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Republica Bolivariana De Venezuela

Ministerio Del Poder Popular Para La Educacion


U.E Colegio Italo Venezolano “ANGELO DE MARTA”
1 er año Seccion “A”
Asignatura: Italiano

IL CARNEVALE ITALIANO

Professoressa: ALUNNI:
 Elisabetta Gandino Steffani He #13
Sofia Higuerey #15
Kevin Joa #17
Arianny Perez #24
PUERTO LA CRUZ,7 MARZO 2019

Introduzione

Il carnevale è una festa che si celebra nei Paesi di tradizione cristiana e in


particolare in quelli di rito cattolico è una festa mobile. I festeggiamenti si
svolgono spesso in pubbliche parate in cui dominano elementi giocosi e
fantasiosi; in particolare, l'elemento distintivo e caratterizzante del carnevale è
l'uso del mascheramento
ORIGINE E STORIA DEL
CARNEVALE ITALIANO
Il Carnevale è un periodo difficile da interpretare.
Di certo è un periodo magico di baldoria, durante il quale ci si dimentica dei
problemi che la vita ogni giorno propone.
Esso è un intervallo che nel calendario liturgico-cristiano si colloca tra
l'Epifania e la Quaresima. Riguardo alla etimologia della parola l'ipotesi più
attendibile ricollega Carnevale al latino "carnem levare", cioè, alla
prescrizione ecclesiastica dell'astensione dal consumo della carne.
Paradossalmente, quindi, trarrebbe il nome dal suo opposto giacchè il periodo
di Carnevale si caratterizza proprio dal godimento eccentuato o addirittura
sregolato dei beni materiali come cibi, bevande, piaceri sessuali, almeno nelle
sue origini e radici storiche. Le origini sembrano collocarsi lontane nel tempo:
gli studiosi, unanimamente, fanno risalire la nascita del Carnevale ai Saturnali
latini. In quei giorni i romani nel celebrare l'anniversario della costruzione del
Tempio dedicato al dio Saturno, si riversavano nelle strade cantando ed
osannando il padre degli Dei.

Durante quei festeggiamenti veniva praticato il capovolgimento dei rapporti


gerarchici ed in genere delle norme costituite della societá, sicchè i plebei
potevano confondersi con i nobili e viceversa grazie ad un travestimento. Più
tardi venne introdotto l'uso delle maschere, preso in prestito dai Baccanali,
festeggiamenti in onore di Bacco. Presumibilmente con lo scopo di non
essere riconosciuti durante le pratiche licenziose festaiole, di cui i latini erano
maestri. Il Cristianesimo fece ordine nel complicato panorama delle festività
romane e cercò di moderare quelle più smodate e trasgressive. Fu così che i
Saturnali divennero Carnevale.
Nel Medioevo esso subì una trasformazione per effetto probabilmente della
tradizione pietistica e della diffusa pratica mistica. La Manifestazione divenne
fondamentalmente un rito di purificazione come è provato dalla scena
culminante della festa che consiste nel funerale di Re Carnevale. Questo
senza però perdere il momento trasgressivo di abbandono ai piaceri materiali
come viene rappresentato perfettamente dai versi di Lorenzo il Magnifico "chi
vuol esser lieto sia di doman non v'è certezza...." tratti dai "CANTI
CARNASCIALESCHI". Oggi, dopo alterne vicende di gloria e decadenza, le
manifestazioni carnevalesche hanno ripreso con forte vigore. Per un certo
aspetto, ed in molti casi, esse sono il frutto di un sincero recupero di tradizioni
popolari, da lungo tempo dimenticate, spesso volutamente dimenticate,come
una operazione di rimozione da un senso di colpa collettivo per essere esse
stesse fortemente paganeggianti e quindi quasi mai condivise dalla autorità
religiosa.
Per un altro aspetto esse sono il risultato di un sapiente lavoro imprenditoriale
dove il business diventa il volano per iniziative turistiche e di valorizzazione di
aree geografiche trascurate, con importanti ricadute sui livelli occupazionali e
sul benessere della Comunità.
ORIGINE E STORIA DEL
CARNEVALE DI
VENEZIA

Le sue origini sono antichissime: la prima testimonianza risale ad un


documento del Doge Vitale Falier del 1094, dove si parla di divertimenti
pubblici e nel quale il vocabolo Carnevale viene citato per la prima volta.

