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Tesina sull’esistenzialismo

Presentazione

Innanzitutto è opportuno chiarire l' obbiettivo della tesina, ovvero analizzare il significato del
termine "esistenzialismo" e le sfumature che assume in un raggio più ampio possibile di discipline,
con particolare attenzione per alcuni suoi aspetti conseguenti.
Dunque, dopo aver fornito alcune brevi definizioni, passo ad esporre il problema, perchè di
problema si tratta.
Nella filosofia classica fino all' idealismo essenza ed esistenza sono distinte fra loro: l' essenza è l'
essere universale e necessario quale pensato dall' intelletto; l' esistenza è l' essere particolare e
contingente quale si attua concretamente nella realtà ed è oggetto di esperienza. L' essenza
rappresenta la possibilità di esistere, l' esistenza è l' attuazione di tale possibilità. L' essenza sembra
quindi dia significato all' esistenza, essendo quest' ultima una manifestazione della prima: l'
esistenzialismo inverte questo rapporto, affermando che è l' esistenza che dà validità all' essenza
perchè l' individuo, soltanto attuandosi nella singolarità irripetibile del suo essere, acquista la
propria essenza, che altrimenti rimarrebbe astratta e vuota.
L' uomo non deve essere che il risultato delle sue scelte, ovvero deve creare la sua essenza partendo
dal proprio modo di vedere il mondo. Ho scritto deve non perchè questo rappresenti un qualsivoglia
imperativo morale, bensì perchè, visto che l' essenza crea e precede continuamente l' esistenza
(come avete visto nelle definizioni), l' esistenzialismo è il modo corretto di porsi rispetto a sè stessi
e alla realtà. Scegliere la propria essenza significa quindi scegliere il proprio modo di vivere
secondo la propria sensibilità personale; ovvio che ciò non è comunque semplice, e una volta presa
coscienza del problema non se ne perviene immediatamente alla soluzione, perchè esso ne genera
altri e altri. Non a caso ho voluto inserire per primo nel menu sovrastante Kirkegaard, che focalizza
la diretta conseguenza di questa tesi: l'angoscia.
L' angoscia, ovvero un senso di terrore per qualcosa di indefinito, la paura per la nullità dell'
esistenza umana... se l' esistenzialista è preda dell' ansia è ovvio che rifiuta idee come quelle della
felicità, della serenità stoica, dell' ottimismo; egli vede la vita umana vissuta nella sofferenza, nel
peccato e nella colpa. L' esistenza è vista perciò come assurda: venirsi a trovare in uno spazio e in
un tempo senza ragione di esservi, vivere nella contingenza. A tal proposito sono significative
alcune parole del filosofo e matematico francese Blaise Pascal:"Quando considero la breve durata
della mia vita, inghiottita nell'eternità prima e dopo, e il minuscolo spazio che io riempio, e persino
che posso vedere, inghiottito nell'infinita immensità dello spazio che ignoro e che mi ignora, io sono
spaventato e stupito di essere qui piuttosto che là ed adesso piuttosto che allora."
E dunque ci si sente dispersi nel nulla: visto che nessuna essenza può definire l' uomo, egli rifiuta
tutte le filosofie, le scienze, le religioni, le teorie politiche che falliscono nel rispecchiare la sua
esistenza come essere cosciente; quindi non c' è niente che strutturi il suo mondo, ed egli si sente
angosciato sul bordo dell' abisso, cercando nel vuoto del nulla. Il tema del nulla è connesso con
quello della morte, che è la negazione totale della coscienza e che emerge continuamente all'
attenzione dell' esistenzialista provocando un senso di angoscia, per affrontare il quale Foscolo
propone alcune (illusorie) teorie.
La morte è una spada di Damocle che pende in ogni istante sulla vita umana, quando si pensa ad
essa ci si sente risucchiati nel nulla, e pur tuttavia Heidegger afferma "la mia morte è il più
autentico, significante momento, la mia personale potenzialità che solo in solitudine devo "soffrire".
E se io accetto la morte nella mia vita, ne sperimento la conoscenza e la affronto correttamente, mi
libererò dall' ansia della morte e dalla meschinità della vita - e solo allora sarò libero di diventare e
stesso"...su questo punto Sartre dissente "Cos' è la morte? La morte è la mia totale inesistenza. La
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morte è assurda some la nascita - non è il definitivo, autentico momento della mia vita, non è altro
che "il passare lo strofinaccio" sulla mia esistenza come essere cosciente. La morte è un' altra
testimone dell' assurdità dell' esistenza umana"

