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Andrea Mascagni e la riforma degli studi musicali in Italia1

LUCA MOSER – Oggetto del nostro dialogo è dunque l’impegno che Mascagni ha profuso per una
riforma degli studi musicali in Italia. Puoi farci un quadro della situazione da cui Andrea Mascagni
è partito ed evidenziare quali principi, quali valori, quale contesto culturale sono stati ispiratori del
suo impegno? Puoi darci un’idea dell’impegno profuso, dei luoghi di questo impegno, delle
modalità? In quali proposte si è poi concretizzato tale impegno?

FRANCO BALLARDINI – Come è stato detto poco fa in maniera sintetica ma efficace, la figura di
Andrea Mascagni non si esaurisce certo nella sua attività politico-culturale, ma il tema di questo
convegno (che mette l’accento proprio su questo aspetto) ha davvero una posizione centrale nella
sua vita. Qualcosa già ne sapevo per conto mio, altro ho appreso leggendo il libro curato da
Giuseppe Calliari [ANDREA MASCAGNI, Scritti sulla musica, Trento Symposium 1998], altro ancora
grazie a Danilo Curti che mi ha trasmesso una serie di documenti conservati al Museo Storico di
Trento. Fra gli scritti raccolti da Calliari ad esempio, accanto ad altri di vario argomento musicale,
si notano, già nella prima sezione, gli articoli apparsi nel 1959 sulla rivista “Il cristallo” e dedicati
alla Riorganizzazione su basi regionali delle attività teatrali e musicali o al metodo Kodály e
all’insegnamento della musica nella scuola ungherese, nonché la presentazione del disegno di legge
del 1986 su un Nuovo ordinamento delle attività musicali; la seconda parte del libro poi è
interamente dedicata all’insegnamento della musica nel nostro paese, con un ordine del giorno
approvato in Senato nel 1985 (sulla “riforma dell’insegnamento della musica”), una relazione tenuta
in un convegno a Bologna nel 1967 (La voce nell’avvio alla musica), altri articoli ospitati dalla
“Rivista Musicale Italiana” nel 1968 e 1969 (Limiti della musica in Italia e La problematica
dell’educazione-formazione musicale), altri saggi in un volume degli Editori Riuniti del 1979
(Educazione musicale nella Scuola Media) e in uno pubblicato nel 1992 dalla Scuola Normale di
Pisa (L’insegnamento della musica in Italia). I documenti che ho ricevuto da Curti inoltre – in gran
parte inediti – contengono atti parlamentari, testi dattiloscritti, appunti manoscritti (collegati a
discorsi e interventi in Senato o a conferenze e incontri pubblici) – decine e decine di pagine, che
vorrei (perdonatemi) almeno in parte elencare rapidamente (l’elenco non è esaustivo infatti) proprio
per dare un’idea immediata del rilievo che tutto ciò ha avuto nell’attività di Mascagni (senza per
altro impedirgli di fare tante altre cose non meno importanti) – e chiedo che qualcuno di questi
documenti venga nel frattempo proiettato alle mie spalle, non per leggerlo ma semplicemente
‘guardarlo’, scegliendolo magari fra i dattiloscritti o i manoscritti, così pieni di cancellature e
correzioni, revisioni e integrazioni, aggiunte e annotazioni a margine, nei quali dunque è ancor più
visibile il ‘lavoro’ che Mascagni vi ha dedicato – ma ecco l’elenco ‘sommario’: 1969 Musica a
scuola, documento finale del convegno di Fiesole stilato assieme a Riccardo Allorto, 1974
Relazione alla commissione ministeriale per l’educazione musicale, sempre 1974 Documento sulla
scuola presentato a Roma all’VIII Congresso nazionale del Sindacato Musicisti Italiani, 1975
L’educazione musicale di base in Italia – Problemi e contraddizioni (dattiloscritto), 1976
Documento programmatico del Centro per l’educazione musicale e per la sociologia della musica
(nato a Trento quell’anno, per iniziativa di Mascagni, e basato sulla collaborazione fra il Liceo

