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STORIA DELLA LOGICA

ARISTOTELE
IL CONTESTO
La logica come studio del ragionamento corretto entra ufficialmente nel pensiero occidentale nel IV
sec. a.C. grazie alla serie di scritti aristotelici che poi verrà etichettata dai posteri nel I sec. a.C.
“Organon” (significa strumento: veniva infatti considerato lo strumento per affrontare lo studio
scientifico).

Il contesto favorì molto il pensiero di Aristotele: i principi basilari della logica erano già presenti
nelle opere del tempo, ma erano poco chiari e non esplicitati.
Ad esempio nelle riflessioni sull'essere di Parmenide era già presente il concetto di negazione e in
qualche modo aleggiava anche il principio di non contraddizione.
Un altro esempio può essere il dialogo platonico del sofista: Platone introduce qui il concetto di
diairesis (divisione).
Nel dialogo Socrate, uno straniero e Teeteto (un allievo di Socrate), si pongono come obiettivo
quello di dare una definizione di sofista. Siccome non è semplice dire chi è un sofista, partono col
dare la definizione di pescatole (che è un personaggio più facile da definire), così da verificare se il
metodo da loro utilizzato è corretto, appropriato.
Per dare la definizione di pescatore partono col chiedersi se il pescatore possiede o no un qualche
arte; concordano che il pescatore possiede un arte. Poi si chiedono se l'arte posseduta dal pescatore
è un arte del produrre o un arte dell'acquisire, ecc...(scambio volontario o mettere le mani addosso –
con lotta (palesemente) o con caccia (di nascosto) – ecc).
Platone procede nel suo argomentare ponendo delle divisioni (è consapevole che enunciando una
proprietà, il mondo viene diviso in due parti). Tuttavia non è consapevole di creare suddivisioni
nette, visto il linguaggio usato: non da un principio e la sua negazione, ma due proprietà diverse
(una cosa logicamente scorretta → si pensi al principio di non contraddizione).

Quindi:
• Parmenide introduce la negazione dicendo che l'essere è e il non-essere non è;
• Platone introduce i contraddittori (e la divisione del mondo che ne segue);
• un altro contributo lo danno i sofisti che utilizzavano la contraddizione, in modo molto
ambiguo e molto spesso scorretto, per far cadere i discorsi degli avversari.

Tutti questi concetti che aleggiavano vengono rielaborati e sintetizzati da Aristotele nel principio di
non contraddizione.

Altri contributi alla riflessione logica aristotelica vengono dati dai Pitagorici che introdussero la
dimostrazione per assurdo (dimostrazione della diagonale del quadrato) [quindi introdussero l'idea
che se la negazione della tesi porta a una contraddizione allora si ha la certezza della validità della
tesi → le basi del principio del terzo escluso e la visione di un mondo “diviso in due”, la logica
bivalente ecc].

Anche l'assiomatica euclidea influenza Aristotele: acquisisce la consapevolezza che gli enunciati
veri vanno divisi in due: quelli veri perché evidenti e gli altri derivati dai primi (evidentemente veri)
attraverso regole.
Eredita cioè l'idea che da qualcosa si deve iniziare, senza che questa cosa sia dimostrata [infatti col
principio di non contraddizione dice di non chiedere di dimostrarlo perché è la cosa da cui partire;
spiega però perché lo sceglie dicendo che se lo si negasse tutti direbbero il vero e tutti direbbero il
falso. Non esisterebbe, in altre parole, lo strumento per definire].
[VEDI → Orwell -1984: la neolingua punta a far scomparire l'utilizzo del principio di non
contraddizione, grazie alle nuove regole per costruire ed utilizzare le parole e grazie alla nuova
grammatica...]

I PRINCIPI ARISTOTELICI
I principi enunciati da Aristotele sono:
• principio di identità: P = P;
• principio di non contraddizione: ¬ (P^¬P);
• principio del terzo escluso: Pv¬P (chiamato anche legge di bivalenza)

[a proposito della legge di bivalenza, nel capito 9 del De Interpretatione, si discute


dell'applicabilità di questa legge applicata al futuro: se il principio del terzo escluso è valido anche
per enunciati futuri, alla si afferma il determinismo […]]

Per far si che esista la contraddizione occorrono tutti e tre i principi.

LA LOGICA DI ARISTOTELE
La logica aristotelica è strettamente connessa all'ontologia: la struttura della frase rispecchia la
struttura dell'essere (soggetto-predicato → sostanza attributo) e le leggi della logica rispecchiano
uno stato di cose nella realtà (data una proprietà il mondo si divide in due parti, quella delle
sostanze che ne godono e quella delle sostanze che non ne godono, indipendentemente dalla nostra
conoscenza (ovvero il mondo si divide comunque anche se noi non lo sappiamo o non possiamo
saperlo)).