Kirkegaard

L' esistenzialismo di Kirkegaard nasce da una considerazione sulla possibilità. La possibilità viene
intesa come forza attanagliante che sovrasta l' esistenza umana, che può condurre all' annullamento
di tutto e che lascia l' uomo in un dubbio angoscioso: Kirkegaard ne ha una visione essenzialmente
negativa e minacciosa. Dalla possibilità deriva infatti l' angoscia, ovvero la consapevolezza delle
alternative terribili e annientatrici che si possono presentare dipendentemente dalle scelte che si
intraprendono.
Scelte che sono per Kirkegaard fondamentalmente tre: lo stadio estetico (estetismo), quello etico e
quello religioso.
Ora Kirkegaard vede in questi tre stili di vita dei passaggi evoluzionistici ovvero da uno si passa all'
altro senza soluzione di continuità bensì attraverso salti, dovuti a crisi esistenziali.
Lo stadio estetico è basato fondamentalmente sull' inseguimento di sensazioni sempre nuove, dell'
attimo irripetibile: l' esteta vive la vita come un' opera poetica, della quale coglie l' aspetto
meraviglioso e inebriante, rifugge la banalità e la ripetizione, che lo deprimono nella sua ricerca del
piacere sensistico ed estetico, esalta e sviluppa la propria raffinatissima sensibilità. L' incarnazione
di questo modello di vita, secondo Kirkegaard è il Don Giovanni del Diario del seduttore, che sa
porre il suo godimento non nella ricerca sfrenata e indiscriminata del piacere, ma nella limitazione e
nell' intensità dell' appagamento. Ma la vita estetica rappresenta l' ansia di una vita diversa che si
prospetta come alternativa possibile, e infine porta irrimediabilmente alla noia. A questo punto si
può scegliere di disperarsi (perchè per Kirkegaard si può) e considerare un altro possibile modello
di vita, scegliendo lo stadio etico.
Questo significa scegliere di rinunciare ad essere l' eccezione, adeguarsi all' universale e riscoprire
la piacevole continuità del banale; scegliere di essere sè stessi dopo aver considerato il proprio
ruolo, ovvero affermarsi ed essere fedeli e leali verso ciò che ci rappresenta: significa scegliere la
propria scelta in quanto scegliere di essere sè stessi vuol dire scegliere la libertà. La persona etica
per eccellenza è il marito, felice del proprio banale matrimonio, che è l' espressione dell' eticità
essendo a portata di tutti; il lavoro è importante in questo stadio, perchè mette l' uomo in relazione
con gli altri, gli fornisce una vocazione e lo appaga completamente. Così facendo la persona etica
riscopre la propria storia, si rivede nei suoi rapporti interpersonali, scopre in sè una ricchezza
infinita; comunque proprio quando riconsidera la propria vita passata e vi vede il peccato, non
potendo rinnegare niente di sè perchè, si è detto, ha scelto di non farlo, non può rinnegare nemmeno
i suoi peccati. Quindi si pente di essi. Si pente di tutte le colpe che riguardano lui e tutto ciò che
contribuisce a renderlo ciò che è, quindi il suo pentimento abbraccia i peccati della sua famiglia, dei
suoi antenati, del genere umano... Riconoscendo la propria colpevolezza si è pronti a passare allo
stadio religioso, che è comunque fortemente desiderato visto che l' uomo tende per natura a
ricercare un significato profondo e metafisico alla propria esistenza, e l' ansia di questa ricerca non
viene placata dalla condizione etica. Quindi nel pentimento disperato si ritrova in Dio che lo assolve
e gli offre il suo infinito amore.
Il passaggio alla vita religiosa è comunque molto drammatico, come fu drammatica la scelta di
Abramo: viene chiesto di rinunciare alle tradizioni, alle consuetudini convenzionali e normative, ed
il rischio angoscioso di scegliere l' incertezza è evidente; alla fine però, come Abramo riottenne il
figlio, si ottiene in premio Dio, e per Kirkegaard non si potrebbe ottenere di più.
"La verità consiste nel colpo di audacia di scegliere ciò che obbiettivamente è incerto con la
passione dell' infinità. Senza rischio non vi è fede. La fede è appunto la contraddizione tra l'infinita
passione dell' interiorità e la certezza obiettiva".

