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Lezione 19

Sintassi Struttura Argomentale della frase:

Esercizio su scomposizioni morfologiche:

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Formazione dei lessemi: modo migliore per scomposizione morfologica di una parola è quello di
ripercorrere il ciclo di formazione: esplicitare i rapporti paradigmatici esistenti nel lessico mediante ciclo di
derivazione che parte dal lessema primitivo e poi deriva i singoli lessemi derivati o composti fino a giungere
alla flessione del singolo lessema nella forma flessa a cui siamo di fronte.

Soluzione slides elemento aggiunto non trattato: isoleremo anche gli eventuali morfemi flessivi (prima
scomposizione si fermava alla scomposizione del lessema, qui abbiamo un isolamento dei morfemi flessivi):
elemento che si può aggiungere mettendo una parentesi quadra ulteriore che isola il flessivo esterna alle
altre.

Elemento saliente per la scomposizione della parola deumidificatore è ripercorrere il ciclo di formazione
della parola da umido (agg), da cui si forma umidificare (verbo), da cui si forma un verbo deumidificare, da
cui si forma un nome deumidificatore; poi passiamo dal lessema alla forma flessa singolare che si oppone a
plurale, per cui contiene un suffisso flessivo all’interno: a ogni passaggio corrisponde una parentesi.

Morfema lessicale indicato in maiuscoletto, corrisponde a agg umido da umido al primo verbo c’è un
passaggio di categoria (umidificare), poi si aggiunge prefisso che non può costituire testa del lessema in
italiano (no mutamento di categoria; abbiamo sempre un verbo), poi ulteriore passaggio con suffisso
grammaticale derivazionale: si passa al nome (è la testa del lessema perché dà categoria a complesso), poi
abbiamo la desinenza del singolare della classe in -e dei nomi italiani che esprime il singolare e non il
plurale  il complesso è un nome.

Analisi si può anche svolgere con diagramma ad albero equivalente.

Sostantivo lavatrice forma flessa al sing da verbo lavare da cui deriva lavatrice analizzabile come avente
suffisso flessivo -e che marca il sing. (esponenza del sing. rispetto a lavatrici plurale); la base è un verbo
(morfema lessicale) da cui poi passiamo al suffisso che forma nome (da categoria del verbo al nome; testa
del derivato; -atrice) infine c’è il suffisso finale che marca il singolare; tutto il complesso è un nome.

Analisi composto contapassi due morfemi lessicali entrambi in maiuscoletto in due parentesi inoltre non c’è
un flessivo: il plurale del termine contapassi è uguale al singolare. Nessuno degli elementi del composto è la
testa del composto perché il composto è esocentrico, nel senso che contapassi non è un tipo di passi ma è
un x che conta i passi: la categoria complessiva nome non è data dal secondo membro (che sarebbe in quel
caso la testa) ma è data dal complesso che non ha una testa al suo interno.
Procreazione: ciclo di formazione dalla parola creare; procreare è un verbo: da creare a procreare non muta
categoria verbo (in italiano il prefisso non può cambiare categoria di una base a cui si aggiunge, non
interviene su categoria lessicale), da procreare procreazione mediante suffisso derivazionale (procreazione
è un nome; il suffisso può mutare categoria derivato); è la testa del derivato in italiano la testa è un
morfema lessicale o derivazionale che si trova più a destra nel complesso all’estremità che precede i
flessivi. Poi abbiamo i morfema -e, suffisso del singolare della classe in -e dei nomi, procreazione è un nome
in commutazione con il plurale.

