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Il Congresso di Berlino del 1878 fu un nodo cruciale della storia contemporanea dei Balcani STUDI PER
e dell’Europa stessa. Convocato per discutere l’annosa Questione d’Oriente, tornata LE SCIENZE
prepotentemente all’attenzione dei Gabinetti europei nel 1875-78, esso ebbe l’ambizione di POLITICHE
provare a risolvere le maggiori questioni politiche internazionali che riguardavano popoli e
Stati della regione sud-orientale dell’Europa. Sicuramente si trattò di un momento di profondo 5
cambiamento degli equilibri non solo nei Balcani ma anche dei rapporti fra le Grandi potenze
europee, interessate a sfruttare le questioni nazionali di quella regione per il conseguimento dei
loro disegni egemonici. Gli autori dei saggi contenuti in questo volume indagano sugli esiti e gli a cura di
sviluppi successivi al Trattato di Berlino del 1878 e offrono un panorama ampio sia sulla politica
ANTONIO D’ALESSANDRI
è ricercatore di storia dell’Europa orientale presso il Dipartimento di Scienze
Politiche dell’Università Roma Tre, segretario dell’Associazione italiana di studi del
Sud-est europeo (AISSEE). È autore dei volumi Il pensiero e l’opera di Dora d’Istria
fra Oriente europeo e Italia (2007) e Sulle vie dell’esilio. I rivoluzionari romeni dopo il
1848 (2015). Ha pubblicato studi sulla storia politica e culturale del Sud-est europeo
in età contemporanea, con particolare riguardo all’affermazione e sviluppo dei
movimenti e degli Stati nazionali. Ha curato, fra gli altri, i libri Balcani 1908. Alle
RUDOLF DINU
è professore ordinario di Storia delle relazioni internazionali presso la Facoltà di Storia
dell’Università di Bucarest e direttore dell’Accademia di Romania in Roma. È inoltre
coordinatore della prima serie dei Documenti diplomatici romeni. Ha pubblicato
saggi sulla storia delle relazioni italo-romene nell’ambito della Triplice Alleanza, sulle
èlite diplomatiche italiana e romena e sul decision making process nella politica
estera italiana e romena alla fine dell’Ottocento. È autore dei volumi L’avamposto sul IL SUD-EST
EUROPEO E LE
Danubio della Triplice Alleanza. Diplomazia e politica di sicurezza nella Romania di re
Carlo I, 1878-1914 (2015), Diplomat, ia Vechiului Regat, 1878-1914 (2014), Studi Italo-
Romeni. Diplomazia e società, 1879-1914 (2007, II ed. 2009), Romanian Diplomacy.
An Illustrated History (2010, con D. C. Giurescu e L. Constantiniu), 35 anni di relazioni
italo-romene (2001, con I. Bulei) e La Romania nella Grande Guerra, 1914-1918 (2006,
con I. Bulei). Insieme a Antonio D’Alessandri ha curato il volume Fra neutralità e
GRANDI POTENZE
conflitto. L’Italia, la Romania e le Guerre balcaniche (2014). QUESTIONI NAZIONALI E AMBIZIONI EGEMONICHE
DOPO IL CONGRESSO DI BERLINO
2020
Università degli Studi Roma Tre
Dipartimento di Scienze Politiche
Nella stessa Collana
1. F. Antonelli (a cura di), Working Papers in Terrorism Studies: the Present and the Future
of Violent Radicalisation in Europe, 2019
2. V. Cuffaro (a cura di), Obsolescenza e caducità delle leggi civili, 2019
3. C. Di Maio, R. Torino (a cura di), Imprenditori senza frontiere. Le migrazioni come
fattore di sviluppo, 2020
4. C. Carletti, M. Pagliuca, Parità ed empowerment di genere. Strumenti giuridici,
programmi e politiche internazionali, regionali e nazionali, 2020
Università degli Studi Roma Tre
Dipartimento di Scienze Politiche
STU D I PE R
LE SCIENZE
POLITICHE
5
a cura di
Antonio D’Alessandri e Rudolf Dinu
2020
La Collana editoriale “Studi per le Scienze Politiche” (‘Collana Discipol’) è stata istituita
con lo scopo di valorizzare le attività di studio e ricerca che caratterizzano le aree
scientifiche afferenti al Dipartimento di Scienze Politiche. Con questa Collana si intende,
inoltre, condividere e sostenere scientificamente il progetto di Roma TrE-Press, che si
propone di promuovere la cultura incentivando la ricerca e diffondendo la conoscenza
mediante l’uso del formato digitale in open access.
