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Søren Kierkegaard

 Per comprendere i temi fondamentali di un filosofo dobbiamo introdurre il concetto di metodo


induttivo e metodo deduttivo: nel caso di Kierkegaard partiamo dal metodo induttivo, cioè dal
particolare (che può essere la lettura di un brano o un sostantivo) e andiamo poi a creare quello che è il
pensiero del filosofo. Allora è importante abituarci a partire dal particolare per poi conoscere il
pensiero di un poeta, di un filosofo o di un artista (per esempio se osservo un’opera d'arte io vado a
risalire al pensiero di un artista nel suo modo di dipingere).

 Tema della scelta


Tutti ci siamo trovati nella situazione di dover fare una scelta; una scelta significa optare per qualcosa, essa
sicuramente diventa una cosa quotidiana poiché nella nostra vita siamo portati a fare delle scelte. Ma
esistono diversi tipi di scelta:

1. Quelle meccaniche che diventano quasi automatismi perché sono le scelte quotidiane, quindi non
ci accorgiamo neppure di prenderle;
2. Poi ci sono delle scelte che ci portano a un processo di riflessione, per esempio quando litighiamo
con una persona e di conseguenza dobbiamo riflettere su quello che dobbiamo fare e come
comportarci, un altro esempio è la scelta dell’università.

Dunque quali sono le emozioni, le sensazioni che proviamo quando ci troviamo di fronte ad una scelta?
Ovviamente dipende anche da che tipo di scelta è, ma sicuramente nel momento in cui devo prendere una
decisione innesco un processo di riflessione. Dipende però anche da come una persona è caratterialmente
perché una può essere più impulsiva, quindi sceglie senza pensarci, o più riflessiva quindi impiega tempo a
fare una scelta.

Quando parliamo di scelta riflessiva, possiamo citare un aneddoto: spesso diciamo che prendere
tempo significa che non abbiamo chiara la situazione, ma in realtà prendere tempo è importante anche
perché la situazione può cambiare e di conseguenza la scelta sarà diversa. L’aneddoto racconta che vi
erano diversi prigionieri, uno di loro viene chiamato alla corte del re per chiedere la grazia; allora il re
gli propone un accordo dicendo “tra un anno ti do la grazia se tu riuscirai a far parlare il mio cavallo
bianco”. Il condannato accetta la richiesta del re, torna in prigione e i compagni di prigionia si fanno
spiegare la situazione: essi dicono che la sua sarà una morte certa perché il cavallo non parlerà mai,
allora il prigioniero risponde che nell’arco di un anno possono succedere diverse cose: può morire il
cavallo, può morire il re o può morire lui stesso.

 Søren Kierkegaard
La scelta è il tema dominante del pensiero filosofico di Søren Kierkegaard: egli nasce a Copenaghen
(quindi è un filosofo e teologo danese) il 5 maggio 1813. Il padre era un commerciante, ebbe un’educazione
severa, infatti si laureò in teologia proprio per rispettare la volontà del padre. In seguito si fidanzerà con
una donna di nome Regine Olsen (nonostante il forte amore che li lega, ci sarà la rottura di questo
fidanzamento che provocherà angoscia e dolore in entrambi; la rottura avviene perché decide di fare una
scelta di vita diversa). È considerato dagli studiosi come il punto di avvio per l’esistenzialismo (così come
Schopenhauer che infatti si interessa dell’esistenza umana) e partirà proprio dalla critica alla filosofia di
Hegel (infatti parlando di Kierkegaard e Schopenhauer ricordiamo che sono filosofi successivi al sistema
hegeliano). Il pensiero di Kierkegaard si basa sulla centralità del singolo quindi la sua analisi non è della
società ma del singolo individuo e della sua esistenza (ecco perché parliamo di scelta: indaghiamo su
quello che è il pensiero di ogni singolo individuo rispetto a quello che è il suo vissuto e il suo modo di
agire). Quindi l'importanza principale è quella del singolo, dell'individuo come singolarità ma non come
specie, e già da questo capiamo che il suo pensiero è in contrapposizione con quello di Hegel.

Inizialmente Kierkegaard si trasferì a Berlino dove ovviamente ascolta le elezioni dei filosofi tedeschi,
soprattutto Schelling, tuttavia, dapprima entusiasta di questo pensiero, poi deluso ritorna a Copenaghen e
si dedica i suoi scritti, di cui ricordiamo quelli più importanti:

1. “Aut-aut” (“o-o”); il tema principale è proprio la scelta perché non parlo di “è-è”, come abbiamo
visto nella filosofia precedente, ma di scelta. Non c'è una dialettica dove tesi e antitesi si risolvono
con la sintesi, ma parliamo di una netta scelta: “o questo o quello”. All’interno di “Aut-aut”,
Kierkegaard inserisce delle opere in cui descrive i vari stadi della vita: “Diario di un seduttore” (in
cui parla di un giovane seduttore che ricordiamo come “Don Giovanni”) e “Victor eremita” (in cui
parla della vita del padre di famiglia, cioè colui che decide di prendere moglie e vivere una vita
all’interno della società).
2. “Timore e tremore”: in cui descrive la figura di Johannes de Silentio; qui Kierkegaard si rifà ad
Abramo poiché in quest’opera ritroviamo il terzo stadio della vita cioè quello religioso, infatti parla
anche del paradosso della fede e del cristianesimo: Kierkegaard ricorda la scelta paradossale di
Abramo (sceglie di sacrificare il figlio).
3. “Il concetto dell’angoscia”: è un tema fondamentale in Kierkegaard (che riprende anche le
tematiche di angoscia, dolore e disperazione su Schopenhauer).
4. “Malattia Mortale”

