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Per il Nuovo Testamento abbiamo solo documenti di tempi successivi alla loro composizione originale, come per gran
parte dei testi antichi, ma per nostra fortuna abbiamo un numero enorme di manoscritti (circa 24.000) che riportano le
vicende dei Vangeli, cosa che, insieme all’intervallo tra originale e la copia più antica di soli 25 anni (125 d.C.), può far
propendere per una maggiore attendibilità degli scritti rispetto a qualsiasi altro autore antico, dei quali alle volte non ne
rimangono che pochi frammenti.
Ma usare i Vangeli e, più in generale, qualsiasi testo base di una religione monoteista come fonte storica non è facile. Ci
si trova ad avere a che fare con un documenti con un fine ben diverso da quello storiografico; un terreno scivoloso, nel
quale si mescolano teologia, tradizioni letterarie, ed episodi con impatto enorme sull’immaginario religioso, sociale e
artistico dei secoli successivi. Partendo da tale consapevolezza cercherò di seguito di riportare in modo sintetico, ma per
quanto possibile completo, l’opinione che i quattro evangelisti tramandarono di Ponzio Pilato. Quello che emergerà non
è un Pilato univoco ma più “Pilati”, con caratteristiche proprie e ciascuno filtrato secondo una certa prospettiva, nel
tentativo di metterne in luce alcuni aspetti come l’inerzia o la debolezza di carattere e di nasconderne altri che possono
emergere solo ad una più attenta analisi storica.
Non esistendo alcuna “versione di Pilato” o un Vangelo secondo Pilato, possiamo solo basarci su quanto contenuto
proprio nei Vangeli e come si può comprendere dalla breve trattazione condotta fin’ora “I vangeli canonici […]
divergono sul carattere di Pilato, debole per Luca, indifferente verso Gesù per Matteo, abile politico per Marco, sicuro
della sua autorità e fermo difensore delle istituzioni imperiali per Giovanni.”[22]
Il nucleo degli interventi nella narrazione evangelica su Pilato è costituito essenzialmente dal dialogo con Gesù e uno
studioso attento come Schiavone sottolinea la funzionalità che assume il discorso tra Pilato e Cristo nell’impalcatura del
pensiero del cristianesimo; il dialogo tra i due poteva terminare solo in quel modo, con la condanna di Gesù, come
compimento di una missione. “Tutto si concludeva in quel solo quadro: due uomini di fronte, l’uno in catene, l’altro
nell’incontrastata pienezza dei suoi poteri. Nessuno dei due rappresentava solo se stesso. Entrambi erano lì nel nome di
un altro, del cui volere si consideravano interpreti ed esecutori. Pilato dell’imperatore, padrone del mondo […]Gesù nel
nome del Padre suo […] erano Dio e Cesare che si stavano finalmente parlando.”[23] Le poche altre fonti antiche a
nostra disposizione su Pilato si limitano agli Acta Pilati, un apocrifo favolistico e di scarsa qualità redatto tra il II e il III
sec. d.C., tradotto in svariate lingue e fatto circolare da parte di Massimino Daia nella parte orientale dell’Impero per
contrastare l’emergere del cristianesimo e altri scritti pseudoepigrafi e falsi di epoca medievale[24] dove le colpe della
morte di Gesù in genere vengono riversate variamente su Erode e sul popolo ebreo e si assiste a varie guarigioni
miracolose, al riconoscimento della divinità di Gesù e all’omicidio-suicidio di Pilato.
