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SCUOLA POLITECNICA

CORSO DI LAURE IN INGEGNERIA MECCANICA


DIPARTIMENTO DELL’INNOVAZIONE INDUSTRIALE E DIGITALE

IMPIANTI DI ILLUMINAZIONE A RISPARMIO ENERGETICO PER


CAPANNONI INDUSTRIALI

TESI DI LAUREA DI RELATORE


IGNAZIO LA DUCA PROF. ING. LUIGI CANNIZZARO

ANNO ACCADEMICO 2016 - 2017

I
Indice:
INTRODUZIONE.............................................................................................................1
1. STORIA ED EVOLUZIONE DELLE SORGENTI LUMINOSE................................2
1.1 Le prime Sorgenti luminose....................................................................................2
1.2 Dalle lampade a incandescenza fino ai LED...........................................................2
2. CARATTERISTICHE DELLE SORGENTI LUMINOSE...........................................6
2.1 Caratteristiche delle lampade..................................................................................6
2.1.1 Flusso luminoso................................................................................................6
2.1.2 Efficienza luminosa..........................................................................................7
2.1.3 Temperatura di colore.......................................................................................7
2.1.4 Indice di resa cromatica....................................................................................9
2.1.5 Durata di vita....................................................................................................9
2.1.6 Tempo di accensione e riaccensione...............................................................10
2.2 Caratteristiche degli apparecchi illuminanti..........................................................10
2.2.1 Intensità luminosa...........................................................................................10
2.2.2 Illuminamento.................................................................................................11
2.2.3 Luminanza......................................................................................................12
3. NORMATIVE PER CAPANNONI INDUSTRIALI...................................................13
3.1 Criteri di progettazione illuminotecnica................................................................13
3.1.1 La luminanza..................................................................................................13
3.1.2 Illuminamento.................................................................................................14
3.1.3 Abbagliamento................................................................................................14
3.1.4 Temperatura di colore e indice di resa cromatica...........................................15
3.2 Elenco dei requisiti illuminotecnici.......................................................................15
4. ANALISI DELLE SORGENTI LUMINOSE NELL’USO INDUSTRIALE..............16
4.1 Lampade a incandescenza.....................................................................................16
4.1.1 Lampade a incandescenza GSL......................................................................16
4.1.2 Lampade “Reflector”......................................................................................17
4.1.3 Lampade a ciclo di alogeni.............................................................................18
4.2 Lampade a scarica in gas.......................................................................................19
4.2.1 Lampade al sodio a bassa pressione...............................................................20
4.2.2 Lampade a vapori di mercurio a bassa pressione...........................................20
4.2.3 Lampade al sodio ad alta pressione................................................................21
4.2.4 Lampade a vapori di mercurio ad alta pressione............................................22
4.2.5 Lampade a ioduri metallici.............................................................................22
4.2.6 Lampade ad induzione....................................................................................23
4.3 LED.......................................................................................................................24
II
4.4 Scelta delle lampade per uso industriale...............................................................24
4.5 Gli apparecchi illuminanti.....................................................................................25
4.6 Sistemi di regolazione per impianti luminosi........................................................26
5. CONFRONTO ENERGETICO ED ECONOMICO TRA LE VARIE TECNOLOGIE
.........................................................................................................................................27
5.1 Confronto energetico.............................................................................................28
5.2 Confronto economico............................................................................................29
5.2.1 Confronto economico per un impianto nuovo................................................29
5.2.2 Confronto economico per un impianto esistente............................................29
6. CONCLUSIONI..........................................................................................................31
Bibliografia.....................................................................................................................32

III
INTRODUZIONE

Una delle più grandi sfide che ci attendono oggi è la sostenibilità[CITATION CLa05 \l
1040 ]. In ambito energetico, per sostenibilità si intende risparmiare energia in tutti i
settori, cercando di migliora la progettazione di quelle tecnologie che ci permettono di
produrre energia in maniera sostenibile, riducendo il consumo (d’energia) proveniente
da risorse fossili.
Secondo uno studio condotto nel 2015 riguardante l’utilizzo di energia nei vari settori, il
settore che più ne utilizza è il settore industriale con il 32%, seguito dal settore dei
trasporti con il 28%, poi quello privato con il 21% ed infine quello commerciale con il
18%. Si è anche stimato che il 20% dell’energia totale utilizzata sia dovuto agli impianti
di illuminazione [ CITATION USE17 \l 1040 ]. Dunque l’impatto degli impianti di
illuminazione per capannoni industriali sull’utilizzo d’energia prodotta da materiali
fossili è abbastanza considerevole.
Il lavoro di questa tesi analizza le varie sorgenti luminose presenti attualmente sul
mercato, con lo scopo di minimizzare l’utilizzo d’energia proveniente da risorse fossili,
partendo dalle lampadine a incandescenza fino ad arrivare ai LED.
Inizialmente si andrà ad analizzare l’evoluzione delle sorgenti luminose artificiali nella
storia umana, partendo dalle prime lampade ad olio, passando per le lampade ad arco (le
prime lampade ad energia elettrica), che sono alla base dell’attuale tecnologia luminosa
fino ad arrivare ai più moderni LED.
Successivamente si vedranno le grandezze che caratterizzano le sorgenti luminose in
modo tale da affrontare al meglio l’analisi economica ed energetica finale. Infine si
sceglieranno le sorgenti luminose che rispondono alle norme di legge e su queste ultime
sarà effettuata un’analisi energetica ed economica per capire quali delle attuali
tecnologie permettono il maggior risparmio energetico ed economico. L’analisi
energetica ed economica sarà eseguita facendo considerazioni su un capannone
esistente, inizialmente con considerazioni volte all’installazione di un nuovo impianto
d’illuminazione e successivamente da considerazioni circa la convenienza di un restauro
sull’impianto attualmente esistenti.

1
1. STORIA ED EVOLUZIONE DELLE SORGENTI LUMINOSE

1.1 Le prime Sorgenti luminose


Per migliaia di anni, prima delle sorgenti luminose artificiali, l’uomo ha dovuto adattare
il suo stile di vita al ciclo giorno notte, poiché l’unica sorgente esistente era quella
proveniente dal sole, in modo tale da svolgere le sue attività durante le ore di luce e far
coincidere le ore di sonno con quelle di buio. L’avvento delle sorgenti luminose si ha
nel periodo in cui inizia a nascere le prime civiltà umane, poiché prima di questo
periodo la scarsa attività intellettiva umana non aveva bisogno di sorgenti luminose
artificiali per svolgere le sue attività. Le prime lampade ad olio, erano costituite da
pietre, corni o conchiglie riempite di grasso animale e successivamente vegetale,
vennero usate per la prima volta dai Fenici, dagli Antichi Greci e dai Romani,
successivamente venne aggiunto uno stoppino fatto di fibre e furono utilizzate fino al
XVIII secolo. Prima delle lampade ad olio si ebbero le torce, mentre le candele (da cui
prende il nome l’unità di misura, dell’intensità luminosa, del sistema internazionale
“candela”) furono inventate dai Romani dopo la nascita di Cristo ed erano costituite da
grasso animale solido o da cera d’api. La rivoluzione industriale che avvenne nella
seconda metà del XVIII secolo, impose il miglioramento delle sorgenti luminose, con
l’avvento delle industri e quindi della produzione di massa, che rese necessario la
continuità di lavoro anche nelle ore notturne. I primi a realizzare sorgenti luminose ad
elettricità furono Humphry Davy (1778-1829) e Michael Faradey (1791-1867). In
particolare Humphry Davy inventò la prima lampadina ad arco[ CITATION Kni \l
1040 ], che fu successivamente migliorata da Foucault (1819-1868)[ CITATION CCl \l
1040 ], con una lampada costituita da due elettrodi ad una differenza di potenziale tale
da produrre luce grazie alla scarica che attraversava il gas. Questa lampadina è stata
utilizzata per la prima volta da Deleuil (1825-1894) nel 1844 per illuminare le strade di
Parigi, che è stata la prima città ad utilizzare una rete di illuminazione elettrica pubblica.
Queste prime invenzioni sono alla base dell’attuale tecnologia luminosa.
1.2 Dalle lampade a incandescenza fino ai LED
La lampada ad incandescenza (con filamento di carbone) fu presentata per la prima
volta da Swan (1828-1914) nel 1878 e successivamente brevettata da Edison (1947-
1931) nel 1880, che utilizzo il cotone carbonizzato per accendere una lampada che

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funzionò per 40 ore. In realtà molti ricercatori ed ingegneri, prima di Edison, lavorarono
a progetti simili, ma la prima lampadina messa in commercio fu quella di Edison in
collaborazione con Swan. Successivamente il cotone carbonizzato fu sostituito dal
tungsteno, questo garanti una maggiore durata ed efficienza. Nel 1912 Langmuir (1881-
1957) scoprì che aggiungendo un gas inerte all’interno della lampada, si diminuiva il
decadimento del filamento di tungsteno e l’annerimento del bulbo di vetro, in modo tale
da aumentare la vita utile della lampada. Qualche anno più tardi, intorno 1950, Elmer G.
Fridrich (1920-2010), insieme ad altri ingegneri della General Eletcric, implemento al
gas una molecola alogena che contribuì ad aumentare i benefici precedenti, oltre ad

aumentare l’efficienza luminosa. Nonostante queste migliorie ancora oggi l’efficienza


delle lampade a incandescenza è molto bassa, rispetto alle altre sorgenti (fig. 1.1).

