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[Buio in sala. Parte la musica: Kale Baveynen di Alicia Svigals.

Entra in scena X che


si muove sul palco cercando di interpretare con movimenti leggiadri ma intensi la
musica. La musica sfuma e X si posiziona al centro del palco ed inizia il racconto]

Questa è la domanda: si può cantare l’indicibile male che nei campi è stato? Si può
fare poesia, alta poesia, cercando di dare voce alla terribile, insensata sofferenza dei
sommersi che, in quanto tali, solo con il loro silenzio possono testimoniare ciò che
hanno subito?
Noi crediamo di sì! Anzi, riteniamo che il canto della poesia sia uno strumento
insostituibile e potentissimo per cercare di comprendere ciò che a prima vista, e forse
troppo frettolosamente, viene liquidato come irrazionale “male assoluto”.
Il “Canto del popolo ebraico massacrato” del poeta polacco Yitzhak Katzenelson ne
è un esempio altissimo. Il suo poema epico in yiddish testimonia l’ostinata decisione
di resistere allo sprofondare nel silenzio della follia attraverso uno straziante,
“disperato e talora grezzo lamento” che tramandi lo sterminio degli ebrei dell’est
Europa.

Quest’opera crediamo riesca a rispondere efficacemente a tutti coloro che


contesteranno dopo la Shoah l’estetizzazione e la soggettivazione dell’orrore.
Il poema in XV canti è stato scritto tra il ’43 e il ’44 prima che Katzenelson, insieme
al suo primogenito Zvi, fossero, dal campo di smistamento di Vittel, dove erano
giunti dopo la gloriosa ma tragica esperienza del ghetto di Varsavia, mandati a morire
ad Auschwitz.
E’ un’opera composta non dopo, ma durante la persecuzione. Il poeta lucidamente
sapeva già che ciò che era accaduto a sua moglie e a due suoi figli, la morte nelle
camere a gas, era diventato il destino dell’intero popolo ebraico. E questo sarà il
compito affidato alla sua poesia: cantare ciò che di tremendo è stato per tener viva la
memoria culturale di un popolo intero.

[X esce di scena sulle note della tromba di Frank London. La musica accompagna
l’entrata in scena di A, B, C, D, E e F che si posizioneranno in semicerchio sul palco
posizionando il loro leggio. La musica sfuma e U entra in scena]

U: I canto: “Canta!” - 3-5 ottobre 1943

C: 1

«Canta! Prendi la tua arpa curva e leggera


e sulle sue corde sottili getta le tue dita,
pesanti come cuori dolenti. Canta l'ultimo canto,
l'ultimo canto degli ultimi ebrei in terra d'Europa».

A: 2
Ma come posso cantare? Come posso aprire la bocca,
io che sono rimasto così solo?
Mia moglie e i miei due bambini... Che orrore!
Rabbrividisco... E sento piangere, piangere dappertutto.

C: 3

«Canta, canta! Alza la tua voce tormentata e rotta,


e cercaLo, cercaLo in alto, se ancora esiste.
E canta per Lui... CantaGli l'ultimo canto dell'ultimo ebreo,
che visse, morì insepolto, e non è più».

E: 4

Ma come posso cantare? Come posso alzare la testa?


Hanno preso mia moglie, e Benzìon e il piccolo Yòmele.
Non sono più con me, eppure mai mi lasceranno.
O ombre oscure - mia sola luce - ombre fredde e cieche.

F:5

«Canta, canta per l'ultima volta su questa terra,


getta indietro la testa, fissa i tuoi occhi su di Lui
e cantaGli per l'ultima volta, suona per Lui la tua arpa:
non ci sono più ebrei! Li hanno sterminati tutti».
 

E: 6

Ma come posso cantare? Come posso fissare gli occhi su di Lui?


Una lacrima di ghiaccio mi ha velato lo sguardo...
Vorrebbe sciogliersi, vorrebbe sciogliersi,
ma non ci riesce, mio Dio.