Stabilizzavano: nel ciclo di formazione da stabile a stabilizzare, poi flesso alla terza persona plurale
dell’imperfetto. Mediante commutazione non è difficile individuare un primo morfema che marca
imperfetto indicativo -av (lo stesso che troviamo in “stabilizzavo”, “stabilizzavi” ecc. che oppone imperfetto
a presente, per esempio in “stabilizzi” ecc); dopo interviene un’ulteriore flessione che indica
cumulativamente persona e numero, cioè la terza persona plurale. Abbiamo quindi un morfema lessicale
stabil- che è di categoria lessicale agg, da cui si forma un verbo attraverso il suffisso -izza (qui no rigore
nell’indicare le vocali, viene indicato solo il materiale fonologico che c’è nel derivato finale, troviamo -a
come finale di stabilizza, poi -avano; nel manuale c’è più precisione perchè vengono introdotte delle regole
di cancellazioni di vocali fine morfemi e di aggiustamento di vocali che poi danno derivato italiano).
Abbiamo qui 4 morfemi: morfema lessicale , suffisso grammaticale derivazionale (-izzare), poi un suffisso
grammaticale flessivo -av , poi un secondo flessivo -ano che indica la terza persona plurale.

Procedimento ciclo di formazione della parola da cedere procedere, in italiano semanticamente il rapporto
tra verbo e il derivato è molto opaco , non vediamo più che procedere è derivato di cedere: questo
processo era vivo in latino, dove cedere voleva dire anche andare muoversi e procedere muoversi avanti;
procedimento è un nome derivato da verbo.

Abbiamo un morfema lessicale verbale, poi un prefisso (no mutamento categoria), poi suffisso derivativo
che dal verbo forma un nome, in procedimento possiamo isolare flessivo finale, si commuta con plurale
procedimenti, la -o è la marca flessiva del singolare.

Argomenti della frase e relazioni sintattiche primitive: quella che viene chiamata anche nucleo della frase e
le sue strutture fondamentali

Frase non marcata: due costituenti di riferimento della frase, la parola morfosintattica (costituente minimo
della sintassi) e frase (orizzonte di riferimento e punto di partenza della scomposizione.

Ragionamento impostato si basa sul fatto che il riconoscimento dell’esistenza di una sintassi come livello di
analisi della struttura di una lingua presuppone che diverse frasi di una lingua non siano tutte considerabili
come delle singolarità all’interno delle quali non possano essere individuati alcuni elementi di
classificazione generale. Questa è stata la posizione che alcuni linguisti nel corso del ventesimo secolo
hanno tenuto di fronte alla possibilità di una sintassi: lo stesso Saussure si esprime in questa direzione, per
cui le frasi di una lingua sono composte liberamente da delle associazioni di parole secondo il senso che si
vuole esprimere: ogni frase è una individualità e due frasi non sono mai comparabili completamente.

Questa idea per cui non esistono dei tipi di fatto porta a negare l’esistenza di una sintassi e a rimandare il
problema del modo in cui le parole si compongono nella frase alla semantica: sarebbe il senso che
determina il modo in cui le frasi sono composte. In realtà fin dall’800 è usato un argomento contro questa
posizione per cui anche una frase senza senso ha una struttura grammaticale che si può riconoscere nel suo
interno e si è mostrato come la infinita possibilità di combinazione delle parole nelle frasi si riconduca a
strutture fondamentali. Quindi mediante la classificazione di diversi parametri si possono individuare le
proprietà di una frase e scegliendo valori non marcati tra questi parametri è possibile invidiare la frase non
marcata che si presenta come non marcata in tutti i diversi parametri di classificazione. È paragonabile al
moto rettilineo uniforme della meccanica generale: potremmo considerala una pura astrazione ma ciò non
toglie che in ogni caso anche se non fosse mai usata abbiamo la possibilità di costruirla per le regole
grammaticali di una lingua. Ad esempio, la frase “Pietro porta il dolce” è nel parametro della complessità
della struttura della frase indipendente principale, nel parametro della predicazione è frase verbale, nel
parametro della polarità è affermativa, nel parametro di modalità è dichiarativa e nel parametro della
diatesi è attiva. La possibilità di avere frase del genere anche se il suo uso è molto limitato nell’impiego
concreto della sintassi in testi ed enunciati effettivi consente di partire da questa frase non marcata
nell’analisi delle proprietà sintattiche per poi derivare le altre, mediante le regole particolari della sintassi
che ci consentono di passare dalla dichiarativa all’’interrogativa, dall’attiva alla passiva ecc.