Aristotele è consapevole che la logica non da direttamente la verità, ma la conserva (se le premesse
sono vere allora, con un ragionamento corretto, si avrà una conclusione vere; se sono certe, una
conclusione certa; se probabili, una probabile ecc).
La logica è quindi formale, perché non intacca il contenuto e neppure ne dipende.
È anche simbolica, cioè faccia uso di simboli per esprimere la sua struttura e come si compone il
suo linguaggio (per sottolineare la sua indipendenza dai contenuti).

I SILLOGISMI
Il ragionamento su cui si concentra maggiormente Aristotele è il sillogismo in cui le proposizioni
siano categoriche (cioè esprimano l'appartenenza di un predicato a un soggetto).

Il sillogismo è un ragionamento composto da tre proposizioni: due premesse e una conclusione; la


premessa che contiene il soggetto della conclusione è detta premessa minore e quella che contiene il
predicato, premessa maggiore.
L'altro termine presente nelle premesse, che scompare sempre nella conclusione, è detto termine
medio, per la sua funzione di raccordo fra le premesse.
La posizione dei termini (quale costituisca il soggetto e quale il predicato), determina la “figura” del
sillogismo:

I Figura II Figura III Figura IV Figura


MP PM MP PM
SM SM MS MS
SP SP SP SP

Aristotele si concentra solo sui primi tre; la quarta figura la si mette per completezza (è simmetrica
alla prima).

Ogni proposizione categorica è caratterizzata quantitativamente: o è universale o è particolare, e


qualitativamente: o è affermativa o è negativa.
Le proposizioni universali affermative sono rappresentate dalle vocale A, le particolari affermative
I; le universali negative con la E e le particolari negative con la O.
I rapporti di verità che ci sono tra queste proposizioni sono chiariti dal quadrato delle opposizioni.

Se si calcolano tutte le possibili forme che le proposizioni possono assumere nelle quattro figure si
ottengono complessivamente 256 schemi, detti “modi”.
Solo 19 sillogismi sono validi [VEDI tavola pag. 14].

REGOLE PER OTTENERE SILLOGISMI VALIDI


Per giungere ad essi si possono dare regole di formazione dei sillogismi corretti o tentare, come fece
Aristotele, di ricondurli ai tre di prima figura che sono “intuitivamente evidenti”.
Ricondurre alla prima figura significa manipolare i termini in modo da ottenere un
sillogismo strutturato da prima figura. Le strategie che possono essere usate sono:
• scambio delle premesse (mutatio praemissarum): si scambiano premessa maggiore e
premessa minore;
• conversione semplice (conversio simplex): si scambiano soggetto e predicato in una
premessa. La conversione semplice è possibile soltanto quando soggetto e predicato hanno
la stessa estensione (proposizioni E e I);
• conversione per accidens: si scambiano soggetto e predicato in una premessa scambiando
anche la quantificazione (cioè se è una proposizione universale diventa particolare e vice
versa). Le proposizioni universali affermative ammettono la conversione per accidens.
• Riconduzione mediante riduzione all'assurdo: consiste nel dimostrare che un sillogismo è
valido mostrando che la negazione della sua conclusione (cioè ritenendo vere le premesse e
falsa la tesi) porta a una contraddizione. [questa viene impiegata solo in due casi: AOO (II
fig.) e OAO (III fig.)]

BARBARA, CELARENT, DARI, FERIOQUE...


Nella manualistica medioevale fu introdotta una filastrocca (che poi fu anche uno dei motivi del
discredito della logica per un lungo periodo), per ricordare i 19 sillogismi validi e le regole di
conversione dalle altre figure alla prima.

• Bisogna considerare solo le parole che iniziano con la lettera maiuscola.


• Il numero del verso indica anche il numero della figura (quindi le parole del primo verso
indicano i sillogismi di prima figura, ecc).
• Le prime tre vocali della parola indicano qualità e quantità delle premesse e conclusione.
• L'iniziale di ognuna delle parole del primo verso è importante perché servirà, quando si
tratteranno i sillogismi delle altre figure, a individuare quello di prima figure cui essi
andranno ricondotti (es. Cesare andrà ricondotto a Celarent, ecc).
• Dal secondo verso sono indicate anche le regole che dovranno essere applicate per
ricondurre i sillogismi:
• la m indica che deve essere effettuata una mutatio praemissarum,
ovvero si devono scambiare premessa maggiore e minore;
• la s indica che deve essere effettuata una conversio simplex sulla
proposizione, premessa o conclusione, che precede la s;
• la p indica che va effettuata una conversione per accidens, sulla
proposizione che precede la p;
• la c, infine, indica che deve essere fatta una riconduzione per assurdo
(per contradictionem);
• tutte le altre consonanti non hanno valore.