Fig. 1.1 Evoluzione dell’efficienza luminosa (lm/W) delle varie sorgenti in funzione del tempo.

All’inizio del XX secolo furono realizzate (Cooper, Hewitt, Moore, ecc.) le prime
lampade a scarica di gas, è vennero commercializzate intorno a gli anni ’30. Esistono
diversi tipi di lampade a scarica di gas e vengono differenziate per il tipo di gas
utilizzato e la pressione alla quale viene scaricato nel bulbo della lampada.
Nel 1932 vennero messe a punto dai tecnici della Phlips le lampade al sodio a bassa
pressione e furono utilizzate per l’illuminazione stradale di alcune città olandesi. Queste

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lampade avevano un’efficacia luminosa di 60 lm/W, contro i 10 lm/W delle lampade a
incandescenza, ma nonostante questo, le lampade a incandescenza, erano le uniche
utilizzate in quel periodo. L’efficacia luminosa delle lampade al sodio a bassa pressione
è migliorata anno per anno fino agli anni ‘80 dove si è raggiunto il valore limite di 200
lm/W.
Le lampade più utilizzate nei capannoni industriali risultano essere le lampade
fluorescenti o a vapori di mercurio a bassa pressione, erroneamente chiamate neon, che
costituiscono l’evoluzione di quelle nate negli anni ’30. Queste lampade hanno in realtà
una data di nascita ben precisa, furono presentate in due conferenze durante il 1936 da
K. Bley e da A. Ruttananer. Inoltre furono utilizzate in occasione dell’Esposizione
mondiale per illuminare la Casa Germanica di Parigi. Nonostante la loro migliore
efficacia luminosa, le lampade fluorescenti, per anni hanno avuto la peggio rispetto a
quelle a incandescenza, a causa della loro pessima resa cromati, che però è stata
migliorata recentemente. Proprio per questo motivo le due sorgenti luminose hanno

convissuto per molto tempo, con campi d’applicazione differenti. Tuttavia dopo il
divieto da parte dell’Unione Europe dell’utilizzo di lampade classiche a

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incandescenza[ CITATION ECo09 \l 1040 ], ed il reale miglioramento delle lampade
fluorescenti, con la possibilità di raggiungere qualunque
Fig. 1.2 Tipi di lampade

temperatura di colore ed un’ottima resa cromatica, le hanno rese la migliore soluzione


per l’illuminazione di capannoni industriale fino alla comparsa dei LED. Inizialmente
queste lampade erano solo tubolari, successivamente sono nate le lampade fluorescenti
compatte, che hanno reso facile la sostituzione delle lampade incandescenti
riproducendo la loro base d’attacco.
Verso la metà degli anni ’60 vennero prodotte in scala industriale le lampade al sodio ad
alta pressione (10 kPa), furono prodotte per migliorare la resa cromatica di quelle a
bassa pressione. Vennero subito utilizzate per l’illuminazione di esterni ed impianti
stradali. Oggi vengono anche utilizzate per impianti industriali.
Nel 1990 Philips presenta per la prima volta le lampade ad induzione, che sono delle
lampade molto interessanti, ma a causa del loro elevato costo e altri fattori come
l’interferenza magnetica, non sono utilizzate né nell’illuminazione d’interni né per
esterni. In figura 1.2 possiamo vedere alcuni tipi di lampade precedentemente citati.
Nel 1962 sono nati i LED (diodo che emette luce) e sono stati messi in commercio nel
1990. La loro paternità è stata attribuita a Nick Holonyak[CITATION NHo62 \l 1040 ],
anche se alcuni anni fa si è messa in dubbio la loro paternità attribuendola a Oleg Lósev,
che li avrebbe inventati nel 1927[ CITATION NZh07 \l 1040 ].
Nel 1987 sono nati gli OLED (diodi organici che emettono luce), grazie a delle ricerche
fatte soprattutto dalla Kodack, essi sono molto simili ai LED ma l’effetto di emissione
fotonica e garantito da sostanze plastiche (poliacetileni), mentre per i LED vengono
utilizzati dei semiconduttori.

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2. CARATTERISTICHE DELLE SORGENTI LUMINOSE
In questo capitolo si analizzeranno le diverse grandezze che caratterizzano le varie
sorgenti luminose, in modo tale da effettuare un corretto calcolo illuminotecnico, una
precisa valutazione degli aspetti energetici ed economici, ed una corretta scelta della
sorgente luminosa per capannoni industriali.

2.1 Caratteristiche delle lampade

2.1.1 Flusso luminoso


Il flusso luminoso si identifica con il simbolo Φ, la sua unità di misura è il lumen (lm).
Il lumen viene definito come il flusso luminoso emesso nell’angolo solido unitario da
una sorgente puntiforme posta al centro di una sfera di intensità luminosa pari a 1
candela (cd) in tutte le direzioni. Nel Sistema Internazionale (S.I.) l'unità di misura
dell'angolo solido è lo steradiante (sterad) quindi 1 lm =1 cd x sterad. Il flusso luminoso
esprime la quantità d’energia luminosa emessa che attraversa l’unità di superficie
nell’unità di tempo, allora ha le dimensioni di una potenza. L’energia è rappresentata
dalle radiazioni emesse dalla sorgente luminosa nel campo del visibile, cioè
nell’intervallo con lunghezza d’onda compresa tra 380 nm (colore violetto cupo) e 780
nm (colore rosso). In questo campo è possibile individuare delle lunghezze d’onda
intermedia alle quali corrispondono le percezioni dei colori elementari, dalla miscela dei
quali nasce tutta la gamma dei colori visibili. La radiazione che dà luogo al valore
massimo di flusso luminoso è quella relativa ad una lunghezza d’onda di 555 nm.
Tramite adeguate misurazioni soggettive si è riusciti a definire un fattore di visibilità
K(λ), che rappresenta la sensibilità dell’occhio umano a radiazioni differenti. Questo
fattore è definito in modo tale da soddisfare la seguente relazione: K(λ 1)P(λ1) =
K(λ2)P(λ2), dove P rappresenta la potenza raggiante. Proprio per questo motivo il valore
massimo di K si ha per la lunghezza d’onda paria 555 nm e tale valore massimo è dato
da Kmax = 683 lm/W. Inoltre per comodità viene definito un coefficiente spettrale di
visibilità: V(λ)=K(λ)/Kmax[ CITATION GMo \l 1040 ]. Nella figura 2.1 è possibile

6
vedere quello che si è precedentemente detto, inoltre si può definire quale colore si
manifesta come sensazione visiva per data lunghezza d’onda: violetto da 380 nm, blu
(435 nm÷500 nm), verde (500 nm÷565 nm), giallo (565 nm÷600 nm), arancione (600
nm÷630 nm), rosso fino a 780 nm.
Fig. 2.1 Andamento del coefficiente di visibilità in funzione della lunghezza d’onda