La possibilità di ridurre le strutture fondamentali sintattiche a pochi tipi fondamentali si può applicare
ulteriormente alla frase non marcata: analizzandola ci rendiamo conto che non solo in italiano ma in molte
lingue note (e in casi che non rientrano in questo discorso sono comunque spiegabili per altre vie), ci si
accorge che la frase non marcata secondo un’analisi delle relazioni sintattiche fondamentali risponde solo a
4 tipi fondamenti: l’infinità delle frasi possibili che ciascun parlante può pronunciare e che diversi parlanti
pronunciano dando a ciascuna la propria individualità sono riconducibili a poche strutture di base.

La frase non marcata può essere ricondotta a poche strutture classificate mediante il numero di nominali
che interagiscono con il predicato: questi possono essere o nessuno, o uno, o due, o tre. Abbiamo una frase
che non ha nominali che interagiscono con il predicato, una che ha soltanto un nominale che interagisce
con il predicato, cioè che è in relazione con predicato, la terza ne ha che sono in relazione con predicato, la
terza ne ha tre.

Questi nominali sono detti anche argomenti della frase: rappresentano quei nominali che non possono in
ogni caso essere eliminati dalla frase senza renderla non grammaticale, cioè una frase senza questi
elementi non è più accettabile per la nostra grammatica.

Il primo tipo che è detto frase non argomentale o zerovalente è quello in cui non ci sono nominali: frasi
“oggi piove” o “nevica molto” in cui c’è un verbo che è in genere un verbo metereologico, che alla terza
persona non ammette nessuna relazione. Potremmo avere anche frasi come “oggi piove sulla città di
Roma” in cui c’è un nominale che interviene, ma se eliminiamo il nominale abbiamo una frase accettabile
per un parlante italiano. Questo fa sì che questi predicati non hanno rapporti con nominali.
La frase non argomentale, mediante una metafora con origine della valenza chimica di un elemento nel
combinarsi in una molecola con gli altri elementi, in uso fin dalla fine dell’800 è anche detta zerovalente: il
predicato, con valenza zero non si combina con nessun nominale.

Abbiamo poi la frase monoargomentale o monovalente se c’è un solo argomento che è il soggetto della
frase che si combina con il predicato: ad esempio in frasi come “Giovanni arriva presto” o “il gatto drome”,
c’è un predicato dell’intransitivo, normalmente un predicato che ha un soggetto ma non ha un
complemento oggetto, o verbi come vedere o mangiare che normalmente hanno un complemento oggetto
(uso transitivo) ma che possono essere usati intransitivamente: ad esempio “Giovanni vede poco” o
“Giovanni mangia molto”.

Possiamo aggiungere anche qui altri elementi: ad esempio possiamo avere frasi come “Giovanni arriva
presto con treno delle 9”, ma questi elementi possono essere eliminati senza rendere la frase una frase non
grammaticale. Non è lo stesso per soppressione del soggetto: in italiano “arriva presto” si può avere ma il
soggetto non è espresso: c’è un nominale ad esempio anche in frasi come “Giovanni mi ha telefonato
stamattina, arriva presto”, il soggetto qui è anaforicamente ripreso da frase precedente: l’italiano ammette
una costruzione in cui il soggetto può essere omesso anche se presente da un punto di vista strutturale:
“dorme molto” ha un soggetto è diversa da altre frasi prive di un soggetto come “piove molto” o “nevica
molto”.

Biargomentale: es. “la polizia ha arrestato i malviventi”, “il personale ha compiuto una grande scoperta”.
Abbiamo due nominali, il primo è il soggetto, il secondo complemento oggetto: nella prima frase, polizia è
soggetto, il malvivente oggetto diretto; nella seconda, il personale è soggetto, una grande scoperta è
oggetto diretto. Abbiamo sempre una costruzione con verbi transitivi.