 Tema delle maschere


Quando parliamo di Kierkegaard citiamo anche il tema della maschera (nella letteratura italiana ricordiamo
Pirandello): in effetti riportando la forma di comunicazione di Kierkegaard le maschere sono fondamentali
perché, nel pubblicare le sue opere, egli ricorre a degli pseudonimi. Perché? Egli sceglie di esprimere il
suo pensiero attraverso pseudonimi, quindi attraverso dei personaggi i quali non sono altro che i vari
personaggi tipici della società, dunque ci permette di comprendere quella che è la varietà dell’esistenza.
Noi di solito siamo abituati alla comunicazione scientifica che è diretta e oggettiva, ma per Kierkegaard
questo non è possibile perché è importante trovare un personaggio e quindi uno pseudonimo il quale possa
mettere in evidenza il fatto che è una parte dell’esistenza, rappresenta quella che è la varietà
dell'esistenza. In tutte le opere citate precedentemente abbiamo dei personaggi i quali non sono altro
che rappresentazione di quelle che sono e le varie esistenze umane: ecco perché parliamo di vari stadi
dell’esistenza (estetico, etico e religioso), cioè i vari momenti della scelta. Ogni opera mette in luce un
aspetto dell’esistenza, perché in questa fase deve rispondere a quelle che sono le domande della vita,
quindi la singolarità (ho più esistenze non una sola). E quindi i vari personaggi non fanno altro che cogliere
i frammenti dell'esistenza cioè quelli che sono i possibili percorsi di vita: c'è colui che sarà il seduttore,
colui che si dedica alla vita etica quindi alla famiglia e al lavoro nella società, e poi colui che decide di
seguire la vita religiosa.

Quindi attraverso le maschere Kierkegaard non fa altro che parlare in prima persona, fa parlare il
personaggio che vive quell’esistenza: è partendo dal singolo che si può cercare di capire l’esistenza umana
(quindi va in contrapposizione al pensiero hegeliano). Quindi per parlare dell'esistenza concreta, non dello
spirito, non bisogna partire dall’astrazione, dalla specie, ma dobbiamo partire dal singolo, dall’individuo
(partire dal particolare per comprendere l’universale).
 Gli stadi dell’esistenza
Nell’opera Aut-Aut descrive i primi due stadi dell’esistenza umana, cioè estetico ed etico:

1. Lo STADIO ESTETICO lo ritroviamo nel Diario di un seduttore in cui c’è l’analisi del Don Giovanni di
Mozart. Il Don Giovanni è colui che vive ed esiste nell’immediatezza, in quelle che sono successioni di
attimi passando da una conquista all’altra; l’esteta è colui che vive la vita come godimento, come
gioco, e la vita del Don Giovanni è una vita in cui non sceglie mai di essere se stesso ma va alla
continua ricerca della soddisfazione del desiderio, il quale non è legato all’amore verso una persona
ma al piacere della conquista. È una personalità che vive nella continua ricerca della seduzione perché
è questa che gli permette di provare piacere, cioè il piacere di riuscire a trovare con astuzia e
intelligenza una donna da conquistare (nello stadio estetico la figura femminile è descritta in modo
negativo proprio perché Kierkegaard fa la differenza tra le armi del Don Giovanni, cioè astuzia e
razionalità, con quelle del gentil sesso cioè armi soprattutto esteriori, quindi la donna viene vista in
maniera più superficiale; la donna viene sempre affiancata all’uomo dato che nella società dell’800 è
l’uomo ad essere il seduttore e quindi è l’uomo che fa il salto, infatti in Kierkegaard vi sono tutte figure
maschili). Abbiamo anche l’analisi di un altro seduttore nello stadio estetico, cioè Johannes che
rappresenta il seduttore raffinato. Dopo avere conquistato una donna tuttavia si arriva ad un
momento che aveva descritto anche Schopenhauer: alla noia, il Don Giovanni prova piacere solo nel
momento in cui attua le sue strategie sulle donne e inconsapevolmente non fa altro che continuare a
vivere nella disperazione perché la vita estetica è una continua ricerca del piacere nella conquista, è
proprio questa la caratteristica del Diario di un seduttore.
Ciò che può allontanare questa disperazione (che ha una valenza positiva perché porta d attuare il
salto nello stadio etico) è la possibilità di fare il salto, infatti tra uno stadio e l’altro non c’è
continuità, solo a colui che decide di fare questo salto è permesso di superare quel vuoto tra gli stadi.