Per quanto detto precedentemente ed essendo il flusso luminoso la grandezza che


misura l’intensità della sensazione luminosa legandola alla potenza dello stimolo, si può
esprimere il flusso luminoso come: Φ = K(λ)P(λ).
2.1.2 Efficienza luminosa
Misura la resa energetica di una lampada, in pratica, serve a misurare la quantità di
potenza impiegata convertita in energia luminosa, poiché parte di questa energia si
trasforma in radiazioni UV o in calore. La sua unità di misura è il lumen su Watt
(lm/W). Inoltre l’efficienza luminosa varia anche in relazione al coefficiente di
visibilità, infatti le lampade con la migliore efficienza emettono radiazioni con
lunghezze d’onda vicine alla massima sensibilità dell’occhio umano.
2.1.3 Temperatura di colore
La temperatura di colore o CCT (correlated color temperature), è definita come la

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temperatura di un corpo nero (o Planckiano), espressa in Kelvin, che emette luce avente
lo stesso colore della luce emessa dalla lampada[ CITATION Bor01 \l 1040 ]. In base
alla temperatura di colore si hanno diverse tonalità di luce. A tale riguardo prendiamo in
esame il diagramma CIE, che è la rappresentazione piana dello stimolo di colore, in
pratica indica che colori, con le stesse coordinate tricromatiche (anche se un punto è
rappresentato da sole due coordinate) appaiono equivalenti da un punto di vista
cromatico. In questo diagramma può essere inserita la curva di Planck, o luogo del
corpo nero, che sarebbe la curva delle coordinate tricromatiche caratteristiche della
radiazione emessa da un corpo nero a diverse temperature. Inoltre questa curva è
intersecata da dei segmenti, in modo tale che ogni punto abbia la stessa temperatura di
colore. Questi segmenti sono delle rette isoprossimali del colore, cioè non sono
rapportabili con la temperatura del corpo nero. Queste rette sono dovute al fatto che la
curva di Planck tiene conto dell’energia luminosa solo per radiatori termici (lampade a
incandescenza), mentre per altri tipi di lampade serve solo come orientamento. È stato
quindi introdotta la temperatura correlata o isoprossimale di colore, che viene definita
come la temperatura espressa in Kelvin del corpo nero il cui colore percepito più si
avvicina a quello della sorgente osservata. In figura 2.2 è rappresentato il diagramma
cromatico CIE con la curva di Planck.
Fig. 2.2 Diagramma tricromatico CIE
La CIE inoltre definisce il colore apparente delle sorgenti luminose con tre valori
diversi: valore 1 apparentemente caldo con T < 3300 K; valore 2 intermedio con 3300 ≤
T ≤ 5300 K; valore 3 freddo con T > 5300 K.
2.1.4 Indice di resa cromatica
L’indice di resa cromatica serve a stabilire quanto una sorgente alteri il colore
dell’oggetto illuminato. L’indice viene stabilito illuminando 14 campioni di colore
definito precedentemente, inizialmente con una sorgente di riferimento (lampada a
incandescenza) e successivamente con la sorgente in esame. Mediante uno
spettrofotometro viene valutata la differenza delle coordinate cromatiche dei colori degli
oggetti illuminati dalle due sorgenti.
L’indice di resa cromatica si indica con R a ed è un numero adimensionale. Il valore
massimo è 100 e fa riferimento alla luce prodotta da una lampada a incandescenza
campione. Nel caso di illuminazione di interni l’indice di resa cromatica è diviso in tre
fasce: 90-100 ottimo; 70-90 buono; 50-70 accettabile.
2.1.5 Durata di vita

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La durata di vita serve a quantificare la durata delle lampade. Questa durata può essere
caratterizzata da 4 parametri:
 La vita media indica il numero di ore di funzionamento dopo il quale il 50%
delle lampade di un lotto definito, in determinate condizioni di prova, smette di
funzionare. In genere la vita media viene chiamata vita utile e solitamente viene
misurata in ore (h). Essa può variare a causa della temperatura ambiente, dello
scostamento dalla tensione nominale, del numero e della frequenza delle
accensioni e delle sollecitazioni meccaniche. Questi fattori incidono in maniera
diversa a seconda delle caratteristiche della lampada in questione;
 La vita economica fornisce il numero di ore di funzionamento dopo il quale il
livello di illuminamento (che tratteremo più avanti) di un impianto diminuisce
del 30%;
 La curva media di mortalità è la rappresentazione grafica del numero di
lampade di un lotto, al variare delle ore di accensione, ancora funzionanti ed
espresse in %.
 La curva di decadimento è la rappresentazione grafica dell’andamento del flusso
di emissione espresso in % in funzione delle ore di utilizzo (fig. 2.3). Il
decadimento luminoso è un fenomeno che coinvolge tutte le lampade. Le cause
sono diverse a seconda del tipo, quasi sempre è accompagnato anche da un
assorbimento maggiore di potenza e di conseguenza un peggioramento
dell’efficienza luminosa. Viene calcolato in base alla vita media. Il decadimento,
nella maggioranza dei casi, si manifesta con un annerimento del bulbo della
lampada oppure con il degrado delle sostanze (per esempio gas di riempimento)
attraverso le quali si ha l’emissione di luce.
Fig. 2.3
2.1.6 Tempo di accensione e riaccensione
Il tempo di accensione e riaccensione in alcuni tipi di applicazione è una caratteristica
molto importante. Le lampade più interessate da questo fenomeno sono quelle a scarica
ed in alcuni casi il tempo di riaccendibilità può essere di parecchi minuti, quindi queste
lampade non possono essere utilizzate nel caso in cui si necessita una luminosità
costante e continua. Inoltre se l’accensione e riaccensione è molto frequente
contribuisce a far diminuire la vita utile della lampada.
2.2 Caratteristiche degli apparecchi illuminanti
Le caratteristiche delle lampade vengono volutamente modificate dall’apparecchio

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illuminante in cui vengono collocate per esigenze di normativa, di miglioramento delle

caratteristiche illuminotecniche e per la sicurezza degli utenti.


2.2.1 Intensità luminosa
L’intensità luminosa esprime il flusso luminoso emesso da una sorgente infinitesima
nell’angolo solido elementare attorno ad una determinata direzione (fig. 2.4).
Il simbolo con cui viene indicata solitamente è “I” e la sua unità di misura è la candela
(cd = lm/sr), definita come “l’intensità luminosa emessa in una data direzione da una
sorgente che emette radiazione monocromatica di frequenza 540 x10 12 Hz (λ = 555 nm)
e con intensità energetica, in quella direzione, pari a 1/683 W/sr”[ CITATION IXC79 \l
1040 ].
Fig. 2.4
Conoscendo l’intensità luminosa nelle varie direzioni è possibile costruire il solido
fotometrico (fig. 2.5), che è il luogo dei punti estremi, di segmenti aventi lunghezza
proporzionale all’intensità luminosa in quella direzione e centro nella sorgente. Nel caso
in cui il solido presenti delle simmetrie intorno a uno o più assi, può essere individuato
attraverso uno o più diagrammi polari, in questo modo è possibile ottenere le curve
fotometriche della sorgente in esame.
2.2.2 Illuminamento
L’illuminamento è definito come il rapporto tra il flusso luminoso incidente sulla
superficie elementare nell’intorno del punto considerato e l’area della superficie
elementare (E =dΦ/dA). Solitamente viene espresso con la lettera “E”, e la sua unità di

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misura è il lux (lx), definito come l’illuminamento di una superficie di 1 m 2, ricevente
un flusso luminoso di 1 lumen, uniformemente ripartito. Inoltre può essere misurato sia
su superfici orizzontali che su quelle verticali. L’illuminamento ci indica quanto
agevolmente l’occhio può vedere. Nell’illuminazione di capannoni industriali è definito
da norme, dove varia in base al tipo d’applicazione del suddetto capannone, ed è molto
importate per la progettazione.
2.2.3 Luminanza
La luminanza in un punto di una superficie, in una certa direzione, è il rapporto tra
l’intensità luminosa emessa in quella direzione e la superficie emittente proiettata su un
piano ortogonale alla direzione. Viene espressa con la lettera “L”, e la sua unità di
misura è il nit (cd/m2). Questa grandezza rispetto alle altre, tiene in considerazione il
fatto che le sorgenti luminose non sono perfettamente puntiformi. Inoltre ci dà
riferimento sulla luce percepita da un osservatore, e serve a prevenire effetti fastidiosi
(abbagliamento). La differenza tra, il valore della luminanza riferita a un oggetto e la
luminanza media del campo visivo esterno, viene chiamata fattore di contrasto (C), in
base a questo fattore sì ha la nascita o meno del fenomeno dell’abbagliamento, un
fenomeno che crea difficoltà visive. Il giusto equilibrio delle luminanze è molto
importante nella progettazione degli impianti di illuminazione. Si distinguono due tipi
di abbagliamento: abbagliamento debilitante, che consiste in un peggioramento
istantaneo delle funzioni visive, e abbagliamento fastidioso, che si manifesta come un
senso di disagio visivo che non sempre causa forti disturbi alla visione, ma che a lungo

andare provoca fatica visiva, stress, difficoltà di concentrazione, riduzione della