Sottolineiamo il fatto che qui in entrambi gli esempi non si possono sopperire i nominali, nel caso del
soggetto vale lo stesso delle frasi monoargomentale, per quanto riguarda il complemento oggetto se
eliminiamo l’oggetto diretto avremmo una frase del tipo “la polizia ha arrestato”, che non è una frase
italiana, dopo arrestato in italiano è necessario il complemento oggetto, lo stesso vale per la frase “il
personale ha compiuto” che non è una frase in italiano: dobbiamo aggiungere un oggetto; entrambi gli
argomenti sono necessari.

Infine la terza possibilità è quella delle frasi triargomentali: si tratta del quarto tipo possibile, in cui abbiamo
verbi del dire e del dare, come in “il medico ha prescritto a Maria un lungo riposo”. Qui ci sono 3 nominali: il
medico, Maria e lungo riposo. Ancora possiamo avere frasi come “la vita mi ha regalato te”: qui i nominali
sono la vita, mi, te. I tre argomenti della frase sono soggetto oggetto diretto e oggetto indiretto.

Se passiamo da questa trattazione a individuare le relazioni sintattiche primitiva che corrispondono ai


nominali che si compongono più direttamente con il predicato questi sono soggetto, marcato con S, oggetto
diretto, marcato con O, e oggetto indiretto indicato con I.

In realtà problema si pone per frasi monovalenti: non è chiaro se l’unico argomento che si compone con il
predicato vada considerato sempre come soggetto oppure non vada considerato un oggetto che si combina
con il predicato.

Questo è un tema che è stato lungamente analizzato in anni recenti (negli anni 40’ del 900’) che ha
prodotto la cosiddetta ipotesi inaccusativa, la quale ha trovato una accettazione dalla comunità scientifica e
prove convincenti. L’idea di fondo è che in una frase monoargomentale l’unico argomento che si combina
con il predicato possa essere in alcune frasi il soggetto e in altre oggetto, non sempre il soggetto che si
combina con un verbo intransitivo. Da ciò consegue che ci sono in realtà due tipi di verbi intransitivi: alcuni
verbi intransitivi si combinano con il soggetto, altri con l’oggetto diretto (quindi il nominale assume la
relazione di oggetto in alcuni casi).

Esempi in italiano: “mio fratello è partito”: qui l’unico argomento è oggetto rispetto al predicato; “Giovanni
ha dormito” conterrebbe un unico argomento che è soggetto.

Come possiamo vedere che le relazioni sono diverse? Queste due frasi differiscono in italiano su un punto
fondamentale, che è costituito dalla selezione dell’ausiliare della frase 1. Qui l’ausiliare è il verbo essere,
nella frase 2 l’ausiliare è avere: se esaminiamo una frase biargomentale come “Giovanni ha visto un
cappello” ci rendiamo conto che quando abbiamo il verbo avere il predicato si accorda con il soggetto, se
dalla frase attiva passiamo a una frase passiva abbiamo una passaggio da avere a essere: “il cappello è visto
da Giovanni” o “il cappello è stato visto Giovanni”, il predicato si accorda con cappello che è oggetto della
frase attiva che è diventato superficialmente soggetto della passiva. In “mio fratello è partito” si ha una
struttura simile al passivo: c’è l’ausiliare essere e tutto il predicato è accordato con un unico nominale qui,
che però assomiglia molto per proprietà all’oggetto della frase biargomentale.

Un’altra proprietà che differenzia le frasi di tipo 1 e 2 con gli ausiliari essere e avere è che soltanto nelle
prime (con ausiliare essere) è possibile usare il predicato come participio assoluto: es. se passiamo dalla
frase 1 a frase 3 abbiamo “partito mio fratello, Anna si è ripresa”; qui non c’è alcun ausiliare e partito è
usato come elemento assoluto e fa da solo il predicato. Così abbiamo una frase nominale con participio che
da solo fa da predicato. La frase 2 invece non si può trasformare nella frase 4: non è possibile una struttura
del tipo “dormito mio fratello, Anna si è ripresa”, dobbiamo quindi per forza avere una forma con l’ausiliare
essere, ad esempio “dopo che mio fratello è partito, Anna si è ripresa” oppure “dopo che mio fratello ha
dormito, Anna si è ripresa” ecc.

