorema di Fermat, si ha f 0 (x0 ) = 0. ♣
Teorema 1.6 (Teorema di Lagrange) Sia f una funzione definita e continua nel-
l’intervallo chiuso e limitato [a, b] e derivabile nell’intervallo aperto (a, b). Allora esiste
almeno un punto x0 ∈ (a, b) tale che f 0 (x0 ) = f (b)−f
b−a
(a)
.
Dimostrazione. Consideriamo la seguente funzione ausiliaria
f (b) − f (a)
F (x) = f (x) − (x − a)
b−a
e dimostriamo che F soddisfa le ipotesi del teorema di Rolle.
Osserviamo che :
f (b) − f (a)
- (x − a) è un polinomio di I grado e quindi è una funzione continua e
b−a
derivabile;
f (b) − f (a)
F (a) = f (a) − (a − a) = f (a)
b−a
f (b) − f (a)
F (b) = f (b) − (b − a) = f (b) − f (b) + f (a) = f (a)
b−a
3
Poiché le ipotesi del Teorema di Rolle sono verificate, esiste almeno un punto x0 ∈ (a, b)
tale che F 0 (x0 ) = 0. Essendo F 0 (x) = f 0 (x) − f (b)−f
b−a
(a)
risulta
f (b) − f (a)
F 0 (x0 ) = f 0 (x0 ) − =0
b−a
f (b) − f (a)
da cui f 0 (x0 ) = . ♣
b−a
Teorema 1.7 (Conseguenze del Teorema di Lagrange.) Sia f una funzione de-
finita e continua in un intervallo I e derivabile nei punti interni all’intervallo I.
i) se f 0 (x) = 0 in ogni punto x interno all’intervallo I, allora f è costante in I.
ii) se f 0 (x) > 0 (f 0 (x) < 0) in ogni punto x interno all’intervallo I, allora f è crescente
(decrescente) in I.
Dimostrazione. i) Siano x∗ un arbitrario punti di I. Si deve dimostrare che f è
costante, ovvero che f (x∗ ) = f (x̄) per ogni x̄ ∈ I. Supponiamo dapprima che x∗ < x̄:
f è continua nell’intervallo [x∗ , x̄] e derivabile in (x∗ , x̄). Applicando il teorema di
Lagrange alla funzione f nell’intervallo [x∗ , x̄], si ottiene che esiste un punto x0 tale che
f (x̄) − f (x∗ )
f 0 (x0 ) = , x0 ∈ (x∗ , x̄)
x̄ − x∗
Poiché x0 è un punto interno dell’intervallo I, per ipotesi f 0 (x0 ) = 0 da cui segue
f (x̄) − f (x∗ )
= 0 e f (x̄) = f (x∗ ). Se x̄ < x∗ , in modo del tutto analogo al caso x∗ < x̄,
x̄ − x∗
si applica il Teorema di Lagrange all’intervallo [x̄, x∗ ] e si ottiene f (x∗ ) = f (x̄).
La tesi è dimostrata data l’arbitrarietà di x∗ .
ii) Si deve dimostrare che f è crescente in I ovvero che ∀x1 , x2 ∈ I con x1 < x2 , ri-
sulta f (x1 ) < f (x2 ). Applicando il teorema di Lagrange alla funzione f nell’intervallo
f (x2 ) − f (x1 )
[x1 , x2 ], si ha che esiste un punto x0 ∈ (x1 , x2 ) tale che f 0 (x0 ) = . Tenen-
x2 − x1
f (x2 ) − f (x1 )
do conto dell’ipotesi f 0 (x0 ) > 0 si ottiene > 0 e quindi x1 < x2 implica
x2 − x 1
f (x1 ) < f (x2 ). La tesi è dimostrata data l’arbitrarietà di x1 , x2 . (La dimostrazione
per il caso (f 0 (x) < 0) è del tutto analoga). ♣
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1.1 Proprietà delle funzioni concave e convesse ad una varia-
bile.