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capacità di attenzione. L’abbagliamento viene preso particolarmente in considerazione
dalle normative, per i motivi precedentemente descritti, che impongono delle precise
regole riguardo la sua determinazione, tanto che la luminanza, per norma, viene
calcolata in un determinato reticolo da una precisa formula matematica. In figura 2.5 è
possibile vedere alcune delle grandezze descritte nel corso di questo capitolo compresa
la luminanza.
Fig. 2.5
3. NORMATIVE PER CAPANNONI INDUSTRIALI

In questo capitolo si andrà ad analizzare la norma UNI EN 12464-1, che è la norma


attualmente vigente per la corretta progettazione di impianti di illuminazione interna,
nel caso sotto esame si presterà particolare attenzione a ciò che riguarda l’illuminazione
di capannoni industriali. Infatti in base al tipo d’impianto da realizzare, quindi in base al
lavoro svolto in quel dato edificio, la norma specifica i requisiti minimi relativi agli
impianti di illuminazione in termini di qualità e quantità, in modo tale da consentire alle
persone il corretto svolgimento dei compiti visivi.
Al fine di comprendere la norma andremo a definire alcuni termini:
 Compito visivo: insieme degli elementi visivi del lavoro effettuato;
 Zone del compito: parte del posto di lavoro dove viene svolto il compito visivo;
 Zona immediatamente circostante: fascia di almeno 0,5 m di larghezza intorno
alla zona del compito visivo;
 Illuminamento medio mantenuto (Ēm): valore al di sotto del quale
l’illuminamento medio, su una determinata superficie, non può mai scendere;
 Uniformità dell’illuminamento: rapporto fra il valore minimo e medio degli
illuminamenti di una superficie.
3.1 Criteri di progettazione illuminotecnica
Il progetto illuminotecnico deve essere realizzato in modo tale da consentire al
lavoratore alti livelli di produttività grazie al confort visivo, dandogli la possibilità di
svolgere il loro compito in condizioni difficili e protratte nel tempo. Andremo ora ad
analizzare i vari parametri che caratterizzano l’ambiente luminoso:
3.1.1 La luminanza
La distribuzione della luminanza nel campo visivo influenza in maniera considerevole il
confort visivo e deve essere distribuita in modo tale da: non essere troppo elevata
(abbagliamento); evitare fattori di contrasto elevati che causerebbero affaticamento; ma
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allo stesso tempo non deve essere troppo bassa né creare fattori di contrasto bassi.
Sono molto importanti anche le luminanze di tutte le superfici, che sono determinate dal
fattore di riflessione e dall’illuminamento delle superfici, proprio per questo motivo
vengono consigliati, dalla norma, dei fattori di riflessioni delle principali pareti di un
locale: soffitto (0,6 ÷ 0,9); pareti (0,3 ÷ 0,8); piani di lavoro (0,2 ÷ 0,6); pavimento (0,1
÷ 0,5).
3.1.2 Illuminamento
In questa norma i valori di illuminamento (medio), sono tabellati in base al tipo
d’applicazione e per norma non devono essere minori di quelli indicati. Questi valori
sono stati stimati tenendo conto dei seguenti fattori: confort visivo e benessere; del tipo
di lavoro da svolgere; della sicurezza e dell’economia. In alcuni casi specifici
l’illuminamento può essere alzato o abbassato rispetto a quello delle norme, ma in ogni
caso non deve essere minore di 200 lx.
Nelle zone immediatamente circostanti alla zona del compito, l’illuminamento può
essere minore ma deve rispettare la seguente tabella (tabella 3.1)
Illuminamento del compito Illuminamento delle zone immediatamente circostanti
(lx) (lx)
≥750 500
500 300
300 200
Uniformità: ≥0,7 Uniformità: ≥0,5
Tabella 3.1
Inoltre non vi devono essere eccessive differenze (uniformità) di illuminamento tra un
punto e l’altro del campo visivo, ma in ogni caso l’uniformità non deve essere minore di
quella riportata in tabella 3.1.
3.1.3 Abbagliamento
Come anticipato nel capitolo precedente per calcolare l’abbagliamento (molesto), la
norma prevede una ben precisa formula matematica. L’abbagliamento, deve essere
valutato tenendo conto dell’indice unificato d’abbagliamento URG (Unified Glare
Rating), basato sulla formula: URG=log 10 ¿ ¿ )
Dove:
 Lb è la luminanza di sfondo, ossia la media della luminanza delle superfici
dell’ambiente compreso nel campo visivo;
 L è la luminanza dell’apparecchio di illuminazione;
 ω è il rapporto tra l’area apparente del corpo illuminato e la distanza

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dell’osservatore dal centro delle parti luminose dell’apparecchio luminoso
considerato, in metri ed è espresso in steradianti;
 p è l’indice di Guth, funzione della posizione dell’osservatore rispetto alla
sorgente.
I valori dell’indice UGR sono compresi tra 10 e 30, dove 30 esprime il massimo
disaggio.
In ogni caso è necessario schermare opportunamente la sorgente luminosa tramite un
angolo minimo di schermatura che dipende dalla luminanza della lampada come
riportato in tabella 3.2.
Luminanza della lampada Angolo di schermatura
2
(kcd/m )
20÷50 15°
50÷500 20°
≥500 30°
Tabella 3.2
I seguenti valori non sono applicati in caso di illuminazione indiretta o per apparecchi
montati al di sotto del livello normale della visione.
3.1.4 Temperatura di colore e indice di resa cromatica
Come precedentemente descritto nel paragrafo 2.1.3, l’apparenza del colore dipende
dalla temperatura di colore. Nei climi caldi generalmente si preferisce un aspetto del
colore di luce più fredda, mentre nei climi freddi più calda.
Per quanto riguarda la resa cromatica in luoghi dove le persone permangono per lungo
tempo, non si dovrebbe avere un indice inferiore ad 80.
3.2 Elenco dei requisiti illuminotecnici
Nel prospetto 5 della norma sono tabellati in base all’utilizzo del campo visivo i vari
valori di illuminamento medio, abbagliamento molesto e resa cromatica, con eventuali
note aggiuntive.
Ai fini del calcolo finale si analizzerà il capannone di un’industria tessile, adibito a
magazzino e zona di stoccaggio, per il quale la norma prevede: un illuminamento medio
pari a 100 lx; un abbagliamento molesto massimo di 25; un indice di resa cromatica di
60; nel caso in cui sia occupato di continuo, quindi nel nostro caso, un illuminamento
medio pari a 200 lx ed inoltre avendo la norma precedentemente precisato che l’indice
di resa cromatica non debba essere minore di 80 in locali dove le persone permangono
per lungo tempo, allora il nostro indice di resa cromatica dovrà essere almeno 80.