C: 7

«Canta, canta! Alza lo sguardo verso il cielo


come se ci fosse un Dio lassù... e faGli un cenno,
come se lassù una grande gioia ci aspettasse.
Siedi fra le rovine del tuo popolo massacrato e canta!».

B: 8

Ma come posso cantare in questo mondo per me così vuoto?


Come posso suonare con queste misere mani contorte?
Dove sono i miei morti? Li cerco, mio Dio, anche nel letame,
in ogni mucchio di cenere... Oh, ditemi dove siete.
F: 9

Gridate da ogni lembo di terra, da sotto ogni pietra,


gridate dalla polvere, dalle fiamme, dal fumo -
è il vostro sangue, la vostra linfa, il midollo delle vostre ossa,
è la vostra carne, la vostra vita! Gridate, gridate forte!

E: 10

Gridate dalle viscere delle bestie nella foresta, dei pesci nell'acqua -
vi hanno divorati. Gridate dai forni. Gridate, piccoli e grandi.
Voglio sentire le vostre grida, le vostre voci, i vostri singhiozzi.
Grida, popolo ebraico massacrato, grida, grida più forte!

B: 11

Non invocare il cielo: non ti sente. Né ti sente la terra, questo mucchio di


letame.
Non invocare il sole: non si supplica una lampada... Oh se potessi
spengerlo come una lampada in questa tana di assassini!
Popolo mio, tu del sole sei stato per me ben più radiosa luce!
 

D: 13

Venite tutti, da Treblinka, da Sobibor, da Auschwitz,


venite da Belzec, da Ponary e dagli altri campi,
con gli occhi spalancati e mute grida di terrore.
Venite dalle paludi, affogati nel fango, imputriditi nel muschio...

E: 14

Venite, voi disseccati, voi stritolati, voi frantumati,


disponetevi in cerchio intorno a me fino a formare un grande anello:
nonni, nonne, padri, madri con i bambini in collo.
Venite, ossa di ebrei ridotte in polvere e cenere.

C: 15

Alzatevi, mostratevi. Venite tutti, venite,


voglio vedervi. Voglio guardarvi, voglio
contemplare in silenzio il mio popolo massacrato.
E canterò... sì... datemi l'arpa... Ecco, io suono!

[Inizia la musica e i ragazzi sul palco escono lentamente mentre G, H, I, L, M e


N, si posizionano nei loro rispettivi leggii. La musica sfuma e R entrando sul palco
si posiziona al centro]
V: Canto IV: I vagoni sono tornati! - 26 ottobre 1943

[I inizia la lettura]

I: 1

Orrore e paura mi assalgono, mi soffocano -


i vagoni sono già di ritorno! Sono partiti solo ieri sera -
e oggi sono qui di nuovo, già pronti all'Umschlag [abbreviazione di Umschlagplatz, posto di
smistamento, il luogo in cui gli ebrei erano caricati sui vagoni].
Li vedi, là con le fauci aperte, spalancate nell'orrore?

H: 2

Hanno ancora fame! Niente li sazia.


Aspettano gli ebrei! Quando glieli porteranno?
Sono affamati - come se non avessero già divorato i loro ebrei...
Ne hanno avuti tanti! Ma ne vogliono di più, ancora di più!

G: 4

Ne vogliamo di più, molti di più... gridano i vagoni


come freddi e spietati criminali: di più! Non ne hanno mai abbastanza!
Stanno aspettando. Aspettano noi
i vagoni, aspetta noi il treno.

I: 5

Altri ebrei hanno già riempito quei vagoni fino a soffocare,


ebrei morti incastrati fra i vivi stupefatti,
morti che stanno in piedi, non potendo cadere in quella calca,
morti che nessuno potrebbe distinguere dai vivi.
 