TABELLA DELLE ESTENSIONI

Soggeto Predicato
A Distribuito Non distribuito
I Non distribuito Non distribuito
E Distribuito Distribuito
O Non distribuito Distribuito

Con E e I si può effettuare la conversione semplice.


Con A si può fare quella per accidens e con O di sicuro si può escludere la conversione semplice,
ma anche quella per accidens non da nessuna certezza.

REGOLE DI COMPOSIZIONE DEI SILLOGISMI

1. Ci devono essere solo tre termini.


2. Il soggetto e il predicato della conclusione devono essere distribuiti in modo uguale nelle
premesse.
3. Il termine medio non può apparire nella conclusione.
4. Il termine medio deve essere distribuito in almeno una premessa.
5. Da due premesse negative non segue nessuna conclusione.
6. Da due premesse affermative segue una conclusione affermativa.
7. Da due premesse particolari non segue nessuna conclusione.
8. La conclusione contiene sempre la parte peggiorativa delle premesse.

SILLOGISMI DOPO ARISTOTELE


Aristotele tratta nei sui studi solo i sillogismi categorici.
I suoi epigoni studiano anche altre tipologie di sillogismi: sillogismo disgiuntivo, sillogismo
ipotetico, ecc.
In particolare approfondiscono:
• l'entimema: è un sillogismo in cui manca un pezzo, una premessa o la conclusione. Nel
nostro linguaggio quotidiano lo utilizziamo spesso (di solito lo si usa, ad esempio, nei
discorsi: basta dire le premesse e lasciar da capire all'interlocutore la conclusione) [VEDI →
es. sugli appunti: “Se costui fosse un profeta...”];
• sorite: è una catena di sillogismi, simile al polisillogismo; l'unica differenza è che la
conclusione è sottintesa (nel polisillogismo è esplicitata).

LOGICA MEGARICO-STOICA
LOGICA MEGARICA
la logica che ha le sua radici nella scuola megarica fondata da Euclide, ha visto il suo successore,
Eubulide di Mileto (IV sec. a.C.), passare alla storia per l'antinomia del mentitore.
L'interesse principale della scuola fu concentrato sulle proposizioni e i loro nessi, anziché
sull'analisi interna delle singole proposizioni, indagando in particolare indagando in particolare il
significato di “se...allora”. [disputa sull'implicazione tra Diodoro Crono e Filone di Megara]
GLI STOICI
La tradizione della scuola megarica fu accolta e portata avanti dal “secondo fondatore” della scuola
stoica, Crisippo di Soli; anche la scuola stoica, infatti, era interessata ai nessi tra le proposizioni.
Gli stoici hanno studiato il variare del valore di verità di proposizioni complesse in relazione al
valore di verità delle componenti e del connettivo che le unisce (posto il riconoscimento della legge
di bivalenza). [VEDI → Crisippo e il determinismo]

Posta la bivalenza, si ritene che l'azione dei nessi fra le proposizioni sia vero-funzionale, cioè che il
valore di verità delle proposizioni composte dipenda dal valore di verità delle loro componenti.
Usando le tavole di verità (strumento introdotto secoli e secoli dopo da Wittgenstein) possiamo
esprimere ciò che avevano studiato gli stoici: [VEDI → tavole di verità].

Gli stoici, in particolare Crisippo, hanno anche elencato cinque indimostrabili, cioè schemi di
inferenza, da cui ricavare un gran numero di verità logiche:
1. Se A allora B. Ma A. Allora B. [modus ponens]
2. Se A allora B. ma nonB. Allora nonA. [modus tollens]
3. Non(A e B). Ma A. Allora nonB.
4. O A o B. Ma A. Allora nonB.
5. O A o B. Ma B. Allora nonA.

FREGE
All'inizio dell'ottocento si erano aperte discussioni sulle geometrie non euclidee, nate grazie, prima,
alla messa in discussione del V postulato di Euclide e, poi, alla creazione di sistemi geometrici
alternativi nei quali non era presente, o veniva sostituito con uno alternativo, il V postulato. Inoltre
si svilupparono anche dibattiti sul numero reale, definito a partire dai numeri razionali (cioè coppie
ordinate di numeri naturali).

Non tutti i matematici erano, però, ritenevano che i numeri naturali fossero la base più semplice da
cui partire; uno di questi era Gottlob Frege (1848-1925) che pensava che i numeri naturali
potessero, a loro volta essere espressi in termini logici. In altre parole voleva fondare la matematica
sulla logica.