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Intervento al convegno Andrea Mascagni – Il musicista della politica nel centenario della nascita 1917-
2017, Trento, Conservatorio Bonporti, 31 maggio 2017.
musicale Gianferrari da lui diretto e l’Università di Trento), 1978 relazione al disegno di legge su
interventi a sostegno delle attività musicali, 1979 ordine del giorno alla Commissione Istruzione del
Senato sul medesimo argomento, 1980 Appunti sul disegno di legge per il riordinamento delle
attività musicali (dattiloscritto), ancora 1980 Educazione e istruzione musicale in Italia alla III
Conferenza nazionale sulla scuola del Partito Comunista Italiano, sempre 1980 lettera al ministro
Adolfo Sarti sulla nomina dei direttori dei Conservatori, 1981 Per una ricerca organica
metodologico-didattica nel campo dell’educazione musicale di base (dattiloscritto), 1983 disegno
di legge sulla normalizzazione del diapason, ancora 1983 ampio intervento in Senato sulla
situazione delle attività musicali, fra il 1983 e il 1986 vari interventi nella Commissione Istruzione
del Senato sullo stesso tema e sulla riforma della scuola secondaria, 1985 ampio intervento e
dichiarazione di voto sulla riforma della scuola secondaria superiore, 1986 il già citato disegno di
legge su un nuovo ordinamento delle attività musicali, 1987 appunti manoscritti per relazioni e
dibattiti pubblici a Trento e a Rimini, altri manoscritti sulla riforma dei Conservatori, e così via – e
si tratta spesso di documenti corposi, ampi e articolati.
La prima impressione che se ne ricava è quella di un lavoro di lunga lena, portato avanti per decenni
con formidabile convinzione e tenacia infaticabile. I documenti risalgono soprattutto agli anni ’70 e
’80 (quelli del suo più diretto impegno politico in Senato, come sappiamo) ma ve ne sono anche di
molto anteriori come abbiamo visto (dal ’59 a tutti gli anni ’60) e successivi, e se gli argomenti
toccati sono spesso diversi (dalla normalizzazione del diapason al finanziamento degli enti di
produzione musicale) – com’è normale che accada a livello parlamentare – la maggior parte di essi
si concentra tuttavia sui temi della formazione musicale.
Se dai titoli passiamo poi al loro contenuto, a una lettura sia pur molto rapida e parziale emergono
inoltre altre qualità notevoli (e sorvolo volutamente sulla pars destruens degli interventi di
Mascagni, la denuncia dei ritardi e delle lacune della formazione musicale in Italia – una denuncia
che pure vi ricorre spesso ma che non è purtroppo nuova né soltanto sua – per sottolinearne invece
soprattutto gli elementi positivi):
- emerge ad esempio una non comune competenza in campo pedagogico-musicale, molto
aggiornata rispetto ai tempi e di respiro europeo (basti pensare al già ricordato articolo su Kodály e
sulla musica nella scuola ungherese);
- risalta inoltre un’ispirazione politica autenticamente democratica, finalizzata alla diffusione ‘per
tutti’ della cultura musicale e alla ‘formazione critica’ del cittadino altrimenti vittima dell’industria
culturale (limiterò all’essenziale le citazioni, ma non posso tralasciare che nei suoi scritti si trovano
affermazioni come “la creatività è di tutti”, “la creatività è la regola non l’eccezione”);
- si nota infine la capacità (anch’essa non comune) di tradurre i grandi principi pedagogici e ideali
in proposte politiche concrete, al tempo stesso lungimiranti e graduali, ‘rivoluzionarie’ e
realizzabili.
E – nell’impossibilità di ripercorrere (qui e ora) tutti questi aspetti – emerge anche un nucleo
centrale che mi pare la tesi di fondo del suo pensiero e la sua eredità più attuale: la relazione
strettissima e complementare fra l’educazione musicale generale e quella specialistica, fra
l’introduzione della musica nella scuola e l’arricchimento culturale degli studi musicali, unica via
che può trasformare in un cerchio virtuoso il circolo vizioso della loro separazione – non è proprio
questo anche il limite che è stato (giustamente) rimproverato alla riforma del ’99, e cioè di essersi
(di fatto) limitata ai Conservatori, di essere partita dalla ‘testa’ invece che dalle ‘gambe’, o meglio,
di essersi interessata soprattutto del ‘vertice’ trascurando la ‘base’ della piramide? Ma qui una breve
citazione s’impone perché lo dice in poche parole e nel migliore dei modi lo stesso Mascagni in un
testo che scelgo apposta fra quelli più ‘antichi’ (a conferma della sua lungimiranza), la Relazione
presentata nell’ambito dei lavori della Commissione per l’educazione musicale istituita dall’Ufficio
Studi e Programmazione del Ministero della Pubblica Istruzione nel 1974, nella quale, al punto 2,
si legge:
“Il superamento della deficitaria situazione in cui la musica versa nei rapporti con la cultura
e con la scuola si affida essenzialmente alla volontà e capacità di affrontare globalmente [la
sottolineatura è di Mascagni] i problemi dell’istruzione musicale. La presenza attiva della musica
nella scuola di tutti, dalla scuola materna all’Università, e l’ammodernamento strutturale e
contenutistico del Conservatorio sono obiettivi inseparabili, si condizionano anzi reciprocamente.
La riforma dei Conservatori, infatti, in assenza di una vasta educazione di base che favorisca la
manifestazione dei talenti e la scelta consapevole dello studio musicale specialistico, avrebbe una
portata assai limitata nel quadro della realtà musicale italiana. E d’altro canto la rivendicazione di
una presenza qualificata dell’istruzione musicale nella scuola generale sarebbe una pura astrazione,
se la scuola musicale specialistica [il Conservatorio] non fosse investita del compito fondamentale
di formare musicalmente e sul piano didattico gli insegnanti”.

