Platone, attraverso la figura di Socrate, separa violentemente il giusto
dall’ingiusto. Socrate è l’uomo giusto, che non è diventato saggio per aver trovato delle ragioni ma è saggio ancor prima di ogni ragione, mentre l’uomo che viene meno alla giustizia è nel profondo malato e debole. Egli, però, afferma che ognuno di noi ha un lato malvagio e che, quindi, la tentazione di commettere atti ingiusti è insita nell’animo di tutti. Nella Repubblica, Platone fa spiegare questo concetto a Glaucone, il quale racconta del mito di Gige e Candaule: Gige era un pastore al servizio del re di Lidia, Candaule e quindi viveva una vita molto semplice. Dopo un nubifragio e un terremoto, nel luogo dove Gige faceva pascolare gli animali, si aprì una voragine; meravigliato e spinto dalla curiosità, il pastore entrò e scoprì che tra le meraviglie di quel luogo sotterraneo vi era anche un enorme cavallo di bronzo nel quale si trovava il cadavere di un individuo di dimensioni sovrumane con un bellissimo anello d'oro al dito, di cui si impadronì. Uscito dalla caverna, nel metterlo, scoprì per caso che girando il l’anello dalla parte interna della mano, diventava invisibile a chiunque, effetto che scompariva quando di nuovo girava il castone verso l’esterno. Godendo del potere dell’invisibilità grazie all’anello, andò così al palazzo del Re e, giunto, seducendo la moglie di Candaule, con il suo aiuto uccise il re, divenendo perciò il Re della Lidia. Questo dimostra che nessun uomo è così virtuoso da poter resistere alla tentazione di fare azioni anche terribili, se gli altri non lo possono vedere. Glaucone afferma che la moralità è solo una costruzione della società, che l'uomo rispetta per paura delle conseguenze e delle sanzioni. Una volta che queste sono eliminate, quando nessuno può vedere ciò che fai, la morale viene meno, e l'uomo si rivela per quello che è in realtà. Secondo lui, infatti, se questo anello venisse dato a due uomini, uno giustissimo e l'altro empio, questi si comporterebbero alla stessa maniera, liberi dal peso di dover render conto a qualcuno delle loro azioni. Si è giusti solamente sotto costrizione, poiché l'ingiustizia e il non rispetto delle leggi è più utile e vantaggioso. Rifondare la giustizia A questo punto, allora, Glaucone, insieme ad Adimanto, chiedono a Socrate di migliorare la difesa della giustizia, dimostrando che essa non deve essere perseguita ai fini dell’approvazione sociale ma deve essere approvata come la miglior forma di vita. Anche in questo caso, Glaucone spiega il perché della sua richiesta e afferma che egli condivide l’idea di Trasimaco che gli uomini hanno come istinto primario quello della sopraffazione (pleonexia), cioè dell’affermare se stessi sugli altri con l’ingiustizia. Però poi ognuno si rende conto che la probabilità di essere sopraffatti dagli altri è più alta della probabilità di imporre loro ingiustizia. Così gli uomini giungono ad un patto, che serve a vivere in maniera più tranquilla, in cui tutti si impegnano a vivere giustamente: da qui nascono le leggi. Però questo patto va contro la natura stessa dell’uomo che è violenta e aggressiva. Così può succedere che ci siano uomini ingiusti che però sono capaci di mostrarsi agli altri giusti e quindi godono dei frutti che derivano dall’approvazione sociale (ricchezza e potere) e uomini, invece, giusti che però vengono visti dalla società come ingiusti e ne pagano le conseguenze, ossia il carcere e la morte (questo rappresenta la condizione di Socrate). Glaucone, quindi, si chiede per quale motivo si dovrebbe seguire la sorte del secondo uomo. Interviene anche Adimanto affermando che non si può nemmeno contare sul fatto che le divinità rendano vantaggiosa questa scelta una volta nell’aldilà perché non è certo che esistano gli déi e che quindi si occupino della sorte degli uomini. Per tutti questi motivi Glaucone e Adimanto chiedono a Socrate, quindi, di fondare una morale che sia autonoma rispetto alle convenzioni sociali e alle garanzie religiose. Lo stato platonico come modello Per Platone, il suo Stato deve essere un modello per tutti gli altri stati. Nel suo Stato tipo, la società si basa sui bisogni umani. Gli uomini, però, hanno bisogni diversi e nessuno basta pienamente a se stesso, per questo c’è bisogno di scambi reciproci. La società, quindi, viene vista come un sistema di servizi