Collana pubblicata nel rispetto del Codice etico adottato dal Dipartimento di Scienze
Politiche dell’Università degli Studi Roma Tre, in data 15 aprile 2020.
Coordinamento editoriale:
Gruppo di Lavoro
Grigorii Shkundin, ‘I gave birth to you, I’ll kill you’: the Russian
Imperialist Policy Towards the Principality of Bulgaria (1878-1887) 73
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Giulio M. Salzano
Da Vilayet a Reichland.
L’amministrazione della giustizia in Bosnia-Erzegovina
tra i due Imperi (1878-1883)
1. Premessa
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Da Vilayet a Reichland
duplice monarchia»6.
Ai musulmani bosniaci, che per più di quattro secoli avevano rappresentato
gli interessi diretti della Porta nella regione e goduto di ampi privilegi, fu
concesso, almeno in un primo tempo, di conservare i legami ammnistrativi
e spirituali con le autorità religiose di Costantinopoli (Istanbul). Il nome del
Sultano continuò a essere invocato durante la preghiera del venerdì (džuma-
namaz) e la bandiera ottomana a sventolare sui minareti delle principali
moschee bosniache, ma non sui bastioni delle piazzeforti7. Poca cosa rispetto
ai risultati ottenuti dalle potenze occidentali, il cui vero scopo riguardo alla
Turchia fu «smembrarla, sì, ma in modo da evitare un conflitto guerresco fra
i pretendenti all’eredità del malato; e perciò lasciando al Sultano le apparenze
dell’alta sovranità sulle province che gli si toglievano»8.
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Da Vilayet a Reichland
18
R.H. Davison, Turkish Attitudes Concerning Christian-Muslim Equality in the Nineteenth
Century, in «The American Historical Review», 59 (1954), 4, pp. 844-864, p. 852. Cfr. M.
Bečić, Da li je millet sistem ostavio trag na sudstvo u postosmanskoj Bosni i Hercegovini?, in E.
Mutapčić (a cura di) Zbornik radova sa Naučnog skupa Historija države i prava BiH: izazovi
i perspektive. Povodom 50. godina naučnog i publicističkog rada Prof. Dr. Mustafe Imamovića,
JU Zavod za zaštitu i korištenje kulturno-historijskog i prirodnog naslijeđa Tuzlanskog
kantona, Tuzla 2017, pp. 35-41. Il cosiddetto sistema dei millet è stato una sorta di istituto
giuridico in vigore nell’Impero ottomano, ma già noto, in altre forme, alle prime comunità
islamiche, le cui origini vanno rintracciate in alcuni precetti sciaraitici. In epoca ottomana,
il sistema dei millet regolava i rapporti tra il governo centrale e le comunità non-musul-
mane. Questo sistema consentiva alle comunità non-musulmane (principalmente ebrei e
cristiani) di istituire nelle rispettive comunità un proprio ‘corpo giudicante’, le cui com-
petenze erano comunque limitate agli affari di natura religiosa e alle questioni inerenti il
diritto successorio, matrimoniale e familiare. Cfr. M. Dogo, L’eredità ottomana nella regione
balcanica, in A. Giovagnoli, G. Del Zanna (a cura di), Il mondo visto dall’Italia, Guerini
e Associati, Milano 2004, pp. 319-331, p. 321.