14
4. ANALISI DELLE SORGENTI LUMINOSE NELL’USO INDUSTRIALE

Una sorgente luminosa artificiale è costituita da una lampada e un apparecchio


illuminante, che insieme determinano la prestazione della sorgente. La lampada
converte energia elettrica in flusso luminoso, mentre l’apparecchi illuminante direziona
il flusso in maniera opportuna, oltre a proteggere la lampada.
In questo capitolo si andrà ad analizzare i vari tipi di lampade e apparecchi illuminanti
attualmente presenti sul mercato illuminotecnico, in modo tale da poter scegliere le
sorgenti luminose compatibili con le norme. In fine si analizzeranno alcuni sistemi di
regolazione che serviranno a limitare i costi d’esercizio dell’impianto.
4.1 Lampade a incandescenza
Le lampade a incandescenza emettono radiazione luminosa per effetto del riscaldamento
di un filamento metallico al passaggio di una corrente elettrica.
Attualmente si possono distinguere tre diversi tipi di lampade a incandescenza:
 GSL;
 Reflector;
 Alogene.
4.1.1 Lampade a incandescenza GSL

15
Le lampade GSL (fig. 4.1) risultano essere le lampade a incandescenza attualmente più
utilizzate.
Fig. 4.1 Elementi costitutivi

Il filamento di metallo utilizzato per emettere radiazione luminosa è il tungsteno ed è


avvolto a spirale, questo filamento è contenuto in un bulbo di vetro che può essere
trattato con acidi in modo tale da rendere la superficie interna scabra per diffondere
meglio la luce. Per potenze nominali fino a 25 W, gli involucri sono sotto vuoto, mentre
per potenze superiori sono riempiti con un gas inerte con pressione a freddo pari a 0,9
bar. L’attacco alla rete elettrica è a vite e può essere di due tipi: quelli più comuni
risultano essere gli Edison, che vengono indicati con la lettera E, costituiti da una
filettatura arrotondata; quelli a baionetta indicati con la lettera B.
Questo tipo di lampada ha un’ottima resa cromatica ed un basso prezzo d’acquisto;
inoltre sono facilmente installabili. Di contro sono molto soggette ad abbagliamento
molesto, a causa della bassa superficie di emissione, ma facilmente ovviabile grazie ai
bulbi satinati; inoltre hanno una bassissima efficienza (20 lm/W) e breve durata di vita
media (1000 h). Vengono utilizzate soprattutto nell’illuminazione di interni o comunque
in tutte le situazioni in cui prevale la resa cromatica rispetto al costo d’esercizio.
4.1.2 Lampade “Reflector”

16
Le lampade Reflector sono di vari tipi (fig. 4.2), le più comuni sono: quella a bulbo con
vetro pressato (PAR); a bulbo con vetro soffiato (R); a riflettore emisferico (A).
Fig. 4.2

Le reflector hanno il vantaggio di poter essere utilizzate senza apparecchi illuminanti,


grazie a questo motivo si ha un beneficio economico e un ingombro minore. Per il resto
sono identiche alle GSL precedentemente citate, con gli stessi pregi e difetti.
4.1.3 Lampade a ciclo di alogeni

17
La lampada a cicli di alogeni (fig. 4.3) si differenzia dalle altre a incandescenza, per
l’aggiunta di elementi alogeni (iodio, cloro, bromo) al gas inerte contenuto nel bulbo.
Fig. 4.3
Questo consente l’instaurazione di un ciclo rigenerativo del tungsteno, che rende
possibile il riscaldamento del filamento fino a 3000 K. La reazione chimica tra iodio (I)
e tungsteno (W), dà vita al ciclo rigenerativo che avviene ad una temperatura che deve

essere superiore a 250 °C, proprio per questo motivo il bulbo (dove avviene la reazione)
è costituito da un vetro speciale che resiste ad alte temperature, il quarzo. Il tungsteno
evapora dal filamento ed interagisce con il gas del bulbo, creando una miscela gassosa
(l’alogeno di tungsteno), che in vicinanza del filamento si scinde nuovamente,
ridepositando il tungsteno sul filamento, mentre l’alogeno torna libero e può ripetere il
ciclo. Il processo precedentemente descritto può essere riassunto con la seguente
formula:
W +2 I 2000 ° K W I 2

Questo processo permette di raddoppiare la vita media, rispetto alle altre lampade a
incandescenza, in alcuni casi arriva fino a 6.000 h.
Queste lampade sono caratterizzate da un’efficienza specifica media di 25 lm/W, in
alcuni casi può arrivare fino a 30 lm/W, con un’ottima resa cromatica, tempi di
accensione e riaccensione istantanei e possibilità di regolare il flusso, oltre le
dimensioni più contenute rispetto alle precedenti.
In commercio se ne trovano di vari tipi: alimentate con tensione di rete (230 V), con

18
diversi tipi d’attacco, ampolle trasparenti o diffondenti, e potenze che vanno da 75 W a
2000 W; alimentate a bassissima tensione (fino a 6 V), nude o con riflettore incorporato
e potenze da 10 W a 100W. Alcune lampadine sono dotate di riflettore incorporato altre
di filtri dicroici. Questi filtri permettono di ridurre il calore che viene respinto verso il
retro della lampada.
Queste lampade però presentano dei problemi dovuti all’utilizzo del quarzo, che non
scherma i raggi UV, problema che si risolve in parte con schermature in vetro o con
filtri dicroici.
Le lampade a cicli di alogeni trovano applicazione negli impianti di illuminazione
esterna, e nei fari delle macchine, quelle a bassa tensione sono diffuse negli impianti
commerciali.
4.2 Lampade a scarica in gas
Le lampade a scarica in gas sono costituite da un contenitore (in vetro o in quarzo), nel
quale si trova un aeriforme con un’opportuna pressione e due elettrodi. Il principio di
funzionamento si basa sul fatto che in una massa di gas rarefatto vi sono degli elettroni
liberi, quindi collegando i due elettrodi ad una sorgente di tensione continua, grazie alla
differenza di potenziale creata da quest’ultima si avrà il movimento degli elettroni liberi
dall’elettrodo negativo verso quello positivo, durante questo moto gli elettroni potranno
urtare gli atomi del gas, e ad una data tensione gli urti saranno così forti da far perdere a
l’atomo un elettrone, ionizzandolo, quindi l’atomo sarà carico positivamente.
L’elettrone liberato si comporta come un elettrone d’urto mentre lo ione si combina con
un altro elettrone producendo luce. Alla tensione di innesco o d’accensione, si avrà un
movimento degli ioni verso il morsetto negativo e degli elettroni verso quello positivo,
la tensione per mantenere questo processo è minore di quella d’accensione e viene
chiamata tensione d’arco. La tensione di innesco dipende dalla pressione all’interno del
tubo e dal diametro del tubo stesso. Per diminuire la tensione d’innesco si utilizzano gas
rari ed elettrodi appropriati. Per far sì che il fenomeno della scarica non si interrompa si
deve mantenere il moto degli ioni e degli elettroni tramite la tensione d’arco, in oltre e
necessari dire che la tensione di accensione non può essere mantenuta per tempi
eccessivamente lunghi ma deve essere ridotto fino alla tensione d’arco per evitare la
fusione degli elettrodi. Proprio per questo particolare processo d’accensione, le lampade
a scarica utilizzano particolari dispositivi (circuiti elettrici), per far avvenire
l’accensione e mantenerla. Spesso questi dispositivi sono integrati nelle stesse lampade.
Alcuni gas e vapori utilizzati nei tubi di scarica sono caratterizzati dall’emissione raggi

19
UV, in questi casi si utilizza il fenomeno della fluorescenza tramite il quale si converte
la radiazione UV, in radiazione visibile. Le sostanze utilizzate per far avvenire questo
fenomeno sono dette attivatori, e con tali sostanze viene trattata la superfice interna
dell’involucro di vetro.
Le lampade a scarica in gas si dividono in:
4.2.1 Lampade al sodio a bassa pressione
Le lampade al sodio a bassa pressione (fig. 4.4) sono costituite da un tubo ripiegato a U,
che viene inglobato in un secondo involucro tubolare, tra i due involucri viene creato il
vuoto che evita il passaggio di calore per convezione. Il primo involucro è riempito da
una miscela di gas inerti, ai quali è aggiunta una certa quantità di sodio. Quando la
lampada è fredda, il sodio si deposita in forma liquida sulle pareti del tubo, per questo
motivo sono presenti dei pozzetti di raccolta del sodio, successivamente sotto l’effetto
della scarica, il sodio, passa allo stato gassoso.
Fig. 4.4
I valori di pressione e temperatura ottimale sono rispettivamente: 0,5 Pa e 260 °C.

Proprio per questo motivo il tubo è ben isolato.