in cui ogni membro da e riceve. Il compito dello Stato è quello di ottenere delle soddisfazioni dei bisogni adeguate ed uno scambio di servizi armonico. Questo scambio, però, richiede un altro principio molto importante, che è quello della divisione del lavoro e della specializzazione dei compiti. Per quanto riguarda il primo, egli afferma che il coltivatore ed il calzolaio devono produrre più del dovuto e da questo loro godranno del vantaggio che l’uno può produrre per l’altro e quindi loro, dedicandosi ciascuno al proprio dovere, si nutriranno e si vestiranno meglio di come potrebbero se invece dovessero dividere la loro attività in tutte le cose di cui hanno bisogno. Per quanto riguarda il secondo, cioè la specializzazione dei compiti, Platone afferma che gli uomini hanno attitudini diverse e ognuno sa fare meglio un lavoro che un altro e un’abilità si ottiene solo quando ci si concentra seriamente sul proprio lavoro. Queste quindi sono le forze su cui si deve basare la società e da cui deve dipendere lo stato, e l’unico compito del filosofo è quello di far sì che queste forze vengano usate in maniera buona e giusta. La giustizia, garanzia di una vita civile Secondo il principio di specializzazione esistono 3 classi di individui: i lavoratori che producono e i custodi, che si dividono in guerrieri o re-filosofi. Dal momento che la differenza di funzioni si basa sulle attitudini di ogni uomo, le tre classi si basano su tre generi di uomini: quelli inclini per natura a lavorare ma non a governare, quelli adatti a governare sotto la direzione altrui e quelli adatti ai compiti supremi. Nella Repubblica queste classi non sono nettamente separate perché non rappresentano delle caste, il cui appartenere è ereditario. Anzi, secondo l’ideale platonico, ogni bambino fin dalla nascita deve ricevere un addestramento tale che in futuro possa raggiungere una posizione che si adatta ovviamente alle sue possibilità. Sempre nella Repubblica questo concetto è strettamente legato a quello della giustizia: Platone afferma che la giustizia è il legame che tiene unita una società, nella quale ognuno ha trovato il proprio compito in base alla propria attitudine ed educazione. In questa società, quindi, ognuno si conforma alla propria posizione. Da questa affermazione si capisce che per Platone la giustizia non rappresenta altro che il mantenimento della pace e dell’ordine pubblico. Questo avviene anche grazie alle leggi, che non sono proprie dell’individuo ma sono inerenti alle funzioni che essi svolgono e per questo motivo anche il governante è tenuto ad osservarle, dal momento che egli svolge semplicemente una funzione a cui gli da diritto la sua saggezza. Quindi nella dottrina di Platone non ritroviamo lo stesso concetto del sovrano che invece c’era tra i romani. L’importanza dell’educazione Platone afferma in seguito che ognuna delle classi è caratterizzata da una propria virtù: i re-filosofi possiedono la sapienza, i guerrieri il coraggio mentre i lavoratori la temperanza ed il dominio di sé (sofrosune), una caratteristica che permette a chi per natura è inferiore a subordinarsi a chi invece, anche per educazione, è superiore. Ogni animo umano è composto dalle stesse parti dello stato: la sapienza dei filosofi corrisponde alla ragione, la fortezza dei guerrieri al coraggio e la temperanza dei lavoratori che tende al guadagno corrisponde all’istinto. Una personalità, come la società, può essere armoniosa solo quando ogni parte dell’anima svolge il suo ruolo, e cioè la ragione deve comandare sull’istinto e il coraggio deve allearsi ad essa. Questa personalità si può formare solo attraverso una particolare educazione, che è basata principalmente sulla musica e sulla ginnastica perché la prima nutre la mente di conoscenze e di bei pensieri mentre la seconda allena il corpo ma sempre sotto il controllo della ragione, da ciò ne deriva un sistema equilibrato e armonioso. Quindi la giustizia, prima di trovarsi nello Stato, in cui ognuno fa il proprio lavoro, si trova nell’animo degli uomini, in cui ogni virtù fa il suo compito. A questo punto egli fa il paragone tra il medico e l’uomo politico dicendo che come la salute è il più gran bene del corpo, così la giustizia è il più gran bene dell’anima, anzi rappresenta proprio la salute stessa dell’anima e quindi ogni deviazione da essa è una malattia.