L'istituzione del Carnevale da parte delle oligarchie veneziane è generalmente


attribuita alla necessità della Serenissima, al pari di quanto già avveniva
nell'antica Roma (vedi panem et circenses), di concedere alla popolazione,
soprattutto ai ceti sociali più umili, un periodo dedicato interamente al
divertimento e ai festeggiamenti, durante il quale i veneziani e i forestieri si
riversavano in tutta la città a far festa con musiche e balli sfrenati.

Attraverso l'anonimato che garantivano maschere e costumi, si otteneva una


sorta di livellamento di tutte le divisioni sociali ed era autorizzata persino la
pubblica derisione delle autorità e dell'aristocrazia. Tali concessioni erano
largamente tollerate e considerate un provvidenziale sfogo alle tensioni e ai
malumori che si creavano inevitabilmente all'interno della Repubblica di
Venezia, che poneva rigidi limiti su questioni come la morale comune e
l'ordine pubblico dei suoi cittadini.
TRADIZIONE E CULTURA DELLE
REGIONE ITALIANE

Lo sguardo sui fenomeni religiosi che, a livello popolare, si radicano nella


struttura sociale e nella cultura del nostro Paese non può che essere lungo,
come e forse ancor più che su altri fattori trattati in questa opera. Il peso del
passato, anche quello più antico, incide sull’Italia religiosa attuale che risulta
tuttavia profondamente modificata proprio nel periodo qui considerato, dal
dopoguerra a oggi. In particolare, più ancora del cosiddetto miracolo
economico, che pure ha modificato modelli e stili di vita tradizionali, è la
grande trasformazione sociale e culturale che accompagna e segue i
movimenti della fine degli anni Sessanta – con la nascita del dissenso
religioso nella Chiesa cattolica e l’accelerazione dei processi di
secolarizzazione già da tempo in atto nella società italiana – a cambiare il
volto religioso dell’Italia. Vi sono anche cambiamenti più recenti, risalenti agli
ultimi decenni, meno visibili ma non meno rilevanti, che hanno iniziato ad
articolare il volto ‘monolitico’ dell’Italia religiosa. Se questa appare ancora oggi
monopolizzata dalla Chiesa cattolica, lo scenario si rivela, a un’attenta
indagine, molto più diversificato che nel passato. Accanto alla presenza dei
simboli e delle immagini disegnati storicamente dal cattolicesimo, oltre che
dalle religioni storiche acattoliche (si pensi alla comunità ebraica e a quella
valdese), comincia a trovare spazio anche una religiosità altra, come da
tempo accade nei maggiori Paesi europei, per non parlare degli Stati Uniti, in
cui il pluralismo è un dato originario e fondativo della nazione.