Queste lampade sono caratterizzate da valori d’efficienza luminosa elevatissimi (200
lm/W) e vengono costruite in una gamma di potenza che va da 18 a 130 W per la nuova
serie, e da 35 a 180 W per la vecchia serie, con una durata di vita media di 12000 h. Di
contro però sono caratterizzate da un indice di resa cromatica praticamente nullo, quindi
vengono utilizzate solo nel caso in cui la resa cromatica è meno importante dell’acuità
visiva e del risparmio energetico ed economico (strade e gallerie). Inoltre hanno tempi
d’accensione eccessivamente lunghi.
4.2.2 Lampade a vapori di mercurio a bassa pressione
Le lampade a vapori di mercurio a bassa pressione o fluorescenti (fig. 4.5), sono
costituite da un tubo in vetro, che può assumere diverse forme, al cui interno è presente
un gas nobile con una piccola quantità di mercurio liquido. Questo tubo è rivestito
internamente

20
Fig. 4.5
da polveri di fosforo, che trasformano le radiazioni UV emesse dal mercurio, eccitato
dalla scarica elettrica, creata dai due elettrodi posti all’estremità del tubo, in radiazioni
nel campo visibile, proprio per questo motivo vengono chiamate fluorescenti.
In commercio sono presenti di diverse dimensioni e forma (tubolari, compatte), nel
campo industriale vengono utilizzate quelle tubolari, con diametri (T5, T8) e lunghezze
standardizzate (600-1200-1500 mm), e solitamente con starter (dispositivo che serve
all’accensione della lampada) esterno.
La loro durata è influenzata dal numero di accensioni e spegnimenti, poiché usurano gli
elettrodi, proprio per questo motivo si ha il fenomeno del decadimento luminoso anche
se ne viene mantenuto circa il 90% per tutta la durata della sua vita utile.
Sono caratterizzate da una buona efficienza luminosa (da 70 fino a 90 lm/W), un buon
indice di resa cromatica (da 75 a 90), differenti temperature di colore (da 2700 a 6000
K) ed una vita utile fino a 15000 h. Di contro hanno costi elevati rispetto a quelle ad
incandescenza, necessità di dispositivi esterni (reattore, condensatore e starter), come
precedentemente accennato, e difficolta nel controllo del flusso luminoso che inoltre
viene ridotto notevolmente a basse temperature.
4.2.3 Lampade al sodio ad alta pressione
Le lampade al sodio ad alta pressione sono nate per migliorare la resa cromatica di
quelle a bassa pressione. Questa lampada è costituita da un tubo di scarica in ossido
d’alluminio (al cui interno è presente un’elevata quantità di sodio), che resiste alle alte
temperature e agli attacchi del sodio, e viene utilizzato proprio perché il sodio ad alte

21
temperature è molto aggressivo, quindi né il vetro né il quarzo, hanno le caratteristiche
necessarie per contenerlo.
Ne esistono di tre tipi, che si differenziano in base alla pressione: 10 kPa con una resa
cromatica di 40, efficienza luminosa di 130 lm/W e potenze comprese tra 150 e 1000 W;
40 kPa con una resa cromatica pari a 60, che però aumenta a discapito dell’efficienza
luminosa che scende a 100 lm/W e potenze che vanno da 150 fino a 400 W; 95 kPa con
resa cromatica pari a 80 (conforme alle norme per illuminazione di interni), ma
un’efficienza luminosa che scende fino a 30 lm/W ed una vita utile di 8000 h. Le
temperature di colore per le tre differenti pressioni sono rispettivamente: 2000 K, 2150
K, 2500 K. La prima tipologia è una delle più utilizzate per illuminazione d’esterni,
mentre l’ultima, grazie alla sua resa cromatica, è utilizzata in alcuni ambienti interni. In
generale hanno tempi d’accensione compresi tra i 3 e i 4 minuti (non troppo elevati).
4.2.4 Lampade a vapori di mercurio ad alta pressione
Il principio di funzionamento e lo schema costruttivo di queste lampade è simile a
quello delle lampade a bassa pressione, con la differenza che il gas ha una pressione
molto maggiore (da 100 kPa fino a 10 MPa), per questo motivo il tubo di scarica non è
più in vetro, ma in quarzo. Gli elettrodi sono costituiti da spirali di tungsteno ricoperte
da ossidi di terre rare. Il sistema d’accensione è costituito da elettrodi ausiliari, inoltre il
tempo di riaccensione è piuttosto elevato e serve a far diminuire la pressione per
formare una nuova scarica. Ultimamente sono in disuso, a causa del basso indice di resa
cromatica.
4.2.5 Lampade a ioduri metallici
Le lampade a ioduri metallici (fig. 4.6) sono costituite da un bulbo in vetro (o in quarzo)
all’interno del quale vi è un tubo di scarica in quarzo, dove sono racchiusi vapori di

mercurio o di sodio ad alta pressione ed una miscela di ioduri metallici.


Fig. 4.6
Ad oggi queste lampade sono in grado di ricoprire i campi d’utilizzo sia delle lampade
fluorescenti, che di quelle incandescenti ad alogeni, ma rispetto a quelle fluorescenti

22
hanno flussi luminosi più elevati, mentre rispetto a quelle ad incandescenza hanno
efficienza specifica maggiore.
L’efficienza specifica massima raggiunta per questo tipo di lampade è stata di 120 lm/W
con possibilità di regolazione fino al 60%, vita media che va da 3000 a 10000 h (a
seconda dei tipi) e ottima resa cromatica. Inoltre il tempo di messa a regime non supera
i 2-3 minuti.
4.2.6 Lampade ad induzione
Il principio di funzionamento delle lampade ad induzione si basa sempre sulla scarica in
un gas, in questo caso vapori di mercurio ad alta pressione, ma questa volta la
ionizzazione avviene grazie ad un campo elettromagnetico, generato, all’interno del
bulbo da un’antenna (2), alimentata da un generatore elettronico ad alta frequenza (1)
(2,65 MHz), questo permette l’emissione di radiazioni ultraviolette, che come nel caso
delle lampade a fluorescenza, vengono trasformate in radiazioni visibili grazie alle

polveri fluorescenti. Questo processo è descritto in figura 4.7.


Fig. 4.7
Nel processo appena descritto si può notare l’assenza di elettrodi e filamenti, che nelle
lampade tradizionali condizionano la durata di vita utile, proprio per questo motivo le
lampade ad induzione hanno una durata di vita utile fino a 60000 h. Inoltre sono
caratterizzate da un’ottima resa cromatica, ma un’efficienza specifica minore rispetto
alle concorrenze. Queste lampade nonostante la lunga vita utile, non trovano spazio in
quasi nessuna applicazione, a causa del loro alto costo e della minore efficienza
specifica, ma vengono utilizzate nel caso in cui la sostituzione delle lampade è molto
costosa e rischiosa, proprio grazie alla loro vita utile e all’alta affidabilità in situazioni