Questa è una differenza importante tra le due frasi.

Frasi del tipo 1, in cui l’unico argomento ha la proprietà dell’oggetto, sono dette frasi inaccusative.

Inaccusativo: come se ci fosse un oggetto al caso accusativo ma c’è un blocco per cui non è usato il caso
accusativo ma il nominativo, abbiamo cioè frasi che hanno un oggetto ma questo non è espresso
all’accusativo.

Queste frasi hanno predicati che sono costituiti da verbi detti inaccusativi e sono tutti costruiti con
l’ausiliare essere nel passivo, ad esempio, verbi come affondare, finire, ingrassare, partire, sembrare,
andare, possono essere anche costruiti con l’ausiliare avere ma solo come transitivi. Ad esempio, affondare
ammette due costruzioni: “la nave è affondata” o “il cannone affondò la nave”, ma nel caso in cui siano
usati come inaccusativi questi verbi detti anche ergativi prendono sempre l’ausiliare essere. Altri verbi di
questo tipo sono anche imbiancare, sbiancare ecc.

Ci sono altri verbi che ammettono solo la costruzione intransitiva con l’ausiliare essere e sono tutti
inaccusativi: partire, sembrare, andare ecc. Molti di questi sono verbi di movimento ma non solo.
Sono invece inergativi i predicati che entrano nelle costruzioni della frase di tipo 2 (monoargomentale
inergativa): esempi di verbi inergativi intransitivi con l’ausiliare avere sono in italiano dormire, camminare,
lottare ecc.

Stabilite le strutture argomentali fondamentali, con la possibilità delle biargomentali divise in due (quindi
da 4 passiamo a 5 tipo fondamentali), definiamo il nucleo della frase la parte più interna, come insieme del
predicato e dei suoi argomenti: cioè l’insieme delle relazioni sintattiche primitive fondamentali. Anche la
frase non marcata eventualmente (possiamo avere frasi non marcate con solo nucleo o anche frasi non
marcate che oltre al nucleo contengono altri elementi detti aggiunti: tutti i nominali che non sono
argomenti del predicato, li riconosciamo facilmente perché sono circostanziali che indiano il tempo, il
luogo, lo scopo ecc., quindi dei complementi indiretti, riconoscibili perchè possono essere eliminati,
cambiando il significato, ma la frase priva degli aggiungiti rimane una frase grammaticale per cui in una
frase come “una forte scossa di terremoto si è verifica nella nottata tra lunedì e venerdì in Iran, 50 km a
nord della città di Kerman, che è una frase inaccusativa abbiamo “una forte scossa di terremoto” che è il
nominale e “si è verificata” è il predicato (abbiamo un argomento e un predicato); “nella nottata tra lunedì
e venerdì” è un aggiunto (circostanziale di tempo), “in Iran” è un secondo aggiunto, “50 km a nord della
città di Kerman” è un altro aggiunto ancora. Questi sono tutti elementi che possono essere soppressi ma
mantenendo intatta la grammaticalità della frase, il nucleo della frase è una frase grammaticale in italiano.

Ruoli tematici:

Possibilità della teoria sintattica di classificare i nominali della frase (argomenti o aggiunti) rispetto al ruolo
che compiono nel rapporto con il predicato, tenuto conto che per quanto riguarda la relazione sintattica
primitiva fondamentale questa è data solo per gli argomenti e classificabile con soggetto oggetto e oggetto
indiretto. Se vogliamo prendere in esame il rapporto con cui si trovano reciprocamente i nominali tra loro e
il rapporto che stabilisce tra loro il predicato considerando sia gli argomenti sia gli aggiunti, è stata proposta
una classificazione per ruoli tematici: tematico in inglese è “thematic” (suono th iniziale) detti in inglese
ruoli theta, nome di lettera greca, che rende in IPA il suono della fricativa dentale sorda inglese.