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La figura di Abramo, che incarna il modello della vita religiosa, è significativa, perchè simboleggia
il distacco dai valori morali al cospetto del verbo divino, nonchè la paura di distaccarsene, la
solitudine di fronte ad una scelta che non può essere condivisa nè approvata da nessuno, l'
incertezza che deriva dal non avere conferma di voci umane, nè un tracciato di regole scritte: la fede
mette in contatto diretto l' uomo con Dio, che è l' assoluto e l' infinito. Per ottenere questo rapporto
l' uomo deve rompere tutti i legami e dimenticare le leggi secondo le quali ha agito finora.
Ma la solitudine provoca incertezze, come si può essere sicuri che per il religioso sia lecito
trasgredire le leggi dell' etica in quanto chiamato da Dio? Per Kirkegaard la risposta è proprio nella
forza con cui questa domanda si propone all' attenzione del religioso e nell' angoscia che causa in
lui: la fede è infatti certezza angosciosa, l' angoscia che si rende certa di sè e di un nascosto rapporto
con Dio. L' uomo è posto di fronte a un bivio: credere o non credere. Da un lato è lui che deve
scegliere, dall' altro ogni sua iniziativa è esclusa perchè Dio è tutto e da lui deriva anche la fede. La
vita religiosa è nelle maglie di questa contraddizione inesplicabile

L’estetismo

L' estetismo ha origine in Francia, verso il 1835 con Téophile Gautier e influenza nomi illustri come
Oscar Wilde, D'annunzio e Huysmans: è una delle principali tematiche della cultura decadente. La
figura dell' esteta nasce dal rifiuto della visione utilitaristica del mondo tipica della borghesia del
tempo, nonchè della sua stessa morale, che viene vista sotto occhio critico e abbandonata per essere
sostituita dalla volontà, assolutamente amorale, dell' individuo.
L' artista, che si è liberato da qualunque imperativo etico, si pone quindi l' obbiettivo di ricercare e
conseguire il bello, il sublime, in qualunque modo egli voglia e possa esprimersi a cominciare dalla
sua stessa vita; se impegnato in questa missione edonistica si trova a dover agire immoralmente, lo
fa senza curarsene perchè, si è detto, egli trascende i concetti di bene e di male. Il piacere diviene il
fine ultimo, la giovinezza, la potenza, la nobiltà vengono riscoperte come valori assoluti, da
ammirare nel loro aspetto transeunte ma intensissimo: sembrerebbe che l'estetismo sia la scelta di
un uomo sicuro e già forte di per sè. Prima di vedere che non è esattamente così, lascio descrivere
questa filosofia di vita da chi, esteta, scrive meglio di me di estetismo.
Quello che segue è un passo del secondo capitolo di The Picture Of Dorian Gray e descrive gli
imperativi dell' esteta, nonchè la concezione di fondo da cui scaturisce tale figura.
"Let us go and sit in the shade," said Lord Henry. "Parker has brought out the drinks, and if you stay
any longer in this glare, you will be quite spoiled, and Basil will never paint you again. You really
must not allow yourself to become sunburnt. It would be unbecoming."
"What can it matter?" cried Dorian Gray, laughing, as he sat down on the seat at the end of the
garden.
"It should matter everything to you, Mr. Gray."
"Why?"
"Because you have the most marvellous youth, and youth is the one thing worth having."
"I don't feel that, Lord Henry."
"No, you don't feel it now. Some day, when you are old and wrinkled and ugly, when thought has
seared your forehead with its lines, and passion branded your lips with its hideous fires, you will
feel it, you will feel it terribly. Now, wherever you go, you charm the world. Will it always be so? . .
. You have a wonderfully beautiful face, Mr. Gray. Don't frown. You have. And beauty is a form of
genius--is higher, indeed, than genius, as it needs no explanation. It is of the great facts of the world,
like sunlight, or spring-time, or the reflection in dark waters of that silver shell we call the moon. It
cannot be questioned. It has its divine right of sovereignty. It makes princes of those who have it.
You smile? Ah! when you have lost it you won't smile. . . . People say sometimes that beauty is only
superficial. That may be so, but at least it is not so superficial as thought is. To me, beauty is the
wonder of wonders. It is only shallow people who do not judge by appearances. The true mystery of