Per cogliere in maniera visiva il significato di questa sezione del volume, il


lettore è invitato a osservare, nell’Appendice cartografica del 4° volume di
quest’opera, due carte della penisola, costruite sulla base dei dati forniti dai
saggi: da un lato (tav. LXXXV) quella che, riferendosi al censimento ISTAT del
2013, mostra la vasta diffusione sul territorio nazionale dei musei etnografici e
antropologici, dall’altro (tav. LXXXVI) la carta dei siti che l’UNESCO ha
definito meritevoli di salvaguardia in quanto patrimonio dell’umanità.
Ricordiamo che, dopo aver creato con successo liste dei beni artistici e
monumentali, ambientali, archivistici e documentari, a partire dagli anni
Novanta, l’UNESCO ha preso in esame anche i beni etnografici – quelli, cioè,
che non consistono in opere materiali e durevoli, ma in saperi, forme
espressive tramandate dalla tradizione orale e legate esclusivamente alla
memoria, alle pratiche, al linguaggio di ‘portatori’ viventi. Si è trattato di un
passaggio che potremmo definire epocale ‒ anche da un punto di vista
geopolitico ‒ in quanto ha comportato un mutamento in chiave antropologica
della concezione del patrimonio culturale che l’UNESCO ha il compito
istituzionale di ‘salvaguardare’: le ricadute sono e saranno importanti, sia sul
terreno di una valorizzazione in tutto il mondo dei saperi etnoantropologici
coinvolti nella promozione dei siti (non più solo legati alle eccellenze del
patrimonio artistico ‘occidentale’) sia in termini di risorse e di nuovo turismo
(un settore rispetto al quale, come anche qui si dimostra, il sapere
antropologico rivela una capacità di ‘costruzione’ dei luoghi e degli itinerari
particolarmente in sintonia con le sensibilità del viaggiatore contemporaneo).
PERSONAGGI DEL CARNEVALE
DELLA CULTURA DEL ARTE
*Arleccino: C’era una volta un bambino bergamasco chiamato Arlecchino,
viveva in povertà con la sua mamma in una piccola casetta. Per Carnevale la
sua scuola organizzò una festa in occasione della quale tutti i bambini
dovevano vestirsi in maschera. Le mamme cucirono splendidi vestiti per i
propri bambini ma non quella di Arlecchino: non aveva i soldi necessari per
comprare la stoffa. Il giorno della festa era ormai prossimo e vedendo
Arlecchino così triste, le mamme degli altri scolari decisero di regalare un
pezzo della stoffa dei loro vestiti al bambino. L’abito di Arlecchino divenne
così il più colorato ed originale mai realizzato grazie alla generosità altrui.

*Brighella: Proprio come Arlecchino, anche Brighella è nato a Bergamo ed è


qui che diviene un servo astuto, opportunista e senza scrupoli. Come
suggerisce il suo stesso nome è un attaccabrighe, bugiardo come pochi e
sempre intento ad escogitare inganni e frodi per raggirare il prossimo.
Brighella è inoltre un abile musicista, cantante e ballerino, si destreggia
perfettamente in diversi ruoli, cambiando spesso anche mestiere, ed è
perennemente al centro di intrighi e complotti.

*Balanzone: Forse meglio conosciuto come il Dottor Balanzone, questa


maschera è originaria di Bologna ed incarna pedanteria e superbia.
Balanzone, a seconda dei casi, può essere un medico oppure un giurista,
indossa la toga e si esprime non soltanto in dialetto bolognese ma ama
citazioni in lingua antica, latina in particolare, che tuttavia spesso si rivelano
scorrette o più semplicemente “maccheroniche”.

*Bartoccio: Bartoccio è conosciuto soprattutto per il suo mettere alla berlina


cattivi amministratori e costumi attraverso le celebri bartocciate. Nata intorno
al ‘600, questa maschera di Carnevale si ispira alla figura di un contadino
benestante con corpetto rosso e soprabito verde, un po’ rozzo ma allo stesso
tempo saggio.

*Beppe Nappa: Servo sciocco e svogliato che non perde occasione per
combinare guai, Peppe Nappa è una maschera siciliana amante del cibo e
con una certa predilezione per la scrocconeria affermandosi come il
fannullone per eccellenza. Viene spesso punito per le sue marachelle ed
indossa una casacca con maniche lunghissime alquanto datata.