23
ove esistono sollecitazioni di tipo meccanico ripetute.
4.3 LED
I LED (light Emitting Diode) sono dei diodi (elementi che permettono il passaggio della
corrente solo in un verso), basati sulla giunzione di due cristalli. Questi cristalli vengono
drogati in modo tale da modificare le loro proprietà conduttive, andando a creare una
giunzione N-P. Il cristallo drogato con un materiale avente 3 elettroni di valenza (boro o
iodio), diventa un semiconduttore di tipo P, mentre quello drogato da uno con 5 elettroni
di valenza (fosforo o arsenico) diventa di tipo N. Dopo il drogaggio si avrà allora un
eccesso di elettroni nel conduttore di tipo N ed un deficit in quelli di tipo P. Accostando
questi due materiali drogati, si avrà un passaggio di elettroni finché non sarà raggiunto
un equilibrio delle cariche elettriche. Applicando una tensione ai capi del diodo
(rappresentato dalla giunzione N-P), si avrà un passaggio continuo di corrente da N a P,
allora vi sarà il rilascio di fotoni aventi una certa quantità d’energia, che dipende dai
semiconduttori e dai droganti utilizzati[CITATION Fra \l 1040 ].
La luce emessa da un singolo LED è monocromatica, quelli più comuni emettono luce
rossa, arancio, gialla o verde, ma vi è la possibilità attraverso la miscela delle radiazioni
delle sorgenti di luce rossa, gialla e blu di creare una sorgente di luce bianca.
I LED hanno un terminale positivo ed uno negativo e, per funzionare nel circuito deve
essere rispettata la polarità. Funzionano con tensione molto minore rispetto alla tensione
di rete e dalla tensione dipende anche il colore della luce emessa.
Per il funzionamento del LED sono necessari un convertitore ed un raddrizzatore.
Le lampade attualmente presenti sul mercato sono caratterizzate da un insieme di LED,
di bassa potenza, disposti in seri o in parallelo.
Sono caratterizzati da un’ottima efficienza luminosa (fino a 135 lm/W circa) e resa
cromatica (>80) ed una vita utile fino a 100000 h. Inoltre non presentano tempi di
accensione e riaccensione.
4.4 Scelta delle lampade per uso industriale
Per quanto precedentemente detto si possono già determinare i tipi di lampade da
utilizzare per l’analisi energetica ed economica, utilizzando come parametro
d’esclusione l’indice di resa cromatica minimo (R a = 80) previsto dalla norma, con un
ulteriore restrizione dovuta all’efficienza luminosa.
Le lampade su cui baseremo il progetto sono:
 Lampade fluorescenti;
 Lampade a ioduri metallici;
24
 LED.
4.5 Gli apparecchi illuminanti
Costituiscono l’involucro che contiene la lampada, servono a direzionare il flusso
emesso e proteggere la lampada. Questi dispositivi possono essere divisi in 3 categorie:
riflettori, rifrattori e diffusori. In realtà gli apparecchi attualmente in commercio
sfruttano insieme queste tre caratteristiche.
Sulle tre classi si possono fare le seguenti considerazioni:
 I riflettori servono a concentrare l’energia luminosa in un cono più o meno
ampio, in modo tale da produrre elevati valori di illuminamento su una
superficie privilegiata. L’ampiezza del cono varia in base alle differenti
geometrie. Questi tipi di apparecchi diminuiscono il rischio d’abbagliamento
molesto e d’utilizzare al meglio il flusso luminoso emesso;
 I rifrattori utilizzano il principio della rifrazione che è quel fenomeno che
avviene quando i raggi luminosi passano da un mezzo ad un altro, cambiando la
loro direzione di propagazione. In questo modo si ha la possibilità di direzionare
la luce per evitare l’abbagliamento;
 I diffusori trasmettono la luce in tutte le direzioni, ma in questo modo
diminuiscono la luminanza dell’apparecchio.
Per ogni apparecchio è possibile definire un rendimento luminoso:
Φ apparecchio
η=
Φ lampada
Dove in base agli apparecchi precedentemente descritti, ha i seguenti valori:
70-80% riflettori; 60-75% diffusori; 60-70% rifrattori.
In base alla direzione in cui viene inviato il flusso, gli apparecchi illuminanti possono
essere classificati anche per il tipo d’illuminazione come descritto in tabella 4.1.

Tipi di illuminazione Distribuzione del flusso luminoso in %

Verso il basso Verso l’alto

Diretto 90-100 0-10


Semi-Diretto 60-90 10-40
Diffuso 40-60 40-60
Diretto-indiretto 40-60 40-60
Semi-indiretto 10-40 60-90
Indiretto 0-10 90-100
Tabella 4.1

25
Gli apparecchi illuminanti sono caratterizzati anche dai seguenti fattori:
 L’indice di protezione (IP): questo parametro fornisce un’indicazione contro la
polvere e l’acqua, al crescere del primo numero (da 0 a 6) si ha una protezione
maggiore dalla polvere; al crescere del secondo (da 0 a 8) si ha una maggiore
tenuta idraulica;
 La classe di protezione elettrica: è divisa in 4 classi (0-I-II-III), dove la prima ha
la minor protezione e l’ultima la maggiore;
 L’apertura del fascio luminoso negli apparecchi focalizzanti: definisce l’angolo
in cui si ha più del 50 % dell’intensità luminosa;
 La sicurezza dal punto di vista termico: esistono due classi, la prima con
apparecchi normalmente infiammabili, con temperatura d’accensione ≥200 °C,
la seconda con apparecchi facilmente infiammabili con temperatura
d’accensione <200 °C.
4.6 Sistemi di regolazione per impianti luminosi
Questi sistemi servono a limitare i costi d’esercizio. Il sistema più semplice è quello
basato sull’azione on-off di un interruttore che determina l’accensione e lo spegnimento
di una o più lampade. La seguente operazione può essere effettuata da un sistema
analogico o da un sistema digitale, in ogni caso è possibile intervenire sia su tutto
l’impianto che su una parte. Nel caso si scelga il controllo digitale si avrà il bisogno di
apposite interfacce, in modo tale da poter rendere possibile l’automatizzazione del
processo. Negli ultimi anni grazie alla possibilità di regolare il flusso, questo viene
modificato in base alla disponibilità di luce naturale, mantenendo costante il livello di
illuminamento. Ovviamente per attuare questo sistema, l’edificio sul quale viene fatto il
progetto illuminotecnico, deve essere adeguatamente predisposto per integrare la luce
artificiale con quella naturale.

26
5. CONFRONTO ENERGETICO ED ECONOMICO TRA LE VARIE
TECNOLOGIE
Per il progetto illuminotecnico si utilizzerà il metodo del flusso totale dove il flusso
totale è pari a:
A ∙ Em
Φ tot =
Cu∙ Fm

Dove Cu è il coefficiente di utilizzazione, che dipende dal tipo d’apparecchio


illuminante impiegato, ma anche dalle geometrie del locale e dai coefficienti di
riflessione delle pareti che delimitano l’edificio. Per trovare il coefficiente di
utilizzazione bisogna prima calcolare l’indice del locale (K), che nel caso di
illuminazione diretta (il nostro) si calcola nel seguente modo:
a ∙b
K=
h (a+b)

Dove: a e b sono le dimensioni in pianta del locale; h l’altezza di montaggio del corpo
illuminante rispetto al piano di lavoro. In base all’indice ed ai fattori di riflessione delle
pareti, del soffitto e del pavimento (nel nostro caso rispettivamente: 0,5; 0,7; 0,3), si
entra con questi valori nelle tabelle fornite dal costruttore per ciascun tipo d’apparecchio
illuminante e, si trova il coefficiente di utilizzazione.
Fm è il fattore di deprezzamento che dipende dal decadimento sia delle lampade che
dell’ottica dell’apparecchio. In generale nei calcoli illuminotecnici, per stare in
sicurezza viene utilizzato un valore di 0,8.
In fine per trovare il numero d’apparecchi prescelto si andrà a dividere il flusso totale
per il flusso utile dell’apparecchio pari a:
Φ apparecchio =Φlampada ∙η

Allora il numero di apparecchi da utilizzare sarà pari a:


( a∙ b) Em
N app =
Cu ∙ F m ∙Φ lampada ∙ η

Nel caso in esame l’illuminamento medio(E m) è pari a 200 lx, mentre le dimensioni del
locale sono a=17 m e b=17 m; ed h=2,45 m considerando l’altezza d’installazione pari a

27
3,30 m e quella del piano di lavoro costante e pari a 0,85 m.
5.1 Confronto energetico
Prima del confronto energetico si andrà a calcolare il numero di apparecchi luminosi da
installare nel locale, successivamente in base a questi si potrà calcolare il numero di
kWh utilizzati in un anno dalle diverse sorgenti. Per il calcolo si considererà che
l’impianto lavora 250 giorni all’anno per 8 ore al giorno.
Nelle seguenti tabelle (5.1;5.2;5.3) sono riportati i dati, degli apparecchi
scelti[ CITATION Cat1 \l 1040 ][ CITATION Cat2 \l 1040 ][ CITATION Cat3 \l 1040 ],
utili ai calcoli, con il risultato finale.
Apparecchi illuminanti Glamox/i 50 RF 3F-Filippi/i3f 2x36 W
Prezzo per unità € 120,90 € 31,32
Potenza assorbita (W) 173 72
Grado di protezione IP65 IP65
Rendimento 0,751 0,77
Cu 0,84 0,76
Tabella 5.1 Apparecchi illuminanti e loro caratteristiche

Lampada OSRAM POWERBALL HCI®-E/P 2 x Osram T8 L36/840


Prezzo per unità € 40,80 € 4,00
Vita utile (h) 15000 20000
Temperatura di colore (K) 3000 4000
Potenza assorbita (W) 150 72
Flusso luminoso (lm) 13700 6700
Efficienza luminosa (lm/W) - 76
Resa cromatica 93 >80
Tabella 5.2 Lampade e loro caratteristiche