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the world is the visible, not the invisible. . . . Yes, Mr. Gray, the gods have been good to you. But
what the gods give they quickly take away. You have only a few years in which to live really,
perfectly, and fully. When your youth goes, your beauty will go with it, and then you will suddenly
discover that there are no triumphs left for you, or have to content yourself with those mean
triumphs that the memory of your past will make more bitter than defeats. Every month as it wanes
brings you nearer to something dreadful. Time is jealous of you, and wars against your lilies and
your roses. You will become sallow, and hollow-cheeked, and dull-eyed. You will suffer horribly....
Ah! realize your youth while you have it. Don't squander the gold of your days, listening to the
tedious, trying to improve the hopeless failure, or giving away your life to the ignorant, the
common, and the vulgar. These are the sickly aims, the false ideals, of our age. Live! Live the
wonderful life that is in you! Let nothing be lost upon you. Be always searching for new sensations.
Be afraid of nothing. . . . A new Hedonism--that is what our century wants. You might be its visible
symbol. With your personality there is nothing you could not do. The world belongs to you for a
season. . . . The moment I met you I saw that you were quite unconscious of what you really are, of
what you really might be. There was so much in you that charmed me that I felt I must tell you
something about yourself. I thought how tragic it would be if you were wasted. For there is such a
little time that your youth will last--such a little time. The common hill-flowers wither, but they
blossom again. The laburnum will be as yellow next June as it is now. In a month there will be
purple stars on the clematis, and year after year the green night of its leaves will hold its purple
stars. But we never get back our youth. The pulse of joy that beats in us at twenty becomes sluggish.
Our limbs fail, our senses rot. We degenerate into hideous puppets, haunted by the memory of the
passions of which we were too much afraid, and the exquisite temptations that we had not the
courage to yield to. Youth! Youth! There is absolutely nothing in the world but youth!"
Insomma, la consapevolezza di un' esistenza fuggevole e di una vecchiaia sterile, l' esaltazione della
giovinezza e del piacere, unico valore reale che si sublima nelle arti.
L' esteta vive cogliendo l' attimo irripetibile, in cerca di sensazioni nuove e talvolta deleterie,
modello di vita che, se osservato con attenzione, riflette l' ansia e il desiderio di una vita diversa. L'
estetismo sarà, come vedremo, considerato e superato anche da D' Annunzio. Questa corrente si
sviluppa nel periodo del Decadentismo -D'Annunzio.