*Burlamacco: C’era una volta un disegnatore che desiderava creare una


maschera di Carnevale da regalare alla sua città, Viareggio. Nonostante gli
sforzi il desiderio non prendeva forma ma, una notte, in sogno, ecco
comparire tutte le maschere più conosciute ed amate, da Pulcinella ad
Arlecchino fino a Rugantino, Pierrot, Balanzone e Capitan Spaventa, intente a
divertirsi e danzare insieme prima di volgere lo sguardo sui suoi inutili sforzi.
Insieme le maschere decisero di aiutare il disegnatore donando ognuna un
elemento del proprio costume. Dalla loro generosità nacque quindi
Burlamacco, amato e omaggiato dall’intera Viareggio. (Favola di Elisabetta
Salvatori)

*Capitan Spaventa: Capitan Spaventa è originario della Liguria, è uno


spadaccino vanitoso sempre pronto a donarsi all’amore. Indossa un vestito
dai toni accessi con strisce gialle e arancio, il suo berretto è decorato con
piume ed ovviamente non si separa mai dalla sua spada.

*Cassandro: Solitamente terzo incomodo nelle storie d’amore e bersagliato


dalle prese in giro, di indole avara ed anche presuntuosa, Cassandro è stato
vittima di così tante burle che, ormai invecchiato, a qualsiasi domanda ha
preso l’abitudine di rispondere con un “non è vero“.

*Colombina: Fidanzata e moglie di Arlecchino, Colombina è spesso al centro


delle attenzioni di Pantalone. Servetta furba ed adulatrice, è particolarmente
vicina alla sua padrona (Rosaura) prendendo di frequente parte a sotterfugi
domestici ed amorosi, si diverte inoltre a beffeggiare chi la circonda.

*Corallina: Per caratteristiche molto simile a Colombina, è in un certo senso


una sua evoluzione. Anche Corallina è infatti una serva maliziosa ed
adulatrice, dalla lingua sciolta, furba e complice della padrona. È una ragazza
graziosa dai capelli biondi, innamorata del giovane Florindo con il quale
comunica anche grazie alla complicità di Colombina.

*Fagiolino: Fagiolino è un semplice popolano dal temperamento un po’


monello, di indole agguerrita che lo vede sempre pronto a prendere a
bastonate chi se lo merita.È alla continua ricerca di denaro e fortuna che lo
portano a vivere mille avventure. Il personaggio di Fagiolino trae origine da un
burattino e diviene in seguito famoso nella Commedia dell’Arte ricordando
anche lui il celebre Zanni.

*Farinella: Farinella viene oggi rappresentata con un abito multicolore ed un


cappello che ricorda quello di un giullare. In passato i colori caratterizzanti
erano invece il rosso e il blu, simboli della città, ed il suo cappello presentava
tre punte, allegoria dei tre colli sui quali sorge Putignano. Il suo nome è
ispirato alla farina ricavata da ceci e orzo tipica del luogo ed incarna il
carattere delle genti del luogo.

MASCHERE E COSTUMI

*Arlecchino
*Brighella
*Balanzone
*Bartoccio
*Beppe Nappa
*Burlamacco
*Capitan Spaventa
*Cassandro
*Colombina
*Corallina
*Fagiolino
*Farinella
*Fracanapa
*Frappiglia
*Gianduja
*Giangurgolo
*Gioppino
*Mamuthones
*Meneghino
*Meo Patacca
*Mezzettino
*Mosciolino
*Pantalone
*Pierrot
*Pulcinella
*Rosaura
*Rugantino
*Sandrone
*Scaramuccia
*Stenterello
*Tartaglia

DOLCI TIPICI DEL


CARNEVALE

*Frappe, chiacchiere o cenci: Sono il dolce del Martedì Grasso per


antonomasia. Queste sottili e croccanti striscioline di impasto fritto sono
presenti in tutte le regioni italiane, chiamate con numerosissimi nomi diversi:
chiacchiere a Parma, in Umbria, Campania, Basilicata; frappe a Roma,
Viterbo e Ancona; cenci in Toscana; crostoli in Friuli e Trentino; galani nel
Veneto; bugie in Piemonte e Liguria.

*Castagnole: Piccole e invitanti zeppole preparate con burro, zucchero, uova,


buccia di limone grattugiata e lievito, fritte in olio di semi e ricoperte di
zucchero a velo. Chiamate castagnole in Emilia Romagna, Friuli Venezia
Giulia e Lazio, a Milano sono conosciute come “tortelli”. A piacere è possibile
unire la ricotta all’impasto, per un risultato ancora più soffice e gustoso.