Teorema 1.8 Sia f : A → R, A ⊂ R, A aperto e convesso, f derivabile in A.
i) Se f è una funzione convessa e x̄ ∈ A è punto critico per f, allora x̄ è punto di
minimo assoluto di f su A.
ii) Se f è una funzione concava e x̄ ∈ A è punto critico per f, allora x̄ è punto di
massimo assoluto di f su A.
Dimostrazione. i) Poiché f è convessa si ha
Poiché per ipotesif 0 (x̄) = 0 si ha f (x) ≥ f (x̄) per ogni x ∈ A da cui la tesi.
ii) Analoga alla dimostrazione del punto i). ♣
ed in particolare
f (x∗ ) ≥ f (x̄) + f 0 (x̄)(x∗ − x̄)
da cui
f (x∗ ) − f (x̄) ≥ f 0 (x̄)(x∗ − x̄)
5
Avendo supposto f (x∗ ) − f (x̄) < 0 si ha
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2 Funzioni a due variabili
Consideriamo una funzione f : A → R, con A ⊆ R2 , aperto, f di classe C 1 ed un
punto (x0 , y 0 ) ∈ A. Denotiamo con ∇f (x0 , y 0 ) e con H((x0 , y 0 ) rispettivamente il
gradiente e la matrice Hessiana di f , calcolati in (x0 , y 0 ). Prima di presentare i teoremi
enunciati e dimostrati a lezione, richiamiamo alcune fondamentali definizioni e risultati.
Si consideri l’equazione parametrica di una curva (x(t), y(t)) , t ∈ R e la restrizione di
f su tale curva ϕ(t) = f (x(t), y(t)).
• Regola della catena
∂f ∂f
ϕ0 (t) = (x(t), y(t)) x0 (t) + (x(t), y(t)) y 0 (t)
∂x ∂y
o equivalentemente
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• Derivata direzionale e direzioni di crescita e decrescita
– Se ϕ0d (0) > 0 allora d è una direzione di crescita locale per f uscente dal
punto (x0 , y 0 ).
– Se ϕ0d (0) < 0 allora d è una direzione di decrescita locale per f uscente dal
punto (x0 , y 0 ).
• Proprietà del gradiente
Sia f : A → R, con A ⊆ R2 , aperto, una funzione di classe C 1 ed un punto
(x0 , y 0 ) ∈ A.
– I proprietà. Sia ∇f (x0 , y 0 ) 6= (0, 0). La direzione d = ∇f (x0 , y 0 ) è la
direzione di massima crescita locale per f uscente da (x0 , y 0 ), mentre la
direzione −∇f (x0 , y 0 ) è la direzione di massima decrescita locale.
– II proprietà. Sia ∇f (x0 , y 0 ) 6= (0, 0). Il vettore ∇f (x0 , y 0 ), applicato nel
punto (x0 , y 0 ), è ortogonale alla retta tangente alla curva di livello passante
per (x0 , y 0 ).
Esempio 2.2 Sia data la funzione f (x, y) = log(3x) + y 3 e si consideri la semiretta
uscente dal punto (1, 2) di direzione d = (3, 4).
a) Sfruttando la regola della catena, calcolare ϕ0 (t) essendo ϕ(t) = f (1+3t, 2+4t), t ≥ 0.
b) Stabilire se la direzione d è di crescita o di decrescita locale per f uscente da (1, 2).
c) Determinare una direzione di decrescita locale per f uscente da (1, 2), diversa dalla
direzione −∇f (1, 2).
d) Stabilire se la direzione u = (0, 2) è di crescita o di decrescita locale per f uscente
da (1/2, 0).
1 1
a) ∇f (x, y) = x , ∇f (1 + 3t, 2 + 4t) = 1 + 3t ,
3y 2 3(2 + 4t)2
0 1 2 3 3
ϕ (t) = , 3(4 + 16t + 16t ) = + 12(4 + 16t + 16t2 )
1 + 3t 4 1 + 3t
0 T 3 T 3
b) Poiché ϕ (0) = ∇f (1, 2) = (1, 12) = 3 + 48 = 51 > 0, d = (3, 4) è una
4 4
direzione di crescita locale per f uscente dal punto (1, 2).
