Sei sulla pagina 1di 2

NEOREALISMO

È un movimento culturale che abbraccia diversi settori (come anche il cinema) degli anni ‘30 del
Novecento. Si tratta del periodo in cui intellettuali come Moravia, Alvaro o Vittorini fanno parte della prima
schiera di scrittori infatti ce ne sarà un’altra durante gli anni ’60 (anche se il modo di concepire la realtà è la
stessa). È un movimento che si rifà al Verismo infatti è un nuovo modo di analizzare la realtà: l’analisi di
Verga è sulla parte del popolo umile che accusa i problemi del dopo Unità d’Italia e che accetta
passivamente la propria condizione; con il Neorealismo l’attenzione è invece rivolta alla media borghesia
e l’intento è quello di analizzare come gli uomini subiscono i soprusi del fascismo è infatti l’epoca in cui
essi si sentono offesi, tuttavia c’è un minimo di reazione e di speranza che tutto possa cambiare. Con
Moravia nel romanzo “Gli indifferenti” c’è l’analisi dell’indifferenza della borghesia che accetta
passivamente il potere dei fascisti, quindi i personaggi accettano la loro condizione. Invece con Elio
Vittorini c’è un’analisi diversa: egli è nato nel 1908 in Sicilia, ha vissuto a Milano, è autodidatta, uno
scrittore che ha tenuto come esempio la letteratura americana e la sua analisi è rivolta all’uomo che
patisce la dittatura fascista. Nei suoi romanzo c’è il desiderio di allontanarsi dalla propria regione ma il
contempo si è legati alla Sicilia di allora (infatti Pavese e Vittorini saranno sempre legati alle loro regioni):
“Conversazioni in Sicilia” è uno dei romanzi più importanti di Vittorini e rappresenta l’analisi della realtà
ai tempi del fascismo. Il protagonista è Silvestro (dietro il quale probabilmente si nasconde lo stesso
Vittorini poiché si sente spaesato proprio come lui) che lavora a Milano e un giorno gli arriva una lettera
del padre con cui gli dice che ha lasciato la madre per un’altra donna. Silvestro allora si sente in dovere di
tornare nel proprio paese e di cercare, attraverso il ricordo, il contatto con alcuni personaggi della sua
terra infatti, quando viaggia in treno, incontra dei personaggi che non vengono presentati con un nome
(come le guardie per esempio) poiché essi hanno tutti un significato, infatti Vittorini usa il Simbolismo
(Vittorini rispetto a Moravia usa uno stile quasi ermetico). Quando Silvestro ritorna nel paese notiamo la
costante tematica della memoria perché vuole parlare con persone che conosceva e ripercorrere le tappe
le sua vita. La madre sapeva fare le siringhe e girava a farle di famiglia in famiglia. In un primo momento il
figlio la accompagna poi un giorno decide di passeggiare da solo per incontrare altre persone: ognuna di
queste persone simboleggia qualcosa, per esempio l’arrotino ha il desiderio di affilare le armi che servono
per offendere e difendersi (parliamo dunque di mondo offeso). Nel romanzo Silvestro ha un minimo di
reazione: viene preso, nel suo momento di crisi esistenziale (cioè quando riceva la lettera), dagli astratti
furori cioè reazioni inutili; egli vuole cambiare e attraverso il ricordo cerca di ricostruire la sua vita, ha
speranza di poter ritrovarsi.

Notiamo come ci sia un nuovo modo di concepire la realtà. Vittorini faceva parte dei fascisti sinistra e
quindi condanna la violenza. “Uomini e no” è un suo romanzo che analizza sempre il rapporto tra l’uomo
che si sente offeso e i fascisti. Alla fine il protagonista scopre la verità: i veri uomini sono quelli che
patiscono gli della violenza dei fascisti. In un passo c’è la descrizione di un ragazzo di 26 anni che uccide il
cane di un tedesco per difendersi, allora il militare si vendica e lo porta in piazza. A questo punto Vittorini
metti in evidenza di come l’uomo sia stato offeso: sarà costretto a rimanere nudo, viene deriso, dovrà
rispondere a delle domande e poi gli sparano addosso. Vittorini si rende conto che gli oppressi sono i veri
uomini e non gli oppressori. C’è da parte di Vittorini la tormentata presa di coscienza di quello che è stato
l’evento bellico.

Brano “Gli astratti furori” (tratto da “Conversazioni in Sicilia”)

Il romanzo di Vittorini è in prima persona, è Silvestro che parla e dice di esser preso da rabbia interiore
che però è astratta poiché, nonostante la minima reazione, essa sarà inutile. L’incipit del romanzo è una
constatazione di sconfitta non solo personale, ma di tutta una generazione. L’autore esprime in termini
allegorici la propria crisi ideologica ed esistenziale. Lo stile è particolare, dà l’idea del vago, non viene
espresso di preciso un luogo o uno spazio temporale (inoltre nel brano parla di una ragazza senza farci
capire se sia la sua fidanzata o sua moglie), ma Silvestro parla di questo momento che sta vivendo e che lo
porta a sentire da un lato un’istintiva reazione ma dall’altro il silenzio provocato dalla rabbia della
situazione bellica (guerra in Spagna). La sua minima reazione c’è ma rimane astratta e non concreta.
Vittorini è abile a farci intravedere il suo essere spaesato, il non sentirsi parte della realtà, ma al contrario
c’è il sentirsi offeso. Da questo stato psicologico prende avvio l’intreccio, infatti dopo la lettera in Silvestro
torna il desiderio di avere contatti con la gente del suo paese, gente che rappresenta la rabbia per la libertà,
così intraprende questo viaggio per tornare in Sicilia con la speranza di una rigenerazione spirituale.
Vittorini analizza la realtà tragica della guerra attraverso uno stile diverso da Moravia (che invece è più
spento) per farci capire l’apparente quiete interiore: Silvestro era pieno di rabbia ma non sapeva come
liberarsene.

 Ci vengono subito in mente gli eroici furori di Giordano Bruno che però sono diversi, infatti parliamo di
“astratti” furori perché, pur essendoci un minimo di reazione, sono inutili a differenza di quelli eroici
che hanno una finalità.

Potrebbero piacerti anche