2. Nello STADIO ETICO parliamo del tema della libertà perché è qui che si ha la possibilità di realizzare
se stessi, in quanto l’uomo si realizza nella vita sociale che ha una durata temporale, quindi l’uomo si
adegua alle regole della società, lavora, vive il matrimonio; in questo stadio la donna viene vista come
una figura importante, una figura amabile e va ad esprimere l’espressione della concretezza della vita
etica, perché è colei che dà ordine alla vita, governa la casa, quindi abbiamo l’importanza del focolare
domestico). La vita etica è incarnata dalla figura del marito, ma ben presto si rende conto che anche
lo stadio etico è insufficiente perché nella vita quotidiana fa sempre le stesse cose e soprattutto si
rende conto della propria umanità: è proprio questo rendersi conto che porta al pentimento il quale
gli permette di attuare il salto nello stadio religioso.

3. Nello STADIO RELIGIOSO vi è la figura di Abramo, perché? Abramo rappresenta la scelta della vita
religiosa ma è una religione vista come scandalo e paradosso. Abramo decide di ascoltare la parola di
Dio e sono tante le scelte che è costretto a fare per se stesso e per il suo popolo (infatti in realtà
l’angoscia di Abramo nasce già dal fatto che deve guidare questo popolo ma è l’unico a credere in Dio)
e queste scelte portano l’angoscia e la disperazione (lo abbiamo visto anche nel film). Una tra le tante
scelte è quella di dover dare al faraone sua moglie Sara per ottenere in Egitto la terra per il suo popolo
(la ottiene con la bugia perché in realtà non dice che Sara è sua moglie ma dice che è sua sorella,
perché altrimenti non sarebbe stato accolto), quindi c’è la disperazione, l’angoscia di un uomo che ama
profondamente la moglie ma che deve cederla al faraone immaginando che ella diventerà una delle
tante concubine. La religione è scandalosa perché ti mette davanti a delle scelte dolorose ed è
paradosso perché Dio chiede ad Abramo di sacrificare suo figlio Isacco per provare la sua fede, figlio
che era riuscito ad avere dopo tanti anni poiché Sara non riusciva ad avere figli (qui c’è un altro
paradosso perché Sara che non riesce ad avere figli è l’ostetrica che fa nascere i bambini della sua
tribù). Ecco quindi ancora la disperazione di Abramo: avere fede in Dio o sacrificare il figlio? Qual è la
scelta giusta? Abramo sceglie di avere fede in Dio che lo ferma prima di sacrificare il figlio e lo sceglie
come profeta. Dunque la vita religiosa ci permette di trovare la soluzione alla disperazione e
all’angoscia come Abramo che decide di avere fede in Dio. Comunque dobbiamo notare che se
analizziamo la vita di Abramo e le scelte che deve fare si può dire che la religione è paradosso. Inoltre
per Kierkegaard la vita religiosa non significa avere la vocazione e diventare parte integrante della
chiesa; Kierkegaard condanna la chiesa danese per la sua struttura e le sue caratteristiche, addirittura
verrà scomunicato dalla chiesa danese. Egli infatti sostiene che la chiesa ha attuato una dottrina la
quale non è altro che una speculazione teologica, infatti secondo Kierkegaard c'è quello che viene
chiamato l'ateismo cristiano. La vita religiosa significa affidarsi a Dio, a Cristo ma in maniera
personale, cioè il rapporto del singolo individuo con Dio è singolare, non avviene attraverso
intermediazioni, ecco perché in “Timore e tremore” parliamo della figura di Abramo: egli rappresenta
colui che parla con Dio e lo ascolta, Abramo non sceglie Dio ma si mette nelle condizioni di essere scelto
da Dio (ricordiamo che con il cristianesimo parliamo sempre solo di verità, di ascolto, MAI di presenza,
questo perché la filosofia cristiana è una filosofia dell’ascolto, noi ascoltiamo la parola di Dio, non
vediamo nulla).

 In conclusione se andiamo ad osservare i nuclei fondanti della filosofa Kierkegaardiana abbiamo:


1. Il tema della scelta quindi la singolarità, il concetto di singolo rispetto alla specie
2. Come conseguenza della scelta, ricordiamo allora la libertà e quindi la possibilità, perché ho
appunto la possibilità di scegliere e sono libero di poter fare questa scelta. Ma la libertà è anche
sinonimo di responsabilità di fronte alla scelta tra bene e male e cioè genere poi l’angoscia (dolore
legato al rapporto con l’esterno) e la disperazione (dolore interno).

Quindi possiamo dire che le categorie dell’esistenza sono la singolarità e la possibilità.

Lettura su che cos’è la disperazione per Spinoza: “La disperazione è tristezza nata dall’idea di una cosa
futura o passata riguardo alla quale è stata tolta ogni causa di dubbio”. Spesso disperazione e angoscia
sono legate al passato e al futuro quindi dobbiamo cercare di allontanarci da questi sentimenti che ci
riportano al vissuto appunto del passato e a quello che sarà il futuro.

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