19
K.H. Karpat, The Transformation of the Ottoman State, 1789-1908, in «International
Journal of Middle East Studies», vol. 3 (1972), n. 3, pp. 243-281, pp. 243-281, p. 258.
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28
A. Rubin, Ottoman Nizamiye Courts. Law and Modernity, Palgrave Macmillan, New
York 2011, p. 30 e p. 56; R. Bottoni, Secolarizzazione e modernizzazione nell’Impero
ottomano e nella Repubblica di Turchia: alle origini del principio di laicità, in «Rivista di
Studi Politici Internazionali», Vol. 74 (2007), n. 2 (294), p. 254. Fino alla codificazione
del diritto riformato, avvenuta nella seconda metà del XIX secolo, le sentenze dei tribunali
ottomani prevedevano, ove necessario, la combinazione della legge sciaraitica e del cosiddet-
to sistema di legge dinastico premoderno, il kanun, un codice consuetudinario di carattere
localistico teso a fornire soluzioni legali a tutte quelle questioni non coperte dalla sharīʿah.
29
A. Rubin, Modernity as a Code: The Ottoman Empire and the Global Movement of
Codification, in «Journal of the Economic and Social History of the Orient», Vol. 59
(2016), n. 5, pp. 828-856, pp. 839-840; F. Karčić, Opšti građanski zakonik u Bosni i
Hercegovini, cit., p. 1029.
30
E. Durmišević, Šerijatski sudovi u Bosni u drugoj polovini XIX stoljeća, in «Anali Pravnog
fakulteta u Zenici», god. 6 (2013.), br. 12, p. 78.
31
Cfr. Rubin, Ottoman Nizamiye Courts, cit.
32
Durmišević, Šerijatski sudovi u Bosni, cit., p. 79.
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4. Il condominio bosniaco
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penale militare austriaco del 15 gennaio 1855. Nel frattempo veniva istituita
la Corte suprema a Sarajevo con funzione giudicante di secondo grado42.
Il 17 luglio 1879 fu promulgato il primo Codice penale per la Bosnia43.
Il Codice fu compilato essenzialmente sulla base della legislazione imperiale
austro-ungarica, nello specifico, sulle fonti del Codice penale militare e del
Codice penale, promulgati rispettivamente il 15 gennaio e il 25 maggio 185244.
Accanto agli elementi di diritto recepiti dal sistema legislativo austriaco, il
Codice penale per la Bosnia comprendeva alcune norme redatte sulla base delle
specificità culturali del paese occupato, estranee, dunque, alla maggior parte dei
sistemi legislativi europei dell’epoca. A tal proposito, Bečić cita come caso la
bigamia, una prassi diffusa tra i musulmani e in quanto tale non perseguibile
poiché elemento fondante della locale tradizione religiosa islamica.
Il primo gennaio 1881 entrò in vigore il Codice di procedura penale,
fonte obbligatoria per tutti i crimini e le trasgressioni dinanzi ai Tribunali
ordinari della Bosnia, compilato sulla base del corrispettivo codice austriaco
del 1873. Come per il Codice penale, anche per il Codice di procedura
penale furono garantite particolari attenzioni alle consuetudini locali
in materia di fede. L’articolo 143, ad esempio, concedeva alle donne
musulmane la facoltà di indossare il velo della tradizione islamica (feredža)
anche durante l’assunzione dei testimoni da parte del giudice45.
Nonostante la presunta quanto discutibile sensibilità dei funzionari
imperiali, l’azione riformatrice del governo asburgico non risparmiò i
pilastri della tradizione giuridica bosniaco-ottomana. Con l’occupazione
della Bosnia le corti sciaraitiche divennero parte del sistema giuridico della
monarchia asburgica e la legge islamica parte del sistema legale di uno
stato cristiano. Le prerogative dell’amministrazione asburgica sulle corti
sciaraitiche, ricorda Karčić, comprendevano, tra le altre cose, la nomina
esclusiva dei giudici sciaraitici, il fardello del finanziamento dei tribunali [...]
e l’educazione dei futuri qadi46. Nel 1887 fu quindi inaugurata la šerijatska
sudačka škola, l’istituto per la formazione degli esperti di diritto islamico, i
kadija/qadi47.