Classificazione per ruoli tematici: non ha statuto teorico rilevante, ha finalità pratica, il numero dei ruoli
tematici è un insieme aperto (si possono aggiungere o sopperire voci), è una descrizione intuitiva (metafora
di un copione drammaturgico che affida ai diversi attori un personaggio: i nostri ruoli tematici sarebbero i
diversi personaggi presenti sulla scena nella drammatizzazione della frase, non c’è esaustività teorica ma
abbiamo solo dei punti di riferimento rispetto alle categorizzazioni esaminate in precedenza.

Il primo ruolo tematico è quello dell’agente o attore: colui che intenzionalmente dà inizio all’azione o a un
evento, è in genere indicato come un essere dotato di volontà, di movimento, quindi un essere animato.
Per esempio, nella frase “Lucia calcia il pallone” il nominale Lucia è l’agente o attore.

Il secondo ruolo tematico è quello del paziente: la persona o la cosa che subisce una mutazione per effetto
di un’azione o un evento non causato da esso: nella frase “Giovanni ha rotto una tazza”, Giovanni è agente,
una tazza è paziente.
Il terzo ruolo che tematico è quello di tema che include anche il ruolo di paziente (per questo motivo non
incluso nella lista): è la persona o la cosa che è in un certo stato di cose o il cui stato è modificato dall’azione
del predicato: non siamo di fronte a un’azione o modificazione di stato espressa dal predicato ma a una
situazione statica: nella frase “Susanna è molto magra” Susanna non è agente o paziente; nella frase “Carlo
posa la penna sul tavolo”, la penna si può considerare come paziente o considerando che non subisce alcun
mutamento ma statisticamente viene messa in un certo punto possiamo considerala come il tema.

Esperiente è invece l’entità sensiente che sperimenta uno stato psicologico, cioè che conosce, percepisce,
prova emozione. In frasi come “Paolo riflette sulla proposta”, “Paolo è d’accordo con la proposta”, “Paolo è
molto felice della proposta”, Paolo è esperiente perchè ha un certo stato psicologico, oggetto delle sue
sensazioni in quel momento.

Beneficiario è l’entità che trae beneficio da un evento; per esempio nella frase “Fausto prepara un dolce
per Gisa”, Gisa è beneficiario, Fausto è agente, un dolce paziente o tema (confine labile).

Strumento: entità normalmente inanimata, non ha volontà e possibilità di movimento che viene
maneggiata da un agente per compiere un’azione: per esempio nella frase “la chiave apre la porta”, chiave
non è agente per non compie movimento intenzionalmente; c’è un’entità che maneggia lo strumento, qui
la chiave può svolgere lo stesso ruolo tematico anche in diversa posizione sintattica come nella frase
“Cristina apre la porta con la chiave”. In molte lingue, come in italiano, chiave è soggetto della prima frase
ma nella seconda è aggiunto; ci sono tuttavia lingue in cui c’è lo stesso caso morfologico per la chiave in
entrambe le frasi.

Fine o meta: qualcuno o qualcosa a cui o verso cui si manda qualcos’altro, il punto di arrivo del movimento:
nella frase “Raffaele spedisce una cartolina a Mara”, Mara è il fine o la meta; in “Edoardo manda un pacco a
Salerno”, Salerno è fine o meta. C’è un confine labile con il beneficiario in alcuni casi: per lingue che hanno
casi morfologici che esprimono le relazioni sintattiche molto estese in alcune beneficiario e meta hanno lo
stesso caso in altre due casi diversi  ambiguità presente nei sistemi morfologici e sintattici.

Provenienza (ruoli locativi): provenienza è il punto origine di un processo, nella frase “Costanza è partita da
Campobasso”, Campobasso è la provenienza, in “Ho preso un libro dalla biblioteca” dalla biblioteca è la
provenienza.

Locativo: luogo in cui è situata l’azione o uno stato di cose “Giovanni legge un libro in cucina”.

Fine o la meta (luogo verso cui si va), la provenienza e il locativo sono chiamati nell’insieme anche ruoli
locativi. Si tratta di tre ruoli tematici che in italiano sono sempre espressi con aggiunti: fine o meta,
provenienza e locativi non sono mai argomenti della frase.

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