M: 6

Il capo di un morto dondola come se fosse vivo,


e dai vivi cola il sudore della morte.
Un bambino supplica la madre morta: «Acqua! Dammi un goccio d'acqua!».
E con i piccoli pugni le colpisce la testa: «Ho sete, mamma!».

N: 7

E un altro bimbo è in braccio al padre morto -


sì, i bambini, anche se deboli e prostrati, i bambini resistono!
Il padre, invece, anche se adulto, non ce l'ha fatta -
ma il bimbo non lo sa e continua a implorarlo: «Su, babbo, vieni! Andiamocene
da
qui!».

G: 11

Vagoni vuoti! Eravate pieni, ed eccovi di nuovo vuoti.


Cosa ne avete fatto degli ebrei? Dove sono finiti?
Erano diecimila, contati e stivati - e voi siete qui di nuovo!
O vagoni, vagoni vuoti, ditemi dove siete stati!
 

L: 12

Voi tornate dall'altro mondo, lo so. Non dev'essere lontano. Solo ieri siete
partiti carichi, e oggi siete già di ritorno!
Perché questa fretta? Avete cosi poco tempo?
Presto sarete vecchi come me, logori e grigi.

H: 13

Solo a guardare, a vedere, a sentire tutto ciò - gevàld! -


come fate, anche se siete di ferro e di legno?
O ferro, giacevi nel profondo della terra.
O legno, un giorno fosti un albero alto e fiero.

M: 14

E ora? Ora siete vagoni, e state a guardare,


testimoni muti di un tale carico, di una tale pena.
In silenzio tutto avete osservato. Oh, ditemi, vagoni,
dove andate, dove avete portato a morire il popolo ebraico?

I: 15

Non è colpa vostra - vi caricano e poi vi dicono: andate!


Vi fanno partire pieni e tornare vuoti.
Voi che tornate dall'altro mondo, ditemi una parola.
Vi prego, ruote, parlate, e io, io piangerò...

 
[Inizia la musica e i ragazzi sul palco escono lentamente mentre O, P, Q, R, S, e
T si posizionano nei loro rispettivi leggii. La musica sfuma e Z entrando sul palco
si posiziona al centro]

Z: canto IX “Ai cieli” - 23-26 novembre 1943

[Q inizia la lettura]

Q: 1

E così avvenne... e questo fu l'inizio... Cieli, ditemi perché, perché!


Perché dobbiamo essere tanto umiliati in questo mondo?
La terra, sorda e muta, ha chiuso gli occhi... Ma voi cieli,
voi dall'alto avete visto tutto e non siete crollati dalla vergogna!

O: 2

Non una nuvola ha coperto il vostro vile azzurro, che come sempre mostrava il
suo
falso splendore;
il sole, rosso come un carnefice feroce, ha continuato il suo corso;
la luna, come una vecchia puttana, come una peccatrice, è uscita di notte a
passeggiare,
e le stelle ammiccavano luride come occhi di topi.

Q: 3

Basta! Non voglio più guardarvi, non voglio più vedervi...


O cieli falsi e bari, cieli infimi pur così in alto; o mio dolore!
Un tempo ho creduto in voi, vi ho confidato le mie pene e le mie gioie, le mie
lacrime e i miei sorrisi -
voi non siete migliori della terra, di questo mucchio di letame!

T: 4

I: Vi lodavo, cieli, vi esaltavo in tutti i miei canti.


Vi ho amato come si ama una donna. Ma ora se ne è andata, dissolta come
schiuma.
Fin dall'infanzia il vostro sole, fiammeggiante nel tramonto,
l'ho somigliato alle mie attese: «Così svanisce la mia speranza, così sfuma il mio
sogno!».
 

Q: 5
Basta! Basta! Vi siete presi gioco di noi, del mio popolo e della mia stirpe!
Da sempre ci avete preso in giro - anche i nostri padri, anche i nostri profeti!
Verso di voi hanno alzato i loro occhi, nella vostra fiamma si sono accesi;
sempre fedeli, per nostalgia di voi si sono consumati.