Criticò le precedenti idee sulle leggi dell'aritmetica e sul concetto di numero naturale:
• a coloro che, come Kant, vedevano il numero come il frutto dell'intuizione, Frege obiettò
che in questo modo non poteva essere spiegata l'origine dello 0 e dei grandi numeri;
• a coloro che, come Mill, ritenevano che l'origine del numero derivasse dall'esperienza
sensibile, oltre a criticarli allo stesso modo degli intuizionisti, obiettò che a un medesimo
oggetto osservato possono essere riferiti diversi numeri e che la generalità del numero non
può essere spiegata se il fondamento risiede nell'esperienza;
• a coloro che ritenevano che il numero nascesse dalla molteplicità obiettò che non si potrebbe
spiegare l'origine dello 0 e dell'1;
• a coloro che vedevano il numero come una rappresentazione mentale, obiettò che in questo
modo i giudizi matematici non si potrebbero comunicare (ogni rappresentazione mentale è,
infatti, soggettiva).

Il primo passo di quello che sarà lo scopo di quasi tutta la sua vita, ovvero il programma logicista,
avviene nel 1879, quando viene pubblicato un volumetto di nemmeno novanta pagine intitolato
Begriffsschrift (che può essere tradotto come Ideografia), nel quale viene proposto un nuovo
linguaggio simbolico per la logica, lontano dal linguaggio quotidiano che può inflenzare la
dimostrazione e allontanare dall'obiettività.
Nel nuovo linguaggio logico Frege individua nella coppia funzione-argomento, il modo più
opportuno di esprimere i rapporti tra le componenti della frase del linguaggio naturale (non viene
più usata la coppia soggetto-predicato; questo fatto aprirà moltissime nuove possibilità alla logica).
[VEDI → funzione-argomento pag. 39]
Introduce anche i quantificatore per esprimere proposizioni universali e particolari.
L'Ideografia non verrà considerata dai contemporanei di Frege: verrà ignorata, anche a causa
del linguaggio poco pratico usato.

Usando questo linguaggio Frega da la definizione di numero naturale: fa ricorso al principio del
contesto, cioè, prendendo in considerazione delle proposizioni in cui esso compare, fa notare che il
numero è sempre numero di un concetto, il numero si riferisce sempre a un concetto.
Il numero va visto come l'estensione di tutti i concetti equinumerosi a un concetto dato (cioè
che sono in corrispondenza biiettiva con esso).

Frege partirà dal numero 0 che è l'estensione di tutti i concetti equinumerosi al concetto “diverso da
sé stesso” (sarebbe la classe vuota: nessun oggetto cade sotto questo concetto). [si può dire anche:
“L'insieme di tutti gli insiemi in corrispondenza biiettiva con l'insieme vuoto”]
L'1 sarà l'estensione di tutti i concetti equinumerosi al concetto “uguale a 0”.

Data questa definizione, Frege elenca gli assiomi dell'aritmetica, le regole per ottenere i vari
teoremi e precisa il concetto di dimostrazione.

In questa costruzione sorge un problema quando Russell nota che contiene una
contraddizione: si basa sul principio di comprensione che afferma che per ogni concetto esiste ed è
unica l'estensione formata da tutti i soli oggetti che cadono sotto quel concetto.
Posto questo principio data la proprietà “essere la classe di tutte le classi che non appartengono a se
stesse”, il principio di comprensione garantisce che essa ha un estensione. Di questa, essendo essa
un oggetto, è lecito domandarsi se gode della proprietà “appartenere e se stessa”: se si appartiene,
per come è definita, non si appartiene; se non si appartiene, si appartiene (è questa la famosa
antinomia di Russell).

Frege cercherà, per un certo periodo, di risolvere il problema strutturale che portava all'antinomia
senza riuscirci. Il progetto logicista venne quindi da lui abbandonato.
Nell'ultimo periodo di studi Frege cercò di fondare l'aritmetica sull'intuizione geometrica.

Il progetto logicista fallì, ma portò molti frutti: aprì nuovi orizzonti per la logica in generale, la
logica matematica, la filosofia del linguaggio.

HILBERT
• Hilbert non era interessato direttamente alla logica.
• Portò avanti studi sull'assiomatica.
• Un sistema assiomatico deve essere coerente.
• Per verificare la coerenza, secondo Hilbert, si doveva formalizzare gli assiomi e controllare
che la rielaborazione delle formule non contenesse l'espressione 1≠1.
• Dopo la corrispondenza con Brouwer dice che per dimostrare la coerenza di un sistema
assiomatico occorre usare un linguaggio finitario.
• Questa scelta si rivela fallimentare perché Goedel nel 1931, coi suoi teoremi di
incompletezza sintattica, mette in luce che in ogni sistema formale F, coerente e
sufficientemente espressivo, esiste sempre un enunciato A tale che il sistema F non dimostra
né A né nonA. Questo significato che la non contraddittorietà non può essere garantita.
Con un altro teorema Goedel mostra che per dimostrare la coerenza di un sistema occorrono sistemi
più forti (il contrario di quello che voleva fare Hilbert).
• L'edificio hilbertiano crolla; dalla corrente formalista nacquero studi sulla teoria della
dimostrazione, la teoria degli insiemi.

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