Il superomismo

Il concetto di superuomo può essere considerato come un' evoluzione di quello dell esteta, oppure
come una reazione decadente e illusoria alla sensazione di impotenza provata di fronte agli eventi
del secolo in cui si sviluppa.
Le caratteristiche principali del superomismo nietszchiano sono una forte inclinazione al vitalismo e
al materialismo, un rifiuto a priori di ogni valore che trascende la realtà terrena, l' imposizione della
sua volontà incontaminata e inalienabile sul mondo esterno. Il superuomo rappresenta un
oltrepassamento del concetto di uomo: l' Ubermensch tedesco infatti significa oltre-uomo, di cui il
"superuomo" italianizzato è traduzione solo approssimativa, in quanto non rende completamente il
significato di trascendenza dalla condizione umana ma sembra connotare un potenziamento di essa,
cosa che propriamente non è. L' Ubermensch infatti appartiene ad un' altra razza, egli sta all' uomo
come l' uomo sta alla scimmia, deve essere come un mare che accoglie e purifica le imperfezioni
del fiume che è stato. Peculiare di questo modello di vita perfetto è la volontà di potenza: una forza
libera e creatrice, che impone sè stessa sul caos del mondo, e ai fatti da e prende per vere le proprie
interpretazioni: questo significa accettare l' essere (amor fati) e ricrearlo a propria misura; in questo
modo la vita reinventa e sorpassa continuamente sè stessa, tutto sotto il controllo della volontà.
Accettare quindi la propria vita e la sua fine senza appigli metafisici è dunque fondamentale per il
superuomo, che vi si deve lanciare, dominarla e viverla come se dovesse riviverla infinie volte
(eterno ritorno)

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-D'Annunzio
-vitalismo estetizzante panico e sensuale
-carattere eroico del superuomo
-Il programma politico del superuomo
-Le vergini delle rocce

Lucrezio

Ovvero un eccellente e fedelissimo epicureo. Le notizie su di lui sono scarse; Napoli sembra il
luogo di nascita attribuitogli per via dell'epicureismo che svilupperà nelle sue opere; la data di
nascita sembra essere quella riportata da S. Girolamo nel suo Chronicon, il 94 a.C. Si suppone, con
poco fondamento, che sia impazzito a causa di una bevanda amorosa, e che scrisse tutta la sua opera
negli intervalli della pazzia (sempre notizie reperibili nel Chronicon), ipotesi corroborata dal
carattere discontinuo e a volte controverso dell' opera. Si sarebbe infine suicidato all'età di
quarantaquattro anni. Questa notizia pero`suscita nella critica pareri contrastanti. Se fosse stato
davvero pazzo gli scrittori cristiani avrebbero sfruttato questa sua condizione per scagliarsi contro il
poeta , mentre nessuno degli autori fa il benché minimo cenno a questa sua condizione. Inoltre,
anche la data di morte è incerta. Se fosse veramente morto suicida a quella età, di dovrebbe far
risalire la data di scomparsa al 50 a.C, mentre in una lettera di Cicerone al fratello Quintio, del 54
a.C, esprime un giudizio sulla produzione dell'autore facendone intendere la recente scomparsa
(attorno al 55 quindi). Visse al tempo di Cicerone e Cesare, ebbe fortissime influenze
dall'epicureismo, tanto da farlo celebrare come poeta dalla filosofia, oltre che della scienza e della
natura.