Sorgente luminosa 3F Linda LED Trasparente 2x30 W Ioduri metallici Fluorescenti


Prezzo per unità € 180,90 € 161,70 € 35,32
Vita utile (h) 50000 15000 20000
Temperatura di colore (K) 4000 3000 4000
Potenza assorbita (W) 70 173 72
Flusso luminoso (lm) 9351 13700 6700
Efficienza luminosa (lm/W) - - 76
Resa cromatica 82 93 >80
Grado di protezione IP65 IP65 IP65
Rendimento 1 0,751 0,77
Cu 0,76 0,84 0,76
Napp 10 8 18
kWh/anno 1400 2768 2592
Tabella 5.3 Sorgenti luminose e loro caratteristiche

28
Come si può vedere dalla tabella 5.3, la sorgente luminosa che in un anno consuma
meno è quella a LED, seguita da quella fluorescente.
Nel prossimo capitolo si vedrà se oltre ad essere la sorgente che consuma meno, è anche
la sorgente più conveniente economicamente.
5.2 Confronto economico
Si andrà a fare il confronto economico prima su un impianto nuovo, utilizzando le
sorgenti luminose del precedente capitolo. Successivamente si analizzerà l’impianto
attualmente esistente nel edificio preso sotto esame, e si vedrà la convenienza o meno di
un rinnovo.
5.2.1 Confronto economico per un impianto nuovo
Per il confronto economico si utilizzerà un tasso d’interesse pari al 4% ed un prezzo del
kWh pari a 0,20 €. Inoltre per semplificare i calcoli si considererà la vita utile degli
apparecchi illuminanti, sia delle lampade a fluorescenza sia di quelle a ioduri metallici,
paria a quella della sorgente luminosa a LED, quindi 25 anni (Tabella 5.4).
Sorgente luminosa 3F Linda LED Trasparente 2x30 Ioduri Fluorescent
W metallici i
Anni di vita 25 7,5 10
Vita utile apparecchi illuminanti 25 25 25
Costo annuo lampade - 51,23 8,88
Costo annuo apparecchi - 61,91 36,09
illuminanti
Costo annuo sorgente luminosa 115,80 113,14 44,96
Costo esercizio annuo 280,00 553,60 518,40
Costo totale annuo 395,80 666,74 563,36
Tabella 5.4 Costo d’impianto più costi d’esercizio

Come si può vedere dalla Tabella 5.4 la sorgente più conveniente risulta ancora essere
quella a LED. Quindi questa sorgente oltre ad essere la più rispettosa dell’ambiente, è
anche quella più economica.
5.2.2 Confronto economico per un impianto esistente
L’impianto luminoso attualmente esistente nell’edificio, è composto da 20 apparecchi
illuminanti della 3F-Filippi con grado di protezione IP65, potenza assorbita 91 W e
rendimento luminoso del 71%. All’interno di ogni apparecchio illuminante sono
presenti due lampade da 36 W della Osram [ CITATION Cat2 \l 1040 ](Tabella 5.6).
Per il rinnovamento dell’impianto la scelta ricade su dei tubi fluorescenti a LED della
Philips da 16 W [ CITATION Cat \l 1040 ](Tabella 5.6), adatti alla sostituzione di tubi
fluorescenti da 36 W, con lo stesso flusso luminoso delle lampade attualmente presenti

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nell’impianto. Il rinnovo viene fatto tenendo i vecchi apparecchi illuminanti, con
l’accorgimento di sostituire lo starter dei tubi fluorescenti, con quello venduto insieme
ai tubi a LED. In questo modo i tubi a LED funzioneranno correttamente, ma la potenza
assorbita dell’apparecchio illuminante sarà maggiore (26%), rispetto alla somma delle
potenze nominali dei due tubi LED, che si andranno ad installare nel vecchio
apparecchio illuminante, poiché all’interno dell’apparecchio illuminante è presente un
reattore che serviva al corretto funzionamento dei tubi fluorescenti. Questo reattore
potrebbe essere by-passato, in modo tale da non assorbire potenza, ma in questo modo
si perderebbe la certificazione del costruttore. Vi è la possibilità di ricertificare
l’apparecchio illuminante, ma con costi elevati.
I calcoli in tabella 5.7 sono stati svolti considerando, per la sorgente fluorescente, solo i
costi d’esercizio, quindi supponendo d’avere in magazzino la scorta utile a illuminare
l’edificio per tutta la vita utile del LED.
Lampada 2 x CorePro LEDtube 1200mm 2 x Osram T8 l 36 W/765
16W865 C Glass
Prezzo per unità € 37,42 € 3,80
Vita utile (h) 50000 20000
Temperatura di colore (K) 4000 6500
Potenza assorbita dalle lampade(W) 32 72
Flusso luminoso (lm) 5000 5000
Resa cromatica >80 >80
Potenza assorbita sorgente luminosa (W) 40 91
Napp 20 20
kWh/anno 1600 3640
Tabella 5.6 Lampade e loro caratteristiche

Sorgente luminosa LED Fluorescente


Anni di vita 25 6,5
Costo annuo lampade 47,91 -
Costo annuo Apparecchi illuminanti - -
Costo annuo sorgente luminosa - -
Costo esercizio annuo 320,00 728,00
Costo totale annuo 367,91 728,00
Tabella 5.7 Costi d’impianto più costi d’esercizio

Dalla Tabella 5.7 si evince che, nonostante il fatto d’aver considerato i costi d’impianto
per la sorgente fluorescente pari a zero, la sorgente a LED è nettamente la più
economica, in particolare si ha un risparmio annuo di 360,09 €. Quindi il recupero del
capitale investito per l’acquisto dei tubi a LED si avrebbe dopo poco più di 2 anni, per i

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restanti 23 anni si avrebbe un risparmio totale di circa 8462 €.

6. CONCLUSIONI
Dai calcoli fatti nei capitoli precedenti, si può affermare che la sorgente luminosa,
attualmente presente sul mercato, più conveniente, per capannoni industriali, è quella a
LED, sia da un punto di vista economico che da un punto di vista ambientale. In
particolare dal punto di vista ambientale, rispetto alle concorrenti presenta l’assenza di
sostanze nocive, oltre ad avere un’efficienza di gran lunga superiore. Grazie alla sua
efficienza, si può dire che rispetto alle sue concorrenti, analizzate in questo elaborato, e
considerando che ogni kWh vengono immessi in atmosfera 554,7 g di CO 2 [ CITATION
ISP15 \l 1040 ], le sorgenti a LED causano immissioni di CO 2 del 49,41% in meno
rispetto alle sorgenti a ioduri metallici e del 45,99% in meno rispetto a quelle
fluorescenti.
Bisogna però precisare che le sorgenti a ioduri metallici risultano particolarmente
svantaggiate nel seguente elaborato, poiché migliorano la loro efficienza ad alte
potenze, quindi in spazzi più ampi, con altezze d’installazione e illuminamento medio
maggiore, in quel caso risulterebbero essere più convenienti rispetto a quelle
fluorescenti, ma ancora una volta sarebbero sconfitte dalle sorgenti a LED.
Nonostante il prezzo d’acquisto nettamente superiore delle sorgenti a LED, rispetto alle
concorrenti, grazie al bassissimo costo d’esercizio si riesce ad avere un risparmio
economico. Quindi nel campo industriale il prezzo d’acquisto non risulta essere un
problema, mentre potrebbe esserlo per applicazioni private, dove le ore d’esercizio
annue sono molto minori rispetto a quelle industriali quindi si potrebbe non riuscire a
compensare l’elevato prezzo d’acquisto, con il basso prezzo d’esercizio.
In ogni caso le sorgenti a LED sono molto giovani rispetto alle altre, quindi presentano
margini di sviluppo futuro, in termini di efficienza e di un prezzo d’acquisto futuro più
basso.
Includendo nell’impianto d’illuminazione oltre ai LED anche dei sistemi di controllo
automatizzati, e l’integrazione della luce naturale si avrebbero ulteriori risparmi per
quanto riguarda i costi d’esercizio e di conseguenza minori emissioni di CO2.

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