42
M. Bečić, Recepcija krivičnog prava u Bosni i Hercegovini, cit., p. 227.
43
Kazneni zakon o zločinstvima i prestupcima za Bosnu i Hercegovinu o Strafgesetz über
Verbrechen und Vergehen.
44
Bečić, Recepcija krivičnog prava u Bosni i Hercegovini, cit., p. 229. Secondo l’autore, si
tratta, rispettivamente del Militär-Strafgesetz über Verbrechen und Vergehen e dello Strafgesetz
über Verbrechen, Vergehen und Uebertretungen.
45
Ivi, pp. 234-236.
46
Karčić, Administration of Islamic affairs in Bosnia and Hercegovina, cit., p. 514.
47
F. Giomi, Tra Istanbul e Vienna. I musulmani di Bosnia nel periodo austroungarico (1878-
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decreto del 1885 le competenze delle corti sciaraitiche furono estese anche
ai beni del vakuf (waqf )51.
Uno degli aspetti più salienti delle riforme del 1883 riguarda l’organiz-
zazione della Suprema corte sciaraitica. Dopo il 1879, entrambi i gradi di
giudizio erano stati demandati rispettivamente ai kadija e ai giudici del con-
siglio della Suprema corte della sharīʿah. Con il decreto del 1883, la mag-
gioranza della Suprema corte sciaraitica, che fino a quel momento era appar-
tenuta ai giudici sciaraitici, fu ridefinita a favore di tre funzionari imperiali
non musulmani – tra i quali il Presidente della Corte suprema – affiancati
da due soli giudici locali52. Con questo atto, il governo austro-ungarico si
assicurò il controllo sull’operato dei giudici della sharīʿah nel secondo grado
di giudizio. Da questa prospettiva, la riorganizzazione della Suprema corte
sciaraitica, secondo Bečić, presenta diversi elementi desunti dal modello
coloniale algerino, basato, per l’appunto, sul controllo diretto dell’ammi-
nistrazione occupante sulle attività e le decisioni dei tribunali sciaraitici53.
Il 13 aprile 1883 fu pubblicato il Eherecht, Familienrecht un Erbrecht
der Mohamedaner nach dem hanefitischen Ritus (Diritto matrimoniale,
familiare e successorio dei musulmani secondo l’ordine hanafita)54, stilato dalla
Commissione giustizia per la Bosnia, diretta da Alois Lapenne, giudice
dell’Alta Corte di Vienna e da Eduard Eichler, consigliere del governo
territoriale a Sarajevo. Il compendio fu stilato sulla base della codificazione
del diritto sciaraitico a opera dell’egiziano Muhamed Kadri Pasha, dal
titolo Ahkjami šerije o El ahkamu šerije fil ahvali sahsije, apparso in forma
manoscritta nel 1875 e pubblicato tra il 1880 e 1881. Il codice bosniaco,
pubblicato in lingua tedesca, fu invece redatto sulla base della traduzione
francese del Codice egiziano, pubblicata nel 1878 con il titolo Droit
msulman. Statut personnel et de successions d’après le rite Hanafite. Nonostante
gli sforzi dell’amministrazione asburgica, la codificazione rimase solamente
uno strumento di carattere informativo e, quindi, non vincolante per i
giudici sciaraitici bosniaci55.
51
Bečić, Novi pogled na transformaciju Šerijatskih sudova, cit., p. 72.
52
Durmišević, Šerijatski sudovi u Bosni, cit., 85.
53
Bečić, Novi pogled na transformaciju Šerijatskih sudova, cit., p. 73.
54
Bračno, porodično i nasljedno pravo muhamedanaca prema hanefijskom redu.
55
Bečić, Novi pogled na transformaciju Šerijatskih sudova, cit., p. 76.
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5. Conclusioni
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