L’alienazione

Per Hegel l' alienazione è il momento dialettico (antitesi) in cui l' idea si oggettiva e diventa altro,
cioè natura che viene poi superata dallo spirito (sintesi). In Feuerbach e in Marx il significato del
termine muta. Per Feuerbach l' alienazione è il processo in cui l' uomo proietta la propria essenza
nella divinità, sottomettendosi ad essa (alienazione in campo religioso).
Per Marx l' alienazione indica il processo che si verifica nel sistema di produzione capitalistico per
cui il prodotto del lavoro si pone di fronte al lavoratore come estraneo e il lavoro lungi dall' essere
realizzazione dell' uomo è alienazione e espropriazione (lavoro alienato). E' questa la tesi del
giovane Marx: il lavoratore è alienato da sè stesso, dal prodotto del suo lavoro, dalla società
veneratrice del denaro, da tutte quelle istituzioni sociali - famiglia, morale, legge, governo - che lo
costringono al servizio del dio denaro e si allontana dal realizzare la sua potenzialità creativa. Nel
Marxismo più maturo, l' alienazione è espressa attraverso la divisione del lavoro e delle sue molte
ramificazioni.
L' alienazione in termini esistenzialistici è in questa considerazione: a prescindere dal proprio essere
cosciente, tutto il resto è alterità da cui si è alienati. Siamo costretti in un mondo di cose che ci
appaiono opache e che non riusciamo a capire. In più la stessa scienza ci ha alienato dalla natura
con il suo sommergerci di concetti altamente specializzati e resi matematici e, leggi, teorie e
tecnologie che sono incomprensibili ai non specialisti ed ai profani; questi prodotti della scienza
adesso stanno tra noi e la natura. Inoltre la rivoluzione industriale ha alienato l'operaio dal prodotto
del suo lavoro, rendendolo una componente meccanica del sistema produttivo, come ci insegna
Marx. Noi siamo pure alienati dalle istituzioni umane - dal governo burocratico, sia a livello
nazionale che locale, dai partiti politici, dalle imprese multinazionali, dalle organizzazioni religiose
nazionali - esse sembrano enormi ed impersonali fonti di potere aventi vita propria. Come individui
noi non sentiamo né di esserene parte di né possiamo capire come funzionano. Noi viviamo alienati

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dalle nostre stesse istituzioni. Inoltre, dicono gli esistenzialisti, noi siamo esclusi dalla storia. Non
abbiamo più il senso delle nostre radici in un passato significante né vediamo muoverci verso un
futuro significante. Come risultato, noi non apparteniamo né al passato, al presente o al futuro.
E per ultimo punto, forse il più penoso, l'esistenzialismo evidenzia che tutte le nostre relazioni
personali sono avvelenate da sentimenti di alienazione dall' "altro". L'alienazione e l'ostilità nascono
all'interno delle famiglie tra genitori e figli, tra marito e moglie, tra i figli stessi. L'alienazione
infetta tutte le relazioni sociali e lavorative e, più crudelmente, essa domina i rapporti sentimentali.

Leopardi

Leopardi avverte pesantemente il disagio esistenziale, tutte le sue opere ne sono più o meno
pervase. Il tema centrale del suo pensiero, espresso nello Zibaldone, è la condizione infelice dell'
uomo, che si origina dalla sua teoria del piacere. Leopardi pensa infatti che la natura umana spinge
a desiderare un piacere (inteso settecentescamente in senso materialistico e sensistico) infinito per
durata ed estensione, impossibile da conseguire nella finitezza della vita e della realtà. Un desiderio
congenito che, non potendo essere soddisfatto, fa l' uomo preda dell' ansia e lo costringe alla
continua e frustrante ricerca di piaceri che non possono che essere aleatori e transeunti in confronto
a ciò a cui in realtà tende. (Schopenhauer) E dunque, inappagato e frustrato, l' uomo è infelice per
sua stessa natura, natura che comunque gli fornisce una via di fuga, attraverso le illusioni, ovvero
artifici intellettuali che all' uomo viene concesso di creare per sè, che in un certo qual modo gli
permettono di sopravvivere. L' uomo infatti possiede una innata e irrefrenabile capacità
immaginativa, che può concepire cose che non sono, e che quindi può figurarsi l' infinito; essendo
comunque il piacere un tema ricorrente nel pensiero umano è poi ovvio che finisca per essere
immaginato, e immaginato con caratteristiche di infinitezza che non gli corrispondono in realtà. E l'
uomo trae sostentamento dalle chimere che così crea e più ne ha più è felice.
Dunque nasce il contrasto tra le illusioni e la realtà, inferiore ad esse: toccando con mano la realtà
effettuale, tutte le costruzioni psicologiche che, come detto, le venivano associate quando era ancora
semplice aspettativa vengono infrante nel finito, nell' insoddisfacente e nel prosaico. La conoscenza
del reale perciò mortifica e castra, e coloro che hanno minore intuizione di esso sono privilegiati
(ecco perchè il Leopardi fa un gran parlare di antichi e fanciulli), vivono nell' illusione, che non può
che essere benigna; tuttavia in alcuni emblematici componimenti----------A Silvia----------Sabato del
villaggio-----------e nello Zibaldone stesso Leopardi puntualizza l' asprezza dell' infrangersi dei
sogni, che non possono rimanere tali a lungo perchè destinati a confrontarsi con la realtà: ora
vediamo di riassumere i meriti e le colpe della natura. La natura è in primo luogo maligna, perchè
carica l' uomo del desiderio di un piacere infinito, ma gli fornisce una via di fuga: le illusioni, che
però sono solo un palliativo, visto che poi la realtà si ripropone violentemente e disastrosamente,
causando una sconfitta maggiore.
-pessimismo
-Leopardi e Schopenhauer