T d1
c) Tutte le direzioni d = (d1 , d2 ), tali che ∇f (1, 2) < 0 sono direzioni di decre-
d2
scita locale per f uscenti da (1, 2).
Ad esempio d = (0, −1).
0 0
d) In questo caso ∇f (1/2, 0)T = (2, 0)T = 0. Sfruttando la regola della
2 2
catena si ha che T
0 1 0
ϕu (t) = ∇f , 2t = 24t2
2 2
8
Di conseguenza per t > 0 si ha ϕ0u (t) > 0 e quindi u è una direzione di crescita locale
per f uscente da 21 , 0 .
9
Osservazione 2.1 Consideriamo un punto critico (x0 , y 0 ) per il quale o le derivate
parziali seconde pure in (x0 , y 0 ) hanno segno discorde o det H (x0 , y 0 ) < 0. In virtù
della condizione necessaria di ottimalità del II ordine, (x0 , y 0 ) non è un punto né di
massimo né di minimo relativo.
∂ 2f ∂ 2f
(x, y) ≥ 0, (x, y) ≥ 0, e det H (x, y) ≥ 0 ∀(x, y) ∈ A.
∂ 2x ∂ 2y
∂ 2f ∂ 2f
(x, y) ≤ 0, 2 (x, y) ≤ 0, e det H (x, y) ≥ 0 ∀(x, y) ∈ A.
∂ 2x ∂ y
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Funzioni concave e convesse e condizioni di ottimalità
Teorema 2.6 Sia f : A → R, A ⊆ R2 , A aperto e convesso, f di classe C 1 .
i) Se f è convessa e (x0 , y 0 ) ∈ A è punto critico per f , allora (x0 , y 0 ) è punto di minimo
assoluto per f su A.
ii) Se f è concava e (x0 , y 0 ) ∈ A è punto critico per f , allora (x0 , y 0 ) è punto di mas-
simo assoluto per f su A.
o equivalentemente
∗
x − x0
∗ ∗ 0 0 0 0 T
f (x , y ) − f (x , y ) ≥ ∇f (x , y ) .
y∗ − y0
11
∗ 0
Essendo f (x∗ , y ∗ ) < f (x0 , y 0 ) si ha f (x∗ , y ∗ )−f (x0 , y 0 ) < 0 da cui ∇f (x0 , y 0 )T xy∗ −x
−y 0 =
∗ 0
x −x
∇f (x0 , y 0 )T d < 0. Di conseguenza, la direzione d = è una direzione ammis-
y∗ − y0
sibile di decrescita locale, in contraddizione con il fatto che (x0 , y 0 ) è punto di minimo
locale.
ii) Analoga alla i). ♣
3 Matematica finanziaria
3.1 Rendite periodiche. Montante e valore attuale
Nota bene: in questa sezione riportiamo soltanto la derivazione delle formule relative
al valore attuale ed al montante dei vari tipi di rendite. In quanto segue considereremo
rendite periodiche, temporanee, di n rate costanti di importo R, in regime di capita-
lizzazione composta, convenzione esponenziale, tasso i > 0.
Per una trattazione esaustiva sull’argomento si rimanda ai testi consigliati ed al mate-
riale messo a disposizione sul portale di e-learning.