P: 6

Vi hanno invocato per primi: haazinu! Ascoltate!


E solo dopo imploravano la terra. Così Mosè, e così Isaia, il mio Isaia: shimu,
udite!
E shomu! gridava Geremia: shomu! A chi, se non a voi? Perché vi siete
allontanati?
O vasti cieli, luminosi cieli, alti cieli, ormai siete come la terra.

S: 7

Non ci conoscete, non ci riconoscete più - perché? Siamo tanto


cambiati? Eppure siamo gli stessi di un tempo -
e anche migliori... non io! Io non voglio paragonarmi ai miei profeti, non posso,
ma tutti quegli ebrei portati a morire, quei milioni di massacrati, loro sì.

O: 8

Sono migliori, più provati, più purificati dal goles! Chi è


un grande ebreo del passato di fronte a un piccolo ebreo di oggi, un semplice
ebreo
di Polonia, di Lituania, di Volinia? In ogni ebreo
grida un Geremia, un Giobbe disperato, un re deluso con il suo Qohelet.

Q: 9

Non ci conoscete, non riconoscete più nessuno di noi, come se ci fossimo


mascherati.
Eppure siamo noi, gli ebrei di sempre, e come sempre pecchiamo contro noi stessi,
come sempre rinunciamo alla felicità e vogliamo salvare il mondo.
Come fate a rimanere così belli, voi cieli azzurri, mentre ci stanno massacrando?
 

S: 10

Come Saul, il mio re, andrò nella mia pena dalla evocatrice di spiriti,
troverò la strada disperata e oscura per En Dor,
e chiamerò fuori dalle tombe tutti i miei profeti: alzate lo sguardo
verso i vostri cieli chiari e sputate loro in faccia: «Al diavolo, maledetti!».

O: 11
Siete rimasti a guardare quando hanno portato a morire i figli del mio popolo,
per mare, sui treni, a piedi, al chiaro del giorno e al buio della notte.
Milioni di bambini hanno teso le mani verso di voi prima di venire massacrati,
milioni di nobili madri, di padri - nulla ha fatto tremare il vostro impassibile
azzurro.

P: 12

Avete visto i piccoli Yòmele, unica gioia! Solo gioia e bontà!


E i Benzìon, quei piccoli geonìm così seri e studiosi... consolazione di tutto il
creato!
Avete visto le Hanne, che li hanno partoriti e consacrati a Dio nella Sua casa,
e siete rimasti a guardare... No, non c'è Dio in voi, cieli! Cieli nulli e vuoti!

T: 13

Non c'è Dio in voi! Aprite le porte, cieli, spalancatele,


e lasciate entrare i figli del mio popolo massacrato, del mio popolo torturato.
Aprite le porte per la grande ascensione: un intero popolo crocifisso
sta per arrivare... ognuno dei miei figli massacrati può essere un Dio!
 

S: 14

O cieli, vuoti e abbandonati, cieli senza vita come un vasto deserto,


io ho perso in voi il mio unico Dio, e a loro tre non bastano -
il Dio degli ebrei, il Suo Spirito e l'ebreo di Galilea, che hanno ucciso, non
bastano:
hanno voluto spedire tutti noi in cielo - o miserabile e malvagia idolatria!

Q: 15

Rallegratevi, cieli, rallegratevi! Eravate poveri, ma ora siete ricchi:


che raccolto benedetto, che fortuna vi è concessa: un popolo, tutto un popolo!
Rallegratevi, cieli, lassù con i tedeschi, e i tedeschi si rallegrino quaggiù con voi,
e un fuoco salga dalla terra fino a voi, e un fuoco scenda da voi fin sulla terra.

[inizia sottofondo la musica e tutti i ragazzi salgono sul palco e tenendosi per
mano fanno tre inchini verso il pubblico]

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