Munch

Munch
Munch, uno dei padri dell' espressionismo insieme a Van Gogh, riesce a rappresentare nelle sue
opere l' angoscia e il tormento esistenziale che lo attanaglia. Nasce nel 1863 a Löten, in Norvegia e
l' anno dopo si trasferisce a Cristiania, l' odierna Oslo. Le disgrazie familiari (la morte della madre
nel 1868, della sorella nel 1877 e del padre nel 1889) influirono in maniera determinante sulla sua
vita da artista: Munch è il pittore dell' angoscia (L'Urlo), della solitudine, della paura di vivere;
profondamente influenzato dalle teorie esistenzialiste di Kirkegaard, dai drammi di Ibsen e di
Strindberg Munch si sente oppresso dal senso incombente e angoscioso della morte che pervade

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insistentemente la maggior parte delle sue opere. La sua prima formazione, tendenzialmente
naturalistica, avviene alla Scuola Reale di Pittura di Oslo, ma compie anche molti viaggi soprattutto
a Parigi, dove viene in contatto con l' Impressionismo, di cui non condivise però le premesse: la
pittura en plen air infatti non lo soddisfa in quanto quello che egli vuole rappresentare non è il
momento fuggevole bensì il fatto, denso di significato, che è rimasto impresso nella memoria.
Grazie alla sua tecnica veloce Munch dipinge diversi abbozzi e copie di ogni sua opera: dipinge
finchè quello che rimane sulla tela non coincide con il ricordo stampato nella memoria dell' artista;
quando si criticò il carattere di incompletezza delle sue opere, il suo maestro e pittore Christian
Krohg rispose per lui: "Oh, si! Sono complete. Uscite dalla sua mano. L'arte è completa quando l'
artista ha detto tutto quello che doveve dire veramente; e questo è il vantaggio che Munch ha su
generazioni di pittori, ha l' abilità unica di mostrarci cosa ha provato e cosa lo tormentava, facendo
sembrare tutto il resto senza importanza"