LUCA MOSER – Quali di queste proposte, a volte risalenti ancora agli anni ’70, ha poi trovato
realizzazione concreta e come è cambiato il panorama nazionale della formazione musicale sia di
tipo più divulgativo che di tipo più professionalizzante?

FRANCO BALLARDINI – Sappiamo che le iniziative politico-musicali di Mascagni hanno anche


suscitato dibattito e reazioni contrarie (com’è normale d’altronde), hanno pure incontrato talvolta
resistenze e ostacoli ostinati e meno comprensibili, soprattutto hanno dovuto fare i conti con tempi
di maturazione e accoglimento assai lunghi (come spesso avviene purtroppo nel nostro paese per
ogni tentativo riformatore) e tuttavia credo di poter dire che molte sue proposte hanno infine trovato
attuazione (grazie anche all’evoluzione del tempi, al contributo di altri naturalmente, ma pure alla
sua tenacia). Ne propongo due soli esempi: il primo può apparire perfino curioso (e far sorridere in
certi punti) con il ‘senno di oggi’ ma è indicativo del contesto storico col quale erano costrette a
misurarsi le sue idee; si tratta pure questa volta – e non a caso – di un testo ‘antico’, vale a dire il
Documento sulla scuola presentato a Roma in occasione dell’VIII Congresso nazionale del
Sindacato Musicisti Italiani sempre nel ’74, nel quale, dopo un’ampia parte introduttiva molto
analitica e argomentata, si trovano un’infinità di proposte operative per ogni ordine e grado di
scuola dalla materna all’università, e per quanto riguarda i Conservatori vi è un elenco di ben 25
provvedimenti fra i quali seleziono alcune ‘perle’:
- “scissione dell’attuale corso di Tromba e Trombone in due corsi ordinari con diplomi specifici”, il
che in effetti è accaduto, anche se solo pochi anni orsono;
- “trasformazione da straordinari in ordinari dei corsi di Didattica della musica, Chitarra, Musica
elettronica, Strumenti a Percussione”, e anche questo è stato fatto, in parte già negli anni ’80-’90
con ulteriori perfezionamenti in seguito;
- “estensione a 12 ore dell’orario di cattedra [settimanale] per i corsi di strumenti a fiato e per tutti
gli altri insegnamenti per i quali è attualmente previsto un orario inferiore”: per questo si è dovuto
aspettare un po’ di più, esattamente fino al secondo contratto collettivo nazionale del 2010, ma
infine ci si è arrivati;
- “istituzione presso tutti i Conservatori, fin dall’anno scolastico 1974-75, […] del quinquennio di
Liceo artistico ad indirizzo musicale, con diploma di maturità che dia largo accesso all’Università”:
l’auspicio di Mascagni era evidentemente ottimistico sui tempi ma, almeno qui a Trento (e in alcune
altre città) e in forma sperimentale, il Liceo musicale annesso al Conservatorio è nato già nel 1987,
e nel 2010 i Licei musicali, anche se non più annessi ai Conservatori, sono entrati a far parte del
normale ordinamento scolastico nazionale;
- “constatazione del carattere finale, […] del diploma di Conservatorio e riaffermazione della sua
equiparazione ai titoli finali delle Accademie e degli Istituti Superiori […] e, conseguentemente,
delle Università”, questo (come sappiamo) è appunto il contenuto del primo articolo della legge di
riforma del ’99;
- “liberalizzazione totale dei programmi con istituzione dei piani di studio […] anche differenziati
da Conservatorio a Conservatorio”, pure ciò è avvenuto con l’attuazione della riforma (anche se
dopo alcuni anni d’incubazione, diciamo a partire dal 2004) – e la differenziazione è anzi giudicata
oggi per certi versi addirittura eccessiva;
- “obbligatorietà dello studio del Pianoforte complementare anche per gli allievi dei corsi di
Strumenti a fiato ed estensione agli stessi di un corso biennale di armonia complementare”: ‘fatto’
pure questo (naturalmente), sempre nell’ambito della riforma;
- “estensione dell’insegnamento delle lingue straniere a tutti i Conservatori”, idem come sopra
ovviamente, anche se in tempi recenti;
- “intensificazione delle attività di orchestre, cori, complessi strumentali e vocali e compagnie
teatrali dei Conservatori, con sua estensione all’esterno”: si tratta evidentemente di quella che oggi
chiamiamo ‘attività di produzione’ musicale, che è un’altra delle rilevanti novità degli ultimi 10-15
anni, con migliaia di concerti pubblici proposti ogni anno dai Conservatori italiani;
- “possibilità per i docenti di scambi culturali e di conoscenza di altre tecniche e scuole, attraverso
corsi […] affidati anche a insegnanti estranei al Conservatorio purché qualificati”: anche questo
obiettivo direi è stato in gran parte raggiunto grazie alle numerose masterclass con docenti esterni e
agli scambi con altre analoghe istituzioni europee (attraverso il programma Erasmus e altre
iniziative simili);
- “acceleramento delle procedure di statizzazione degli Istituti musicali già riconosciuti
Conservatori e statizzazione degli altri Istituti musicali pareggiati”: ecco, la seconda cosa è ancora
in itinere ma forse qualcosa si sta muovendo anche a questo riguardo.
Il secondo esempio che vorrei proporre è invece costituito non da singoli provvedimenti particolari
– anche se magari importanti, come più d’uno di quelli appena visti – ma da alcune innovazioni di
carattere politico-scolastico istituzionale (in parte già menzionate a proposito dell’elenco or ora
scorso) che vorrei riprendere e considerare proprio per la loro portata generale: mi riferisco infatti
alla riforma dei Conservatori di musica del 1999 – che, nonostante il suo cammino così lento e
accidentato, ha comunque costituito un ‘evento’ di valore ‘epocale’ (in rapporto al precedente
ordinamento del 1930) e ha profondamente rinnovato gli studi musicali nel segno di un loro
aggiornamento e arricchimento culturale – e mi riferisco contestualmente alla diffusione delle
Scuole medie a indirizzo musicale e all’istituzione nel 2010 dei Licei musicali (pure già ricordata
sopra) – tutte novità di grande rilievo per quanto riguarda la formazione musicale nel nostro paese e
(soprattutto) che vanno appunto nella direzione indicata da Mascagni (e da altri illustri sostenitori di
questa linea, da Massimo Mila a Fedele D’Amico e altri ancora). La sua insomma non è stata una
battaglia inutile e infruttuosa – un po’ alla Don Chisciotte contro i mulini a vento, come talvolta
viene dipinta.