Ricordiamo che il valore attuale di una rendita è dato dalla somma dei valori attuali
delle singole rate, calcolati in un dato regime di capitalizzazione e riferiti all’istante
in cui inizia la costituzione della rendita, mentre il montante di una rendita è dato
dalla somma dei montanti delle singole rate. In generale, il valore di una rendita ad
una data epoca k è dato dalla somma dei valori delle singole rate alla suddetta epoca
k. Indichiamo con V , M e Vk rispettivamente il valore attuale, il montante ed il va-
lore all’epoca k di una rendita di n rate, al tasso i > 0; valgono le seguenti relazioni
fondamentali
M = V (1 + i)n V = M
(1+i)n
(1)
Vk = V (1 + i)k Vk = M
(1+i)(n−k)
(2)
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Rendita immediata posticipata. Montante
0 1 2 3 n-1 n
R R R R R
R(1+i)
R(1+i)n-3
R(1+i)n-2
R(1+i)n-1
R(1+i)-2
R(1+i)-3
R(1+i)-4
R(1+i)-5
R(1+i)-n+1
R(1+i)-n
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Con procedimento analogo a quello visto per il montante si ricava
1 1 1 1 1
V (1 + i) − V = R 1 + − +, ..., + − −
(1 + i) (1 + i) (1 + i)(n−1) (1 + i)(n−1) (1 + i)n
iV = R[1 − (1 + i)−n ]
1 − (1 + i)−n
V = R
i
Possiamo ricavare la formula del valore attuale, a partire da quella del montante,
tenendo conto della relazione in (1), ovvero
1
M (1 + i)n − 1 1 − (1+i)n
V = = R = R
(1 + i)n (1 + i)n i i
0 1 2 3 n-1 n
R R R R R
R(1+i)
R(1+i)n-3
R(1+i)n-2
R(1+i)n-1
R(1+i)n
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Facendo la differenza membro a membro tra la (6) e la (5) si ottiene
(1 + i)n − 1
M = R(1 + i)
i
Sapendo che il valore attuale è la somma dei valori attuali delle singole rate, si ha:
Rendita immediata anticipata. Valore attuale
0 1 2 3 4 5 n-1 n
R R R R R R R
R
R(1+i)-1
R(1+i)-2
R(1+i)-3
R(1+i)-4
R(1+i)-5
R(1+i)-n+1
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Relazione tra valori di una rendita immediata posticipata e immediata e
anticipata
A parità di valore della rata R, numero delle rate n e tasso i, il valore attuale (montante)
di una rendita immediata anticipata è uguale al valore attuale (montante) di rendita
immediata posticipata moltiplicato per (1+i), ovvero
Ma = (1 + i)Mp Va = Vp (1 + i) (7)
Rendite differite
Consideriamo una rendita posticipata, differita di p periodi, il cui asse temporale è
rappresentato in figura 5.Rendita posticipata differita di p periodi
1 ! (1 + i) ! n
!p Valore attuale della
V = (1 + i) R
i rendita
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Rendita anticipata differita di p periodi
0 1 2 p p+1 p+2 p+n-1 p+n
R R R R
tasso. Si osservi infine che una rendita posticipata differita di p periodi è uguale ad
una rendita anticipata differita di p + 1 periodi con lo stesso numero di rate, stesso
importo R e stesso tasso i.
Rk = Ck + Ik , Ik = Dk−1 ∗ i,
Ek = Ek−1 + Ck , Dk = Dk−1 − Ck
A = Ek + Dk
Ammortamento italiano
Il metodo di ammortamento italiano o uniforme, prevede che a fronte di un capi-
tale A preso a prestito all’epoca iniziale, il debitore corrisponda n rate posticipate, di
importo variabile Rk , tali che le quote capitali siano tutte uguali. Nell’ammortamento
italiano quindi:
A
• Ck = C = n
, k = 1, ..., n,
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(n−k)
• Dk = n
A .
Ammortamento francese
Il metodo di ammortamento francese o a rate costanti, prevede che a fronte di un
capitale A preso a prestito all’epoca iniziale, il debitore corrisponda n rate posticipate,
di importo costante R. L’importo delle rate è determinato in base al principio di
−n
equivalenza finanziaria A = Ran̄|i = R 1−(1+i)
i
. In generale
−(n−k)
• Dk = Ran−k|i = R 1−(1+i)i
−(n−k+1)
• Ik = iDk−1 = R 1−(1+i) i i = R(1 − (1 + i)−(n−k+1) )
da cui Ck+1 = Ck (1 + i), ovvero le quote capitali corrisposte alle varie scadenze sono in
progressione geometrica di ragione (1 + i). Per tale motivo, l’ammortamento francese
è anche detto progressivo.
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