La figura di Pilato valicò gli steccati dell’antico e interrogò anche autori moderni; un esempio evidente è l’esaltazione
nell’Anticristo di Nieztsche: “Devo forse aggiungere che in tutto il Nuovo Testamento c’è soltanto un’unica figura
degna di essere onorata? Pilato, il governatore romano. Prendere sul serio un affare tra Ebrei – è una cosa di cui non
riesce a convincersi. Un ebreo di più o di meno- che importa?”[25] Dal punto di vista di Pilato la crocefissione andrebbe
forse vista in modo molto più semplice, ossia la condanna ordinaria di un arruffapopolo con pretese messianiche che
poteva costituire una minaccia all’ordine costituito di Roma? Quali “colpe” sono attribuibili a Pilato? Su questo
Luciano Canfora è inequivocabile “A Pilato si attribuisce a torto la condanna di Gesù. Gli si dà un rango che non gli
spetta: era prefetto e, di conseguenza, sulla sua testa c’era il governatore della Siria, la vera autorità politica che
dialogava con i poteri locali.”
Alla sua memoria è legata l’immagine del funzionario che si lava le mani in pubblico, simbolo dell’ignavia, di colui che
pur avendone il potere rifiuta d’intervenire, l’inclinazione a pensare al proprio tornaconto personale. Questo giudizio,
proprio del sentire comune, pare essere, in conclusione di questa analisi e al netto degli oscillamenti sulla sua figura da
parte degli evangelisti, ingeneroso e parziale. Più semplicemente non cerca uno scontro cruento, in un ambiente difficile
e sotto pressione valuta la situazione in cui si trova ad operare e ogni sua possibile conseguenza. La condanna di un
uomo innocente è sempre ingiusta e riprovevole ma quali erano le alternative poste al prefetto? Avrebbe dovuto
rompere i rapporti con la dirigenza giudaica? Far intervenire le truppe tra la folla e rischiare una guerra civile?
Di Daniele Reano
-Bibliografia
Per i Vangeli ho usato una copia del Nuovo Testamento inLa Sacra Bibbia, Torino 1976.
H.K.Bond, Ponzio Pilato, trad. it. Livia Capponi, Brescia 2008.
A.Schiavone, Ponzio Pilato, un enigma tra storia e memoria, Torino 2017.
Ossola, Pontius, te souvient-il…?, Firenze 2013.
L.Moraldi, Tutti gli apocrifi del Nuovo Testamento, Casale Monferrato 1994.
R.Giuliani, Pilato e il vangelo secondo Bulgakov, Firenze 2013.
G.Jori, Ponzio Pilato, Storia di un mito, a cura di Giacono Jori, Firenze 2013.
G.Otranto, Ponzio Pilato nella Chiesa antica tra Storia, arte e leggenda, Firenze 2013
John Scheid, Pontius Pilatus, un fonctionnaire romain, Firenze 2013.
Nietzsche, L’anticristo, in Opere, vol. VI, tomo III, tr. it. Adelphi, Milano 1970.
[1]Marco 15,1.
[2]Marco 15,2.
[3]Bond, p.150.
[4]Ivi, p.151.
[5]Matteo, 27.2.
[6]Matteo, 27.11.
[7]Matteo 27.19.
[8]Matteo, 27.24.
[9]Luca, 3.1.
[10]Luca, 13.1.
[11]Luca, 20.20.
[12]Luca 23.4.
[13]Luca 23.7.
[14]Luca 23, 14-17.
[15]Giovanni 18.31.
[16]Giovanni 18.36.
[17]Giovanni 18.38.
[18]Giovanni 19.6.
[19]Giovanni 18.10.
[20]Giovanni 18.11.
[21]Giovanni 19, 12-16.
[22]Otranto, p.52.
[23]Schiavone, p.97.
[24]Questi testi vengono di norma fatti rientrare nel cosiddetto Ciclo di Pilato e sono La Sentenza di Pilato, l’Anafora di
Pilato, Paradosis di Pilato, Lettere di Pilato a Erode, Lettera di Pilato a Tiberio e Lettera di Tiberio a Pilato, Vendetta
del Salvatore, Morte di Pilato e Guarigioni di Tiberio.
[25]Nietzsche, pp. 228-229.
[26]Valida sia per il primo articolo che per il secondo.