*Sanguinaccio: Una golosa crema fatta con cioccolato fondente, cacao, latte,
zucchero, pezzetti di cedro, aromatizzata con cannella, rhum e vaniglia, da
gustare con i savoiardi o le chiacchiere. Diffuso in numerose regioni italiane,
dalla Liguria alle Marche, dall’Abruzzo fino a Campania e Calabria, fino a
qualche decennio fa il sanguinaccio prevedeva l’impiego del sangue di maiale
(oggi vietato), che era raccolto durante la macellazione, filtrato e mescolato
agli altri ingredienti.
*Migliaccio: Questo dolce della tradizione napoletana in passato era preparato
con la farina di miglio brillato – da qui il nome –, poi sostituita dal semolino. La
ricetta è semplice ma richiede pazienza: gli ingredienti – semolino, ricotta,
uova, latte, zucchero, vaniglia, un pizzico di cannella, cedro e aroma di
millefiori – vanno mescolati lentamente sul fuoco, dopodiché il composto deve
essere infornato per un’ora circa, fino ad assumere un bel colore dorato. In
alcune ricette è prevista l’aggiunta dei capellini o capelli d’angelo, sottilissimi
spaghetti che conferiscono al dolce una consistenza particolare.

*Cicerchiata: Nata in Umbria ma diffusa anche nelle Marche e in Abruzzo, la


cicerchiata è formata da pezzetti di impasto simili ai ceci, a base di farina,
buccia di limone grattugiata, burro, zucchero e mistrà – un liquore dolce
dell’Italia centrale –, fritti in olio di semi e conditi con miele e codette di
zucchero colorato.

*Fritole: Se deciderete di concedervi qualche giorno a Venezia per assistere


al suo spettacolare Carnevale non perdete le fritole, deliziose frittelle di farina,
uova, zucchero, uvetta, latte e rhum, che una volta cotte vengono ricoperte
con zucchero semolato. Nate all’epoca della Serenissima, fino all’Ottocento
erano impastate dai “fritoleri” direttamente in strada, su grandi tavoli di legno,
e fritte in enormi padelle.

*Arancini marchigiani: Da non confondere con quelli di riso, gli arancini


marchigiani sono dolcetti fritti a base di farina, olio, latte e uova. Hanno la
caratteristica forma di una girandola, ottenuta arrotolando la sfoglia –
precedentemente ricoperta di zucchero semolato e bucce di arancia e limone
grattugiate – su se stessa e poi tagliandola a rondelle.

*Schiacciata alla fiorentina: Nel periodo di Carnevale è presente in tutte le


pasticcerie del capoluogo toscano e si riconosce dal Giglio di Firenze che ne
decora la superficie. Originaria della zona del Chianti, la schiacciata (o
“stiacciata”) è un morbidissimo dolce da forno a base di farina, zucchero,
uova, lievito di birra, latte (o acqua), strutto e succo di arancia, che rende
particolarmente profumato l’impasto.

*Ravioli di castagne: Farciti con castagne lessate e schiacciate, cioccolato


fondente e liquore, poi fritti in abbondante olio di semi, i ravioli di castagne
sono diffusissimi nella zona del Piceno. Si conservano a lungo: sono infatti
gustati dal 17 gennaio, il giorno che segna l’inizio del Carnevale, fino al
Martedì Grasso.

*Caragnoli: Sono tipici del Molise, dove vengono preparati non solo in
occasione del Carnevale, ma anche nel periodo natalizio. Queste semplici
frittelle di farina, uova, latte e zucchero hanno come elemento caratterizzante
la forma ad elica, ottenuta avvolgendo le striscioline di impasto attorno a un
bastoncino di legno. Dopo la frittura, i caragnoli vengono immersi ancora caldi
nel miele.

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