LUCA MOSER – Quali intuizioni di Andrea Mascagni invece non hanno ancora trovato attuazione
ma riterresti utile segnalare al nostro dibattito di oggi in vista dell’evoluzione del sistema formativo
musicale nazionale e locale?

FRANCO BALLARDINI – Le idee di Mascagni (purtroppo) sono ancora attuali direi, e se dico
‘purtroppo’ è proprio perché non tutte sono state ancora realizzate pienamente. Se andiamo a
rileggere certe sue proposte – o anche quel che scriveva sulla presenza della musica nella scuola
ungherese nel ’59 – o pensiamo alla sua prospettiva di una collaborazione più stretta a livello
superiore fra Conservatori e Università – prospettiva per altro da lui non solo auspicata a parole ma
anche messa in pratica nei fatti con il Centro per l’educazione musicale e per la sociologia della
musica costituito nel ’76 a Trento – e confrontiamo tutto ciò con la situazione attuale, ci rendiamo
conto di quanto rimanga ancora da fare. È però giusto insistere con ottimismo: il recente decreto
legislativo 13 aprile 2017 n. 60, che prevede una maggiore presenza della musica nelle scuole di
ogni ordine e grado, è in tal senso un’occasione fondamentale, così come nella nostra Provincia –
che vanta la lunga tradizione del Liceo musicale diretto proprio da Mascagni e poi divenuto
Conservatorio, un Liceo musicale ormai trentenne, decine di scuole musicali, cori, formazioni
bandistiche – si sono notati ultimamente alcuni segnali positivi (nonostante la crisi economica e le
difficoltà della finanza pubblica) in favore di un significativo incremento delle risorse destinate alla
musica nella scuola e una maggiore attenzione nei confronti del Conservatorio: ad esempio
l’istituzione di nuove Scuole medie a indirizzo musicale, il sostegno dei Licei musicali a Trento e
Riva del Garda, il maggior coinvolgimento delle Scuole musicali nella formazione scolastica – e il
Conservatorio è impegnato in prima persona nella definizione di un sistema integrato delle risorse
esistenti che migliori per quantità e qualità la formazione musicale generale e specialistica,
seguendo le orme di Andrea Mascagni.

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