Schopenhauer

Schopenhauer parte dalla distinzione kantiana tra fenomeno e noumeno, ma mentre per Kant il
noumeno non è conoscibile e fissa il limite della conoscenza, per Schopenhauer esso è una realtà
che il filosofo in quanto tale deve riuscire a comprendere. E il fenomeno è invece pura illusorietà,
che Schopenhauer identifica con il "velo di Maya" delle filosofie indiane, dalle quali trae
ispirazione insieme al Buddismo e al kantismo. Dunque, egli vede kantianamente che l' oggetto
conosciuto è passato attraverso tre forme a priori (spazio, tempo e causalità) ed è stato deformato da
esse: nella realtà non può quindi essere quale noi lo conosciamo. Perciò la vita è un "sogno"
ingannevole, il mondo ci è nascosto e i suoi meccanismi non sono evidenti, tuttavia nell' uomo c'è
una naturale propensione a interrogarsi sul significato della propria esistenza e a tentare di carpire l'
essenza di questa realtà inconosciuta.
Schopenhauer è un filosofo romantico, che parte dalla filosofia di Kant e si propone di integrarla:
egli crede di aver trovato il modo di conoscere il noumeno proprio attraverso ciò che un' illuminista
non avrebbe mai pensato essere significativo, ovvero la volontà. La volontà, che costituisce una
parte irrazionale della mente umana, è ciò che ci rende parte del meccanismo che regola il mondo e
che permette di squarciare il velo di Maya.
-Caratteri e manifestazioni della volontà.
-si sottrae alle forme a priori (spazio, tempo e causalità)
-oltre la forma del tempo -> eterna
-oltre la forma della causalità -> libera, indipendente
-si sottrae al principio di individuazione -> unica e si esprime in forme molteplici
-si oggettiva per fasi, prima nelle idee, o archetipi del mondo, poi nei singoli individui, che non
sono nient' altro che la moltiplicazione delle idee
-tra individui e idee rapporto copia-modello.

-La vita non ha motivo di essere, essendo la volontà indipendente e fine a sè stessa.
-la vita tra noia e dolore. -> pessimismo cosmico radicale.
-la formica gigante d' Australia.

-il rifiuto del suicidio.


-arte, morale ed ascesi.
-arte- il soggetto contempla l' idea dietro la forma, trascendendola e sentendosi in contatto con il
principio primo
-morale- compatendo si sente ciò che sentono gli altri, che sono parte di un tutto Tat Twan Asi
(questo vivente sei tu)- giustizia - carità
-L' ascetismo come liberazione. voluntas-noluntas.

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Seneca

La filosofia di Seneca unisce elementi pitagorici e cinici, provenienti dalla sua prima educazione,
dando grande importanza all'esame di coscienza quotidiano e alle scienze naturali.
Anche nelle tragedie vengono rappresentati caratteri estremamente negativi, forse a significare
proprio che "senza retta ratio e filosofia non esiste via di scampo".
Per inquadrare il pensiero di Seneca bisogna ricordare che essendo figlio di un importante retore ed
era destinato ad una carriera politica di prim'ordine. Furono però i casi della vita (malattia, esilio,
ruolo di educatore e di consigliere) che accentuarono nella sua filosofia il carattere etico del quale
trattò tutti i temi fondamentali: passioni, rapporto tra uomo e tempo, libertà, incoerenza della
schiavitù, felicità, ruolo del sovrano. Dal canto suo Seneca aggiunse uno spiccato interesse per la
natura ed i suoi fenomeni. Molte furono le filosofie che ispirarono il pensiero di Seneca nella sua
vita, le principali furono quella stoica, epicureista e platonica.

Stoicismo in Seneca

- sostiene che ci si possa gradatamente avvicinare alla perfezione del saggio controllando e
superando la propria ira
- è convinto che al raggiungimento della felicità non nuocciano le buone condizioni
- ha una visione del saggio libero da ogni condizionamento esterno ed è capace di considerare le
difficoltà della vita come puri esercizi alla virtù
- nega la proprietà privata e considera assurda la divisione tra liberi e schiavi utilizzando questi
punti: la fortuna è in grado di invertire in ogni momento i ruoli, tutti gli uomini appartengono
comunemente allo stesso universo e si può essere liberi giuridicamente, ma schiavi delle proprie
passioni.

Epicureismo in Seneca

- l'invito a non temere la morte


- il tentativo di interiorizzare i problemi esistenziali cercando in se stessi la soluzione
- la concezione del tempo e l'invito a vivere ogni giorno come se fosse l'ultimo

Platonismo in Seneca

- l'elogio dalla conoscenza pura


- la filosofia come iniziazione che porta l'uomo dalle tenebre dell'ignoranza alla luce della
conoscenza distinguendolo dall'animale
- la filosofia come mezzo per raggiungere un distacco dalla quotidianità
- il progetto di un principato filosoficamente orientato

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